1ST PATIENT REPORT 2024 ACCESS
“I problemi non possono essere risolti dallo stesso livello di pensiero che li ha creati”. (Albert Einstein)



EDITORS E COAUTORI
A CURA: LAST MILES - BHAVE
PUBBLICAZIONE: PATIENT ACCESS MONITOR
EDITOR IN CHIEF: GIUSEPPE NOVELLI
CO-EDITORS: ANDREA LENZI, GUIDO RASI, WALTER RICCIARDI
EDITOR
• GIANLUCA VACCARO, PhD, Methodological Advisor, BHAVE; Sociologo, U.O. Educazione e Promozione della salute, Asp Catania, Via Santa Maria la Grande 5 – 95124, Catania, Italy
• LUCIO CORSARO, Presidente Patient Access Think Tank / Advisory Bhave
• FRANCESCO SCHIAVONE, Professor in Innovation Management at University Parthenope of Naples (Italy)
• FEDERICO SERRA, Senior Government Affairs & Institutional Communication Advisor
• KETTY VACCARO, Head of Health and Welfare at Censis
• GIACOMO GALLETTI, Funzionario di ricerca sociosanitaria, esperto in scienze comportamentali, Agenzia regionale di sanità Toscana
• ANNALISA SCOPINARO, Presidente Uniamo
• FRANCESCA ROMANO LENZI, Associate Professor of Sociology. Laboratory of Psychology and Social Processes in Sport
COAUTORI
• EMANUELE CORSARO, Health, Digital and Marketing Research – BHAVE
• LORENA TRIVELLATO, Research Advisor – BHAVE
• FRANCESCO CALICCHIA, University of Rome “Foro Italico”
• LORENA TRIVELLATO, Anthropologist Researcher Advisor - Bhave
• FABIANA D’URSO, Università del Salento
SUPPORTO GRAFICO
• EMANUELA GIOVANNONI Data Visualization & Infographic design
SUPPORTO AL COORDINAMENTO EDITORIALE
• LAURA CORSARO - Bhave
• JOSEFINA TANGARI -Bhave
• RAFFAELA BIZZICCARI - Bhave
*Patient Access Think Tank è un’iniziativa senza scopo di lucro supportato incondizionatamente da BHAVE, che si è costituito per sollecitare soluzioni a problematiche di accesso alla salute dei cittadini e dare corpo a livello nazionale ad azione sinergiche. Patient Access Think Tank vede il patrocinio e la collaborazione dell’intergruppo parlamentare per la salute nelle città, dell’intergruppo parlamentare per la sanità digitale e terapie digitali, dell’intergruppo parlamentare diabete, obesità e patologie croniche, dell’healthcity institute, Cittadinanzattiva, Uniamo, Università Partenope di Napoli, e riunisce diversi soggetti interessati, provenienti da tutto il panorama del sistema salute italiano, allo scopo di animare il dibattito nazionale, in chiave comportamentale, sulle tematiche relative al patient access.
ISTRUZIONI PER L’USO
Questo documento, grazie al contributo del gruppo di lavoro Patient Access Think Tank*, affronta diversi problemi riguardanti l’accesso alle cure dei pazienti, è strutturato in quattro parti:
1. gli impegni politici
2. lo scenario sanitario
3. la definizione e le soluzioni di Patient Access
4. proposte di soluzioni di società scientifiche, associazioni civiche e di pazienti
Il documento offre soluzioni comportamentali e organizzative, promuovendo un modo di vedere e affrontare le problematiche basate sull’analisi dei comportamenti che vada oltre una visione di natura descrittiva o statistica dei fenomeni.
Un Policy brief di questo tipo non è pensato per essere letto tutto d’un fiato, dall’inizio alla fine, ma piuttosto come una cassetta degli attrezzi da cui attingere di volta in volta a seconda delle problematiche che ci si torva ad affrontare e un’occasione di riflessione, offerta a responsabili politici o decision-maker in ambito sanitario, su temi specifici legati all’accesso alle cure.
Partendo dall’indice, è possibile attingere a informazioni, ragionamenti e proposte di soluzioni, spesso a costo zero o basso costo (sia economico che organizzativo), per affrontare le diverse problematiche di accesso alle cure dei pazienti e delle persone in generale.
Un aspetto cruciale che vogliamo sottolineare è l’importanza di sviluppare riflessioni e soluzioni che seppur con un orientamento operativo derivino da ragionamenti teorici e strategici con un razionale logico.
“I problemi non possono essere risolti dallo stesso livello di pensiero che li ha creati”. (Albert Einstein)
Il quadro che emerge, dalle indagini ed analisi riportate nel policy brief, è che risulta sempre più importante definire delle soluzioni ripensando a quelle epistemologie di governo sanitario che ci hanno portato ai problemi che in questo momento affliggono la sanità italiana. Il rischio infatti è di “tamponare” un problema con una soluzione momentanea che ne crea un altro (o altri). È ad esempio sufficiente pensare ad aumentare le risorse economiche dedicate al personale quando il modello di medicina prevalente è di tipo “difensivo” e non preventivo oquando non si interviene in maniera sistemica sulle reali disuguaglianze sociali, territoriali o economiche di salute? Qualsiasi numero di infermieri è insufficiente quando nei pronto soccorso arrivano pazienti diabetici con ferite e ulcere del piede, problemi cardiovascolari o con chetoacidosi a causa di anni di disattenzione alla terapia e al proprio stato di salute. La soluzione ai diversi problemi che affliggono la sanità italiana passa dalla modifica dei comportamenti, prima ancora che dall’aumento delle risorse economiche e del personale, allora nel momen- to in cui saranno disponibili quelle risorse verranno impiegate in modo ancora più efficiente ed efficace.
E qui da non dimenticare l’importanza strategica di lavorare in modo scientifico sulla modifica dei comportamenti strumento essenziale della programmazione in grado di rendere le azioni sia efficienti che efficaci.
In questo senso appare essenziale attivare competenze specifiche e autonome interne alle discipline delle scienze sociali, valutative, umane ed organizzative. Tali competenze sono fondamentali per l’analisi, la programmazione e la valutazione di programmi complessi secondo approcci partecipativi e sistemici, che tengano realmente la persona al centro, sviluppando approcci metodologicamente e teoricamente rigorosi cercando di integrare orientamenti qualitativi e quantitativi.
Questo primo Patient Access Monitor, rappresenta un passo iniziale nel nostro impegno a sviluppare in modo sempre più sistematico e operativo alcuni temi, cercando di declinarli anche a livello regionale. Ad esempio, dedicheremo particolare attenzione alle malattie neurologiche, cardiometaboliche, rare ed oncologiche, che costituiscono la stragrande maggioranza delle preoccupazioni, soprattutto in relazione all’appropriatezza, all’aderenza, all’erogazione delle prestazioni e alle vistose carenze nei sistemi di prevenzione e diagnosi precoce.

INDICE
1.EDITORIALE
PATIENT ACCESS UN PROBLEMA GLOBALE CHE RICHIEDE SOLUZIONI URGENTI, a cura di Andrea Lenzi, Giuseppe Novelli, Guido Rasi, Walter Ricciardi
2.IMPEGNI POLITICI: PATTI DI LEGISLATURA
2.1 PERCHÉ’ I PATTI DI LEGISLATURA
2.1.1 INTERGRUPPO PARLAMENTARE OBESITA’, DIABETE E MALATTIE CRONICHE NON TRASMISSIBILI, Daniela Sbrollini, Roberto Pella
2.1.2INTERGRUPPO PARLAMENTARE SANITÀ DIGITALE E TERAPIE DIGITALI, Simona Loizzo
2.1.3 INTERGRUPPO PARLAMENTARE ALLERGIE E MALATTIE RESPIRATORIE, Paolo Ciani
2.1.4 INTERGRUPPO PARLAMENTARE MALATTIE OTTICO RETINICHE, Matteo Rosso, Giovanni Satta
2.1.5 INTERGRUPPO PARLAMENTARE SULLE “MALATTIE DERMATOLOGICHE E LA SALUTE DELLA PELLE”, Renato Ancorotti, Daniela Sbrollini
3.OSSERVATORIO SCENARIO SALUTE
3.1 L’ACCESSO ALLE CURE E LA SANITA’ VISTE DAGLI ITALIANI di Walter Ricciardi, Lucio Corsaro, Lorena Trivellato, Gianluca Vaccaro
1. ANALISI COMPORTAMENTALI E PERCEPITO DI SALUTE COME STRUMENTI DI VALUTAZIONE DELL’ACCESSO DEI PAZIENTI
2. LA SALUTE E LA SANITÀ VISTE DAGLI ITALIANI
3.2 COMPORTAMENTI E PROMOZIONE DELLA SALUTE
3.2.1 SOCIETA’: INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE, FRAGILITA’ E RUOLO DELLE CITTA’
3.2.2 GOVERNANCE, ORGANIZZAZIONE, ASSISTENZA SANITARIA E SOCIOSANITARIA: PNRR E DM77
3.2.3 DIGITALIZZAZIONE E COINVOLGIMENTO CLINICO: FSE, TELEMEDICINA E AREE INTERNE MARGINALI
3.2.4 EQUITA’, SPESA E SOSTENIBILITA’: TECNOLOGIE SANITARIE E FARMACIE DI PROSSIMITA’
3.2.5 PROSPETTIVE COMPORTAMENTALI E SISTEMA SANITARIO
3.2.6 L’AI IN SANITÀ È UNA REALTÀ. ADESSO VIENE LA PARTE PIÙ DIFFICILE
3.3 SCENARIO ATTUALE
3.4 CONFIGURAZIONE DI SCENARI FUTURI
3.4.1 UN PROGRAMMA DI RICERCA BHAVE SUL FUTURO
3.4.2 SCENARI BHAVE
1. Scenario 1 - Governance territoriale
2. Scenario 2 - L’era della digitalizzazione
3. Scenario 3 - Una nuova quotidianità
4. Scenario 4 - Un sistema sostenibile e combinazione con lo scenario “a regime”
3.4.3 GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DEGLI SCENARI
4.PATIENT ACCESS JOURNEY
4.1 PERCHE’ UN PATIENT ACCESS THINK TANK
4.2 OBIETTIVI DEL PATT
4.3 COMPONENTI DEL PATT
4.4 METODO DI LAVORO
4.5 EVIDENZE EMERSE
4.5.1 LA SANITÀ ITALIANA E L’ACCESSO DEL PAZIENTE IN UN CONTESTO DI CRISI GLOBALE di Walter Ricciardi
1. Riflessioni sul servizio sanitario nazionale in un mondo in tempesta
2. È ancora possibile una sanità universalistica?
4.5.2 Il PATIENT ACCESS IN EUROPA
4.5.3 IL PATIENT ACCESS IN ITALIA Francesco Schiavone, Gianluca Vaccaro, Lucio Corsaro
4.5.4 ELEMENTI PER UNA DEFINIZIONE ITALIANA DI PATIENT ACCESS
4.5.5 IL JOURNEY DEL PATIENT ACCESS Francesca Romana Lenzi, Lucio Corsaro, Lorena Trivellato, Francesco Calicchia, Gianluca Vaccaro
4.5.6 ANALISI COMPORTAMENTALI PER MIGLIORARE L’ACCESSO ALLE CURE E ALL’ASSISTENZA SANITARIA E SOCIOSANITARIA Giacomo Galletti, Lucio Corsaro, Gianluca Vaccaro
4.6 UNA ADVOCACY ITALIANA PER L’ACCESSO ALLE CURE Annalisa Scopinaro
4.7 ASPETTI OPERATIVI, PROBLEMI E POSSIBILI SOLUZIONI Lucio Corsaro, Gianluca Vaccaro
4.8 11 PROBLEMI E SOLUZIONI DI PATIENT ACCESS PIÙ RICORRENTI
• Appropriatezza: Una Prescrizione Affrettata
• Aderenza: La Cura Incompresa
• Continuità assistenziale: Non perdersi per strada
• Prossimità: Aspettando che approvino la vita terapia
• Prenotazioni: Visita a babbo morto
• Triage emergenze: La zia di Sergio Pillon
• Cure domiciliari: La popolazione invecchia e cambiano le esigenze
• Televisita: La visita dal dottor Virtuale
• Equità regionale: Può facebook sostituirsi al servizio sanitario nazionale?
• DM e LEA: La trafila
• Prevenzione: Il cavaliere pigro e il drago influenzale
4.9 PROPOSTA OPERATIVA E INVITO ALL’AZIONE POLITICA
5.LE PROPOSTE DI SOCIETA’ SCIENTIFICHE, RAPPRESENTANTI ASSOCIAZIONI DI PAZIENTI, DI VOLONTARIATO E ORGANIZZAZIONI CIVICHE
5.1 ASSOCIAZIONE MEDICI DIABETOLOGI – AMD, Riccardo Candido
5.2 SOCIETÀ ITALIANA DI MEDICINA GENERALE E DELLE CURE PRIMARIE - SIMG, Alessandro Rossi
5.3 SOCIETÀ ITALIANA DIABETOLOGIA - SID, Frida Leonetti
5.4 SOCIETÀ ITALIANA TELEMEDICINA – SIT, Chiara Rabbito
5.5 SOCIETÀ ITALIANA PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE – SIPREC, Delegazione Emilia-Romagna Arrigo F.G. Cicero Presidente Sez. ER
5.6 IBDO FOUNDATION, Paolo Sbraccia
5.7 AMICI Italia, Mara Pellizzari
5.8 AMICI OBESI, Iris Zani
5.9 A.N.N.A. e VENESCO, Baudolino Mussa e Barbara Defrancisco
5.10 CITTADINANZA ATTIVA, Anna Rita Cosso
5.11 CONACUORE, Giuseppe Ciancamerla
5.12 Coordinamento Lazio Malattie Rare CoLMaRe, Giorgia Tartaglia
5.13 FARE RETE INNOVAZIONE BENE COMUNE, Farese Rosapia
5.14 Fondazione Longevitas, Eleonora Selvi


PATIENT ACCESS
uN ProblEmA globAlE ChE rIChIEdE SoluzIoNI urgENTI
A curA di AndreA Lenzi, Giuseppe noveLLi, Guido rAsi, WALter ricciArdi
Nel contesto attuale di emergenze sanitarie globali e di cambiamenti ambientali drammatici, i concetti di One Health e Planetary Health emergono sempre più come paradigmi cruciali per affrontare le sfide interconnesse della salute umana e degli ecosistemi. Un approccio integrato alla salute è infatti ad oggi l’unico presupposto per garantire nel medio-lungo periodo un accesso del paziente ai servizi sanitari che sia omogeneo, completo e continuativo, in grado, cioè di garantire a qualsiasi cittadino, indipendentemente dalla sua posizione geografica, economica o sociale, la disponibilità, l’accessibilità e la qualità delle cure sanitarie. Migliorare l’accesso ai servizi sanitari significa, infatti, garantire non solo che le persone possano accedere a cure e assistenza medica adeguata, ma anche affrontare i determinanti ambientali e sociali della salute, garantendo che gli ecosistemi siano protetti, che si prevengano e controllino le zoonosi attraverso una sorveglianza sanitaria efficace, sia per gli animali che per gli esseri umani, e che esista un sistema sanitario che possa rispondere rapidamente e adeguatamente alle emergenze sanitarie (Atella, Scandizzo 2024). Quello del One Health, è infatti un approccio unificante promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che mira a promuovere, attraverso la collaborazione tra settori e discipline diverse, la salute globale di persone, animali ed ecosistemi in modo sostenibile, riconoscendo come la sicurezza sanitaria di tutti questi attori sia strettamente collegata e interdipendente.
Si tratta di una presa di consapevolezza urgente, tuttavia ancora non diffusa. Come messo in luce all’interno di un’analisi della World Federation of Public Health Associations (WFPHA) condotta dal 2018 al 2022, la società globale è attualmente colpita da tre ondate, ossia la recessione, il cambiamento climatico e il collasso della biodiversità, a cui se ne è aggiunta negli ultimi anni una quarta, quella del Coronavirus. Quest’ultima ha
evidenziato lezioni cruciali in merito al tema della salute globale e all’urgenza del tema dell’accesso del paziente ai servizi sanitari e sociosanitari, lezioni tuttavia ad oggi spesso dimenticate, a fronte di prospettive per il prossimo futuro che sono invece sempre più critiche. Se guardiamo al contesto nazionale, infatti, l’Italia è un Paese altamente indebitato (oltre il 150% del PIL) e affronta gravi conseguenze economiche post-pandemia, come un’inflazione che ha colpito duramente i beni di consumo, con aumenti significativi nei generi alimentari, nel costo delle abitazioni e nei trasporti, e salari i più bassi rispetto agli altri Paesi considerati ricchi, portando a una situazione di povertà diffusa e ripercussioni espressamente tangibili in ambito sanitario. Si pensi soltanto all’andamento dei numeri sull’emigrazione di operatori sanitari, medici e infermieri, situazione che aggrava ulteriormente lo stato di insufficienza di personale sanitario in cui riversano ad oggi la maggior parte delle strutture. Analizzando la situazione italiana, un altro tema che si intreccia strettamente a quello della recessione, riguarda la crisi demografica che l’Italia sta affrontando negli ultimi decenni e che vede la sua popolazione in calo, con conseguente innalzamento del tasso di invecchiamento. Tutto ciò porta a un aumento delle malattie croniche e a una crescente domanda di servizi sanitari, di fronte alla quale tuttavia il numero di posti letto ospedalieri e, come accennato, il personale sanitario sono al contrario in costante diminuzione.
Oltre la recessione, parimenti il cambiamento climatico, con un aumento delle temperature globali che ha già superato il limite di sicurezza di +1,5 °C stabilito dagli accordi internazionali, è un’ondata che influenza negativamente la salute pubblica. Questo fenomeno ha infatti implicazioni dirette sulla salute umana, come l’aumento della mortalità tra le categorie più fragili e la diffusione di malattie infettive e zoonosi, oltre a provocare migrazioni climatiche di massa, con pressioni sempre
maggiori sui Paesi europei e sull’Italia, comprese le sue strutture sanitarie.
A questa situazione complessa, si aggiunge poi il collasso della biodiversità, uno dei problemi ambientali attualmente più urgenti e il cui decorso viene quotidianamente accelerato dall’azione umana attraverso la deforestazione, l’urbanizzazione, l’inquinamento, l’uso intensivo delle risorse naturali e lo stesso cambiamento climatico, portando ad una drastica diminuzione della fauna selvatica negli ultimi 50 anni. Questo declino si riflette nella perdita di habitat naturali, nella riduzione delle popolazioni di animali selvatici, e nell’estinzione di molte specie, con una perdita di biodiversità che ha ripercussioni profonde sugli ecosistemi, che diventano meno resilienti e più vulnerabili a eventi estremi come siccità, inondazioni e incendi. Ciò ha anche altre ripercussioni sulla salute dell’uomo, per il quale la perdita di biodiversità può significare la compromissione di funzioni importanti come un’adeguata purificazione dell’acqua, impollinazione delle colture o regolazione del clima.
Come emerge da questo breve quadro, la combinazione complessa di tali ondate richiede soluzioni altrettanto complesse e lungimiranti, che abbraccino, per l’appunto, una visione One Health, ma che guardino anche al concetto ampio di Planetary Health, proposto nel 2015 dalla Commissione Rockefeller Foundation–Lancet, in coincidenza con il lancio degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. Si tratta di un concetto più fortemente antropocentrico, definito come “la salute della civiltà umana e lo stato dei sistemi naturali da cui dipende”. Questo paradigma pone l’accento sulla salute umana e su come essa sia impattata dai sistemi naturali della Terra, promuovendo il raggiungimento del massimo standard di salute, benessere ed equità a livello globale attraverso l’attenzione ai sistemi umani (politici, economici e sociali) e focalizzandosi dunque principalmente sui benefici per gli esseri umani e sull’importanza della sostenibilità ambientale per supportare la salute umana.
Della stessa “famiglia” di paradigmi teorici sulla salute globale, ma da un punto di vista leggermente diverso, il concetto di One Health si focalizza invece maggiormente sull’interconnessione tra la salute umana, animale e ambientale, ponendosi l’obiettivo di migliorare la salute e il benessere globale attraverso la prevenzione dei rischi e la mitigazione degli effetti delle crisi che si originano
dall’interazione fra i diversi ecosistemi. Questi aspetti mettono in evidenza delle differenze che forse non sono solo sul piano formale. Mentre l’OMS ha accolto One-Health tra i piani di prevenzione a cui l’Europa oggi fa riferimento, Planetary Health rimane più legata a una dimensione che pone particolare attenzione all’aspetto comportamentale rivolto al sociale e, ad esempio, alla dimensione della salute urbana.
E in questo contesto che si possono interpretare, le richieste di integrare maggiormente il modello One Health con le scienze sociali (Hinchliffe, 2015; Wolf, 2015) promuovendo un modello veramente integrativo di salute globale che includa un’attenzione alle componenti sociali, comportamentali e personali che hanno un impatto sulla salute umana (Davis & Sharp, 2020; Destoumieux-Garzón et al., 2018; Rock et al., 2009).
Ma le due prospettive, infatti, non sono incompatibili: la complementarità tra i concetti di One Health e Planetary Health offre un’opportunità unica per creare un approccio integrato alla salute globale, migliorando la nostra capacità di prevenire, rilevare e rispondere alle emergenti sfide sanitarie affrontandole dalle basi e in un’ottica prospettica non solo difensiva.
Nell’apprestarsi dunque ad indagare le cause, ma soprattutto le soluzioni implementabili nel campo del patient access, entrambe le visioni dovranno trovare spazio: da un lato, uno sguardo più ampio, proprio della fase analitica e diagnostica della questione, che sappia contestualizzare l’accesso del paziente e le problematiche ad esso connesse nella trama di relazioni intrattenute con gli altri ambienti viventi; dall’altro un approccio operativo e pragmatico in ottica Planetary Health, che accolga il tema della sostenibilità ambientale e del sistema, declinandolo sulle ripercussioni positive che esso può avere sulla salute umana globale. Soltanto adottando uno sguardo integrato e multidisciplinare verso il problema, così come è stato proposto, sarà possibile garantire una sanità universalistica e sostenibile in futuro, progettando una riorganizzazione della sanità pubblica efficace e che sappia rispondere a tali esigenze complesse, con investimenti mirati e strategici, e attuando al tempo stesso un maggiore coinvolgimento e responsabilizzazione dei cittadini.
Questa la sfida, certamente impegnativa, e in questo senso questo primo numero del “Patient Access Monitor” può rappresentare
un’occasione importante di dialogo aperto, costruttivo e plurimo tra diversi saperi e domini promuovendo coalizioni e consenso fra esperti, opinione pubblica e figure istituzionali con il fine di sollecitare soluzioni a problematiche di accesso alla salute dei cittadini partendo proprio da una definizione multidimensionale di Patient Access e concentrandosi sulla costruzione di modelli teorici ed operativi che sappiano guardare ai comportamenti, alle organizzazioni, agli aspetti culturali, tecnologici come a quelli biologici ed ecologici in modo integrato e finalizzato a proporre soluzioni sostenibili ed eque.
Riferimenti
Altella V., Scandizzo P. L. (2024) The Covid-19 Disruption and the Global Health Challenge Academic Press, Pages 439-450; Pages 471-502, ISBN 9780443185762, https://doi. org/10.1016/B978-0-44-318576-2.00029-9 . (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/B9780443185762000299)
Hinchliffe S. (2015) More than one world, more than one health: re-configuring interspecies health. Soc Sci Med. 2015 Mar; 129:28-35. doi: 10.1016/j.socscimed.2014.07.007. Epub 2014 Jul 4.PMID: 25022470.
Wolf M. (2015) Is there really such a thing as “one health”? Thinking about a more than human world from the perspective of cultural anthropology. Soc Sci Med. 2015 Mar;129:5-11. doi: 10.1016/j.socscimed.2014.06.018. Epub 2014 Jun 12. PMID: 24961737; PMCID: PMC7131074. Davis A., Sharp J. (2020) Rethinking One Health: Emergent human, animal and environmental assemblages. Soc Sci Med. 2020 Aug;258:113093. doi: 10.1016/j. socscimed.2020.113093. Epub 2020 May 30. PMID: 32531688; PMCID: PMC7369629. Horton, Richard, and Selina Lo (2015) Planetary health: a new science for exceptional action. The Lancet 386.10007 2015: 1921-1922. Destoumieux-Garzón D, Mavingui P, Boetsch G, Boissier J, Darriet F, Duboz P, Fritsch C, Giraudoux P, Le Roux F, Morand S, Paillard C, Pontier D, Sueur C, Voituron Y. (2018) The One Health Concept: 10 Years Old and a Long Road Ahead. Front Vet Sci. 2018 Feb 12;5:14. doi: 10.3389/fvets.2018.00014. PMID: 29484301; PMCID: PMC5816263.
Rock M., Buntain B.J., Hatfield J.M., Hallgrímsson B. (2009) Animal-human connections, “one health,” and the syndemic approach to prevention. Soc Sci Med. 2009 Mar;68(6):991-
5.doi: 10.1016/j.socscimed.2008.12.047. Epub 2009 Jan 20. PMID: 19157669.
Waugh C., Lam S.S., Sonne C. (2020) One Health or Planetary Health for pandemic prevention? Lancet (London, England). 2020 Dec;396(10266):1882.
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Lerner, H., Berg, C. (2017) A Comparison of Three Holistic Approaches to Health: One Health, EcoHealth, and Planetary Health. Front Vet Sci. 2017 Sep 29;4:163.
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IMPEGNI POLITICI: PATTI DI LEGISLATURA

2.1 PERCHÉ I PATTI DI LEGISLATURA
I Patti di Legislatura rappresentano un elemento cruciale nel funzionamento delle democrazie moderne, soprattutto in contesti politici caratterizzati da pluralismo e frammentazione. Essi costituiscono accordi formali tra i partiti politici che mirano a garantire stabilità e coerenza nell’azione di governo durante l’intero arco della legislatura. Questi accordi non solo delineano le linee guida e gli obiettivi comuni che i partiti si impegnano a perseguire, ma fungono anche da meccanismi di gestione dei conflitti interni alla coalizione, prevenendo fratture e rotture che potrebbero compromettere la continuità e l’efficacia dell’azione governativa.
L’accesso ai servizi sanitari rappresenta una delle sfide più significative e urgenti della nostra epoca; la crescente complessità del sistema sanitario, le diversità territoriali e la rapidità con cui si evolvono le esigenze di salute della popolazione richiedono un approccio strategico e coordinato. I Patti di Legislatura nascono con l’obiettivo di rispondere a queste necessità, proponendo un quadro normativo e operativo che favorisca la collaborazione tra le istituzioni e garantisca un miglioramento continuo dell’accesso alle cure.
Il settore sanitario, più di molti altri, richiede una pianificazione a lungo termine e un impegno continuativo per affrontare le necessità crescenti e mutevoli della popolazione. Le interruzioni nelle politiche sanitarie causate da instabilità politica o cambi di governo possono avere conseguenze significative, spesso negative, sulla qualità e sull’accessibilità dei servizi sanitari. Pertanto, i patti di legislatura nel campo della sanità non solo facilitano la continuità delle politiche, ma assicurano anche che le riforme necessarie siano portate avanti con determinazione e coerenza.
Il Patient Access può dunque diventare uno strumento di promozione del cambiamento e di orientamento per le nuove politiche sanitarie in fase di definizione, affrontando aree di
intervento urgenti e implementando soluzioni efficaci.
Ipattidilegislatura possono:
Stabilizzarelepolitichesanitarie:Offrendouna strutturasolidaeprevedibile,ipattiassicurano che le politiche sanitarie fondamentali non siano soggette a cambiamenti drastici con ogni nuova amministrazione. Ciò è cruciale per la pianificazione e l’implementazione di programmi sanitari a lungo termine.
Favorire la coesione e la collaborazione: Attraversoaccordichiariecondivisi,idiversiattori del settore sanitario, dai fornitori di servizi ai regolatori, possono lavorare insieme più efficacemente. Questo riduce i conflitti e facilita la collaborazione su progetti complessi e trasversali.
Migliorare la trasparenza e la fiducia: I patti di legislatura rendono espliciti gli impegni del governo e dei partiti verso il miglioramento del sistema sanitario, aumentando la fiducia dei cittadini nel processo politico e amministrativo.
Assicurare il monitoraggio e la valutazione continua: Definendo obiettivi chiari e misurabili, i patti di legislatura permettono un monitoraggio costante dei progressi e una valutazione trasparente dei risultati ottenuti, facilitando l’aggiustamento delle politiche in corso d’opera.
Nello specifico ambito sanitario i Patti di Legislatura si propongono di raggiungere diversi obiettivi chiave:
1.Armonizzazione delle Politiche
Sanitarie:
• Coerenza Normativa: Stabilire un quadro legislativo omogeneo che riduca le disuguaglianze regionali e garantisca l’uniformità nell’accesso ai servizi sanitari.
• Integrazione dei Servizi: Favorire l’integrazione tra servizi sanitari e sociali, promuovendo un approccio olistico alla cura del paziente
2.Sostenibilità del Sistema Sanitario:
• Gestione Efficiente delle Risorse: Ottimizzare l’allocazione delle risorse finanziarie, umane e tecnologiche per garantire la sostenibilità del sistema sanitario
• Innovazione e Tecnologia: Promuovere l’adozione di nuove tecnologie e soluzioni innovative per migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi sanitari
3.Equità nell’Accesso alle Cure:
• Riduzione delle Disuguaglianze: Implementare politiche che mirano a ridurre le disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari, con particolare attenzione alle aree interne e marginali.
• Inclusione Sociale: Garantire che tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro condizione socio-economica, abbiano accesso alle cure necessarie.
4.Partecipazione e Coinvolgimento dei Cittadini:
• Trasparenza e Comunicazione: Assicurare la trasparenza nelle decisioni politiche e migliorare la comunicazione con i cittadini.
• Partecipazione Attiva: Promuovere la partecipazione attiva dei cittadini nella definizione delle politiche sanitarie, attraverso consultazioni pubbliche e il coinvolgimento delle associazioni di pazienti. Attraverso i Patti di Legislatura di seguito riportati s’intende dimostrare come tali accordi possano essere una leva potente, delineando linee guida, obiettivi comuni e priorità politiche tra i vari attori coinvolti, per migliorare l’accesso e la qualità dei servizi sanitari, contribuendo a un sistema sanitario più efficiente e orientato ai bisogni dei pazienti.

2.1.1 INTERGRUPPO PARLAMENTARE OBESITA’, DIABETE E MALATTIE CRONICHE NON TRASMISSIBILI
dAnieLA sbroLLini, roberto peLLA
UN PATTO PARLAMENTARE PER IL
DIABETE
Lettera aperta della Società Italiana di Diabetologia SID e dell’Associazione Medici Diabetologi Amd (con il supporto della Società Italiana di Endocrinologia SIE, della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica Siedp, della Società Italiana di Medicina Generale e delle cure primarie SIMG e degli Operatori Sanitari di Diabetologia Italiani OSDI) al Ministro della Salute, ai Parlamentari eletti nella XIX Legislatura , ai Presidenti delle Regioni e ai leader dei partiti, affinché il diabete sia una delle priorità sanitarie di questa legislatura.
Il diabete è una delle più diffuse malattie croniche non trasmissibili e rappresenta una patologia complessa, che, per il suo forte impatto socio-economico-sanitario, necessita di una forte attenzione istituzionale. In Italia le persone con diabete sono circa 4 milioni, e si stima che un ulteriore milione sia affetto dalla malattia senza che essa sia mai stata diagnosticata.
Se non diagnosticato, diagnosticato tardivamente o non trattato appropriatamente il diabete può causare complicanze severe, che coinvolgono diversi organi e apparati, incidendo negativamente sul benessere della persona e condizionandone pesantemente la qualità e la quantità di vita, abbreviandola in media di oltre 6 anni e di quasi 16 se diagnosticato in età pediatrica.
Chiediamo per questo un PATTO PARLAMENTARE SUL DIABETE, che impegni Governo, Parlamento e tutte le Forze Politiche perché questa patologia trovi un posto rilevante nella prossima agenda politica, governativa e parlamentare.
In particolare, chiediamo che come in passato il diabete attraverso la legge 115/87, il Piano Nazionale sulla Malattia Diabetica e la Missione 6 del PNRR ha giustamente ricevuto una peculiare attenzione legislativa e istituzionale, anche la XIX Legislatura prenda l’im-
pegno a:
Potenziare e Razionalizzare l’assistenza alla persona con diabete, favorendo la crescita di ampie strutture specialistiche in costante e dinamico collegamento in rete con il territorio;
Aumentare i fondi per la ricerca sul diabete e sulle malattie endocrinologo-metaboliche;
Incrementareipostiperimediciinformazione specialistica in endocrinologia e malattie del metabolismo;
Tutelare i diritti della persona con diabete nell’attività lavorativa, scolastica e sportiva;
Promuovere campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini sulla prevenzione dell’obesità e del diabete, centrate sulla educazione a comportamenti alimentari salutari e sulla incentivazione dell’attività fisica;
Garantire il pieno accesso alle cure e ai trattamenti in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale; garantendo equo accesso all’impiego delle tecnologie avanzate per il trattamento del diabete, in particolare in età pediatrica.
CONFIDIAMO CHE QUESTO NOSTRO APPELLO A GARANZIA DI MILIONI DI CITTADINI ITALIANI EDELLELOROFAMIGLIEPOSSATROVAREPIENA CONDIVISIONEESINERGIAPOLITICA.
Il Presidente SID - Prof. Angelo Avogaro
Il Presidente Amd - Dott. Graziano Di Cianni
Il Presidente SIE - Prof. AnnaMaria Colao
Il Presidente SIMG - Dott. Carlo Cricelli
Il Presidente Siedp - Prof. Maria Carolina Salerno
Il Presidente OSDI - Dott. Carolina Larocca
UNPATTODILEGISLATURA SULL’OBESITA’
Durante la Legislatura che si è da poco conclusa, il 13 novembre del 2019, è stata votata all’unanimitàalla Camera dei Deputati la
Mozione, sottoscritta da tutti i gruppi politici, per riconoscere l’obesità come malattia cronica e per dare avvio a un Piano nazionale di prevenzione finalizzato a promuovere interventi basati sull’unitarietà di approccio.
Un vero patto di legislatura che ha impegnato tutte le forze politiche a considerare l’obesità una priorità del nostro sistema sanitario e che ha consentito all’Italia di essere un Paese guida a livello mondiale nella lotta e nella prevenzione all’obesità.
Un patto di legislatura che si è sostanziato attraverso sinergie con il Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità, le Regioni e gli Enti Locali per la ricerca di soluzioni volte a considerare l’obesità all’interno del Piano Nazionale della Cronicità, all’interno dei LEA, nel sistema nazionale delle linee guida e all’interno delle reti regionali di assistenza.
Un patto che si è interrotto ‐ momentaneamente ‐ con la fine della legislatura, ma che necessita risposte istituzionali urgenti.
L’obesità rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica a livello mondiale e di spesa per i servizi sanitari nazionali sia perché la sua prevalenza è in costante e preoccupante aumento, non solo nei Paesi occidentali ma anche in quelli a basso‐medio reddito, sia perché è un rilevante fattore di rischio rispetto all’insorgere di varie malattie croniche, quali diabete mellito di tipo 2, malattie cardiovascolari e tumori.
Il soggetto obeso riscontra infatti un maggiore rischio di sviluppare altri disturbi di salute, soprattutto a carico dell’apparato cardiovascolare, digerente, respiratorio e alle articolazioni. Si stima che il 44% dei casi di diabete tipo 2, il 23% dei casi di cardiopatia ischemica e fino al 41% di alcuni tumori siano attribuibili all’obesità e al sovrappeso e purtroppo la pandemia dovuta a COVID 19 ha confermato la fragilità e la vulnerabilità della persona con obesità. In totale, sovrappeso e obesità rappresentano il quinto più importante fattore di rischio per mortalità globale e i decessi attribuibili all’obesità sono almeno 2,8 milioni/anno nel mondo.
Oggi considerare l’obesità una condizione o una colpa individuale, fa parte di quello che è definito “stigma” che la persona con obesità costantemente subisce. Lo stigma sull’obesità, ovvero la disappro-
vazione sociale, è una delle cause, che, attraverso stereotipi, linguaggi e immagini inadatte, finiscono per ritrarre l’obesità in modo impreciso e negativo. L’opinione pubblica, la classe politica, i media e anche parte del mondo sanitario hanno una visione superficiale del problema, talvolta anche errata.
Se vogliamo porre fine allo stigma sull’obesità, è importante adeguare il nostro linguaggio e i nostri comportamenti, aumentando la consapevolezza e migliorando la nostra conoscenza dell’impatto che l’obesità ha sulla salute e sull’inclusione sociale delle persone.
Le immagini di persone che indossano abiti inadeguati e che si comportano in modo stereotipato (ad esempio consumando cibi malsani) stanno disumanizzando e generando generalizzazioni ingiuste nei confronti di coloro che soffrono di obesità, influendo negativamente anche sulla percezione individuale e collettiva.
Esistono dati a livello globale in merito alla discriminazione basata sul peso in molte delle fasi della vita lavorativa, incluse i colloqui di selezione e i processi di assunzione, le disparità salariali, i minori avanzamenti di carriera, o azioni disciplinari più severe e maggiori rischi di licenziamenti e di mobbing.
Inoltre, nell’ambiente scolastico, è noto come il bullismo sui giovani con obesità sia uno dei fattori più presenti, cosiddetto body shaming.
In molti casi, inoltre, la persona con obesità è anche vittima di emarginazione sanitaria, che la discrimina nell’accesso alle cure e ai trattamenti e che finisce per condizionarne la qualità di vita.
Purtroppo esistono una forte discriminazione ed emarginazione sanitaria, derivanti dal non riconoscimento dell’obesità nei percorsi clinico‐terapeutici‐assistenziali. Anche questa può dirsi una forma di “bullismo” istituzionale.
Il diritto delle persone con obesità a vivere una vita sociale, educativa, lavorativa alla pari delle persone senza obesità deve essere considerato l’obiettivo primario delle azioni di governo a livello nazionale e regionale, considerando l’obesità una malattia.
La diciannovesima legislatura, che comincerà tra qualche giorno, dovrà
assicurare piena continuità e rinnovare il PATTO DI LEGISLATURA SULL’OBESITÀ agendo UNITARIAMENTE E SUBITO per garantire alla persona con obesità il pieno accesso alle cure e ai trattamenti farmacologici.
Per questo chiediamo a tutte le forze politiche di continuare il loro impegno unitario sull’obesità e inserire nell’agenda politica un PATTO DI LEGISLATURA SULL’OBESITA’ che tenga conto dei seguenti sei punti:
1.Lotta allo stigma clinico ed istituzionale
2.Considerare l’obesità come malattia cronica
3.Promuovere linee guida per l’obesità
4.Garantire il pieno accesso alle cure e ai trattamenti farmacologici alla persona con obesità
5.Realizzazione delle reti regionali di assistenza per l’obesità
6. Porre attenzione all’obesità infanto-giovanileeaquelladigenere
Luca Busetto, Presidente SIO
Andrea Lenzi, Presidente OPEN Italia
Paolo Sbraccia, V. Presidente IBDO Foundation
Annamaria Colao, Presidente SIE
Claudio Cricelli, Presidente SIMG
Maria Carolina, Presidente SIEDPSalerno
Giuseppe Fatati, Presidente IONET
Giuseppe Malfi, Presidente ADI
Antonio Caretto, Presidente Fondazione ADI
Iris Zani, Presidente Amici Obesi
Marcoantonio Zappa, Presidente SICOB

2.1.2 INTERGRUPPO PARLAMENTARE SANITÀ DIGITALE
simonA Loizzo
Lettera aperta da parte dell’Intergruppo Sanità Digitale e Terapie Digitali ai rappresentanti del Governo, al Ministro della Salute, ai Parlamentari eletti nella XIX Legislatura, ai Presidenti delle Regioni e ai leader dei partiti, affinché la Sanità Digitale e le Terapie Digitali (DTx) siano una delle priorità di questa legislatura.
Gentilissimi,
Vi scriviamo per sottolineare due ambiti che riteniamo centrali e nevralgici per il contributo che possono offrire allo sviluppo del nostro SSN così come nelle attese di tutto il Paese e nelle visioni progettuali del PNRR.
La Sanità Digitale è l’applicazione delle tecnologie digitali a supporto dell’innovazione del Servizio Sanitario Nazionale, ambito che può e deve diventare una assoluta priorità nella legislatura per rendere più efficace l’erogazione dei servizi, snellire la comunicazione tra strutture sanitarie e cittadini e semplificare i sistemi di prenotazione. In particolare, lo sviluppo della sanità digitale all’interno di una corretta programmazione di sistema, può assicurare al la sanità italiana il superamento della divisione ospedale territorio, permettendo di realizzare anche quella “sanità di prossimità” che è la vera chiave di una corretta gestione delle cronicità e dei sempre più vasti bisogni di salute.
Le Terapie Digitali -DTx offrono interventi terapeutici basati su software e sono prodotti ormai dotati di evidenza scientifica ottenuta attraverso sperimentazione clinica allo scopo di prevenire, gestire o trattare un ampio spettro di condizioni patologiche fisiche e, mentali e comportamentali. Le terapie digitali come confermato dalla letteratura scientificahanno inoltre un impatto positivo sul decorso e sul monitoraggio dei progressi del paziente da parte del clinico, utile sia all’adattamento dei percorsi di cura, sia ai fini di ricerca. le Terapie Digitali rappresentano inoltre da un lato una potenziale riduzione dei costi per il SSN, dall’altro un’opportunità per accelerarne la digitalizzazione
L’Intergruppo Sanità Digitale e Terapie Digitali nasce con l’obiettivo di avviare azioni concrete e continuative per impegnare Governo,
Parlamento, Regioni, Autorità Sanitarie e tutte le Forze Politiche affinché si implementi l’attenzione trasversale ed il confronto pubblico sui due temi già sottolineati di Sanità Digitale e Terapie Digitali. Le azioni dell’Intergruppo permetteranno di recuperare il divario tra l’Italia e gli altri Paesi europei in questa materia così decisiva per lo sviluppo di una sanità innovativa, rispondente, equa e sostenibile.
In particolare, l’Intergruppo ha identificato i seguenti punti di impegno programmatico come elementi di un Patto di Legislatura su cui la XIX Legislatura deve concentrare la propria attenzione:
OSSERVATORIO PERMANENTE - Favorire l’avvio di un Osservatorio Permanente Nazionale sulla Sanità Digitale e sulle Terapie Digitali
DIALOGO EUROPEO - Interagire con altri organismi parlamentari e istituzionali europei su questi ambiti favorendo tavoli di interscambio
RIFERIMENTO DEL MEDITERRANEO - Dialogare con le autorità e le istituzioni dei Paesi del Mediterraneo favorendo il confronto permanente.
EQUO ACCESSO - Assicurare equità di accesso nazionale e regionale agli strumenti di Sanità digitale
SUPPORTO ALLE DTX - Conferire supporto socio-politico-sanitario al riconoscimento ed alla diffusione territoriale delle Terapie Digitali anche nel nostro Paese
RAPIDA REGOLAMENTAZIONE - Promuovere sinergie istituzionali utili a un indirizzo regolatorio comune sul tema delle Terapie Digitali
AUTENTICA SOSTENIBILITÀ – Identificare iniziative a livello istituzionale incentrate sul tema della sostenibilità delle Terapie Digitali per assicurarne la diffusione all’interno del Servizio Sanitario Nazionale
CONFIDIAMO CHE QUESTO NOSTRO APPELLO POSSA TROVARE PIENA CONDIVISIONE E SINERGIA POLITICA.

2.1.3 INTERGRUPPO PARLAMENTARE
ALLERGIE E MALATTIE RESPIRATORIE
Paolo Ciani
01
Secondo il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) degli Stati Uniti, i bambini con allergie respiratorie ed asmatiche perdono il doppio dei giorni di scuola rispetto ai loro coetanei ed è un fattore determinante sia dell’assenza dal lavoro in molti paesi e/o nella scelta di un lavoro rispetto a un altro. In più l’apprendimento e le opportunità di socializzazione, legate anche alle attività fisiche, sono fortemente limitati nei bambini più giovani che soffrono di asma.
02
In Italia circa il 10% dei bambini al di sotto dei 14 anni soffre di asma e l’80% di questi sono allergici. Di straordinaria importanza ai fini della prevenzione delle malattie respiratorie è l’osservazione dell’origine nei primi anni della vita di molte malattie polmonari croniche dell’adulto, tra cui l’asma, che purtroppo registrano morbidità e mortalità ancora preoccupanti.
03
Inoltre, in Italia, si stima che ogni anno circa dieci milioni di persone si ammalino di allergie respiratorie per l’esposizione ad allergeni di pollini, muffe, acari e animali domestici. Si calcola che circa il 15-20 per cento della popolazione italiana soffra di allergie, fenomeno in crescita, soprattutto tra i più giovani e le donne. L’Italian study on asthma in young adults (Isaya), un’indagine multicentrica condotta tra il 1998 e il 2000 su nove città italiane e su 3000 persone tra i 20 e i 44 anni, ha permesso di evidenziare la correlazione con situazioni urbane dall’elevato tasso di inquinamento.
UNA EMERGENZA GLOBALE E NAZIONALE
Il documento Key recommendations for primary care from the 2022 Global Initiative for Asthma (GINA) update pubblicato npj Primary Care Respiratory Medicine (2023) 33:7 ; https://doi. org/10.1038/s41533-023-00330-1 evidenzia come nel mondo ci siano più di 1000 morti al giorno per asma , molte delle quali evitabili se trattati in maniera efficace.
Le allergie respiratorie hanno un rilevante impatto sui pazienti, le loro famiglie e la società. L’obiettivo di chi cura un soggetto asmatico è ottenere il controllo/remissione dei sintomi, limitando il rischio di crisi talvolta anche mortali attraverso strategie a lungo termine per ridurre il consumo
di farmaci sintomatici e migliorare la funzione polmonare e la qualità e l’aspettativa di vita. La comparsa e la ricorrenza dei sintomi (soprattutto tosse e difficoltà respiratoria) richiedono spesso una gestione impegnativa, con visite cliniche durante l’attacco e/o ricoveri per la gestione dei casi più severi. Inevitabile è il dispendio economico che il cattivo controllo dell’asma comporta. In Italia, i costi diretti dell’asma (derivanti dall’uso dei farmaci e dei servizi sanitari) rappresentano circa l’1-2% della spesa sanitaria, mentre quelli indiretti (per assenteismo scolastico e riduzione dei giorni di lavoro dei genitori per l’assistenza al figlio), rilevanti soprattutto nei casi più gravi, costituiscono oltre il 50% dei costi complessivi. In termini economici, queta patologia incide più della tubercolosi e dell’Hiv combinati.
Nei soli Stati Uniti, la stima dei costi diretti e indiretti per la cura si aggira sui 6 miliardi di dollari all’anno e raggiunge gli oltre 10 miliardi considerando il costo totale della malattia, incluse le giornate lavorative e scolastiche perdute. Non meno rilevante è la spesa per la rinite allergica: il Global Allergy and Asthma European Network ha calcolato che in Europa vi sia stata una perdita di produttività per i datori di lavoro di circa 100 miliardi nel 2011.
Secondo il CDC, sono soprattutto le popolazioni a basso reddito e le etnie che vivono in condizioni più disagiate a sperimentare una maggiore prevalenza e mortalità dovuta all’asma, probabilmente anche per il ritardato o limitato accesso al trattamento. Un’altra possibile spiegazione, addotta dal National Institute of Health americano, è che il livello di igiene e l’esposizione a sostanze inquinanti, cui si sono abituate le ricche società del nord del mondo influisca sulla risposta immune favorendo la sensibilizzazione allergica.
Accanto ai fattori di rischio ambientali vanno anche considerati fattori di rischio individuali (genetici e legati alla familiarità, comportamentali e legati a stili di vita inadeguati) che incidono soprattutto per alcune patologie quali la rinite e l’asma allergica, specie in età evolutiva.
E’ possibile che lo stile di vita occidentale e l’emergenza climatica prolungano e facilitino l’esposizione agli allergeni. Altri fattori quali le abitudini sedentarie e l’obesità, condizioni reversibili se prevenute, giochino un ruolo rilevante sulla gravità della malattia. D’altronde, gli investimenti effet-
tuati nei primi anni di vita del bambino sono quelli che hanno maggiori potenzialità di successo a lungo termine, nella vita adulta.
Le malattie allergiche spesso non vengono considerate appieno per la loro gravità clinica e le implicazioni sulla qualità di vita delle persone, sia in età evolutiva sia in età adulta.
A fronte di una situazione epidemiologica e clinica di estrema rilevanza, va evidenziata la situazione in cui versa l’assistenza allergologica, fortemente ridimensionata ovunque e quasi completamente scomparsa in alcuni ambiti regionali. L’impoverimento, in questo caso, non è soltanto quantitativo per la perdita di strutture dedicate con il progressivo ed inevitabile spostamento verso l’ assistenza privata, ma soprattutto qualitativo.
Con la dismissione di strutture in ambito ospedaliero, come purtroppo avvenuto in questi ultimi anni per incomprensibili e infruttuose politiche di tagli lineari, si è infatti drammaticamente ridotta anche la possibilità di intervenire su patologie gravi e potenzialmente fatali e che necessitano di un setting assistenziale complesso e realizzabile solo in ambienti protetti e da personale a questo dedicato e specificatamente addestrato
Chiediamo per questo un PATTO PARLAMENTARE SULLE ALLERGIE RESPIRATORIE, che impegni Governo, Parlamento, Regioni e tutte le Forze Politiche perché questa patologia trovi un posto rilevante nell’agenda politica, governativa e parlamentare. In particolare, chiediamo che la Missione 6 del PNRR riservi una peculiare attenzione legislativa e istituzionale al ruolo dello specialista in Allergologia e Immunologia Clinica., In tema di riordino dell’assistenza territoriale, e si evidenzia come la figura dell’allergologo non venga mai ricompresa tra i numerosi professionisti che saranno chiamati a fornire assistenza nelle case della comunità Un’omissione assolutamente illogica alla luce del grande carico assistenziale che le patologie allergiche comportano, e del loro continuo incremento avendo esse raggiunto ormai una prevalenza nella popolazione generale del 20% secondo stime prudenziali. Poiché le patologie allergiche sono strettamente correlate all’inquinamento e alla immissione di
nuove sostanze chimiche nell’ambiente di vita, è prevedibile che il carico assistenziale sarà destinato ad accrescersi ulteriormente e con essi i costi sanitari che potrebbero invece essere ridotti con l’adozione di politiche pubbliche orientate alle buone pratiche della prevenzione. Sono queste le ragioni per le quali si chiede che almeno a livello di casa della comunità, di livello Hub, sia espressamente prevista la figura dello specialista allergologo e garantita un’assistenza di qualità.
Si giudica grave la mancanza di ogni riferimento alla definizione di una rete clinica dedicata all’allergologia, a differenza di quanto previsto per numerose altre discipline a minore impatto epidemiologico ed assistenziale. La mancata definizione di un modello assistenziale reticolare a complessità crescente (Hub, Spoke e primo livello) significa infatti ritenere che le patologie allergologiche non siano degne di essere gestite in modo integrato consentendo al paziente di essere inserito in un percorso assistenziale coordinato tra i diversi livelli a crescente complessità, a partire dal proprio medico di famiglia. Per quanto sopra riteniamo che venga preso l’impegno a:
- POTENZIARE E RAZIONALIZZARE l’assistenza alla persona con allergie respiratorie, favorendo la crescita di ampie strutture specialistiche in costante e dinamico collegamento con il territorio;
- AUMENTARE i fondi per la ricerca sulle allergie respiratorie , in particolare quella finalizzata alla prevenzione ed al controllo dell’asma allergica in età evolutiva;
- IMPLEMENTARE la gestione integrata trai i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta con le strutture specialistiche;
- INCREMENTARE i posti per i medici in formazione specialistica in allergologia ed immunologia clinica;
- TUTELARE i diritti della persona con allergie respiratorie nell’attività lavorativa, scolastica e sportiva;
- FAVORIRE linee guida sulle allergie respiratorie inserite nel sistema nazionale LG dell’ISS, in linea con la legge n. 24/2017 sulla responsabilità professionale
- PROMUOVERE campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini, coinvolgendo il Ministero della Salute, i Comuni e le autorità sanitarie locali sulle allergie respiratorie, at-
traverso la promozione dell’implementazione di politiche di prevenzione e in particolare di quelle volte a ridurre l’impatto di tutti i determinati di salute legati all’ambiente e all’inquinamento indoor e outdoor, e di altri fattori di rischio rilevanti, soprattutto nelle aree urbane;
- INSERIRE le malattie allergiche nel Piano Nazionale della cronicità del Ministero della Salute e nella missione 6 del PNNR;
- PROMUOVERE il monitoraggio aerobiologico di pollini allergenici e spore fungine attraverso siti di misura, disposti a rete, diffusi su tutto il territorio nazionale.
- ASSICURARE il pieno accesso alle cure e ai trattamenti in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, in particolare in età pediatrica, non rimandando la presa in carico del bambino con allergie respiratorie;
- GARANTIRE l’equo accesso all’impiego delle terapie più avanzate per il trattamento delle allergie respiratorie, incluse le terapie desensibilizzanti e le NPP (“Named Patient Products”) disciplinate dall’art. 5 della Legge n.94/1998, in linea con i principi di appropriatezza terapeutica, della sostenibilità per il sistema sanitario nazionale e dell’equità di accesso alle cure in tutte le regioni eliminando ogni sorta di disequità;
- FAVORIRE lo sviluppo della Telemedicina nella gestione delle allergie respiratorie;
- CONDIVIDERE le best practices (volte a migliorare la tempestività della diagnosi e l’efficacia della presa in carico) in modo da ridurre la gravità della malattia e la disabilità.
CONFIDIAMO CHE QUESTO NOSTRO APPELLO, A GARANZIA DI MILIONI DI CITTADINI ITALIANI E DELLE LORO FAMIGLIE, POSSA TROVARE PIENA CONDIVISIONE E SINERGIA POLITICA.

2.1.4 INTERGRUPPO PARLAMENTARE MALATTIE OTTICO RETINICHE
Matteo Rosso, Giovanni satta
PATTO PARLAMENTARE DI LEGISLATURA SULLA PREVENZIONE E CURA DELLE MALATTIE OCULARI
Lettera aperta dell’Intergruppo Parlamentare sulla “Prevenzione e Cura delle Malattie Oculari”, al Ministro della Salute, ai Presidente della X Commissione permanente del Senato, e della XII Commissione permanente della Camera dei Deputati, ai Parlamentari, ai Presidenti delle Regioni, al Presidente dell’ANCI, al Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, al Presidente di AGENAS, al Presidente di AIFA affinché questo tema di importanza clinico, sociale e sanitario sia una delle priorità sanitarie della XIX legislatura.
L’Intergruppo parlamentare “Prevenzione e Cura delle Malattie Oculari” è stato costituito in seno alla XIX Legislatura, quale spazio di dialogo e confronto parlamentare permanente e bipartisan sui temi legati alle malattie dell’apparato visivo.
L’Intergruppo è formato da Deputati e Senatori eletti nella XIX legislatura che, in modo coordinato, s’impegnano per dare impulso e concretezza, attraverso gli strumenti legislativi a disposizione degli organismi parlamentari, alle istanze provenienti da tutti i soggetti operanti nel mondo delle malattie oculari, intervenendo, con particolare proattività, su tutti quei determinanti e fattori di rischio che possano ridurne la prevalenza, specie in ambito urbano.
L’invecchiamento della popolazione avrà un impatto significativo sul numero di persone con patologie oculari. Si stima che entro il 2030 il numero di persone di età pari o superiore a 60 anni nel mondo aumenterà da 962 milioni (2017) a 1,4 miliardi, mentre il numero di persone di età superiore a 80 anni aumenterà da 137 milioni (2017) a 202 milioni. Questi cambiamenti nella popolazione porteranno a un considerevole aumento del numero di persone con gravi patologie oculari che cau-
sano problemi alla vista.
Si prevede, ad esempio, che il numero di persone affette da degenerazione maculare legata all’età aumenterà di 1,2 volte tra il 2020 (195,6 milioni) e il 2030 (243,3 milioni); mentre il numero di persone affette da glaucoma aumenterà di 1,3 volte tra il 2020 (76 milioni) e il 2030 (95,4 milioni). Allo stesso modo, si prevede che il numero di persone affette da presbiopia aumenterà da 1,8 miliardi nel 2015 a 2,1 miliardi nel 2030. Poiché la maggior parte delle persone di età superiore ai 70 anni svilupperà la cataratta, anche il numero di persone con questa condizione aumenterà notevolmente. L’invecchiamento della popolazione porterà anche ad un aumento del numero di persone con altre patologie oculari, comprese quelle che di solito non causano problemi alla vista, come la secchezza oculare.
È probabile che anche i cambiamenti negli stili di vita si traducano in un aumento del numero di persone con patologie oculari. Ad esempio, la riduzione del tempo trascorso all›aperto, la distanza di lavoro ravvicinata e l’aumento dei tassi di urbanizzazione, possono contribuire a un aumento sostanziale a livello globale del numero di persone con miopia. Secondo le stime che prendono in conto della crescita dell›urbanizzazione e dello sviluppo umano, il numero di persone con miopia aumenterà da 1,95 miliardi nel 2010 a 3,36 miliardi nel 2030. Durante lo stesso periodo, il numero di persone con miopia elevata, spesso associata a gravi complicazioni, dovrebbe aumentare rispetto ai 277,2 milioni del 2010 a 516,7 milioni nel 2030. I cambiamenti dello stile di vita hanno anche portato a un aumento del numero di persone con diabete in tutti i paesi negli ultimi trent›anni. Se le tendenze continuano, il numero di persone con retinopatia diabetica aumenterà da 146 milioni nel 2014 a 180,6 milioni nel 2030 (1,2 volte).
Lo sottolineano importanti documenti e pubblicazioni scientifiche che individuano nella
lotta alle malattie oculari in ambito urbano una delle priorità d’azione per le Istituzioni governative e i Sindaci nel settore dell’urban health, quali:
• World Report on Vision – WHO 2019
• UN. World Population Prospects: The 2017 Revision. 2017.
• Manifesto dei diritti del paziente maculopatico (https://www.i-com.it/wp-content/uploads/2020/03/Manifesto-dei-diritti-del-paziente-maculopatico.pdf)
• Tham YC, Li X, Wong TY, Quigley HA, Aung T, Cheng CY. Global prevalence of glaucoma and projections of glaucoma burden through 2040: a systematic review and meta-analysis. Ophthalmology. 2014;121(11):208190.
• Fricke TR, Tahhan N, Resnikoff S, Papas E, Burnett A, Ho SM, et al. Global prevalence of presbyopia and vision impairment from uncorrected presbyopia: systematic review, meta-analysis, and modelling. Ophthalmology. 2018;125(10):1492-9.
• Manifesto per la “Salute nelle città: bene comune” – Health City Institute-ANCI (2023);
Le malattie oculari, in particolare quelle legate all’invecchiamento e al diabete, rappresentano ormai un problema, di salute pubblica e di spesa per i sistemi sanitari nazionali. Una spesa che diverrà insostenibile se non saranno adottate politiche di prevenzione, di attuazione di percorsi diagnostici e di ottimizzazione delle cure.
Le malattie oculari in linea di massima sono malattia socialmente trasversali colpendo in eguale misura tutti i ceti sociali a prescindere dal grado di istruzione o dalla capacità di reddito. Tuttavia, la potenziale e profonda differenza che costituisce quindi un importante tema di riflessione, è la disuguaglianza nell’accesso alle strutture di diagnosi e cura, che da origine a un vero e proprio circolo vizioso che coinvolge gli individui che vivono in condizioni disagiate, i quali devono far fronte a limitazioni strutturali, sociali, organizzative e finanziarie che rendono difficile compiere scelte salutari per un’adeguata qualità di vita.
La dimensione della questione è tale da meritare l’attenzione massima delle Istituzioni e della politica e da rappresentare una priorità nell’ambito delle scelte da adottare e delle azioni da intraprendere, nel breve periodo, in termini di salute pubblica.
Per queste ragioni, l’Intergruppo Parlamentare “Prevenzione della Malattie Oculari” intende coinvolgere il Parlamento, il Governo e tutte le Istituzioni, anche a livello territoriale, sulla questione, rendendo quanto più possibile partecipi del processo conoscitivo, informativo e decisionale i cittadini stessi. Per rispondere a queste sfide di ordine clinico, sociale, economico e politico-sanitario i parlamentari aderenti all’ Intergruppo Parlamentare sulla “Prevenzione e Cura delle Malattie Oculari”, assieme ai rappresentanti delle società scientifiche di riferimento, delle associazioni dei pazienti e gli esperti coinvolti, promuovono un patto parlamentare di legislatura per sensibilizzare le Istituzioni e tutti i decisori politico e sanitari su alcuni punti di azione prioritaria.
PATTO DI LEGISLATURA
Potenziare e Razionalizzare l’assistenza alla persona con malattie oculari, favorendo la crescita di ampie strutture specialistiche in costante e dinamico collegamento con il territorio in linea con gli obiettivi della missione 6 del PNRR;
Promuovere un programma nazionale che istituisca e regoli gli screening di prevenzione delle complicanze oculari con particolare attenzione alle persone con diabete tipo 2;
Favorire campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini, coinvolgendo il Ministero della Salute, i Comuni e le autorità sanitarie locali sulle malattie, attraverso la promozione dell’implementazione di politiche di prevenzione e in particolare di quelle volte a ridurre l’impatto di tutti i determinati di salute legati all’ambiente urbano, e di altri fattori di rischio rilevanti;
Assicurare il pieno accesso alle cure e ai trattamenti in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale dando la giusta importanza e il dovuto rilievo a quelle terapie farmacologiche che abbiano dimostrato una efficacia in termini di miglioramento e/o stabilizzazione della funzione visiva con il numero minimo di somministrazioni e con la massima compliance della persona;
Incrementare i fondi per la ricerca sulle ma-
lattieocularieipostiperimediciinformazione specialistica;
Tutelare i diritti della persona con allergie respiratorie nell’attività lavorativa, scolastica e in tutte le attività sociali;
Condividerelebestpractices(volteamigliorare la tempestività della diagnosi e l’efficacia della presa in carico) in modo da ridurre la gravità della malattia e la disabilità.
CONFIDIAMO CHE QUESTO NOSTRO APPELLO, A GARANZIA DI MILIONI DI CITTADINI ITALIANI E DELLE LORO FAMIGLIE, POSSA TROVARE PIENACONDIVISIONEESINERGIAPOLITICA.
Sen.Giovanni Satta
On. Matteo Rosso
Presidenti Intergruppo Parlamentare sulla “Prevenzione e Cura delle Malattie Oculari” Anche a nome dei parlamentari aderenti e del comitato tecnico-scientifico

2.1.5
Renato anCoRotti, Daniela sbRollini
PATTO DI LEGISLATURA SULLE MALATTIE DERMATOLOGICHE
E LA SALUTE DELLA PELLE
Lettera aperta dell’Intergruppo Parlamentare sulle “Malattie dermatologiche e la salute della pelle ”, al Ministro della Salute, al Sottosegretario alla Sanità, al Presidente della X Commissione permanente del Senato, e della XII Commissione permanente della Camera dei Deputati, ai Parlamentari, ai Presidenti delle Regioni, al Presidente di ANCI,al Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, al Presidente di AGENAS, al Presidente di AIFA per sollecitare l’attenzione su un tema sanitario di centrale importanza.
L’Intergruppo Parlamentare “Malattie Dermatologiche e sulla Salute della Pelle” emerge in questa legislatura come un forum cruciale e multidisciplinare per affrontare le tematiche dermatologiche che impattano la vita quotidiana di milioni di cittadini. In Italia, si stima che quasi il 30% della popolazione sia affetto da almeno una patologia dermatologica, un dato che sottolinea l’urgenza di affrontare questi problemi con serietà e impegno. La prevalenza di alcune malattie cutanee, come la psoriasi e l’eczema, registra un costante aumento che comporta un carico assistenziale, dovuto alle complicanze, non più ignorabile dal Sistema Sanitario Nazionale. E’ in considerazione di ciò che i membri dell’Intergruppo si impegnano attivamente per sviluppare e promuovere soluzioni legislative attente alle necessità provenienti dal mondo della dermatologia.
I problemi di pelle, spesso relegati a un secondo piano nell’agenda sanitaria, rappresentano in realtà una sfida non meno urgente di altre condizioni mediche, sia in termini di qualità della vita che di impatto economico sul sistema sanitario. Affrontiamo una popolazione sempre più a rischio, sia per fattori ambientali che di stile di vita, e una crescita esponenziale delle patologie cutanee croniche.
In particolare, riconoscere la natura cronica delle diverse malattie dermatologiche rap-
presenta un obbiettivo che l’Intergruppo ritiene irrinunciabile per garantire un’adeguata risposta sanitaria a patologie il cui impatto quotidiano è oggi troppo di frequente sottovalutato.
Per rispondere a questa urgente necessità, intendiamo unire le forze del Parlamento, delle autorità sanitarie, delle organizzazioni scientifiche e delle associazioni dei pazienti in un’iniziativa congiunta e inclusiva.
PATTO DI LEGISLATURA:
1. Riconoscimento delle cronicità: Sostenere il riconoscimento delle malattie dermatologiche croniche come parte integrale del Piano Nazionale Cronicità, garantendo così un flusso di risorse e attenzione.
2. Prevenzione e screening: Avviare un progetto nazionale di prevenzione primaria, con un focus sulle malattie della pelle più diffuse, attraverso campagne di informazione e screening precoce.
3. Sensibilizzazione ed Educazione: Creare e finanziare campagne di comunicazione che aumentino la consapevolezza e l’educazione in materia di salute della pelle, con un occhio di riguardo per le popolazioni più a rischio.
4. Ricerca e Sviluppo: Allocazione di fondi specifici per la ricerca avanzata in dermatologia, con l’obiettivo di sviluppare nuovi trattamenti e soluzioni preventive.
5. Equità nell’Accesso alle Cure: Lavorare per eliminare le disparità nell’accesso ai trattamenti dermatologici, assicurando che ogni cittadino, indipendentemente dalla sua posizione geografica o condizione economica, possa beneficiare delle migliori cure disponibili.
6. Ambiente e Salute della Pelle: Promuovere studi e iniziative che indaghino l’effetto dei cambiamenti ambientali e dell’inquinamento sulla salute della pelle, per elaborare strategie preventive e normative ad hoc.
Sen.RenatoAncorotti
Sen.Daniela Sbrollini
OSSERVATORIO SCENARIO SALUTE


3.OSSERVATORIO SCENARIO SALUTE
Il sistema sanitario italiano ad oggi, è considerato uno dei migliori in Europa. E questo per vari e molteplici aspetti. Secondo gli ultimi report, l’Italia ha un’aspettativa di vita tra le più alte nel continente europeo, anche se questa è diminuita a causa dei decessi avuti con la pandemia. È quindi un bene prezioso da salvaguardare questo nostro sistema sanitario, anche se attualmente necessita di un maggiore visione rivolta ad un reale e più decisivo incremento dei principali investimenti. Obiettivo è quello di tutelare la salute pubblica attraverso un equilibrio economico stabile del nostro Paese e con uno sguardo alle risorse realmente esistenti da poter utilizzare. Il Covid ha insegnato molto su come ci si debba confrontare con la cultura “dello stare bene”, attraverso una prevenzione continua e democratica che investa tutti i settori dedicati alla salute, con un potenziamento attivo degli investimenti totali. È un nuovo paradigma e un cambio di prospettiva, anche culturale, la modalità di vedere oggi il benessere di una popolazione, non più come una spesa da dover quantificare ma come un vero e proprio investimento per il futuro del Paese stesso. Inoltre, stiamo assistendo a cambiamenti epocali che riguardano il transito di nuove generazioni con una contaminazione culturale unica. Anche le stesse tecnologie cercano di farci comprendere che il tempo del cambiamento deve diventare un tempo di azione. Ciò che ci si auspica è che il sistema sanitario nazionale italiano diventi il centro d’interesse principale delle politiche non solo emergenti, ma una realtà tangibile di operatività diffuse. Si parlerà allora di resilienza ed inclusività attraverso azioni tangibili che incontrino le prospettive di interi territoti e oltre le dinamiche di divisione regionali. Tutto questo attraverso una messa in opera di una medicina territoriale in gra-
do di supportare una vera e propria riorganizzazione operativa in tutti i settori sanitari. Guardare al futuro vuol dire prima di tutto salvaguardare la forza del presente attraverso l’adozione di nuovi modelli che possano portare allo sviluppo di un’assistenza territoriale strategica. Da questo ne nasce la profonda esigenza di formare nuovo personale sanitario, mettendo al primo posto una formazione che dia valore alle nuove tecnologie e alla possibilità di realizzare un contesto operativo che sia in grado di affrontare le sfide che si presenteranno.

3.1 L’ACCESSO ALLE CURE E LA SANITA’ VISTE DAGLI ITALIANI
di Walter ricciardi, lucio corsaro, lorena trivellato, Gianluca vaccaro
1.ANALISI COMPORTAMENTALI
E PERCEPITO DI SALUTE COME STRUMENTI DI VALUTAZIONE
DELL’ACCESSO DEI PAZIENTI
L’analisi dei comportamenti legati alla salute così come la percezione soggettiva che un individuo ha del proprio stato di salute (o di malattia) che include una valutazione personale del proprio benessere fisico, mentale e sociale sono strumenti indispensabili al fine di avere una visione dettagliata delle dinamiche che influenzano l’accesso alle cure, permettendo di identificare e affrontare i problemi in modo mirato, rigoroso e informato. Ad esempio, analizzando le azioni ricorrenti dei pazienti, si possono individuare routine che facilitano o ostacolano l’accesso ai servizi sanitari o abitudini di prenotazione tardiva o mancata adesione agli appuntamenti; d’altra parte, comportamenti devianti, anomali oinconsueti possono indicare barriere specifiche, come difficoltà economiche, scarsa comprensione delle indicazioni mediche o problemi di trasporto. Così dalle analisi possono emergere ostacoli psicologici come ansia o paura per la propria situazione clinica o sfiducia nei confronti del sistema sanitario o condizioni sociali critiche come l’isolamento, la mancanza di supporto familiare o stigma legato alla patologia che possono incidere sull’aderenza alla terapia, sull’appropriatezza di suggerire le cure domiciliari o sull’importanza di una informazione mirata sulla gestione della patologia.
Sempre pensando all’analisi dei comportamenti, ad esempio, l’analisi dei tassi di adesione ai trattamenti prescritti può rivelare problemi nella continuità delle cure, suggerendo che i pazienti potrebbero avere difficoltà ad accedere ai farmaci o a seguire le prescrizioni del medico.
Anche l’esperienza dei pazienti ha un ruolo essenziale visto che grazie a queste rilevazioni si possono identificare aspetti critici del
sistema sanitario come i tempi di attesa, la qualità del servizio o la comunicazione con il personale sanitario.
Infatti, se da un lato alcune problematiche nell’accesso ai servizi sanitari possono essere ricondotte a specifici comportamenti adottati in maniera deliberata dai soggetti, dall’altro uno studio approfondito sul comportamento permette di evidenziare anche le modalità con cui i determinanti sociali, culturali o economici possano influenzare scelte sanitarie. Allo stesso tempo, secondo un ragionamento induttivo, l’individuazione di un comportamento diffuso intercettato attraverso ricerche empiriche sui cittadini, può confermare lacune assistenziali già esistenti, ometterne in luce di nuove, identificare punti critici dell’assistenza e barriere reali o percepite dai pazienti nell’accesso ai servizi. Queste informazioni sono cruciali per sviluppare politiche sanitarie efficaci e interventi mirati che migliorino la salute della popolazione, pianificando azioni di gestione e prevenzione delle malattie che siano realmente efficaci e centrati sui bisogni dei pazienti. Inoltre, raccogliere dati che raccontino le difficoltà che i pazienti incontrano nell’accedere ai servizi sanitari, come le lunghe attese o la mancanza di risorse, è essenziale per garantire uguaglianza nel servizio sanitario e per fare in modo che ciascun soggetto abbia indistintamente accesso cure di qualità.
Fra maggio e luglio 2023 è stata condotta un’indagine da Bhave in collaborazione con il prof. Walter Ricciardi e il dott. Federico Serra, sullo stato di salute degli italiani e sulla loro esperienza con i servizi sanitari, con l’obiettivo di ottenere una panoramica dettagliata dei comportamenti di cura, delle abitudini di salute e di gestione delle patologie prevalenti, ma anche dell’accesso ai servizi sanitari sia sul piano dei comportamenti che sul piano valutativo. Accanto a questo campione, è stata coinvolta anche una quota di Payors (farmacisti ospedalieri, responsabi-
li dell’economato e direttori sanitari) per ottenere una prospettiva in termini di politiche sanitarie e sostenibilità economica su alcuni aspetti affrontati nell’indagine. L’indagine è stata svolta con interviste standardizzate, utilizzando modalità CAWI (Computer Assisted Web Interviewing) e CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing) e coinvolgendo un campione di 1022 persone residenti in Italia tra maggio e luglio 2023 di cui 75 Payors.
2.LA SALUTE E LA SANITÀ VISTE DAGLI ITALIANI
Caratteristiche del campione
Il campione di popolazione coinvolto nell’indagine è stato selezionato per rappresentare diverse fasce di età, livelli di istruzione e zone geografiche dell’Italia, con una copertura dell’intero territorio nazionale (Nord-ovest 20%, Nord-est 13%, Centro-Sardegna 44%, Sud-Sicilia 23%). Guardandolo nel dettaglio, la distribuzione in base al genere ha visto una maggioranza di partecipanti femminili (60%) rispetto ai maschi (40%), mentre le fasce di età sono state ben rappresentate, con una leggera predominanza di persone tra i 50 e i 64 anni. Guardando invece ai Payors, il campione rivela un alto grado di expertise, con rispondenti con una media di circa 20 anni di esperienza nel settore rispondenti distribuiti sull’intera penisola e isole.
Risultati dell’indagine
Un dato interessante emerso dall’indagine riguarda la prevalenza delle patologie croniche o di lunga durata, che affliggono il 34% dei rispondenti, e che riguardano in particolare patologie cardiovascolari (20%), gastrointestinali (14%) e metaboliche (9%). Questo dato sottolinea l’importanza di un’attenzione continua verso le malattie croniche e la necessità di programmi di prevenzione e gestione efficaci che sappiano far fronte ad una tipologia di patologie, quelle croniche, che sono destinate ad aumentare sempre più nel prossimo futuro in virtù del crescente invecchiamento generale della popolazione.
Al dato sulle patologie dichiarate, è stato affiancato quello sull’autovalutazione del proprio stato di salute. Pensando alla salute fisica il 23% dichiara di aver avuto un problema lieve di salute fisica e una quota percentuale simile, il 20% dichiara di aver avuto un problema lieve di salute mentale. In particolare, pensando alla salute mentale, il 31% degli intervistati ha dichiarato di aver provato nell’ultimo anno mancanza di volontà nello svolgere le proprie attività, e nel 17% dei casi sia conflitti familiari che tristezza frequente. A questo proposito in particolare un’ampia fetta di rispondenti ha dichiarato di essersi sentita sempre o per molto tempo stanco (40%) o sfinito (23%) nelle 4 settimane precedenti all’indagine. Guardando ai comportamenti che i soggetti dichiarano di mettere in atto per mantenere un
DATI STRUTTURALI DEL PROFILO DEL RISPONDENTE

buono stato di salute mentale e fisica riguardano soprattutto il seguire una dieta equilibrata e dormire il numero raccomandato di ore, seguito dalla riduzione del consumo di sale in cucina. Solo il 7% dei rispondenti dichiara di non mettere in atto alcun comportamento volto a mantenere il proprio stato di salute, una quota non consistente, ma che individua un margine di intervento per promuovere la responsabilizzazione e coinvolgimento della popolazione riguardo la propria salute. Un’altra area che è stata interessata dall’indagine riguarda poi l’attività fisica e lo sport. Le abitudini in termini di attività fisica risulta-
no variabili, con una frequenza media – per chi svolge attività fisica - di 2,7 volte a settimana di attività fisica moderata o di 3 volte a settimana per attività fisica intensa. Questi dati che suggeriscono un’idea di buona abitudine di attività fisica tra la popolazione in realtà non devono orientare verso facili entusiasmi: sembra presenta infatti una forbice fra chi svolge sistematicamente attività fisica e fra questi tale abitudine risulta ben radicata e presente in un numero alto di frequenza settimanale dell’attività e chi invece non svolge nessun’attività fisica, il 23% degli intervistati.
COMPORTAMENTI E STILI DI VITA A TUTELA DELLA SALUTE

Guardando invece al tema dell’informazione, i rispondenti dichiarano di sentirsi nel 43% dei casi molto informati su temi di salute e stili di vita, ma si evidenzia una quota consistente di soggetti che si dichiara soltanto “sufficientemente informato” (34%). In particolare, gli argomenti che vengono approfonditi in tema di abitudini e stili di vita riguardano soprattutto le abitudini generali legate agli stili di vita (38%) e la meditazione e salute mentale (36%). Il livello informativo dei rispondenti sulle novità e i temi più attuali della sanità pubblica risultano invece abbastanza bassi, in particolare sugli argomenti che riguardano gli ospedali di comunità e l’interazione ospedale-territorio. Per quanto riguarda
le fonti informative, le figure di informazione sanitaria principali per gli intervistati risultano essere i medici specialisti, in particolare per “acquisire di informazioni sanitarie utili a tutelare lo stato di salute” e per avere “considerazione adeguate e razionali in tema di salute”, e i medici di medicina generale, che sono invece i primi soggetti a cui i cittadini si rivolgono inizialmente per curarsi o avviare una terapia. Questo dato evidenzia la fiducia continua nelle figure professionali tradizionali, ma anche l’importanza crescente delle fonti di informazione digitale come giornali e riviste specializzate online, che risultano al terzo posto tra i canali principali di acquisizione di informazioni sanitarie.
PUNTI DI RIFERIMENTO PER LE INFORMAZIONI SANITARIE

L’indagine puntava inoltre alla raccolta di informazioni riguardo l’accesso del cittadino ai servizi sanitari e ad una valutazione della qualità degli stessi. In particolare, nei 6 mesi precedenti alla rilevazione, una maggioranza molto marcata del campione (82,4%) ha fatto ricorso a visite o esami clinici, soprattutto in ambulatori pubblici di Aziende Ospedaliere, riferendo un’attesa media per visite non urgenti di circa 43 giorni, dato che suggerisce sicuramente la necessità di interventi per ridurre i tempi di attesa e migliorare l’accessibilità delle cure.

La soddisfazione generale verso i servizi sani- tari è mediamente positiva, ma con margini di miglioramento, soprattutto in termini di:
•Tempi di attesa per il personale dedicato e tempi della stessa visita o esame.
•Organizzazione degli ambienti
•Coinvolgimento attivo nel processo di cura
VALUTAZIONE DEI SERVIZI OFFERTI DA SSN

Quello dell’efficienza organizzativa è emerso inoltre come l’aspetto principale che porte-
rebbe i rispondenti a preferire un’assistenza sanitaria privata rispetto alla pubblica.
VALUTAZIONE DEI SERVIZI

Tra le questioni sanitarie e sociali più urgenti che necessitano di maggiore attenzione istituzionale, emerge infatti proprio l’inefficienza del sistema sanitario e che costringe le persone a non potersi curare adeguatamente. Inoltre, emergono anche questioni di carattere sociale considerate dai rispondenti come prioritarie, ad esempio la salute mentale, in particolare di ansia generalizzata, depressione e isolamento patologico, e la salute
fisica generale della popolazione. Inoltre, la carenza di personale sanitario e la mancanza o l’inadeguata pianificazione delle risorse economiche emergono come i problemi più pressanti sia nel presente che nel futuro prossimo, rispetto ai quali viene richiesta una risoluzione tempestiva, riflettendo la necessità di investimenti e riforme strutturali nel sistema sanitario per affrontare queste sfide.
PREOCCUPAZIONE SU TEMI LEGATI ALLA SALUTE

Ma – proprio in linea con una visione One Health – gli intervistati sembrano essere sensibili ai temi ambientali e sociali più globali mettendo proprio le crisi ecologiche e naturali da una parte e il disagio sociale dall’altra, ai primi posti delle preoccupazioni sul futuro. Guardando alle risposte dei Payors in merito a questo tema, i problemi prioritari intercettati da questa tipologia di rispondenti trovano un buon grado di allineamento rispetto alla
popolazione più ampia. Infatti, tra le questioni che il sistema sanitario dovrà affrontare con maggiore urgenza nel prossimo futuro, emergono in particolare la carenza del personale sanitario e delle risorse economiche, ma anche la gestione delle liste di attesa e un miglioramento nell’organizzazione dei reparti e in generale un’assenza di dispositivi e strumenti necessario per svolgere il lavoro
ASPETTI CHE SONO LE PRINCIPALI CAUSE DEI PROBLEMI LAVORATIVI

Inoltre, emerge anche un tema urgente per la nostra realtà nazionale e che riguarda l’organizzazione e l’aggiornamento dei sistemi informatici per garantire ad esempio una migliore assistenza domiciliare. Un aspetto centrale riguarda infatti l’implementazione di
servizi di telemedicina, ancora scarsamente diffusa e utilizzata in particolare per i Payors per problemi di tipo tecnologico, legislativo-organizzativo e procedurale e infime per problemi culturali e di formazione degli utenti e degli operatori.
PRINCIPALI PROBLEMI NELL’USO DELLA TELEMEDICINA

L’investimento nella digitalizzazione del SSN e nel potenziamento delle reti tecnologiche, emerge dunque come una priorità tra coloro che si occupano da vicino degli aspetti economici e di sostenibilità del sistema sanitario,
accanto al quale deve essere tuttavia introdotto anche uno sforzo formativo nei confronti dei pazienti e del personale sanitario e di definizione di procedure e normative più snelle legate all’uso di questi strumenti.
PRINCIPALI CAUSE DEI PROBLEMI NELL’USO DELLA TELEMEDICINA E POSSIBILI SOLUZIONI

In questa prospettiva, si è voluta rilevare anche la fiducia della popolazione verso coloro che sono i fautori degli interventi presenti e futuri nell’ambito della salute, rispetto ai quali sono state rilevate valutazioni variabili. In particolare, gli attori verso i quali il grado di soddisfazione e fiducia è più elevato sono l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), gli esperti nazionali e internazionali e le società scientifiche e ordini di professioni sanitarie, a cui fanno seguito il Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Valori più bassi sono stati riscontrati invece in termini di percezione della vicinanza dello specifico ente o organizzazione, e nella valutazione globale circa il loro operato. A questo proposito, le agende del mondo delle istituzioni secondo i rispondenti dovrebbero avere come priorità di intervento nell’ambito della sanità pubblica 1) L’accesso nazionale alle cure 2) La centralità del paziente 3) La programmazione sanitaria.
Pensando al nuovo paradigma che si appresta, seppur con fatica, a farsi spazio nella riorganizzazione del sistema sanitario, con il potenziamento dell’assistenza sanitaria territoriale e domiciliare e l’introduzione di nuove strutture sanitarie di prossimità, gli intervistati mostrano di avere generalmente poche informazioni e anche poca esperienza in termini di miglioramenti riscontrati nell’ultimo periodo. Di conseguenza anche le aspettative e le prospettive verso l’implementazione di queste riforme e nel prossimo futuro risultano medio-basse tra gli intervistati, in particolare per quanto riguarda il potenziamento della medicina di prossimità.
Guardando al futuro, il punto di vista dei payors ribadisce tuttavia l’importanza di interventi che puntino in questa direzione. Le soluzioni per affrontare le diverse criticità del sistema sanitario sono individuate infatti da questi soggetti proprio nella una riprogettazione del SSN a livello territoriale con servizi capillari e attraverso una stretta collaborazione col Medico di Medicina Generale; un potenziamento della telemedicina e dei servizi di assistenza domiciliare, specialmente per il paziente cronico, in modo da creare protocolli per un’assistenza ospedaliera e territoriale integrata; un potenziamento della comunicazione e snellimento delle procedure; nuovi investimenti strutturali, maggiori finanziamenti dallo Stato e investimenti nel personale sanitario.
Per concludere quanto riportato, sebbene la popolazione appaia poco fiduciosa riguardo ad un’implementazione a breve termine di questi miglioramenti, un loro realizzarsi sarebbe in realtà di fondamentale importanza e urgenza. Ciò è particolarmente vero per il campione esaminato, caratterizzato da una significativa presenza di soggetti affetti da patologie croniche e che fanno frequente ricorso ai servizi sanitari. Pertanto, quest’indagine porta ulteriori evidenze in merito a quanto sia essenziale promuovere e accelerare i percorsi necessari per una riorganizzazione efficace del sistema sanitario, in modo da garantire una maggiore vicinanza, completezza e accessibilità alle cure per la popolazione.

3.2 COMPORTAMENTI E PROMOZIONE DELLA SALUTE IN ITALIA
La promozione della salute e la prevenzione delle malattie sono due aspetti fondamentali della sanità pubblica in Italia. Questi obiettivi vengono perseguiti attraverso una serie di azioni congiunte che coinvolgono vari settori della società. Un elemento chiave in questo processo è proprio e nello specifico, il comportamento individuale.
Se analizziamo i fattori di rischio comportamentali facciamo riferimento a quei comportamenti che possono aumentare la probabilità di sviluppare una determinata malattia. Queste scelte di ben definite modalità di vita sono diverse e tutte con conseguenze multifattoriali. Nella prima evidenza possiamo includere ad esempio, fattori come il fumo, l’alcolismo, una dieta malsana e la mancanza di attività fisica. Questi comportamenti, sebbene possano sembrare singolarmente riferibili solo a determinati ritorni sanitari complessi, possono purtroppo avere un impatto significativo sulla salute e in maniera determinante, quando sono combinati tra loro.
La visione prospettica più positiva è quella che vede queste stesse tendenze di rischio come una serie di tasselli che possono essere modificati.
Con le giuste informazioni e il sostegno, le persone possono fare scelte più sane che riducono il loro rischio di malattie. E questo si rifà ad un’analisi comportamentale degli individui diventata ormai una colonna portante della ricerca e degli attuali studi.
Oltre ai comportamenti individuali, ci sono però (e concorrono in maniera esponenziale) anche i determinanti di salute.
Questi sono i fattori sociali, economici e ambientali che influenzano la salute della popolazione. In linea con le aspettative e i programmi di innovazione in fatto di sanità e cura della persona nello specifico, diventano allora tema di discussione obiettivi importanti come, ad esempio, l’accesso all’assistenza sanitaria. L’istruzione, l’occupazione e le condizioni di vita poi definiscono in altro modo, ma non meno importante la possibilità di contribuire ed avere un impatto sulla salute pubblica.
Dai dati sappiamo che quasi il 70% dei casi di
malattie cardiache e di ictus possono essere evitati attraverso la prevenzione e il cambiamento comportamentale. Questo significa che, se le persone rientrano in un obiettivo sociale e politico di costante informazione sui rischi per la salute associati ai loro comportamenti e naturalmente ricevendo il sostegno necessario per fare scelte più sane, è possibile ridurre significativamente il loro rischio di malattie.
I comportamenti legati alla salute giocano un ruolo quindi, davvero fondamentale nel determinare il benessere sia individuale che collettivo. Sono diverse e tante le azioni da mettere in pratica, per fare in modo che si possa creare una linea d’azione che sia realmente condivisa da tutti. E nel fare questo vengono prese in considerazione le scelte quotidiane che hanno dirette ricadute visibili sullo stato di salute fisico e mentale. Sono quindi da seguire quei comportamenti chiave che devono essere promossi per migliorare la salute generale della popolazione.
E’ più che chiaro che la dieta svolga in questo caso, un ruolo cruciale. Un’alimentazione equilibrata, ricca di frutta, verdura, cereali integrali, proteine magre e grassi sani, fornisce al nostro corpo i nutrienti essenziali per funzionare correttamente e mantenere un peso sano. Incentivare il consumo di alimenti freschi e non processati, limitando gli alimenti ad alto contenuto di zuccheri, grassi saturi e sale, può contribuire a prevenire molte malattie croniche, come l’obesità, le malattie cardiache e il diabete. Nella lista delle buone abitudini sappiamo che non deve mai mancare un esercizio regolare che risulta essere fondamentale. L’attività fisica aiuta a mantenere un peso corporeo sano, a migliorare la resistenza cardiovascolare, a rafforzare i muscoli e le ossa, nonché a ridurre lo stress e migliorare l’umore. Promuovere uno stile di vita attivo attraverso l’educazione sulla importanza dell’esercizio regolare e la creazione di opportunità per praticare attività fisica, dovrebbe essere alla base di una società che lavora per il benessere della popolazione. Una società comunque caratterizzata da uno stress continuo e dalle strategie più disparate
per la gestione di questo. E la salute mentale è un aspetto cruciale della salute complessiva. In questo caso la prima linea diventa quella di adottare un approccio olistico che consideri la salute come un concetto complesso e multidimensionale, influenzato da fattori biologici, comportamentali, sociali, ambientali ed economici. Solo un approccio di questo tipo può integrare interventi che riguardino tutti questi aspetti per migliorare la salute generale.
E una buona promozione del benessere collettivo deve coinvolgere attivamente le persone e le comunità in quel processo decisionale che vede nell’implementazione delle iniziative volte a migliorare la salute una prerogativa fondamentale. Questo coinvolgimento può aumentare l’efficacia delle azioni promozionali, promuovere l’empowerment individuale e comunitario e favorire un senso di appartenenza e responsabilità. Promuovere la salute vuol dire impegnarsi attivamente nel garantire che tutti abbiano pari opportunità di raggiungere e mantenere una buona qualità di vita, indipendentemente da fattori come reddito, status sociale, etnia, genere o geografia. E questo presupposto implica la riduzione delle disuguaglianze attraverso politiche e interventi che siano mirati a favore delle classi sociali più svantaggiate. In quest’ottica le azioni promozionali devono essere basate sull’evidenza scientifica e sulla ricerca accurata per garantire che siano efficaci e appropriate alle esigenze di ogni individuo. Ciò comporta la valutazione continua delle strategie da adottare e l’aggiornamento delle pratiche in base alle nuove conoscenze e alle evidenze disponibili.
Per fare in modo che venga realmente messa in moto questa macchina è basilare allora cercare di integrare le attività promozionali nei vari settori e livelli (individuale, familiare, comunitario, istituzionale) per massimizzare l’impatto sulla salute della popolazione stessa. Ciò richiede una collaborazione e un coordinamento che siano efficaci tra i diversi attori, come istituzioni sanitarie, governi locali, organizzazioni non governative e settori non sanitari.
Le iniziative di questo tipo dovrebbero essere progettate con l’obiettivo sicuro e approvato di essere sostenibili nel lungo termine, garantendo che possano essere mantenute e riprodotte nel tempo. Questo può implicare lo sviluppo di partenariati duraturi, l’allocazio-
ne efficiente delle risorse e l’adattamento alle mutevoli esigenze e condizioni.
Avere la possibilità di garantire accesso alle cure e sostegno alla salute per un’intera popolazione equivale oggi a potenziare le comunità facendo in modo che la loro sensibilizzazione produca dei reali e seri effetti. Si è parlato molto di educazione, formazione, e creazione di opportunità per poter garantire l’accesso a risorse che consentano alle persone di fare scelte informate e positive, soprattutto per la propria salute, e questo argomentare intorno alle modalità migliori deve dare il via ad un’innovazione delle modalità da mettere in pratica.
3.2.1 SOCIETÀ: INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE, FRAGILITÀ E RUOLO DELLE CITTÀ
IN ITALIA
L’Italia è attualmente il Paese più anziano al mondo, dopo il Giappone. Realtà questa che ci pone di fronte ad un interrogativo davvero cruciale: com’è possibile ritornare a nuove percentuali generazionali attraverso un piano economico, politico e sanitario che abbia una strategia efficace?
In base alle proiezioni ISTAT, tra vent’anni anni ci saranno diciannove milioni di cittadini sopra i sessantacinque anni, cinque milioni in più rispetto ad oggi, contro una popolazione in età da lavoro (15-64 anni) che si sarà ridotta a sua volta di quasi sei milioni. Dati allarmanti questi.
Le nostre principali città metropolitane registrano attualmente la maggiore incidenza di invecchiamento della popolazione, in particolare i Comuni capoluogo, dove si può anche toccare la soglia di centonovanta anziani ogni cento bambini.
Solo lo scorso anno, l’indice di vecchiaia ha raggiunto quota 195,4 anziani ogni cento giovani. Va fatta quindi un’analisi approfondita che tocchi molti aspetti del nostro contesto politico nazionale.
Cosa più grave è che le conseguenze dell’invecchiamento della popolazione si ripercuotono sia in ambito sociale che economico. Esempi più che concreti e soprattutto lampanti possiamo rilevarli nell’ambito della produzione, dei consumi, nel mercato del lavoro e nel sistema sanitario e previdenziale. Le aree metropolitane ne risentono in maniera molto diversa e ognuna con delle specificità di carattere interventistico da prendere in considerazione.
Quello di cui ci si sta accorgendo da tempo, e soprattutto guardando agli altri stati è un dislivello demografico che disegna una linea netta tra le varie realtà. E quindi, mentre per continenti come l’Africa e l’Asia si parla continuamente di “bomba demografica”, in Europa si assiste al fenomeno opposto. E da questa analisi ne risulta di conseguenza che tristemente la nostra nazione risulta essere il Paese con la più alta percentuale di popolazione anziana.
Glia spetti caratterizzanti e cruciali di questo
“deperimento demografico” vanno ricercati prima di tutto nella diminuzione della fecondità e quindi nel ridotto numero di figli in media per donna. Inoltre, con le nuove cure è più che esplicita la rilevanza di un aumento della speranza di vita. Lo sappiamo, si muore più tardi e con una qualità esistenziale di molto superiore rispetto al passato. Tutte queste nuove evidenze sociali hanno completamente cambiato la piramide demografica della popolazione italiana.
Perché le donne oggi fanno meno figli? Questa tendenza dipende prima di tutto dall’accesso e dall’uso dei contraccettivi che, benché abbia rivoluzionato culturalmente il rapporto delle donne con la riproduzione, purtroppo non risulta essere di aiuto nella creazione di nuove generazioni. Molto si è discusso anche sulle modalità di specializzazione in ambito professionale. L’aumento degli anni di istruzione fa in modo che si entri molto più tardi nel mondo del lavoro e questo, tendenzialmente porta a fare molti meno figli. Quando e se si decide di averne, si hanno a disposizione pochi anni di fertilità, la quale, subisce un primo calo intorno ai trentadue anni e un rapido declino dopo i trentasette. Si mette quindi in primo piano la carriera, modus sociale ormai equiparato in tutta Europa, sia per gli uomini che per le donne, rinunciando per tempi lunghi e decisivi alla messa al mondo di figli.
Questo riscontro più che reale sul piano economico può modificare il potenziale di crescita economica di un Paese intero, costringendolo a rivedere l’organizzazione e la produzione di beni e servizi e alterandone la quantità di capitale umano nello stesso mercato del lavoro. Inoltre, risulta sempre più intensa e gravosa la necessità di provvedere ad una grossa fetta di popolazione in età anziana in diverse modalità che prima non venivano prese in maniera così rapida. L’invecchiamento della popolazione comporta la necessità di dover sostenere un numero sempre maggiore di prestazioni previdenziali, assistenziali e sanitarie, che in Italia ha significato un ingente numero di riforme statali e
con un quadro economico abbastanza critico per molte realtà sociali.
Le nazioni industrializzate stanno quindi subendo i primi ritorni di scelte sociali, economiche e politiche che vedono nell’invecchiamento della popolazione un fenomeno che sta modificando l’intera struttura demografica del Paese.
Questo cambiamento ha implicazioni significative per vari settori, tra cui quello della salute, e in particolare delle politiche sociali. Da un’analisi effettuata si è giunti ad una individuazione in percentuale del fenomeno attraverso picchi di anzianità presenti nelle varie regioni italiane.
La Liguria ad esempio, è una delle regioni italiane con un’alta presenza di anziani, circa il 31% del totale della popolazione. Si stanno infatti implementando diverse iniziative per migliorare la qualità della vita degli abitanti della terza e quarta età per fare in modo che si possano sempre garantire servizi sanitari e assistenziali adeguati. Dopo le Marche, la Toscana è un’altra regione italiana che ha una popolazione anziana sostanziale, con circa il 29% degli abitanti che hanno più di 65 anni. Ma l’invecchiamento della popolazione italiana resta comunque una dinamica comune a molte grandi città e pone continui interrogativi su come, in termini di assistenza sanitaria, assistenza domiciliare e integrazione sociale far fronte a questa emergenza.
3.2.2 GOVERNANCE, ORGANIZZAZIONE, ASSISTENZA SANITARIA E SOCIOSANITARIA: PNRR E DM77
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e il Decreto Ministeriale 77 (DM77) hanno da tempo introdotto una serie di riforme significative nel settore dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria nel nostro Paese. In un’ottica di riorganizzazione e innovazione delle metodiche, queste riforme mirano a migliorare la qualità dell’assistenza attraverso strategie che siano veloci ed innovative, a ridurre le disuguaglianze all’interno delle varie fasce di popolazione in maniera tale da rendere il sistema sanitario ancora più vicino alle persone. Questo perché la personalizzazione dello stato delle cure sta diventando un obiettivo comune a tutte le parti che intervengono all’interno del cambiamento.
La governance del sistema sanitario è stata infatti rafforzata e questi strumenti hanno definito un nuovo modello organizzativo per la rete di assistenza primaria, con il fine, ben delineato, di garantire standard strutturali, tecnologici e organizzativi che siano uniformi su tutto il territorio nazionale.
La riforma ha poi facilitato l’individuazione delle priorità di intervento in un’ottica di prossimità e di integrazione tra le reti assistenziali territoriali, sia ospedaliere che specialistiche.
Nello specifico, il decreto DM77 ha introdotto tra le altre cose, nuove strutture in grado di dare maggior supporto a determinate realtà come quella delle Case della Comunità, luoghi fisici facilmente individuabili, aperti fino a 24h su 24 e 7 giorni su 7, dove i cittadini possono accedere per tutti i principali bisogni di assistenza sanitaria e socio-sanitaria. Queste strutture rappresentano in maniera evidente quel modello organizzativo di assistenza che sta guardando principalmente alle necessità della popolazione, analizzandone gli aspetti diversificanti anche legati al territorio. Il DM77 ha anche istituito la Centrale Operativa Territoriale (COT), che svolge attualmente funzione di coordinamento della presa in carico della persona attraverso un raccordo dei vari servizi e di tutti quei professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali.
Siamo testimoni come Paese di un rinvigo-
rimento dell’assistenza sanitaria anche se i decreti non hanno ancora incontrato alcuni punti chiave pur avendo apportato importanti cambiamenti nella gestione dell’assistenza sanitaria.
Tra le novità più significative, l’introduzione dell’Infermiere di Famiglia e Comunità, una figura professionale di riferimento che assicura l’assistenza infermieristica, ai diversi livelli di complessità, in collaborazione con tutti i professionisti presenti nella comunità in cui opera. Inoltre, è stato potenziato il servizio di assistenza domiciliare, con l’obiettivo di fare della casa il primo luogo di cura. Questo approccio permette di garantire un’assistenza sanitaria di qualità anche a coloro che, per vari motivi, non possono o preferiscono non recarsi in ospedale. La figura di un infermiere domiciliare è tra le tante innovazioni quella più evidenziata, in quanto questo professionista non solo si occupa delle cure assistenziali verso i pazienti, ma interagisce con tutti gli attori e le risorse presenti nella comunità per rispondere in maniera molto più efficace e veloce alle tante necessità del territorio.
L’Unità di continuità assistenziale, équipe mobile distrettuale che gestisce e supporta la presa in carico di individui che versano in condizioni clinico-assistenziali di particolare complessità, e le cure domiciliari rappresentano quindi un servizio ben preciso che si propone di erogare interventi caratterizzati da un livello di intensità e complessità assistenziale variabile nell’ambito di specifici percorsi di cura.
In questo approccio istituzionale si pone la nuova riforma attraverso i decreti che sfidano il disagio della Sanità italiana impegnata da tempo nel risolvere tutta una serie di problematiche dovute ad un blocco effettivo delle modalità operative di diversa natura. Che si tratti quindi di trattamenti medici, infermieristici, riabilitativi, o diagnostici, lo sguardo del cambiamento è rivolto soprattutto a quella fascia di individui che versano in condizioni di fragilità, in maniera tale da poter stabilizzare il quadro clinico, limitare il declino funzionale e migliorarne la qualità della vita quotidiana.

3.2.3 DIGITALIZZAZIONE E COINVOLGIMENTO CLINICO: FSE, TELEMEDICINA E
AREE INTERNE MARGINALI
Che la digitalizzazione stia rivoluzionando il settore sanitario, ormai è un dato di fatto. Quello che però ancora ci si attende è una forza di intenti che sia portatrice e veicolo di una trasformazione radicale dei servizi sanitari e del coinvolgimento clinico. Il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) e la Telemedicina rispondono a questo appello rappresentando due dei pilastri fondamentali di questa trasformazione.
Il Fascicolo Sanitario Elettronico consente finalmente di raccogliere e conservare le informazioni sanitarie (vedi dati) di un individuo in formato digitale. Il nuovo FSE nazionale, come previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), dovrà essere completo nei contenuti e rappresentare il punto unico di accesso ai servizi sanitari online. Questo strumento strategico trasforma la modalità di “archiviazione di documenti” in un vero e proprio “ecosistema di dati e servizi”. Stesso percorso in parallelo per l’evoluzione della Telemedicina, settore questo che si sta trasformando in maniera sempre più legata alla dimensione tecnologica. L’impulso innovativo del PNRR ha infatti sottolineato il potenziale innovativo di questa metodica di assistenza e consulto (ormai anche virtuale) per rafforzare il nostro sistema sanitario così che possa essere efficiente, equo e accessibile da parte di tutti i cittadini. La telemedicina ha mostrato il suo vero potenziale durante il periodo pandemico, quando la necessità di distanziamento sociale portava a domandarsi come strutturare un vecchio paradigma sanitario in nuove tipologie di contatto tra medici e pazienti. Questo ha dato modo di sperimentare purtroppo forzatamente, una tendenza del tutto inedita per la sanità, ma capace di abbattere quelle barriere fisiche che ad oggi stanno quasi del tutto scomparendo proprio grazie alle nuove tecnologie abilitanti.
E’ quindi più che chiaro che la digitalizzazione può svolgere un ruolo cruciale nel migliorare la strada che determina il miglior accesso ai servizi sanitari soprattutto nelle aree inter-
ne marginali. La possibilità di riuscire ad oggi a produrre un’assistenza sanitaria di qualità anche a coloro che, per vari motivi, non possono muoversi è la prima scelta di una visione che guarda realmente al futuro della sanità italiana.

3.2.4 EQUITÀ, SPESA E SOSTENIBILITÀ:
TECNOLOGIE SANITARIE E FARMACIE DI PROSSIMITÀ
Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano continua a combattere diverse criticità e problematiche che nell’ultimo lungo periodo ne hanno caratterizzato la metodica di approccio. Molte tra queste rientrano nella promessa di un forte adeguamento delle dotazioni organiche, il mantenimento della sostenibilità e l’erogazione di prestazioni sanitarie realmente eseguibili in tempi appropriati. Nonostante l’accesso equo al sistema sanitario sia uno dei principi fondamentali del SSN, le evidenze indicano che i tassi di attivazione di queste linee “veloci” variano tra le regioni, principalmente a causa dei tempi di attesa che continuano a d essere diseguali tra loro.
Le liste di attesa sono spesso citate come la principale ragione per cui una parte della domanda sanitaria dei cittadini si rivolge all’offerta privata, con un conseguente aumento della spesa out of pocket. Paradossalmente, il passaggio al privato, così come invece si supponeva, non sembra essere riuscito a ridurre i tempi di attesa per le prestazioni pubbliche.
Per affrontare la criticità delle liste di attesa, la Conferenza Stato Regioni aveva predisposto negli anni precedenti, il Piano Nazionale di Governo dei Tempi di attesa (PNGLA) 2010 – 2012, successivamente rinnovato poi per il periodo 2019 – 2021. Il PNGLA promuoveva la valutazione e il miglioramento dell’appropriatezza e della congruità prescrittiva per l’accesso alle prestazioni sanitarie.
La pandemia però ha rappresentato una nuova dinamica di difficoltà di livello mettendo nuovamente in crisi il nostro sistema sanitario nazionale. Dopo l’era COVID SARS-2, si è cercato di tornare alla “normalità”, anche per quanto riguardava le prestazioni sanitarie non urgenti. Questa normalizzazione però non si è risolta né evoluta nella maniera sperata.
Davanti alla sfida delle liste d’attesa, che riflette in modo tangibile le complessità del Servizio Sanitario Nazionale, emergono allora come non mai oggi, la necessità e l’urgenza di creare delle nuove strategie di gestione
sia dal lato della domanda che dell’offerta di cure. Il fondamentale obiettivo deve essere quello di poter garantire ai cittadini un immediato e concreto miglioramento dell’accesso ai servizi sanitari, sin dal primo giorno di attuazione delle nuove misure.
Le liste d’attesa continuano a rappresentare una delle principali lacune del Servizio Sanitario Nazionale, minando il diritto fondamentale alla salute delle persone. La situazione costringe spesso i pazienti a rivolgersi al settore privato o, in casi estremi, li lascia senza assistenza, con gravi ripercussioni sulla loro condizione economica e sulla qualità della vita. Affrontare questo problema richiede un intervento immediato e mirato.
Una delle proposte chiave avanzate è più che naturale che punti a ripristinare, se non a creare, un accesso immediato e automatico ai servizi sanitari. Quello che stiamo vedendo, soprattutto dagli ultimi report, è la lampante e chiara linea di inefficienza che caratterizza i tempi di attesa che definisce la maggior parte delle prestazioni. Il problema principale è che ancora non si è riusciti a compensarla in altro modo adeguato. In questo frangente il paziente spesso si trova senza alternative che possano definirsi concrete. Quello a cui si dovrebbe lavorare è allora l’introduzione di un meccanismo che sia supportato da un’autorizzazione automatica, e attivato al momento della richiesta da parte del paziente, ma soprattutto che consenta a tutti, indipendentemente da capacità economiche o competenze, di ottenere tempestivamente le cure necessaria. E nel caso di una impossibilità di una data struttura sanitaria nell’erogare il servizio richiesto nei tempi stabiliti, si dovrebbe allora fornire in alternativa ai cittadini un elenco immediato delle opzioni di supporto e assistenza disponibili sul territorio. Parallelamente a questa urgente necessità di migliorare l’accesso alle cure da parte della popolazione, emerge anche la problematica delle carenze del personale qualificato, che costituiscono un altro ostacolo alla piena operatività del Sistema Sanitario Nazionale. Diventa allora davvero fondamentale avviare
un programma operativo che riesca ad affrontare problematiche di questo tipo, investendo in risorse e modelli organizzativi che siano capaci di valorizzare il capitale umano e soprattutto nel lungo periodo.
Quello a cui si dovrebbe dare ulteriore e fondamentale importanza è l’intenzione di attivare una metodica preventiva che sia di monitoraggio costante di quelle che sono le liste d’attesa su scala nazionale.
Il SSN italiano continua, comunque, a confrontarsi con sfide che sono davvero significative, non ultima la spesa sanitaria privata.
I pilastri sui quali dovrebbe poggiare questo sistema di supporto alla salute restano comunque sempre tre: l’equità, la spesa e la sostenibilità.
Le tecnologie sanitarie e le farmacie di prossimità giocano in questo frangente un ruolo chiave nel garantire che questi pilastri siano rispettati.
L’equità nel sistema sanitario significa come sappiamo, la necessità di voler garantire a tutti i cittadini l’accesso ai servizi sanitari di cui hanno più bisogno, indipendentemente dalla loro posizione geografica o dal loro status socioeconomico.
La spesa sanitaria è un aspetto cruciale della sostenibilità del sistema sanitario. Le tecnologie sanitarie devono assolutamente contribuire a ridurre la spesa sanitaria, in particolar modo attraverso l’uso di strumenti di diagnosi e trattamento che risultino essere molto più efficienti. Le farmacie di prossimità contribuiscono a ridurre la spesa sanitaria, attraverso la fornitura, ad esempio, di servizi di consulenza e prevenzione che possano aiutare a prevenire spese eccessive per determinate malattie.
E in questa linea rientra la sostenibilità del sistema sanitario che è un aspetto preciso di garanzia sul lungo termine di poter continuare a fornire servizi che siano sempre di alta qualità.

3.2.5PROSPETTIVECOMPORTAMENTALI
ESISTEMASANITARIO
Volendo analizzare il contesto che mette a confronto, in un’ottica di sostenibilità, il sistema pubblico e quello privato, dove per tali intendiamo, ad esempio, aziende farmaceutiche e istituzioni, è possibile declinare questa stessa analisi attraverso ciò che di reale sta accadendo nel nostro Paese.
SOSTENIBILITA’.. le priorità degli stakeholders

la differenza culturale, religiosa e sociale dei pazienti che accedono a determinate linee terapeutiche.
Come Bhave, attraverso il nostro osservatorio, abbiamo analizzato una serie di comportamenti dei diversi operatori sanitari, cercando di costruire un framework che potesse darci l’esatta visione dello schema d’azione stimolo/risposta.
Quando parliamo di sostenibilità con i nostri stakeholder il secondo punto a cui facciamo riferimento è fondamentalmente quello attraverso cui vengono identificati una serie di fattori imprescindibili come il bilanciamento della crescita, la reale situazione dei costi, l’uso delle risorse sociali e soprattutto l’accesso alle cure e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Restando legati al tema della sicurezza in relazione ai propri dipendenti, se si tratta di guardare il tutto attraverso la visione e la pratica attiva di un direttore generale e sanitario, del sindacato dei medici, dei farmacisti o degli stessi infermieri, il non trovare una soluzione pertinente come prima cosa causa una riduzione della produttività.
Sostenibilità vuol dire dunque anche inclusione e adeguati comportamenti nei riguardi dei cittadini, partendo da quelli più fragili. Parleremo allora di equità di accesso alle cure in base alla tipologia e alle normative delle varie regioni italiane, prendendo ad esempio
In particolare, la nostra attenzione si è focalizzata sulle dinamiche comportamentali dei direttori generali e sanitari, attraverso le loro decisioni e le attività che ne sono derivate. Questo perché nell’ambito del nostro sistema salute, la direzione di una struttura sanitaria occupa un posto molto importante per quanto riguarda il raggiungimento di determinati obiettivi.

Parleremo quindi di “attori che influenzano” un dato rendimento oggettivo, in funzione di un obiettivo da raggiungere, e tutto questo cercando di guardare agli investimenti legati anche all’informazione scientifica.
Gestire queste risorse nel modo migliore vuol dire associare vari punti di raccordo che pos-
sano far dialogare tra loro gli stakeholder. Il dato, ad esempio, è visibile nel rapporto che sussiste tra sede ospedaliera e territorio, dove i medici e gli operatori sanitari vengono continuamente influenzati da tutta una serie di attività già stabilite a monte.

I termini di proattività e reattività sposano in pieno questa causa, soprattutto quando la decisione di implementare nuove metodiche incide sulla percezione degli stessi direttori. Questo perché ad oggi continuano a sussistere vere e proprie barriere, sia tecnologiche che di gestione, che rallentano di molto la catena del confronto. Dal nostro report finale, attraverso la raccolta di dati, è emerso che maggiore sarà lo stress e la pressione e minore sarà la percezione della giusta linea da parte di chi deve aumentare il livello di sostenibilità e integrazione, soprattutto in ambito sanitario. Che si tratti di una struttura ospedaliera o di un semplice ambulatorio, la relazione che intercorrerà tra gli stakeholder sarà maggiormente reattiva se ci sarà una trasparenza e una chiarezza di visione già stabilita dai ruoli con potere decisionale. L’importanza della giusta relazione è un altro tassello importante.
Noi ragioniamo molto sulla forza del “legame”.
Il legame è quello che si va creando ad esempio tra direttore sanitario e dipendenti o colleghi presenti nella stessa struttura o in sedi collegate.
La forza che si genera da questo collegamento, basato sulla condivisione e sulla chiarezza, genera maggiore operatività e soprattutto rallenta la pressione che nasce dalla non-conoscenza.
Bhave attraverso interviste specifiche ad una quarantina di direttori generali e sanitari ha evidenziato quelle che sono le attitudini e le prerogative, anche su base conoscitiva, degli stessi, in relazione alla consapevolezza di tutta una serie di problematiche.
Ci si è soffermati sul loro livello di interesse che si è dimostrato essere direttamente o inversamente proporzionale a tematiche come la gestione di nuovi farmaci, le innovazioni tecnologiche e il loro utilizzo.
Quello che è emerso è un quadro generale che identifica un vero e proprio indicatore di performance sociale rispetto ad un modello
organizzativo di riferimento.
In questa analisi è rientrato anche l’elemento molto interessante delle strategie adottate dai direttori generali e sanitari nel risolvere determinate problematiche.
Molte di queste nascono dalla pressione che avvertono e che gli viene, ad esempio, dalle associazioni dei pazienti o in funzione della commercializzazione di determinati farmaci.

Tutto questo però necessita di una maggiore relazione tra interlocutori, sia che si parli di pubblico che di privato, che si tratti di partnership o di patrocini, quello che deve emergere è sempre l’importanza di generare in qualche modo “valore”.
Che si tratti di monitorare una serie di situazioni andando a stratificare la popolazione in base alla tipologia di promozione della saluta che viene fatta, il riscontro finale verte quasi sempre sulla modalità di gestione dei pazienti di fronte alla possibilità di accesso alle cure. E in quest’ottica entrano in scena una serie di “attori” come le farmacie, le associazioni, le organizzazioni legate alla sanità digitale, che dovrebbero, attraverso regolari partnership, gestire una con-
A volte quindi si assiste anche all’evoluzione di vere e proprie strategie difensive.
Tutto questo genera determinati comportamenti osservabili e analizzabili in virtù della proposta di un cambiamento effettivo atto al miglioramento di determinate realtà molto più complesse. Il bisogno quindi di gestire e introdurre un discorso di sostenibilità incontra varie inclinazioni di sistema. Un dato fra tanti potrebbe essere la riduzione dei costi valutabile attraverso il confronto con le aziende farmaceutiche da parte delle strutture sanitarie.
divisione reale dei dati a protezione di tutta una serie di fragilità riguardanti i cittadini.
Un requisito richiesto e non sempre però attuato è quello fondamentale della fiducia, sia che si tratti di trasferimento di informazioni, sia che si basi sul confronto attraverso dati sensibili, non in relazione però alla privacy del paziente ma legato unicamente alla performance della direzione sanitaria.
Se dovessimo fare l’analisi valutativa di questa relazione basata sulla fiducia andremmo a scoprire che gli istituti ripongono maggiore fiducia nelle aziende che hanno collegamenti con direttori e tecnici locali spesse volte molto più efficienti rispetto ad una direzione sanitaria più politicizzata.

La pandemia ci ha insegnato come riporre maggior fiducia in chi dimostrava empatia per la singola realtà di esigenza terapeutica, e questo fenomeno si è potuto osservare soprattutto in relazione al contributo delle aziende farmaceutiche che ne hanno fatto un fiore all’occhiello per la loro stessa reputazione. Ad oggi si sta invece invertendo la rotta, ritornando su sistemi di analisi e supporto che prevedono molto di meno quella che è l’immedesimazione e un valido collegamento empatico.
Riuscire a vedere quelle che sono le reali difficoltà dell’altro, in termini di assistenza sanitaria, equivale a introdurre terminologie come la “compassione”, dove per tale si intende la capacità di vivere insieme le stesse problematiche. Finché non ci saranno queste premesse, accompagnate da una totale trasparenza e relazione di confronto all’interno del sistema sanitario, la parte più importante dell’obiettivo non potrà essere così facilmente raggiungibile.
Le relazioni che si instaurano tra le persone e i loro comportamenti all’interno di un dato sistema sono alla base dell’innovazione e della resa finale di qualunque tipo di progettualità.
Lo studio e l’analisi di questi comportamenti sanciscono una linea attraverso la quale arrivare ad una visione chiara di come gestire la maggior parte dei sistemi di approccio all’altro per prendere le decisioni migliori.
3.2.6 L’IA IN SANITÀ È UNA REALTÀ. ADESSO VIENE LA PARTE PIÙ DIFFICILE
Evidenze
Gli operatori sanitari già utilizzano diffusamente l’Intelligenza Artificiale nella propria attività lavorativa e non aspetteranno che le istituzioni formalizzino le modalità d’uso dell’IA
Gli operatori sanitari vedono nell’IA un’opportunità per ridurre i tempi da dedicare al proprio aggiornamento, erogare una migliore accuratezza e personalizzazione delle cure, un aiuto per ridurre i tempi per compilare documenti burocratici e scientifici
Al narcisismo dell’uomo la scienza moderna ha inferto tre gravi umiliazioni. Alla metà del ‘500 Copernico sancisce il sistema tolemaico svelando che l’uomo non è al centro dell’universo… un’umiliazione “cosmologica”. Charles Darwin ha rovesciato la concezione antropocentrica, togliendo all’uomo l’illusione di non appartenere al regno animale… un’umiliazione “biologica”. Al regno dell’uomo sull’anima… con la scoperta dell’inconscio Freud
Non c’è chiarezza su cosa succede quando i sistemi di IA diventano così potenti da poter controllare o indirizzare socialmente oin altro modo i comportamenti non solo del singolo ma di intere comunità di persone
infligge un’umiliazione “psicologica”. Oggi con l’IA l’uomo sta subendo una quarta umiliazione… che la macchina può fare scelte migliori delle sue… è una umiliazione di tipo BEST ACTION. Di fatto, l’Intelligenza Artificiale è diventata ormai una realtà concreta e tangibile che sta cambiando il modo in cui valutiamo l’efficacia dei servizi sanitari. Stiamo assistendo ad una personalizzazione dell’informazione scientifica sui prodotti e i servizi, con una ricaduta positiva

notevole sulle abitudini e i comportamenti dei medici e degli informatori scientifici.
I dati sono impressionanti! Nel 2024 l’uso dell’intelligenza artificiale generativa è quasi raddoppiato negli ultimi sei mesi, con l’86% dei medici (69% nel ’23) che ha usato almeno una volta l’intelligenza artificiale nella propria attività lavorativa, con il 46% dei medici che utilizza l’IA almeno 4 o più volte a settimana (fonte Osservatorio Scenario Salute BHAVE - 2.050 medici intervistati). I medici che hanno fatto un abbonamento a ChatGPT (o bot similari esempio Gemini) sono passati dall’11% del 2023 al 27% del primo semestre 2024. I medici affermano che l’intelligenza artificiale li aiuta a risparmiare tempo (88%), si concentrano sugli aspetti più importanti del proprio lavoro (79%), possono dedicare più tempo al paziente (74%). L’uso principale che i medici fanno dell’IA riguarda:
69% (75% nel ‘23) per scrivere la bozza di un articolo
66% (62% nel ‘23) per avere informazioni di sintesi in merito ad una patologia
59% (51% nel ’23) per tradurre un articolo scientifico
51% per avere informazioni su procedure operative e/o burocratiche
47% (32% nel ’23) per avere informazioni di studi clinici pubblicati su una molecola/ principio attivo
24% per impostare la stesura di un referto
Ci troviamo in una fase delicata di implementazione dell’IA in sanità, quella che da un’applicazione innovativa, ad uso “sperimentale” ed a volte improprio si passa ad un uso strutturato e inserito nei processi organizzativi e lavorativi del medico. L’adozione regolare dell’intelligenza artificiale (IA) in ambito medico presenta diverse difficoltà e sfide significative. Ecco le principali:
• Affidabilità e accuratezza: per essere utilizzata in ambito medico, l’IA deve dimostrare un alto livello di precisione e affidabilità. Gli errori possono avere conseguenze gravi, quindi è essenziale che gli algoritmi siano accuratamente testati e validati in contesti clinici reali. Possibile soluzione: trasparenza algoritmica e certezza delle fonti.
• Integrazione con i sistemi esistenti: gli ospedali e le cliniche utilizzano già una vasta gamma di sistemi informatici. Integrare nuove tecnologie basate sull’IA con questi sistemi esistenti può essere complesso e
costoso. Possibile soluzione: costruire su ciò che c’è già.
• Formazione e competenze: il personale medico deve essere formato per utilizzare nuovi strumenti basati sull’IA. Questo richiede tempo e risorse, e può essere un ostacolo significativo, specialmente in contesti dove il carico di lavoro è già elevato. Possibile soluzione: realizzare un change management con un approccio sfumato e implementare strategie di mitigazione.
• Privacy e sicurezza dei dati: l’IA in medicina richiede l’accesso a grandi quantità di dati sensibili dei pazienti. Garantire la privacy e la sicurezza di questi dati è cruciale e rappresenta una sfida importante, considerando le normative stringenti come il GDPR in Europa. Possibile soluzione: camminare attraverso una linea sottile tra personalizzazione e polarizzazione.
• Regolamentazione e approvazione: le tecnologie mediche devono essere approvate dagli enti regolatori, questo processo solitamente lungo e complesso, fatica ad essere al passo con la rapida evoluzione delle nuove tecnologie basate sull’IA. Possibile soluzione: promuovere un approccio dinamico, personalizzato e diversificato per stesura di linee guida etiche e leggi sulla governance dei dati.
• Costo e risorse: sviluppare, implementare e mantenere sistemi basati sull’IA può essere molto costoso. Le strutture sanitarie, soprattutto quelle con risorse limitate, potrebbero avere difficoltà a giustificare questi investimenti. Possibile soluzione: valorizzare il patrimonio di esperienze, adattabilità e scalabilità’ dei sistemi IA.
• Bias e equità: gli algoritmi di IA possono riflettere i bias presenti nei dati con cui sono stati addestrati, portando a disparità di trattamento tra diversi gruppi di pazienti. Garantire l’equità è una sfida importante. Possibile soluzione camminare attraverso una linea sottile tra personalizzazione e polarizzazione nell’uso dell’IA
Affrontare queste difficoltà richiede un approccio multidisciplinare, coinvolgendo esperti in medicina, ingegneria, etica, diritto e altre discipline per garantire che l’IA possa essere utilizzata in modo sicuro, efficace ed equo in ambito medico.

3.3 SCENARIO ATTUALE
Il mondo della salute dell’Italia contemporanea, la quale si interfaccia con l’Unione Europea e un mercato composto da aziende che operano sia a livello nazionale, multinazionale e mondiale, è caratterizzato dall’interazione di diversi stakeholders, i quali si confrontano con legislazioni (di vari stati e livelli nazionali e sovra-nazionali), interessi economici, bisogni, aspettative e motivazioni.
L’attuale panorama politico europeo è caratterizzato da una significativa instabilità, determinata da una serie di fattori interconnessi che stanno mettendo alla prova la coesione del continente. Questa instabilità si manifesta in diversi aspetti, tra cui l’ascesa del malcontento verso le istituzioni europee, la crisi economica in alcuni Paesi, le tensioni geopolitiche e le sfide legate all’immigrazione. Uno dei fenomeni più evidenti è l’aumento del malcontento delle persone verso le istituzioni con conseguente riduzione della fiducia verso la politica. Questo ha portato a una frammentazione del panorama politico tradizionale, rendendo più difficile la formazione di governi stabili e coalizioni durature. La crisi economica è un altro fattore chiave dell’instabilità. Nonostante alcuni segnali di ripresa, molti Paesi europei continuano a lottare con alti tassi di disoccupazione, debito pubblico elevato e disuguaglianze economiche.
Le tensioni geopolitiche, sia all’interno che all’esterno dell’Europa, aggiungono ulteriore incertezza. La guerra in Ucraina ha esacerbato le divisioni tra gli Stati membri dell’UE su come affrontare la Russia e ha sollevato preoccupazioni sulla sicurezza energetica del continente. Inoltre, le relazioni con Paesi come la Cina e gli Stati Uniti stanno diventando sempre più complesse, influenzando la politica estera e commerciale dell’Europa. L’immigrazione rimane una questione divisiva. L’arrivo di un gran numero di migranti e rifugiati negli ultimi anni ha alimentato tensioni politiche e sociali, con alcuni Paesi che adottano politiche restrittive e altri che promuovono l’accoglienza e l’integrazione. Questa divergenza di approcci ha messo in luce le difficoltà dell’UE nel trovare una risposta comune e coordinata al problema.
In questo contesto, l’Unione Europea si trova
di fronte a sfide significative nel mantenere l’unità e la stabilità. Le istituzioni europee sono chiamate a trovare soluzioni innovative e inclusive per affrontare questi problemi complessi e per garantire che l’Europa possa continuare a prosperare in un mondo sempre più instabile e interconnesso.
In questo contesto altamente composito e i cui elementi si influenzano reciprocamente in un moto incessante e verso multiple direzioni, sarebbe facile perdersi. Nonostante la complessità della realtà in cui viviamo, è possibile guardare ai comportamenti organizzativi e delle persone in chiave interpretativa, producendo modelli di previsione del comportamento alla luce dell’analisi degli elementi che li caratterizzano.
Ci sono stati diversi momenti storici in cui i cittadini hanno sperimentato in modo evidente gli effetti di un mondo complesso, solo per citarne alcuni a partire dal secolo scorso. L’epidemia spagnola, la crisi economica del 1929, le due guerre mondiali, la crisi di Cuba, la crisi economico finanziaria del 2008, per arrivare fino ai nostri giorni con la crisi pandemica del COVID, la guerra russo-ucraina e l’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre 2023. In tutte queste circostanze ogni Paese ha agito da solo con strategie differenti e quasi mai concordate.
Il ritardo nell’implementare strategie condivise e coordinate in tutti questi casi è stata la causa che maggiormente ha favorito l’ampliarsi di queste crisi. La pigrizia mentale dei governi, delle organizzazioni, e delle persone ha impedito di vedere i singoli agenti come collegati tra loro. Cerchiamo soluzioni autonome per ogni singolo problema, senza accettare che ci troviamo in un ecosistema in cui le scelte, i comportamenti, del singolo influiscono sul sistema stesso. Pensiamo sistematicamente, e crediamo, che ciò che succede non ci riguarda e non è conseguenza del nostro comportamento ma del comportamento di altri. Poi quando accade un evento imprevedibile ed imponderato, rimaniamo sorpresi dell’impatto che questo produce sulle nostre vite. Solo per fare un esempio, la reazione di Israele all’attacco di Hamas ha avuto una ripercussione su tutte le comunità ebraiche
del globo terrestre. Edit Bruck riporta che “la reazione di Israele agli attacchi di Hamas ha suscitato uno tsunami di antisemitismo e che Israele non ha pensato che quello che fa lui (Natanyahu), naturalmente non ha a che fare con gli ebrei italiani o francesi o quello che è […] ma influisce sulle comunità ebraiche”1
Per venire alla situazione italiana, già ben nota, il 23 dicembre 2023 si è celebrato il 45° anniversario della Legge 833/78, che ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano, pubblico e universale. Tuttavia, ormai da oltre dieci anni si discute sul rischio di collasso del SSN. L’emergenza pandemica ha messo in luce le gravi criticità del SSN e del sistema socio-sanitario. Queste criticità sono state superate grazie all’abnegazione del personale sanitario. Tuttavia, anni di mancate riorganizzazioni, riforme incompiute e finanziamenti inadeguati, frutto di politiche di austerità e di una cultura neoliberista, hanno creato un quadro preoccupante. Secondo 14 scienziati italiani, tra cui il premio Nobel Giorgio Parisi, il vero problema oggi è l’inadeguatezza del finanziamento del SSN, che deve essere adeguato agli standard dei paesi europei avanzati, ovvero l’8% del PIL. Come sottolineato anche dalla Corte dei Conti, l’Italia, è fanalino di coda in Europa con una spesa sanitaria pubblica che nel 2022 è stata solo del 6,8% del PIL, molto inferiore a quella di paesi come la Germania (10,9%) e la Francia (10,1%). La spesa pubblica pro-capite in Italia è stata di 2.208 euro, rispetto ai 5.086 euro in Germania e ai 3.916 euro in Francia. Per raggiungere il livello di spesa indicato dagli scienziati, il SSN italiano necessita di almeno 35 miliardi di euro in più all’anno e oltre 80 miliardi in più per raggiungere la spesa della Germania. Dopo l’incremento per contrastare la pandemia, che ha portato la spesa sanitaria pubblica al 7,4% del PIL nel 2020, già dall’anno successivo la spesa sanitaria è tornata a scendere. La Legge di Bilancio 2024 prevede un aumento apparente del fabbisogno sanitario di 3 miliardi per il 2024, ma tale incremento è insufficiente per rispondere ai bisogni urgenti della sanità pubblica e non compensa nemmeno gli effetti dell’inflazione. Questo incremento nominale non tiene in considerazione alcuni tagli e un arretramento del servizio pubblico, come evidenziato sia 1 Puntata del 26/01/2024 del programma Rai “Il cavallo e la torre”, visionabile presso il sito: https://www.raiplay.it/programmi/ilcavalloelatorre puntata del 26/01/2024).
dalla Corte dei Conti che dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio. Anche nel DEF 2024, l’incidenza della spesa sanitaria sul PIL scenderà ulteriormente. Nel 2022, molte Regioni hanno dovuto utilizzare risorse proprie e straordinarie per coprire il disavanzo, ma ciò non è una soluzione ripetibile. La Corte dei Conti ha certificato per il 2022 un disavanzo di 1,5 miliardi di euro con 15 regioni in perdita. Nel 2023 le Regioni continuano a denunciare l’inadeguatezza del finanziamento del SSN. La rimodulazione della Missione 6 del PNRR ha comportato tagli significativi, con una riduzione del numero di Case della Comunità, Ospedali di Comunità, Centrali Operative Territoriali e posti nelle terapie intensive. Anche le opere per la sicurezza sismica delle strutture ospedaliere sono state colpite dai tagli. Il DL n. 19/2024 (DL “PNRR”) ha definito un definanziamento di 1,2 miliardi a carico delle Regioni, che hanno minacciato iniziative giurisdizionali per tutelare le programmazioni già avviate. A questi tagli si aggiunge un ulteriore taglio di oltre mezzo miliardo dalle risorse del Ministero della Salute, portando complessivamente il definanziamento della sanità a 1,8 miliardi di euro.
Nel 2022 i cittadini italiani hanno speso 42 miliardi per curarsi, con 37 miliardi provenienti direttamente dalle loro tasche e 5 miliardi dalla sanità integrativa. Questo ha aumentato le disuguaglianze nell’accesso a prestazioni e cure, incidendo notevolmente sulle condizioni economiche delle famiglie. I tempi di attesa per le prestazioni sanitarie sono diventati insostenibili, con agende di prenotazione chiuse e gravi carenze di personale. La situazione è particolarmente critica nelle singole regioni, con gravi diseguaglianze territoriali. Nel 2021, oltre 400.000 pazienti sono stati ricoverati in strutture ospedaliere in una regione diversa dalla propria. Le differenze tra le regioni sono notevoli in termini di risorse, strutture e personale. Le diseguaglianze territoriali si riflettono anche nelle aspettative di vita alla nascita e in buona salute. La speranza di vita alla nascita è mediamente di 82,6 anni, ma con differenze fino a 3 anni tra le regioni. La speranza di vita in buona salute è mediamente di 60,1 anni, con differenze fino a 16 anni tra le regioni.
3.4 CONFIGURAZIONE DI SCENARI FUTURI
di Lucio corsAro e GiAnLucA vAccAro
3.4.1 UN PROGRAMMA DI RICERCA
BHAVE SUL FUTURO
L’Italia si trova in una posizione privilegiata con la possibilità di effettuare “vere” riforme che possono impattare positivamente sul SSN come ad esempio PNRR, (di fatto un grande progetto di “cambiamento organizzativo” e di “riconversione e implementazione” delle aziende sanitarie e dei SSR), digitalizzazione della sanità e implementazione del Fascicolo Sanitario Elettronico, etc. I dati di letteratura evidenziano che, in sanità, servono almeno dieci anni per assicurarsi la piena implementazione di cambiamenti strutturali ed organizzativi. La lentezza nei cambiamenti sanitari dipende essenzialmente dal fatto che la trasformazione dei modelli di cura e l’adozione delle tecnologie non vanno di pari passo e conseguentemente risulta estremamente difficile un’armonizzazione dell’intero ecosistema. Analogamente, anche le tecnologie introdotte devono potersi amalgamare di volta in volta in un substrato già esistente.
Bhave, attraverso il programma di ricerca “Osservatorio Scenario Salute”, monitora come impattano i cambiamenti (o non cambiamenti) in atto sulla sanità in genere, il SSN e le aziende pubbliche e private. Cercando di valutare quali sono gli Scenari Evolutivi rispetto ai cambiamenti in atto osservati e di identificare le implicazioni per il SSN e le Aziende Farmaceutiche e le azioni da intraprendere per massimizzare le opportunità e minimizzare i rischi.
Per “programma di ricerca” intendiamo un “sistema complesso formato da più ricerche tra loro coordinate (Bruschi 1993, p. 1172) dove è prevista la possibilità di ripetere delle ricerche in modo sistematico o di organizzarne altre integrabili fra loro. Nel caso che qui descriviamo la ripetizione della ricerca ha avuto una funzione di “monitoraggio” rispetto ai cambiamenti di sistema a cui abbiamo assistito negli ultimi anni e 2 Bruschi, A., 1993, La metodologia povera. Logica causale e ricerca sociale, Roma, La Nuova Italia Scientifica.
considerando invece l’idea del “programma di ricerca” come insieme integrato di indagini diverse, e in questo senso l’Osservatorio Scenario Salute è costituito da ricerche qualitative, quantitative e da ricerche documentali e desk basate su dati secondari.
Infatti, il lavoro di Bhave riprende anche il concetto di “programma di ricerca” in una prospettiva in parte diversa e epistemologicamente più complessa rispetto a quella appena descritta e cioè quella di Lakatos (1970 tr. 19763) che considera un “programma di ricerca” come uno schema che ha un “nucleo” unico teorico (e dunque “non confutabile” in virtù di una decisione provvisoria o rilevanze empiriche occasionali) e con una “euristica positiva” che definisce problemi, delinea la costruzione di una “cintura” di ipotesi ausiliari, prevede anomalie e le trasforma con successo in esempi, il tutto seguendo un piano prestabilito.
Nel caso specifico le ipotesi sono prospettiche e riguardano come vedremo degli scenari sul sistema sociale e sanitario.
In questo senso e in linea con il concetto finora espresso di “scenari” “l’evidenza che corrobora la nuova teoria deve concernere fenomeni non deducibili dalla sola conoscenza di sfondo, ossia deve trattarsi di contenuto empirico indipendente o nuovo. Non deve neppure trattarsi di fenomeni già noti, per spiegare i quali è stata elaborata la nuova teoria (inventata per “far tornare i conti”), perché, in questo caso, si tratterebbe di ipotesi ad hoc, cioè della “soluzione a buon mercato di rompicapi”, per dirla con Kuhn, fatta a posta per salvare una vecchia teoria dall’inesorabile falsificazione. Deve trattarsi, quindi, di qualcosa che non è intervenuto nella costruzione della nuova teoria, ma che questa, inaspettatamente, riesce a spiegare.” Lakatos (1970, tr. 19764).
Ma cosa è uno scenario?
Le tecniche di previsione dei futuri, a cui la 3 Lakatos, I., 1970, Falsification and the Methodology of Scientific Research Programmes, in Lakatos e Musgrave 1970, Critica e crescita della conoscenza, Milano Feltrinelli, tr. 1976.
4 Ibidem
tecnica degli scenari appartiene, fanno parte del settore dei “Future Research”5 . Seppur la disciplina sia proprio sul piano fondazionale una transdisciplina (Scriven 19596 , Barbieri Masini, 19867) perché necessita del contributo di campi scientifici e disciplinari diversi per costruire un’unica base concettuale (solo a titolo di esempio la demografia, l’urbanistica, l’epidemiologia, l’economia) possiamo condividere con Ferrarotti (19858) l’opinione che la sociologia possa essere “la disciplina centrale per la “ricerca dei futuri” in quanto scienza che studia le interrelazioni sistemiche che regolano il funzionamento (statico) e lo sviluppo (dinamico) delle società” (Ferrarotti, 1985, p. 329).
Bell e Mau nel lavoro The Sociology of the Future (1973), individuavano in The Future (Low, 1925), il primo studio a carattere sociologico focalizzato sul tema della ricerca sul futuro. Ma è solo alla fine della seconda Guerra mondiale che gli studi sulle tecniche di previsione presero forma metodologicamente anche più struttura e definita in un’ottica strategica con la Rand Corporation, il famoso istituto di ricerca americano di studi strategici e di previsione che aveva come fondatori Herman Kahn fisico, stratega e futurologo che dentro l’istituto studiò l’applicazione alla strategia militare di nuove tecniche analitiche come la teoria dei giochi, la ricerca operativa e l’ analisi dei sistemi. Fu Kahn ad elaborare, in quegli anni, la tecnica degli scenari. Seppur il contributo sul piano tecnologico della ricerca sul futuro sia innegabilmente merito dell’approccio statunitense al futuro c’è però da constatare come principali riflessioni teoriche furono di matrice europea in particolare francese, infatti, una prima esperienza di studio di scenario è stata condotta per conto del DATAR in un’ottica prospettica geografica. Da allora, questo metodo è stato adattato a molti altri settori come industria, agricoltura, demografia o dinamiche migratorie o occupazionali. Mentre, infatti, ricercatori americani come Gordon, Helmer e Dalkey stavano sviluppan-
5 Per una ricostruzione storica e metodologica della tecnica di scenari Facioni C., 2011, Il contributo italiano ai Futures Studies. Tesi di dottorato, disponibile sul sito http://padis. uniroma1.it/
6 Scriven M., Explanation and Prediction in Evolutionary Theory, “Science”, n. 130, 1959
7 Barbieri Masini E., La previsione umana e sociale, Roma, Editrice Pontificia Università Gregoriana, 1986
8 Ferrarotti F., Cinque scenari per il 2000, Giuseppe Laterza & Figli, Roma Bari, 1985
9 Ibidem
do diversi metodi relativamente formalizzati di costruzione degli scenari, la maggior parte dei quali si basavano su consultazioni di esperti: Delphi, matrici ad impatto incrociato, ecc. sul piano teorico, in Francia, il dibattito sul “futuro” era intenso: il riferimento è, ad esempio, al filosofo Bertrand De Jouvenel, che fondò la rivista Futuribles (termine che fonde “futures” e “possibles”) il quale sottolineò come il futuro non vada pensato in quanto entità singola, ma vada invece studiato in termini plurimi, di possibilità e probabilità (De Jouvenel, 196410). Come descritto dalla sociologa ed esperta di studi sul futuro Barbieri Masini (200011) il dibattito francese sulle ricerche prospettiche (le prospective) arrivò poi in Italia grazie a due grandi managers italiani, Pietro Ferraro e Aurelio Peccei, e a un matematico di fama internazionale, Bruno De Finetti.
In queste riflessioni sul piano epistemologico e paradigmatico è stata intanto distinta la “previsione”, concetto che fa riferimento a logiche di costruzioni di futuri sul piano probabilistico, la “predizione” (prediction) per il suo impianto deterministico di riferimento e la “proiezione” (projection) che ipotizza un unico futuro come espressione di una configurazione condizionata da una combinazione precisa di fattori12.
Considerando sul piano metodologico il riferimento ai metodi sistemici per l’analisi e la previsione di dinamiche complesse, le ricerche sul futuro possono essere distinte in approcci modellistici finalizzati alla semplificazione analitica delle configurazioni sul futuro e approcci “narrativi” che potremmo definire teory-driven, dove la finalità più che la semplificazione formalizzata di sistemi complessi è la costruzione di ipotesi teoriche sul futuro.
Nell’approccio di Bhave la tecnica degli scenari può rappresentare un supporto “intermedio” per entrambe queste finalità ma certamente si può connotare l’obiettivo specifico di “presentare in modo dettagliato i futuri possibili e non solamente quello più probabile (potremmo dire “frequentisticamente”
10 De Jouvenel B., L’art de la conjecture, Futuribles, Monaco, Éditions du Rocher, 1964 ; tr. it., L’arte della congettura, Firenze, Vallecchi, 1967
11 Barbieri Masini E., Interrogare il futuro. Gli studi sul futuro in Italia ed Europa, in “Altronovecento. Ambiente Tecnica Società”. Rivista online promossa dalla Fondazione Luigi Micheletti n. 2, 2000a; sito http://www.fondazionemicheletti.it/ altronovecento
12
Sull’argomento Futuribili” n. 1, 1994, pag. 16 e riferimenti in Facioni C., 2011, Il contributo italiano ai Futures Studies. Tesi di dottorato, disponibile sul sito http://padis.uniroma1.it/
nell’ipotesi si parli di “estrapolazione”). Questo aspetto è rilevante non solo rispetto alle finalità strettamente operative, da cui ovviamente discendono delle differenti procedure di indagine, ma anche rispetto ai paradigmi di riferimento e nell’idea stessa della funzione euristica che gli scenari possono avere proprio come strumento di indagine e di consapevolezza sui fenomeni non solo futuri ma anche presenti, soprattutto se visti in un’ottica strategica.
Nonostante questo orientamento epistemico la letteratura scientifica sugli scenari ha dato certamente maggior peso agli studi di settore piuttosto che a lavori definitori di natura teorica, epistemologica o metodologica. Appare infatti una consuetudine quella di affrontare il tema teorico metodologico sugli scenari superficialmente e in modo propedeutico ad un lavoro tecnico su uno specifico ambito studiato.
Da questo punto di vista non ci si può che trovare d’accordo con Poli (201913) quando sostiene che “la ricerca sull’anticipazione non ha tenuto il passo con la domanda sociale di approfondimenti su queste pratiche”.
Ripercorrendo alcuni elementi costitutivi del termine-concetto di scenario potremmo considerare alcuni elementi imprescindibili.
Proveremo a formulare una definizione sintetica facendo riferimento ad alcuni dei principali autori che hanno affrontato questo argomento (si veda, ad esempio, Isernia 198714, Kahn e Wiener 196715, Marbach 198016, Gerardin 197117, Barbieri Masini 199318): “lo scenario è una descrizione analitica di una configurazione sistemica del futuro visto come insieme organico di conseguenze possibili di condizioni identificate scientificamente in modo multicriteriale, multimetodo e multitecnica sulla base di sequenze ipotetiche di tipo causale.
13 Poli, R. (2019) Lavorare con il futuro. Idee e strumenti per governare l’incertezza. Milano: Egea.
14 Isernia P., Introduzione agli scenari, in Gruppo promotore per l’analisi prospettiva, Futuro e complessità. Metodologie per la previsione di medioe lungo periodo, Milano, Franco Angeli, 1987
15 Kahn H., Wiener A. J., The Year 2000, Croton-on-Hudson, Hudson Institute, 1967; tr. it., L’anno 2000. La scienza di oggi presenta il mondo di domani, Milano, Il Saggiatore, 1968
16 Marbach G. (a cura di), Previsioni di lungo periodo. Analisi esplorative, Milano, Franco Angeli Editore, 1980
17 Gerardin L., Gli scenari come tecnica di previsione, in “Futuribili” n. 39, Roma, ottobre 1971
18 Barbieri Masini E., Why Futures Studies? London, Grey Seal, 1993

3.4.2 I 4 SCENARI BHAVE
Sulla base quindi di queste riflessioni Bhave al fine di valutare quali sono i cambiamenti in atto che hanno più probabilità di perdurare, ha elaborato degli scenari sulla base di quattro fattori:
1.Accesso alle cure (fattore di natura epidemiologico): mancata copertura (situazione in cui aumentano il ritardo nell’accesso alle diagnosi e alle cure in tutto il Paese); parziale copertura (l’accesso alle cure peggiora solo in alcune Regioni); totale copertura (situazione in cui l’accesso alle diagnosi e alle cure è tempestivo e totale).
2.Governance e organizzazione sanitaria regionale (fattore di natura organizzativa a livello sanitario): si divide tra gestione prevalentemente ospedaliera, gestione territorialeegestionecombinataospedale-territorio.
3.Instabilità politica ed economica Europea (fattore di natura economico-sociologico-culturale): nessun impatto (i comportamenti sociali sono uguali a quelli prima della guerra in Ucraina); impatto moderato; forte impatto (i comportamenti cambiano per dinamiche che non si potevano più contenere).
4.Uso del digitale (legato alla modalità di prescrizione e distribuzione del farmaco): visita in presenza vs visita a distanza; dispensazione del farmaco in farmacia/ospedale vs a domicilio.
Gli scenari disegnati da BHAVE sono come si diceva quattro e prendono in considerazione una molteplicità di variabili (oltre 40 variabili) che riguardano l’area del regolatorio, dell’offerta, della distribuzione e della domanda, ipotizzando che i quattro fattori di scenario sopra elencati incidano singolarmente in maniera determinante sul futuro della situazione «a regime» del nostro SSN:
• Scenario 1 - Governance territoriale: viene considerata l’ipotesi che vi sia una gestione prevalentemente territoriale della sanità.
• Scenario 2 - L’era della digitalizzazione: l’ipotesi considerata è la forte digitalizzazione del sistema.
• Scenario 3 - Una nuova quotidianità: caratterizzato da significativi cambiamenti dei comportamenti e delle abitudini della popolazione
• Scenario 4 - Un sistema sostenibile: l’ipotesi considerata è il peggioramento della sostenibilità del SSN
Inoltre, BHAVE ha sviluppato lo scenario della situazione «a regime» che rappresenta lo scenario «base», ossia il futuro più probabile nell’ipotesi che non ci siano fattori che possano incidere in modo rilevante sul sistema e sulla base di questo ha “sbilanciato” tale situazione base costruendo e descrivendo 4 scenari. Ogni scenario ha due prospettive: una che considera i principali cambiamenti sociali e una i principali cambiamenti nel sistema sanitario e farmaceutico. Gli scenari che verranno descritti di seguito non indicano la situazione più probabile ma una configurazione di sistema plausibile la cui descrizione permette di fornire delle simulazioni rilevanti in un’ottica interpretativa finalizzata alla programmazione o alla gestione degli imprevisti.
1.Scenario 1 - Governance territoriale
Lo scenario della «Governance territoriale» dal punto di vista del sistema sanitario/farmaceutico è caratterizzato da un aumento della richiesta di assistenza sul territorio, da una rimodulazione del modello di cura per gli anziani in ottica maggiormente assistenziale e legata alle comunità locali, da un maggiore coordinamento tra Stato e Regioni, da una gestione dei pazienti da remoto tramite l’utilizzo della telemedicina e della consulenza telefonica, soprattutto per l’assistenza a pazienti con patologie croniche, disabili e anziani. Ciò avrà come conseguenza la riduzione delle ospedalizzazioni, grazie anche all’intermediazione delle Case della salute tra ospedale e territorio. Per quanto riguarda la distribuzione, in questo contesto, i farmaci verrebbero consegnati a domicilio direttamente dalla farmacia che rafforzerebbe quindi la presenza sul territorio. Le ricette sarebbero inviate in farmacia e ciò potrebbe favorire la compliance del paziente alla terapia grazie ad una più stretta collaborazione tra medico e farmacista. Inoltre, si potrebbe verificare un passaggio di spesa derivante dalla
distribuzione diretta (ospedaliera e per conto) alla convenzionata di medicinali attualmente distribuiti con le modalità previste dall’art. 8 versione 2001. I piani terapeutici verrebbero gestiti anche dai MMG in collaborazione con gli specialisti, le attività di prevenzione verrebbero svolte dall’assistenza primaria ed inoltre, grazie ai fondi del PNRR, verrebbero implementati maggiori investimenti sulle infrastrutture, predisposte strutture per il triage e designati medici e infermieri di comunità. Il risultato dovrebbe essere una medicina del territorio che comprenda assistenza domiciliare, medicina distrettuale e telemedicina, attraverso un modello organizzativo complesso a rete basato su multidisciplinarietà e integrazione ospedale-territorio.
Dal punto di vista sociale, si prospetta: l’estensione della richiesta di prestazioni di cura grazie anche allo sviluppo di nuovi modelli di accudimento/assistenziale, un aumento della Silver economy (economia che si basa sui consumi della parte più anziana della popolazione) e della Gig economy (modello economico dove non esistono più le prestazioni lavorative continuative, il posto fisso con contratto a tempo indeterminato, ma si lavora on demand, cioè solo quando c’è richiesta per i propri servizi, prodotti o competenze) e dell’economia dei “lavoretti” e un ritorno ad un consumo alimentare «funzionale» sulla base di «stili di comunità»; la diffusione dei prosumer (ossia dei consumatori diventati produttori in proprio); il superamento della globalizzazione come schema di mercato e la diffusione di modelli locali o di comunità. Inoltre, si potrebbe verificare in questa ottica un ritorno all’idea di comunità come contrapposta alla società. In questo contesto, si verrebbe a delineare una nuova centralità del paziente negli strumenti di supporto alla decisione (patient decision aid) e un allineamento con i PDTA/PhygitalPDTA e negli strumenti di supporto alla decisione clinica (e al consenso informato); un aumento dell’esternalizzazione dei servizi in particolare nella sanità, nell’assistenza e nei trasporti e la necessità di nuovi modelli burocratici e organizzativi legati all’area regolatoria e una riduzione del digital divide per assicurare la digitalizzazione della medicina e delle aree legate alla prevenzione anche ai soggetti fragili/vulnerabili.
2.Scenario 2 - L’era della digitalizzazione
«L’era della digitalizzazione» prevede uno scenario in cui si verifica la diffusione dei beni
tecnologici e la riduzione del digital divide (cioè, il divario che c’è tra chi ha accesso adeguato a internet e chi non ce l’ha, per scelta o no; con conseguente esclusione dai vantaggi della società digitale e danni socioeconomici e culturali per chi ne è colpito). Questo abbattimento del divario, porta come conseguenza l’aumento dei consumi attraverso modalità di vendita online e la fruizione di massa di prodotti e servizi legati allo svago e al divertimento per la classe inattiva fino al 2023, dopo un tendenziale declino dei consumi previsto per i primi mesi del 2025. In particolare, nel campo della sanità, tale scenario si caratterizza per la digitalizzazione dei trial clinici; per la modifica del potenziale dei medici, grazie ad una maggiore dimestichezza e fiducia con la relazione a distanza che potrebbe portare all’identificazione di nuovi pazienti. Per fare ciò è indispensabile avere infrastrutture adeguate alla trasmissione e ricezione di dati informativi (Fascicolo Sanitario Elettronico), nuove piattaforme digitali, applicazioni IA e sistemi conversazionali vocali per il counseling. A questo si aggiunge la totale dematerializzazione della prescrizione, la digitalizzazione per la gestione delle scorte e della logistica e delle operazioni di magazzino, una crescita dell’e-commerce e una disintermediazione commerciale da parte delle farmacie che comporta una riduzione dell’attività di counseling. Amazon ed altre piattaforme online diverrebbero i nuovi distributori di farmaci con la conseguente riduzione dei margini per prodotti OTC in farmacia/parafarmacia. I piani terapeutici diventerebbero online e si attuerebbe la digitalizzazione per la diagnosi a distanza e nell’utilizzo dei dati per ottimizzare i processi d’acquisto.
Dal punto di vista sociale, lo scenario «L’era della digitalizzazione» è costituito: dalla diffusione del food retailer e di servizi di home delivery, da una digitalizzazione di massa e dall’uso di modelli IA nella gestione lavorativa e della vita sociale, dalla diffusione dei beni tecnologici, dal supporto nell’esternalizzazione di alcune attività legate ai consumi (online/consegne a domicilio), dalla diffusione di assistenza/attività di counselling da remoto. Affinché tutto ciò sia attuato sarà necessaria una regolamentazione sull’uso di modelli di IA in ambito sociosanitario e una regolamentazione e gestione normativa dell’incremento dell’e-commerce e dell’acquisto dei beni health-care (effetto prevenzione).
3. Scenario 3 - Una nuova quotidianità
Questo scenario presuppone che l’emergenza derivata dall’instabilità politico-economica europea faccia scaturire cambiamenti significativi dei comportamenti e delle abitudini della popolazione. In particolare, si prospetta dal punto di vista del sistema sanitario/farmaceutico: un aumento dei costi dell’energia, una riduzione dei pazienti disponibili per studi clinici, la conferma del prolungamento automatico dei piani terapeutici, con la possibile abilitazione dei MMG per la gestione della maggioranza di essi, della digitalizzazione sanitaria e della domiciliarizzazione sanitaria. Ci sarebbe un maggiore ricorso all’e-commerce e una forte spinta verso terapie personalizzate e per la consegna a domicilio. A ciò si accompagna una tendenziale crisi del reddito e l’aumento della vulnerabilità sociale, ma anche un livello di digitalizzazione della sanità molto più concreto ed accessibile anche dalla distribuzione dei farmaci, in particolare per le patologie croniche. Inoltre, l’organizzazione della nuova AIFA per quanto riguarda i criteri di negoziazione del prezzo dei farmaci può portare a nuove modalità di negoziazione. Per quanto riguarda la prevenzione, la vaccinazione potrebbe diventare obbligatoria per alcune fasce d’età o per i pazienti fragili. Oltre a ciò, per rispondere alle nuove esigenze imposte dall’avanzare delle tecnologie digitali bisognerà ripensare al sistema di formazione degli operatori sanitari. Dal punto di vista sociale, cambierebbero i fattori che influenzano l’esperienza di acquisto e la scelta del retailer, aumenterebbero i consumi di massa legati allo svago per la classe inattiva, si assisterebbe ad una forte polarizzazione tra chi produce e chi usa il reddito e ad una maggiore richiesta di supporto psicologico e alla diffusione di atteggiamenti familisti, vittimistici, ipocondriaci. Si diffonderebbe il modello di vacanza breve e si concentrerebbe l’attenzione sui beni posizionali in un’ottica focalizzata su beni di prima necessità (es. beni alimentari, beni sanitari e che riguardano l’igiene personale). Aumenterebbero le disuguaglianze e si verificherebbe un aumento esponenziale del numero di NEET (acronimo inglese Neither in Employment or in Education or Training, indica persone, soprattutto giovani, non impegnate nello studio, né nel lavoro né nella formazione) e una riduzione del ruolo della scolarizzazione insieme ad una contrazione degli occupati del 4%. Il lockdown ha portato alla riscoperta
della dimensione domestica che, nell’ottica di questo scenario, continuerà a persistere, come anche la diffusione dello smart working e il continuo incremento dell’e-commerce, dell’home delivery, dell’ottimizzazione degli acquisti e dei pagamenti cashless. In particolare, l’attenzione si focalizzerebbe sull’importanza della prevenzione, sulla semplificazione e diffusione dei PDTA e la predisposizione di nuovi piani terapeutici e per facilitare il loro rinnovo. Infine, si dovrebbero sviluppare nuovi sistemi normativi per supportare il calo della produzione.
4.Scenario 4 - Un sistema sostenibile e combinazione con lo scenario “a regime”
Secondo l’analisi condotta da BHAVE che rientra in un programma di ricerca più ampio “Osservatorio Scenario”, l’instabilità politica economica europea avrà come conseguenza la necessità di attuare: una ridefinizione del concetto di proprietà intellettuale e di brevetto nei confronti dei vaccini e dei farmaci salva vita; una riallocazione delle risorse pubbliche sul SSN, investimenti a breve-medio termine sulla sanità digitale e una ristrutturazione del SSN fondata sul paziente e con un focus rivolto al territorio. Inoltre, potrebbe comportare una possibile rivisitazione del titolo V, del decreto Balduzzi, del DM70 con implementazione del DM77, della legge Gelli e condurre all’incorporamento dei Medici di Medicina Generale (MMG) e Pediatri Di Libera scelta (PDL) come dipendenti del SSN, con un ripensamento del modello ospedaliero e della mobilità passiva. La diffusione della Telemedicina/Televisita accelererebbe la definizione di LEA e DRG per le prestazioni digitali, oltre a disporre una maggiore focalizzazione sulla farmacia come supporto alla gestione domiciliare dei pazienti cronici. Tuttavia, la possibilità di una collaborazione tra medici e farmacisti per migliorare il rapporto tra medico-farmacista-paziente comporterebbe la definizione di problematiche di privacy in riferimento al Dlgs 219/06 del Codice penale e dei codici deontologici di medici e farmacisti.
Nonostante la ripartenza delle attività economiche si deve prendere in considerazione una probabile recessione e riduzione di spending dei cittadini per servizi che riguardano la salute, come conseguenza dell’aumento dei costi dell’energia e degli alimenti. Cambiano i bisogni dei medici e dei farmacisti che diventano più incentrati sulla gestione del paziente piuttosto che unicamente sulla terapia e il journey di cura del paziente si modifica con
cambiamenti significativi sull’aderenza terapeutica, grazie o a causa di nuovi modelli di gestione del paziente come televisita, Patient Support Program e Phygital PDTA. Anche il processo di acquisto in farmacia si modifica, con una forte spinta verso acquisti online di farmaci OTC e integratori, in questo contesto, il ruolo del medico e del farmacista viene rivalutato nell’ambito della consulenza sanitaria online di supporto all’automedicazione dell’utente-paziente. Potrebbe verificarsi una ridefinizione del ruolo dell’azienda privata e delle Reti di informazione Scientifica in funzione di: prosumer, disintermediazione, prossimità e capitale sociale dell’azienda. In termini di Market Access, si potrebbe riscontrare un ritardo delle fasi di approvazione di prodotto nazionale e regionale, nuovi criteri di drug assessment, maggiore attenzione al drugs delivery e un ritardo nel lancio di prodotti già approvati.
Dal punto di vista sociale, tale scenario prende in considerazione una possibile riduzione della popolazione italiana di età compresa tra i 15 e i 64 anni di oltre 3 milioni nei prossimi quindici anni, così come il ritmo di incremento della popolazione straniera potrebbe continuare ad affievolirsi. Entro il 2030, secondo tale scenario, aumenterà significativamente il numero di persone che avranno bisogno di assistenza. Si avrà una riduzione tendenziale del clima di fiducia dei consumatori e solo nei primi mesi del 2025 potrebbe verificarsi un aumento della propensione al consumo e di una percezione diffusa sull’aumento dell’inflazione. È probabile un ritorno ad alcuni modelli di comportamento legati al distanziamento sociale e la polarizzazione dei comportamenti orientati al contatto (gruppi primari) oppure al distanziamento fisico (gruppi secondari) e la diffusione di legami deboli prevalentemente digitali a causa di una digitalizzazione di massa e all’aumento dell’uso di modelli di IA nella gestione lavorativa e nella vita sociale. Si assisterà alla riduzione del ruolo della scolarizzazione di massa come strumento di emancipazione collettiva/strategia di accesso sul mercato, all’aumento della disuguaglianza nella distribuzione del lavoro e della vulnerabilità sociale. Per quanto riguarda il tempo libero, una quota di popolazione produttiva sarà soggetta a una riduzione del tempo libero, al contrario di una maggioranza di popolazione inattiva che potrà usufruire di un’alta quantità di tempo libero. In questo ambito, lo sport diventa espressione di un’attività preventiva e «funzionale» al benessere.
Un’altra conseguenza dell’instabilità politico-economica potrebbe essere l’aumento della propensione delle famiglie, per motivi legati al risparmio, a usare prodotti non finiti e che richiedono una partecipazione al processo produttivo da parte del consumatore per il perfezionamento del bene; potrebbe riaffiorare l’idea di comunità contrapposta a quella di società e la propensione a forme di individualismo su base di comunità primaria/ familistica. Si verificherà una rimodulazione del modello di cura per gli anziani in un’ottica maggiormente assistenziale e nuove proposte di servizi alle famiglie principalmente per motivi funzionali/produttivi. Si propagherà il rischio di proteste di natura rivendicativa e la diffusione di atteggiamenti familisti, vittimistici e fondati sulla speranza irrealistica di un’ascesa sociale. Si assisterà alla rottura del modello benessere, decrescita, poco lavoro e alla propagazione di una diffusa percezione di un futuro incerto da cui ne consegue una logica di sfruttamento delle risorse. In termini di consumi, si attende la riduzione tendenziale dei consumi opulenti e dei prodotti per la cura della persona, del tempo libero come volano dei consumi, un forte incremento dell’e-commerce e della Silver Economy, un ritorno ad un consumo alimentare «funzionale» sulla base di «stili di comunità (soprattutto virtuali)» di consumatori legati a dei food lifestyle più concentrati sulle caratteristiche nutrizionali che su aspetti di status o etici. Si avrà una maggiore diffusione del food retailer, dei prosumer e un aumento dei meccanismi di promozione dei consumi per le famiglie. Inoltre, si assisterà alla diffusione dei beni tecnologici e alla conseguente riduzione del digital divide, soprattutto attraverso l’uso diffuso di dispositivi portatili a scapito di quelli fissi. La massimizzazione dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse è condizione essenziale affinché la sanità possa svolgere pienamente il suo ruolo sociale ed economico di forma essenziale di investimento nel capitale umano, soprattutto in una fase di crisi finanziaria e sociale in cui tende ad aumentare la domanda di servizi e tende a ridursi la disponibilità finanziaria delle famiglie. Si tratta di un ruolo di interesse nazionale, che richiede di combinare la politica di promozione e sostegno propria del Governo con il rafforzamento dell’autonomia organizzativa e della responsabilità finanziaria delle Regioni. Oggi si evidenzia la necessità e l’opportunità di operare una svolta che all’attenzione ai deficit ed alla modalità della loro copertura affianchi la costruzione
di procedure che evitino il formarsi dei deficit medesimi, nel rispetto della piena erogazione dei LEA, con la consapevolezza condivisa tra Governo e Regioni che il vero problema da affrontare e su cui impegnarsi è il superamento dei divari qualitativi tra i servizi sanitari regionali come fonte di crisi del patto sociale tra Istituzioni e cittadini e come fonte di deficit finanziario.
3.4.3 GLI ELEMENTI COSTITUTIVI
DEGLI SCENARI
Per entrare nel merito tecnico della costruzione dei diversi scenari di seguito descriveremo i singoli fattori di definizione. Le colonne (variabili) descrivono diverse ipotesi di scenario sulla base di un unico asse fondamentale o fattore di scenario (sono le Proprietà del sistema studiato). I fattori di scenario sono i motori principali del cambiamento. Sono previsti 4 fattori di scenari: ACCESSO ALLE CURE, GOVERNANCE TERRITORIALE, INSTABILITA’ POLITICO ECONOMICA EUROPEA, USO DEL DIGITALE. Anche piccole variazioni all’interno dei fattori di scenario possono creare significativi cambiamenti di sistema (ad esempio demografia, impatto emotivo, ecc.) Le righe indicano queste possibili variazioni sulla base di modalità predefinite (o condizioni). Le condizioni indicano delle variazioni su dei fattori intervenienti per il sistema (ad esempio “impatto emotivo”). Le variazioni impattano, infatti, sui singoli fattori creando configurazioni specifiche di sistema. Le configurazioni di sistema sono le somme di fatti (ipotizzati) da cui si ricavano delle probabilità. La logica è quella di razionalizzare i fattori, riorganizzarli e gestirli al meglio tenendo conto della variazione delle ipotesi e delle diverse condizioni che incidono sul cambiamento. Sono state indicate 48 condizioni sui fattori intervenienti (ad esempio “il tasso di natalità/fecondità”) che vengono “definiti” in modo (categoriale) ordinale (ad esempio “in diminuzione”). Considerando le combinazioni delle diverse condizioni dei fattori intervenienti con i diversi fattori di scenario, troviamo le configurazioni specifiche che si ritengono maggiormente probabili. La voce in grassetto fra tutte le configurazioni specifiche di riga per singolo fattore interveniente indica la configurazione di fattore interveniente più probabile (ad esempio considerando sempre come condizione “il tasso di natalità” del fattore interveniente “demografia” e considerando il fattore di scenario “uso del digitale”, la configurazione specifica maggiormente probabile è “in diminuzione”). È prevista un’assegnazione di probabilità della configurazione specifica per la singola combinazione fra una delle condizioni del fattore interveniente e il fattore di scenario. Queste probabilità per riga sono complete (la somma è sempre 100). L’ultima colonna indica i valori di probabilità media della
singola condizione del fattore interveniente sul sistema. L’analisi morfologica raccoglie l’insieme della probabilità medie definite sulla base dei diversi fattori di scenario. L’analisi morfologica indica quindi una configurazione di scenario.
Le probabilità sono state assegnate sulla base di criteri frequentisti facendo riferimento ad esempio a elementi ricavati da indagini e database interni all’Istituto o da informazioni ricavati da indagini secondarie come da rapporti di ricerca dell’OMS; OCDE, ONU, Protezione Civile, ISTAT, INAIL, Ministero Salute, AGENAS, CNR, Regioni, ARS, ASL, AOP, IRCCS, o altri Centri Studi e ricerche nazionali e internazionali, e quando mancava una base dati di riferimento sulla base di un’assegnazione di probabilità soggettiva ricavata dalle informazioni richieste in modalità Delphi ai diversi stakeholders.
Area della doman da
VARIABILI CHIAVE PER AREA
Economia Consumi
Reddito/Rendita
Prezzi
Società Demografia
Impatto emotivo
Individui
quotidianità
Finanza
Area dell'off erta
Area della distribu zione
Rischio settore farmaceutico
Rischio Paese
Classe A
Classe C/SOP Basso (settore
Accesso all'assitenza Ambulatoriale A domicilio Da remoto (telemedicina/televisita)
Industria Ricerca clinica e sperimentazioni Produttività
Competizione Globalizzazione Promozione
Rete/offerta/servizi
Canale intermedio
Supply Chain Optimisation E commerce
Catene farmacie
PATIENT ACCESS JOURNEY


4. PATIENT ACCESS JOURNEY
Introduzione
4.1 Perché il Patient Access
Think Tank
In un periodo storico come quello contemporaneo caratterizzato da profondi cambiamenti e crisi, globali e locali, economiche, ambientali, sociali, demografiche, epidemologiche e sanitarie è urgente lavorare per garantire in Italia la salute delle persone e per far questo è necessario prioritariamente assicurare un accesso equo e tempestivo alle cure e all’assistenza sanitaria e sociosanitaria
Per questo è stato costituito il PATIENT ACCESS THINK TANK (PATT): un gruppo di esperti, professionisti sanitari, rappresentanti dei pazienti, policy maker e altre parti interessate che collaborano per affrontare le sfide relative all’accesso dei pazienti alle cure e all’assistenza sanitaria e sociosanitaria.
4.2 Obiettivi del PATT
Un THINK TANK è un “serbatoio di idee” e per essere tale deve:
1. Avere una prospettiva transdisciplinare e trasversale
2. Andare oltre il sapere esperto
3. Produrre un sapere pratico
4. Conquistare l’attenzione
Conseguentemente gli OBIETTIVI del PATT sono stati e sono:
1. Sollecitare soluzioni a problematiche di accesso alla salute dei cittadini instaurando un dialogo aperto, costruttivo e plurimo tra diversi saperi e domini sul tema del Patient Access.
2. Produrre e diffondere idee concrete proponendo un modello di accesso alle cure maggiormente centrato sul paziente creando coalizioni e consenso fra esperti, opinione pubblica e figure istituzionali.
3. Dare corpo a livello nazionale ad azione sinergiche su questo tema.

GLI OBIETTIVI

4.4 IL METODO DI LAVORO
Il percorso di lavoro ha seguito un preciso flusso metodologico che di seguito verrà descritto nel dettaglio e che ha previsto una fase propedeutica di definizione teorica del concetto di Patient Access supportata da una revisione esplorativa della letteratura su questo tema.
Successivamente una mappatura dei temi da trattare con una definizione operativa del concetto di Patient Access Infine, una fase di definizione e classificazione dei problemi e delle possibili soluzioni da implementare e - conseguentemente alle finalità stesse di un Think Tank - la pianificazione di una strategia di condivisione e diffusione delle idee emerse.
FLUSSO METODOLOGICO

4.5 EVIDENZE EMERSE
Il PRIMO INCONTRO
Il 28 giugno 2023 il PATT si è riunito la prima volta per discutere il tema del Patient Access e proporne una definizione condivisa e calata nel contesto nazionale. Nel corso di questo Primo Incontro sono state affrontate tre aree tematiche significative: 1) Le analisi comportamentali come strumento per migliorare l’accesso alle cure e all’assistenza sanitaria: si è riconosciuto il ruolo delle scienze comportamentali nel miglioramento dell’accesso alle cure, evidenziando come il cambiamento comportamentale possa essere promosso tramite interventi mirati e comunicazione strategica, aiutando ad identificare e superare barriere visibili e invisibili all’accesso alle cure; 2) Una possibile definizione di Patient Access: a guidare la prospettiva troviamo la definizione moderna di salute promossa dall’OMS, intesa come condizione di benessere completo (bio-psico-sociale), con l’obiettivo di identificare un concetto che possa diventare leva di cambiamento e coinvolgimento per attori diversi. Da questa prospettiva, è stato preso in considerazione l’accesso alla salute in tutti i suoi aspetti: all’innovazio-
ne, all’equità, all’educazione, all’informazione, alla digitalizzazione e alla prevenzione; 3) Aspetti operativi, problemi e possibili soluzioni relative al Patient Access: sono state brevemente esaminate le diverse sfide che emergono nell’implementazione del “Patient Access”, come il tema delle differenze regionali e dell’accessibilità fisica e geografica che crea disuguaglianze ed è stata sottolineata l’importanza della prevenzione e della promozione della salute per affrontare la sostenibilità del sistema sanitario. Infine, in ottica di ricerca interventistica è stato proposto come strumento di pianificazione e valutazione dei casi di accesso dei pazienti, la valutazione scientifica realista all’interno di una scheda che permette di classificare le informazioni (diagnostiche) del singolo caso di studio.
Di seguito i TEMI CHIAVE emersi durante il primo incontro:
1. Definizione di Patient Access e comprensione delle diverse accezioni del termine, inclusi aspetti come l’accesso ai farmaci, ai dispositivi, ai servizi sanitari e sociosanitari universali e all’intero processo di cura.
2. Barriere all’accesso: Identificazione delle barriere logistiche, territoriali e regionali che impediscono ai pazienti di accedere alle cure necessarie, con una particolare attenzione alle persone anziane, alle aree periferiche e alle persone socialmente svantaggiate.
3. Digitalizzazione del sistema sanitario: Esplorazione delle sfide legate alla digitalizzazione del sistema sanitario italiano, inclusi problemi infrastrutturali come l’accesso alle reti di comunicazione nelle aree periferiche e meno digitalizzate.
4. Accesso all’innovazione: l’importanza dell’accesso all’innovazione non solo in termini di progressi scientifici e tecnologici, ma anche in termini di innovazione organizzativa.
5. Scienze Comportamentali: Valutazione del contributo che le scienze comportamentali possono apportare per migliorare l’accesso dei pazienti alle cure e la comprensione delle motivazioni dietro a determinati comportamenti, in ottica di intervento e promozione dei comportamenti corretti.
6. Equità nell’Accesso: Esplorazione delle disuguaglianze e disparità nell’accesso alle cure tra diverse regioni e gruppi sociali, nonché la necessità di garantire un accesso equo e universale alla salute.
7. Soluzioni operative: Esplorazione delle possibili soluzioni operative per affrontare le problematiche di “Patient Access” identificate, con un approccio multidisciplinare coinvolgente esperti, professionisti, e individui con esperienze dirette nel campo.
8. Centralità del Paziente: enfatizzare la necessità di mettere il paziente al centro del processo sanitario e adottare strategie che pongano veramente la cura centrata sul paziente come priorità.
9. Il futuro della medicina e l’antibioticoresistenza: Gli avanzamenti nella medicina potrebbero portare a un aumento progressivo della popolazione di malati fragili, richiedendo azioni immediate per garantire l’accesso a nuovi antibiotici.
10. Difficoltà nell’accesso a nuovi farmaci: Costi e limitazioni imposte da schede prescrittive sono alcune delle barriere che ostacolano l’accesso a nuovi farmaci, evidenziando la necessità di implementare studi di Real World Experience basati sulla pratica clinica per ottenere evidenze più accurate.
11. Educazione sulla salute: L’educazione sul diritto alla salute e l’accesso ai servizi sanitari dovrebbe essere una priorità nella formazione degli operatori sanitari e nella strategia dei direttori generali e delle ASL. Una “carta dei servizi” chiara e facilmente accessibile in ogni struttura sanitaria è fondamentale per migliorare l’accesso ai servizi.
12. Diversità e eterogeneità dell’accesso: Il concetto di “patient access” è eterogeneo e varia in base a diversi fattori, come la condizione socioeconomica, l’etnia e il paese di residenza. Occorre considerare l’eterogeneità dei sistemi, delle persone e dei contesti territoriali.
13. Accesso alla prevenzione: l’accesso alla prevenzione è cruciale per garantire la sostenibilità del sistema sanitario, in quanto gli investimenti nella prevenzione hanno un alto ritorno e potrebbero ridurre i costi legati alle cure.
14. Barriere alla prevenzione: Le barriere socioeconomiche e culturali possono ostacolare l’adozione di uno stile di vita sano e sostenibile. L’educazione alla prevenzione è dunque fondamentale per promuovere cambiamenti di comportamento e stili di vita sani.
15. Malattie Rare: Approfondimento delle problematiche specifiche legate all’accesso alle cure per le malattie rare e la comprensione dei gravi ostacoli che i pazienti affrontano in questo contesto.
16. Ruolo dell’informazione e della conoscenza: La vera conoscenza va oltre l’informazione e riguarda la capacità di comprendere quali informazioni sono utili e corrette e risulta cruciale sia per i pazienti che per gli operatori sanitari per prendere decisioni informate.
17. Multidisciplinarietà e collaborazione tra attori coinvolti: Il diritto alla salute richiede una rete ben definita e una chiara cooperazione tra tutti gli attori coinvolti, come pazienti, clinici, organizzazioni di pazienti e istituzioni sanitarie.
18. Riforma sanitaria: È stata sottolineata l’importanza di una riforma sanitaria duratura che affronti la complessità del sistema sanitario e sia pianificata in modo strategico per garantire l’accesso alle cure anche nelle aree marginali e interne
19. Modello partecipativo di promozione della salute: è stato proposto un modello partecipativo e integrato orientato alla
comunità per la realizzazione e valutazione di interventi efficaci per generare salute studiando i comportamenti. Tale modello parte dal presupposto secondo il quale la promozione della salute abbia più probabilità di essere efficace se partecipativa e studiata all’interno di un contesto di comunità che consideri la salute e i problemi ad essa collegati come problemi legati alla qualità di vita
20. Valutazione scientifica realista: viene avanzata una proposta operativo-analitica con degli strumenti volti a migliorare la progettazione e l’implementazione di interventi efficaci legati al Patient Access con il metodo dello studio di caso multiplo, scomponendo non solo le situazioni critiche legate all’accesso dei pazienti, ma anche quelle condizioni migliorabili o da migliorare, con il fine di poter identificare i punti strategici su cui poter intervenire.
VALUTAZIONE DEI CASI DI ACCESSO ALL’ASSISTENZA SANITARIA E SOCIO- SANITARIA PER PIANIFICARE E PROGRAMMARE INTERVENTI
MIGLIORATIVI

Un focus sull’ ANALISI DEI COMPORTAMENTI
Garantire l’accesso alla salute a trecentosessanta gradi non è oggi un problema legato unicamente alle nuove tecnologie ma fondamentalmente va visto come incentrato sulle dinamiche comportamentali che caratterizzano le attuali politiche e le persone coinvolte nei vari settori specifici.
Le scienze comportamentali ci indirizzano verso una riflessione profonda sull’importanza del tema dell’accesso.
Parliamo di accesso alla salute con un’urgenza nella condivisione di progettualità che possano portare i professionisti sanitari a pensare al progresso come ad un reale obiettivo da perseguire.
E non c’è progresso, come sappiamo, senza evidenze di miglioramento, il che vuol dire che non c’è avanzamento senza cambiamento di
quelle che sono le dinamiche comportamentali.
Tutto questo oggi deve farci osservare maggiormente la scienza e la disciplina comportamentali come funzioni attive che definiscono uno sguardo tutto nuovo.
Per anni abbiamo combattuto, e stiamo continuando a combattere, contro la prescrizione indiscriminata degli antibiotici, e sappiamo che anche questo fa riferimento al comportamento degli operatori sanitari oltre che dei pazienti.
Solo attraverso l’adozione di nuove norme comportamentali, e dello studio di queste dinamiche, sarà possibile arrivare a definire quella “spinta gentile” di cui siamo tutti consapevoli e che ad oggi dovrebbe essere colonna portante delle nostre azioni in campo medico scientifico.
Identificando gli ambienti in cui si può agire attraverso la scienza comportamentale, pos-
siamo dire che esistono diversi campi da includere.
È importante prima di tutto riuscire a declinare, all›interno dei vari settori che si occupano di salute, quali possano essere i diversi aspetti attraverso cui si può trattare l›argomento legato al Patient Access.
Ma quali sono gli ostacoli e le accezioni del Patient Access?
Il primo è sicuramente l’accesso ai farmaci e ai dispositivi medici.
Segue l’accesso al servizio sanitario in essere.
Siamo consapevoli che si sia creato un muro vero e proprio di persone che non possono permettersi di rivolgersi al privato e che provano l’attesa, a volte insostenibile delle liste pubbliche, trovandosi alla fine secondo, i dati dell’ISTAT, a dover rinunciare alle cure.
Degno di attenzione è anche il tema delle differenze territoriali di salute. Quello su cui va posta l’attenzione resta sempre la centralità del paziente soprattutto riguardo alla cronicità di determinate patologie e al percorso terapeutico individuale da sostenere, e in particolar modo in ambito pubblico.
Dunque, le differenze regionali e cittadine amplificano il problema.
Sebbene si stia andando verso una sanità digitale attualmente possiamo affermare che ci troviamo di fronte ad una anti-democratizzazione nel diritto alla salute, soprattutto in virtù del fatto che l’Italia non risulta ad oggi essere una Nazione in linea con la crescita e l’evoluzione tecnologiche.
Abbiamo un problema di rete fissa e satellitare, e se oggi il dilemma è lo spostamento, sicuramente la digitalizzazione in Italia non è ancora in grado di aiutarci, in quanto esiste un deficit all’interno del sistema delle infrastrutture.
Quello di cui c’è realmente bisogno è una reale democrazia digitale. Per poter comprendere quelle dinamiche che regolano il diritto alla salute per i cittadini, bisogna fare luce sulle motivazioni che hanno portato ad una mancanza effettiva all’interno del processo e nell’esperienza di educazione rivolta agli operatori sanitari. Che si tratti di resistenza all’uso degli antibiotici o di avanzamenti della ricerca in rapporto a giuste prescrizioni dei farmaci, e all’impatto reale che queste molecole possono avere sui pazienti, manca comunque una carta dei servizi che sia chiara ed in grado di permettere una linea di accesso alle cure che viaggi su di un nuovo modello organizzativo e più evoluto.
Quello che ci porta verso una definizione molto più ampia di Patient Access, è il poter realizzare quelle condizioni specifiche affinché una persona possa prendersi cura del proprio stato di salute.
Prima di ragionare sugli strumenti è importante comprendere però quali siano quelle modalità che portano alle soluzioni più idonee.
Affrontare quindi queste stesse dinamiche soprattutto all’interno delle realtà territoriali che sono tutte diverse tra loro.
Una soluzione potrebbe essere quella di una centrale operativa generale che possa essere raggiunta da tutti i pazienti.
Il Patient Access può essere poi visto anche attraverso l’eterogeneità stessa e la complessità del mondo del paziente. Questo è un altro aspetto che porta ad interrogarci sull’eticità delle soluzioni stesse.
Fare informazione è sicuramente la base da cui si dovrà partire. Resta comunque l’urgenza di definire sistemi, persone, logistiche, e centri di riferimento che facciano da supporto anche ad esempio a soggetti che soffrono di malattie rare. Non parleremo quindi soltanto di Patient Access, ma anche di Patient Journey, in rapporto a quella mancanza di informazione che riguarda oggi, in particolar modo, realtà oncologiche importanti, così come le malattie cardiologiche.
Deve essere trovato il modo più giusto per entrare in contatto con chi deve occuparsi della nostra salute. Non possono avere questo incarico sicuramente soltanto le Associazioni dei Pazienti, ma va invece stimolata la pubblica amministrazione a fare una giusta educazione di riferimento.
Questo ci porta alla necessità del superamento del Digital Gap come strada per raggiungere più velocemente una gran parte di popolazione.
Altra dinamica attraverso cui analizzare il Patient Access è attraverso l’ottica della prevenzione.
Le barriere tutt’oggi presenti e che ostacolano sia la prevenzione che la parte dell’educational sono ancora molto forti in Italia. Quello di cui siamo certi è che anche solo piccoli cambiamenti possono portare ad un grande impatto benefico sulla salute di tutti. La prevenzione però non è sempre facile da attuare, in quanto necessità della conoscenza delle reali dinamiche del cambiamento dei comportamenti e delle motivazioni alle scelte di stili di vita Ci vogliono quindi le giuste condizioni economiche, culturali e sociali per po-
ter imbastire un programma che si basi sul cambiamento delle abitudini di vita quotidiana.
Sappiamo che è in atto una crisi economica e l’alimentazione basata sulla vera qualità comprendiamo che sia più costosa; eppure, resta un fattore determinante per la nostra salute.
E se parliamo di informazione dobbiamo prima riferirci alla conoscenza, ossia il capire cosa ci è veramente utile e cosa invece no. Questo perché molte volte gli specialisti sono i primi a non essere informati nel modo più appropriato, così come anche i pazienti non sono informati nel modo in cui dovrebbero.
Oggi manca la conoscenza specializzata soprattutto in grado di portare il paziente dove è giusto che arrivi e nei tempi più brevi. Sul tema della prevenzione e della consapevolezza possiamo dire che non va quindi analizzato unicamente lo stile di vita o le dinamiche comportamentali, ma ciò che più preme oggi e cioè l’accesso ai servizi e la validità di questa accessibilità, che sicuramente vanno rivisitati.
Il valore di una data prestazione all’interno di una visita deve ritornare ai livelli qualitativi che spettano ad ogni cittadino. Non sono importanti solo le prestazioni quindi ma quei percorsi che definiscono la validità finale di una pratica terapeutica. Tocchiamo quindi il tema della sostenibilità che ci porta a sottolineare nuovamente il diritto di accesso all’innovazione, non soltanto tecnologica, e al riuscire a dare il giusto valore a ciò di cui e su cui andiamo informando i cittadini.
Recuperare quindi l’accesso all’informazione più giusta riguardo alle varie patologie e i sistemi di cura e prevenzione che le caratterizzano resta uno dei punti cardine da cui muoversi. Ottimizzando in questo modo le dinamiche si andrà creando una prima vera ed effettiva “cura” anche per il sistema sanitario nazionale.
Questo non vuol dire che sia sufficiente unicamente un approccio basato sulle istituzioni osul supporto innovativo tecnologico in merito al Patient Access, quello di cui c’è bisogno, così come dicono le scienze cognitive quando si cerca di analizzare e suggerire determinati comportamenti, è il saper conoscere il funzionamento della mente umana, per scandire un percorso che oltre ad essere giusto possa essere anche importante.
Questo perché un processo che cerchi di funzionare non solo ci consente di dare soddi-
sfacenti cure ai pazienti ma blocca anche l’esodo, a cui purtroppo stiamo assistendo già da diversi anni, verso altri territori e Paesi. Ci auguriamo quindi che si vada creando anche un ecosistema ed un network di attori che siano in grado di portare avanti il cammino della consapevolezza e della conoscenza dei modi per poter migliorare l’effettivo accesso, da parte dei pazienti, alle cure necessarie.
Il SECONDO INCONTRO
Il 14 settembre 2023 il gruppo di lavoro del PATT (Patient Access Think Tank) si è riunito nuovamente per portare avanti la discussione iniziata il 28 giugno sul tema del patient access e iniziare a definirne i contorni più strettamente operativi. Nel secondo incontro sono state affrontate tre aree tematiche significative:
• Area Tematica 1 -Contestualizzazione del tema del patient access all’interno del panorama nazionale e globale: è stata sottolineata l’importanza preliminare di ricostruire il contesto completo e approfondito all’interno del quale si collocano le sfide e le opportunità legate all’accesso dei pazienti ai servizi sanitari. Risulta quindi fondamentale comprendere come il concetto di “patient access” sia influenzato da fattori di “sistema” strutturali e organizzative non solo locali e su come queste dinamiche possano plasmare la discussione e le soluzioni proposte dal think tank nel momento in cui si passa agli aspetti operativi e alle proposte di soluzioni da implementare.
• Area Tematica 2 – Individuazione dei temi di maggiore rilevanza rispetto ai quali proporre soluzioni operative: il gruppo di lavoro ha iniziato poi a circoscrivere quelle che sono le aree che necessitano di un intervento prioritario e rispetto alle quali si impegna a proporre soluzioni operative da sottoporre alle sedi istituzionali. In particolare, sono stati individuati come temi prioritari l’accesso fisico dei pazienti ai servizi sanitari, comprendente la spinosa questione delle liste d’attesa e la necessità di proposte attuabili per favorire la continuità assistenziale sul territorio. Accanto ad essi, il tema dell’allocazione delle risorse finanziare per garantire equità e qualità nell’accesso e il tema dell’accesso all’innovazione scientifica e tecnologica,
rispetto al quale risulta prioritario affrontare gli aspetti legati alla privacy e alla sensibilità dei dati.
• Area Tematica 3 – Definizione della tipologia di documento e target di destinazione: il gruppo è stato poi chiamato a ragionare sulla definizione del documento finale e del suo pubblico di destinazione. A tal proposito, è stata sottolineata l’importanza di formalizzare il gruppo come task force con struttura definita per conferire maggiore autorevolezza al documento, che a sua volta dovrà esser agile, chiaro e pragmatico. Dal punto di vista del target istituzionale, sono stati invece identificati interlocutori in particolare a livello regionale, come i presidenti delle Regioni e AGENAS, quali punto di partenza strategico per l’implementazione delle raccomandazioni. Tuttavia, non è stata esclusa la possibilità di rivolgersi anche al Ministero della Salute per un’azione a livello nazionale.
Di seguito descritti più in dettaglio i temi chiave relativi a ciascuna area.
Area Tematica 1 - Contestualizzazione del tema del patient access all’interno del panorama nazionale:
1) Impatto dell’inflazione e crisi economica: comprensione di come l’inflazione e la crisi economica influenzino il finanziamento e la gestione del sistema sanitario nazionale, e importanza dell’identificazione di strategie per mitigarne gli effetti.
2) Sostenibilità finanziaria: Approfondimento sull’importanza di una gestione finanziaria sostenibile del sistema sanitario, compreso il ruolo delle politiche di spesa pubblica.
3) Cambiamento climatico e salute: analisi delle connessioni tra cambiamento climatico, perdita di biodiversità e salute umana, e importanza dello sviluppo di soluzioni per affrontare le sfide sanitarie associate, come l’aumento delle malattie tropicali e delle ondate di calore.
4) Migrazioni climatiche: necessità di gestire il fenomeno delle migrazioni climatiche e identificare approcci per governare l’afflusso di individui costretti a fuggire dalle regioni colpite dai mutamenti ambientali.
5) Declino demografico e invecchiamento della popolazione: studio dell’impatto del
declino demografico e dell’invecchiamento della popolazione sulla domanda di servizi sanitari e sul personale sanitario.
6) Carenza di posti letto negli ospedali: esame delle cause della carenza di posti letto negli ospedali e necessità di identificazione di soluzioni per adeguare le strutture sanitarie alle esigenze della popolazione.
7) Crisi del personale sanitario: necessità d fronteggiare il problema della crisi del personale sanitario, inclusi medici e infermieri, e sviluppare proposte per migliorare la qualità del lavoro.
Area Tematica 2 - Individuazione dei temi di maggiore rilevanza rispetto ai quali proporre soluzioni operative:
8) Prevenzione e promozione della salute: strategie per promuovere comportamenti salutari e prevenire malattie, inclusi programmi educativi e iniziative di coinvolgimento delle comunità.
9) Accesso fisico ai servizi sanitari e gestione delle liste d’attesa: necessità di transizione da una logica prestazionale a un approccio di cura integrato e continuativo. Affrontare la questione delle liste d’attesa e della continuità assistenziale sul territorio, esplorando soluzioni come l’implementazione di figure di tutor per pazienti complessi.
10) Accesso all’innovazione scientifica e tecnologica: adozione delle tecnologie digitali nella gestione dei pazienti, inclusa la gestione dei dati sensibili, e proposte per consentire un accesso equo ed efficace all’innovazione.
Area Tematica 3 - Definizione del tipo di documento e target di destinazione:
Di seguito verranno riassunti i temi chiave relativi a ciascuna area.
1) Formalizzazione del gruppo: importanza della costituzione formale del gruppo di lavoro del think tank per conferire maggiore autorevolezza al documento finale.
2) Struttura del documento finale: discussione sulla struttura del documento finale e preferenza per la modularità del documento in modo da affrontare diverse tematiche in modo specifico e graduale.
3) Coinvolgimento delle associazioni e della comunità: possibilità di coinvolgimento nella definizione e nell’attuazione delle soluzioni proposte tramite survey da sottoporre ad associazioni pazienti e alla comunità
4) Comunicazione e diffusione delle soluzioni: identificazione della modalità più efficace di comunicazione delle soluzioni proposte dal gruppo e dei mezzi per la diffusione
5) Identificazione del pubblico: definizione del target nelle istituzioni a livello regionale, in particolare presidenti delle Regioni e AGENAS, senza escludere la possibilità di produrre versioni diverse del documento da sottoporre a livello ministeriale o da diffondere alla comunità più ampia di addetti ai lavori tramite riviste di settore.
AREE DI INERVENTO PRIORITARIE

Il TERZO E QUARTO INCONTRO
Il 23 ottobre 2023 e l’8 marzo 2024 infine il gruppo di lavoro del PATT (Patient Access Think Tank) si è riunito per discutere i risultati preliminari dell’indagine Delphi condotta tra i membri del gruppo al fine di circoscrivere le tematiche più rilevanti in termini di accesso del paziente ai servizi sanitari (il terzo incon- tro) e definire in maniera condivisa la visione strategica da proporre nelle sedi istituzionali definite (quarto incontro).
L’indagine Delphi ha richiesto ai partecipanti di valutare in termini di importanza,urgenza e priorità di intervento le tematiche emerse nel corso degli incontri precedenti, ottenendo i risultati riportati di seguito.
Valutazione d’importanza – le tre tematiche relative al patient access valutate come maggiormente importanti sono state:
1. Gestione delle liste d’attesa
2. Potenziamento della telemedicina e dei servizi di assistenza domiciliare e creazione di protocolli di assistenza integrata
3. Potenziamento dell’interoperabilità in sanità digitale per ridurre la frammentazione dei dati dei pazienti
IMPORTANZA DEI TEMI IN AGENDA

Valutazione d’urgenza – le tre tematiche relative al patient access a cui è stata attribuita urgenza maggiore sono state:
1. Riprogettazione del SSN a livello territoriale con servizi capillari e attraverso collaborazioni con il MMG
2. Gestione delle liste d’attesa
3. Potenziamento della telemedicina e dei servizi di assistenza domiciliare e creazione di protocolli di assistenza integrata
URGENZA DEI TEMI IN AGENDA

Le precedenti valutazioni hanno portato infine alla definizione di tre tematiche a cui è stata attribuita dai rispondenti priorità massima di intervento nel campo del miglioramento ed efficientamento del patient access, espresse nel seguente ordine:
1. Potenziamento dell’interoperabilità in sanità digitale per ridurre la frammentazione dei dati dei pazienti
2. Gestione delle liste d’attesa
3. Potenziamento della telemedicina e dei servizi di assistenza domiciliare e creazione di protocolli di assistenza integrata
Il dibattito successivo, si è concentrato intorno alle possibili soluzioni e strategie da proporre per far fronte a questi temi, concentrandosi in particolare intorno alle seguenti aree di discussione:
• Definizione di una visione strategica: si è sottolineata la necessità di ragionare rispetto ai temi emersi come prioritari in termini di visione strategica, anziché concentrarsi strettamente sugli aspetti operativi e su azioni isolate che resteranno di competenza delle singole realtà territoriali. In quest’ottica, le tematiche prioritarie relative al patient access dovranno essere affrontate intervenendo sulle cause profonde che le determinano e che occupano una posizione di anteriorità rispetto all’effettivo concretizzarsi della problematica.
• Circoscrizione delle aree tematiche: sulla base dei risultati dell’indagine Delphi, gli ambiti di intervento su cui elaborare questa visione, sono stati individuati nella gestione delle liste d’attesa, nel potenziamento del rapporto ospedale-territorio e nella ristrutturazione dell’accesso al pronto soccorso.
• Nuovo modello di presa in carico: è stata sottolineata la necessità di promuovere un nuovo modello di presa in carico, definendo un nuovo modo strategico con cui il paziente debba relazionarsi al sistema. Ciò può essere fatto partendo da una ricostruzione del patient journey ideale del paziente che aiuti ad identificarne le barriere e gli snodi critici, sfruttando le opportunità del PNRR e del DM77 per risolverli.
• Health Literacy ed educazione del paziente: la creazione di servizi accessibili e l’educazione della popolazione sono stati considerati aspetti complementari da affrontare congiuntamente. Si è sottolineata in particolare l’importanza dell’educazione alla salute e della riduzione del gap di accessibilità, in particolare in un Paese come l’Italia con un’ampia popolazione anziana. Potenziare la comunicazione e intervenire sull’educazione del paziente diventano in quest’ottica punti strategici per aumentare la consapevolezza e conoscenza dei servizi da parte dei pazienti.
• Gestione delle liste d’attesa: necessità di ristrutturare l’approccio prestazionale con cui si guarda al percorso di cura del paziente, depotenziando la centralità dell’ospedale a favore di un maggiore coinvolgimento e interscambio con il territorio e il medico di medicina generale.
• Gestione degli accessi al Pronto Soccorso: è stata identificata come prioritaria la necessità di promuovere un nuovo modello di gestione del triage, ristrutturando il percorso del paziente nell’accesso al pronto soccorso. In particolare, un nuovo approccio potrà basarsi sul potenziamento della comunicazione ospedale-territorio, rinviando il paziente presso strutture territoriali diverse o passando per il coinvolgimento del MMG. A questo tema, come al precedente, si ricollega quello dell’inappropriatezza dell’utilizzo dell’ospedale da parte del cittadino, imputabile alla disinformazione da parte del sistema e alla scarsa territorializzazione dei servizi.
• Applicazione effettiva di strumenti esistenti: è stata sottolineata l’importanza dell’effettiva implementazione di molti strumenti elaborati a livello teorico e sistemico, ma che trovano ad oggi ancora scarsa applicazione. Il riferimento, in questo caso, è a strumenti come le Case della Salute o i Percorsi Diagnostico-terapeutici assistenziali, la cui implementazione porterebbe un consistente aiuto anche rispetto al tema della gestione delle liste d’attesa.
Come anticipato i partecipanti del Think Tank hanno preso parte ad un’indagine Delphi, realizzatasi tra settembre e ottobre 2023 con l’obiettivo di differenziare gli argomenti e le situazioni legate al patient access in termini di urgenza e importanza. La selezione e classifi-
cazione è stata redatta secondo un approccio operativo, che considera come prioritari temi rispetto ai quali è possibile identificare e proporre delle soluzioni implementabili nel contesto attuale. Tali temi, frutto di selezione critica, sono stati dunque successivamente discussi in modo approfondito negli incontri seguenti del percorso, con l’obiettivo ultimo di
DELPHI METHOD

definire delle soluzioni operative. In particolare, le diverse tematiche sono state raggruppate all’interno di 4 aree di intervento prioritarie:
• Prevenzione e promozione della salute e dei comportamenti
• Carenza di risorse economiche dedicate sulla base dei bisogni
• Accesso fisico ai servizi sanitari e sociosanitari
• Accesso all’innovazione scientifica, tecnologica e organizzativa
Tra esse, è stata l’area delle problematiche legate all’accesso dei pazienti all’assistenza sociosanitaria ad emergere come quella comprendente le tematiche di carattere più urgente e importante in ottica operativa. La scelta di adottare due diversi criteri di valutazione ha l’obiettivo di invitare i partecipanti ad un’analisi dei temi attraverso due lenti di interpretazione spesso sovrapposte. Da un lato, infatti, è stato richiesto di valute la problematica in termini di rilevanza e priorità a lungo
termine, identificando le questioni che hanno un impatto maggiore sul sistema sanitario osulla qualità di vita dei pazienti. Dall’altro, è stato chiesto di valute anche in termini di urgenza le stesse tematiche, sottolineando al contrario l’aspetto della necessità immediata di affrontare un problema. Con questo criterio di valutazione, i partecipanti sono stati portati a riflettere sulle questioni che necessitano di una maggiore rapidità di azione, per rispondere ad una situazione critica attuale o anche per prevenire un suo eventuale peggioramento. I due criteri possono portare quindi al raggiungimento di risultati sovrapponibili, classificati come e importanti e urgenti, oppure rispondenti ad una sola delle categorie.
In particolare, in termini di importanza dei temi in agenza è stato attribuito un livello di priorità superiore ai seguenti ambiti:
• Gestione delle liste d’attesa
• Potenziamento della telemedicina e dei servizi di assistenza domiciliare e creazio-
ne di protocolli per l’assistenza integrata
• Potenziamento dell’interoperabilità in sanità digitale per ridurre la frammentazione dei dati dei pazienti
Per quanto riguarda invece la classificazione delle tematiche in termine di urgenza, si è registrata una parziale sovrapposizione, con le seguenti tematiche identificate:
• Riprogettazione del SSN a livello territoriale con servizi capillare e attraverso la collaborazione con MMG
•Gestione delle liste d’attesa
•Potenziamento della telemedicina e dei servizi di assistenza domiciliare e creazione di protocolli per l’assistenza integrata
La presenza in particolare di due di queste tematiche in entrambe le classifiche (gestione delle liste d’attesa e potenziamento della telemedicina e dell’assistenza domiciliare integrata) sottolinea quanto esse rappresentino delle questioni di massima priorità nell’agenda operativa dei decisori, in quanto caratterizzate, insieme al tema del potenziamento dell’interoperabilità, dal più alto indice di priorità di intervento e di fronte alle quali è necessario dunque individuare soluzioni azionabili nel breve termine. L’identificazione finale di queste tre tematiche come prioritarie in
senso assoluto è stata effettuata dai partecipanti valutando i primi tre problemi in ordine di priorità di intervento, considerata l’effettiva applicabilità delle soluzioni possibili. Oltre all’identificazione, infatti, l’indagine si è posta l’obiettivo di identificare in forma preliminare alcune delle possibili soluzioni per evitare o risolvere tali problematiche di accesso, sulla cui base sono state formulate negli incontri successivi delle proposte approfondite. Guardando al primo tema con indice totale di priorità più alto, ovvero la Gestione delle liste di attesa, le proposte presentate sono state in particolare: 1) Efficientamento della presa in carico integrata e continuativa del paziente; 2) Supporto della tecnologia e dell’IA nell’alleggerire il carico prestazionale, tramite selezione dei criteri di appropriatezza. Guardando al secondo tema emerso come complessivamente prioritario, il Potenziamento dell’interoperabilità in sanità digitale per ridurre la frammentazione dei dati dei pazienti, le proposte di soluzione hanno in questo caso riguardato 1) Armonizzazione dei sistemi digitali di accesso e di registrazione dei pazienti; 2) Velocizzazione dei processi di digitalizzazione del SSN es. FSE, anagrafe vaccinale. Guardando infine al tema del Potenziamento
INDICE DI PRIORITA’ DI INTERVENTO SUI PROBLEMI DI ACCESSO DEL PAZIENTE

della telemedicina e dei servizi di assistenza domiciliare e creazione di protocolli per l’assistenza integrata, le proposte di soluzione dei partecipanti possono essere sintetizzate in 1) Creazione di un protocollo, educazione dell’utenza e diffusione di dispositivi per il monitoraggio domiciliare dei pazienti; 2) Attivazione di sistemi integrati sociosanitari e di modelli integrati di pianificazione sociosanitaria. Infine, un ulteriore approfondimento è stato richiesto sul tema delle tecnologie digitale, e su quale sia in particolare quella più rilevante per la sostenibilità del SSN nell’ambito dell’ambulatorio e dell’ospedale. Guardando al contesto ambulatoriale, ad emergere nelle prime posizioni sono state:
1)Ottimizzare i temi di visita del medico tramite la somministrazione di un questionario digitalizzato in sala d’aspetto che alimenta la cartella clinical del medico con le informazioni di base necessarie alla visita, prima di entrarvi
2)Suggerire al medico possibili alternative terapeutiche in funzione del profilo del paziente e possibili interazioni farmacologiche tramite l’uso di pop up o di avatar conversazionali
3)Suggerire al medico la possibilità di ulteriori visite diagnostiche o specialistiche in
funzione del rischio del paziente, tramite l’uso di pop-up o avatar conversazionali Guardando infine al contesto ospedaliero, le proposte digitali emerse come più rilevanti in ottica di sostenibilità sono state: 1) Assicurarsi la reperibilità di apparecchiature e attrezzature tramite sistemi di localizzazione e tracciatura ospedaliere 2) Ridurre il numero di visite inappropriate al pronto soccorso, tramite l’uso di un’applicazione di triage automatizzato 3) Ridurre i tempi di attesa in sala d’aspetto per le visite specialistiche tramite un’applicazione per la presa di appuntamenti e orario online.
Nel suo complesso, dunque, l’indagine ha avuto il duplice vantaggio da un lato di supportare nell’identificazione delle problematiche più cruciali per il sistema sanitario, ordinandole e classificandole secondo criteri distinti, ma ha rappresentato anche un punto di partenza fondamentale per la progettazione successiva all’interno del gruppo di proposte operative per il miglioramento dell’accesso dei pazienti ai servizi sanitari in Italia.
SOLUZIONI PER EVITARE O RISOLVERE PROBLEMI DI ACCESSO


4.5.1 LA SANITÀ ITALIANA E L’ACCESSO DEL
PAZIENTE IN UN CONTESTO DI CRISI GLOBALE
di WALter ricciArdi
1.Riflessioni sul servizio sanitario nazionale in un mondo in tempesta
Di seguito, verrà presentata una panoramica delle sfide che l’Italia si trova oggi ad affrontare, in ambiti diversi ma che si legano indistricabilmente all’area della salute pubblica. I dati proposti di seguito sono frutto di un’analisi compiuta dal 2018 al 2022 e presentati in occasione del 17th World Congress on Public Health (WCPH) dal titolo “A World in Turmoil: Opportunities to Focus on the Public’s Health” organizzato dalla World Federation of Public Health Associations (WFPHA) in collaborazione con la Società Italiana di Igiene Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI) e le Associazione delle Scuole di Salute Pubblica nella Regione Europea (ASPHER).
Attualmente la società globale è colpita da 3 fenomeni, che è possibile immaginare come delle ondate in ordine crescente di ampiezza e che sono la crisi economica, il cambiamento climatico e il collasso della biodiversità, a cui negli ultimi anni se ne è aggiunta una quarta subordinata alle precedenti, ovvero quella della pandemia del Coronavirus. Quest’ultima ha impartito molte lezioni sullo stato di salute delle nostre istituzioni sanitarie, nonché su molteplici aspetti che riguardano in generale il nostro modo di gestire la vita e di stare all’interno della società. A tal proposito, Edgar Morin nel suo testo “Cambiamo strada. Le 15 lezioni del Coronavirus”19, aveva inquadrato alcuni tra i grandi insegnamenti della pandemia, come delle lezioni sulla condizione umana, sull’incertezza delle nostre vite, sull’importanza della solidarietà, dell’uguaglianza sociale, ma anche sulla diversità nella gestione dell’epidemia da parte dei diversi Paesi, sulla natura di una crisi, sulla scienza e sulla medicina. Tuttavia, ad oggi
19 Morin, E. Cambiamo strada. (2020). Le 15 lezioni del Coronavirus. Milano: Raffaello Cortina Editore
la maggior parte della popolazione sembra aver dimenticato questi insegnamenti, e ci si sta nuovamente illudendo di poter continuare ad agire come si è sempre fatto. Ciò, tuttavia, comincia a scontrarsi con delle evidenze che riguardano in particolare aspetti economici, soprattutto in Italia, e che portano con sé inevitabili ripercussioni sulla sanità pubblica. L’Italia è un Paese unico da molti punti di vista, se guardiamo alla situazione economica: attualmente, infatti, il Paese attraversa il livello più alto di indebitamento dall’inizio della sua storia, con un debito che non era stato raggiunto neanche durante la II Guerra Mondiale. L’Italia ha superato infatti il 150% di debito sul PIL e nell’ultimo anno soltanto ha quasi raddoppiato il fabbisogno pubblico. Con il PNRR l’indebitamento è aumentato ulteriormente e per la prima volta l’Italia è passata da un Paese contributore, che restituiva, cioè, più di quanto richiedeva all’Unione Europea, ad un Paese percettore netto, e cioè “debitore”, al pari dei Paesi dell’Est, con un prestito ottenuto di circa 122 miliardi a fronte di sovvenzioni pari a circa 69 miliardi.
Ciò ha avuto e sta avendo sulla popolazione degli effetti catastrofici. Quelle ondate menzionate, e soprattutto la crescente inflazione a livello mondiale, hanno portato infatti, secondo dati ISTAT20, un aumento in termini di costo delle seguenti categorie di beni e servizi tra dicembre 2021 e 2022:
• Generi alimentari e bevande: +13,1%
• Abitazione, acqua e elettricità: +54,5%,
• Trasporti: +9,6% nel 2021, +6,2% nel 2022
e un aumento medio dei prezzi al consumo nel 2023 del 5,7%21
20 ISTAT, 2022. Beni al consumo. Dati definitivi dicembre 2022. Data di pubblicazione: 17 gennaio 2023
21 ISTAT, 2023. Beni al consumo. Dati definitivi dicembre 2023. Data di pubblicazione: 16 gennaio 2024
Si sta assistendo dunque negli ultimi anni ad un’esplosione del costo dei beni di consumo, con un’inflazione caratterizzata anche dalla correzione dei tassi di interesse della Banca Centrale Europea che a luglio 2023 era pari al 4.25%, seppure adesso parzialmente rientrati. Questi tassi e questa inflazione, si scontrano tuttavia con altri fenomeni economici, come il blocco salariale che vede le remunerazioni degli italiani tra le più basse in assoluto nei Paesi considerati “ricchi”. Se si confronta, infatti, il salario netto medio mensile degli Italiani con quello degli altri Paesi, l’Italia si posiziona al 31° posto nella classifica mondiale: con un salario mensile netto medio pari a 1.724 $ e inferiore ad esempio a Spagna, Francia, Austria o Svezia. L’Italia risulta, dunque, un Paese a basso reddito, in cui gli italiani ad oggi guadagnano come nel 1991 e dove la ricchezza individuale si riduce sempre di più. È importante notare come non ci sia altro Paese che abbia registrato questa dinamica salariale, e questo dato va messo anche in relazione con l’assenza di un salario orario minimo, fenomeno che colloca l’Italia come l’unico tra i grandi Paesi del mondo a non averlo. Questa condizione si scontra ulteriormente con altri dati relativi al costo della vita in Italia, dove il mantenimento di un appartamento di 85 mq costa più che nei Paesi “ricchi”, e che è in assoluto il paese più caro dell’OCSE per il pagamento dell’elettricità, nonché tra i più cari in Europa per il prezzo della benzina al litro, preceduto solo da Grecia, Danimarca e Olanda.
Inoltre, in Italia si registra anche un altro fenomeno, ovvero quello dell’impoverimento della media borghesia, fenomeno incarnato da due esempi paradigmatici: in primis, tra i nuovi poveri figurano gli insegnanti scolastici che risultano avere un potere di acquisto inferiore alla media europea e superiore esclusivamente a Lettonia, Grecia, Slovacchia, Estonia e Grecia. È così che trovano spiegazione fenomeni a cui si assiste oggi in Italia, come la pubblicazione di bandi rivolti ad insegnanti per posti pubblici a tempo indeterminato in Regioni come l’Emilia-Romagna, e che rimangono tuttavia scoperti in quanto il costo della vita non sarebbe sostenibile in relazione al salario ricevuto. Un’altra categoria “protagonista” di queste stesse dinamiche è quella degli operatori sanitari, in particolare gli infermieri. Anche in questo caso, si assiste ad un 15% di posti vacanti nei concorsi pubblici, specialmente nelle Regioni del nord, per le
stesse motivazioni, associato ad un fenomeno di emigrazione dei professionisti sia interno, verso il Sud del Paese, che esterno verso paesi come l’Arabia Saudita o la Svizzera.
Quanto descritto è dunque la premessa di uno sfaldamento economico, anche in considerazione del ritorno del patto di stabilità dal 2024 e che vincola il Paese a rientrare di quel debito pubblico, per ridurre l’enorme squilibrio acquisito.
Accanto alla situazione economica, ci sono altre ondate che la popolazione percepisce, ma che si continua ancora largamente ad ignorare: si tratta di quelle del cambiamento climatico e della biodiversità. António Guterres, segretario generale dell’ONU, ha dichiarato che “siamo entrati in un’era di ebollizione globale”, sulla base di dei dati di un pannello intergovernativo IPCC che da anni monitora con i migliori scienziati al mondo l’evoluzione del cambiamento climatico. È perciò importante e più che mai urgente iniziare a mitigare gli effetti di questo fenomeno attraverso, in primis, l’informazione climatica: l’analfabetismo ambientale, e nella fattispecie climatico, ha infatti profonde implicazioni sulla quotidianità, portando la popolazione ad ignorare omistificare i segnali di tali cambiamenti, e a perpetuare di conseguenza comportamenti errati. Anche in questo campo, le azioni intraprese non sono ancora sufficienti e anche l’azione politica e gli accordi internazionali mostrano i loro limiti. Se si guarda alle ultime conferenze sul clima, il trattato di Parigi auspicava che per la stabilità del Pianeta non si dovesse superare un aumento di +1,5 °C rispetto all’epoca preindustriale, limite che è stato tuttavia oltrepassato già nell’estate del 2023, mostrando l’inefficacia degli accordi che si sono succeduti negli anni, partendo da Kyoto, Copenaghen, poi Parigi e infine Glasgow, oltre il quale non ci sono stati più altri accordi.
Come evidenziato dal primo fra gli studi di questo tipo, condotto dallo University College of London e pubblicato nel 2022 sull’Enviromental Research Letters22, inevitabilmente l’innalzamento delle temperature è collegato ad un aumento significativo della mortalità, specialmente tra le categorie più fragili. Altri dati allarmanti arrivano in relazione alla concentrazione di combustibili fossili nell’aria, 22 Huang, W.T.K, Braithwaite, I., Charlton-Perez, A., Sarran, C., Sun, T. (2022). Non-linear response of temperature-related mortality risk to global warming in England and Wales, Enviromental Research Letters, 17, 034017.
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i quali entrano in atmosfera ad un’entità mai registrata in milioni di anni, con una concentrazione di CO2 che ha superato i livelli di sicurezza già nel 1990, e che nell’agosto 2023 è risultata pari a 419,6 ppm. Accanto a questi fenomeni, l’intensificazione dello scioglimento dei ghiacciai, al quale corrisponde un innalzamento della temperatura degli oceani mai registrata prima: nel 2023 la superficie del Pacifico ha toccato il record di 33°C, con conseguenze drammatiche immaginabili in termini di biodiversità.
L’impatto negativo derivante dal cambiamento climatico continuerà ad intensificarsi nelle generazioni future e chi nasce oggi vivrà sempre con questa alterazione della temperatura globale. Si può avere un’indicazione forte di ciò a cui l’uomo va incontro, basandosi su ciò che avviene nell’emisfero meridionale: sono frequenti negli ultimi anni ondate di caldo eccezionale invernale, con temperature in Argentina e in Australia che sono arrivate a raggiungere i 30°. L’aumento delle temperature porta con sé anche altre conseguenze. Da un lato, ha ripercussioni dirette in termini epidemiologici, portando, ad esempio, alla crescita di germi veicolati dalle zanzare: mentre infatti in condizioni di stagioni alternate durante l’inverno il loro ciclo di trasmissione veniva interrotto, adesso non incontra più ostacoli, ed è in quest’ottica che va letta anche la moltiplicazione di casi di febbre Dengue in Italia.
Dall’altro è necessario mettere in relazione tali trasformazioni del clima con un fenomeno che assumerà sempre più rilievo nei prossimi anni, ovvero quello delle migrazioni climatiche. Come è facilmente intuibile, l’innalzamento delle temperature ha infatti implicazioni ancora maggiori in Paesi come quelli africani, e porterà ad un ulteriore aumento della pressione migratoria, con un numero di migranti che entro il 2050 arriverà fino a 86 milioni, tra coloro che provengono dall’Africa Subsahariana, 17 milioni dall’America Latina e 40 milioni dal Sud dell’Asia. Di conseguenza, un fenomeno di tale entità necessiterà di una gestione orientata da un approccio strategico e strutturale, piuttosto che emergenziale.
Le considerazioni fatte fino ad ora portano ad affrontare l’ultima ondata che l’uomo si trova oggi a fronteggiare: il collasso della biodiversità. Come ammonito dallo scienziato e documentarista David Attenborough, aumen-
tando la nostra pressione sul Pianeta, stiamo oltrepassando dei tipping points climatici: negli ultimi 50 anni, infatti, la popolazione mondiale di vertebrati è diminuita circa del 60% a causa dell’uomo, mentre quella degli insetti dell’80%, come riporta il rapporto annuale sulla biodiversità del WWF del 201823
Nonostante questi dati drammatici, ci sono azioni che è possibile intraprendere per imprimere una svolta positiva al percorso. Lo scenario complesso che è stato tratteggiato necessita di soluzioni altrettanto complesse. In primis, è necessario riconoscere l’universalità e la trasversalità del problema attraverso le generazioni, consapevolezza che deve portare alla creazione di un’alleanza tra le generazioni precedenti e la generazione Z. È infatti limitante considerare la presente soltanto come una crisi climatica, mentre è evidente che siamo davanti ad un fenomeno molto più profondo, che coinvolge estinzioni di massa, inquinamento dell’aria, danneggiamento dei sistemi funzionali e che mette in definitiva a rischio la salute dell’uomo e l’umanità stessa.
2.È ancora possibile una sanità universalistica?
Date tali premesse, è lecito dunque chiedersi: è ancora possibile una sanità universalistica in questo contesto? Per rispondere a tale domanda, si possono prendere in considerazione i dati che tradizionalmente in sanità pubblica inquadrano i sistemi sanitari, ovvero la demografia che inquadra i bisogni di salute e l’epidemiologia, che determina la domanda. Si considera qui sotto l’appellativo di “sistemi sanitari”, sia le strutture sanitarie (ospedali, posti letto, etc), che il personale sanitario e le risorse finanziarie, logistiche e tecnologiche.
Guardando al primo ambito, quello demografico, si registra in Italia negli ultimi decenni una importante tendenza alla riduzione della popolazione, a cui contribuisce in modo preponderante il calo delle nascite, con una riduzione del 30% dal 2008 al 2020, a cui si aggiunge un tasso di fecondità in costante declino (da quota 2 alla fine degli anni ’70 a 1,24 del 2020). Ciò fa sì che negli ultimi 50 anni l’invecchiamento della popolazione italiana sia
23 WWF, Comunicato stampa del 30/10/18 intitolato “La popolazione di vertebrati si è ridotta del 60% a causa dell’uomo”.
stato uno dei più rapidi tra i paesi maggiormente sviluppati. Guardando al futuro prossimo, si stima che nel 2050 la quota di persone over 65 arriverà a quasi il 36% della popolazione totale e che già nel 2030 sarà pari al 33%, della popolazione, di cui 3,5 milioni non autosufficienti, contro i 2 milioni attuali.
Correlato a questi dati, è dunque il decremento costante, avviatosi a partire dagli anni ’90, a cui è soggetta la popolazione residente in Italia, con ulteriori diminuzioni attese nel medio lungo termine: nel 2030 la popolazione italiana sarà pari a circa 58 milioni, numero che calerà a 54 milioni nel 2050 e fino a 47,6 milioni nel 2070.
Una conseguenza di questi cambiamenti nella struttura sociale è evidente nelle trasformazioni che coinvolgono la conformazione della famiglia media italiana. Negli anni ‘70, periodo in cui è stato fondato il SSN, la famiglia media era composta da 2 figli, 2 genitori e 3 nonni: ad oggi la struttura famigliare è profondamente cambiata e vede come componenti 1 figlio, 2 genitori, 4 nonni e 2 bisnonni, una struttura familiare non compatibile con il sistema di welfare e l’economia del Paese. Inoltre, l’invecchiamento della popolazione italiana porta inevitabilmente ad un aumento delle malattie croniche: il 40% dei cittadini è affetto ad oggi da condizioni di cronicità, come ipertensione, obesità, sovrappeso o diabete, e tra di essi, come sopra menzionato, 2 milioni di persone non sono ad oggi autosufficienti.
Passando ai dati sulle strutture e i servizi sanitari, guardando al fronte ospedali, si registra ad oggi una netta e progressiva riduzione dei posti letto in ambito ospedaliero, con valori italiani per 1000 abitanti al 2018 tra i più bassi d’Europa, con 3,1 posti letto a fronte di una media europea di circa 5, un gap ancor più evidente se confrontato con il valore tedesco (8) e francese (5). Queste numeriche risultano largamente insufficienti per rispondere alle esigenze di ricoveri. Guardando ad un’evoluzione di questo dato negli ultimi decenni, si è passati da 5,8 posti letto per 1000 abitanti nel 1988 a 3,4 nel 2021 e infine 3,1 nel 2018, valore che scende al di sotto del 3 per la quasi totalità delle Regioni del Sud. Oltre ad un aumento della capacità delle strutture sanitarie, è necessario inoltre un ammodernamento a livello infrastrutturale e tecnologico. Facendo riferimento agli ospedali, ad esem-
pio, Il 60% delle strutture ha più di 40 anni e la metà è di dimensioni troppo piccole con conseguenti problemi di sicurezza e di scarsa efficienza per pazienti e operatori. A questo quadro, si aggiunge la questione delle normative, che vede ad oggi l’80% delle strutture non a norma per le leggi antisismiche. Guardando poi i dati sul personale sanitario, l’Italia presenta una disponibilità di operatori sanitari per 10.000 abitanti pari a 97,4, circa 37,7 operatori in meno per 10.000 abitanti rispetto all’Austria, Paese che si afferma best performer in Europa. Tale valore si è ridotto nell’ultimo decennio a causa di un blocco del turnover generalizzato, in modo particolare nelle Regioni in piano di rientro, ma anche del contenimento delle assunzioni e dell’imbuto formativo causato dall’esiguo numero di borse di specializzazione per i neolaureati in medicina. A tale scenario si aggiunge l’incremento dell’età media del personale sanitario e che vede l’Italia, insieme alla Germania, come detentrice del primato di medici nella fascia di età 55-64 anni, con il 53,3% dei medici over 55, valori lontani non solo dalla media UE, ma anche dalla media dell’OCSE che è del 34%. Tale situazione è da attribuirsi ad un pensiero strategico assolutamente debole, che porta ad un’assenza di programmazione e ad un’incapacità organizzativa, che ha contribuito ad esacerbare anche fenomeni come la migrazione professionale all’estero. Le cause principali sono rinvenibili nella bassa remunerazione, in riforme pensionistiche che accentuano l’effetto demografico della gobba pensionistica e nel blocco formativo per le scuole di specializzazione. Osservando nello specifico i dati su medici e infermieri, dal 2010 il SSN ha perso circa 40.000 dipendenti per pensionamento o emigrazione. In particolare, dopo la perdita di circa 3.000 Medici di Medicina Generale tra il 2013 e il 2019, la corsa ai pensionamenti ne prevede circa 35.000 entro il 2027, nonché una carenza di oltre 47.284 medici del SSN a cui si aggiunge una carenza attuale di circa 53.000 infermieri.
Passando al fronte della spesa sanitaria, nel periodo 2009-2018 essa ha registrato un aumento percentuale del 10%, incremento tuttavia esiguo che non compensa l’inflazione e complessivamente non adeguato rispetto alla popolazione e ai suoi bisogni. Questo valore risulta ancora più insufficiente se confrontato, non solo con la media Europea, ma anche con la media OCSE, che ha registrato un aumento medio del 37%. La quota di fi-
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nanziamento della sanità in rapporto al PIL è inoltre diminuita dal 6,8% nel 2014, al 6,5% nel 2019 ed è prevista una diminuzione al 6,2% nei prossimi anni. La riduzione delle risorse per esigenze di finanza pubblica ha comportato negli anni un effetto a catena disastroso, con una perdita di strutture pubbliche, una crescente contrazione del personale e una diseguale qualità e sicurezza dell’assistenza sanitaria, con ridotta accessibilità alle cure e persistente polarizzazione tra le Regioni. Considerando la spesa sanitaria pro capite, il valore italiano di 2.473 € è inferiore rispetto ai principali Paesi europei, con differenze importanti rispetto sia a Paesi come Francia e Germania, che alla media OCSE che è di 2.572 €. Il dato assoluto del SSN è pari a 2.609 €, inferiore non solo a Paesi con modelli assicurativi-sociali, ma anche a molti Paesi con servizi sanitari nazionali.
Da un’indagine sulla salute degli italiani condotta in Italia24 nel 2023 su un campione di oltre 1000 rispondenti, emerge che anche gli stessi cittadini individuino tra i problemi più urgenti da risolvere nel prossimo quinquennio la carenza di risorse economiche dedicate alla sanità e la carenza di personale sanitario, oltre che un’inadeguata programmazione e pianificazione delle risorse. La carenza di operatori sanitari e risorse si riflette, ad esempio, nei tempi di attesa per accedere a visite generiche e specialistiche. Inoltre, sempre nella stessa indagine, emerge come non solo il 35% dei rispondenti dichiari di soffrire di malattie croniche, in particolare cardiovascolari, confermando nuovamente l’importanza di programmi strategici e lungimiranti di gestione delle malattie croniche, ma porta anche all’attenzione un altro grande tema dei nostri giorni, ovvero quello della salute mentale. Una quota superiore all’11% ha infatti riportato problemi di salute moderati o gravi nell’ultimo anno, con sintomi come ansia e attacchi di panico indicativi di un disagio diffuso e allarmante che necessita sempre più di essere affrontato dalla sanità pubblica. La mancanza di scelte, il pensiero non strategico e poco lungimirante, l’analfabetismo scientifico e sanitario che ha pervaso negli ultimi decenni le modalità di gestione del sistema sanitario, ha portato all’inevitabile collisione che si riscontra ad oggi tra i valori sociali espressi dalla popolazione, che esige servizi, e le condizioni reali finanziarie che non consentono quella risposta. L’interrogativo, 24 Indagine nazionale condotta da Bhave in collaborazione con W. Ricciardi, F. Serra, 2023 dal titolo “Indagine sulla salute e la sanità dal punto di vista degli italiani”, Inedita.
dunque, ritorna: è possibile una sanità universalistica?
La risposta che si vuole dare in questa sede è che il SSN durerà fino a quando ci saranno persone capaci di difenderlo. La sanità necessità di essere riorganizzata e la sostenibilità rappresenta una scelta prioritaria per guidare nuove politiche, piani e programmi. Tale sostenibilità passa attraverso alcuni passaggi fondamentali che coinvolgono due tipologie di attori: da un lato l’intervento strutturale da parte dei Policy Maker, attraverso l’investimento di risorse in più in termini di personale sanitario, strutture e infrastrutture tecnologiche. Dall’altro, è necessario anche aumentare il coinvolgimento e la responsabilizzazione della popolazione più ampia, ma anche il livello di fiducia verso le istituzioni da parte dei cittadini che perseguono l’obiettivo di guadagnare salute, e rispetto ai quali è necessario introdurre azioni di prevenzione e intervento precoce, empowerment, alfabetizzazione sanitaria, affiancate da una complessiva riorganizzazione delle prestazioni sanitarie.

4.5.2 IL PATIENT ACCESS IN EUROPA
di FAbiAnA d’urso
Questione di grande importanza questa che pone le basi per un confronto diretto principalmente su quelle che sono ad oggi le maggiori disuguaglianze. E in particolar modo si parla sempre di disuguaglianze proprio nell’accesso alle principali cure.
Potremmo partire da un dato, ad esempio il tempo medio per il rimborso dei trattamenti innovativi nei paesi dell’Unione Europea e dell’Area Economica Europea è di 511 giorni, variando da 133 giorni in Germania a oltre 899 giorni in Romania. Queste disuguaglianze sono radicate nei sistemi e nei processi di accesso ai medicinali negli Stati membri e nell’impatto corrispondente sulla decisione commerciale.
Le cause sono diverse e molteplici, e includono un processo regolatorio lento, l’inizio tardivo della valutazione dell’accesso al mercato, requisiti di prova duplicati, ritardi nel rimborso e decisioni del formulario locale. Poiché le cause alla radice sono multifattoriali, possono essere risolte solo in partnership con la più ampia comunità sanitaria, compresi gli Stati membri.
La pandemia ha anche interrotto una vasta gamma di servizi sanitari, così come le risposte politiche che i Paesi europei hanno attuato per minimizzare le conseguenze avverse di queste interruzioni.
La Commissione Europea sta attualmente preparando una revisione della legislazione farmaceutica e ha presentato una serie di proposte per affrontare le disuguaglianze nell’accesso dei pazienti ai servizi sanitari. Sono state infatti diverse le iniziative proposte per arrivare ad un adeguato miglioramento della situazione pubblica legata al sistema salute.
Il Programma EU4Health 2021-2027 è uno di questi.
Adottato in risposta alla pandemia di COVID mira a rafforzare la preparazione alle crisi nell’Unione Europea. L’obiettivo è quello di contribuire a creare sistemi sanitari più forti, più resilienti e più accessibili. Con un bilancio di 5,3 miliardi di euro nel periodo 2021-2027,
il programma rappresenta un sostegno finanziario senza precedenti nel settore sanitario.
La Commissione Europea sta inoltre lavorando anche ad un evidente ed effettivo miglioramento della disponibilità, accessibilità ed economicità dei prodotti medicinali e dei dispositivi medici, e sempre con l’obiettivo di rafforzare i sistemi sanitari nazionali migliorandone la resilienza e l’efficienza delle risorse.
Il voler poi massimizzare le potenzialità offerte dalla digitalizzazione per la creazione di uno spazio europeo dei dati sanitari che sia comune e gestibile è un’altra iniziativa già sul tavolo operativo.
Affrontare l’accesso alla salute come un sistema complesso richiede comunque un’analisi approfondita delle diverse dimensioni coinvolte, dalle competenze individuali alla macro-organizzazione dei servizi sanitari. In un sistema interoperabile così come si presenta quello comunitario europeo tra Stati membri, risulta oggi essere in primi piano la volontà di coler esplorare quelle che sono le tematiche principali in maniera tale da comprenderne la complessità del tema.
Quello che quindi emerge è che il paziente è al centro del sistema sanitario e la sua capacità di gestire la propria salute è davvero molto importante.
Le competenze cliniche, l’autogestione delle condizioni di salute, il ruolo e il mandato del paziente e lo sviluppo personale sono aspetti cruciali da considerare. Così come la conoscenza delle proprie condizioni di salute e la comprensione delle terapie proposte sono fondamentali per un coinvolgimento attivo nel proprio percorso di cura.
Quello a cui ci si presuppone di arrivare è di mettere sul podio delle intenzioni la capacità del paziente di gestire la propria salute, aderendo alle terapie prescritte, modificando lo stile di vita e gestendo eventuali complicazioni.
Le politiche nazionali e le iniziative governative a questo punto è più che chiaro che in-
fluenzino direttamente l’accesso e la qualità dei servizi sanitari proposti.
Tutto questo sempre tenendo in considerazione la definizione più idonea degli standard di assistenza e dei servizi disponibili a livello nazionale e internazionale.
Questo porta gli investimenti nella formazione e nell’istruzione del personale sanitario ad avere un ruolo cruciale per poter garantire competenze adeguate e aggiornate.
L’infrastruttura e le politiche a livello macro sono cruciali per il funzionamento complessivo del sistema sanitario.
Le collaborazioni che ne susseguono, tra i diversi livelli di governo e le organizzazioni preposte per poter assicurare una governance efficace e una distribuzione equa delle risorse sono inequivocabili e necessarie.
Gli Stati europei dovrebbero quindi anteporre ad ogni altra decisione un calendario operativo istituzionale che metta il sistema sanitario su di un alto livello qualitativo. Per fare devono sussistere determinati punti.
Primo fra tutti il voler investire in politiche di prevenzione primaria, secondaria e terziaria per ridurre l’incidenza di malattie e migliorare la salute della popolazione.
Garantire un accesso equo e universale ai servizi sanitari, riducendo le disuguaglianze socio-economiche e geografiche nell’accesso alle cure.
Migliorare la gestione delle malattie croniche attraverso programmi di gestione integrata delle patologie e un maggiore coinvolgimento dei pazienti nel proprio percorso di cura. Potenziare i servizi di salute mentale e ridurre lo stigma associato alle malattie psichiatriche attraverso la promozione della consapevolezza e l’accesso ai servizi di supporto. Promuovere l’innovazione scientifica, tecnologica e organizzativa per migliorare la qualità e l’efficienza dei servizi sanitari e affrontare le sfide emergenti nella salute pubblica. Questi presupposti decisionali vogliono anche un’attenta revisione e riforma di quei sistemi di finanziamento sanitario che portano ad una distribuzione equa delle risorse e ad una incentivazione della fornitura di servizi basati sull’efficacia e l’efficienza.
Non da ultimo appare lo scenario di investimento in un piano di innovazione scientifica, tecnologica e organizzativa.
Promuovere la ricerca scientifica e lo sviluppo di nuove terapie, tecnologie diagnostiche e strumenti organizzativi per migliorare la
prevenzione, la diagnosi e il trattamento delle malattie non può che essere un dictat da tenere sempre presente.
Riuscire in questo modo a favorire l’adozione e l’integrazione delle tecnologie sanitarie innovative, come la telemedicina, l’intelligenza artificiale e la medicina personalizzata, per migliorare l’accesso e l’efficienza dei servizi sanitari, ha a che fare con una vision nettamente incentrata sullo sviluppo di scenari futuri.
4.5.3 IL PATIENT ACCESS IN ITALIA
di FrAncesco schiAvone, Lucio corsAro, GiAnLucA vAccAro
Nel contesto del settore sanitario, il concetto di accesso è cruciale per assicurare che i pazienti ricevano i trattamenti necessari. Tuttavia, l’accesso può essere visto da due prospettive principali: il Market Access e il Patient Access. Sebbene interconnessi, questi concetti differiscono notevolmente nei loro obiettivi, strategie e impatti.
Definizione di Market Access
Il Market Access è definito come il processo attraverso il quale un prodotto sanitario, come un farmaco o un dispositivo medico, viene introdotto e reso disponibile sul mercato. Questo processo include la fase di sviluppo clinico, l’approvazione regolatoria, la negoziazione dei prezzi e dei rimborsi con le autorità sanitarie e i payers (Wilsdon, Serota & Zorbas, 2012). Il principale obiettivo del Market Access è garantire che i prodotti siano accessibili dal punto di vista commerciale e finanziario per i sistemi sanitari e i pazienti. L’accesso al mercato si riferisce alla capacità di un’azienda farmaceutica di commercializzare e vendere i propri prodotti in un determinato mercato. Ciò implica la navigazione di un complesso panorama normativo, regolatorio e di rimborso per ottenere l’approvazione del farmaco, stabilire il prezzo e distribuire il farmaco ai fornitori di assistenza sanitaria.
Definizione di Patient Access
Il Patient Access, d’altra parte, riguarda la disponibilità e la fruibilità effettiva dei trattamenti da parte dei pazienti. Questo concetto include la disponibilità del prodotto nei punti di cura, la copertura assicurativa, l’accessibilità economica, la consapevolezza del paziente e del medico, e la presenza di supporti logistici e informativi (Mahlich & Sruamsiri, 2019). Il Patient Access assicura che i pazienti possano effettivamente ottenere e beneficiare dei trattamenti necessari. L’accesso ai pazienti si concentra sulla capacità dei singoli pazienti di ottenere il farmaco di cui hanno bisogno. Ciò implica superare le barriere che i pazienti possono incontrare, come i costi elevati, la mancanza di copertura assicurativa, gli ostacoli logistici e la mancanza di consapevolezza del farmaco.
Il patient access è definito da KPMG come “the organizational resources, processes and assets that enable patients to get high-quality care and information in a timely and convenient manner” (KPMG, 2018).

Secondo Levesque e co-autori (2013), il concetto di accesso deve essere inteso come un qualcosa di articolato, caratterizzato da più fasi e non soltanto dall’ingresso in un percorso terapeutico. L’accesso contempla an-
che l’espletamento del medesimo percorso, così come riportato nella figura sottostante, e coinvolge necessariamente anche l’offerta di servizi sanitari e una pluralità di stakeholder.

Fonte: Levesque et al, 2013.
Partendo e prendendo spunto da questo modello, ampiamente accettato in letteratura, sorge a questo punto una domanda spontanea, soprattutto se si pensa al caso italiano: ma quali sono le precondizioni necessarie a consentire che ciascun cittadino in tutte le fasi del processo sopra delineato possa accedere e utilizzare tempestivamente le informazioni e i servizi sanitari di cui egli stesso o un suo caro abbisognano?
Un primo aspetto da affrontare di critica importanza è quello legato alla comunicazione. Senza la pianificazione, l’attuazione di piani e strategie di comunicazione, definiti e dettagliati il trasferimento di informazioni critiche per facilitare l’accesso alle cure non potrà mai verificarsi in Italia. Per fare ciò, quindi è fondamentale pensare a processi di comunicazione che non siano unidirezionali, ma che contemplino la possibilità per più stakeholder di dialogare. Chiaramente, in questa prospettiva le tecnologie digitali possono essere strumenti determinanti per favorire questo processo. Da non dimenticare, ovviamente, la necessità di costruire non soltanto solidi canali di comunicazione ma anche reti di interscambio che colleghino al meglio ospedali e
territorio, come peraltro già legiferato dal DM 77 e in fase di realizzazione anche grazie ai fondi PNRR. In questo ambito è importante ricordare come solo tramite un’efficace attuazione e un continuo monitoraggio di queste iniziative si potrà ridurre la frammentazione dell’assistenza offerta ai pazienti e organizzare al meglio la medesima, riducendo così anche lo spreco di risorse e i costi indiretti dei pazienti che caregiver.
Un’ulteriore direttrice determinante per migliorare lo status dell’accesso dei pazienti in Italia è il riporre una maggiore attenzione all’indagine sulla soddisfazione dei pazienti. Molto spesso questi ultimi non sono sufficientemente ascoltati e l’assenza di ascolto fa perdere a strutture e sistemi sanitari importantissime informazioni su come poter revisionare i percorsi e i servizi di cura.
Non è poi da dimenticare il ruolo fondamentale giocato anche dalla politica. I decisori pubblici hanno il compito di salvaguardare un’equa distribuzione delle risorse tra le varie Regioni del SSN. Ovviamente questo è un tema complicato che non possiamo trattare in modo compiuto in questa sede. Tuttavia, è chiaro che questa condizione impatti moltissimo sulla possibilità di garantire un accesso uguale, di qualità e il più ampio possibile
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a tutti i pazienti del nostro Paese, a prescindere dalla loro residenza o disponibilità di risorse personali. In congiunzione con questo aspetto sicuramente, inoltre, si pone il problema attualissimo della difficoltà da parte del SSN di reperire nuove risorse umane. Nel momento in cui vi è, a causa di tante criticità del sistema, un’importante scarsità di medici o infermieri necessariamente, purtroppo, anche la possibilità di avere un accettabile accesso per i pazienti viene compromessa. In tal senso, quindi non soltanto i policy-maker devono pensare a una serie di meccanismi di finanziamento efficaci e equi ma anche a nuove dinamiche retributive e motivazionali che drenino l’attuale emorragia di personale del SSN.
Per far ciò è fondamentale che le istituzioni e le strutture sanitarie si dotino e applichino modelli gestionali e processi organizzativi ragionati che consentano di raggiungere questo obiettivo. In tal senso lo sviluppo di una cultura organizzativa basata sulla valutazione, l’health technology assessment (HTA) e sulla continua revisione quality-driven dei processi aziendali può essere da sprono importante al fine di recuperare risorse non ben utilizzate ed investirle in modo migliore per migliorare ed aumentare l’accesso ai pazienti italiani.
I problemi del Patient Access in Italia
Queste riflessioni le ritroviamo in un’indagine condotta da Bhave25 nel 2023 su 75 farmacisti ospedalieri, responsabili dell’economato e direttori sanitari sul tema dell’accesso ai servizi sanitari e sociosanitari e in generale su aspetti di organizzazione e politiche sanitarie. Dal punto di vista professionale, infatti, queste figure hanno in comune diverse responsabilità e competenze legate alla gestione e all’erogazione dei servizi sanitari, quindi, possono mostrare una prospettiva comune sulle criticità e sulle possibili soluzioni da implementare nel SSN e SSR.
Guardando, infatti, alle risposte di questo campione di intervistati emerge che i principali problemi che il sistema sanitario dovrà affrontare nel prossimo futuro, sono in particolare: la carenza del personale sanitario, la carenza di risorse economiche dedicate all’area salute e in generale un’assenza di dispositivi e strumenti necessari per permette-
25 Indagine nazionale condotta da Bhave in collaborazione con W. Ricciardi, F. Serra, 2023 dal titolo “Indagine sulla salute e la sanità dal punto di vista degli italiani”, Inedita.
re agli operatori di svolgere il proprio lavoro. Ma oltre l’aspetto delle principali urgenze è interessante entrare nel merito delle possibili conseguenze e rilevare come questi professionisti immaginano di risolverle.
Le prime tre conseguenze negative di queste criticità sono:
1. Il rischio di progressioni delle patologie odi peggioramento clinico dei pazienti come risultato di un’assistenza sanitaria e sociosanitaria poco tempestiva, di ritardo terapeutico o di sospensione delle terapie riabilitative
2. Le conseguenze psicologiche e sociali negative per il paziente e per i familiari (es. aumento del timore per la propria salute, disorientamento, senso di isolamento e di abbandono)
3. Aumento delle disuguaglianze di salute come conseguenza delle necessità di rivolgersi al privato per coprire le debolezze della sanità pubblica.
Parallelamente alle criticità e alle conseguenze negative ipotizzate di seguito le possibili soluzioni identificate dagli intervistati – che si ricorda – sono professionisti che seppur non siano direttamente responsabili del finanziamento dei servizi sanitari hanno però un ruolo chiave nella gestione e nell’ottimizzazione delle risorse:
1. Aumento dell’implementazione dei servizi di telemedicina e sanità digitale
2. Fornire un supporto adeguato psicologico, sociale e relazione al paziente e ai familiari
3. Garantire l’assistenza domiciliare, l’home delivery del farmaco e garantire supporto sociosanitario ai caregiver
Così sono state proposte le seguenti soluzioni di sanità digitale utili per rendere sostenibili anche gli obiettivi del secondo e terzo punto:
• il 45% degli intervistati ha indicato “Fare un Teleconsulto clinico in un caso ordinario in prima visita” o “Gestire/ricevere informazioni su appuntamenti-ricevimenti in modalità telematica”;
• il 44% ha indicato “Patient decision aids (PDA) (strumenti di supporto decisiona-
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le per aiutare i pazienti a compiere scelte informate sulla propria salute)” o “Ricevere/comunicare i risultati degli esami di laboratorio o di comunicare con altri specialisti con lo smartphone” o “Sistemi di prenotazione di prestazioni con sistemi telematici”
• il 43% ha indicato “Sistemi di telemonitoraggio” o “Televisite”
• il 40% ha indicato “Chat informali per comunicare con i pazienti”
• il 38% ha indicato “Patient Support Programs (Strumenti che supportano il medico nella gestione terapeutica dei pazienti)” o “Fare Telemonitoraggio domiciliare (ad es. post-ospedaliera) o “Dare assistenza con il telemonitoraggio su una situazione clinica-cronica”; “Dare assistenza con il telemonitoraggio su una terapia farmacologica per aumentare la compliance o per Gestire informazioni su terapie”.
È chiaro, quindi, che venga riconosciuto come un vantaggio per il paziente l’uso dei sistemi telematici in piattaforme digitali, ad esempio, per prenotare visite mediche, esami diagnostici e altre prestazioni sanitarie in modo comodo e veloce, direttamente da casa o da qualsiasi luogo, tramite computer, smartphone o tablet. E questo per diversi motivi:
• Riduce i tempi di attesa, quindi elimina la necessità di recarsi fisicamente al CUP (Centro Unificato di Prenotazione) per prenotare un appuntamento, risparmiando tempo e fatica.
• Permette di prenotare le visite in qualsiasi momento della giornata, anche fuori dagli orari di apertura degli ambulatori.
• Consente di visualizzare informazioni dettagliate sulle prestazioni disponibili, come orari, sedi e professionisti sanitari.
• Offre la possibilità di modificare, cancellare o visualizzare le prenotazioni effettuate in qualsiasi momento.
Ma questi vantaggi non sono solo per gli utenti ma anche per le strutture sanitarie:
• Permette di gestire le prenotazioni in modo più efficiente, riducendo il carico di lavoro del personale e ottimizzando l’uti-
lizzo delle risorse.
• Diminuisce il numero di visite non disdette, evitando sprechi di tempo e risorse.
• Migliora la qualità del servizio offerto ai cittadini, rendendolo più accessibile e fruibile.
Ma oltre agli evidenti vantaggi sono degne di nota le considerazioni su quei fattori “predisponenti” e “inibenti” l’attivazione di questi processi.
Oltre agli aspetti strutturali, organizzativi e infrastrutturali, quindi “potenziare le reti tecnologiche aziendali e investire in digitalizzazione e tecnologie” o “una legislazione più snella con il riconoscimento normativo della telemedicina”, è necessario gestire gli aspetti culturali, di comunicazione, di formazione e di informazione su questi temi sia per gli operatori sanitari che per gli utenti.
Per riassumere e considerando l’insieme delle principali risposte date dagli intervistati possiamo dire che si identificano come problemi da risolvere: la carenza personale sanitario, la carenza risorse economiche, i problemi legati all’accesso fisico (trasporti, distanza, logistica) alle strutture sanitarie, i problemi legati al reperimento dei farmaci, problemi legati all’organizzazione e aggiornamento dei sistemi informatici per garantire assistenza domiciliare, problemi legati alla gestione delle liste d’attesa, al miglioramento dell’organizzazione dei reparti e della gestione delle emergenze-urgenze. Infine le possibili soluzioni future: potenziare la telemedicina e digitalizzazione del SSN con formazione per pazienti e personale sanitario; promuovere servizi di assistenza domiciliare e creare protocolli per l’assistenza integrata; riprogettare SSN a livello territoriale con servizi capillari e attraverso collaborazione con MMG; puntare sull’integrazione fra assistenza ospedaliera e territoriale; potenziare la comunicazione e snellire le procedure burocratiche-amministrative; investire sul personale sanitario e promuovere investimenti strutturali con un maggiore finanziamento da parte dello Stato.
h ttps://kpmg.com/us/en/home/insights/2018/03/patient-access.html
https://equityhealthj.biomedcentral.com/ articles/10.1186/1475-9276-12-18
Wilsdon, T., Serota, A., & Zorbas, H. (2012). Market access for pharmaceuticals in the EU: a collection of stakeholder insights. Charles River Associates.
Mahlich, J., & Sruamsiri, R. (2019). Patient access to pharmaceuticals in the Japanese universal health care system. Universal Health Coverage, 8(3), 10. doi:10.1097/JXX.0000000000000028

4.5.4 ELEMENTI PER UNA DEFINIZIONE
ITALIANA DI PATIENT ACCESS
di Lucio corsAro e GiAnLucA vAccAro
1.Sulla costruzione di un modello multilivello di Patient Access
Riflettere su una nuova proposta di modello di Patient Access, sempre più orientato al paziente e dal paziente, deve partire da un’imprescindibile azione definitoria che sappia delineare in maniera puntuale le dimensioni del concetto di “accesso del paziente alle cure e all’assistenza sanitaria e sociosanitaria, stabilendo temi affini e nessi causali, e a partire dalla quale si possano gettare le basi propositive per la costruzione di un progetto di analisi e di intervento su questo tema declinato sulla base dei diversi contesti.”
L’urgenza dei tempi attuali ha spinto, infatti, a impostare tale percorso definitorio principalmente per due motivi. Da un lato, è di fondamentale importanza ribadire la centralità di questo tema in un periodo storico di profondi cambiamenti nel sistema sanitario, la cui ristrutturazione diventa in quest’ottica occasione per ridefinire i presupposti su cui poter fondare un sistema più efficace di accesso alle cure. I cambiamenti in corso nel SSN offrono, in questo senso, l’opportunità di sollevare all’attenzione pubblica su un tema a lungo presente nei discorsi, ma ancora scarsamente implementato nelle azioni e nelle proposte di riforme.
Dall’altro lato, le rapide trasformazioni a livello tecnologico, come i processi di innovazione e trasformazione digitale, che caratterizzano la nostra epoca, spingono a sottolineare le nuove opportunità di risoluzione del problema della sostenibilità del sistema sanitario. Accessibilità e sostenibilità diventano dunque un binomio imprescindibile per poter riaffermare la centralità del paziente, obiettivo ultimo di questo percorso di definizione e di azione che ci apprestiamo ad intraprendere. Sul piano definitorio, emerge subito il carattere polisemico del termine Patient Access, rispetto al quale non esistono attualmente definizioni univoche. Il significato di Patient Access, infatti, cambia sulla base dei diversi contesti organizzativi, disciplinari, linguistici o
operativi entro i quali viene usato. Manca, anche come effetto di questa polisemia, una letteratura scientifica organica su questo tema se non all’interno di specifici campi del sapere e come possibile declinazione patient-oriented di altri concetti come, ad esempio, il Market Access
Nello stesso tempo il termine Patient Access non sembra venga usato semplicemente in funzione “strumentale” rispetto ai discorsi scientifici o operativi legati all’assistenza sanitaria e sociosanitaria. Sembra, infatti, avere una funzione “paradigmatica”, cioè in grado di creare un ordinamento diverso nella scala di priorità grazie alla quale collocare aspettative, definire e coprire bisogni, gestire o progettare servizi.
Il termine Pat1ient Access in questo senso riveste contemporaneamente un ruolo “valoriale” e “pragmatico” secondo una prospettiva di centralità del paziente visto come agente attivo e partecipe. Tale rilevanza viene dunque ad essere affermata non solo nel contesto più stretto di “accessibilità al farmaco e ai dispositivi medici”, bensì nel panorama più ampio di equità nell’accesso alle cure e a un’assistenza sanitaria universale ed efficace (quindi anche tempestiva), di sostenibilità vista come equilibrio tra i fattori culturali, sociali, economici ed ambientali finalizzato al mantenimento nel futuro di un sistema di azioni coordinate e di coinvolgimento e partecipazione del paziente a un “progetto” definito di assistenza sanitaria e socio-sanitaria. Il tema dell’accesso e dell’accessibilità, emerge dunque come una questione cruciale nel sistema sanitario, in quanto influisce sulla qualità e sulla disponibilità delle cure per i pazienti. Migliorare l’accesso dei pazienti alle cure diventa in quest’ottica un obiettivo fondamentale del sistema stesso, in quanto può portare a migliori risultati sanitari sia sul piano clinico che su quello di qualità della vita dei pazienti.
Una delle principali sfide dell’accesso dei pazienti riguarda la possibilità di garantire che i servizi sanitari siano fisicamente e finanzia-
riamente accessibili a tutti i pazienti, indipendentemente dal loro status sociale, economico o demografico. Inoltre, migliorare l’accesso dei pazienti implica il superare le barriere sistemiche alle cure, come le barriere sociali, religiose, linguistiche e culturali, economiche, le difficoltà di trasporto e la mancanza di informazioni sulle risorse disponibili. Da questa prospettiva, il Patient Access si riferisce perciò alla capacità delle persone, dei medici, degli operatori sanitari e sociosanitari e delle organizzazioni di ottenere e utilizzare servizi, informazioni e risorse sanitarie. E in quanto problema multidimensionale, esso comprende nella sua definizione aspetti logistici, organizzativi, socioeconomici, digitali, culturali e comportamentali che possono essere analizzati nei diversi livelli - micro-meso-macrosistema - in cui si estendono. In particolare, in campo sanitario, un “microsistema clinico” può essere definito come “un piccolo gruppo di professionisti che lavorano insieme su base regolare o su necessità per fornire cure a specifiche popolazioni di pazienti”. Esso ha obiettivi clinici e aziendali, processi di cura interconnessi, un ambiente informativo condiviso e produce servizi e cure che possono essere misurati e utilizzati come risultati di prestazioni. Rappresenta il punto in
cui i fornitori di cure interagiscono con il paziente. Questi sistemi si evolvono nel tempo e sono spesso incorporati in ulteriori sistemi o organizzazioni più ampie, chiamati rispettivamente “mesosistemi” e “macrosistemi”. Con il primo termine, si intende “la struttura che collega i microsistemi per consentire loro di passare da unità disparate a unità di supporto per i pazienti lungo un continuum di cura, e rappresenta il livello responsabile delle aree di servizio e programmi clinici che forniscono cure a un gruppo simile di pazienti, tipicamente parte di una struttura più grande; con il secondo, si allude al contenitore più ampio che racchiude meso- e microsistemi, includendo tutte le aree, i dipartimenti, i fornitori e il personale che in essi si intersecano (Likosky DS, 2014). Infine, troviamo il livello mega, al di fuori dei confini organizzativi, e che influenza il comportamento di più di un sistema. Esso è costituito dai diversi settori della sanità, come gli organi di regolamentazione, le organizzazioni di licensing, i gruppi professionali, i fornitori di protezione dalla responsabilità, i governi provinciali e federali, le organizzazioni nazionali per la sicurezza dei pazienti e la qualità, l’industria sanitaria e la comunità, rientrano tutti in questa categoria.

L’ACCESSO ALLA SALUTE E’ UN SISTEMA COMPLESSO
Il concetto di “Patient Access” in questo senso quindi si riferisce alla facilità e alla qualità con cui le persone possono ottenere i servizi e l’assistenza sanitaria e sociosanitaria di cui necessitano. Questo concetto è fondamentale per garantire che tutti gli individui possano ricevere cure tempestive, appropriate e efficaci. Il “Patient Access” e quindi in questo senso declinabile in termini di “disponibilità” o di “accessibilità” in particolare di:
Accessibilità “fisica”: La presenza fisica e la capacità dei servizi sanitari (ospedali, cliniche, ambulatori) di accogliere i pazienti. Questo include anche la disponibilità di personale medico, attrezzature e farmaci necessari per fornire le cure.
Accessibilità Geografica: La facilità con cui i pazienti possono raggiungere i servizi sanitari. Questo può essere influenzato dalla distanza fisica, dai mezzi di trasporto disponibili e dalle infrastrutture stradali.
Accessibilità Economica: La capacità dei pazienti di permettersi le cure sanitarie. Questo include il costo diretto dei servizi medici, l’accesso alle cure in termini di sostegno finanziario.
Accessibilità Temporale: La possibilità di ottenere cure in tempi ragionevoli. Questo comprende i tempi di attesa per appuntamenti, diagnosi e trattamenti.
Accessibilità Culturale: La misura in cui i servizi sanitari sono culturalmente e socialmente appropriati per i pazienti. Questo può includere la sensibilità culturale, la capacità di comunicazione in diverse lingue e il rispetto delle preferenze dei pazienti.
Accessibilità Digitale: L’uso di tecnologie digitali per facilitare l’accesso ai servizi sanitari. Questo può includere la possibilità di prenotare appuntamenti online, consultazioni telemediche e l’accesso ai propri dati medici tramite piattaforme digitali.
2.Sulla costruzione di un modello multidimensionale di Patient Access
A partire da questo orizzonte di analisi, il concetto di Patient Access mostra di essere un elemento cardine nel panorama sanitario attuale, in quanto relativo ad un’idea di accesso alla salute da parte del paziente a 360 gradi, in grado di andare oltre la semplice disponibilità di nuove tecnologie sanitarie e soluzioni tecniche. Secondo questa prospettiva di intervento, parlare di accesso non significa più, dunque, garantire unicamente l’accesso alle cure farmacologiche, dispositivi medici o digital therapeutics, - aspetti comunque centrali ma non esclusivi del percorso di cura - ma assicurare al tempo stesso che ciascun individuo abbia accesso a servizi sanitari di qualità e tempestivi, indipendentemente dal territorio in cui vive o dalle sue condizioni sociali, economiche o abitative. Volendo tradurre il concetto dall’inglese, sembrerebbe avvicinarsi all’idea di “diritto alla salute”, rispetto al quale evidenzia in maniera più netta e personalizzata da un lato il soggetto che lo esercita (il paziente), e dall’altro tutti gli strumenti, i servizi, gli oggetti, i destinatari verso cui l’azione del soggetto è diretta. Punto di partenza per una definizione di Patient Access, diventa dunque lo stesso concetto di “salute” nella sua accezione contemporanea e che fa riferimento alla nota definizione presente nella Costituzione dell’OMS del 1946 come “stato di completo benessere fisico, mentale, sociale e non solo assenza di malattia o di infermità”. Contrapponendosi alle precedenti definizioni di salute, da sempre connotate in senso “negativo” in termini di “assenza o presenza di patologia”, la definizione contemporanea di salute partecipa della stessa visione del concetto di accesso qui definito, assumendo su di sé implicazioni orientative per i servizi sanitari, nell’ottica di sviluppo di uno specifico modello di salute da perseguire. Risulta quindi necessario che anche nel campo del Patient Access, sempre più attenzioni siano rivolte al nuovo concetto di “salute” con il concorso di tutti gli attori coinvolti. Il concetto di Patient Access può diventare in questo senso leva di engagement per i diversi attori, rappresentando un “concetto-ombrello” che riunisce soggetti e esperienze che figurano a vario titolo nel per-
corso di cura e di assistenza, riuniti dalla comune finalità della costruzione e “generazione” di salute e migliore qualità di vita. Allo stesso tempo, può diventare uno strumento di promozione del cambiamento e di orientamento delle nuove politiche sanitarie attualmente in via di definizione, considerando aree urgenti di intervento e possibili soluzioni da implementare.
Alcuni temi chiave che compongono quindi l’universo semantico di Patient Access sono dunque i seguenti: l’accesso all’innovazione, l’equità di accesso, la centralità del paziente, l’educazione sanitaria, l’informazione, la digitalizzazione, la comunicazione, l’eterogeneità nell’accesso, la prevenzione, la sostenibilità e la presa in carico multidisciplinare. Infatti, l’accesso dei pazienti alle cure e all’assistenza sanitaria e sociosanitaria è influenzato da questi aspetti che riflettono contemporaneamente le sfide e le opportunità del sistema sanitario. Così l’accesso all’innovazione che si riferisce alla disponibilità e all’adozione di nuove tecnologie, farmaci, e pratiche cliniche avanzate rappresenta In Italia un aspetto cruciale nel garantire che i pazienti possano beneficiare dei progressi scientifici e tecnologici. Infatti, ci sono disparità regionali significative tra strutture sanitarie che tendono ad adottare più rapidamente le innovazioni rispetto ad altre dove tali innovazioni vengono riconosciute con più ritardo.
L’equità di accesso che riguarda la possibilità per tutti i pazienti di accedere alle cure necessarie indipendentemente dalla loro condizione economica, sociale, o geografica. Seppur questo aspetto sia garantito dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano nella pratica ci sono diversi limiti e criticità che si manifestano anche solo nelle disuguaglianze territoriali e geografiche di salute, come ad esempio nel caso dell’accessi all’assistenza per le persone che si trovano in aree rurali o in regioni meno sviluppate.
La centralità del paziente implica che le cure siano organizzate attorno ai bisogni, alle preferenze e ai valori del paziente, promuovendo un approccio personalizzato e umano. Sebbene negli ultimi anni in Italia, ci sia stato un crescente focus sulla centralità del paziente, con iniziative volte a migliorare l’esperienza del paziente e coinvolgerlo maggiormente nelle decisioni riguardanti la sua salute, tuttavia, la piena
attuazione di questo principio varia significativamente tra le diverse strutture sanitarie e regioni in Italia.
L’educazione sanitaria si riferisce alle attività volte a informare e sensibilizzare i cittadini sui temi della salute, promuovendo comportamenti salutari e la prevenzione delle malattie. Sebbene in Italia siano previsti programmi di educazione sanitaria sono pochi i programmi che sono sottoposti a sistemi di valutazione di efficacia sia a livello locale che nazionale ed è ancora da migliorare il sistema di collaborazione tra scuole, istituzioni sanitarie e comunità locali come elemento essenziale per migliorare anche la capillarizzazione dell’intervento.
L’informazione riguarda la disponibilità e la trasparenza delle informazioni sanitarie, inclusi i diritti dei pazienti, le opzioni di trattamento e i servizi disponibili. La trasparenza e l’accesso alle informazioni sono migliorati grazie a iniziative come il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) tuttavia, esistono ancora barriere, soprattutto per le persone anziane e quelle meno digitalizzate. Legato all’argomento precedente il tema della digitalizzazione implica l’uso di tecnologie digitali per migliorare l’accesso ai servizi sanitari, la gestione delle informazioni mediche e la comunicazione tra pazienti e operatori sanitari. L’Italia ha fatto progressi significativi nella digitalizzazione del sistema sanitario migliorando l’accesso alle informazioni sanitarie e la continuità delle cure. Tuttavia, l’adozione di tecnologie digitali varia tuttora tra le regioni e tra le diverse strutture sanitarie.
La comunicazione si riferisce alla qualità e all’efficacia delle interazioni tra pazienti e operatori sanitari. È certamente un aspetto cruciale e fondamentale per garantire che i pazienti siano ben informati e coinvolti nelle loro cure, tema quindi questo strettamente legato a quello dell’aderenza al trattamento.
L’eterogeneità nell’accesso evidenzia le disparità nell’accesso ai servizi sanitari tra diverse regioni, gruppi sociali e demografici. Esistono notevoli differenze nell’accesso ai servizi sanitari tra Nord e Sud, nonché tra aree urbane e rurali. Le differenze socioeconomiche contribuiscono ulteriormente a queste disparità.
La prevenzione e la promozione della salute includono le attività volte a ridurre l’incidenza delle malattie attraverso la
promozione di stili di vita sani e la diagnosi precoce. La prevenzione è una componente chiave del sistema sanitario italiano, con programmi di screening e campagne di sensibilizzazione. Tuttavia, l’implementazione e l’efficacia variano tra le regioni e mancano spesso sistemi di valutazione di efficacia degli interventi implementati. La sostenibilità riguarda la capacità del sistema sanitario di mantenere servizi di qualità nel lungo termine, gestendo efficacemente le risorse disponibili. La sostenibilità del SSN è una sfida continua, con pressioni dovute all’invecchiamento della popolazione e alla necessità di contenere i costi e sono necessarie riforme strutturali per garantire la sostenibilità futura. La presa in carico multidisciplinare implica il coinvolgimento di diversi professionisti sanitari per fornire cure coordinate e complete ai pazienti. È promossa nelle strutture sanitarie italiane, specialmente per le malattie croniche e complesse, tuttavia, la cooperazione tra diversi professionisti sanitari può essere migliorata per ottimizzare la cura del paziente.
Da una visione multilivello e multidimensionale di Patient Access è possibile declinare delle aree di intervento prioritarie classificabili come segue in:
1. Un’area di intervento sui temi della prevenzione e promozione della salute e dei comportamenti
2. Un’area di intervento sul tema della carenza di risorse economiche dedicate sulla base dei bisogni
3. Un’area di intervento sul tema della carenza di risorse economiche dedicate sulla base dei bisogni
4. Un’area di intervento sul tema dell’accesso fisico ai servizi sanitari e sociosanitari
5. Un’area di intervento sul tema dell’accesso all’innovazione scientifica, tecnologica organizzativa
3.Proposta di una definizione di Patient Access in Italia
Con l’espressione Patient Access si fa quindi riferimento ai vari aspetti legati all’accesso dei pazienti all’assistenza e ai servizi sanitari e sociosanitari sulla base del diritto universale e fondamentale alla salute, riconosciuto in Italia dall’art.32 della Costituzione, che deve essere garantito a tutti gli individui in maniera equa e rispettosa della dignità umana.

Quindi sulla base di quanto emerso nel gruppo di lavoro Patient Access Think Tank, possiamo dire “semplicemente” che il Patient Access indica la possibilità e la capacità effettiva per un soggetto di prendersi cura di sé stesso o di qualcun altro rivolgendosi alla sanità pubblica.
Il fatto che in tale definizione si faccia riferimento alla “possibilità” implica che occupandosi di Patient Access sia necessario rilevare e identificare le barriere fisiche-sociali-economiche-culturali-emotive-psichiche che può incontrare un soggetto che si deve prendere cure di sé stesso o di qualcun altro.
Conseguentemente è necessario avere a disposizione degli strumenti scientifici in grado di rilevare e identificare queste barriere (abbiamo visto ad esempio il Patient Journey o l’analisi dei comportamenti o analisi organizzative dei sistemi sanitari).
Il fatto che si faccia riferimento alle “capacità” implica che occupandosi di Patient Access sia necessario rilevare e identificare le abilità, le competenze e le risorse che ha un soggetto nel moento in cui intraprende un percorso di cura per sé stesso o per qualcun altro. Conseguentemente è necessario avere a disposizione degli strumenti scientifici in grado di rilevare e identificare queste capacità (abbiamo visto ad esempio lo studio di caso o il modello ABCDE sulle ristrutturazioni cognitive).
Che queste possibilità e capacità siano “effettive” indica che ci deve essere un riferimento empirico, rilevabile, che abbia un effetto sulle condizioni che possono facilitare o limitare il prendersi cura. Conseguentemente è necessario avere a disposizione degli strumenti scientifici in grado di rilevare e identificare gli effetti sullo stato di salute/malattia dei comportamenti o delle decisioni (abbiamo visto ad esempio gli studi valutativi sugli impatti o l’Outcome Research o sul percepito di salute dei pazienti o il contributo che l’Intelligenza Artificiale può dare in modelli di simulazione).
Che sia il “soggetto” protagonista di questa definizione indica che il processo di prendersi cura sia un percorso attivo e partecipativo dove il soggetto è un agente consapevole non un soggetto passivo che “riceve” paternalisticamente la cura.
Conseguentemente è necessario avere a disposizione degli strumenti scientifici in grado di rilevare e identificare il grado di consapevolezza del soggetto rispetto ai percorsi di cura e promuovere processi partecipativi di scelta (ad esempio Patient decision aid o Patient support programm).
Il fatto che si faccia riferimento al “prendersi cura” e non semplicemente al “curare” implica una visione estesa della cura, quindi, comprende tutti quei comportamenti che incidono sulla salute compresi quelli legati allo stile di vita. Conseguentemente è necessario avere a disposizione degli strumenti scientifici in grado di rilevare e promuovere programmi di prevenzione e promozione della salute (ad esempio abbiamo visto il modello per la pianificazione e valutazione di interventi di promozione della salute di Green e Kreuter).
Il fatto che si faccia riferimento al “prendersi cura di sé stesso ma anche degli altri” riporta il tema della salute all’idea di bene comune e di interesse collettivo così come definito nell’articolo 32 della Costituzione ma anche così come implicito nell’idea solidaristica di salute. Conseguentemente è necessario promuovere interventi di supporto a caregiver sia sul piano informativo che formativo (ad esempio formazione specifica sul tema dell’empatia o di prevenzione sul rischio burn out).
Infine, che si faccia riferimento alla “sanità pubblica” è essenziale perché riporta al cen-
tro il ruolo indispensabile del sistema sanitario nazionale come soggetto che ha il compito di tutelare la salute del singolo e della collettività. Conseguentemente è necessario promuovere la valutazione scientifica di programmi complessi (ad esempio abbiamo visto la valutazione scientifica realista di Pawson).
APPENDICE TECNICA
Esempi26 narrativi di casi di valutazione sugli accessi all’assistenza sanitaria o sociosanitaria
Anziano di 84 anni in dimissione da una RSA, dopo un periodo di inserimento in seguito alla frattura del femore. L’anziano vive con la moglie di 83 anni; non hanno figli e il reparto non è a conoscenza di parenti vicini al nucleo. Vivono in una frazione di un comune dell’entroterra raggiungibile dai mezzi. L’anziano ha iniziato a presentare difficoltà cognitive e nel compimento di alcuni atti della quotidianità, seppur parziali. Per questi motivi la moglie ha espresso al Responsabile sanitario della R.S.A. contrarietà rispetto al rientro del marito a casa, chiedendo un ulteriore periodo di ricovero o l’inserimento in una struttura.
L’ équipe territoriale del Servizio di Salute Mentale ha in carico da 18 mesi il sig. xxx, di anni 24, affetto da grave patologia psichiatrica. Il giovane vive con i genitori ed è figlio unico. Era stato segnalato al servizio dai genitori, preoccupati per il suo progressivo isolamento; è stato ricoverato diverse volte in SPDC prima di accettare un percorso terapeutico con il servizio territoriale, che prevede, oltre al supporto medico e farmacologico, anche un programma riabilitativo attraverso la frequenza al centro diurno. Nell’ultimo periodo sia i genitori che xxx richiedono insistentemente di poter essere aiutati nella ricerca di un lavoro per lui. Seppur tale richiesta sia valutata prematura rispetto al percorso di xxx, nel corso della riunione di équipe viene chiesto al servizio una valutazione su un possibile percorso di inserimento in un’attività formativa o lavorativa.
26 Esempio adattati come casi da poter analizzare di problematico accesso all’assistenza sanitaria osociosanitaria da prove pratiche di concorso presso aziende sanitarie locali in Italia (primi tre casi) o da esperienze Bhave di ricerche quali-quantitative (ultimi tre casi).
Marisa è una Signora di 40 anni, conosciuta in passato dal SERT della ASL.
Ha iniziato ad abusare di alcool e di sostanze all’età di 25 anni. Sostenuta inizialmente dai genitori, è stata inserita in una struttura terapeutica residenziale dalla quale si è allontanata quasi subito. Tornata a casa, a causa dei ripetuti comportamenti violenti e delle continue richieste di denaro, gli stessi genitori decidono di allontanarla e di non aiutarla più. Marisa ha un diploma di scuola superiore nel settore alberghiero ed in passato ha svolto brevi esperienze lavorative. Da tempo svolge solo brevi lavori saltuari. Non ha una dimora stabile: talvolta è ospite di amici, talvolta dorme nelle sale d’aspetto delle stazioni, talvolta nel centro di accoglienza notturna. E’ proprio un volontario del Centro che la convince a riprendere contatti con il SERT per essere aiutata. Nella riunione d’équipe il medico che segue Marisa conferma l’adesione al progetto terapeutico, pur permanendo precaria la situazione abitativa e lavorativa. Appare necessario valutare la possibilità di un progetto di aiuto e di essere adeguatamente seguita dai servizi sanitari territoriali.
Marco è un ragazzo di 14 anni affetto da una malattia genetica con attachi ad esordio imprevedibile e di cui è affetto anche suo padre. Ha iniziato ad avere le prime manifestazioni negli ultimi mesi, ma ha alle spalle una lunga esperienza indiretta della malattia che ha causato un senso di rifiuto e ostilità verso la diagnosi. Le sue convinzioni circa la patologia sono dunque l’esito di un processo collettivo che coinvolge la famiglia nel suo insieme. In particolare, infuisce su di lui l’idea che il farmaco sia un ‘salva-vita’ e della necessità di parsimonia nel suo utilizzo. La ristrutturazione virtuosa del suo comportamento è legata alla comunicazione con il nuovo medico di riferimento, con cui stabilisce un rapporto efficace e trasparente di fiducia. Egli lo esorta al monitoraggio attento e alla continuità delle visite per valutare adeguamenti gli approcci terapeutici e gli fa comprendere come l’importanza di una corretta aderenza al trattamento possa portarlo a maggiore benessere e che ha diritto al farmaco senza limiti di quantità.
Giulia è la mamma di Bianca una ragazza di 21 anni affetta da una grave forma di epilessia con esordio fin dai primi mesi di vita. Dopo una diagnosi travagliata, ha avviato una serie di trattamenti sottoposti a frequenti modifiche
e con scarsi risultati e solo di recente ha assistito ad una stabilizzazione delle condizioni di sua figlia sul piano dell’epilessia, mentre vanno esacerbandosi una serie di problematiche psicologiche e comportamentali. Giulia è da oltre 15 anni genitore single, dopo aver affrontato il divorzio e il rifiuto del padre di Bianca di occuparsi della sua condizione di salute. Il centro pediatrico in cui è attualmente in cura, ultimo di una serie di strutture incontrate durante il percorso, continua ad avere in carico Bianca nonostante abbia superato da tempo la maggiore età. Allo stesso tempo, Giulia sente da tempo l’esigenza di trasferire sua figlia in un centro dell’adulto, in quanto riconosce il presentarsi di problematiche di difficile gestione per la struttura pediatrica. Tuttavia, in assenza di bisogni urgenti, continua a rimandare la questione in quanto l’individuazione e il contatto col nuovo specialista sarebbero demandati unicamente a lei, che si trova a dover gestire un carico assistenziale già molto pesante in quanto unico caregiver.
Valentina è una specialista ematologa e lavora in un centro malattie rare specializzato in una patologia ematologia ereditaria. Ha in cura da circa un anno Carlo, paziente di circa 40 anni affetto da patologia rara che ha ricevuto diagnosi a distanza di molti anni dalla comparsa dei primi sintomi. Carlo veniva inizialmente seguito da una struttura vicina al suo domicilio, ma opta per un consulto nella struttura in cui lavora Valentina, consigliata da un altro paziente conosciuto durante il percorso di cura. Durante il colloquio, Carlo lamenta in particolare una difficile gestione del trattamento on demand legato alla sua patologia e un’incompatibilità dello stesso col suo stile di vita e lavoro (manuale), fattori che lo hanno portato negli ultimi mesi a quella che Valentina identifica come una condizione depressiva incipiente, il cui trattamento Carlo dichiara di non potersi permettere. Valentina decide quindi di proporre una modifica della terapia a Carlo, orientandolo verso un trattamento di profilassi che gli permetta di ottenere un controllo continuo della patologia, riducendone l’impatto sulla sua qualità di vita e permettendo maggiore continuità nel lavoro. Allo stesso tempo comincia a muoversi per verificare la disponibilità nell’attivare un servizio di psicoterapia a distanza gratuito per Carlo, possibilità di cui si stava discutendo negli ultimi tempi all’interno della sua struttura.

4.5.5 IL JOURNEY DEL PATIENT ACCESS
di FrAncescA romAnA Lenzi, Lucio corsAro, LorenA triveLLAto, FrAncesco cALicchiA, GiAnLucA vAccAro
Negli ultimi anni, l’analisi del percorso dei pazienti attraverso le varie fasi della malattia e i diversi livelli assistenziali è diventata uno strumento sempre più diffuso per ottenere una visione globale e articolata sia dell’esperienza di malattia e cura dei pazienti sia dell’offerta assistenziale e socio-assistenziale disponibile (Bulto et al, 2024; Ellen et al. 2023). Il concetto di “patient journey” si presenta come una prospettiva metodologica che consente di interpretare la patologia in modo da tracciare dettagliatamente il percorso del paziente in termini funzionali e di collegare questo percorso “fisico” alle dimensioni socioculturali e psicologiche che ne sono parte integrante. Questo approccio copre un arco temporale completo, dai primi sintomi fino alla convivenza a lungo termine con la malattia oalla sua risoluzione, e in alcuni casi anche prima della comparsa dei sintomi e si rivela sempre più come una lente attraverso cui identificare in modo preciso e tempestivo le criticità legate all’offerta assistenziale, siano esse attuali, emergenti o previste per il futuro. In tal modo, può da un lato aiutare i decisori a sviluppare strategie migliorative (McCarthy et al., 2016; Lianne, Armagan e Starre, 2019) che siano rispondenti ai bisogni di salute specifici di un determinato percorso di cura, e dall’altro promuovere una maggiore partecipazione ed advocacy del paziente verso il percorso di cura (Bolz-Johnson et al., 2020) dando voce alla sua narrazione e valutazione dell’assistenza ricevuta ed evidenziando di contro le lacune ancora esistenti.
Il modello di Patient Journey di seguito proposto combina un approccio antropologico e sociologico, di sguardo sui livelli micro, meso, e macro dell’assistenza. Da un lato, si enfatizza infatti l’importanza dell’esperienza individuale e della narrazione personale nel contesto della malattia, con un’attenzione particolare ai significati che gli individui attribuiscono ai loro sintomi, diagnosi, tratta-
menti e relazioni con gli operatori sanitari in base alle loro direttrici culturali, sociali e valori personali. Questo approccio permette di comprendere come tali significati influenzino le pratiche di cura, le risposte emotive e la negoziazione dei ruoli sociali nel contesto di cura. Dall’altro, il modello adotta una prospettiva sociologica che inquadra il Patient Journey e la sua narrazione all’interno delle dinamiche sociali e culturali più ampie. Questo permette di vedere i percorsi individuali come parte di una rete sociale e istituzionale interconnessa, influenzata da fattori strutturali come classe sociale, genere e contesto geografico, che possono generare disuguaglianze nell’accesso all’assistenza sanitaria
L’analisi del Patient Journey fornisce in questo modo un quadro integrato, utile per progettare e sviluppare strategie mirate al miglioramento del sistema sanitario e della qualità della vita dei pazienti e dei caregiver, oltre che per facilitare il lavoro del personale sanitario e ottimizzare le risorse, generando nel complesso nuovo valore e qualità nell’assistenza sanitaria erogata. Di seguito verranno presentate più nel dettaglio le fasi e le dimensioni in cui si articola il modello di journey, insieme all’analisi di un caso di studio nel quale l’analisi del Patient Journey ha permesso di evidenziare specifiche problematiche di accesso.
1.Gli snodi critici del patient access nel percorso del paziente
L’adozione di un modello di analisi del Patient Journey all’interno delle ricerche sanitarie e sociali sulla salute e sanità è oggi di fondamentale importanza se si vuole ottenere una visione dettagliata e completa del percorso di cura e di assistenza vissuto dal paziente, basata sul vissuto concreto e sulle pratiche quotidiane di cura dello stesso e che permetta di andare oltre la prospettiva funzionale tradizionale, esplorando anche
le dimensioni emotive, psicologiche e sociali dell’esperienza del paziente. L’analisi del Patient Journey non è tuttavia solo descrittiva, ma può essere utilizzata per esaminare gli aspetti organizzativi del Sistema Sanitario Nazionale e Regionale, consentendo a operatori sanitari, caregiver, associazioni, istituzioni e ricercatori di ottenere una panoramica dell’approccio assistenziale nelle diverse fasi del percorso di cura, sulla cui base è possibile progettare strategie e soluzioni migliorative.
Nell’ambito della analisi sul patient access, lo strumento si rivela dunque molto sensibile. Il tema del patient access, comprendendo al suo interno aspetti come innovazione, equità, educazione sanitaria, digitalizzazione e prevenzione, deve rappresentare ad oggi il caposaldo dell’idea di salute, intesa come benessere completo dell’individuo, secondo la nota definizione dell’OMS. L’analisi del Patient Journey rappresenta in questo caso il primo strumento per individuare gli ostacoli che si frappongono a questo concetto complesso di benessere, siano essi culturali, organizzativi, burocratici o di altra natura, permettendo una valutazione a tutto tondo della qualità dei servizi sanitari che porta all’identificazione puntuale delle criticità che influenzano l’accesso alle cure.
La ricostruzione del Patient Journey consente dunque – dal lato del paziente - di mettere a fuoco le reali necessità di accesso, i bisogni e le preferenze dei soggetti, ponendo le basi per una cura personalizzata e centrata sul paziente, in grado di rispondere in maniera accurata alle sue esigenze specifiche; dal lato dell’operatore, permette allo stesso modo di identificare e descrivere i bisogni latenti del medico e prevedere che cosa possa essere fatto per strutturare interventi futuri che vadano a soddisfare queste necessità e migliorare l’accesso complessivo questa volta dal punto di vista di chi eroga l’atto di cura. Di seguito verrà dunque proposto un modello di struttura per un’analisi del Patient Journey che risponda ai suddetti obiettivi.
2.Il modello di Patient Journey
Seguendo tale approccio induttivo di stampo antropologico, il modello di Patient Journey di seguito proposto sviluppa in maniera integrata i diversi piani che si intrecciano nell’esperienza di cura del paziente e identifica cinque fasi-chiave del percorso del paziente, che devono essere esplorate in ogni ricerca
di questo stampo. Comprende poi cinque dimensioni trasversali che si intrecciano con queste fasi e che insieme ad esse rappresentano dei quadri concettuali e analitici generali, che devono essere adattati alle specificità di ciascuna patologia, approfondendo e dettagliando le aree che risultano di maggiore interesse nella fase progettuale o in corso di analisi.
I momenti verranno presentati secondo un andamento cronologico, pur consapevoli della possibilità all’interno di un singolo percorso di cura di ripetizioni e ciclicità. In particolare, i momenti in cui si articola il Patient Journey sono:
1) PREDIAGNOSI
Questa fase riguarda le prime manifestazioni del problema di salute, un periodo che può durare anche anni, durante il quale gli eventi anomali non sono ancora visti come sospetti patologici, ma sono interpretati attraverso le rappresentazioni sociali, culturali e ideologiche del soggetto e della sua rete sociale: tale fase non inizia, infatti, quando un evento viene etichettato come “sintomo” in senso biomedico, bensì ha radici più profonde nel tempo da indagare per comprendere a pieno il processo di attribuzione di significato all’esperienza di malattia da parte del paziente. In questa fase possono essere coinvolte più figure terapeutiche, e assume un ruolo preponderante la rete sociale e culturale del soggetto. In ottica di accesso, è importante partire da quest’ottica integrata per ricostruire il percorso del paziente prima della diagnosi, individuando quali elementi possano aver concorso ad esempio ad un ritardo o errore diagnostico.
2) DIAGNOSI
Questa fase inizia con la comunicazione del problema, sia a un membro della rete sociale del soggetto sia a un professionista. Nelle analisi, viene spesso interpretata in modo troppo restrittivo, riducendola ad una condizione oggettiva preesistente, soggetta ad un atto “nominativo”. Il processo è in realtà di natura semeiotica e deve essere contestualizzato all’interno del sistema in cui ha origine e delle modalità di comunicazione a cui è soggetto (Good, 1999). In ottica di accesso, è importante in questa fase quantizzare il percorso del soggetto nello spazio, in termini di chilometri, numero di strutture e numero di clinici interpellati, dati che per questa fase riescono a dipingere uno scenario chiaro sul-
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le condizioni di accesso del paziente. Inoltre, subito dopo la comunicazione del nome del problema, il paziente inizia un percorso informativo per costruire la propria interpretazione della condizione di salute, processo che evidenzia spesso importanti lacune assistenziali di tipo informativo ed educativo.
3) TRATTAMENTO
In questa fase la scelta terapeutica viene interpretata come il risultato di un processo di negoziazione tra medico e paziente, che può variare in termini di intensità, asimmetria e complessità a seconda della patologia. In termini di accesso, questa fase può vedere lo spostamento del soggetto verso altre strutture per accedere a trattamenti non disponibili localmente o molteplici altre criticità: dal lato del paziente, è importante valutare l’allineamento tra il trattamento e le sue priorità e obiettivi di vita, così come l’impatto sociale, emotivo, finanziario e burocratico del percorso terapeutico. Dal lato degli operatori e del servizio sanitario, è essenziale considerare i servizi offerti, la presenza di una fase educativa per la prevenzione e gestione della terapia, e la gestione del monitoraggio del trattamento, inclusi lo switching terapeutico e l’aderenza terapeutica nel tempo.
4) RISOLUZIONE E/O CONVIVENZA
Questa fase riguarda la parte del percorso che può portare alla risoluzione del problema di salute o a vari scenari intermedi di convivenza con la malattia. Include perciò sia i pazienti con condizioni croniche che continuano il trattamento all’interno del sistema sanitario, sia quelli che decidono di interrompere il trattamento o adottare strategie alternative, e di cui è necessario esplorare le cause esplicite e latenti per avere un quadro delineato delle criticità legate all’accesso. A tal proposito, è compito del ricercatore ricostruire le modifiche nel percorso di cura, come cambi di struttura, medici di riferimento, approcci terapeutici, e variazioni nella compliance o costanza nelle visite e controlli di follow-up, processi che spesso rivelano lacune nell’assistenza e nel livello di accesso del paziente ai servizi sanitari.
5) AUTOVALUTAZIONE
L’ultima fase del Patient Journey è in realtà un momento trasversale che si sviluppa contemporaneamente alle altre fasi, coinvolgendo principalmente il paziente e la sua rete sociale stretta, nonché i professionisti sanitari
e che fa riferimento ad un journey di tipo percettivo, indagando quello stato di riflessività continuativo che il soggetto compie sulla propria condizione di salute e che comporta una continua ricalibratura della percezione di salute e malattia. La stessa analisi può essere fatta sui caregiver e sugli operatori sanitari, che aggiornano di continuo le valutazioni sul percorso che stanno vivendo, sia in quanto erogatori della cura, si in quanto membri della rete sociale e di supporto del soggetto.
Le dimensioni si collocano all’interno dei momenti descritti, e sono aree trasversali da esplorare per ottenere una visione stratificata delle componenti del journey, il cui intreccio analitico con i momenti fornisce un ritratto approfondito del percorso di cura del paziente e del medico, abbracciando e interpretando la complessità senza riduzioni.
Esse sono:
1) DIMENSIONE SOCIALE: esplora l’impatto della patologia sulla rete sociale del paziente, considerando le influenze su famiglia, amici, lavoro e attività ricreative. Per esplorare l’impatto di questa dimensione in termini di accesso del paziente, si pone l’attenzione su due componenti: da un lato l’impatto della patologia sulla visione che il paziente ha del mondo, e i comportamenti che scaturiscono da questa trasformazione (Mattingly, 1998); dall’altro sulle modalità con cui la società si relaziona alla patologia, incluse le interpretazioni sociali, il riconoscimento della malattia e i processi di stigma e giudizio, esplorando la dinamica dialettica tra paziente e società.
2) DIMENSIONE PSICOLOGICA: esplora il journey emotivo ed elaborativo del paziente, analizzando le conseguenze psicologiche della patologia sul paziente e sui familiari. È importante evidenziare le variazioni nel benessere psicologico, identificare gli stati d’animo prevalenti e i principali dubbi irrisolti, valutare il livello di consapevolezza della propria condizione e il grado di comunicazione dei pensieri ed emozioni in famiglia e con i professionisti sanitari. In ottica di accesso, è importante dunque valutare quanto questi processi siano supportati dal sistema sanitario, ad esempio mediante un’assistenza psicologica a pazienti e caregiver, ma anche quanto i clinici siano formati sul porre attenzione a questa dimensione e sul portare avanti una comunicazione efficace ed empatica.
3)DIMENSIONE CULTURALE:
vuole mettere a fuoco le modalità che il soggetto ha di concepire il corpo e la malattia in generale, e successivamente la specifica malattia di cui è portatore, e che sono tutte interpretazioni culturalmente situate. È questa la dimensione che si focalizza sul processo di attribuzione di significato alla propria esperienza di malattia, e che rimanda alla scomposizione sociologica in illness, disease e sickness (Twaddle, 1994; Young 1982), e alle dinamiche di distruzione e ricostruzione del mondo (Gadow, 1980) a cui va incontro il soggetto che intraprende un percorso di cura. Aspetti dell’accesso legati alla dimensione culturale riguardano principalmente la difficoltà degli operatori sanitari nel riconoscere e rispettare le diverse concezioni del corpo e della malattia che i pazienti possono avere, influenzate dalle loro specifiche visioni del mondo e dalle interpretazioni culturali. Inoltre, è importante considerare i percorsi alternativi e le pratiche di autocura che i pazienti potrebbero seguire, e come esse si relazionino ai servizi di cura del sistema sanitario.
4)DIMENSIONE POLITICO-ISTITUZIONALE: esplora il riconoscimento e la rappresentanza politica che riceve la patologia, le azioni istituzionali di sensibilizzazione e prevenzione, e le variazioni regionali nei percorsi di cura e accesso ai trattamenti. Le problematiche di accesso che si possono riscontrare in quest’area, infatti, includono ad esempio le disparità regionali nelle normative e nell’accesso ai farmaci, la variabilità nelle esenzioni e nei percorsi agevolati, e l’efficacia delle campagne istituzionali di informazione e prevenzione.
5)DIMENSIONE AMMINISTRATIVA E BUROCRATICA: collegata alla precedente, esamina non solo il riconoscimento e le garanzie di cui gode una determinata patologia, in termini di leggi promulgate ed esenzioni, ma anche la facilità con cui i pazienti possono accedervi, inclusi aspetti critici come le liste d’attesa, la gestione dei piani terapeutici e follow-up che possono rappresentare alcune delle principali problematiche di accesso ad oggi nel nostro scenario nazionale.
3.L’analisi del Patient Journey in un’ottica cognitivo-comportamentale: il modello ABCDE
Un modello analitico e interpretativo che ri-
veste particolare importanza nell’ambito degli studi sul comportamento e che può essere in questo caso usato proprio come supporto descrittivo all’inferenza causale tra motivazioni e comportamenti è un modello elaborato all’interno della terapia cognitiva e la Rational Theory da Albert Ellis27 nel campo degli studi sul comportamento ma usato ovviamente fuori dalle finalità psicoterapeutiche. Si tratta del modello ABCDE di “ristrutturazione cognitiva” e costituisce un fondamentale strumento concettuale per affrontare i processi mentali che influenzano le nostre emozioni e il nostro comportamento. In particolare, questo modello pone l’accento sulle modalità specifiche di interpretazione della realtà da parte dei soggetti, aiutandoci a comprendere come le nostre credenze, i nostri pensieri e le nostre interpretazioni degli eventi influenzino direttamente le nostre reazioni emotive e i nostri comportamenti, in particolare le loro variazioni. Il modello si fonda sulla teoria secondo cui gli individui costruiscono continuamente delle rappresentazioni e delle narrazioni intorno alle proprie esperienze, fondate cioè sul sistema di credenze, valori, significati socialmente condivisi e negoziati all’interno della società in cui vivono e tramite esse interpretano quanto accade loro.
Ogni lettera dell’acronimo del modello (di seguito un esempio del modello ABCDE) rappresenta una delle unità di analisi e contemporaneamente le fasi stesse che scandiscono una specifica situazione cognitiva e/o comportamentale. In particolare, la lettera “A” (Activating event) indica l’evento attivatore, ossia la situazione o l’evento esterno che scatena la nostra risposta emotiva e che è un evento, una situazione o una circostanza che viene percepita soggettivamente: è importante sottolineare questo aspetto, in quanto secondo questo modello interpretativo non è l’evento in sé a determinare le nostre emozioni, ma piuttosto l’interpretazione e valutazione soggettiva di esso. La lettera “B” rappresenta poi le credenze (Belief), le convinzioni e i pensieri automatici che sorgono come risposta all’evento attivatore e che possono essere consapevoli o inconsci, giocando un ruolo fondamentale nella formazione delle nostre emozioni. Successivamente, la lettera “C” (Consequence) indica le emozioni che proviamo come risultato delle nostre interpretazioni e dei nostri pensieri automatici e che
27 Prima elaborazione del modello in Ellis, A. (1957). “Rational psychotherapy and individual psychology”. Journal of Individual Psychology, 13, 38-44.
possono essere, anche in questo caso, positive, negative o ambivalenti e possono anche variare in intensità. Si arriva poi alla lettera “D” (Disputation), momento cruciale all’interno del modello ABCDE in quanto rappresenta la fase di disputa o, per l’appunto, di ristrutturazione cognitiva. In questa fase, infatti, sfidiamo e mettiamo in discussione le nostre credenze e i nostri pensieri automatici, esaminando la loro validità e cercando alternative più realistiche e funzionali. È proprio questo processo di disputa che ci consente di modificare le nostre interpretazioni degli eventi, di ridimensionare le emozioni negative associate ad essi e, in ultimo, di modificare sostanzialmente il nostro comportamento. Infine, la lettera “E” (Effect) rappresenta il risultato o l’effetto finale della ristrutturazione cognitiva appena avvenuta. Attraverso la riformulazione dei nostri pensieri e delle nostre credenze, siamo a questo punto in grado di sviluppare emozioni più adattive e funzionali, che possono influenzare positivamente il nostro comportamento e il nostro benessere psicologico e determinare un punto di svolta nel nostro percorso. È evidente, dunque, come l’elemento interessante di questo modello risieda nella sua capacità di aiutarci a riconoscere, intercettare e modificare gli schemi di pensiero disfunzionali e i bias cognitivi che hanno impatto sui comportamenti o sui modelli organizzativi e
che vanno affrontati e risolti. Esistono infatti diversi turning points che contribuiscono a riconfigurare tali rappresentazioni operando una ristrutturazione cognitiva nell’individuo e influiscono in maniera diretta sulle scelte prese.
Attraverso l’attenzione e il controllo sulle credenze negative o irrazionali, è possibile ottenere infatti una prospettiva più equilibrata degli eventi e delle situazioni, riducendo così l’impatto negativo delle emozioni avverse sui comportamenti e sulla salute e seguendo un percorso che permette di sviluppare pensieri più realistici, adottare prospettive alternative e promuovere un nuovo atteggiamento mentale.
La ricostruzione del caso sul piano descrittivo potrebbe essere anche rappresentata grazie ad un Patient Journey che ponga l’attenzione alla dimensione comportamentale ed emotiva considerando gli aspetti funzionali ed organizzativi di contesto.
Il Journey, come noto, è una rappresentazione del percorso che un paziente intraprende per richiedere ed ottenere assistenza sanitaria o sociosanitaria (di seguito un esempio di Patient Journey in un’ottica comportamentale che si concentra sugli aspetti funzionali-organizzativi o emotivi dei pazienti che soffrono di una malattia genetica rara caratterizzata da una grave forma di epilessia).
ESEMPIO DI MODELLO ABCDE

Inizia sul piano sanitario quando il paziente sperimenta i primi sintomi e termina quando il paziente riceve le cure di cui ha bisogno. Il Journey del paziente può essere lungo e comples-
so e può coinvolgere diversi attori, tra cui medici, infermieri, farmacisti e altri professionisti sanitari, operatori sociosanitari, familiari, ecc.
PATIENT JOURNEY FUNZIONALE

PATIENT JOURNEY EMOTIVO

4.Lo studio di caso multiplo
Per scopi esplicativi e considerando gli obiettivi e la proposta teorica metodologica discussa, per mettere all’opera queste riflessioni sul Patient Journey come strumento di analisi delle criticità di accesso, in questo contesto si suggerisce il metodo dello studio di caso multiplo28, il quale sembra il più adeguato a questo scopo.
Uno studio di caso è una indagine empirica che studia un fenomeno entro il (in relazione al) suo contesto di vita reale specialmente quando i confini fra fenomeno e contesto non sono chiaramente evidenti. In altre parole, si usa il metodo dello studio di caso perché si vogliono studiare deliberatamente condizioni contestuali pertinenti al fenomeno oggetto di studio29.
Come descritto tra gli altri da Zannini (cap. 6, Mortari e Zannini 2017) lo studio di caso prima ancora che una metodologia è una scelta legata all’oggetto di studio, una strategia di ricerca completa, che “prende in esame e intende acquisire adeguata comprensione di un particolare fenomeno”. È una scelta di ricerca empirica, che secondo Yin (2007) mira a ottenere una conoscenza diretta del fenomeno oggetto di studio ed è di crescente popolarità all’interno di diverse discipline, da quella delle teorie valutative in salute pubblica compreso l’ambito della medicina traslazionale30 (Archibald et al. 2018) alla sociologia e antropologia (Yin, 2017) e ovviamente nel
28 Sull’argomento solo a titolo di esempio: Bassey, Michael. 1999. Case Study Research In Educational Settings. McGraw-Hill Education (UK); Mortari, Luigina, e Lucia Zannini. 2017. La ricerca qualitativa in ambito sanitario. Carocci. Una interessante integrazione fra studio di caso e valutazione realista in G.Martucci 2021 Valutazione realista del centro didattico regionale multimediale “Luoghi di Prevenzione” della Regione Emilia-Romagna e della sua metodologia di lavoro mediante studio di caso valutativo multiplo, tesi di dottorato, Università degli studi di Parma
29 Aspetto che non è prerogativa di qualsiasi strategia di indagine ad esempio nel caso del metodo sperimentale si separa analiticamente un fenomeno dal suo contesto, focalizzando l’attenzione solo su alcune variabili e controllando le altre. Il metodo sperimentale/controfattuale è l’alternativa delle valutazioni di impatto di interventi complessi (sull’argomento ad esempio Strada, Martini “L’approccio controfattuale alla valutazione degli effetti delle politiche pubbliche” http://valutazioneinvestimenti.formez.it/sites/all/files/Capitolo%201%20%20 L’approccio%20controfattuale.pdf
30 Archibald, M.M., M. Lawless, G. Harvey, e A.L. Kitson. 2018. «Transdisciplinary research for impact: Protocol for a realist evaluation of the relationship between transdisciplinary research collaboration and knowledge translation». BMJ Open 8 (4). https://doi.org/10.1136/bmjopen2018-021775; Yin, Robert K. 2017. Case Study Research and Applications: Design and Methods. SAGE Publications.
caso delle discipline che hanno una “clinica”.
Rientra prevalentemente fra i metodi di ricerca qualitativa (non-standard) e permette di studiare contesti complessi per facilitarne la comprensione e la modellizzazione, di solito grazie a interviste, osservazione e studio dei materiali prodotti.
Tra le diverse possibili tipologie di studio di caso, questo costituisce un “Evaluative case study” che punta alla comprensione in profondità di esperienze tipiche (pag. 194, Mortari e Zannini 2017) o criticità legate all’accesso del paziente.
Lo scopo nel caso specifico del journey del paziente potrebbe essere quello di ricostruire nel dettaglio delle configurazioni ABCDE e la selezione dei casi raccolti ovviamente su base induttiva rappresenta in realtà uno strumento per costruire delle tipologie della situazione del paziente e dell’assistenza sanitaria o sociosanitaria sotto indagine. Come noto, nella letteratura del settore, nello studio di caso multiplo è, infatti, necessario rinunciare a qualunque principio di rappresentatività statistica; la loro selezione dovrebbe invece puntare a possibilità di confronto che portino alla generazione di ipotesi di funzionamento interessanti e/o modelli utili (pag. 198, Mortari e Zannini 2017).
5.Reporting nello Studio di caso e i protocolli di studio
Nello “Structured Reporting” dello studio di caso (pag. 207, Mortari e Zannini 2017) è previsto che si espongano: gli elementi di definizione del caso, la descrizione della raccolta dei dati, l’analisi dei dati che porta alla definizione più dettagliata del caso stesso e le tecniche e le metodologie per il suo approfondimento. Altri schemi di reportistica sono presenti in altri testi/manuali sullo studio di caso (come in Yin 2017). In questo tipo di indagine appare necessario, inoltre, definire un protocollo di uno studio di caso, un insieme di regole procedurali esplicite che vanno dai criteri di selezione del caso fino alla definizione dei concetti (ad esempio meccanismo, contesto, ecc.…) e delle dimensioni e degli argomenti di interesse. Il protocollo deve essere allineato alla traccia delle interviste. Il protocollo dovrebbe presentare le seguenti
sezioni31 (da Yin 2005 versione italiana p. 31 Yin 2005 Lo studio di caso nella ricerca scientifica Armando Editore versione italiana p.96
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96):
• Una descrizione generale del progetto dello studio di caso (obiettivi del progetto e prospettive, problema di studio e letture rilevanti sull’argomento)
• Procedure per la raccolta delle informazioni
• Guida pratica per la realizzazione dello studio di caso e degli argomenti principali che devono essere esplorati e le evidenze da raccogliere che possono seguire una traccia sulla base di alcune schede predisposte32 da usare come supporto all’esplorazione del caso da parte del gruppo di ricerca.
Fra gli elementi che dovrebbero essere presenti in una reportistica di studio di caso ci dovrebbe essere una descrizione analitica dell’esperienza secondo un modello logico (di flusso o metodologico); una descrizione argomentativa e narrativa dell’esperienza e dei comportamenti; dei riferimenti alla letteratura scientifica sul tipo di processo descritto; una descrizione – senza l’elemento inferenziale - dei processi rilevati, del contesto odegli outcome e una descrizione delle possibili interpretazioni alternative o degli effetti inattesi.
In questo senso un ruolo determinante ha la comprensione dei comportamenti esistenti (quindi qui il supporto delle scienze comportamentali è essenziale) e l’identificazione di un comportamento desiderato (nell’ipotesi di cambiamenti comportamentali come nella promozione della salute o nella prevenzione) e ogni passaggio dovrebbe essere scandito da una specifica raccolta dati proprio nell’ottica di riuscire a costruire un processo inferenziale causale di tipo realista quindi che sia in grado di mettere in relazione le dinamiche sottostanti con la specificità del contesto33.
6.Un caso studio: le problematiche di accesso nel journey di una paziente all’ospedale San Gennaro di Napoli
Per comprendere come la conduzione di un’indagine sul Patient Journey secondo la struttura appena esposta possa portare all’identificazione di problematiche sia di tipo comportamentale, che organizzativo e amministrativo legate all’accesso del paziente, si propone come esempio un caso di narrazione individuale del Patient Journey, il caso di Rosaria, in una delle aree terapeutiche caratterizzate in Italia dal maggior tasso di cronicità, ossia quella cardiovascolare.
6a. Il racconto
32 A titolo di supporto: Realist Evaluation Interviewing – A ‘Starter Set’ of Questions; Protocols and realist evaluation; The Realist Interview
33 Un riferimento in “Behavioural Insights Toolkit: A stepby-step process for building a behavioural intervention, with brainstorming cards” Research and Evaluation Unit (RIMU) June 2022. Interessante il riferimento alle schede comportamentali che fanno riferimento a dei principi teorici delle scienze del comportamento come ad esempio: “Riduzione della dissonanza cognitiva”, “Ridurre l’attrito”, “Ridurre il sovraccarico di scelta”, ecc.)
Rosaria è una donna di 76 anni. Dopo una visita dal cardiologo, a causa della pressione troppo alta, le viene prescritto un monitoraggio con l’holter pressorio. Rosaria, quindi, prenota una visita all’ospedale San Gennaro col fine di fare tale esame per la pressione. La prenotazione avviene il 30 luglio per il 31 ottobre. Torna dal cardiologo per spiegare che le è stata assegnata una data molto in là col tempo, chiede quindi se questo può costituire un problema. Il medico la rassicura sul fatto che non è un esame urgente. Rosaria, quindi, aspetta il giorno della visita. L’appuntamento per la visita, il 31 ottobre, è alle 8.30. Rosaria si presenta puntuale in reparto. Aspetta, sotto consiglio di una dottoressa a cui chiede informazioni, l’arrivo dell’infermiera. L’infermiera arriva alle 9.30. Dopo un quarto d’ora esce dalla stanza e chiede di Rosaria, poiché la sua prenotazione era in agenda. Quando Rosaria si identifica, l’infermiera le comunica che dovrà tornare a mezzogiorno. Rosaria chiede spiegazioni, a quel punto l’infermiera le spiega che la signora che in quel momento indossa l’holter andrà a toglierlo non prima di mezzogiorno. A questo punto Rosaria è senza parole, e chiede all’infermiera cosa dovrebbe fare, secondo lei, fino a mezzogiorno. L’infermiera si spazientisce e risponde con aggressività che non c’è niente che lei possa fare. Rosaria spiega a questo punto che è già diverso tempo che aspetta. L’infermiera insiste dicendo che malgrado tutte le carte che Rosaria può mostrarle lei non può fare nulla. Conclude invitando Rosaria ad andarsi a lamentare direttamente con il Presidente di Regione, De Luca, per i disservizi. Rosaria molto infastidita dai modi dell’infermiera si riprende con modi
bruschi i fogli rivolgendosi verso l’uscita. L’infermiera la ferma e le chiede con una certa sorpresa se avesse deciso di andarsene. Rosaria a quel punto, ancora infastidita, le spiega che non avrebbe aspettato mezzogiorno per mettere l’holter. E consiglia all’infermiera di modificare i modi nel rivolgersi ai pazienti, innanzitutto con maggiore educazione ma anche con più empatia. Poiché, continua Rosaria, il paziente è già in una condizione fisica e mentale delicata, e simili arrabbiature non solo non fanno bene alla sua salute mentale, ma potrebbero anche causarle dei picchi di pressione alta che per una persona nelle sue condizioni di salute potrebbero essere molto pericolosi. Del resto, il motivo per cui si trovava quella mattina in ospedale era proprio la pressione alta. Quella mattina, quindi, sceglie di andarsene non aspettando mezzogiorno. Per l’holter si rivolgerà successivamente a un’azienda privata.
6b. Il contesto
La vicenda qui raccontata si svolge nel presidio ospedaliero San Gennaro dei Poveri, ubicato nel Rione Sanità a Napoli. Il presidio ospedaliero fa parte dell’ASL Napoli 1.
A seguito del commissariamento del Servizio Sanitario Regionale campano nel 2009, il nominato Commissario ad Acta emana il Decreto n. 49 del 27 settembre 2010 con cui definisce le linee guida che definiranno la riorganizzazione ospedaliera regionale contenuta nel Piano Sanitario Regionale 2011-2013. In tale Piano viene chiaramente esposto che il presidio ospedaliero verrà chiuso per far confluire le sue funzioni nel nascente Ospedale del Mare, ubicata nel territorio dell’ASL Napoli 3, giustificando tale atto con il riequilibrio dell’assistenza territoriale che è gravemente carente nella zona dell’ASL Napoli 3 e la riorganizzazione del sistema con l’obiettivo di contenerne i costi.
A tale atto, nel concreto segue immediatamente, nel 2011, la chiusura del Pronto Soccorso, e progressivamente il depotenziamento dei vari reparti. Tale spostamento di funzioni, macchinari e personale da una struttura all’altra sarebbe dovuto avvenire in modo progressivo fino al suo completo smantellamento. La scelta politica della chiusura definitiva del presidio sembra essere mantenuta nel “Piano Regionale di Programmazione della Rete Ospedaliera ai sensi del DM 70/2015”. Il quartiere, però, insorge. Viene organizzato un picchetto permanente fuori l’ospedale che ripetutamente bloccherà le operazioni di
trasloco. Le proteste spontanee fuori l’ospedale nel tempo si strutturano e, individuando una sede fisica all’interno della struttura (con l’occupazione di alcuni locali in stato di abbandono), viene costituito il “Comitato san Gennaro in difesa dell’Ospedale”. Le proteste del quartiere, insieme al cambio ai vertici politici della Regione Campania determinano un deciso cambio di rotta politica, e nel 2018 la Regione Campania, ora guidata da Vincenzo de Luca, emana un aggiornamento al Piano del 2015 che rivede la scelta di smantellamento dei presidi territoriali cittadini a favore dell’Ospedale del Mare. In questo documento, al contrario, si cita la necessità di interventi di messa a norma dell’Ospedale San Gennaro e di altre strutture territoriali, oltre alla citata intenzione di aprire nella struttura una Hospice per malati terminali e la conversione del San Gennaro in Ospedale di Comunità. Quest’ultima decisione recepisce il Decreto-legge n. 158 del 2012 messo a punto dall’allora Ministro della Salute Renato Balduzzi. Il documento riprende le indicazioni del precedente Decreto Ministeriale del 2007 a firma Livia Turco, che introduce per la prima volta la figura della Casa della Salute, in via di sperimentazione. Nel Decreto Balduzzi, la Casa della Salute (o Casa di Comunità, come verrà definita successivamente) viene inserita in un sistema maggiormente integrato col territorio. Tale nuovo quadro politico, che intende riformare il SSN verso una maggiore partecipazione civica alla salute pubblica, non individua i finanziamenti necessari ad attuare il progetto (Neri, 2023); lasciando di fatto un vuoto attuativo importante. Tale mancanza, infatti, ne condiziona il destino, dati i pochi fondi a disposizione delle Regioni; alcune delle quali anche sotto procedura di rientro (soprattutto al Sud), accentuando una già presente disuguaglianza tra la qualità dei servizi erogati tra aree diverse del Paese, tra Regioni che hanno i fondi per procedere all’attuazione del Piano e Regioni che non possono.
La pandemia da Covid-19 nel 2020 accelera il processo di riorganizzazione e, a seguito dell’evidenza sulle gravi carenze del sistema di assistenza sanitaria territoriale su tutto il territorio nazionale, viene emanato il D.M. 77/2022 che prevede una sua profonda riorganizzazione verso una maggiore attenzione alle specificità territoriali e alla partecipazione civica ai processi di gestione e promozione della salute pubblica e dell’assistenza. Questa avviene avendo come fulcro la creazio-
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ne della Casa di Comunità e dell’Ospedale di Comunità, strutture diffuse sul territorio che avrebbero dovuto rispondere alle carenze emerse. Con deliberazione regionale n. 682 la Campania recepisce il Decreto Ministeriale e individua nel San Gennaro una delle strutture destinate a diventare Ospedale di Comunità e Casa di Comunità.
Come evidenzia Ingrosso (2023), anche nel D.M. 77/2022 vi sono dei punti di criticità. Infatti, se da un lato si dedica attenzione alla riorganizzazione del SSN ai fini della sua diffusione sul territorio, dall’altro si lascia troppa indeterminatezza riguardo alle figure non sanitarie che andranno ad affiancare gli operatori sanitari. Il lato sociale del piano di riorganizzazione, quindi, sembra non avere la stessa importanza che viene dedicata al lato medico nella costruzione di un’equipe dedicata alla gestione del paziente. In questo senso, uno degli aspetti di maggiore criticità riguarda la parte di integrazione sociale col territorio, che viene lasciata molto vaga. Si cita infatti una volontà di coinvolgimento delle realtà locali all’interno di un dato contesto sociale, ma non si identificano i criteri con cui queste realtà verranno selezionate, né quali saranno i compiti che gli stakeholders della società civile andranno ad assolvere all’interno della Casa di Comunità. Ci si limita ad un richiamo generico alla promozione della salute e di stili di vita sani, in cui tali entità andranno a svolgere un ruolo di supporto agli operatori sanitari. Non vi è, però, nessuna parte dedicata al ruolo che il territorio potrebbe svolgere nell’individuazione dei bisogni specifici di un dato contesto e nella conseguente strutturazione di una risposta personalizzata a questi.
Il caso del Comitato San Gennaro, ormai da tempo Associazione riconosciuta che in questo momento sta svolgendo le pratiche necessarie per l’iscrizione al RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore), è indicativo di tale criticità. Esso svolge fin dalla sua costituzione il ruolo di attore di mediazione tra territorio e ASL, non solo come organo di monitoraggio dei livelli di erogazione del servizio, ma anche con attività di promozione alla salute, in dialogo con il Consultorio all’interno della struttura, con lo sportello STP/ ENI per persone migranti, e nel passato con attività di assistenza informazioni ai pazienti all’entrata del presidio. Queste ed altre attività con stakeholders locali, come parrocchie, comitati, associazioni e sindacati; sono state elencate all’interno di
una lettera indirizzata ai vertici della struttura ospedaliera e della ASL NA 1, per chiedere l’assegnazione formale di stanze a seguito dei lavori di ristrutturazione previsti dal D.M. 77/2022 e finanziati con il PNRR. Questo perché durante il lavoro di campo svolto è emerso come la direzione sanitaria e la ASL non abbiano ancora individuato delle stanze da destinare al Comitato San Gennaro, che svolge attività all’interno della struttura da anni (fino ad ora in modo illegale, poiché le stanze sede del Comitato furono occupate ai tempi della protesta, senza mai un riconoscimento formale). Nella lettera sopracitata viene evidenziato come, alla luce dell’attività svolta dal Comitato in questi anni, esso rientri a pieno titolo nella volontà di integrazione territoriale del Servizio Sanitario pubblico con le realtà locali che è prevista dal D.M. 77/2022. È evidente come tale indeterminatezza favorisca troppa discrezionalità da parte dell’amministrazione pubblica; poiché non individua i criteri di selezione su quali realtà locali possono essere coinvolte né le sue modalità. Come fa notare Ingrosso (2023), se viene meno l’aspetto caratterizzante dell’integrazione territoriale della Casa di Comunità il rischio è che essa venga svuotata della sua forza di rivoluzione del sistema, determinando semplicemente un cambio di lessico, da poliambulatorio a Casa di Comunità.
6c. Risultati
Alla luce di quanto esposto finora, nella parte inziale narrativa dell’esperienza personale di Rosaria e in quella seguente in cui si è esposto il contesto storico e normativo a cui si fa riferimento; si procede ora con la costruzione del Patient Journey.
Rosaria ha bisogno di un esame per la pressione, prova a prenotare e deve affrontare i primi ostacoli: la prenotazione è molto in là nel tempo, circa tre mesi. In questo caso specifico si tratta di un esame non urgente, che quindi non costituisce per Rosaria un problema grave.
Il giorno della visita, invece, è indicativo di diversi problemi. Bisogna tenere innanzitutto conto che Rosaria è un’attivista del Comitato San Gennaro, e una paziente che da tutta la vita si rivolge al presidio per curarsi; pertanto, conosce bene non soltanto lo spazio fisico della struttura e le persone che lì vi lavorano, ma anche le dinamiche che all’interno di questa si sviluppano. Nel lavoro di campo all’interno del Comitato è capitato diverse
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volte di accogliere pazienti e indirizzarli verso il reparto di cui necessitavano. Questo ad indicare una carenza nella segnaletica delle indicazioni che dovrebbero guidare il paziente nell’edificio.
Arriva come da prenotazione, alle 8.30, puntuale; ma deve attendere un’ora l’arrivo dell’infermiera. Quando quest’ultima arriva comunica a Rosaria che l’holter non è disponibile poiché al momento indossato da un’altra paziente, che lo restituirà quello stesso giorno ma dopo mezzogiorno. Questo evento permette di evidenziare diverse criticità nell’erogazione del servizio pubblico, che riguardano la gestione della sanità pubblica sui diversi livelli in cui essa si sviluppa, dal micro al macro, e viceversa. Innanzitutto, il racconto dell’avvenimento fa emergere la grave carenza di dotazione di dispositivi di cui soffre il presidio, che costringono gli operatori a dover usare un unico holter disponibile per tutta l’utenza. Tale fattore naturalmente attiene al livello macro, poiché sottolinea il grave deficit di strumentazione della sanità regionale, che avrebbe bisogno di ingenti finanziamenti per rispondere a queste carenze. A tale livello si aggiunge un livello meso, che riguarda l’organizzazione e la gestione degli appuntamenti. Una gestione minimamente più attenta avrebbe permesso a Rosaria di prenotare la visita solo dopo le 12, non obbligandola in questo modo a dover aspettare delle ore. Infine, c’è un livello micro da tenere in considerazione, e che attiene le modalità che gli operatori del presidio mantengono con i pazienti. Rosaria, anche perché attivista da anni su questi temi, ne è ben consapevole: «il paziente quando arriva in ospedale sta in uno stato psicologico che non è normale, quindi tu già lo devi capire che io non sto normale» (Napoli 01/04/2024). Tale aspetto fa emergere un problema reale, che impatta tutti i giorni sull’esperienza di cura del paziente e sulla possibilità di accesso a un livello qualitativo minimo garantito di prestazione, poiché la mancanza di comunicazione e l’incapacità di dare informazioni chiare al paziente può influenzare in modo importante la reazione del paziente stesso. Nel caso di Rosaria, ad esempio, lei sceglie di andarsene e rivolgersi ad un servizio privato. Le cause per questa mancata attenzione nella comunicazione degli operatori sanitari, possono certamente essere fatte risalire ad un livello di frustrazione dovuto alla carenza di mezzi e in generale ad un ambiente di lavoro stressante - in effetti, l’infermiera ci tiene a sottolineare come
le colpe siano da far risalire all’amministrazione regionale – ma anche alla mancanza di formazione specifica degli operatori sulle modalità di comunicazione da tenere con il paziente e sugli aspetti psicologici che possono impattare sia sulla salute mentale che su quella fisica; tanto da far dire a Rosaria che simili arrabbiature potrebbero causarle degli aumenti di pressione che potrebbero essere per lei pericolosi. Paradossalmente proprio a causa di una visita che dovrebbe monitorare la sua pressione alta.
7.Conclusioni
La struttura di Patient Journey proposta permette dunque di impostare in maniera esaustiva ed efficace la raccolta dati di ricerche qualitative e quantitative che puntino alla ricostruzione del percorso di cura del paziente col fine di intercettare e definire problematiche di accesso ai servizi sanitari, rilevando discontinuità e determinanti, come quelle anagrafiche, socio-culturali, burocratiche, che influenzano i percorsi di cura. Tale operazione può essere fatta a livello micro, partendo dalle narrazioni individuali dei percorsi di malattia e dai livelli che esse intrecciano, ma possono poi essere ampliate e raggruppate per identificare problematiche trasversali di accesso in un’area terapeutica. Identificare questi snodi critici, è il primo passo per progettare modifiche e miglioramenti che rendano il processo terapeutico più accessibile, continuativo, efficace ed empatico, migliorando l’aderenza alle terapie, la qualità della vita del paziente e, non ultimo, le probabilità di successo terapeutico.
Riferimenti
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10. 10.1080/24735132.2019.1582741
11. McCarthy S., O’Raghallaigh P., Woodworth S., Lim Y.L., Kenny L.C., Adam F. (2016). An integrated patient journey mapping tool for embedding quality in healthcare service reform. Journal of Decision Systems. 25, 1:354-368.DOI: 10.1080/12460125.2016.1187394
4.5.6 ANALISI
MIGLIORARE L’ACCESSO ALLE CURE E
ALL’ASSISTENZA SANITARIA E SOCIOSANITARIA
di GiAcomo GALLetti, Lucio corsAro, GiAnLucA vAccAro
1.Le scienze comportamentali come strumento analitico per migliorare l’accesso alle cure all’assistenza sanitaria e sociosanitaria
Un argomento innovativo di riflessione riguarda il possibile ruolo delle scienze comportamentali nella promozione del Patient Access. Si ritiene, infatti, che le scienze comportamentali possano contribuire al miglioramento dell’accesso alle cure attraverso diverse strategie e approcci.
Ma cosa sono le scienze comportamentali? Semplificando molto il discorso, si può dire che lo scienziato comportamentale sia colui che abbia come obiettivo la comprensione delle barriere, fisiche o cognitive, che trattengano le persone dall’adottare comportamenti e fare scelte che risultano non vantaggiose per sé stesse e per la comunità. Il filone di studi dei cosiddetti behavioural insights ha recentemente ricevuto un forte stimolo da quando, nel 2017, l’economista comportamentale Richard Thaler vinse il premio Nobel per l’economia. Thaler, insieme al collega Cass Sunstein, avevano nel 2008 un libro intitolato “Nudge. La spinta gentile” che esplorava attraverso diversi ambiti, dall’economia alla salute, il modo in cui le scelte degli individui portassero frequentemente a risultati sub-ottimali, a causa di quelle “distorsioni cognitive”, obias, che quotidianamente condizionano l’adozione di comportamenti non appropriati. Secondo Thaler e Sunstein, sarebbe possibile adottare alcuni semplici accorgimenti, spesso dal costo irrisorio, facilitare e supportare l’adozione di comportamenti individualmente e socialmente desiderabili senza tuttavia limitare la libertà decisionale della persona. Le potenzialità di questo tipo di “supporto
comportamentale”, non ancora pienamente sfruttate nell’area Salute, riguarda il contributo delle analisi comportamentali nel comprendere meglio motivazioni, scelte ed azioni dei professionisti sanitari e dei pazienti.
Alcuni esempi dell’utilizzo delle scienze comportamentali in ambito sanitario raccontano34 di come alcune scelte appropriate nell’ambito della ventilazione a basso volume nella terapia intensiva dell’University Hospital di Bristol siano state facilitate adottando come “opzione di default” la regolazione al minimo delle macchine all’inizio del trattamento, arrivando così a ridurre la mortalità del 25%.
Attirando invece l’attenzione dell’individuo sulle conseguenze dei nostri comportamenti che non siamo abituati a considerare, una sperimentazione nel Servizio sanitario inglese, l’NHS, ha portato alla riduzione del numero degli appuntamenti mancati per visite ospedaliere semplicemente attraverso un reminder via sms con l’indicazione del costo sopportato dal sistema se il paziente non si fosse presentato.
Il ricorso alle cosiddette “norme sociali” ha caratterizzato un intervento di scienze comportamentali sempre in Inghilterra dove, per ridurre la prescrizione non appropriata di antibiotici, al 20% dei medici di medicina generale che prescrivevano antibiotici in quantità superiore rispetto ai colleghi veniva inviata una lettera in cui si segnalava la difformità di comportamento rispetto ai loro pari nelle scelte prescrittive. La riduzione del 3,3% di antibiotici è stato considerato un risultato positivo, specie se rapportato al volume complessivo dei farmaci non prescritti e al costo contenuto dell’operazione.
34 www.wish.org.qa/wp-content/uploads/2018/01/IMPJ4495_WISH_Behavioral_Insight_ WEB_2.pdf
Infine, in un intervento americano, sono stati forniti informazioni e volantini per disincentivare il fumo ai pazienti durante il consulto infermieristico nell’immediatezza di un’operazione chirurgica, ovvero in un momento particolare, che incide fortemente sulla ricettività della persona. Il cambiamento di abitudini è risultato positivo nel 3% dei casi circa sul lungo periodo, attestando l’opportunità di prendere in considerazione la tempestività della comunicazione. La lista degli interventi e degli ambiti di applicazione delle scienze comportamentali in sanità sarebbe molto lunga, e non è questo il contesto in cui dilungarsi. Presentando questi esempi l’intenzione era quella di sottolineare come sia possibile ottenere effetti positivi, anche se marginali nell’ottica di un cambiamento globale, attraverso interventi e accorgimenti facilmente realizzabili e dal costo irrisorio, se non nullo, che rendano un comportamento facile da attuare, attirando l’attenzione non solo sulla sua opportunità, ma anche sulla sua rilevanza sociale, attraverso un intervento promosso nel momento in cui il soggetto è più sensibile ad operare scelte diverse. Questa e altre esperienze degli ultimi anni dimostrano, infatti, come la promozione di piccoli cambiamenti possa avere un impatto significativo sul comportamento di cura dei pazienti e sulle azioni degli operatori sanitari nel migliorare complessivamente la gestione sanitaria e gli outcome di salute. È chiaro che una prospettiva centrata sui comportamenti non possa avere una visione riduttivistica escludendo dalle analisi dimensioni di sistema o strutturali altrettanto importanti. È qui che ci può supportare come possibile strumento analitico di pianificazione legato alla promozione di comportamenti desiderati ma, questa la proposta avanzata in ambito di Patient Access, anche di identificazione di possibili criticità legate all’accesso all’assistenza sanitaria e sociosanitaria il modello di L.W. Green & M.W.
Kreuter35, un modello partecipativo e integrato orientato alla comunità per la realizzazione e valutazione di interventi efficaci per generare salute studiando i comportamenti. Tale modello parte dal presupposto secondo il quale la promozione della salute abbia più probabilità di essere efficace se partecipativa e studiata all’interno di un contesto di comunità che consideri la salute e i problemi ad essa collegati come problemi legati alla qualità di vita. Il modello incorpora una valutazione multi-livello, con l’obiettivo di poter monitorare costantemente e regolare la valutazione sui diversi livelli di analisi e di implementazione degli interventi visto che si basa su una progettazione che inizia dagli outcome desiderati per poi seguire “a ritroso” un percorso diagnostico caratterizzato dalla scomposizione dei diversi piani di analisi (fase appunto chiamata Precede) così da poter definire gli interventi da attuare e costruire delle valutazioni di impatto corrispondenti ai diversi interventi (fase appunto chiamata Proceed) per un totale di 7 micro-fasi: Diagnosi sociale; Diagnosi epidemiologica; Diagnosi comportamentale e dell’ambiente; Diagnosi educativa e organizzativa; Diagnosi amministrativa e delle politiche per la fase Precede e Implementazione; Valutazione di processo; Valutazione d’impatto; Valutazione di risultato per la fase Proceed All’interno della fase “PRECEDE” (Predisposing, Reinforcing, and Enabling Constructs in Educational Diagnosis and Evaluation), la diagnosi è suddivisa in diverse forze che con35 Green LW e Kreuter MW (2005), Health program planning. An educational and ecological approach. New York: Mc Graw –Hill. La sua prima versione risale al 1974 per opera di Lawrence W. Green (www.lgreen.net) che, allora, aveva ideato un percorso di valutazione (prototipo dell’attuale Proceed). Nel 1980, sempre Green, si dedica allo sviluppo delle fasi di progettazione - quelle che nelle ultime versioni fanno parte del percorso Precede -. Nel 1991, Green insieme a Marshall W. Kreuter, oggi considerati gli autori di riferimento del modello, hanno sviluppato la versione che integra i due percorsi.

tribuiscono alla definizione, identificazione e promozione dei comportamenti messi in atto odesirati (considerando il diverso focus del modello se di pianificazione di interventi di promozione o se di tipo valutativo), alle condizioni di salute e al benessere della popolazione target.
I fattori sono:
• le forze predisponenti (Predisposing Forces) che si riferiscono alle caratteristiche individuali, alle credenze, alle conoscenze e agli atteggiamenti che predispongono le persone a un determinato comportamento. Ad esempio, le conoscenze sbagliate su una questione di salute potrebbero predisporre le persone a comportamenti rischiosi.
• le forze abilitanti (Enabling Forces) che riguardano le risorse, le capacità e le infrastrutture disponibili che possono facilitare oostacolare l’adozione di comportamenti salutari. Ciò potrebbe includere l’accesso a servizi sanitari, le competenze nella gestione dello stress o la disponibilità di risorse finanziarie per adottare comportamenti salutari.
• Le forze rinforzanti (Reinforcing Forces) che si riferiscono ai fattori sociali, culturali o ambientali che supportano o incoraggiano i comportamenti desiderati. Ciò potrebbe includere l’appoggio sociale da parte della famiglia o della comunità, le norme culturali che promuovono comportamenti salutari o i messaggi mediatici che incoraggiano determinati comportamenti.
Nella fase “PROCEED” (Policy, Regulatory, and Organizational Constructs in Educational and Environmental Development), vengono identificate le strategie di intervento e implementazione basate sulla diagnosi effettuata nella fase precedente. Queste strategie possono includere la pianificazione e l’implementazione di programmi educativi, l’elaborazione di politiche pubbliche, la modifica dell’ambiente fisico o sociale e altre azioni volte a promuovere la salute e il benessere.
Punto di forza del modello anche nell’ottica di un uso dello stesso in ambito di Patient Access è senza dubbio la dimensione “diagnostica” strumento di analisi propedeutica alla pianificazione di interventi di miglioramento del sistema ma anche di valutazione e di
identificazione delle criticità legate all’accesso.
Le diverse diagnosi forniscono infatti, un quadro completo per identificare le cause e le influenze che contribuiscono ai comportamenti, alle condizioni di salute e al benessere della popolazione target. Ognuna di queste diagnosi ha caratteristiche specifiche e si concentra su diversi aspetti del problema di salute, di promozione della salute o di equo accesso all’assistenza.
• La diagnosi sociale che si concentra sui fattori sociali, culturali ed economici che influenzano la salute e i comportamenti relativi alla salute e condizioni limitati ad un equo accesso all’assistenza. Questi possono includere le norme culturali, le condizioni socioeconomiche, il supporto sociale e altri fattori sociali che possono influenzare la salute, il benessere o l’accesso del paziente all’assistenza. La diagnosi sociale, quindi, aiuta a identificare le barriere sociali e culturali che possono ostacolare sia l’adozione di comportamenti salutari o l’accesso e a identificare le risorse sociali che possono essere utilizzate per promuovere la salute e il ricorso ai servizi sanitari o socio sanitari.
• La diagnosi epidemiologica che analizza l’incidenza, la prevalenza e i fattori di rischio delle condizioni di salute nella popolazione target. Si concentra sulle cause e sulle conseguenze delle malattie e delle condizioni di salute e in questo senso è precondizione di analisi dei problemi legati all’accesso ai servizi fornendo una comprensione delle condizioni di salute prevalenti nella popolazione e quindi identificando le priorità di salute e a guidare lo sviluppo di interventi mirati.
• La diagnosi comportamentale e dell’ambiente che esamina, come visto i comportamenti individuali e collettivi che influenzano la salute e come le persone si orientano nelle scelte investigando come gli ambienti fisici e sociali possono favorire o ostacolare tali comportamenti.
• La diagnosi educativa e organizzativa che valuta le conoscenze, le credenze e le abilità della popolazione target, nonché le risorse organizzative disponibili per sostenere i cambiamenti di comportamento. Questo aiuta a identificare le conoscen-
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ze errate, le credenze errate o le abilità mancanti che possono influenzare i comportamenti relativi alla salute o al ricorso di assistenza sanitaria o socio sanitaria. Inoltre, valuta le risorse organizzative disponibili per supportare l’implementazione di interventi di promozione della salute.
• La diagnosi amministrativa e delle politiche infine esamina le politiche esistenti, le risorse disponibili e le strutture amministrative che influenzano la salute o l’accesso ai servizi identificando le barriere amministrative o politiche che possono ostacolare l’implementazione di interventi di promozione della salute o di miglioramento degli accessi ai servizi sanitari o sociosanitari
Così all’interno di uno schema multidimensionale, le scienze comportamentali possono essere utilizzate per identificare e comprendere le barriere visibili e invisibili dell’accesso alle cure, come le differenze regionali o le disparità socioeconomiche, al fine di sviluppare soluzioni più equilibrate e differenziate in grado di adattarsi agli specifici contesti locali. Possono, in sintesi, arricchire il bagaglio di conoscenze riguardo al comportamento dei professionisti sanitari e dei pazienti, consentendo un intervento più mirato e incisivo per migliorare l’accesso alle cure. L’adozione di strategie e interventi basati sulle analisi comportamentali può contribuire a promuovere una cultura della cura centrata sul paziente, che a partire da esso identifichi problemi e soluzioni personalizzate, portandoci a superare le barriere che limitano l’accesso alle cure e rendendo in questo modo il sistema sanitario più equo ed efficace.
2.Una proposta per la costruzione degli strumenti di analisi comportamentale di casi di inadeguato, problematico o mancato- accesso all’assistenza sanitaria o sociosanitaria
Partire dall’analisi dei comportamenti provare ad impostare uno schema analitico/valutativo che sia il più possibile solido sul piano dei riferimenti teorici-metodologici per scomporre le situazioni legate all’accesso dei pazienti pensando non solo alle situazioni critiche ma anche a quelle condizioni migliorabili
oda migliorare, con il fine di poter identificare i punti strategici su cui poter intervenire. Stiamo quindi pensando a dei possibili strumenti propedeutici alla programmazione, all’implementazione o alla valutazione dell’intervento stesso.
È, infatti, importante definire degli strumenti per migliorare la progettazione e l’implementazione di interventi efficaci a valenza preventiva, clinico-terapeutica e assistenziale sociosanitaria, integrati e predisposti all’interno di un’unica prospettiva globale finalizzata al miglioramento degli accessi del paziente centrando l’attenzione sui processi concreti di funzionamento degli interventi e delle esperienze reali legate all’accesso.
Sulla base di queste considerazioni per integrare i livelli organizzativi diversi (prendendo spunto dalle riflessioni sui livelli di sistema micro-meso-macro), le diverse dimensioni del concetto di salute (sulla base del concetto “generativo” di salute) e i diversi piani di intervento (ripensando al modello di Green & Kreuter) esplorando e classificando i comportamenti individuali, i fattori strutturali, organizzativi, istituzionali, e contestuali, l’impianto teorico a cui possiamo riferirci può avere come riferimento proprio le scienze comportamentali.
La proposta che si avanza sul piano degli strumenti di analisi e di classificazione dei casi di -inadeguato, problematico o mancato- accesso, tiene conto della scomposizione dei diversi livelli sistemici riadattando in un’ottica sociologica il modello micro-meso-macrosistema e seguendo la definizione dei livelli secondo il Coleman’s Boat36
Fuori dal paradigma metodologico e/o esplicativo di matrice weberiana entro il quale tale diagramma è stato elaborato e quindi oltre la tesi riduzionistica entro il quale, forse impropriamente, tale diagramma è stato ricondotto e cioè all’idea di una spiegazione dei fenomeni sociali come unicamente riconducibili alle azioni intenzionate dei singoli individui che lo producono, il riferimento qui al diagramma di Coleman ha invece una funzione euristica e di supporto diagnostico. Infatti qui il senso proprio nell’ottica di una analisi comportamentale integrata non è quello di definire le motivazioni dell’attore in modo razionalistico, cioè pensando agli in36
James S. Coleman, Foundations of Social Theory, 1990, Harvard, The Belknap Press. È in preparazione l’edizione italiana, presso Il Mulino.
dividui come agenti (astratti) razionalmente orientati ai propri fini e quindi deducendo i comportamenti da una serie di assiomi teorici ricavabili dalla teoria dell’azione razionale, ma di fare esattamente il contrario cioè riconoscere nell’indagine empirica lo strumento principe di identificazione, rilevazione e interpretazione dei comportamenti effettivi, questo però prendendo in prestito in un’ottica pragmatica le “Beliefs, preferences, and constraints model” (BPC) proprio di questo modello quindi rilevando credenze, preferenze e vincoli.
Il Coleman’s Boat è un diagramma che mette in relazione la dimensione micro con la dimensione macrosociale provando a spiegare le dinamiche legate ai cambiamenti di comportamenti, eventi, proprietà e processi sociali su larga scala. L’ottica, come dicevamo, del riferimento in ambito diagnostico-comportamentale del diagramma è di tipo euristico e cognitivo più che eziologico-teorico o paradigmatico.
Il diagramma ha dei nodi e delle frecce. I nodi A e D si riferiscono a vari tipi di macro fatti o eventi sociali: gli eventi A sono fattori sociali extra-individuali cause di fenomeni sociali che incidono sugli individui come potrebbero essere le condizioni sociali, familiari odi gruppo; gli eventi D sono fatti macro-sociali che invece devono essere spiegati, come ad esempio nel nostro caso l’iniquità di accesso ai servizi sanitari.
Il nodo B si riferisce alle proprietà dei soggetti come i valori, le opportunità, le credenze, le preferenze, i vincoli, le motivazioni, le emozioni, le abitudini ecc. come abbiamo visto criteri costitutivi del modello BPC come fattori determinanti della spiegazione del comportamento umano e strumento di mediazione e interpretazione dei fattori che attraverso le influenze sociali incidono e producono i comportamenti individuali. I comportamenti individuali sono invece rappresentati dal nodo C, unità di analisi degli studi sul comportamento.
Le frecce infine definiscono delle relazioni causali.
Volendo fare un esempio, un intervento di politica sanitaria (D) richiesto e ottenuto da un’associazione che si occupa di una malattia rara (A) incide sulla gestione delle liste d’attesa che comporta cambiamenti nelle opportunità di ricevere un’assistenza tempestiva per pazienti con questa malattia (il

cambiamento della variabile B), che a sua volta comporta cambiamenti nella gestione dellaquotidianitàdell’assistenzafamiliaredel paziente (variabile C).
La costruzione di questo processo causale ovviamente non deterministico come strumento formale può così diventare strumento euristicoall’internodeidiversiambitidianalisi diagnostica per la definizione degli interventi riprendendo Green & M.W. Kreuter finalizzato ad analisi eziologiche sulle criticità di accesso del paziente e sulle possibilità di interveniresuimicroemacroprocessicheligenerano proprio con la finalità di modificare il sistema ed i comportamenti ritenuti rilevanti in una categoria specifica situazioni.

4.6 UNA ADVOCACY ITALIANA PER L’ACCESSO ALLE CURE
di AnnALisA scopinAro
Le malattie rare rappresentano un paradigma di sanità. Abbiamo pochi pazienti per un elevato numero di patologie (circa 8.000), questo però il totale della popolazione coinvolta direttamente a oltre due milioni di indi-vidui. Patologie eterogenee che hanno però una base trasversale di bisogni comuni.
Sono un ottimo banco di prova per la speri-mentazione di modelli anche organizzativi e di presa in carico innovativi, data la necessità di una presa in carico multistakeholders e le problematiche di accesso ai trattamenti do-vuti a sistemi regionali con velocità diverse e, in alcuni casi, pochi centri di alta competenza per le terapie più avanzate e innovative. Que-sto comporta spesso anche una mobilità fra regioni che impatta anche sulla reale accessibilitàaitrattamenti,datochelaprescrizione in una Regione deve essere traslata presso la propria residenza.
In questo quadro che ha cominciato a comporsi solo dal 2001, anno di emanazione del DM 279 che ha delineato il modello italiano per la presa in carico delle persone con malattia rara, composto da centri di competenza, utilizzo di PDTA e controllo rispetto all’epidemiologia con l’istituzione di un Registro Nazionale, si inserisce tutta l’attività che UNIAMO, Federazione Italiana Malattie Rare, hasviluppatodall’annodellasuacostituzione (1999) ad oggi, in un percorso di 25 anni.
Oggisullemalattierareabbiamoalmenodue leggi dedicate (167/2016 di istituzione dello screening neonatale esteso e L175/2021 , Testo Unico), due piani nazionali e una serie di altre leggi a supporto della quotidianità: per esempio sull’accesso precoce ai farmaci, L. 648/96 e L. 326/2003 (cd fondo 5%), ma anche in generale sui farmaci orfani, sull’importazione dei farmaci dall’estero, la transfrontaliera creata proprio per le MR e molte altre. Il nostro sistema di screening è primo in Euro-pa, secondo al mondo per numero di patolo-gie solo agli USA; la rete comprende ben 225 centridicompetenzaemoltisonogli HCP che agiscono all’interno delle European ReferenceNetworks create nel 2017.
Cosa differenzia l’Italia dal resto dell’Europa?
La forte presenza della Federazione in tutti gli atti compiuti dai vari stakeholders di siste-ma. Il primo piano nazionale malattie rare, sviluppato anche grazie ad un progetto eu-ropeo (Europlan) sollecitato da Eurordis (no-stra Federazione Europea) ha contribuito a creareunmetododilavoro condiviso fra i vari interlocutori. Aver pensato di monitorare con il rapporto che pubblichiamo annualmente ormai da 10 anni le azioni compiute nel no-stro mondo è stata l’ulteriore intuizione che ha permesso da un lato di presentare, sem-pre e comunque, il punto di vista dei pazienti su quanto veniva intrapreso, ma dall’altro di avere a disposizione dati, organizzati in manierastrutturata,utilizzabilidatuttigliattoriin gioco per individuare politiche a supporto del soddisfacimento dei bisogni più cogenti.
Ogni qual volta si misura, con un indicatore, una azione qualsiasi, si pone l’attenzione sull’azione e si stimola chi deve farla a farci attenzione e implementarla. Questo è stato il grande pregio del Rapporto, che anno dopo anno, grazie ai dati forniti dalle stesse istitu-zioni, ha contribuito a focalizzare l’attenzio-ne sulle malattie rare e sulla comunità delle persone che ne è protagonista. Ogni anno al Rapporto vengono aggiunti capitoli e focus, oltre che approfondimenti, che completano il quadro di riferimento.
Inoltre questo ha consentito la presenza di un rappresentante di UNIAMO all’interno del gruppo di lavoro che ha steso l’aggiornamento del Piano Nazionale e ha portato alla sua approvazione nel 2023.
Anche il caso dello screening neonatale è em-blematico. In Federazione c’erano due mam-me di igli metabolici, uno dei quali reso com-pletamente inabile dalla mancata diagnosi alla nascita della patologia di cui era porta-tore. La loro determinazione, unita alla possi-bilità data dalla scienza di poter diagnostica-re queste patologie con un semplice esame di poche gocce di sangue, ha portato ad una diffusa consapevolezza di quanto fosse
importante poter diagnosticare quanto prima le patologie metaboliche più gravi. Dopoaverportato questa conoscenza in giro per l’Italia, attraverso lo strumento del Play-to-Decide dedicato specificatamente agli screening, è stato trovato un politico particolarmente sen-sibile che ha presentato la legge che è stata poi approvata (la Sen. Taverna).
Con l’ulteriore emendamento del 2020 la possibilità di screening è stata allargata, ma ancora non esigibile, a ulteriori patologie anche non metaboliche, ma per le quali esiste una terapia efficace.
Se teniamo conto che in Italia si screenano 49 patologie, mentre negli altri paesi europei il massimo sono 13, capiamo quale lavoro di sensibilizzazione è stato realizzato dalla Fede-razione in testa e dalle Associazioni metabo-liche a ruota.
Lo screening è strumento principe per una diagnosi precoce e un successivo accesso immediato alle terapie più idonee.
A lato di questo la Federazione lavora con tutti gli stakeholders per cercare di risolvere i nodi di sistema: sul tema terapie e accesso ha sviluppato vari tavoli di lavoro, che hanno portato alla stesura di due pubblicazioni (le nostre Effemeridi n. 6/22 e 15/24 ) che individuano le principali difficoltà e le possibili soluzioni. I documenti sono stati valutati con molta attenzione anche dallo stesso Ministero,perpotercapirequalisonolenecessitàpiù cogenti sull’accesso equo ai trattamenti.
4.7 ASPETTI OPERATIVI, PROBLEMI E POSSIBILI SOLUZIONI
di Lucio corsAro e GiAnLucA vAccAro
Aspetti operativi, problemi e possibili soluzioni…
Sono diverse le sfide relative al Patient Access nel sistema sanitario italiano e necessitano di essere affrontate considerando aspetti diversi come quelli organizzativi, logistici, sociali, culturali, normativi o geografici.
Una delle questioni che tipicamente caratterizza il nostro contesto nazionale e che gioca un ruolo importante anche riferendoci al Patient Access è il tema delle differenze regionali, per cui le diverse modalità di organizzazione, oltre che la disponibilità e la ripartizione stessa delle risorse regionali creano situazioni e problemi specifici ai diversi contesti. Tali disparità vanno dunque ad amplificare le problematiche legate al Patient Access, specialmente per alcune fasce più fragili della popolazione, come i pazienti anziani, le persone con disabilità o coloro che vivono in aree remote e periferiche che rendono maggiormente difficile il raggiungimento dei servizi sanitari, evidenziando come ci sia in primis un tema di accessibilità fisica da affrontare all’interno di un dibattito su questi temi. Un altro aspetto da attenzionare fra gli snodi critici legati al tema del Patient Access, è il tema dell’educazione e della comunicazione in ambito sanitario. La capacità di accedere tempestivamente a informazioni accurate e a servizi sanitari di qualità è infatti fondamentale per il benessere del paziente, ma può essere ostacolata da molteplici fattori, tra cui una carenza di educazione e alfabetizzazione alla salute, una comunicazione inefficace tra gli attori coinvolti, la difficoltà nel reperire e selezionare informazioni affidabili, o difficoltà linguistiche primarie, come quelle relative a pazienti che non parlano la lingua del paese in cui vivono e per i quali la comunicazione e comprensione adeguata delle informazioni risulta ulteriormente minacciata. A tali complicanze, possono affiancarsi poi in certi casi altre criticità come ad esempio di tipo
culturale, legate ad una potenziale difficoltà nell’adattarsi al sistema di cura occidentale oal paradigma biomedico di interpretazione dell’esperienza di malattia e di cura. Tale aspetto legato all’informazione e alla comunicazione, spesso ingiustamente considerato solo come responsabilità o mancanza da parte del paziente, deve essere messo in discussione e ottimizzato ad ogni livello della catena di cura. La comunicazione e l’informazione rappresentano, infatti, i pilastri fondamentali per il Patient Access: i pazienti devono essere consapevoli dei servizi disponibili, delle modalità di accesso e delle informazioni necessarie per prendersi cura della propria salute. Considerando le strutture sanitarie, ad esempio, è essenziale la chiarezza riguardo ai servizi offerti e le modalità di accesso potrebbero essere rese disponibili attraverso una “carta dei servizi” facilmente accessibile in ogni struttura sanitaria. A questo proposito, la digitalizzazione è certamente un potente strumento per semplificare l’accesso ai servizi e per fornire informazioni tempestive e affidabili ai pazienti ma a questo tema si lega un ulteriore elemento critico individuato dagli esperti, che riguarda la ben nota lentezza nel processo di digitalizzazione del Sistema Sanitario Nazionale e nella fornitura di infrastrutture di rete. Ciò ostacola ulteriormente i pazienti nell’interfacciarsi con i servizi sanitari, creando nuove imponenti barriere all’accesso, esacerbate dalle differenze anagrafiche, economiche e geo-abitative. Un’attenzione particolare è da riservare all’ambito delle malattie rare, che rappresentano un contesto in cui tutte le barriere identificate sono ancora più invalidanti ed emergono con maggiore chiarezza. Pensando ad esempio al tema dell’informazione, in quest’area l’accesso alla conoscenza aggiornata e specializzata diventa ancora più cruciale sia per i pazienti che per gli specialisti, che non sempre risultano al corrente delle ultime scoperte mediche, assistendo ad un processo che
ostacola ulteriormente l’accesso alle cure più adeguate.
Infine, a sottendere tutti gli aspetti sopramenzionati, figura un altro tema, quello della prevenzione e della promozione della salute che svolgono un ruolo fondamentale nella promozione del Patient Access e del più generale diritto alla salute. Il gruppo di esperti ha sottolineato a questo proposito l’importanza di considerare la prevenzione e la promozione della salute come strumento per affrontare la sostenibilità del sistema sanitario. Investire nella prevenzione, infatti, può avere come sappiamo un impatto notevole nel ridurre i costi legati alle cure, e di conseguenza nel migliorare l’efficacia complessiva del sistema.
Per procedere all’identificazione dei problemi di accesso e per definirne delle possibili soluzioni in modo rigoroso e replicabile è necessario però promuovere un “modo di guardare” la salute e la malattia in maniera funzionale alla soddisfazione degli effettivi bisogni clinici e sociali della persona così da essere di supporto alla pianificazione di interventi, progetti, programmi, politiche sociali e sanitarie.
Una riflessione, infatti, sull’idea stessa di ‘salute’ è necessaria per promuovere l’equità di accesso alle cure e per definire delle forme di intervento che possano contribuire a migliorare la qualità di vita delle persone che hanno bisogno di cure o assistenza.
Punto di partenza per una ricostruzione del concetto di ‘salute’ che sia funzionale al nostro lavoro sul Patient Access come strumento teorico -concettuale di riferimento- non può che essere la definizione contemporanea ed universalmente riconosciuta di ‘salute’ presente nella Costituzione dell’OMS del 1946 come “stato di completo benessere fisico, mentale, sociale e non solo assenza di malattia o di infermità”.
Questa definizione è espressione non solo di una prospettiva ‘normativa’ ma anche di una visione valoriale ed orientativa per i servizi sanitari, nell’ottica di sviluppo di uno specifico modello di salute da perseguire in una prospettiva “positiva” e “generativa” se messa a confronto con la definizione precedente che, invece, era considerata “negativa”, in quanto prescrittiva e centrata esclusivamente sull’assenza (o presenza) di patologia.
Conseguente a questo cambio di paradigma si evidenzia il passaggio da un modello “pa-
togenetico” di ‘salute’, basato su un impianto eziologico e di prevenzione delle patologie, ad uno appunto “salutogenico” in quanto centrato sulla promozione della salute.
Questa nuova visione di “salute” ha orientato le agenzie di sanità pubblica, il Ministero della Salute in primis, a intraprendere una profonda riflessione sulle tendenze e gli indirizzi dei servizi e dei professionisti, promuovendo una nuova cultura delle politiche sanitarie, delle strategie assistenziali, dei modelli organizzativi e, conseguentemente, dell’offerta di servizi da offrirsi ai pazienti. In linea con il paradigma generativo di ‘salute’, ad esempio, il Piano Nazionale Cronicità, documento ministeriale di programmazione ed indirizzo, siglato nel 2016, condiviso con le Regioni e considerato il punto di partenza per riformare il Sistema Sanitario Nazionale in tema di cronicità, individua le seguenti parole chiave:
• Salute possibile, cioè lo stato di salute legato alle condizioni della persona;
• Malattia vissuta con al centro il paziente/ persona (illness) e non solo la malattia incentrata sulle condizioni cliniche (disease);
• Analisi integrata dei bisogni globali del paziente, e non solo “razionalità tecnica” che prenda in considerazione problemi squisitamente clinici;
• Analisi delle risorse nel contesto ambientale, inteso come contesto fisico e sociosanitario locale: fattori facilitanti e barriere;
• Mantenimento e co-esistenza, e non solo guarigione;
• Accompagnamento, e non solo cura;
• Risorse del paziente, e non solo risorse tecnico-professionali gestite dagli operatori;
• Empowerment, inteso come abilità del soggetto affetto a “fare fronte” alla nuova dimensione imposta dalla cronicità e sviluppo della capacità di autogestione (self care);
• Approccio multidimensionale e di team, e non solo relazione “medico-paziente”;
• Superamento dell’assistenza basata, unicamente, sulla erogazione di prestazioni, occasionali e frammentarie; costruzione condivisa di percorsi integrati, personalizzati e dinamici;
• Presa in carico pro-attiva ed empatica, e non solo risposta assistenziale all’emergere del bisogno;
• “Patto di cura” con il paziente e i suoi Ca-
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regiver, e non solo compliance alle prescrizioni terapeutiche.
Questo radicale cambiamento di prospettiva non ha avuto impatto solo sui processi “normativi” o “organizzativi”, ma ha coinvolto tutta la comunità scientifica e degli esperti sul tema al fine di elaborare nuovi paradigmi epistemologici e metodologici, passando da un’originaria impostazione bio-medica prima, igienistica dopo, centrata su una concezione organicistica della salute e della malattia declinata individualmente o collettivamente ad un approccio, ‘bio-psico-sociale’. In altri termini, alla dimensione biologica della salute/malattia si affianca una dimensione di benessere psichico e sociale. È sulla base di questo background, che la ‘salute’ viene a definirsi come “stato”, “modello” ideale di “completo benessere fisico, mentale, sociale” che comprende, olisticamente, e in modo interrelato, una componente fisica (funzionamento e struttura degli organi e del corpo in senso fisiologico), mentale (funzionamento cognitivo, psichico ed emozionale-affettivo) e sociale (funzionamento e struttura dei relazionali sociali ed istituzionali) della persona.
Tale visione della salute per entrare nel dettaglio del caso italiano ha fatto certamente da intelaiatura concettuale anche nel passaggio paradigmatico fra un’idea filosofica-giuridica del diritto di salute come diritto naturale presente nell’art.32 della Costituzione Italiana e il diritto di salute delineato nella riforma del ’78 come diritto “politico-sociale”37. Se infatti nel primo caso la salute è un problema “medico” nel secondo il problema viene riconosciuto come “politico” dove i fattori che determinano (i determinanti) lo stato di salute omalattia non sono solo biologici ma anche sociali, politici, psichici, ambientali.
Qui si sarebbe potuto passare interamente da un’idea “passiva” di matrice paternalistica di tutela della salute ad una “attiva” deve il soggetto è un agente che si rivolge consapevolmente alla sanità per curarsi seguendo un percorso partecipativo di scelte legate alla propria salute.
Quest’ultima prospettiva aveva bisogno per prendere forma normativa ed operativa di una ri-contestualizzazione filosofica, sociologica e culturale dello stesso diritto alla salute presente nell’articolo 32 della Costituzione, 37 Sull’argomento Ivan Cavicchi 2023, Sanità pubblica addio. Il cinismo delle incapacità. Castelvecchi, Roma
operazione teoricamente possibile, facendo coincidere il tema della tutela non più come tentativo esogeno di specialisti che lottano per assicurare che l’individuo mantenga il più possibile uno stato di equilibrio fisiologico ma come espressione della promozione “del diretto coinvolgimento della persona da curare, che partecipa a tutte le scelte che riguardano la sua salute, e quindi con il servizio sanitario nazionale” (Cavicchi 2023, p.25). Soprattutto (o forse conseguentemente) sarebbe stato opportuno formulare un’idea precisa di relazione fra diritto alla salute, diritto all’autodeterminazione e dall’altra parte di vincoli di bilancio e di sostenibilità (prevalentemente micro) economica del sistema. Il limite tra il diritto di salute e quello della sostenibilità in un’ottica finanziaria-economica è diventato infatti il limite reale all’idea della salute per tutti: l’accesso non equo alle cure e all’assistenza sanitaria e sociosanitaria diventa quindi “cartina di tornasole” di questo limite concettuale e reale.
Una proposta operativa – analitica di progettazione e valutazione di interventi legati al Patient Access: la valutazione scientifica realista
Nonostante sul fronte concettuale il lavoro sia da costruire, su quello analitico e interpretativo è possibile pianificare interventi considerando i diversi livelli organizzativi così come i diversi piani di intervento esplorando e classificando i comportamenti individuali, i fattori strutturali, organizzativi, istituzionali, e contestuali predisponendo anche un impianto teorico-valutativo a cui riferirsi per “diagnosticare” il problema su cui intervenire. Da questo punto di vista ci può venire in supporto la teoria della valutazione realista.
La valutazione scientifica realista (Pawson, R., Tilley, N., 1997, Pawson, R., 2013, 2014, 2018, Biolcati Rinaldi, L. Leone, 201138) è una forma
38 Pawson, Ray, Nick Tilley, e Nicholas Tilley. 1997. Realistic Evaluation. SAGE Publications.
Pawson, Ray. 2013. The Science of Evaluation: A Realist Manifesto. SAGE.2014. «The science of evaluation: A realist manifesto». The Canadian Journal of Program Evaluation 29 (gennaio): 145. https://doi.org/10.3138/cjpe.29.2.145.
Pawson, Ray. 2018. «Realistic Evaluation». SAGE Publications Ltd. 23 ottobre 2018 https://uk.sagepub.com/en-gb/eur/realistic-evaluation/book205276. Testi in italiano vedi ad esempio: Biolcati Rinaldi, L. Leone 2011 L’approccio realista alla valutazione di effetti” in Marchesi, Tagle, Befani, Approcci alla valutazione degli effetti delle politiche di sviluppo regionale. Collana Materiali UVAL
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di valutazione guidata dalla teoria39 basata su una logica della scienza di tipo realista40, un paradigma valutativo che affronta la domanda: “cosa funziona, per chi, in quali circostanze e come” e quali meccanismi o processi sono attivati da quali programmi (o interventi) in quali contesti”.
Il maggiore utilizzo della valutazione realista è nella valutazione di interventi complessi considerando la consapevolezza, che è presente da parte di molti valutatori, scienziati e stakeholders, che trovare soluzioni a problemi complessi - come potrebbe essere appunto il tema del Patient Access - è impegnativo e richiede approfondimenti sulla natura degli interventi e sui contesti di attuazione. Delle buone valutazioni devono essere in grado di considerare come, perché, per chi, in che misura, e in quale contesto funziona quell’intervento.
Ciò che funziona all’interno di un contesto, infatti, potrebbe non funzionare in un altro. Interventi o programmi complessi efficaci sono difficili da progettare e valutare. Le valutazioni realistiche possono affrontare queste sfide e hanno effettivamente affrontato numerosi argomenti41 di rilevanza centrale nella ricerca sui servizi sanitari e altri campi.
Per capire come un intervento possa generare risultati diversi in circostanze diverse, una valutazione realista esamina come i diversi meccanismi dell’intervento - vale a dire i cambiamenti sottostanti alle scelte, ai ragionamenti o ai comportamenti degli attori – vengano attivati in particolari contesti o condizioni. Per “contesti” non si intende solo il contesto socioeconomico, le condizioni demografiche o geografiche, ma ci si riferisce anche alle caratteristiche del setting di intervento, la presenza o meno di adeguati stru-
39 Per una ricostruzione sui diversi approcci alla valutazione si faccia riferimento a Stame 2007 Classici della valutazione Franco Angeli Milano, Per la valutazione guidata dalla teoria Stame 2004 Theory based evaluation and types of complexity in Evaluation 10(1) 58-76
40 Bashkar (2008) A realistic theory of science, Routledge New York
41 A titolo esemplificativo: il tema degli incentivi al lavoro, programmi di sicurezza urbana e prevenzione dei furti, programmi socioeducativi, interventi di mentoring, programmi basati sulla denuncia pubblica, performance degli ospedali e delle scuole, leggi di contrasto al fumo, trapianto di organo, empowerment di comunità, promozione della salute, programmi per le cure intermedie, programmi alimentari nella cooperazione allo sviluppo, innovazione tecnologica nei servizi sanitari, funzionamento di linee guida nella promozione della salute, interventi per l’attrazione di personale sanitario in aree rurali, attività di ricerca partecipativa, ecc…
menti, fondi, risorse, competenze, pratiche organizzative, ecc.
La valutazione scientifica realista sul piano dei principi epistemologici rispetta parte delle considerazioni emerse finora:
• Il principio del realismo: gli interventi non hanno effetti universali, visto che i loro effetti variano a seconda del contesto in cui vengono implementati. La valutazione realista si concentra, infatti, sul mondo reale e sul modo in cui gli interventi funzionano nel mondo reale, piuttosto che in condizioni di laboratorio. Il tipo di realismo di cui si parla non è ingenuo in quanto presuppone l’esistenza di una realtà esterna (un ‘mondo reale’) ma che è ‘filtrata’ (cioè, percepita, interpretata e reagita) attraverso i sensi umani, le intenzioni, il linguaggio e la cultura. Tale elaborazione umana avvia un processo costante di cambiamento autogenerato in tutte le istituzioni sociali, un processo vitale che deve essere accolto nella valutazione dei programmi sociali e sanitari.
• Il principio della causalità: gli effetti degli interventi non sono causati da un singolo fattore, ma da una combinazione di fattori che interagiscono tra loro. È adatto in questo senso alla ricerca interventistica.
• Il principio del contesto: il contesto in cui un intervento viene implementato può avere un impatto significativo sui suoi effetti. Un principio centrale della metodologia realista è infatti che i programmi funzionano in modo diverso in contesti diversi; quindi, una partnership di comunità che raggiunge il ‘successo’ in un contesto può ‘fallire’ (o avere successo solo parzialmente) in un altro contesto, perché i meccanismi necessari per il successo vengono attivati a diversi livelli in diversi contesti.
• Il principio della scommessa: la teoria realista è un processo di “scommesse” sulla base di “prove” che devono essere continuamente aggiornate.
Visto quindi che una valutazione realista ha come obiettivo quello di identificare i meccanismi attraverso i quali gli interventi funzionano in diversi contesti, in modo da poter migliorare la loro progettazione e implementazione, si occupa di identificare delle configurazioni di Contesti, Meccanismi e Outcome (CMOs e cioè Contesto + Meccanismo = Risultato, l’in-
terazione tra il Meccanismo e il Contesto è ciò che crea i Risultati dell’intervento) per meglio comprendere le logiche che sottendono la realizzazione di progetti o esperienze di salute pubblica.
In particolare, gli elementi della valutazione scientifica realista sono:
Contesto (Context): si riferisce alle condizioni, alle circostanze o agli elementi ambientali in cui un intervento si svolge. Questo può includere fattori sociali, culturali, politici ed economici che influenzano la realizzazione dell’intervento.
Meccanismi (Mechanism): si riferisce ai processi o ai meccanismi attraverso i quali il contesto attiva o inibisce il cambiamento. I meccanismi sono i processi causalmente pertinenti che trasformano le condizioni del contesto in risultati osservabili.
Risultati (Outcome): si riferisce agli effetti o alle conseguenze prodotte dall’intervento. Questi risultati possono essere intesi a livello individuale, organizzativo o comunitario e possono essere sia previsti che imprevisti.
La valutazione scientifica realista si basa sull’idea che gli interventi sociali producano risultati attraverso meccanismi che sono sensibili al contesto. Questi meccanismi operano in modi diversi a seconda delle condizioni del contesto in cui si trovano. Pertanto, per comprendere in che modo un intervento ha avuto successo o meno, è essenziale esaminare il contesto in cui è stato implementato, i meccanismi attraverso i quali ha operato e i risultati che ha prodotto.
L’approccio realista alla valutazione implica spesso l’uso di una serie di metodi di ricerca, inclusi studi di caso, interviste, analisi documentale e altre tecniche qualitative, per identificare i contesti, i meccanismi e i risultati rilevanti e comprendere i legami causali tra di essi.
Per intraprendere una valutazione realista è necessario che le teorie e i processi sottostanti l’esperienza di accesso (o di mancato accesso) alle cure o all’assistenza siano rese esplicite, sviluppando ipotesi chiare su come, e per chi, in che misura e in quali altri contesti potrebbe “funzionare”. La valutazione delle esperienze diverse verifica e affina tali ipotesi. I dati raccolti in una valutazione realista de-
vono consentire tali test e quindi dovrebbero includere la raccolta di dati su: impatti degli interventi fatti e processi di implementazione; aspetti specifici del contesto dell’esperienza che potrebbero avere un impatto sui risultati, come questi contesti modellano i meccanismi specifici e come questo potrebbe creare un cambiamento.
Lo scopo sottostante della valutazione realista è quindi quello di spiegare (come e perché) piuttosto che descrivere solo le situazioni.
Pone particolare enfasi sulla comprensione della causalità (in questo caso, la comprensione di come gli interventi o i programmi generano i risultati) e di come i meccanismi causali siano modellati e vincolati da contesti sociali, politici, economici (e così via). Ciò lo rende particolarmente adatto per la valutazione di determinati argomenti e domande, ad esempio programmi sociali complessi che coinvolgono decisioni e azioni umane.
L’obiettivo è quindi di individuare i meccanismi concreti di funzionamento di un intervento allo scopo di generare ipotesi su contenuti generalizzabili al fine di ottenere e produrre possibili indicazioni e informazioni utilizzabili nella pratica organizzativa.
Il percorso proposto prevede l’analisi (quindi scomposizioni in dimensioni), la classificazione delle esperienze seguendo il paradigma realista con il metodo dello studio di caso.
La questione della generalizzabilità degli interventi possibili sul miglioramento dell’accesso dei pazienti all’assistenza o alla cura (in realtà dei processi sottostanti che hanno portato a quei cambiamenti indicati) è sul piano scientifico la questione nodale: poiché gli interventi descritti nelle esperienze funzionano in modo diverso in contesti diversi e attraverso meccanismi diversi, non possono essere semplicemente replicati da un contesto all’altro e ottenere automaticamente gli stessi risultati. Le comprensioni basate sulla teoria su “cosa funziona, per chi, in quali contesti e come” sono quindi, un ingrediente indispensabile se l’obiettivo è quello di poter proporre delle esperienze “replicabili” in contesti e condizioni spazio-temporali (organizzativi, di risorse, relazionali, momenti, ecc.) diverse. I risultati di una valutazione realista includono necessariamente inferenze sui collegamenti tra contesto, meccanismo e risultato e la spiegazione che spiega questi collegamenti.
Sul piano procedurale un’indagine valutativa
si svolge attraverso quattro fasi:
• La fase di costruzione del modello: in questa fase, i ricercatori costruiscono un modello del programma o dell’intervento che stanno valutando. Il modello deve includere i meccanismi attraverso i quali il programma (o l’intervento) si prevede possa funzionare, il contesto in cui verrà implementato e i fattori che potrebbero influenzare i suoi effetti.
• La fase di raccolta dei dati: in questa fase, i ricercatori raccolgono dati sul programma o l’intervento e sul contesto in cui viene implementato. I dati possono essere raccolti da una varietà di fonti, tra cui interviste, questionari, osservazioni e documenti.
• La fase di analisi dei dati: in questa fase, i ricercatori analizzano i dati per identificare i meccanismi attraverso i quali il programma o l’intervento ha funzionato e i fattori che hanno influenzato i suoi effetti.
• La fase di “raccomandazione”: in questa fase, i ricercatori raccomandano modifiche al programma o all’intervento sulla base delle loro analisi. Le raccomandazioni possono riguardare la progettazione, l’implementazione o il contesto del programma o dell’intervento o anche delle ipotesi di relazioni fra le diverse dimensioni di analisi (come, ad esempio, nelle relazioni micro-macro nel “Coleman Boat”42)
L’unità di studio dell’indagine realista sono le 42 Come, ad esempio, Il diagramma di Coleman (Coleman boat) sviluppato dal sociologo James Coleman (James S.Coleman, Foundations of Social Theory, 1990, Harvard, The Belknap Press.) che illustra come i diversi livelli di analisi (I micro-livelli sono i singoli individui. I meso-livelli sono i gruppi e le organizzazioni. I macro-livelli sono la società nel suo insieme) sono interconnessi. Ad esempio, le azioni dei singoli individui possono influenzare i gruppi e le organizzazioni, che a loro volta possono influenzare la società nel suo insieme. Allo stesso modo, le caratteristiche della società nel suo insieme possono influenzare i gruppi e le organizzazioni, che a loro volta possono influenzare le azioni dei singoli individui. Ecco una descrizione più dettagliata delle tre parti del diagramma di Coleman:
Micro-livelli: I micro-livelli sono i singoli individui. Gli individui hanno i propri valori, convinzioni, abilità e risorse. Le loro azioni sono influenzate da questi fattori, così come dai fattori sociali più ampi.
Meso-livelli: I meso-livelli sono i gruppi e le organizzazioni. I gruppi e le organizzazioni sono formati da individui. Le loro azioni sono influenzate dai valori, dalle convinzioni, dalle abilità e dalle risorse degli individui che li compongono.
Macro-livelli: I macro-livelli sono la società nel suo insieme. La società è composta da gruppi e organizzazioni. Le sue caratteristiche, come le norme, i valori e le istituzioni, sono influenzate dalle azioni dei singoli individui e dei gruppi e delle organizzazioni. È stato utilizzato per studiare una vasta gamma di argomenti, tra cui l›istruzione, la criminalità, la salute e l›economia.
teorie, e si procede abitualmente da una initial rough theory, una teoria iniziale, fino a una refined theory, che verrà elaborata a conclusione del percorso di approfondimento, come risultato del confronto tra i meccanismi ipotizzati nella teoria iniziale e i meccanismi riscontrati durante la valutazione, che possono confermarla, dettagliarla o confutarla (Pawson, Tilley, e Tilley 1997; Pawson 2018).
Il reporting nella ricerca realista e le ipotesi di relazione fra contesto e meccanismo
In questo senso le modalità di rappresentare e riportare le problematiche di Patient Access suggerendo un approccio di analisi di tipo realista si integra perfettamente sulla costruzione di uno strumento di analisi di un caso di -inadeguato, problematico o mancato- accesso all’assistenza sanitaria o sociosanitaria.
Nell’ambito della ricerca sociosanitaria, gli standard di rendicontazione sono comuni e sempre più attesi. Nel caso della ricerca realista, sono già stati sviluppati standard di reporting per le sintesi come, ad esempio, il RAMESES II43 La comprensione di come un particolare aspetto del contesto modelli il meccanismo che porta ai risultati può essere espressa come una configurazione contesto-meccanismo-risultato (CMO) ed è, come detto, l’unità analitica su cui si basa la valutazione realista. L’elaborazione, il perfezionamento e il test delle configurazioni CMO consente una comprensione più profonda e dettagliata di chi, in quali circostanze e perché il programma funziona. Lo standard fornisce un supporto in questa direzione. I dati raccolti, infatti, devono consentire tali test e quindi dovrebbero includere la raccolta di dati su:
1.impatti e risultati del caso descritto
2.caratteristiche dei processi di implementazione
3.aspetti specifici del contesto che potrebbero avere un impatto sui risultati del pro43 Protocollo costruito sulla base di un panel online Delphi di 35 membri del panel da 27 organizzazioni in sei paesi da nove diverse discipline. In tre round il panel è riuscito a raggiungere il consenso su 20 elementi che dovrebbero essere inclusi negli standard di rendicontazione per valutazioni realiste. Ci sono due progetti RAMESES, entrambi finanziati dal programma Health Services and Delivery Research (NIHR HS&DR) del National Institute of Health Research del Regno Unito. Gli obiettivi dei progetti sono la produzione di standard di qualità e pubblicazione e materiali di formazione per approcci di ricerca realisti.”
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gramma e come questi contesti modellino i meccanismi specifici creando un cambiamento.
Reporting nello Studio di caso e i protocolli di studio
Nello “Structured Reporting” dello studio di caso (pg 207, Mortari e Zannini 2017) è previsto che si espongano: gli elementi di definizione del caso, la descrizione della raccolta dei dati, l’analisi dei dati che porta alla definizione più dettagliata del caso stesso e le tecniche e le metodologie per il suo approfondimento. Altri schemi di reportistica sono presenti in altri testi/manuali sullo studio di caso (come in Yin 2017). In questo tipo di indagine appare necessario, inoltre, definire un protocollo di uno studio di caso, un insieme di regole procedurali esplicite che vanno dai criteri di selezione del caso fino alla definizione dei concetti (ad esempio meccanismo, contesto, ecc.) e delle dimensioni e degli argomenti di interesse. Il protocollo deve essere allineato alla traccia delle interviste.
Il protocollo dovrebbe presentare le seguenti sezioni44 (da Yin 2005 versione italiana p.96):
• Una descrizione generale del progetto dello studio di caso (obiettivi del progetto e prospettive, problema di studio e letture rilevanti sull’argomento)
• Procedure per la raccolta delle informazioni
• Guida pratica per la realizzazione dello studio di caso e degli argomenti principali che devono essere esplorati e le evidenze da raccogliere che possono seguire una traccia sulla base di alcune schede predisposte45 da usare come supporto all’esplorazione del caso da parte del gruppo di ricerca.
Fra gli elementi che dovrebbero essere presenti in una reportistica di studio di caso ci dovrebbe essere una descrizione analitica dell’esperienza secondo un modello logico (di flusso o metodologico); una descrizione argomentativa e narrativa dell’esperienza e dei comportamenti; dei riferimenti alla letteratura scientifica sul tipo di processo descritto; una descrizione – senza l’elemento inferenziale - dei meccanismi rilevati, del contesto
44 Yin 2005 Lo studio di caso nella ricerca scientifica Armando Editore versione italiana p.96
45 A titolo di supporto: Realist Evaluation Interviewing – A ‘Starter Set’ of Questions; Protocols and realist evaluation; The Realist Interview
odegli outcome e una descrizione delle possibili interpretazioni alternative o degli effetti inattesi.
In questo senso un ruolo determinante ha la comprensione dei comportamenti esistenti (quindi qui il supporto delle scienze compor- tamentali è essenziale) e l’identificazione di un comportamento desiderato (nell’ipotesi di cambiamenti comportamentali come nella promozione della salute o nella prevenzione) e ogni passaggio dovrebbe essere scandito da una specifica raccolta dati proprio nell’ottica di riuscire a costruire un processo inferenziale causale di tipo realista quindi che sia in grado di mettere in relazione le dinamiche sottostanti con la specificità del contesto46
Nell’applicazione di questi modelli, l’intervista può essere il principale strumento della ricerca qualitativa: nel nostro caso si consiglia una intervista semi-strutturata, ovvero con una traccia di domande prestabilite che vengono proposte dall’intervistatore con libertà di spaziare, espandere o cambiare l’ordine a seconda di cosa risulta più naturale e proficuo durante il colloquio con l’intervistato sottolineando e che di solito lo studio di caso si avvale di interviste “conversazionali”, ovvero con un argomento definito ma con più libertà rispetto all’intervista semi-strutturata; la scelta di seguire una traccia più definita è legata a quanto raccomandato dalla letteratura della valutazione realista. Infatti, le autorevoli raccomandazioni nate dal “progetto RAMESES II” (Wong et al. 2016 e «ramesesproject.org» s.d.) suggeriscono una traccia per la costruzione di interviste metodologicamente coerenti con questo tipo di valutazioni47.
L’intervista realista presuppone che le persone sappiano in modo diverso le cose secondo i loro ruoli, i diversi livelli di analisi organizzativa, o di aspetto della salute.
Modellizzando i processi concreti di funzionamento delle esperienze di accesso dei pazienti è possibile, infatti, generare ipotesi generalizzabili sui processi e valutare tali ipotesi sulla base delle nuove esperienze raccolte.
Possibile scheda per la
46 Un riferimento in “Behavioural Insights Toolkit: A stepby-step process for building a behavioural intervention, with brainstorming cards” Research and Evaluation Unit (RIMU) June 2022. Interessante il riferimento alle schede comportamentali che fanno riferimento a dei principi teorici delle scienze del comportamento come ad esempio: “Riduzione della dissonanza cognitiva”, “Ridurre l’attrito”, “Ridurre il sovraccarico di 47 Sull’ argomento anche in Koenig G., 2009 “Realistic Evaluation and Case Studies” SAGE.
Costruzionedeglistrumentidianalisi diuncasodi(inadeguato, problematicoomancato)accesso all’assistenzasanitariao sociosanitaria
La proposta che si avanza a questo punto sul pianodeglistrumentidianalisiediclassificazione dei casi di (inadeguato, problematico o mancato) accesso, tiene conto della scomposizione dei diversi livelli sistemici (schema riadattatoinun’otticasociologicadalmodello micro-meso-macrosistema seguendo le definizioni dei livelli secondo il Coleman Boat48), dei diversi ambiti di analisi diagnostica finalizzata alla definizione degli interventi (da Green & M.W. Kreuter), delle finalità eziologiche dell’analisi dei comportamenti in un’ottica realista (valutazione scientifica realista di Pawson,Tilley,eTilley1997,colonnadell’analisi diagnostica sociale e comportamentale della tabella) e rispetto all’analisi descrittiva dei comportamenti (come nel Behavioural Insights Toolk” del Research and Evaluation Unit, seguendo il modello ABCDE e ricostruendo il flusso comportamentaledelJourney,colonna della diagnosi comportamentale in tabella).
48 James S. Coleman, Foundations of Social Theory, 1990, Harvard, The Belknap Press. È in preparazione l’edizione italiana, presso Il Mulino.
SINTESI DEL MODELLO GENERALE DI VALUTAZIONE E CLASSIFICAZIONE DIAGNOSTICA PROPOSTO
Volendo schematizzare potremmo dire su questo modello:
• Famiglia dei metodi valutativi di riferimento (per finalità): Valutazione di impatto di interventi complessi
• Famiglia dei metodi valutativi di riferimento (per approccio teorico-epistemologico): Valutazione guidata dalla teoria (Theory-Driven)
• Nome del paradigma valutativo proposto: Valutazione scientifica realista (Realistic Evaluation)
• Metodo di riferimento per la raccolta e costruzione della base empirica: studio di caso multiplo esplicativo (Evaluative case study)
• Modello di procedure e tecniche di indagine: approccio multitecnica con uso di fonti multiple come interviste, documentazione, verbali d’archivio (Mixed Method)
Scheda di scomposizione per la diagnosi del caso: Coleman Boat; Green & M.W. Kreuter, Pawson, Tilley; Behavioural Insights Toolk” del Research and Evaluation Unit, ABCDE Model; Patient Journey comportamentale.


4.8 11 PROBLEMI E SOLUZIONI DI PATIENT ACCESS PIÙ RICORRENTI
Il dizionario Oxford definisce problema come una “Difficoltà che richiede un adattamento oun comportamento particolare, o di cui si impone il superamento.”
A seguito dei diversi incontri del Patient Access Think Tank è stato svolto un lavoro di ricostruzione (con un approccio metodologico induttivo di tipo “GROUNDED THEORY”, Glaser e Strauss, 1967), descritto tramite la tecnica della narrazione sociale, relativamente alle principali e più ricorrenti problematiche di accesso alle cure, integrando i dati con quelli rilevati dall’ l’Osservatorio Scenario Salute di Bhave.
Sono stati quindi identificati 11 casi (categorie) di difficoltà ricorrenti di accesso alle cure dei pazienti, la cui soluzione richiede un adattamento o un comportamento particolare o di cui si impone un superamento. Sfruttando l’Intelligenza artificiale, per l’analisi del contenuto e delle ricorrenze degli incontri effettuati dal Patient Access Think Tank, è stato possibile ricostruire un ordine di priorità ed importanza dei singoli casi/categorie (utilizzando la logica fuzzy per trasformare l’opinione soggettiva del singolo in un dato oggettivo del gruppo di lavoro).
I diversi problemi di patient access osservati rientrano nel “ciclo di vita” della persona con una o più patologie e pertanto una persona può “incontrare” una o più delle difficoltà che di seguito sono descritte. A seconda della patologia, del contesto sociosanitario, dell’ambiente sociale e territoriale dello status socioculturale del paziente e dell’enviroment familiare questi problemi presentano situazioni, livello di gravità e percorsi molto eterogenei, ma riconducibili ad 11 macrocategorie, che possono essere singolarmente considerati concetti complessi e multidimensionali, con diverse prospettive di lettura:
LIVELLO DI IMPORTANZA E URGENZA
11 PROBLEMI DI ATIENT ACCESS PIU’ RICORRENTI

11 PROBLEMI E SOLUZIONI DI PATIENT ACCESS PIÙ RICORRENTI
1. Appropriatezza: Una Prescrizione Affrettata
2. Aderenza: La Cura Incompresa
3. Continuità assistenziale: Non perdersi per strada
4. Prossimità: Aspettando che approvino la vita terapia
5. Prenotazioni: Visita a babbo morto
6. Triage emergenze: La zia di Sergio Pillon
7. Cure domiciliari: La popolazione invecchia e cambiano le esigenze
8. Televisita: La visita dal dottor Virtuale
9. Equità regionale: Può facebook sostituirsi al servizio sanitario nazionale?
10. DM e LEA: La trafila
11. Prevenzione: Il cavaliere pigro e il drago influenzale
1.APPROPRIATEZZA
Una Prescrizione Affrettata
Nel vivace poliambulatorio di San Felice, il dottor Marco era un medico noto per la sua velocità nel trattare i pazienti. Con un ambulatorio sempre affollato, tendeva a fare visite e diagnosi rapide e a prescrivere farmaci senza mai sforare il budget di spesa.
Una mattina, la signora Anna, una giovane madre di due bambini, entrò nell’ambulatorio del dottor Marco. Da giorni soffriva di un fastidioso mal di stomaco, nausea e stanchezza. Il dolore era diventato così intenso da impedirle di svolgere le sue normali attività quotidiane.
“Dottore, ho un dolore costante allo stomaco e mi sento sempre stanca. Non riesco a mangiare e ho perso molto peso in poco tempo,” spiegò Anna preoccupata.
Il dottor Marco, dopo aver ascoltato rapidamente i sintomi, decise di prescriverle un farmaco per il reflusso gastroesofageo. “Prenda questo medicinale due volte al giorno. Dovrebbe sentirsi meglio nel giro di pochi giorni,” disse, senza fare ulteriori indagini o esami. Anna seguì il consiglio del dottore, ma dopo una settimana, i suoi sintomi non solo non miglioravano, ma peggioravano. Preoccupata, decise di consultare un altro medico, la dottoressa Elena, nota per la sua meticolosità ma anche per i tempi lunghi di attesa.
La dottoressa Elena, ascoltando attentamente i sintomi della signora Anna, decise di approfondire con una serie di esami. Scoprì che Anna aveva una grave infezione da Helicobacter pylori, un batterio che causa ulcere gastriche e può portare a complicazioni severe se non trattato adeguatamente.
“La prescrizione del farmaco per il reflusso non era adatta alla sua condizione,” spiegò la dottoressa Elena. “Dobbiamo iniziare subito una terapia antibiotica per eliminare l’infezione e proteggerla da ulteriori danni.” Anna iniziò il trattamento corretto e, con il tempo, i suoi sintomi migliorarono significativamente. Tornò a sentirsi energica e in salute, grata alla dottoressa Elena per aver identificato la causa reale dei suoi problemi.
POSSIBILI SOLUZIONI:
la fretta nella pratica medica può avere gravi conseguenze, per ridurre i tempi di visita e il rischio di errori prescrittivi l’IA può essere di grande supporto:
1. Diagnosi più precise: l’IA può esaminare dati clinici e segni diagnostici per identificare patologie o condizioni specifiche con maggiore accuratezza. Questo permette ai medici di ottenere diagnosi più rapide e corrette.
2. Trattamenti personalizzati: l’IA può valutare dati individuali dei pazienti, come la storia clinica, le informazioni genetiche e i fattori di rischio, per suggerire trattamenti su misura. Questo aiuta i medici a evitare terapie inappropriate o superflue, scegliendo la soluzione migliore per ogni paziente.
3. Gestione delle terapie: l’IA può assistere nel monitoraggio e nella gestione del trattamento dei pazienti nel tempo. Ad esempio, può suggerire modifiche alle dosi dei farmaci o avvisare su possibili interazioni farmacologiche, migliorando l’adeguatezza del regime terapeutico.
4. Supporto alle decisioni cliniche: l’IA può offrire ai medici accesso immediato a informazioni e prove scientifiche aggiornate per sostenere le decisioni cliniche. Attraverso sistemi di supporto decisionale basati sull’IA, i medici possono ricevere consigli mirati basati sulle migliori pratiche e sull’esperienza degli esperti.
È importante ricordare che l›IA può fornire informazioni e raccomandazioni, ma spetta sempreaimedicivalutarequesteinformazioni e prendere decisioni considerando il contesto specifico del paziente.
2.ADERENZA
La Cura Incompresa
Nel quartiere Crocetta di Milano, viveva la signora Maria, una donna di 65 anni conosciuta per il suo spirito vivace e la sua grande dedizione alla famiglia. Un giorno, Maria fu ricoverata in ospedale a causa di uno scompenso cardiaco. Dopo diversi giorni di cure intense, il medico, il dottor Rossi, decise che era pronta per essere dimessa.“Signora Maria, è finalmente pronta per tornare a casa. Qui c’è la prescrizione dei farmaci che dovrà prendere per completare la sua cura” disse il dottor Rossi, mentre le consegnava una cartella con le istruzioni. Tuttavia, il dottor Rossi era molto occupato e aveva solo pochi minuti per spiegare la terapia a Maria. Le descrisse rapidamente quali farmaci doveva prendere e quando, senza avere il tempo di assicurarsi che lei avesse compreso tutto correttamente. Maria, sollevata dall’idea di tornare a casa, ascoltò distrattamente. Una volta a casa, si sentì molto meglio e pensò che fosse ormai fuori pericolo. Inoltre, vivendo da sola e senza un caregiver vicino che potesse aiutarla, si trovò in difficoltà nell’interpretare correttamente le istruzioni mediche. Nei giorni seguenti, Maria iniziò a trascurare la terapia. Non capiva esattamente quali farmaci prendere e quando, e non si preoccupava troppo di seguire le istruzioni alla lettera, convinta di essere ormai guarita. Un giorno, mentre era a casa, Maria iniziò a sentirsi di nuovo male. I sintomi di scompenso si ripresentarono e, preoccupata, chiamò suo figlio Luca, che viveva in un’altra città. Luca arrivò il prima possibile e, dopo aver visto le condizioni della madre, decise di portarla di nuovo in ospedale. Al pronto soccorso, il dottor Rossi fu sorpreso di rivedere Maria: “Signora Maria, cosa è successo?” chiese preoccupato. Maria spiegò la situazione, e il dottor Rossi capì che c’era stato un problema di comunicazione. “Purtroppo, non ho avuto abbastanza tempo per spiegare dettagliatamente la terapia; comprendo che la percezione di essere fuori pericolo e la mancanza di supporto abbiano contribuito alla mancata adesione alla cura,” disse con rammarico. Il dottor Rossi decise di fare le cose diversamente questa volta. Dopo aver stabilizzato Maria, prese il tempo necessario per spiegare in dettaglio ogni parte della terapia, coinvolgendo anche Luca nel processo. Fornì una lista chiara e leggibile delle istruzioni e consigliò a Luca di rimanere con sua madre qualche giorno per aiutarla. Con il supporto del figlio e una migliore comprensione della terapia, Maria riuscì a seguire correttamente le prescrizioni mediche e, nel giro di poche settimane, si riprese completamente.
POSSIBILI SOLUZIONI: l’importanza di una comunicazione chiara e di un adeguato supporto ai pazienti per garantire che seguano correttamente le terapie prescritte, per aiutare il medico nel far capire e comprendere la terapia è possibile sviluppare un algoritmo interpretativo AI della prescrizione scritta dal medico in forma divulgativa. Nella storia raccontata emerge anche un altro elemento spesso ricorrente nell’ambito della dimissione ospedaliera, lo scarso riferimento e coinvolgimento del MMG per una migliore gestione e presa in carico del paziente.
3.CONTINUITA’ ASSISTENZIALE
Non perdersi per strada
In un tranquillo paese fuori Bologna, viveva Martina, una bambina vivace e intelligente, affetta da una rara malattia genetica chiamata Sindrome di Ehlers-Danlos. Fin da piccola, Martina aveva bisogno di cure mediche specialistiche per gestire la sua condizione, caratterizzata da iperlassità articolare, fragilità cutanea e dolore cronico. I suoi genitori, Laura e Marco, erano sempre stati al suo fianco, collaborando strettamente con il dottor Rossi, il pediatra che seguiva Martina con grande dedizione. “Martina ha bisogno di un programma di fisioterapia regolare, controlli frequenti e un’attenta gestione del dolore,” spiegava il dottor Rossi. “Con il giusto supporto, potrà condurre una vita quanto più normale possibile.” Durante l’infanzia di Martina, il dottor Rossi e il team multidisciplinare del reparto pediatrico del grande ospedale cittadino, pur non essendo un centro specializzato per la Sindrome di Ehlers-Danlos, gestivano con cura ogni aspetto della sua malattia. Laura e Marco sapevano di poter contare su di loro per qualsiasi problema. Tuttavia, quando Martina compì 18 anni, le cose cominciarono a complicarsi. Come spesso accade per i pazienti con malattie rare, la transizione dalla pediatria all’assistenza per adulti non fu affatto semplice. Non c’era un chiaro percorso di continuità assistenziale e il reparto pediatrico non aveva un collegamento diretto con i servizi per adulti. “Dottor Rossi, cosa succederà ora che Martina è diventata maggiorenne?” chiese preoccupata Laura. “Chi si occuperà di lei?” “È una situazione difficile,” ammise il dottor Rossi. “Il sistema sanitario non sempre facilita questa transizione. Dovremo cercare uno specialista in malattie rare per adulti, ma potrebbe volerci del tempo.” Nel frattempo, Martina si trovò a dover gestire la sua condizione senza il supporto costante a cui era abituata. I nuovi medici che incontrava spesso non erano familiari con la sua malattia e le cure diventavano frammentarie. Gli appuntamenti specialistici erano difficili da ottenere e mancava una figura di riferimento che coordinasse tutti gli aspetti della sua cura.
Durante questo periodo di incertezza, Martina iniziò a sentirsi sopraffatta e la sua salute ne risentì. Il dolore cronico aumentava e la sua qualità di vita diminuiva. Fu solo grazie alla determinazione di Laura e Marco che, dopo diversi mesi di ricerca, riuscirono a trovare il dottor Bianchi, uno specialista in malattie rare per adulti che lavorava in un ospedale universitario in una città del Piemonte. Il dottor Bianchi, dopo aver studiato attentamente la storia medica di Martina e aver collaborato con il dottor Rossi, iniziò a creare un nuovo piano di cura per lei. Organizzò un team multidisciplinare per gestire la sua condizione, proprio come aveva fatto il dottor Rossi durante l’infanzia di Martina.“Abbiamo un lungo cammino davanti a noi, ma non sei sola,” disse il dottor Bianchi a Martina durante la prima visita. “Lavoreremo insieme per garantirti la miglior qualità di vita possibile.” Con il tempo, la salute di Martina migliorò e la sua famiglia iniziò a sentirsi più sollevata. La transizione era stata difficile, ma grazie alla perseveranza dei suoi genitori e al supporto di medici dedicati, Martina riuscì a trovare nuovamente stabilità nelle sue cure.
POSSIBILI SOLUZIONI: importanza di un sistema sanitario che supporti meglio la transizione dall’età pediatrica a quella adulta. Si stima che circa il 20% dei pazienti con malattia rara “si perdono” nel passaggio dalla presa in carico del centro pediatrico al centro dell’adulto. La creazione di programmi di transizione più strutturati per i pazienti con malattie rare, la definizione di protocolli condivisi fra il centro pediatrico e quello dell’adulto, la creazione degli ambulatori di transizione, l’implementazione del Fascicolo Sanitario Elettronico e la tracciabilità dei dati “in rete” può ridurre i tempi di presa in carico dei pazienti nella fase di transizione.
4.PROSSIMITA’
Aspettando che approvino la vita terapia
Anniverdi distanziava molto da casa e per arrivarci ci voleva un’ora circa: “ricordo come per anni portavo mia figlia a fare abilitazione. Due ore di terapia psico educativa da 45 minuti l’una.” Per anni Marta fece un’ora e mezza di terapia al centro e due ore di brum brum terapia con me in macchina. La prima terapia di molti bambini autistici è stata la sballottati terapia.
POSSIBILI SOLUZIONI: è in crescita il numero di persone fragili, non è solo il caso delle persone con disabilità dello sviluppo ma anche di persone con malattie croniche che sono costrette settimanalmente a lunghi tempi di percorrenza per accedere alle cure, anche oncologiche: CIPOMO rileva che il 20% dei pazienti con un tumore è costretto a percorrere oltre 30 Km per raggiungere il centro dove è in cura. Le soluzioni già esistono e possono essere di 4 tipi: telemedicina (intesa come modelli phygital progettati in modo integrato) -ad esempio per la gestione a distanza delle persone con sclerosi multipla, con psoriasi, etc.-; farmacia di comunità -ad esempio per persone con ASMA/BPCO o ipertensione per il monitoraggio del proprio stato di salute-; domiciliarizzazione delle cure -ad esempio rafforzando l’uso della dialisi peritoneale per le persone con malattia cronica renale-; rafforzamento dei modelli di rete -ad esempio per i bambini con disabilità dello sviluppo (autistici, asperger, etc.) o diabete di tipo 1 -attraverso un sistema che integra gli attori dell’assistenza primaria e quelli della specialistica ambulatoriale territoriale e ospedaliera, e i servizi sociosanitari e sociali attraverso i Percorsi Diagnostico Terapeutico Assistenziali (PDTA), che -integrando televisite, visite domiciliari e visite nel centro specialisticogarantiscono l’effettiva presa in carico dei bisogni e la costruzione di una relazione empatica tra il gruppo assistenziale, il paziente, la famiglia e i suoi caregiver. Il Fascicolo Sanitario Elettronico è lo strumento che può facilitare le implementazioni di queste soluzioni; la definizione e adozione di un vero e proprio “Livello Essenziale di Assistenza Digitale” (LEAD), da garantire in tutte le Regioni, anche attraverso lo stanziamento e la finalizzazione di specifiche risorse del Fondo Sanitario è fondamentale per implementare PDTA phygital. Un altro elemento che andrebbe considerato è la Casa della salute come luogo anche di riabilitazione.
Visita a babbo morto Stefano vive in una ridente città capoluogo di provincia toscana, soffre di Asma moderato-severo ed ha un papà allettato con una grave malattia alle ossa. Entrami necessitano di prenotare una visita specialistica con lo pneumologo, si rivolgono al CUP per effettuare la prenotazione che gli viene data a distanza di 8 mesi. Stefano, nonostante abbia prenotato la visita, si adopera per avere una visita specialistica convenzionata in tempi più ragionevoli rispetto agli 8 mesi previsti, riesce ad ottenere una visita per sé e il proprio padre a distanza di 1 mese. Nell’attesa di effettuare la visita il papà di Stefano muore, Stefano effettua la sua visita ma non disdice quella del padre né le 2 prenotate a distanza di 8 mesi.
POSSIBILI SOLUZIONI: il fenomeno delle doppie o triple prenotazioni seppur sia diffuso a macchia di leopardo sul territorio nazionale impatta notevolmente sulle liste di attesa (la stima è di circa il 7% sul totale prenotazioni), stessa cosa riguarda le prenotazioni andate “deserte” come conseguenza del decesso odel ricovero in urgenza dell’interessato. Al netto della necessità di aumentare il numero di operatori sanitari, la soluzione a problemi di questo tipo posso essere da una parte che le singole regioni tengano traccia in un’unica piattaforma delle prenotazioni che vengono fatte dal singolo utente (tracciando il codice fiscale) unificando a livello almeno interprovinciale le centrali operative di prenotazione, dall’altra “mettendo a sistema” il sistema informativo regionale dei decessi, dei ricoveri ospedalieri e delle prenotazioni. Va in questa direzione il decreto “Liste di Attesa” varato dal ministro Schillaci, con l’istituzione del Sistema Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (SNGLA) ed il Piano nazionale del governo delle liste di attesa (PNGLA). Possibili soluzioni che possono risolvere il problema delle prenotazioni improprie e delle liste d’attesa in modo organico possono essere: la realizzazione di un numero unico nazionale quale centro regolatore primario di indirizzamento e coordinamento del flusso di richieste di prenotazione (alla stregua del 118 con una centrale unica di risposta - CUR) così da garantire tracciabilità, uniformità e coerenza rispetto alle prenotazioni per visite ed esami e smistare le chiamate agli enti regionali preposti; la ridefinizione del triage per le prenotazioni da parte dei medici che emettono le richieste di prestazione così, ad esempio, da non dare stessa priorità ad una persona con scompenso cardiaco ed una che deve fare la visita cardiologica per certificazione sportiva; implementazione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) rappresenta un ulteriore soluzione.
6.TRIAGE EMERGENZE
La zia di Sergio Pillon
A mia zia, 82 anni con un diverticolo di Zenker della faringe (una estroflessione che a volte si può riempire di cibo) da ieri si occlude completamente l’esofago. Non riesce neanche a deglutire l’acqua. Aspetta, a volte la cosa si risolve da sola, mi chiama stamattina alle 8.00, le dico di andare in PS. Arriva al Policlinico Gemelli di Roma stamattina alle 10.00, in questo momento, alle 22.00 mi chiama e non è stata ancora nemmeno VISITATA! Dopo 12 ore, una donna di 82 anni che non riesce nemmeno a bere! Le hanno solo detto: “se vuole vada da qualche altra parte! “ Sta andando via, le hanno detto che non le rilasciano nemmeno un certificato che è rimasta lì seduta in sala di attesa DODICI ore. Neppure risulterà in qualche statistica. Le avevo detto alle 22.00 di andare via, dopo che al Policlinico Gemelli le avevano detto che aveva davanti ancora 15 persone ed avendo visto sul portale “Salute Lazio” che il Gemelli aveva 33 codici verdi in attesa di essere visti. Arrivata alle 23.00 all’Ospedale San Camillo, sempre in un girone dantesco, ma con un po’ di cuore e cervello in più. Visitata rapidamente ha passato la notte, con la figlia a fianco, su una panchina della sala di attesa del PS. Non c’erano letti, poltrone, lenzuola, però stamattina presto l’hanno operata, dopo aver fatto tutte le analisi. Il commento di mia cugina “Operata 1 ora fa, disostruito. Probabilmente si torna a casa in pomeriggio. Le ultime 24 h sono state complicate, ma devo ammettere che il personale delle emergenze del San Camillo è eroico, mancano letti, coperte... Grazie per il tuo aiuto!” Il cuore fa miracoli! Grazie a tutti i colleghi che antepongono il cuore ed il cervello alla burocrazia! (https://www. linkedin.com/posts/pillon_la-sanit%C3%A0del-lazio-%C3%A8-alla-fine-a-mia-zia-activity-7148059770585886720-QDuO?utm_ source=share&utm_medium=member_ desktop).
POSSIBILI SOLUZIONI: l’annoso problema dell’affollamento dei pronti soccorsi, non è di facile risoluzione e la soluzione potrebbe risiedere in un superamento dell’attuale modello organizzativo. La Conferenza delle regioni e delle province autonome ha riportato una serie di proposte contenute in un documento elaborato dalla Conferenza stessa il 9 novembre 2023, tra le quali, per quanto riguarda specificamente il personale che opera nel settore dell’emergenza territoriale: il riconoscimento di una serie di indennità e di benefici; la definizione univoca delle piante organiche di medici e infermieri nelle strutture di pronto soccorso; la riduzione delle ore settimanali e del numero delle notti; l’utilizzo dei medici con specialità a fini equipollenti nei pronto soccorso; la possibilità per gli specialisti di medicina di emergenza urgenza di esercitare la libera professione nelle specialità equipollenti, al fine di rendere più attrattivo il settore. Non ultimo rivedere l’iter formativo del medico di urgenza, prevedendo una più definita connotazione del programma di studio, che dovrebbe essere maggiormente incentrato sulla rotazione nei pronto soccorso, nelle unità di Osservazione Breve Intensiva (OBI) e nelle unità di Terapia SubIntensiva (TSI).
Ciò non di meno storie come quella della “Zia di Sergio Pillon” potrebbero essere risolte o mitigate tramite alcuni interventi: la maggior parte delle regioni presenta un portale come quello della Regione Lazio (https://www.salutelazio.it/pronto-soccorso) in cui è possibile rilevare l’affollamento dei pronto soccorso in tempo reale ma la maggior parte degli utenti non è a conoscenza del portale (su 200 persone residenti nel Lazio intervistate tramite l’Osservatorio Salute Bhave solo il 18% è a conoscenza dell’esistenza del portale); gli operatori sanitari ospedalieri, seppur -in diverse regioni- hanno un sistema di comunicazione in rete, ma comunicano tra loro telefonicamente o tramite messaggistica piuttosto che sfruttare i sistemi integrati per condividere informazioni (l’Osservatorio Scenario Salute Bhave stima che circa il 60% dei pazienti che nell’arco di 24 ore si presenta a due o più pronto soccorsi ripete le stesse analisi e non condivide la cartella di refertazione che ha avuto dalla dimissione del primo ricovero con il secondo). Gli accessi inappropriati al pronto soccorso, la cosiddetta “medicina di necessità”, variano tra il 15 ed il 35% dei casi
a seconda delle giornate, delle fasce orarie e della stagionalità (stime Osservatorio Scenario Salute Bhave). La carenza di informazioni da parte dei parenti -che non di rado hanno come unico riferimento la guardia giurata presente all’ingresso del pronto soccorso- relativamente alla situazione del parente che è in pronto soccorso incide sul senso di impotenza, impazienza e frustrazione che, come conseguenza, può andare incontro ad episodi di violenza verso il personale sanitario minandone la sicurezza, dall’altra parte il personale spesso sottoposto a turni logoranti può andare incontro a situazioni di burnout. La soluzione per mitigare situazioni di questo tipo, al netto dell’aumento dell’offerta di servizi, potenziamento del personale sanitario e tutela del personale sanitario, risiede nella promozione della diffusione di corrette informazioni presso la popolazione e i medici, ad esempio attraverso una maggiore comunicazione e campagne di valorizzazione di ciò che già è disponibile: valorizzazione dei portali di pronto soccorso per i cittadini, formazione e informazione presso i medici sulla disponibilità di portali che mettono in connessione i vari centri ospedalieri per la condivisione di informazioni e cartelle cliniche; realizzazione di chiari percorsi informativi per i parenti che attendono informazioni per il proprio caro od anche semplicemente -al netto della privacy- la predisposizione di un video che riporta il punto del percorso in cui si trova la persona ricoverata (es. in osservazione, in fase di diagnosi, etc.). Una esperienza che merita attenzione riguarda la Regione Toscana che sta sperimentando i PIR (Punti di Intervento Rapido) a supporto dei medici della continuità assistenziale che dovrebbero coprire le ore in cui mancano i MMG e PLS.
7.CURE DOMICILIARI
La popolazione invecchia e cambiano le esigenze
Di fronte al murale di Maradona nei quartieri spagnoli di Napoli, viveva Elena, una donna di 75 anni affetta da una grave forma di osteoporosi e da problemi cardiaci che la costringevano a stare a letto e a non uscire di casa. Vedova da 10 anni, Elena aveva sempre trovato conforto nella sua casa, circondata da ricordi e oggetti cari. Tuttavia, la sua salute in declino rendeva sempre più difficile gestire le attività quotidiane per questo usufruiva delle cure domiciliari. Tuttavia, con il tempo, emersero varie problematiche. Il primo problema fu la gestione delle medicine: Elena doveva seguire una terapia complessa con diversi farmaci da prendere a orari specifici e la stessa assistente domestica, Angela, nonostante fosse attenta, un paio di volte dimenticò di somministrare i farmaci corretti. Carlo e Silvia i figli di Elena preoccupati decisero quindi di installare un sistema di promemoria elettronico, ma Elena, poco avvezza alla tecnologia, trovò il dispositivo difficile da usare e frustrante. Un altro problema riguardava la privacy. Elena, che aveva sempre vissuto da sola, faticava ad abituarsi alla presenza costante di Angela che la seguiva: anche se la donna era gentile e rispettosa, Elena si sentiva invadere nella sua privacy e spesso rinunciava a chiedere aiuto per non sentirsi ulteriormente dipendente. Le difficoltà finanziarie rappresentavano un ulteriore ostacolo: il costo delle cure domiciliari, sebbene in parte sostenute dal Sistema Sanitario, era elevato e, mantenere un’assistenza continua si rivelava molto oneroso. Questo metteva sotto pressione la famiglia, che cercava di trovare un equilibrio tra l’assicurare la miglior cura possibile a Elena e gestire le proprie finanze. Inoltre, le cure domiciliari erano disponibili solo durante il giorno; le sere e le notti erano particolarmente difficili per Elena, che soffriva di dolori notturni e aveva bisogno di assistenza urgente. Carlo e Silvia proposero di installare una telecamera per monitorare la situazione a distanza, ma Elena rifiutò categoricamente, sentendosi sorvegliata e privata della sua libertà. Le tensioni raggiunsero il culmine quando Elena ebbe una caduta durante la notte e rimase a terra fino al mattino, quando Angela arrivò e la trovò in stato di
shock. Dopo questo episodio, i figli si trovarono di fronte a un dilemma: continuare con le cure domiciliari, che Elena preferiva, o trasferirla in una struttura residenziale dove avrebbe ricevuto assistenza continua. Decisero di confrontarsi con l’assistente sociale e il medico di famiglia per valutare le opzioni. Durante l’incontro, Elena espresse chiaramente il suo desiderio di restare a casa. Fu allora che venne proposta una soluzione intermedia: assumere un’altra assistente per coprire le ore notturne. Nonostante l’aumento dei costi, Carlo e Silvia accettarono, riconoscendo l’importanza del benessere della madre.
POSSIBILI SOLUZIONI: la storia di Elena riflette le sfide delle cure domiciliari, ossia: la gestione dei farmaci, la privacy, i costi elevati, la carenza di personale e la copertura insufficiente. L’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) continua ad avere un ruolo marginale e inadeguato rispetto ai bisogni dei cittadini, con solo il 3% degli over 65 assistiti a domicilio, contro i 3 milioni di persone con multi-cronicità e disabilità che necessitano di cure continuative (stime Italia Longeva). Questo è ben lontano dal target del 10% fissato dal PNRR. Il finanziamento del servizio influisce significativamente sulla sua organizzazione, con le aziende sanitarie reattive alle scelte di finanziamento nazionali o regionali più che alla pianificazione formale. Attualmente, l’assistenza domiciliare è finanziata in base al numero di assistiti, senza considerare la complessità clinica, il numero di accessi o i risultati dell’assistenza. Questo sistema favorisce l’incremento del numero di assistiti piuttosto che la qualità della presa in carico. Una soluzione potrebbe essere la definizione di percorsi di cura specifici per la gestione domiciliare delle cronicità, come ad esempio per la dialisi peritoneale domiciliare, che potrebbe portare vantaggi economici e sociali. I dializzati rappresentano l’1% della popolazione italiana ma assorbono il 2% del fondo sanitario; un recente studio economico condotto da Altems stima che in media il costo per la regione di un paziente in emodialisi presso un ospedale sia di 50mila euro all’anno contro i 30mila dell’opzione domiciliare. Strutturare percorsi di dimissioni protette in sinergia con i reparti ospedalieri e il territorio potrebbe ridurre la pressione sulle strutture e le Liste d’attesa, migliorando l’autonomia dei pazienti. Un altro “accorgimento” sarebbe quello di spostare l’attenzione dall’assistenza ospedaliera all’assistenza territoriale, con un’organizzazione specifica incentrata sul distretto, divenuto un livello di assistenza unitario che è il supervisore del programma locale e ospita le funzioni di case management e dove si realizza un sistema integrato di assistenza, per facilitare sia la costruzione che la applicazione concreta dell’ADI.
8.TELEVISITA
La visita dal dottor Virtuale Era una giornata uggiosa e il naso di Emma era intasato da un raffreddore ormai persistente. Aveva deciso di prenotare una visita dal dottor Virtuale, una comoda piattaforma online che le permetteva di consultare un medico direttamente da casa, evitando inutili spostamenti e attese in sala d’aspetto. Già aveva usufruito in passato di questo servizio, si collegò puntuale all’appuntamento, ma fin da subito le cose non andarono come previsto: la connessione internet era instabile e l’immagine del dottor Virtuale si bloccava di continuo, rendendo la conversazione frammentata e frustrante. Inoltre, la piattaforma non permetteva un esame fisico adeguato, un aspetto cruciale per una diagnosi accurata, specie nel suo caso di sospetta sinusite. Il dottor Virtuale, nonostante avesse già in passato visitato Emma in presenza, si trovava impossibilitato a valutare correttamente la situazione di Emma e le prescrisse solo una cura generica a base di paracetamolo e decongestionanti.
Sconfortata, Emma si rese conto che la telemedicina, pur offrendo indubbi vantaggi in termini di praticità e accessibilità, non poteva sostituire completamente una visita medica tradizionale, soprattutto quando si trattava di problematiche che richiedevano un’analisi approfondita e un contatto fisico. Il giorno dopo, Emma si recò dal suo medico di base, che dopo una visita accurata le confermò la sinusite e le prescrisse la terapia antibiotica adeguata. In quel momento, Emma capì che la telemedicina poteva essere un utile strumento complementare, ma non un sostituto dell’esperienza e del contatto umano di un medico in carne ed ossa.
POSSIBILI SOLUZIONI: la sanità digitale si riferisce all’ampio campo dell’utilizzo delle tecnologie digitali (ad esempio, software, applicazioni, dispositivi mobili, sensori, piattaforme online) per migliorare la prestazione dei servizi sanitari, l’accesso alle cure, la comunicazione tra i professionisti della salute e i pazienti, nonché la gestione e l’analisi dei dati clinici e amministrativi. Include anche il trasferimento e la condivisione sicura delle informazioni sanitarie tra operatori sanitari e strutture. Esempi di sanità digitale includono Registri elettronici dei pazienti (EHR), applicazioni per il monitoraggio della salute, telemedicina, prenotazioni online, consulenze mediche virtuali, e piattaforme per la gestione della salute personale. La sanità digitale rappresenta l’adozione e l’integrazione di tecnologie digitali nel settore sanitario, mentre l’IA è una tecnologia avanzata all’interno della sanità digitale che sfrutta algoritmi complessi per l’analisi e l’interpretazione dei dati sanitari, consentendo risultati più accurati e personalizzati. L’IA è un elemento chiave all’interno della sanità digitale che ne potenzia l’efficacia e l’efficienza migliorandone la sostenibilità. Tuttavia, la disavventura di Emma ci insegna che la telemedicina rappresenta un progresso importante nel campo sanitario, ma è fondamentale utilizzarla con consapevolezza e criterio. Seppur le Linee Guida dell’ISS precisano che la televisita non va eseguita per la diagnosi ma nel follow up, nella pratica ciò che più spesso avviene è una comunicazione medico paziente tramite telefono o messaggistica. Recenti dati FIMMG riportano che la televisita è utilizzata dal 43% dei MMG (https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=122378). L’adozione di piattaforme per la gestione dei percorsi di cura, invece, sembra essere un fenomeno ancora non molto diffuso, probabilmente in relazione alla incompleta implementazione delle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT), che dovrebbero costituire l’’ambito dove sviluppare naturalmente tali iniziative, il 64% dei MMG non le utilizza. Non tutte le problematiche di salute sono adatte ad essere trattate a distanza e, in alcuni casi, una visita medica tradizionale rimane indispensabile per una diagnosi e una cura efficaci. Se un’app utilizza una chatbot basato su GPT, ad esempio, per ordinare una pizza, le richieste dei consumatori non sono
ambigue; “Voglio una pizza grande con peperoni verdi su una metà” significa esattamente questo. Al contrario, se il paziente in televisita riferisce che ha bisogno di antidolorifici per il suo improvviso mal di schiena perché gli fa girare la testa, potrebbe effettivamente aver bisogno di un intervento vascolare urgente per la rottura dell’aneurisma dell’aorta addominale. Oppure potrebbero aver bisogno di un urologo per i loro calcoli renali. Oppure potrebbero aver bisogno di un oncologo per una frattura vertebrale patologica dovuta al cancro. Oppure potrebbe aver bisogno di consulenza per la dipendenza sviluppata agli oppioidi. Oppure potrebbero semplicemente aver bisogno di antidolorifici.
9.EQUITA’ REGIONALE
Può facebook sostituirsi al servizio sanitario nazionale?
La mamma di una bambina con diabete, si trovava a Milano con la figlia, e si è accorta di avere dimenticato a Pordenone l’insulina. Rivoltasi alla rete delle associazioni di tutela e assistenza alle persone con diabete della città, era riuscita ad ottenere prontamente, da un ospedale cittadino, la “ricetta rossa” del Servizio Sanitario Nazionale per farsi consegnare in farmacia il farmaco vitale per la bambina. Ma le norme e la burocrazia si sono messe di traverso: la famiglia non risiede in Lombardia e non ha quindi diritto alla consegna gratuita del farmaco cui ha diritto nella propria città. Può solo acquistarlo a proprie spese. Sbalordita e sdegnata, la signora si è rivolta al gruppo di mamme con bambini diabetici su Facebook, trovando immediatamente solidarietà e soprattutto l’insulina per la figlia. Morale: in Italia Facebook è più efficiente del servizio sanitario nazionale. (https://www.diabete.com/diabete-italia-puo-facebook-sostituirsi-al-servizio-sanitario-nazionale/)
POSSIBILI SOLUZIONI: seppur questo fatto di cronaca sia riconducibile al 2014, situazione come queste sono all’ordine del giorno. Il Servizio Sanitario nazionale soffre di una crisi sistemica e non garantisce più alla popolazione un’effettiva equità di accesso alle prestazioni sanitarie. Così la Corte dei Conti nel corso della cerimonia d’inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2024 svoltasi a Roma il 13 febbraio. Secondo la Corte dei Conti si dovrebbe rispondere alla crisi, sia a livello nazionale sia regionale, con interventi mirati rivolti al miglioramento dell’organizzazione, delle strutture, della formazione e delle retribuzioni che siano in grado di ridare sia efficienza al sistema sia valore alla responsabilità della professione medica, ritenuta misura del senso civile di un Paese. (https://www.nurse24.it/dossier/salute/crisi-sostenibilita-ssn-non-garantisce-piu-equita.html).
La ricetta elettronica ha consentito, tra l’altro, di assicurare la circolarità delle prescrizioni farmaceutiche in regime convenzionale sull’intero territorio nazionale: un cittadino può recarsi in una farmacia di altra regione e ad avere diritto all’erogazione dei farmaci. Dall’ultimo Rapporto dell’Osservatorio sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva emergono in modo molto chiaro le “inequità”. Su tempi di attesa, gestione delle cronicità, accesso ai farmaci innovativi, coperture vaccinali e screening oncologici si registrano disuguaglianze sempre più nette fra le varie aree del Paese. E non sempre al Nord va meglio che al Sud. Per giungere alla conclusione che “le proposte di autonomia differenziata finiranno per differenziare ancora di più l’esigibilità dei diritti dei pazienti. A essere fortemente compresse saranno le funzioni del livello centrale, di indirizzo, coordinamento e controllo delle politiche sanitarie e dell’erogazione dei servizi. L’unica vera forma di controllo che continuerà a essere nelle mani del livello centrale sarà quella sui conti delle Regioni”. Questo potrebbe essere uno scenario un po’ troppo apocalittico, ma ciò che è indubbio è che servono azioni non per assecondare, ma per contrastare le disugua- glianze. Dall’attuazione dei nuovi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) a un piano di investimenti per le malattie croniche, da una seria politica sui servizi territoriali a una politica di reclutamento del personale che premi il me- rito e le nuove generazioni. (https://altems. unicatt.it/altems-2019-regionalismo-differenziato-ed-equita-nell-accesso-alle-cure-soluzione-o-illusione-il-ruolo)
La trafila
Anna, una signora di 75 anni affetta da una malattia cronica, era solita recarsi regolarmente in ospedale per controlli e terapie. Da qualche tempo, però, le sue condizioni erano stabilizzate e il medico curante, valutando la sua autonomia e la presenza di una rete di supporto familiare adeguata, decise di attivare la presa in carico infermieristica al domicilio, come previsto dal DM 70.
Anna era entusiasta di poter finalmente gestire la sua terapia tra le mura domestiche, con maggiore tranquillità e riservatezza. Tuttavia, ben presto si rese conto delle difficoltà burocratiche e organizzative che il sistema le presentava.
La comunicazione tra ospedale e territorio era carente e lacunosa. Il passaggio del piano terapeutico e delle informazioni relative alla paziente avveniva con lentezza e spesso in modo incompleto. Anna si trovava così a dover ripetere le stesse informazioni a medici e infermieri diversi, con il rischio di incomprensioni e ritardi nella cura.
Inoltre, la figura dell’infermiere di case management, deputato al coordinamento dell’assistenza tra ospedale e territorio, era spesso assente o sovraccaricato di lavoro. Anna si sentiva sola e disorientata, senza un punto di riferimento chiaro a cui rivolgersi per dubbi o necessità.
Anche l’accesso ai LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) presentava diverse criticità. Alcune prestazioni, come la fisioterapia domiciliare o la fornitura di ausili specifici, erano soggette a lunghe attese o addirittura non disponibili nella sua zona. Anna era costretta a pagare di tasca propria per ottenere le cure di cui aveva bisogno, con un aggravio non indifferente sul suo bilancio familiare.
POSSIBILI SOLUZIONI: come previsto dal DM 70, il Piano Sanitario Nazionale, e dal più recente DM 77, recante “Nuove norme per la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel SSN”, la presa in carico del paziente è un processo complesso che richiede la collaborazione di diverse figure professionali, sia in ospedale che sul territorio.
La situazione è molto diversificata tra le varie regioni e in particolare sulla assistenza domiciliare ma in tutte le regioni è permesso agli utenti di ritirare i farmaci prescritti su tutto il territorio nazionale.
Alcune questioni ancora aperte o che stanno trovando soluzioni con diverse velocità tra le regioni quali le azioni da implementare per integrare i vari professionisti e quindi la particolare attenzione che i diversi accordi collettivi nazionali/regionali debbano prevedere per favorire e incentivare l’applicazione delle reti e dei percorsi anche tra diverse categorie professionali. Il problema alla radice è sempre la mancanza di un PDTA strutturato per la persona in questione che impedisce di garantire la soddisfazione dei suoi bisogni clinici e sociali. La fisioterapia domiciliare o la fornitura di ausili specifici sono nei LEA ma i problemi dei ritardi e della non disponibilità è legato all’organizzazione a livello locale re- gionale /aziendale /distrettuale.
Nella realtà, però, questa collaborazione spesso funziona a singhiozzo, con la conseguenza che i pazienti si trovano in balia di sé stessi, costretti a barcamenarsi tra appuntamenti, referti e prescrizioni senza un adeguato supporto. Ridurre gli oneri finanziari attraverso: l’omogenizzazione delle tariffe sul territorio così da permettere agli utenti di ritirare i farmaci prescritti su tutto il territorio nazionale e garantire maggiore tempestività e dinamicità di pubblicazione dei punteggi LEA, rivedendo le attuali tempistiche “a con- suntivo” (31 dicembre dell’anno successivo e non come ora che i dati sono ancora riferiti al 2019); le tariffe variabili da regione a regione e tra i diversi fornitori di servizi possono rendere difficile per i pazienti pianificare e coprire le spese per le cure di cui hanno bisogno. Promuovere la continuità delle cure: l’aderenza alla terapia è più probabile quando i pazienti possono ricevere cure regolari e coerenti da un unico fornitore di servizi. Vincolare il rimborso al raggiungimento di obbiettivi predeterminati incoraggerebbe i fornitori di servizi a fornire cure di alta qualità che siano in linea con le Linee guida evidence-based per la gestione della patologia. 10
11.PREVENZIONE
Il cavaliere pigro e il drago influenzale C’era una volta un cavaliere pigro di nome Tristano, che viveva in un regno dove l’influenza era un drago temibile che sputava fuoco e tosse. Ogni anno, il drago influenzale terrorizzava il villaggio, facendo ammalare tutti con febbre alta e dolori alle ossa. Tristano, invece di prepararsi per affrontare il drago, preferiva starsene al caldo nel suo castello, mangiando cibi grassi e bevendo birra. “Perché preoccuparmi?”, pensava. “Se mi ammalo, ho sempre a disposizione pozioni magiche e antidoti per guarire in fretta”.
Un giorno, il re annunciò l’arrivo di un nuovo eroe: un saggio stregone che aveva creato un elisir magico in grado di proteggere dal drago influenzale. L’elisir era un vaccino, una pozione che donava al corpo le armi per combattere il drago prima che potesse attaccare.
Tristano, incuriosito, si recò dal mago e ricevette l’elisir. Inizialmente, era scettico: “Come può una semplice pozione essere più forte del drago?”, si chiedeva. Ma poi, quando il drago influenzale arrivò, Tristano rimase sorpreso.
Mentre tutti gli altri abitanti del villaggio erano costretti a letto, con la febbre alta e i dolori muscolari, Tristano si sentiva in forma e pieno di energia. Aveva sconfitto il drago influenzale con l’aiuto del vaccino!
Da quel giorno in poi, Tristano cambiò atteggiamento. Capì che la prevenzione era molto più facile e sicura che curare la malattia. Smise di essere pigro e iniziò a seguire uno stile di vita sano, mangiando cibi nutrienti e facendo esercizio fisico regolarmente.
La storia di Tristano divenne un insegnamento per tutti gli abitanti del regno. Impararono che la prevenzione era la chiave per sconfiggere il drago influenzale e altre malattie. Non si affidarono più solo alle pozioni magiche e agli antidoti, ma iniziarono a prendersi cura di sé stessi con vaccini, alimentazione sana e uno stile di vita attivo.
E così, il regno prosperò, libero dalla paura del drago influenzale e con un popolo sano e felice.
POSSIBILI SOLUZIONI: Huston abbiamo un problema! i tassi di vaccinazione sono troppo bassi, 2022-23 è stata del 20,2% a dispetto dell’obiettivo minimo che è fissato al 75%, quello ottimale al 95%. Per target di popolazione più fragile come gli anziani il 2022-23 ha registrato una copertura del 56,7%. Perfino tra i medici, la percentuale di vaccinati è inferiore alla media nazionale. Perché succede? La comunicazione sui vaccini fallisce. Non basta bombardare le persone con dati scientifici: spesso questo approccio aumenta la resistenza e la diffidenza. Forse è giunto il momento di pensare e raccontare l’importanza della prevenzione in un modo diverso. Di mettere in dubbio il concetto stesso di prevenzione, non in termini clinici e sanitari ma in termini comunicativi e di parlare in modo diverso di prevenzione. Non è semplice convincere le persone a cambiare idea, abitudini e convinzioni, anche quando è per il loro bene. Anche di fronte a un’analisi razionale di costi e benefici, non è matematico che le persone accettino una proposta vantaggiosa. Questo accade perché la maggior parte di noi, quando deve prendere una decisione, anziché mettersi a calcolare costi e benefici e applicare la razionalità, preferisce prendere una strada meno impegnativa. E lo fa chiedendosi semplicemente cosa farebbe un altro al posto suo. In generale, valutiamo quanto possa essere adeguata una soluzione facendo soprattutto riferimento a cosa fanno gli altri e cercando la riprova sociale, ovvero testimonianze di come altre persone stanno risolvendo con successo il nostro stesso problema. Seguiamo la maggioranza, o le persone influenti, pensando che sia la cosa migliore e davanti a una soluzione nuova, non ancora testata, priva di riprova sociale, siamo dubbiosi. In questi casi, per far cambiare approccio alle persone, il framing si rivela di grande utilità. Soprattutto in settori delicati, come può essere quello medico, la maggior parte di noi fatica ad andare controcorrente e prendere decisioni diverse dalla maggioranza. Gli interessi in gioco sono troppo alti per permettersi di rischiare e perciò preferiamo fidarci delle scelte di default. Riformulare una proposta in modo tale da evidenziare il fatto che è la scelta giusta perché adottata da tutti quelli che affrontano quel tipo di problema, rassicura e al tempo stesso rafforza la convinzione che la decisione che stiamo prendendo sia
quella che fa per noi.
Alla luce della considerazione dell’importanza della prevenzione e della promozione della salute nella sua dimensione fisica, psicosociale ed emotiva, la soluzione è quella di individuare e mettere in atto azioni su diversi setting (scuola, ambienti di lavoro, comunità locali, servizio sanitario), e sui determinanti modificabili dello stato di salute (ad esempio, fumo, alcol, scorretta alimentazione, sedentarietà). Quindi potrebbe essere utile la necessità di superare la frammentazione esistente verso una visione unitaria, e mettere in campo azioni tra loro integrate definendo una proposta di sviluppo della prevenzione in una logica di unitarietà delle funzioni che semplifichi ed eviti sovrastrutture, duplicazioni di servizi e attività e coinvolgendo attivamente altri professionisti operanti nella prevenzione (MMG, PLS, Infermieri di Comunità, Assistenti Sanitari, Tecnici della prevenzione) e le articolazioni territoriali a partire dai Comuni, Associazioni, Forze Sociali, ecc. e monitorando l’erogazione delle azioni e valutando i risultati anche riguardo il loro impatto, secondo i principi della Prevenzione Basata sulle Prove (Evidence-Based Prevention);
4.9 PROPOSTE OPERATIVE E INVITO
POLITICA
Il diritto alla salute è uno dei principi fondamentali sanciti dall’articolo 32 della Costituzione Italiana. Ma cosa rimane di quel diritto fondamentale, di quella “linea guida” costruita sull’idea di universalità, solidarietà e uguaglianza? È rimasto un “diritto fondamentale” o è diventato un “diritto ausiliario”, “subordinato”, “facoltativo”? È ancora possibile pensare all’articolo 32 come uno strumento teorico-operativo e non come una utopia stretta e rinegoziata tra i vincoli di bilancio? Certamente per raggiungere questo risultato e garantire una tutela omogenea della salute su tutto il territorio nazionale, bisogna ribadire in primis l’insostituibilità di alcuni assunti. Ma quali sono questi “assunti”?
La tutela della salute è, infatti, non solo un “diritto fondamentale dell’individuo” e quindi un diritto che non è contestualmente negoziabile ma è anche “un interesse della collettività” quindi “la salute” non è vista come “un bene la cui produzione prevede dei costi” ma un “bene comune”. Questa prospettiva non è una svista anti-economicistica dell’Assemblea Costituente.
Ciò implica che la salute, anche quella individuale, ha un impatto sulla salute pubblica e sul benessere della società nel suo complesso. Quando la salute della popolazione è tutelata, ne beneficia l’intera società in termini di produttività, stabilità sociale e qualità della vita. La salute è quindi un “capitale”.
La salute ha quindi un valore intrinseco e strategico sia per l’individuo sia per la collettività ciò implica che le spese sanitarie sono considerabili come un investimento strategico nel benessere e nella prosperità della società.
Conseguentemente a questo la programmazione sanitaria non dovrebbe essere, come invece è ora, uno strumento tecnico della teoria economica che permette di gestire in modo ottimo e orientato all’efficienza l’allocazione delle risorse e che può diventare strumento e criterio di ridefinizione di quello che dovrebbe essere o meno “coperto” da tutela (i LEA) ma
uno strumento strategico necessario principalmente ad identificare le aree di maggiore necessità e a destinare risorse per massimizzare l’impatto positivo sulla salute della popolazione. In questo contesto cambia quindi anche il rapporto tra sostenibilità e difesa della salute dove il primo termine esprime “l’equilibrio tra i fattori culturali, sociali, economici ed ambientali che consentono a delle specifiche attività di continuare indefinitamente nel futuro”.
Quali sono gli altri elementi che si possono ricavare da questi assunti?
Ad esempio, che essendo la salute un bene comune è indispensabile “la partecipazione attiva di ciascuno”49 quindi l’idea di salute non è solo paternalisticamente intesa come espressione di una tutela passiva da parte della Repubblica ma della costruzione di una condizione – appunto quelle del benessere psico-fisico-sociale” dove il soggetto è un agente in grado di “prendersi cura si sé e della propria comunità”.
O ancora che condizione indispensabile per assicura che le persone siano “in salute” è di intervenire sulle ingiustizie sociali e sulle disuguaglianze economiche quindi di riuscire ad intervenire sui determinanti di salute.
Da qui nasce l’esigenza di garantire efficienza, uniformità ed equità nelle prestazioni del servizio sanitario, contrastando tutte le forme di sperequazione sociale e territoriale intervenendo sull’inclusione sociale e sull’equità di accesso.
Affinché qualsiasi soluzione proposta trovi realizzazione, deve essere, infatti, in primo luogo potenziata la collaborazione efficace tra lo Stato e le Regioni, assicurando che le diseguaglianze nell’offerta di servizi, nell’appropriatezza dei processi clinico-organizzativi e negli esiti di salute siano ridotte al minimo. In questo processo collaborativo, le Regioni e le aziende sanitarie devono monitorare siste49 Zamagni, S., 2014 I beni comuni per il bene comune. Casa della Cultura, Milano.
maticamente e rendicontare pubblicamente le proprie performance, fornendo dati omogenei e continuativi che aiutino gli analisti, e successivamente i decisori, a definire l’andamento e l’impatto delle scelte politiche e organizzative prese. Ma questo non basta: è necessario ricollocare e definire concettualmente il limite fra il diritto di salute (e quindi il dovere da parte dello Stato e delle Regioni di assicurarlo) e il principio di economicità e di contemperamento degli interessi50
Una riduzione del finanziamento pubblico nel settore sanitario può rappresentare, infatti, una minaccia diretta alla salute dei cittadini, poiché compromette la loro dignità e ne mina i presupposti per il raggiungimento di obiettivi di salute. Per far fronte a queste sfide, è necessario dunque che i fondi sanitari, che godono di agevolazioni fiscali, siano utilizzati esclusivamente per prestazioni integrative rispetto ai livelli essenziali di assistenza già garantiti. Allo stesso tempo, è fondamentale governare adeguatamente il ruolo dell’intermediazione finanziaria e assicurativa per evitare derive consumistiche e di privatizzazione, uniformando le modalità di compartecipazione alla spesa sanitaria a livello nazionale nel rispetto del principio costituzionale di equità contributiva.
La sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale sarà garantita in questo modo da decisioni basate sulle migliori evidenze scientifiche, includendo nei livelli essenziali di assistenza solo interventi efficaci e appropriati, e garantendo al tempo stesso la capacità di individuare quelli meno efficaci, in modo da recuperare le risorse erose da sprechi e inefficienze attraverso un processo di disinvestimento e riallocazione.
Queste premesse delineano un quadro necessario per garantire l’efficienza e l’equità del sistema sanitario nazionale, nonché i presupposti su cui possono essere calate le problematiche legate all’accesso e sulla cui base si possono individuare soluzioni operative. Oltre l’identificazione delle problematiche più importanti e urgenti, lo scopo del gruppo costituitosi per il Think Tank è infatti da intendersi soprattutto in termini operativi, di proposta di soluzioni concrete e implementabili nel contesto sanitario attuale.
Risulta infatti necessario e urgente ripartire da un Think Tank come il PATT che si ponga come prioritaria la difesa della sanità pubblica
50 Sul tema Cavicchi, I., 2023 Sanità Pubblica addio. Il cinismo delle incapacità. Castelvecchi, Roma
Come visto in questo percorso, le questioni che sono emerse come meritevoli di attenzione prioritaria nel prossimo futuro sono state in particolare:
1.Gestione delle liste d’attesa
1.Potenziare il supporto della tecnologia e dell’IA nell’alleggerire il carico prestazionale, tramite selezione dei criteri di appropriatezza.
2.Attivazione di sistemi di prenotazione centralizzati e digitalizzati, come la Piattaforma Nazionale delle Liste d’Attesa, per ottimizzare i processi di prenotazione e ridurre i tempi di attesa
3.Attivazioni di U.O. interne alle principali agenzie sanitarie nazionali come Agenas con l’obiettivo di potenziare l’efficacia del decision-making individuale e collettivo attraverso il team di analisi comportamentale (TAC)
4.Aumento della trasparenza in termini di liste d’attesa, con la pubblicazione periodica dei tempi di attesa per diversi servizi sanitari.
5.Redistribuzione delle risorse mediche e del personale, attraverso un’analisi del fabbisogno di prestazioni e delle aree con maggiori carenze
6.Individuazione delle realtà e aree terapeutiche caratterizzate dai maggiori tempi di attesa e conseguente progettazione di azioni mirate di potenziamento
7.Assunzione di nuovo personale medico e infermieristico per aumentare la capacità operativa delle strutture sanitarie.
8.Potenziamento dei presidi territoriali per ridurre la pressione sugli ospedali, specialmente per la quota di pazienti cronici attraverso modelli organizzativi come il Chronic Care model che valorizzando le risorse della comunità nell’assistenza (gruppo di volontariato, gruppi di auto aiuto, centri anziani)
2.Potenziamento dell’Interoperabilità in Sanità Digitale
1.Definizione e adozione di standard uniformi per la gestione dei dati sanitari per facilitare la comunicazione tra diverse piattaforme e strutture.
2.Garantire la piena interoperabilità dei centri di prenotazione degli erogatori privati accreditati con i competenti CUP territoriali
3.Investimenti nelle infrastrutture tecnologiche per migliorare gli standard di connessione e la capacità di elaborazione dei dati.
4.Implementazione di una piattaforma nazionale per le liste d’attesa, che centralizzi e coordini il processo e che garantisce l’interoperabilità con le piattaforme regionali.
5.Implementazione da parte delle strutture sanitarie private autorizzate di una piena interoperabilità del proprio sistema di prenotazione con il sistema dei CUP
6.Corsi di formazione per il personale sanitario sull’utilizzo dei nuovi sistemi digitali e per promuovere la cultura digitale
7.Adozione di misure di sicurezza avanzate e protocolli di privacy conformi al GDPR per proteggere i dati sensibili dei pazienti.
8.Implementazione di cartelle cliniche elettroniche accessibili in tutto il territorio nazionale.
3.Potenziamento della telemedicina e dei servizi di assistenza domiciliare
1.Implementazione delle linee guida nazionali e degli investimenti previsti dalla Missione 6 del PNRR per l’espansione dei servizi di telemedicina.
2.Rendere pienamente operativa nelle diverse realtà regionali della Piattaforma di Telemedicina Nazionale di recente progettazione tramite la definizione di procedure e protocolli
3.Definizione di PDTA in grado di individuare i percorsi e le modalità più adeguate di inserimento delle prestazioni di telemedicina
4.Sviluppo da parte delle Società scientifiche di Linee Guida che includano l’utilizzo della telemedicina a partire dalle aree terapeutiche di maggiore beneficio
5.Sviluppo di una infrastruttura di raccolta dati acquisiti tramite i servizi di telemedicina per alimentare il Fascicolo Sanitario Elettronico
6.Estensione del servizio di telemedicina alle farmacie territoriali e ai laboratori di analisi cliniche accreditati, con formazione dei farmacisti e dei tecnici di laboratorio
7.Campagne di informazione e formazione per i pazienti e il personale sanitario sull’utilizzo delle piattaforme di telemedicina, affiancate ad un servizio di assistenza tecnica per supportare i pazienti meno esperti nell’uso delle tecnologie digitali.
8.Sviluppo e potenziamento di protocolli standardizzati per l’assistenza domiciliare integrata che coinvolgano medici, infermieri e altri professionisti sanitari.
9.Sviluppo di servizi di consegna a domicilio del farmaco di classe H per condizioni patologiche che limitano fortemente lo spostamento del paziente o per distanza dal presidio.
10.Implementazione di sistemi di monitoraggio per valutare l’efficacia dei servizi di assistenza domiciliare e telemedicina, raccogliendo feedback periodici dai pazienti per migliorare continuamente la qualità dei servizi offerti.
4. Uno sguardo ravvicinato: l’esperienza dei team di analisi comportamentale nelle U.O. delle agenzie sanitarie
Anche su questo tema ci sono delle possibili riflessioni da affrontare e proporre che hanno una importante ricaduta operativa: l’intersezione tra salute pubblica e scienze comportamentali continua a essere un’area di esplorazione e sviluppo in espansione, che sottolinea l’impegno collettivo a investigare più a fondo tale nesso interdisciplinare, sfruttando il potenziale delle scienze comportamentali per portare avanzamenti negli obiettivi di salute pubblica. La pandemia ha, infatti, evidenziato il ruolo che il comportamento gioca nel determinare risultati sostenibili in termini di salute, mettendo in luce al tempo stesso le lacune nelle strategie tradizionali di salute pubblica e l’urgenza di integrare evidenze comportamentali nella politica sanitaria. Se da un lato, infatti, la salute pubblica mira a costruire comunità e società sane, con governi e organizzazioni sanitarie che promuovono politiche salutari e sistemi sanitari resilienti, dall’altro i comportamenti individuali spesso influenzano negativamente i risultati di tali politiche. È in questi termini che si rende evidente il ruolo cruciale delle scienze comportamentali oggi, in grado di aiutare i decisori a comprendere come e perché diversi gruppi adottino o rifiutino determinati comportamenti. L’integrazione di approcci comportamentali nella pianificazione e gestione delle politiche di salute pubbliche permette di identificare e affrontare le barriere, gli ostacoli, ma anche le motivazioni che ruotano intorno alla definizione di un problema di salute, permettendo così di migliorare la progettazione dei servizi sanitari del futuro.
È in quest’ottica che sono nate negli ultimi anni delle Behavioral Intervention Units (BIUs), ossia delle unità di analisi comportamenta-
le costituite con il fine di affrontare sfide sanitarie che si sono diffuse già in 26 Paesi del mondo51. Sulla base di una revisione e classificazione dei principali modelli riscontrati è stato possibile estrapolare tre tipi di modalità differenti di relazione fra queste Units e il modello sanitario locale.
1) Unità integrate direttamente nel Ministero della Salute: si tratta di un modello centralizzato che prevede unità specializzate interne al governo locale e focalizzate esclusivamente sullo studio dei comportamenti di salute.
Case study: Australia
In Australia si è costituita un’unità comportamentale focalizzata sulla salute pubblica a livello ministeriale e tre unità che si occupano di sfide correlate alla salute pubblica e di altre aree legate alle politiche come quelle sulla famiglia, l’immigrazione o il lavoro. Esiste un coordinamento centrale, costituito in particolare da due organi, il Behavioural Economics Team of Australia (BETA), nel Dipartimento del Primo Ministro e del Gabinetto, e lo Strategic Policy and Behavioural Insights Team (SP&BI). Quest’ultimo è stato creato nel 2015 ed è parte integrante del Ministero della Salute, per il quale conduce analisi e sperimentazioni volte alla valutazione dei cambiamenti comportamentali. In particolare, una delle aree su cui si sono concentrate le analisi fino ad ora è stata quelle del contrasto alla resistenza antimicrobica: in seguito a ricerche comportamentali, l’unità ha mostrato come inviando lettere personalizzate ai medici con tassi di prescrizione di antibiotici eccessivi, in sei mesi il tasso di prescrizione si è ridotto del 12%.
2) Unità appartenenti ad agenzie governative, integrate al governo, che si concentrano su un ampio spettro di questioni, non limitate all’ambito della salute
Case Study: Francia
Sempre al 2015 risale l’avvio dell’esperienza francese nel campo delle scienze comportamentali applicate alla salute. In particolare, la Direzione Interministeriale della Trasformazione Pubblica (DITP) è l’organo incaricato di attuare un programma di trasformazione per il Paese, volto a rendere l’azione pubblica più semplice e tangibile in modo da migliorare
51 Behavioral science around the world: volume III: public health. WHO REFERENCE NUMBER: B09046. https://www.who.int/publications/i/item/B09046; Afif, Zeina; Islan, William Wade; Calvo-Gonzalez, Oscar; Dalton, Abigail Goodnow. 2019. Behavioral Science Around the World:Profiles of 10 Countries (English). eMBeD brief. Washington, D.C.World Bank Group.
sensibilmente la qualità di vita dei cittadini. Le aree di salute pubblica in cui è maggiormente impegnata sono la resistenza antimicrobica, la salute ambientale, materna e infantile e la prevenzione della violenza e degli infortuni. Tra i progetti promossi, si ricorda quello volto ad aumentare di 3 milioni il numero di dipendenti pubblici che in Francia praticano attività fisica entro la fine del 2024, attraverso una serie di iniziative e l’istituzione di una piattaforma online che fornisce promemoria quotidiani e consigli personalizzati.
3) Enti e agenzie indipendenti che operano al di fuori del setting governativo, ma alle quali vengono commissionati dal governo studi comportamentali nell’ambito della salute. Case study: Messico In questo caso non si tratta più di unità di scienze comportamentali integrate nei governi dei Paesi, bensì di un approccio diverso attraverso accordi con parti terze per la progettazione ed elaborazione di politiche che si basino sulle acquisizioni di studi comportamentali. In questo contesto, il Dipartimento di Promozione della Salute e della Nutrizione dello Yucatàn ha avviato in collaborazione con il Fondo delle Nazioni Unite un progetto che punta a cambiamenti sociali e comportamentali nell’infanzia e nel campo della nutrizione, istituendo un consiglio per il cambiamento comportamentale.
Il supporto quindi di specifiche Behavioral Intervention Units (BIUs) all’attività di pianificazione e implementazione di interventi di sanità pubblica è bene precisare riveste una finalità tecnica legata all’ottimizzazione e al miglioramento degli interventi: non si può infatti assegnare a queste realtà compiti di natura strategica che invece spettano proprio al decisore politico. Il rischio, infatti, sarebbe probabilmente l’attuazione di uno schema paternalistico di intervento sanitario. Per questo e per tornare alle stesse finalità del Patient Access Think Tank sembra indispensabile ripartire proprio dall’obiettivo di “produrre e diffondere idee concrete proponendo un modello di accesso alle cure equo e maggiormente centrato sul paziente creando coalizioni e consenso fra esperti, opinione pubblica e figure istituzionali, dando corpo a livello nazionale ad azione sinergiche su questo tema in difesa della sanità pubblica”.
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LE PROPOSTE DI SOCIETA’ SCIENTIFICHE, RAPPRESENTANTI
PAZIENTI, DI VOLONTARIATO E ORGANIZZAZIONI CIVICHE
5.1 ASSOCIAZIONE MEDICI DIABETOLOGI –AMD
A curA deL dott. riccArdo cAndido, presidente nAzionALe Amd
TITOLO
Riorganizzazione dell’assistenza alla persona con diabete e multicronicità
CRITICITÀ
Nel 2022 le persone con diabete in Italia sono 3,9 milioni, pari al 7,7% della popolazione adulta (over 18). Si tratta per la maggior parte di pazienti affetti da multicronicità (presenza di 3 o più patologie croniche), condizione che aumenta all’aumentare dell’età e di condizioni socio-economiche svantaggiate. Attualmente la presenza di multiple comorbidità richiede l’intervento di diverse figure professionali, con azioni frammentarie, focalizzate più sul trattamento della malattia che sulla gestione del malato nella sua interezza, con frequenti duplicazioni diagnostiche e di prestazioni ambulatoriali che contribuiscono all’allungamento delle liste di attesa, all’aumento della spesa sanitaria e rendono difficoltosa la partecipazione del paziente al processo di cura.
SOLUZIONE
Ridisegnare l’attuale modello di assistenza della cronicità per migliorare il Patient Journey delle persone con diabete e multimorbidità.
1. Identificare uno specifico “case-manager” ed uno specifico “care menager” della cronicità sulla base della stratificazione della complessità della persona con diabete e della patologia prevalente.
2. Prevedere l’integrazione funzionale tra i diversi specialisti e le diverse anime che collegano ospedale e territorio. In questo contesto l’ospedale va concepito come un fondamentale snodo di alta specializzazione del sistema di cure per la cronicità, che interagisce con la specialistica ambulatoriale e con l’assistenza primaria, attraverso nuove formule organizzative che prevedano la creazione di
reti multispecialistiche dedicate.
3. Implementare una gestione condivisa, integrata e multi-disciplinare della cronicità tra i singoli specialisti guidata dal “case manager” preferenziale e dinamico;
4. Sostenere il ricorso a piattaforme digitali per la condivisione dei casi ed il teleconsulto (informatizzazione dei dati sanitari).
Questa la via da percorrere per rispondere in maniera olistica ed efficace alla complessità dei pazienti con diabete multimorbidi. La sostenibilità (e sopravvivenza) del SSN passa attraverso una presa in carico selettiva, una stratificazione accurata e un intervento personalizzato multidisciplinare, proporzionale alla complessità clinica (medicina di iniziativa). L’obiettivo è promuovere la cosiddetta “Value Based Medicine”, medicina efficace ma sostenibile sia in termini economici sia in termini di valori individuali che sociali.
REFERENTE ISTITUZIONALE PER IMPLEMENTARE LA SOLUZIONE
Ministero della Salute, Age.Na.S, Conferenza delle Regioni
5.2 SOCIETÀ ITALIANA DI MEDICINA
GENERALE E DELLE CURE PRIMARIESIMG
A curA deL dott. ALessAndro rossi, presidente simG
TITOLO
MODIFICA DEL SISTEMA DI ACCESSO PER DISTURBI NON DIFFERIBILI IN MEDICINA GENERALE
(TOTAL TRIAGE SYSTEM)
CRITICITÀ
Tempi di attesa non congrui nell’erogazione delle visite e delle prestazioni sanitarie per pazienti con problemi urgenti o non differibili afferenti alle Cure Primarie (escluse le emergenze, di competenza del sistema 118) e conseguente potenziale aumento degli accessi impropri al Pronto Soccorso ospedaliero.
SOLUZIONE
L’implementazione di un modello di triage totale (TTS) come quello previsto dal NHS britannico potrebbe offrire numerosi vantaggi, ottimizzando il tempo del medico e garantendo una gestione efficace dei pazienti in base alla gravità delle loro condizioni. Questo sistema permette una prioritizzazione dei pazienti in base all’urgenza, facilitando cure tempestive e indirizzando le richieste verso la modalità
di presa in carico più adatta (messaggistica, consultazione telefonica, videoconsultazione, visita in presenza). Il sistema presuppone un doppio livello di triage, dapprima amministrativo/infermieristico e successivamente di un medico del gruppo (Medicine di gruppo integrate, AFT, Case di Comunità ecc.) di volta in volta delegato a questa attività. Il medico dovrà optare, sulla base del colloquio, della conoscenza diretta del paziente e/o dei dati reperibili nella scheda sanitaria informatica, per una delle quattro modalità di erogazione delle prestazioni in tempi congrui. Il sistema dovrebbe avere un orario di erogazione almeno H12.
In conclusione, il modello di triage totale promuove una maggiore efficienza operativa, ottimizzando l’utilizzo delle risorse e riducendo il rischio di sovraffollamento delle strutture sanitarie.
Lo schema sottostante riassume il flusso di informazioni, delle risorse umane necessarie e delle modalità di interfaccia medico/paziente:

5.3 SOCIETÀ ITALIANA DIABETOLOGIA - SID
A curA deLLA proF.ssA FridA Leonetti, proFessore ordinArio di endocrinoLoGiA università sApienzA – poLo pontino, direttore uoc diAbetoLoGiA universitAriA ospedALe sm Goretti, LAtinA. deLeGAtA sid
TITOLO
Ottimizzazione dell’assistenza alle persone con diabete particolarmente fragili con difficoltà sociali e/o culturali in una fase antecedente al percorso attualmente in essere.
CRITICITÀ
Il diabete richiede, oltre al controllo glicometabolico, esami strumentali periodici per lo screening ed il monitoraggio delle complicanze croniche della malattia. Al fine di consentire l’iter assistenziale completo sono nati percorsi dedicati, quale il PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale) Diabete. Tuttavia, è necessario fare una “profilazione” del rischio cardiovascolare del paziente e una stadiazione delle eventuali complicanze per stabilire il profilo di rischio globale del paziente (B0, B1, B2) per accedere al relativo PDTA.
In questo scenario, non tutti i pazienti riescono a procedere in autonomia alle prenotazioni degli esami strumentali propedeutici a queste tipizzazioni. In particolare, i fragili con disabilità sociali e/o culturali importanti (anziani soli, pazienti con disturbi psichici, migranti con barriere linguistiche, ecc) spesso non riescono a dare seguito alle prescrizioni che ricevono dallo specialista andando incontro a possibili aggravamenti della malattia associati dal punto di vista emozionale ad una inevitabile sensazione di esclusione dal sistema assistenziale. Pertanto, la possibilità da parte dello specialista di prenotare direttamente gli esami rappresenterebbe un vantaggio aggiuntivo molto utile a queste persone “socialmente poco abili” che potrebbero così successivamente avvalersi dell’eventuale presa in carico nel PDTA. Questa proposta è infatti diretta a popolazioni particolarmente vulnerabili quali anziani che vivono da soli, persone con particolari problemi psico-sociali, migranti con barriere linguistiche ed altri non in grado di dare seguito da soli in autonomia all’iter diagno-
stico-terapeutico necessario alla presa in carico negli attuali percorsi dedicati.
SOLUZIONE
Ogni specialista dovrebbe avere la possibilità di prenotare direttamente gli esami plasmatici e strumentali, come anche altre visite specialistiche ove necessarie, in caso di pazienti non in grado di procedere da soli nell’iter diagnostico-terapeutico quali gli anziani soli, i pazienti in condizioni sociali altamente disagiate, i pazienti culturalmente incapaci di prenotarsi gli esami prescritti (immigrati compresi) di entrambi i generi. Così facendo verrà assicurata la qualità dell’assistenza in persone che altrimenti con grande probabilità si troveranno in condizioni di rivolgersi alla prima necessità ai punti di Pronto Soccorso.
A tal fine, anche le Case di Comunità potrebbero contribuire a facilitare questo percorso riservato a persone con difficoltà anche a raggiungere i luoghi di cura essendo collocate per definizione in maggior prossimità dei pazienti.
REFERENTE ISTITUZIONALE PER IMPLEMENTARE LA SOLUZIONE la ASL oppure l’Azienda Ospedaliera/Universitaria di competenza.
5.4 SOCIETÀ ITALIANA TELEMEDICINA – SIT
A curA deLL’Avv. chiArA rAbbito, presidente deL comitAto tecnico sit
TITOLO
L’accesso alle informazioni sulla situazione familiare, sociale e giuridica del paziente nei servizi di telemedicina
CRITICITÀ
I servizi di telemedicina rivolti alla cura e alla assistenza del paziente consentono al curante l’accesso, con le scadenze temporali stabilite dal curante stesso, al luogo di vita del curato (domicilio o sede con funzioni residenziali); essi tuttavia scontano la presenza dell’elemento tecnico della distanza fisica.
Ne consegue che l’operatore sanitario è messo, dal sistema informatico-telematico, in condizioni di collegarsi non solo con il paziente, ma anche con il suo ambiente familiare e sociale, ma senza avere una adeguata cognizione delle condizioni familiari, sociali e giuridiche del paziente stesso, che tuttavia sono essenziali per il percorso di cura.
Le attuali indicazioni normative e regolamentari sulla telemedicina denunciano una prima comprensione della problematica, ma le soluzioni che vengono fornite sono frammentarie, non armonizzate tra loro e a volte confusorie.
Non vi è una chiara comprensione delle difficoltà di tipo linguistico, etico e culturale cui il curante si troverà di fronte in caso di televisita e teleassistenza. Non viene chiarito quali misure tecniche e quale preparazione verrà fornita in caso di paziente non udente o ipovedente o con altre limitazioni funzionali.
La questione della presente e perdurante (omeno) capacità giuridica di accettare e ricevere la cura non è stata adeguatamente “trasferita” dalle situazioni tradizionali nel sistema tele medico.
Ne può conseguire la mancata cono-
scenza da parte del curante collegato della situazione giuridica del paziente (capace, incapace, in amministrazione di sostegno) e del ruolo delle persone presenti (caregiver di fatto? Rappresentanti legali? Badante?).
Un ambito in cui la mancata conoscenza di questi aspetti potrebbe essere seriamente problematico è quello del paziente minore: mentre è chiarito che il genitore debba essere facilitato nel fruire del servizio di telemedicina in caso di bambino malato, non è invece chiaro se il minore adolescente debba/possa avere un proprio account e come esso debba essere configurato.
Non vi è una chiara e strutturata predisposizione e messa a disposizione del curante circa l’espressione dei consensi al trattamento
SOLUZIONE
È in primis necessaria una chiara presa di coscienza circa le potenzialità ma anche circa i limiti della telemedicina. Ciascun servizio di telemedicina, per essere efficace, dovrà consentire al curante di venire in tempo reale a conoscenza delle informazioni sullo stato complessivo del paziente, informazioni che magari in ambulatorio possono essere facilmente raccolte de visu, mentre potrebbe risultare impossibile senza una adeguata programmazione delle banche dati e degli interfaccia utente nelle singole Infrastrutture Regionali di Telemedicina.
In particolare: il curante dovrà essere messo immediatamente in condizioni di sapere: se il paziente è giuridicamente capace, se è sotto tutela o amministrazione di sostegno, se il caregiver eventualmente di fianco al paziente è accreditato
come tale, se il curato e/o il caregiver capiscono la lingua italiana e/o se il curante può fruire di un traduttore informatico fornito dall’interfaccia o di un interprete fisico, infine, se è necessario, deve poter fruire di un mediatore culturale.
Con riguardo ai minori è necessario un intervento normativo che chiarisca se e a partire da che età il minore possa avere un proprio account e come debba essere configurata l’interfaccia utente di un minore.
La espressione di validi consensi al trattamento sanitario e al trattamento del dato sanitario dovrà essere immediatamente e costantemente visibile al curante, per la sua stessa tutela giuridica.
REFERENTE ISTITUZIONALE PER IMPLEMENTARE LA RISOLUZIONE
Ministero della Salute, Conferenza Stato-Regioni, singole regioni per configurazioni interfacce, Società Italiana di Telemedicina e singole Società scientifiche per stesura Linee guida.
5.5 SOCIETÀ ITALIANA PREVENZIONE
CARDIOVASCOLARE DELEGAZIONE EMILIA-ROMAGNA
A curA deL dott. ArriGo F.G. cicero, presidente deLLA sezione emiLiAno-romAGnoLA
deLLA società itALiAnA ipertensione ArteriosA e deLeGAto sezione emiLiAno-romAGnoLA
deLLA società itALiAnA prevenzione cArdiovAscoLAre
TITOLO
Identificazione dei pazienti ad altissimo rischio cardiometabolico ed ottimizzazione della procedura d’invio a centri specialistici
CRITICITÀ
I principali fattori di rischio cardiometabolici sono asintomatici fino a comparsa di complicanze ad altissimo costo sanitario e sociale. Se il 90% dei pazienti con ipertensione arteriosa, dislipidemia o diabete di tipo 2 possono essere diagnosticati e gestiti terapeuticamente dal medico di medicina generale con farmaci che sono diventati di primo livello e low-cost, molti di pazienti restano non diagnosticati, non assumono le terapie prescritte o sono trattati in modo subottimale, vanificando sforzi preventivi. Per alcuni pazienti il mancato raggiungimento di valori rassicuranti ingenera richiesta di ulteriori esami e sfiducia nel sistema di cura. Per i pazienti più severi l’accesso a cure di secondo livello può essere limitato dal non identificazione del grado di rischio, dalla non conoscenza da parte del curante di centri specialistici geograficamente raggiungibili o dalla non conoscenza della disponibilità e necessità di trattamenti di secondo livello.
SOLUZIONE
Con l’impiego integrato dei dati disponibili da cartella clinica del medico di medicina generale, fascicolo sanitario elettronico, laboratori centralizzati sarebbe ampiamente possibile identificare pazienti con fattori di rischio non controllati nonostante terapia adeguata (es.: ipertensione resistente identificata sulla base dei valori pressori e del numero di farmaci assunti, livelli di colesterolemia LDL superiori rispetto quanto atteso per la classe di
rischio del paziente nonostante terapia massimale, livelli di emoglobinemia glicata fuori range nonostante trattamento antidiabetico in atto). In caso di controllo subottimale dei fattori di rischio i dati derivati dalle fonti di cui sopra potranno identificare agilmente il paziente non aderente/persistente a terapia (da non riferire in genere a centri specialistici per trattamenti di secondo livello). Le stesse fonti però potranno anche identificare i pazienti con valori estremi dei singoli fattori di rischio non trattati (che richiederanno ancora in prima battuta un’attivazione della medicina generale) e pazienti con valori estremi in corso di trattamento per i quali dovrebbero essere attivati alert personalizzati con segnalazione al medico curante della necessità di inquadramento presso centri clinici specifici. Questo tipo di approccio migliorerebbe l’appropriatezza prescrittiva delle visite specialistiche, concentrate su pazienti a maggior rischio cardiovascolare, e che quindi sul breve termine possono ottenere un buon rapporto costo-beneficio rispetto all’ottimizzazione delle cure.
Chi è il referente istituzionale per implementare la soluzione: Garante della Privacy (ostacolo maggiore all’impiego integrato dei dati), gestori dei software dei medici di medicina generale, gestori delle cartelle elettroniche degli ospedali (SDO), laboratori centralizzati
5.6 IBDO FOUNDATION
A curA deL dott. pAoLo sbrAcciA, presidente ibdo FoundAtion
TITOLO
Affrontare le sfide dell’Accesso dei Pazienti ai Servizi Sanitari: Soluzioni Sostenibili.
CRITICITÀ
L’accesso ai servizi sanitari è un diritto fondamentale di ogni individuo, ma spesso si scontra con una serie di barriere che possono compromettere la qualità dell’assistenza e la salute complessiva dei pazienti. Una delle problematiche più diffuse è quella legata alla burocrazia e alle lunghe liste d’attesa, che possono ostacolare l’accesso tempestivo alle cure necessarie. Tuttavia, esistono diverse strategie che possono essere adottate per migliorare l’accesso dei pazienti senza aumentare i costi per il sistema sanitario.
SOLUZIONE
1. È essenziale semplificare i processi amministrativi e ridurre la burocrazia. Molte volte, i pazienti devono affrontare lunghe procedure per prenotare una visita specialistica o per accedere a determinati trattamenti. Introdurre sistemi di prenotazione online, eliminare documenti superflui e ottimizzare i flussi di lavoro possono contribuire a ridurre i tempi di attesa e migliorare l›esperienza complessiva del paziente, senza richiedere investimenti significativi.
2. Un’altra strategia efficace è l’implementazione di modelli di cure collaborative. Questi modelli coinvolgono diverse figure professionali, come medici di base, specialisti, infermieri e farmacisti, che lavorano insieme per fornire un’assistenza integrata e coordinata ai pazienti. Attraverso la condivisione delle informazioni e la collaborazione tra i vari attori del sistema sanitario, è possibile ottimizzare le risorse esistenti e garantire un accesso più rapido e appropriato alle cure necessarie.
3. Inoltre, è importante investire nella tele-
medicina e nelle tecnologie sanitarie innovative. La telemedicina consente ai pazienti di consultare i medici e accedere ai servizi sanitari senza doversi spostare fisicamente, riducendo così i tempi di attesa e i costi associati agli spostamenti. Inoltre, l’adozione di tecnologie come i dispositivi indossabili e le applicazioni per la salute può favorire la gestione delle condizioni croniche e migliorare il coinvolgimento del paziente nel proprio percorso di cura, contribuendo a prevenire ricoveri ospedalieri non necessari.
4. Infine, è fondamentale promuovere la prevenzione e la salute pubblica attraverso programmi di sensibilizzazione e educazione. Investire nelle campagne di prevenzione delle malattie e promuovere uno stile di vita sano può contribuire a ridurre la domanda di cure ospedaliere e migliorare la salute generale della popolazione, riducendo così la pressione sui servizi sanitari e garantendo un accesso più equo e sostenibile per tutti i pazienti.
In conclusione, migliorare l’accesso dei pazienti ai servizi sanitari non necessariamente richiede investimenti finanziari significativi. Attraverso l’ottimizzazione dei processi, l’implementazione di modelli di cure collaborative, l’adozione di tecnologie innovative e la promozione della prevenzione, è possibile garantire un accesso più tempestivo, appropriato ed equo alle cure necessarie, migliorando al contempo l’efficienza e la sostenibilità del sistema sanitario nel suo complesso.
REFERENTE ISTITUZIONALE PER IMPLEMENTARE LA RISOLUZIONE
Ministero della Salute, Conferenza Stato-Regioni, Regioni.
Il Patient Access nelle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (IBD)
5.7 AMICI ITALIA
A curA deLLA dott.ssA mArA peLLizzAri, presidente eLetto Amici itALiA
Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali, che includono il Morbo di Crohn e la Colite Ulcerosa, rappresentano una sfida significativa per i sistemi sanitari di tutto il mondo. Queste patologie croniche e spesso debilitanti richiedono un approccio multidisciplinare e un accesso tempestivo a cure specialistiche per gestire efficacemente i sintomi, prevenire le complicazioni e migliorare la qualità della vita dei pazienti.
Il tema del “Patient Access” assume una particolare rilevanza nel contesto delle IBD, in quanto l’accesso rapido e continuo a diagnosi, trattamenti e supporto specialistico può fare la differenza tra una gestione efficace della malattia e un peggioramento delle condizioni cliniche. Le sfide legate al Patient access nelle IBD includono le lunghe liste di attesa per le visite ed esami specialistiche, la difficoltà nell’accesso ai farmaci biologici e innovativi, e la necessità di un coordinamento efficace tra i vari livelli di assistenza sanitaria.
Inoltre, il Patient access nelle IBD non riguarda solo gli aspetti clinici e terapeutici, ma anche il supporto psicologico e sociale. I pazienti affetti da IBD spesso affrontano problemi legati alla stigmatizzazione, all’ansia e alla depressione, che possono essere esacerbati da un accesso limitato ai servizi di supporto psicologico e alle reti di sostegno sociale, territoriale.
Garantire un accesso equo e tempestivo alle cure per i pazienti con IBD richiede l’implementazione di strategie innovative e sostenibili che coinvolgano tutti gli attori del sistema sanitario. Questo include non solo i medici e gli operatori sanitari, ma anche le organizzazioni civiche, le associazioni dei pazienti e le istituzioni politiche. Solo attraverso un approccio integrato e collaborativo sarà possibile affrontare in modo efficace le sfide del Patient access nelle IBD e migliorare la vita delle persone affette da queste patologie.
TITOLO
Ottimizzazione delle Liste di Attesa per le Visite Specialistiche tramite la Coordinazione delle Agende degli Operatori Sanitari
CRITICITÀ
Funzionale: Le lunghe liste di attesa per le visite specialistiche rappresentano una del-
le maggiori criticità del sistema sanitario. Questa problematica si traduce in ritardi significativi nella diagnosi e nel trattamento, causando peggioramenti delle condizioni dei pazienti e aumentando la pressione sugli operatori sanitari. Spesso, le liste di attesa sono aggravate da una scarsa coordinazione tra le agende dei vari specialisti, portando a sovrapposizioni e slot vuoti non utilizzati.
Emozionale: L’incertezza e l’ansia derivanti dai lunghi tempi di attesa possono avere un impatto psicologico negativo sui pazienti e sulle loro famiglie. La frustrazione e il senso di impotenza possono deteriorare la fiducia nel sistema sanitario, aumentando lo stress e peggiorando il benessere emotivo dei pazienti e spingendo i pazienti a rinunciare alle cure.
Sociale: Le liste di attesa lunghe non solo influiscono sui singoli pazienti, ma hanno anche un impatto sociale significativo. I pazienti che devono attendere a lungo per una visita specialistica possono perdere giornate di lavoro, ridurre la loro produttività e, in casi estremi, affrontare difficoltà economiche. Inoltre, la percezione di inefficienza può minare la fiducia pubblica nel sistema sanitario nazionale.
SOLUZIONE
Proposta di Soluzione: Una soluzione efficace e senza costi aggiuntivi è l’implementazione di un sistema di coordinamento centralizzato delle agende degli operatori sanitari. Questo sistema dovrebbe essere in grado di:
• Aumentare l’efficienza del tempo dei medici specialisti riducendo i tempi morti tra un appuntamento e l’altro
• Ottimizzare l’uso delle risorse disponibili e ridurre i tempi di attesa per i pazienti.
Dettagli della Soluzione:
1. Coordinamento Centralizzato delle Agende: Creazione di un software gestionale che consenta la visione e la gestione centralizzata delle agende degli specialisti. Questo sistema può essere integrato con i sistemi informatici sanitari esistenti per sincronizzare le prenotazioni e identificare slot liberi, minimizzando i tempi di inattività
2. Algoritmo di Ottimizzazione: Sviluppo di un algoritmo che assegni gli appuntamenti in modo ottimale, considerando la disponibilità dei medici e le priorità cliniche dei pazienti.
3. Comunicazione e Notifiche: Implementazione di un sistema di notifica automatizzato per informare i pazienti degli appuntamenti disponibili e delle eventuali modifiche.
Questo può includere notifiche via SMS o email per ricordare gli appuntamenti e ridurre il tasso di mancata presentazione.
Meccanismo Causale:
• Riduzione dei Tempi di Attesa: La sincronizzazione delle agende e l’ottimizzazione delle prenotazioni permettono di ridurre gli spazi vuoti tra gli appuntamenti, aumentando il numero di pazienti che possono essere visitati quotidianamente.
• Aumento dell’Efficienza Operativa: Con una gestione centralizzata e algoritmi di ottimizzazione, le risorse sanitarie vengono utilizzate in modo più efficiente, riducendo il carico di lavoro disomogeneo tra i vari specialisti.
• Miglioramento della Soddisfazione del Paziente: La riduzione dei tempi di attesa e la migliore comunicazione aumentano la soddisfazione dei pazienti, migliorando la loro percezione del sistema sanitario.
• Case History: In un ospedale della regione Emilia-Romagna è stato implementato un sistema simile con risultati notevoli. Prima dell’implementazione, i tempi di attesa per una visita specialistica erano in media di sei mesi. Dopo l’adozione del sistema di coordinamento centralizzato, i tempi di attesa sono stati ridotti a due mesi. I pazienti hanno riportato un miglioramento significativo nella qualità del servizio, e gli operatori sanitari hanno notato una riduzione dello
stress operativo grazie a una gestione più uniforme del carico di lavoro.
REFERENTE ISTITUZIONALE PER IMPLEMENTARE LA RISOLUZIONE
Il referente istituzionale ideale per l’implementazione di questa soluzione è il Dipartimento di Sanità della Regione. Il dipartimento dovrebbe:
• Promuovere l’adozione del sistema di coordinamento centralizzato tra le diverse strutture sanitarie.
• Fornire formazione agli operatori sanitari sull’uso del nuovo sistema gestionale.
• Monitorare e valutare i risultati ottenuti per apportare eventuali miglioramenti.
L’adozione di questo sistema non richiede investimenti significativi, ma piuttosto una riorganizzazione delle risorse e un impegno nella formazione e nel cambiamento gestionale, offrendo un potenziale miglioramento significativo nella gestione delle liste di attesa e nella qualità del servizio sanitario.
5.8 AMICI OBESI
A curA deLLA dott.ssA iris zAni, presidente Amici obesi onLus
TITOLO
Difficoltà di presa di coscienza della malattia e criticità del rapporto medico /paziente che vive con obesità.
CRITICITÀ
La persona che vive con obesità sovente non percepisce le reali difficoltà e gli effettivi rischi legati alla malattia di cui soffre. È pertanto ignaro di aver bisogno di aiuto e non ravvede la necessità di ricercare informazioni corrette per intraprendere adeguati percorsi di cura rispetto al grado di severità della malattia. Per questo motivo è importante che il paziente ottenga informazioni primarie riguardo al suo stato di salute mediante il primo contatto sanitario a sua disposizione: il MMG che deve pertanto essere in grado di fornire un’adeguata informazione sulla malattia, sui corretti stili di vita e sulle abitudini alimentari. Chi vive con l’obesità necessita di visite con il personale specialistico frequenti, così da sentirsi presƏ in carico e motivatƏ a continuare il percorso di cura. La creazione di percorsi assistenziali multidisciplinari e graduati in base alla gravità della malattia, ed una sollecita presa in carico da parte dei team, garantirebbero un’adeguata prevenzione che unitamente al corretto accesso alle cure impedirebbero ritardi evitando così il rischio di complicanze e di morte. I percorsi dovrebbero fornire anche un supporto psicologico continuo e costante. Il paziente con obesità deve sentirsi libero di riferire la propria condizione senza essere oggetto di pregiudizi e/o discriminazioni, poter quindi acquisire gli strumenti necessari per scardinare i processi che sono alla base della malattia.
SOLUZIONE
- Creazione di un tool (App?) che permetta al MMG di segnalare al centro di riferimento il paziente, trasmettendo i dati dello screening e l’anamnesi, fissando appuntamento e/o visita con il medico specialista ed il suo staff. Si consideri a tal proposito che, proprio a
causa della sua patologia, il paziente obeso tende a nascondersi e a non affrontare la propria malattia. Se lasciato solo potrebbe tornare sui suoi passi e decidere di non curarsi affatto.
- Il MMG, opportunamente formato sulla patologia dell’obesità dovrebbe innanzitutto effettuare uno screening metabolico dei propri pazienti.
- In seguito, è auspicabile un confronto con il paziente per illustrare i rischi di malattia metabolica causata dall’aumento di peso nell’ottica di gestire la malattia già dai primi esordi per evitare l’insorgere di situazioni più gravi con dispendio di risorse economiche per il paziente ed anche per il SSN.
- Il MMG dovrebbe proporre la consulenza di un professionista dell’alimenta- zione (dietologo, biologo nutrizionista o dietista) indirizzando il paziente a centri specializzati e accreditati, evitando l’utilizzo che si affidi a figure professionali non adeguate (NO ricerche da web)
- Qualora il MMG riscontrasse una maggior gravità della situazione, unitamente alla presenza di comorbilità, inviare il paziente a professionisti rispetto alle patologie riscontrate. Anche in questo il caso si consigliano centri multidisciplinari.
- La sinergia tra MMG e Centro specialistico porterebbe alla riduzione di oneri finanziari a carico del SSN in quanto il paziente obeso, se curato per tempo, potrebbe prevenire e/o gestire tempestivamente alcune patologie correlate alla sua malattia quali il diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e muscoloscheletriche.
- Ad un paziente con obesità grave il MMG dovrebbe essere in grado di illustrare le nuove opportunità di trattamento, suggerendo anche percorsi di cura chirurgici e/o farmacologici e, anche in questo caso, demandare ai centri di riferimento bariatrici accreditati.
- Da ultimo ma non meno importante comprendere eventuali difficoltà psicologiche che si associano alla malattia e che spesso vengono sottovalutate per
accompagnare in modo inclusivo il paziente nella delicata fase di accettazione della propria situazione.
- Il miglioramento auspicabile sarebbe percepibile sia dal paziente, che si sentirebbe finalmente sostenuto e supportato nel suo status ed aiutato nell’affrontare il proprio percorso di cura, qualsiasi esso sia, sia dal SSN che ridurrebbe significativamente i costi delle visite, degli esami strumentali e diagnostici, sia per quanto riguarda la cura dell’obesità oltre che di tutte le patologie ad essa correlate.
5.9 A.N.N.A. E VENESCO
A curA deL proF. bAudoLino mussA, dott.ssA bArbArA deFrAncisco, AssociAzione venesco, AssociAzione nAzionALe nutriti ArtiFiciALmente A.n.n.A.
TITOLO
Progetto Prevenzione Complicanze Nella Gestione Cvc A Lungo Termine Attraverso Cvc Maintenance Certification (Cmc)
CRITICITÀ
L’utilizzo in Italia di cateteri vascolari a lungo termine è cresciuto nel tempo, attestandosi attualmente a circa 300.000 posizionamenti/ anno. Tenendo conto che la durata media di questi dispositivi varia dai 6 mesi dei Picc, ai 5-10 anni dei Port e dei tunnellizzati, il numero di pazienti portatori di un dispositivo di accesso vascolare a lungo termine è sicuramente una quota rilevante della popolazione che accede ai servizi sanitari. Spesso sono pazienti fragili, con terapie salvavita in corso (Npt, chemioterapia, aferesi terapeutica ecc.), ai quali ogni interruzione della somministrazione può provocare danni irreversibili
Purtroppo, la formazione per il corretto utilizzo e per la corretta gestione di questi dispositivi è demandata spesso alla lungimiranza dei docenti, dei formatori istituzionali o alla curiosità dei singoli. Il corso di laurea in Scienze infermieristiche e la scuola di Medicina purtroppo non prevedono un percorso di formazione che affronti in maniera strutturata l’argomento lasciando i giovani professionisti privi delle basi necessarie per operare in sicurezza su questi pazienti.
Inoltre, la legge Gelli Bianco prevede di vigilare sull’applicazione delle corrette linee guida per prevenire i danni ai pazienti. In tal senso poco si fa, lasciando operatori inesperti o con una formazione a volte desueta e non certificata, a gestire dispositivi e pazienti particolarmente fragili.
Le complicanze derivanti dagli accessi vascolari sono spesso di grave entità e provocano un doppio danno economico: da una parte una spesa aggiuntiva per risolvere il problema indotto dalla malagestione con costi elevati (nel caso di un’infezione cvc corre-
lata si oscilla dai 5.600€ ai 38.000€), dall’altra la necessità di riposizionare un dispositivo di accesso vascolare con non solo il costo della procedura, ma anche il rischio di danneggiare irreparabilmente un asse vascolare creando così un’invalidità permanente nel paziente (assenza di assi vascolari=impossibilità a posizionare un accesso vascolare=nessuna terapia).
SOLUZIONE
Il progetto prevede la creazione di un percorso formativo per la gestione dell’accesso vascolare con rilascio, a fronte delle attestate competenze del discente, di un certificato di durata limitata tale da permettere solo al titolare di poter utilizzare un dispositivo di accesso vascolare a lungo termine (in sostanza simile al patentino per l’utilizzo del AED e similari).
Il costo della formazione sarebbe ampiamente coperto dalla riduzione delle spese indotte dalle complicanze, incrementerebbe la sicurezza dei pazienti e sarebbe in linea a quanto previsto dalla legislazione vigente.
REFERENTE ISTITUZIONALE PER IMPLEMENTARE LA SOLUZIONE
Ministero della Salute, Conferenza Stato-Regioni, Regioni.
5.10 CITTADINANZATTIVA
A curA deLLA dott.ssA AnnA ritA cosso, presidente nAzionALe
cittAdinAnzAttivA Aps
TITOLO
Accesso alle cure e ai farmaci più agile per semplificare le procedure e puntare al miglioramento delle condizioni di vita dei pazienti
CRITICITÀ
Le indagini e le ricerche svolte da Cittadinanzattiva nel corso del 2022 e 2023 tra operatori sanitari, farmacisti e cittadine/i hanno dimostrato, per quanto riguarda la sanità digitale, che la misura maggiormente implementata durante la pandemia per favorire l’accesso a cure e farmaci - rispetto al periodo pre-covid - è stata la ricetta dematerializzata (per l’82,6% dei medici di medicina generale, l’84,8% dei rappresentanti delle società scientifiche e il 93,5% dei farmacisti interpellati) mentre la consegna di farmaci e di dispositivi al domicilio del paziente non risulta ancora decollata rispetto al periodo antecedente alla pandemia, come ha confermato il 69,6% dei medici di medicina generale. Nella fase post covid si è evidenziata la crescente difficoltà per i pazienti con cronicità ad accedere regolarmente e agevolmente a accertamenti diagnostici e terapie fondamentali per la sicurezza e la salute. Alcune tra le soluzioni indicate vengono già praticate in diverse aree del Paese, ma non sono diffuse in modo omogeneo sul territorio nazionale, evidenziando già ora la grave situazione di disuguaglianza nell’accesso ai servizi che caratterizza l’intero sistema del welfare in Italia.
SOLUZIONE
Si propone l’implementazione su tutto il territorio nazionale della ricetta dematerializzata sia per l’ambito farmaceutico che per le prescrizioni ambulatoriali e del Fascicolo Sanitario Elettronico; piani terapeutici non cartacei (web based) e procedure semplificate
che affidino al medico di medicina generale il rinnovo del piano terapeutico e il monitoraggio della prescrizione dei pazienti con cronicità.
Per quanto riguarda le prenotazioni, vanno garantiti a tutti i pazienti cronici, tramite un data base specifico, gli appuntamenti per le visite e gli accertamenti diagnostici di controllo in modo automatico ed evitando al malato cronico di rivolgersi in continuazione ai CUP.
Relativamente all’approvvigionamento, alla distribuzione e consegna di farmaci e dispositivi, si suggerisce di proseguire nel potenziamento, così come avvenuto durante l’emergenza, della distribuzione per conto che permette di acquistare i farmaci, in confezione ospedaliera, direttamente nelle farmacie territoriali; definire modelli distributivi omogenei in tutte le regioni in modo da abbattere situazioni che generano diseguaglianze nell’accesso; rafforzare l’erogazione al domicilio dei farmaci, per i pazienti più fragili e per quelli affetti da patologie croniche; implementare la procedura di “deblistering” personalizzato dell’allestimento di farmaci nella farmacia di comunità che garantisce una serie di vantaggi, migliorando l’interazione tra farmacista e paziente, l’aderenza terapeutica, il monitoraggio dell’uso di antibiotici nell’ottica del contrasto all’antibiotico resistenza, evitando gli sprechi di farmaci. Alcuni modelli di assistenza che spostano delle prestazioni dall’ospedale al territorio oal domicilio vanno estesi: ne sono esempi la somministrazione di farmaci per pazienti oncologici, al di fuori degli ospedali, utilizzando le diramazioni territoriali delle Asl/Asst o il domicilio del paziente; il passaggio a vie di somministrazione terapeutica più facilmente gestibili, rispetto a quelle infusionali, presso le strutture territoriali o a domicilio per quei farmaci che presentano entrambe le vie di
somministrazione e a parità di indicazione terapeutica autorizzata; la consegna al domicilio in considerazione di particolari difficoltà di spostamento del paziente, di quelle terapie farmacologiche normalmente distribuite in modalità diretta (Pht), previa autorizzazione del medico referente; la somministrazione dei vaccini in luoghi alternativi ai centri vaccinali e più prossimi ai cittadini come presso i Mmg e i Pls, i luoghi di lavoro, le farmacie, le scuole.
5.11 CONACUORE
A curA deL dott. Giuseppe ciAncAmerLA, presidente conAcuore
TITOLO
Cardiologo di famiglia
CRITICITÀ
il cardiopatico è una persona affetta da un danno permanente del cuore o delle sue funzioni con esiti che prevedono cure e controlli continui nel tempo, avente diritto alle esenzioni dai ticket previste con i codici 0A02 e 021. Egli necessita, per una adeguata prevenzione secondaria, di un cardiologo unico di riferimento, mentre nella realtà si trova spesso davanti a medici diversi che non ne conoscono la storia clinica.
SOLUZIONE
il medico di famiglia svolge la sua attività in favore di assistiti che lo hanno scelto liberamente tra i medici compresi negli elenchi dell’USL. Egli costituisce un riferimento di fiducia per il paziente e per la sua famiglia. Si propone qui una nuova figura di cardiologo, con funzioni più selettive in confronto a quelle del cardiologo ambulatoriale del territorio, che oggi si deve occupare di qualunque genere di richiesta specialistica (urgenze, prime diagnosi, controlli, rinnovi patenti, preven- zione primaria e secondaria).
Il cardiologo di famiglia, così lo chiamerei, svolgerebbe attività ambulatoriale, sul territorio, a tempo pieno, in favore di un certo numero massimo di soli cardiopatici, come definiti in precedenza, che lo sceglierebbero liberamente tra i cardiologi compresi negli elenchi dell’USL. Egli costituirebbe un riferimento di fiducia sia per il paziente che per il suo medico di famiglia, mantenendo i contatti con i colleghi cardiologi ospedalieri. Egli darebbe in questo modo un contributo decisivo alla prevenzione secondaria sia organizzando incontri con i medici di famiglia e i loro assistiti, in collaborazione con le associazioni di cardiopatici, sia seguendo i cardiopatici dopo il ricovero e l’eventuale riabilitazione con visite e controlli ambulatoriali programmati.
REFERENTE ISTITUZIONALE PER IMPLEMENTARE LA RISOLUZIONE
Ministero della Salute, Conferenza Stato-Regioni.
5.12 COORDINAMENTO LAZIO MALATTIE RARE COLMARE
A curA deLLA dott.ssA GiorGiA tArtAGLiA, seGretAriA GenerALe e AddettA ALLA comunicAzione deL coordinAmento LAzio mALAttie rAre coLmAre
TITOLO
Difficoltà pratiche per accesso al farmaco presso farmacia ospedaliera
CRITICITÀ
Spesso i pazienti si trovano ad affrontare per il ritiro del farmaco presso la farmacia ospedaliera, sono di genere pratico/organizzative relative alla gestione organizzativa relativa all’accesso al farmaco. Il servizio farmaceutico ospedaliero non è solo responsabile dello svolgimento della funzione di logistica degli acquisti, stoccaggio e distribuzione del farmaco nelle strutture di cura, ma anche “gestore” delle terapie e dell’organizzazione sostenibile delle cure. Nonostante queste responsabilità è comunque un servizio soggetto a criticità. E la maggiore criticità è la carenza spesso causata da problemi di produzione e dalle catene distributive. Per quanto riguarda i dispositivi medici le carenze sono anche influenzate dai prezzi e dalle gare. Una problematica di non poco conto se si considera che alcuni farmaci sono salvavita.
Setoliniamo l’importanza di perseguire le sette cose giuste nel contesto terapeutico ospedaliero: il paziente giusto, il farmaco giusto, la dose giusta, la via di somministrazione giusta, il tempo giusto, l’informazione giusta e la documentazione giusta.
Spesso i caregiver che necessitano il ritiro del medicinale devono lasciare solo il loro assistito o nella peggiore delle ipotesi doversi portare appresso con problemi relativi non solo al tempo di impiego nello spostarsi, ma anche nell’attesa dello svolgimento delle pratiche per il ritiro. In caso di carenza sarà un viaggio a vuoto.
SOLUZIONE
Potrebbe ritenersi opportuno e valido per la gestione organizzata della consegna dei farmaci ai pazienti ottimizzare, ove ancora non
attuato, la logistica sanitaria con il Just In Time questa modalità operativa permetterebbe di avere sempre le scorte necessarie, evitare sprechi e accumuli di farmaci al fine di garantire la continuità terapeutica. Inoltre, incrementare o avviare un sistema di distribuzione diretta a vantaggio di quanti vivono in aree distanti e in Comuni che non disponendo di farmacie ospedaliere devono percorrere lunghe distanze per poter raggiungere strutture che spesso osservano orari e giorni di apertura che possono essere limitanti soprattutto per i pazienti non autosufficienti. Portare il farmaco al paziente ovvero garantire l’accesso più facile e veloce a farmaci essenziali soprattutto per i pazienti rari e cronici. Significherebbe curare meglio i pazienti migliorandone l’aderenza terapeutica semplificando loro la vita. Ci sarebbero inoltre, anche significativi risparmi nella misura in cui la migliore aderenza terapeutica comporta una miglior cura.
REFERENTE ISTITUZIONALE PER IMPLEMENTARE LA RISOLUZIONE:
AIFA, Agenas, Regione
TITOLO
Accesso alle cure alla presa in carico di malti rari
CRITICITÀ
I tempi spesso lunghi per la presa in carico di pazienti con sospetto di patologie rare. L’iter di accertamento del sospetto di patologia rara è spesso lungo e complicato infatti, dalla rilevazione del sintomo che manifesta una disfunzione o una ipotetica patologia alla diagnosi dello specialista i tempi sono molto lunghi. e per alcune patologie i tempi sono essenziali per la sopravvivenza del paziente.
SOLUZIONE
Come soluzione per i malati rari, sia in fase di accertamento diagnostico sia in situazione di
diagnosi acclarata, si dovrebbe prevedere di avere un accesso prioritario alle visite specialistiche e ai ricoveri, questo perché per alcune patologie potenzialmente letali i tempi di accertamento della diagnosi sono importantissimi per la sopravvivenza. Potrebbe essere utile ridisegnare il sistema nazionale della rete delle malattie rare in modo simile a quelle delle reti oncologiche non soltanto come modello organizzativo sanitario ma anche socio assistenziale per dare una risposta ai reali e indispensabili bisogni di cura dei malati. Pensare una rete che comprenda non solo i centri di riferimento ma che si estenda a garantire un’assistenza di qualità anche a livello territoriale. Non più soltanto eccellenza nei centri ospedalieri, ma una qualità alta di tutta l’assistenza, sia quella ospedaliera che quella a territoriale. Questo è un punto importantissimo perché le caratteristiche della popolazione affetta da malattia rara non comprende soltanto solo gli acuti, ma abbiamo tanti pazienti cronici; quindi, hanno bisogno di un’assistenza più consona alle loro esigenze.
REFERENTE ISTITUZIONALE PER IMPLEMENTARE LA RISOLUZIONE
Ministero della salute, conferenza stato regioni.
5.13 FARE RETE INNOVAZIONE
BENECOMUNE
A curA deLLA dott.ssA rosApiA FArese, presidente FArerete innovAzione benecomune, e dott.ssA ritA cALdAreLLi, AssociAtA FArerete innovAzione benecomune
TITOLO
Meno accessi agli esami di laboratorio, meno diagnosi
CRITICITÀ
La diagnosi di una patologia oggi si basa per circa il 70% sui referti degli esami di laboratorio.
Gli esami di laboratorio permettono anche la prevenzione di una patologia, un corretto approccio terapeutico e il follow up della patologia stessa.
Purtroppo, spesso i pazienti/utenti rinunciano ad eseguire gli esami di laboratorio necessari anche perché:
• Il ticket da pagare per la prestazione è troppo elevato, anche per pazienti con patologie croniche e quindi con un’esenzione
• Lo specialista non li prescrive direttamente e chiede al MMG di prescriverli,
• Il MMG non li prescrive, perchè non li considera necessari,
• Il paziente non è in grado di recarsi ad un punto prelievi/laboratorio analisi pubblico, perché non facilmente raggiungibile o con accesso non adeguato (ad esempio per presenza di barriere architettoniche)
SOLUZIONE
È necessario rivalutare la Medicina di laboratorio (MDL) (che costa meno del 3% di tutta la spesa pubblica sanitaria) per migliorare l’appropriatezza prescrittiva degli esami, ripensare a nuovi criteri organizzativi dei laboratori analisi, dei punti prelievo, prevedere un adeguamento dei LEA.
1. Oggi un’impegnativa prevede la prescrizione di soli 8 esami di laboratorio, con un pagamento del ticket di euro 36.00 (in Lombardia). Nel caso di 16 esami (che rappresentano ad esempio una serie di esami di base di routine per comprendere la funzionalità dei diversi organi), il paziente deve pagare 72.00 euro, troppi per chi ha
uno stipendio non elevato o una pensione minima, senza esenzione. Si potrebbero aumentare le prescrizioni a 12 esami per impegnativa.
2. Gli esami vengono prescritti da MMG o specialisti in base ai LEA. Ad oggi ancora non sono entrati in vigore quelli definiti nel 2017 (slittati al 1°gennaio 2025). Nel frattempo, la MDL ha introdotto innovazioni tecnologiche e scientifiche, ovvero nuovi esami, mentre i LEA comprendono ancora esami obsoleti, incoerenti con nuove Linee Guida e mancano esami diagnostici e prognostici attuali e innovativi. I LEA andrebbero quindi rivisti e per quanto riguarda gli esami della MDL si consiglia di disporre di un comitato tecnico-scientifico adeguato per la revisione.
3. È necessario che tutte le strutture sanitarie pubbliche organizzino una rete di infermieri che possano eseguire prelievi a domicilio in tempi brevi dalla richiesta.
4. È necessario creare una rete tra patologi clinici dei laboratori analisi del SSN e MMG/PLS, per migliorare l’appropriatezza prescrittiva, ed evitare quindi la possibilità di incorrere in un errore di diagnosi o in ritardi che possano inficiare le terapie. Si eviteranno la prescrizione di esami inutili e si potranno ridurre i costi delle prestazioni.
5. E’ necessario che in tutte le regioni d’Italia le esenzioni del ticket siano codificate in modo univoco, per evitare che i ‘fuori regioni’ debbano pagare prestazioni che sono esenti nella loro città di origine.
6. Le tabelle degli esami in esenzione per patologia devono essere riviste, per evitare che i pazienti in follow up paghino prestazioni necessarie per la loro cura.
REFERENTE ISTITUZIONALE PER IMPLEMENTARE LA RISOLUZIONE
Ministero della Salute, Conferenza Stato-Regioni, Regioni, Agenas.
5.14 FONDAZIONE LONGEVITAS
A curA deLLAi dott.ssA eLeonorA seLvi, presidente LonGevitAs
TITOLO
Colmare l’Age Gap nell’Healthcare Technologies
CRITICITÀ
L’ageismo, ovvero la discriminazione e la svalutazione delle persone più anziane, permea la nostra cultura e anche le dinamiche del nostro Servizio Sanitario Nazionale, generando quel fenomeno che va sotto il nome di ageismo sanitario. In una fase di dirompente innovazione occorre cogliere il potenziale del digitale per superare l’ageismo sanitario, evitando che al contrario, nell’era della Digital Health, il ruolo crescente delle tecnologie digitali nel campo della salute e dell’assistenza sanitaria si traduca in un ampliamento del gap tra pazienti più giovani e persone più anziane, che tendono a incontrare maggiori difficoltà nella comprensione e nell’utilizzo delle tecnologie digitali, spesso progettate per adulti più giovani. La tecnologia digitale è destinata a diventare sempre più il principale mezzo di comunicazione tra individui e sistema sanitario, con il rischio che le tecnologie basate sull’intelligenza artificiale in medicina e sanità pubblica presenti e future introducano nuove forme di discriminazione basata sull’età se non adeguatamente progettate.
SOLUZIONE
È cruciale sensibilizzare i fornitori di assistenza sanitaria, gli sviluppatori di tecnologia e i decisori politici sulle esigenze specifiche delle persone più anziane legate alla tecnologia. Coinvolgere i pazienti più maturi nella progettazione e implementazione delle tecnologie sanitarie, inclusa l›intelligenza artificiale, potrebbe contribuire a sviluppare strumenti adatti all›età che consentano alle persone anziane di beneficiare delle strategie di cura basate sulla tecnologia e di impegnarsi nelle risorse
di promozione della salute. Il servizio sanitario nazionale dovrebbe promuovere attivamente ad ogni livello il codesign con i senior come parte integrante della sua strategia per garantire un’assistenza sanitaria più inclusiva, centrata sul paziente e in grado di soddisfare le esigenze di tutte le fasce della popolazione. Ciò richiede una collaborazione stretta e continua tra fornitori di assistenza sanitaria, sviluppatori di tecnologia, organizzazioni di over 65 e rappresentanti delle comunità, al fine di garantire che le voci dei pazienti siano ascoltate e rispettate in tutto il processo di sviluppo e implementazione delle tecnologie sanitarie.
Case History: secondo un’indagine condotta nel 2023 (50&Più) sull’accesso ai Servizi Sanitari, appena il 12,8% degli over 50 intervistato risulta aver fruito di servizi di telemedicina (interazione con il proprio medico di famiglia ocon altri specialisti). La percentuale è in crescita rispetto al 2021, quando in una precedente ricerca coloro che li avevano utilizzati si erano attestati al 5,9%. Dall’altra parte, però, resta un consistente 87,2% che non ne ha fatto/fa uso.
REFERENTE ISTITUZIONALE PER IMPLEMENTARE LA RISOLUZIONE Agenas, Asl.

