La salute nelle città al tempo del coronavirus

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Intervento - Ketty Vaccaro *

Nuove vulnerabilità e fragilità sociali dopo l’emergenza coronavirus Vivere in un nucleo urbano con specifiche caratteristiche ha un impatto diverso sulla condizione individuale: la grande area metropolitana del Sud aggrava le condizioni di povertà

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arlare delle nuove vulnerabilità e fragilità sociali dopo l’emergenza COVID-19 significa trattare un tema ampio, complesso e difficile che si può tuttavia inquadrare con il supporto di alcuni dati ed elementi significativi, i quali non esauriscono certo la vasta dimensione delle fragilità sociali ed economiche del nostro Paese ma ben ne possono spiegare alcune caratteristiche essenziali. Innanzitutto, dobbiamo chiederci che cosa rende particolarmente complessa l’emergenza che stiamo attraversando. E la risposta risiede nel fatto che essa ha conseguenze che non sono solo sanitarie, ma anche economiche, sociali e psicologiche, a tal punto che addirittura in certi momenti il dibattito pubblico ha visto quasi contrapporsi l’interesse economico a quello sanitario collettivo. Oggi noi assistiamo a un intreccio fra vecchie e nuove fragilità che s’intensificano e che sono fra loro connesse. Ma l’elemento di specificità che si va a sommare é che l’Italia si muoveva in una situazione particolarmente problematica già prima dell’epidemia. L’intreccio delle conseguenze che l’epidemia ha comportato s’inserisce quindi in un contesto assolutamente difficile nel caso italiano, proprio in riferimento alle fragilità e alle vulnerabilità sociali. A dimostrazione di questa argomentazione, si parta da un dato economico emblematico, quello sulla povertà. E’ importante evidenziare come negli anni della crisi si fosse già assistito a un più che raddoppio delle condizioni di povertà estrema in termini di incidenza sul totale delle famiglie (da 3,5% a 7,0%) che, in valore assoluto, sono passate da 800mila nel 2007 a 1,8 milioni nel 2018. Un dato che include differenze storiche che ci portiamo appresso e non ancora eliminate – su tutte senz’altro il gradiente Nord-Centro-Sud- ma insieme anche ad un mosaico di fragilità specifiche che deve necessariamente essere tenuto in considerazione.

Prendendo come indicatore la povertà assoluta, il dato nazionale del 7,0% diventa 10,0% al Sud, ed è noto. Ma all’interno della stessa condizione di povertà si rispecchiano ulteriori fragilità, specifiche di alcune determinate situazioni, come, ad esempio, le famiglie monogenitoriali (11,0%), le famiglie numerose con 3 o più figli minori (19,7%), le famiglie di soli stranieri (30,3%) e le famiglie con capofamiglia con basso titolo di studio (10%), ove noi sappiamo che le risorse individuali sono fondamentali per garantirsi l’accesso alle risorse economiche. C’è un problema di mappa generazionale della povertà che è profondamente cambiata nell’arco di questo decennio di crisi. Se prima coincideva sostanzialmente con la condizione di anzianità, oggi la situazione è completamente ribaltata: l’incidenza di povertà nelle famiglie con capofamiglia di età compresa tra i 18 e i 34 anni è pari al 10,4% contro il 3,2% di quelle con anziano, che può anche avere un reddito basso ma garantito dalla pensione. Il dato noto è che nei nuclei famigliari ove il capofamiglia é in cerca di occu-

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