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Anno I - Numero 10 10 dicembre 2011

settimanale d’informazione, politica, economia, cultura, spettacolo, società, sport

free press

Direttore Responsabile: Giuseppe Tagliente Reg. al Tribunale di Vasto n. 102 del 22/06/2002 Redazione: Corso Italia n. 1 Vasto Tel. & Fax 0873.362742 Pubblicità: Editoriale Quiquotidiano Corso Italia,1 Vasto - Stampa: Edizioni Il Castello - Martano Editrice (BA) www.quiquotidiano.it - mail: redazione@quiquotidiano.it


11 novembre 2011 copertina

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Editoriale

La manovra, piaccia o non piaccia di Giuseppe Tagliente

La prima manovra del governo Monti è stata resa nota e, a quanto si comprende dalle prime reazioni dei mercati, sembra sia stata gradita (seppur a fasi alterne) dai cosiddetti investitori. A scanso di equivoci, ripeto ciò che ho già scritto in precedenza, e cioè che mi auguro la manovra sia approvata così com’è, senza sostanziali mutamenti che potrebbero modificarne l’impalcatura. Aggiungo che, a mio giudizio, il centrodestra dovrebbe su questo campo “sfidare” gli altri partiti che hanno dichiarato il loro appoggio al governo Monti, in modo che l’opinione pubblica nazionale ed internazionale possa ben comprendere chi ha interesse prioritario alla “salus rei pubblicae” e chi, invece, alla salvaguardia dei soltanto dei propri bacini elettorali. Continuo a pensare che la possibilità di ottenere risultati politici da una posizione di opposizione ( tipo Lega o Sel, Cgil ) o di distinguo ( tipo Idv e vasti strati del Pd ) non paghi, perché gli italiani non sono così stupidi come li pensano i demagoghi alla Vendola, Di Pietro, Bossi. Avendo immediatamente dichiarato il mio personale favore al governo Monti, in anticipo sulla posizione poi espressa dal Pdl, devo però precisare anche che la manovra non è quella che mi aspettavo. Troppo poco e troppo male,mi verrebbe da dire. Troppo poco, perchè in termini di saldi numerici la manovra mi sembra tuttora insufficiente. I 20 - 24 miliardi di euro, che la manovra si propone di raccogliere, sono infatti dello stesso ordine di grandezza della crescita di un punto percentuale degli interessi sull’intero debito pubblico. Anche con uno spread rispetto ai bund tedeschi intorno ai 400 punti, il maggior costo di finanziamento del debito rispetto all’inizio del 2011 ammonta ad un due per cento: perciò, tenendo conto delle scadenze in essere, il maggior fabbisogno di finanziamento assorbirà almeno la metà della manovra. Alla riduzione del debito sarebbe perciò devoluta una decina di miliardi di euro e cioè soltanto lo 0,5% . Poco, troppo poco,come dicevo. Con questi miglioramenti rientreremmo nel club dei virtuosi (rapporto indebitamento / PIL pari all’80%) in una ottantina d’anni e c’è da temere che così un peggioramento dell’economia reale aumenti il fabbisogno annuale dello Stato in misura maggiore di questo misero 0,5%, producendo un ulteriore impoverimento che comporterebbe un’ulteriore manovra nella primavera 2012. Certo, è inutile nasconderlo, è prevalsa nel governo la preoccupazione di una manovra che fosse vista come eccessivamente recessiva, ma questo perché si è voluto puntare assai poco coraggiosamente sull’incremento delle entrate e delle entrate certe, che colpiscono il ceto medio, il quale ha sempre pagato le tasse. Troppa svogliatezza e timidezza rispetto alla lotta all’evasione, sulle liberalizzazioni delle attività professionali monopolistiche, sulle pensioni, sulle tasse, rispetto alle quali è stata introdotta quella sul lusso che non convince riguardo alla probabilità di evasione, sulla riduzione infine dei costi della Politica, che non riduce granchè, nemmeno le Province. L’elenco delle perplessità che suscita questa manovra, che è stata (volendo trovare attenuanti) scritta di getto, è lungo e potrebbe diventare sterminato in un’analisi più accurata, col rischio perdipiù di qualche sospetto sulla capacità di questo stuolo di professoroni e di iper - professionisti. Tuttavia non c’è per adesso nessuna praticabile alternativa a Monti ed al sostegno al suo governo. Piaccia o non piaccia. L’augurio che in questa situazione mi sento di fare è che partiti, ma soprattutto il centrodestra, si mostrino però in grado di aiutare questa squadra di tecnici o presunti tali. Altrimenti che Dio ci aiuti.

Sommario “Anche Vasto ha la sua banca” pag. 4 “Donna coraggio” pag. 7 “Europa oggi. Un caso o un complotto?” pag. 9

Novità assoluta Li carte de lu Uašte Le carte da gioco vastesi

“L’Italia del terzo millennio: tra rinascenza morale e federalismo” pag. 10 “Jean D’Ormesson” pag. 12

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Anche Vasto ha la sua banca

Nominato il consiglio di amministrazione. Intervista a Giorgio Del Borrello presidente del comitato promotore In meno di cinque anni un sogno che è sempre più lanciato verso la realizzazione. Manca ormai poco alla Banca di Vasto Credito Cooperativo per essere definitiva realtà. Una pagina importante è stata scritta domenica scorsa, 4 dicembre, in occasione della prima assemblea dei soci che al meeting center del Palace Hotel di Vasto Marina ha riunito 710, su un totale di 980, sottoscrittori delle quote del costituendo istituto di credito. Notevole la soddisfazione dell’avvocato Giorgio Del Borrello, presidente del Comitato promotore dei soci. “Nell’incontro di domenica – sottolinea – abbiamo costituito lo strumento necessario per l’esercizio dell’attività bancaria. Con questo atto abbiamo realizzato la seconda fase di un processo piuttosto lungo ed articolato. Nella prima si è proceduto alla raccolta delle adesioni e delle quote, adesso abbiamo concretizzato la stipula dell’atto costitutivo della società Banca di Vasto Credito Cooperativo. A questo punto c’è una terza e conclusiva fase. Bisogna andare in Banca d’Italia e chiedere e ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività”. Tempi previsti? “Bisogna acquisire tutta una serie di documentazioni sugli amministratori, sui sindaci, sulle schede di sottoscrizione. Stiamo anche valutando la figura del direttore generale di una struttura e credo che dovranno passare almeno altri sei, sette mesi prima che si ottenga l’autorizzazione. Considerando poi i tempi per il reperimento del personale (partiremo con 6 dipendenti) e l’allestimento della sede penso che tra ottobre e novembre del 2012 potremo avere finalmente operativa la nostra Banca. Credo sia anche oppor-

tuno non affrettarsi, perché la crisi c’è e si sente ma, al contempo, va sottolineato che in tempi di ‘tempesta economica’ come quelli che stiamo vivendo siano soprattutto le piccole banche a dare un maggiore affidamento”. Con quali prospettive andate avanti in questo percorso? “Il nostro impegno prioritario è quello di realizzare lo slogan della BCC: la mia banca è differente. La mia banca, perché soci e clienti devono considerarla come propria, e differente perché avrà un trattamento particolare, ‘umano’, una banca piccola ma grande allo stesso tempo, senza rivolgersi a prodotti finanziari esasperati, ma a cose concrete, fattibili attraverso la raccolta del risparmio ed un impiego che, va ricordato, prevede l’investimento nel territorio del 95 per cento degli utili e risorse disponibili. Una ricchezza di Vasto che resta a Vasto e per Vasto”. Oltre 900 i sottoscrittori, ve l’aspettavate? “All’inizio abbiamo incontrato qualche difficoltà, poi la risposta è stata confortante. C’è tanta gente ‘comune’, piccoli operatori economici locali, operai, artigiani, impiegati, oltre alla categoria imprenditoriale che ha voluto darci fiducia e con slancio commovente ci ha dato la spinta giusta”. Come è nata l’idea di questa Banca? “Ne parlai con il professor Cuculo e con il professor Barbieri nel 2006. Lanciai quest’idea. Era il 2006. Poi con alcuni amici Lions che condivisero il progetto, a maggio 2007, abbiamo costituito il Comitato Promotore dei Soci. A differenza di Lanciano, che è partita insieme a noi, siamo riusciti a concretizzare questo obiettivo. Contiamo di realizzare qualcosa di veramente positivo per la città e sono sicuro che

la risposta sarà la migliore”. Non si corre il rischio, con questa iniziativa, di scontrarsi con un’altra realtà di credito cooperativo esistente sul territorio? “Non ci poniamo in concorrenza con l’altra BCC che sta a Vasto e che nasce a San Salvo. Semmai andremo ad erodere qualcosa alle altre grandi banche e che hanno riferimenti territoriali distanti dalla nostra realtà”. I NUMERI DELLA BANCA – Complessivamente sono 980 i sottoscrittori delle quote sociali con un capitale sociale di 3 milioni e 488mila euro versati.


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Abbiamo una banca! “Abbiamo una banca”, non è quella di cui parlava Piero Fassino con Giovanni Consorte, il manager di Unipol coinvolto nello scandalo di Bancopoli, ma più semplicemente la Banca di Vasto. I circa mille soci riuniti in assemblea il 4 dicembre scorso hanno anche provveduto a nominare gli organi dirigenti, che sostituiscono il Comitato dei Promotori. Nel corso della prima assemblea sono stati eletti i componenti del Consiglio di Amministrazione, del Collegio Sindacale/Revisori e del Collegio dei Probiviri della Banca di Vasto Credito Cooperativo. Nel CdA entrano a far parte Giorgio Del Borrello, Antonio Cuculo, Filippo Menna, Nicola Molino, Luigi Guidone, Gabriele Tumini, Giovanni Di Giambattista, Giovanni Petroro, Simona Sarni, Nicola Paglione e Catherine Cirese; nel Collegio Sindacale: Francesco Pietrocola (presidente), Pietro Falcucci e Pasquale Di Crosta con supplenti Luigi Nunziangeli e Cesario Zaccardi; nel Collegio dei Probiviri: Grazia G. Pia Giuliani (presidente), Antonio Santini e Fernando Fanaro con supplenti Marco Massone e Maria Grazia Mancini.

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Il povero fesso Gabriele Rossetti sarà contento…d’essere emigrato a Londra. Sì, perché ciò che gli ha riservato Lapenna ha dell’incredibile con quelle lucine di Natale sulla testa del monumento a lui dedicato. Vale anche per lui ciò che scriveva Trilussa, e cioè che il destino riservato alle statue degli uomini illustri è di diventare il posto dove smerdano i piccioni. Palazzo d’Avalos si trasforma in un palazzetto del ghiaccio con tanto di pista per pattinare. Dire che è “agghiacciante” è quanto mai azzeccato. Ma non si poteva trovare uno spazio diverso piuttosto che massacrare ancor di più la sede dei musei civici?

Io voglio il regalo da Babbo Natale Caro Direttore, vedendo la copertina con Babbo Natale che guarda un negozio chiuso, ho cercato di immaginare cosa potesse pensare il nostro caro babbo Natale. Una cosa tipo: “che sciocchi questi cristiani passano tutto l’anno a spendere e spandere per cose futili ed egoistiche e, proprio a Natale, poi fanno i puritani alla ricerca di un’anima ormai persa”. Li senti nelle interviste tra i negozi del centro: “è contro lo spirito del Natale fare molti regali, c’è crisi, dobbiamo recuperare lo spirito della festa”, poi nelle pattumiere i giorni di festa gettano avanzi sufficienti a rifornire le mense della Caritas per anni! Tolti gli eccessi, che sono frutto della società consumistica e massificata, se andiamo a vedere nel profondo, l’alibi della crisi fa calare la scure proprio su quelle spese e quei gesti che comportano comunque altruismo, condivisione e dono all’altro. Quindi se c’è una minore disponibilità finanziaria si tagliano i regali da fare ad amici e familiari, si riducono o cancellano le offerte alle campagne di solidarietà, si fa meno carità, si donano meno prodotti alle mense, alle parrocchie o al banco alimentare ecc… . Ci si fa rintontire ogni anno dalle solite barzellette sui regali riciclati o inutili, solo perché lo dice quello o quell’altro comico, come se fosse un reato ammettere che ricevere un regalo o un gesto di attenzione fa sempre piacere e, pensiamo a quanto può giovare se a riceverlo è un bambino, un anziano o un povero.


Buon Natale è più Buono con 2 dicembre 2011

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San Salvo

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Donna coraggio SAN SALVO – Chi, come noi, partecipa per lavoro a tutte le iniziative pubbliche che organizzano i partiti ed i candidati è potenzialmente in grado di percepire ciò che in tali iniziative si respira. Guardando i volti, contando gli applausi, seguendo i toni e le mimiche facciali che accompagno i discorsi è possibile captare gli umori e gli stati d’animo sia dei leader che dei militanti. Due sono state le manifestazioni pubbliche di questo inizio campagna elettorale. La prima, tenuta da San Salvo Democratica sabato scorso, l’abbiamo commentata, riferendo che si è trattato di un’orgogliosa manifestazione di partito, che vuole contaminare le altre forze del centrosinistra (Pd escluso), per isolare colui che, a torto o a ragione, viene ritenuto il colpevole della spallata all’Amministrazione Marchese. In quella manifestazione abbiamo letto rabbia mista ad orgoglio. E, per questo, l’abbiamo paragonata a quelle dell’ultimo Pci, la cui base era orgogliosa della propria diversità, ma anche arrabbiata di come girava il sistema politico, che di lì a poco tangentopoli avrebbe fatto cadere. La seconda manifestazione è stata quella di martedì 7 dicembre, organizzata al vecchio Gabry dal centrodestra, per presentare il candidato sindaco Tiziana Magnacca. La quale è una lavoratrice tenace, come ha ricordato lei stessa. E fondamentalmente al suo lavoro ed alle sue telefonate si deve la presenza numerosa di tanta gente, che di solito non si vede nelle manifestazioni politiche. Altra cosa che si vede, anzi si sente in tutti gli interventi dei suoi colleghi consiglieri comunali è che la sua candidatura è stata unanime, tranquillamente e convintamente unanime. Oltre a Spadano ed Argirò (già designati rispettivamente nel 2002 e nel 2007), un passo indietro Evangelista, Marcello e Chiacchia l’hanno fatto. E l’hanno fatto perché hanno riconosciuto a Tiziana Magnacca il coraggio personale, con cui ha affrontato gli anni della dura opposizione. Lo ammette Vito Evangelista, senza infingimenti. Nel più difficile dei contesti per il centrosinistra, che mai si era diviso in tre pezzi, il centrodestra manda dunque

alla città tre messaggi subliminali: unità, tenacia nel lavoro e coraggio. Tutti qui pensano che stavolta “riprendere il Comune” è quanto meno più facile. E per questo si percepisce una base carica, motivata e un gruppo dirigente che non si è voluto dividere, “per non fare come quegli altri”. Ma non è detto che un clima unitario si trasformi in vittoria elettorale. Anche cinque anni fa, la candidatura di Argirò aveva convinto il popolo di centrodestra. Quando, però, a sinistra vennero presentate candidature di area moderata come Fiorenzo D’Urbano, Pia Di Carlo, Matteo Bernava, Ettore Onofrillo, Aldo D’Ascenzo, Rolando Cinalli e Giovanni D’Alessandro i più avveduti della destra cominciarono a capire che il risultato non era scontato. Per farsi un’idea sul probabile risultato, bisognerà, dunque, aspettare le liste (intanto si è presentato Fernando Fabrizio, che mai si era impegnato in politica). Adesso possiamo solo dire che il popolo di centrodestra è convinto. Vedremo a breve se con le prime uscite pubbliche degli altri candidati sindaci i “microclimi interni” cambieranno. Orazio Di Stefano

Trionfa a Singapore il Fontefico Titinge dei fratelli Altieri Il vino abruzzese sfonda anche in Asia. A Singapore il ‘’Fontefico Titinge riserva 2008’’.ha conquistato la medaglia d’oro al ‘’Wine Style Asia Award’’. Al prestigioso concorso internazionale, che vede la partecipazione di oltre mille vini provenienti da tutto il mondo, l’unico vino d’Abruzzo a fregiarsi del titolo più ambito è stato il Montepulciano della cantina sansalvese dei fratelli Nicola ed Emanuele Altieri. L’azienda, fondata dai due giovani imprenditori, 34 anni il primo e 30 anni l’altro, è nata appena 5 anni fa ma è già una realtà di assoluto primo piano, come conferma questo risultato a livello intrernazionale.

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Europa oggi

Un caso o un complotto? tra loro e cominceranno a sbranarsi, come hanno sempre fatto dato che Francia e Spagna sono peggio dei Curiazi e degli Orazi. Vinceranno gli Orazi perché mangiano patate mentre i Curiazi mangiano potage, cioè un brodino vegetale, anche se, stavolta, Sarkozy comincia a capire, forse, di essere stato il classico utile idiota. Intanto continua l’osceno teatrino degli incontri bilaterali tra patate e brodini da cui nascono le richieste al resto d’Europa: un teatrino che dovrebbe offendere tutti gli altri partner europei e che potrebbe essere evitato, con un minimo di buon gusto, attraverso una semplice, discreta telefonata tra i due. Ma noi abbiamo, finalmente, i supertecnici che come “zzì Cuncittì, se nen tè le quatrine se cala le mutandine”. Elio Bitritto

l’opinione

Lo stato non è Dio

So bene che dire “equa” una tassazione (o un sistema fiscale) è sempre un punto di vista o una scelta politica, ma di sicuro non vorremmo più vivere in un filosofico “Stato etico” (para-fascista o comunista) che si senta legittimato per se stesso a imporsi (o imporre la propria ragione) all’individuo, ma in una società in cui valgano pur sempre gli universali principi morali, in particolare nel discernimento di ciò che è giusto e ciò che non lo è. In tal senso, ad esempio, non è “giusto” presupporre e darlo per certo (o di comodo) che chi possieda un’abitazione, e magari la casa del padre al paese, per averla acquisita “frusto a frusto” o per successione da un genitore che per detto bene anche lui ha molto faticato e patito, debba e possa essere in grado di finanziare la “res pubblica” più che altri cittadini. Morale è – penso - che ciascuno debba contribuire in base alle sue possibilità economiche reali, ai suoi redditi o guadagni, e pagare per quello che si riceve. Che questa nostra Repubblica non sia in grado di ottenerlo è altra faccenda ed è un suo fallimento. E poi: iniquo che sia, un male si può accettarlo dal destino o da un “fato rio”, non certo da uno che pretende di decidere su di me e su tutti, perchè Stato, ...come se fosse Dio! G. F. Pollutri

aperto anche a apranzo

Oggi parliamo di Europa: mi direte che non è la prima volta, che ormai ne parlano tutti, che abbiamo stufato, che tanto a che serve, ecc. Argomento trito e ritrito che ha il grave difetto di far arrabbiare tutti e che dimostra, una volta di più che il famoso “popolo sovrano” non comanda un piffero, neanche a casa sua. E mi chiedo però perché! Ed allora rivado indietro di una diecina d’anni quando un’Italia, dopata da politici e giornali, si trovò nella condizione se aderire alla Unione Europea con l’adozione dell’Euro o meno. Dato che l’Italia era abituata da secoli di “Franza o Spagna purché se magna” non trovò di meglio che aderire alla richiesta dei mangiatori di “Potages e Kartoffen”: solo che stavolta, in più, i suddetti chiesero ed ottennero, da quel grande statista che risponde al nome di Prodi, anche il calo dei pantaloni: cosa cui il suddetto prontamente aderì portando il cambio della lira con la nuova moneta a circa 2.000 volte il controvalore. Di colpo abbiamo avuto un potere d’acquisto letteralmente dimezzato, con grande soddisfazione di tedeschi e francesi che, dopo anni di guerre per la supremazia in Europa, avevano trovato finalmente l’accordo per spartirsela senza ulteriori spese. Non contenti del calo dei pantaloni i succitati magnaccia hanno preteso ed ottenuto anche il calo delle mutande con le conseguenze che oggi vediamo; che forse non sono esattamente i loro desiderata perchè, in fondo, ormai dovranno cominciare a fare i conti

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dibattito

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L’Italia del terzo millennio: tra rinascenza morale e federalismo di Filippo Salvatore, Concordia University, Montreal

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ll’inizio del 2012, in piena crisi economica mondiale, l’Italia è un paese di 60 milioni di abitanti con un Prodotto Interno Lordo ufficiale di oltre $1.500 miliardi,(con in più una economia sommersa che ha raggiunto il 35%, pari ad altri $ 540 miliardi). L’ economia reale annuale di oltre $2.000 miliardi, situa l’Italia tra le prime dieci del mondo. Il crimine organizzato (mafia, camorra ‘drangheta e sacra corona unita) ha un fatturato di 130 miliardi di euro con un utile di 70 miliardi. Nel 2010, l’evasione fiscale è ammontata a oltre 30 miliardi di Euro. Altri 50 miliardi, secondo i dati della Banca Mondiale, sono pagati annualmente in tangenti in ogni settore di attività. I cittadini italiani inviano 630 deputati alla Camera e 315 senatori. L’insieme del costo della politica a livello nazionale, regionale, provinciale, comunale, di comunità montane, e di altri enti para-statali e della magistratura ammonta ad una cifra tanto enorme che è addirittura difficile da quantificare in modo preciso. La lunghezza di un processo va dai 7 ai 10 anni. Il che situa l’Italia ad uno degli ultimi posti a livello mondiale! Esistono circa 500.000 persone che formano una ‘casta’ e che godono di privilegi neppure immaginabili in altri Paesi. Va sottolineata una anomalia

tipicamente italiana: la stampa libera non esiste. La legge 416 del 5.8.1981(Disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l’editoria) finanzia, senze distinzioni ideologiche tutta la stampa di partito che dal 2000 al 2010 ha ricevuto sovvenzioni quasi 1,5 miliardi di Euro. Avete letto bene! Una cifra da capogiro,un cancro che nessuno, per proprio tornaconto, osa toccare. Ecco un esempio di spreco da eliminare al più presto. L’Italia è un paese che ha un’amministrazione pubblica elefantiaca, ma con un tasso di efficienza paragonabile a quello di paesi del cosiddetto ‘terzo mondo’. L’Italia è il paese dove l’uso indiscriminato di forestierismi nella stampa scritta e parlata è non solo permesso, ma addirittura ricercato.Ed i record negativi e le storture potrebbero continuare. L’Italia è il paese dove il ‘particulare’ (la ricerca dell’utile personale come lo definiva lo storico Guicciardini nel Cinquecento). Malgrado le sue tante pecche l’Italia è anche la patria di uno dei popoli più creativi al mondo, la patria della gastronomia e del buon gusto, di un territorio di una bellezza incomparabile, di un patrimonio artistico ricchissimo, unico al mondo. Visitato da decine di milioni di turisti ogni anno. Cosa fare all’inizio del secondo decennio del terzo

millennio affinchè l’italia rimanga uno dei grandi paesi del mondo? Quali caratteristiche politiche dovrebbe possedere? Come evitare lo scarto sempre più grande tra una minoranza di privilegiati ed un ritorno alla povertà di una percentuale crescente della sua popolazione? Il Governo di centro-destra emerso dalle elezioni dell’aprile 2008 e l’opposizione, il PD e l’IdV,avevano un compito fondamentale da portare a termine celermente: cambiare profondamente l’assetto istituzionale ed il funzionamento dello Stato.Purtroppo dopo tre anni e mezzo nulla è stato fatto.L’italia è il bersaglio degli speculatori, in recessione economica, con alla guida un Primo Ministro non eletto, Mario Monti. Riuscirà il governo dei tecnocrati a fare le riforme istutuzionali necessarie, di cui si parla da decenni, ma mai realizzate? C’è da augurarselo: in palio è l’ estromissione dell’Italia dall’Eurozona e dal G7, con la conseguente perdita di prestigio a ivello internazionale, ma, ancora piu’ fonfamentale e grave è in gioco la sopravvivenza dell’unita’ nazionale. Occorre una nuova costituente che mira a fare del Paese una democrazia vera, matura, snella, in sincronia o addirittura all’avanguardia tra i grandi paesi del mondo. Occorre far nascere un

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nuovo paradigma storico ed identitario condiviso che consideri le ideologie del 20° secolo, fascismo e marxismo, concetti storici superati. L‘incapacità di portare a buon porto le riforme istituzionali, a cominciare da una legge elettorale unica a tutti i livelli di rappresentanza, ha causato l’emergenza sia di una ‘casta’ di privilegiati ma, soprattutto, la deriva economica e morale del Paese che sta accumulando da decenni una serie di maglie nere anche in settori nevralgici come la salvaguardia del territorio dalla cementificazione selvaggia, la ricerca scientifica, la meritocrazia, l’efficienza amministrativa, l’integrità e l’efficienza della magistratura. Lo stesso primato negativo è presente nella mancanza di quantità degli investimenti stranieri, nello sviluppo sostenibile, nella difesa dell’integrità del territorio contro l’inquinamento, nello sviluppo di fonti rinnovabili di energia, nella lotta contro la criminalità organizzata presente tra i colletti bianchi nei gangli vitali dell’economia. Risultato? Il declino del Bel Paese. Come evitare che questo declino aumenti? Quali traguardi deve prefiggersi la Quarta Italia alla fine del primo decennio del terzo millennio in piena crisi economica? Per far fronte alla corruzione dilagante, alla ‘questione morale’che la sta soffocando, per rigenerarsi e svolgere il ruolo di grande paese che le compete,l’Italia nuova, la Quarta Italia del terzo Millennio, dovrebbe far tesoro e attingere a quanto di meglio i suoi figli migliori hanno hanno saputo proporre come modelli sociali nel passato. La Rina-

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scenza della patria italiana dovrebbe avere come lievito ed ispirarsi a principi nobili. Eccone alcuni: 1. La nuova costituzione potrebbe cominciare con questo articolo: ‘L’italia è una repubblica federale fondata sulla separazione tra Stato e Chiesa, sulla libera iniziativa economica, sul merito della persona e sul rispetto dei diritti inalienabili di ogni cittadino’. 2. Amministrativamente l’italia andrebbe divisa in comuni ed in otto Compartimenti : Nord Ovest (Valle d’Aosta, Piemonte e Liguria), Lombardia, Nord Est (Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia), Centro-Nord (Toscana ed Emilia Romagna), Centro (Lazio, Umbria, Marche, Abruzzo e Molise), Sud (Campania, Basilicata, Puglie e Calabria), Sicilia e Sardegna. 3. Questa nuova aggregazione amministrativa costituirebbe una cesura istituzionale profondissima. L’Italia sarebbe una repubblica dove vige il federalismo fiscale e la sussidiarietà, tuttavia ognuno degli otto compartimenti dai 5 agli 8 milioni di abitanti (ad eccezione della Sardegna) permetterebbe una forma di autosufficienza attraverso i tributi che percepisce. (La percentuale di copertura delle Regioni al giorno d’oggi varia dal 45% al 64%). 4. Ognuno degli otto Compartimenti invia al Senato 10 rappresentanti.La Camera dei Compartimenti è formata di 300 parlamentari eletti.

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5. Il sistema elettorale è lo stesso per ogni livello di rappresentanza. 6. Il Primo Ministro è eletto a suffragio universale dal popolo. 7. Ogni eletto non può esserlo per oltre due mandati consecutivi. 8. Un terzo dei candidati sarà di sesso maschile e compreso dai 18 ai 35 anni, un altro terzo sarà di sesso femminile, ed il rimanente terzo di ambo i sessi di età dai 36 anni fino a 70 anni. 9. Un cittadino che è stato riconosciuto colpevole dai tribunali perde il diritto di potersi candidare alle elezioni. 10. I beni ottenuti illegalmente dal crimine organizzato vanno confiscati e diventano patrimonio dello Stato. 11. Le circoscrizioni estero vanno abolite. 12. La stampa deve essere economicamente autosufficiente, libera ed indipendente dal potere politico. 13. I partiti politici che ottengono meno del 5% dei voti non hanno diritto al finanziamento pubblico e non inviano rappresentanti, nè in Parlamento. 14. Le 4 più alte cariche dello Stato non possono essere soggette ad indagini del potere giudiziario. 15. Vanno eliminati gli ordini professionali. 16. La trasparenza e l’efficienza vanno fatte rispettare in ogni ente pubblico. 17. L’insegnamento scolastico ed universitario ha come principi fondamentali l’eccellenza e la meritocrazia sia dei discenti che dei docenti. 18. Il 2% del PIL va assegnato alla ricerca scientifica. 19. Esiste una sola polizia nazionale ed una polizia locale. Va promosso l’uso e la qualità della lingua italiana nei mezzi pubblici d’informazione sia sul territorio nazionale che all’estero. E tante altre potrebbero essere le proposte per rinnovare moralmente l’Italia. Mi basta aver fatto valere il principio che la Quarta Italia del Terzo millennio ha bisogno di una rinascenza morale e di regole politiche, giuridiche, amministrative, economiche nuove, precise che ogni cittadino deve fedelmente rispettate. Prevalgano il senso civico,il senso del dovere, l’onestà, la trasparenza, la solidarietà non la furbizia ed il gretto utile personale.


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Jean D’Ormesson Franco Cardini

Franco Cardini, nato a Firenze nel 1940, è attualmente professore ordinario di storia medievale presso l’Università di Firenze. Come giornalista collabora alle pagine culturali di vari quotidiani. È autore di numerosi saggi, riguardanti soprattutto il Medioevo. Tra questi ricordiamo Guerre di primavera, Studi sulla cavalleria e la tradizione cavalieresca (1992), Studi sulla storia e sull’idea di crociata (1993), L’avventura di un povero crociato (1997), Quella antica festa crudele (2000), Europa e Isiam. Storia di un malinteso (2002). è tra i fondatori della Confraternita del Toson d’Oro, nata a Vasto nel 1998, a cui si deve l’organizzazione dell’omonimo premio.

“Non posso credere che, regolato con tanto rigore, così evidentemente fatto per durare,... l’universo non abbia senso”: così dichiara Jean D’Ormesson. E attribuire un senso all’universo, come attribuirne uno alla vita, equivale a credere in Dio. Non è certo un caso che l’”apostasia” della Modernità occidentale abbia trovato il suo avvìo proprio dal rifiuto di accordare un senso metafisico al cosmo, roidotto a pura macchina fisica, il che ha costituito il primo passo verso la negazione di un senso alla vita, ridotto a puro incidente fisiologico da affrontare etsi Deus non daretur, come se Dio non esistesse. Invece Jean Bruno Wladimir François-de-Paule Le Fèvre d’Ormesson, figlio di un marchese libero epnsatore e di una nobildonna ultracattolica e monarchica, in Dio ci crede. O meglio, ci spera: che poi è la stesa cosa. Difatti la fede, per esser sul serio tale, non può andar esente dal dubbio. Le famose “certezze della fede”, quelle di cui parlano tante frasi fatte che i credenti fanatici o ingenui amano ripetere, non esistono. La “moneta della fede” (così si esprime una famosa metafora dantesca) ha due facce: il dubbio, appunto, e la speranza. E difatti, “fede è sustanza di cose sperate”: e – prosegue Jean D’Ormesson (tutti lo conosciamo così, con un nome semplificato) - “non so se Dio esiste, ma da sempre l’ho creduto con forza”. In “quella note oscura che gli uomini chiamano Dio”, aggiunge usando con disinvoltura una metafora di san Juan de la Cruz, non si può credere se non dubitando, perché il dubbio è la condizione costante della fede. Ottantasei anni portati con la luminosità del suo sguardo azzurro, ex direttore di “Le Figaro” e accademico di Francia, saggista di successo, D’Ormesson ha affidato le sue riflessioni di anziano innamorato della vita, e ancora capace di stupirsi

dinanzi al suo mistero, a un libro che è uscito l’anno scorso in Francia con grande successo e viene proposto nella traduzione italiana di Tommaso Gurrieri col titolo – ripreso da una poesia di Aragon – Che cosa strana è il mondo, pubblicato da una giovane, piccola, coraggiosa casa editrice fiorentina, la Barbès. Siamo dinanzi a un libro difficile da definire: romanzo, sintesi di storia del mondo, trattato filosofico in forma giocosa, autobiografia intima dell’Autore e autobiografia ovviamente “immaginaria” di Dio o addirittura dialogo tra Dio e la labirintica storia dell’uomo: da una parte le Certezze di quello che qui è “il Vecchio”, dall’altra il suo “sogno”, appunto l’ultramillenaria storia dell’universo e la millenaria storia dell’uomo, che solo da circa cinquemila anni ha imparato a fissare il suo pensiero in sistemi di segni (le scritture) e da pochissimi è stato travolto dalla furia delle novità tecnologiche da lui stesso elaborate, che lo hanno costretto a mutare radicalmente vita. Il libro è distinto in tre parti, rispettivamente intitolate: Che la luce sia, Perché c’è qualcosa invece di niente? La morte: un inizio? Ed eccoci al nucleo – che ad alcuni parrà banale, a qualcun altro scandaloso e non politically correct – dell’assunto di D’Ormesson: che rivolge a se stesso, ai lettori e perfino a Dio le domande inutili e ineducate riassunte nel proverbiale “Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?”. Benedetto Croce le aveva liquidate come pseudo problemi: eppure D’Ormesson – e tanti fra noi insieme con lui – le ritiene invece fondamentali, per quanto destinate a restar senza risposta. Sarà inutile, ma non è certo illegittimo né ozioso porsi la questione di Dio, della nostra funzione su questa terra, del Nulla,della Morte, magari di altri misteri familiari e quotidiani eppure inestricabili come la Luce e il


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Tempo. E parlarne per giunta con levità, con allegria, come solo i superficiali ritengono che non si possa né si debba fare. Al di là delle parti in cui è organizzato, questo è un libro “dialogico” nel senso etimologico del termine: si tratta di mettere a confronto, in relazione, appunto in “dialogo” (ma un dialogo profondamente asimmetrico”) due forme di ragione: da una parte quella del “Vecchio” (che sarebbe Dio,se D’Ormesson resistesse alla tentazione – e non ci riesce, anzi non vuole affatto riuscirci: qui sta il sale del gioco) d’identificarsi con Lui e di prestarGli la sua voce e le sue idee), dall’altra quella del mondo e dell’umanità, con le loro due distinte ma intrecciate rispettive storie. D’Ormesson resta affascinato, tra l’altro, dal mistero della storia dell’uomo e della sua progressiva presa di autocoscienza. Il genere umano è nato in Africa alcune decine di migliaia di anni fa, quando ormai il Big Bang originario – la Creazione?... - si era prodotto da milioni di anni e i dinosauri erano estinti da moltissimo tempo. E difatti abbiamo per millenni ignorato che la terra era stata calcata da quei grandi sauri, stranamente (...stranamente?...) molto simili peraltro ai draghi presenti in tante mitologie, mentre adesso sappiamo parecchio di loro: la verità affiora meglio alla distanza, chi vive molto tempo dopo una certa epoca riesce paradossalmente a saperne molto di più di quelli che hanno vissuto in tempi più vicini ad essa. Simpatico delirio di onnipotenza, questo di un uomo – sia pure un ultraottuagenario di successo, lucidissimo e per giunta accademico di Francia – che gioca a pensare e perfino a sognare come egli immagina che pensi (e che sogni)

cultura

Dio? Un elemento ludico, in questo libro, c’è senza dubbio: non a caso, D’Ormesson non esita a palesare esplicitamente la sua antipatia per la saggezza: dome ha dichiarato in un’intervista concessa ad Anais Ginori, “Non smetto di prendermi gioco di me stesso e degli altri. La vita è un sogno e la cosa migliore è riderne”. Il Dio di D’Ormesson è divertente e dissacrante al pari di lui: ride, gioca, a volte magari si arrabbia, specie con i “coglioni” (sic) che ritengono di possedere con certezza la verità, di averla in tasca, e magari credono che con la scienza, il raziona-

lismo e la tecnica si possa arrivare dappertutto. Ecco perché in un certo senso questo libro si arresta dinanzi a quel che l’uomo non può capire e che Dio non vuol rivelare, il “muro di Max Planck”, l’istante successivo all’esplosione originaria (il Fiat Lux), i famosi 10 secondi elevati alla quarantatreesima potenza al di là dei quali la nostra scienza non riesce a penetrare. Ma lì comincia davvero l’Altro Mondo: quel che era prima che tempo e spazio esistessero, quel che sarà dopo, la realtà inconoscibile dei Novissima, la Vita oltre la Vita il cui oggetto è inattingibile e inesplorabile ma appartiene solo alla fede “sustanza di cose sperate” o alla fantasia.

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Nella misura in cui questo è un libro di storia, anzi il racconto sintetico – non cronologicamente, bensì labirinticamente disposto – della storia universale del genere umano, è logico e giusto che se ne tragga una lezione, appunto, storica. Essa consiste (come chiaramente emerge dai commenti che Dio-D’Ormesson le dedica) in un’assoluta arbitrarietà e in una totale mancanza di senso della storia sotto il profilo immanente. Ciò equivale a un’irrevocabile condanna nei confronti della Modernità che, negando qualunque senso al mondo e alla vita ridotti ad incidenti nell’arco di una natura deterministicamente intesa, si è attestata sulla pretesa esistenza di un senso immanente da conferire alla storia, di una sua “ragione”: e sono nate le filosofie neohegeliane e collegate con esse le ideologie che appunto ciò sostenevano. D’Ormesson ne denunzia, con lieta levità, l’inconsistenza. Detto cioè per concludere, va tuttavia aggiunto che il cristiano lettore del libro del cristiano D’Ormesson si sorprende a stupirsi per l’immaginario veterotestamentario-pagano che quest’inteletturale anziano abbia di Dio,eterno e quindi “vecchio” in un certo senso come lui. Un Dio “vecchio” è un Dio soltanto divino. Per colloquiare con l’umanità, non sarebbe stato più ovvio e facile – da cristiani – immaginare un Dio giovane, un Dio che ha esperienza diretta anche della natura umana in quanto ne è compartecipe, vale a dire Gesù? E il “sogno” del Dio giovane, la storia da Lui immaginata,non avrebbe potuto essere diversa? D’Ormesson potrebbe forse rispondere a tale domanda riscrivendo questo suo libro con la variabile del Cristo quale protagonista. Località S. Antonio Abate: duplex di nuova costruzione di totali Mq 170 con giardino privato e taverna. Garage, posto auto, riscaldamento a pavimento, tapparelle elettriche. Piano terra composto da ingresso, soggiorno con angolo cottura, 2 camere e bagno, tavernetta collegata internamente composta da zona giorno, camera da letto, bagno e ripotiglio. Garage con accesso diretto in taverna. Predisposizione camino.

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sport

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Urbano si impone in Austria A distanza di sette mesi dalla performance in terra francese, il pugile vastese Domenico Urbano è tornato vincitore dall’Austria dove, a Stadthalle Steyr, per la 14esima edizione dello ‘Steyrer Boxgala’, ha battuto il pugile Ivan Duvancic che ha dodici match al proprio attivo ed è considerato tra i migliori giovani a livello europeo. All’ex campione dei pesi piuma dell’Unione Europea, ora, si potrebbero aprire delle porte, al punto che salirebbe sul ring per titoli per i quali nessun pugile abruzzese ha mai combattuto. Preferisce non parlarne ancora ma, in cuor suo, spera di tornare a combattere in Italia nel 2012, dopo i tre anni di lontananza ‘forzata’. Riguardo all’incontro con Ivan Duvancic, durante il quale ha avuto l’assistenza di un team di cinque persone, a dimostrazione che all’estero è abbastanza considerato, Domenico Urbano ha battuto l’avversario al termine degli otto round per un match duro: “Si è rivelato un buon pugile - ha affermato il campione abruzzese - e, proprio per la sua giovane età, avrà un sicuro avvenire. Fisicamente è poco più grande di me, quindi non ha avuto difficoltà a iniziare la gara subito con colpi lunghi, tenendomi distante, però l’ho colpito ai fianchi e si è calmato, tant’è che, messomi al centro del ring, sono riuscito a controllarlo fino a ottenere la vittoria finale. Era la prima volta che combattevo in Austria: gli organizzatori hanno espresso soddisfazione per come sono andate le cose, quindi sono particolarmente entusiasta”. Domenico Urbano scalpita per tornare a salire sui ring italiani, magari nella sua Vasto: “Qualcosa bolle in pentola - dice -, dovrei combattere a breve per un importante titolo. Intanto, sto cercando qualche sponsor; non è facile, anche se di promesse ne ho ricevute tante. L’Amministrazione comunale della mia città, invece, neppure a parlarne. Mi

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sento sempre ripetere da qualche assessore che c’è crisi. Non so se considerarmi sfortunato per qualche motivo che non conosco,”. Poca considerazione, insomma, nei confronti di un pugile che è stato l’unico abruzzese a conquistare il primo posto in una classifica europea e a difenderlo per ben quattro volte. “Ho portato alto il nome della mia città riprende Domenico Urbano - e non solo, però non ho mai potuto combattere a Vasto. Sembra assurdo ma è così. Per due volte, addirittura, il mio manager è andato a parlare con gli attuali amministratori ma senza concludere nulla. Senza fondi e aiuti, con i termini imposti dall’Ente Europeo oramai scaduti per difendere il titolo pesi piuma dell’Unione Europea, ho dovuto rinunciare e il titolo mi è stato tolto ‘a tavolino’. Vasto, seppure indirettamente, ha contribuito a quello che considero una disfatta per tutto l’Abruzzo”. Tanta amarezza per un sogno che si è infranto, ma Domenico Urbano saprà risollevarsi, ne siamo convinti. Michele Del Piano

Volley B2 femminile:

la Bcc San Gabriele Vasto Volley batte il Casoli

Spicca il volo la Bcc San Gabriele Vasto Volley che, per l’ottavo turno di andata del campionato femminile di B2, girone H, ha ottenuto la seconda affermazione di fila, che segue quella della scorsa settimana a Potenza, battendo tra le mura amiche, nell’atteso derby di giornata, la Csa Group Pallavolo Casoli: 3-1 (25-16, 25-17, 21-25 e 27-25) il risultato, al termine di una gara che non ha certo fatto annoiare il pubblico della palestra di via Silvio Pellico. Le ragazze di Ettore Marcovecchio hanno brindato anche alla seconda vittoria interna, dopo quella che ha dato il via alla stagione. Riprende quota, dunque, la compagine biancorossa che ha fatto la parte del leone nel match sempre particolarmente sentito nell’ambiente. Un successo e tre punti d’oro per Laura Delli Quadri e compagne che si pongono in lidi più tranquilli nella classifica generale. Sfolgorante l’avvio di partita della Bcc San Gabriele che surclassa le avversarie aggiudicandosi nettamente le prime due frazioni, chiuse con i punteggi di 25-16 e 25-17. Nel terzo set escono allo scoperto le casolane che conquistano il punto del 2-1 sul 25-21. Avvincente il quarto periodo che le padrone di casa hanno condotto in porto a proprio vantaggio, piazzando la palla finale del 27-25 per il tripudio e la legittima e piena gioia degli sportivi e tifosi che non hanno fatto mancare il loro calore alle ragazze del presidente fratel Michele Ciaffi. In classifica la San Gabriele sale a quota 9 punti, con cinque formazioni alle spalle. MDP


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Le carte vastesi Da un’idea di Giuseppe Tagliente e dal magistrale pennello del maestro Pier Canosa, sono nate le Carte de lu Uaste, le carte da gioco vastese. Si presentano con i tratti di una complessiva ed originale rivisitazione delle classiche Napoletane, ispirata a motivi di carattere localistico. “Lo scopo dell’iniziativa – hanno dichiarato gli autori - è di rinsaldare il senso dell’appartenenza alla meravigliosa comunità umana vastese”.

Auguri Cristopher Il 3 dicembre ha compiuto 2 anni il piccolo Cristopher Elia. “Tanti auguri per la seconda candelina”. Buon compleanno da mamma Daniela e papà Enzolino e in particolar dal nonno, il cavalier Enzo.

I presepi di Francesco Di Cicco Il Francesco Di Cicco propone i presepi da lui realizzati nella mostra allestita presso la sala Vittoria Colonna di Palazzo d’Avalos. Fino a domenica, 11 novembre, dalle 18 alle 22, sarà possibile ammirare i presepi da lui realizzati.

Ragazzi down “Ugualmente Artisti“ Continuano frenetici i preparativi dell’ARDALUCEDOWN di Vasto per i gli eventi pubblici che si terranno prima di Natale

Musica Una Città in Musica Dal 27 al 29 gennaio si svolgerà la rassegna musicale “Una Città in Musica”. I gruppi o i singoli che intendono partecipare devono inviare tre pezzi, almeno uno dei quali inedito. La selezione sarà fatta da una commissione qualificata di esperti professionisti del settore musicale presieduta dal Prof. Luigi Murolo. Giorno di scadenza delle iscrizioni 6 Gennaio 2012. Al 1° classificato sarà consegnato il premio “ADESSO”, opera originale dello scultore vastese MARIO PACHIOLI. A presentare l’evento saranno Viviana Ciccotosto e Francescopaolo D’Adamo. Della manifestazione verrà prodotto un cd i cui proventi verranno devoluti alla missione salesiana di Nairobi (Kenia). Ideatore della manifestazione è Basso Ritucci detto Lucio. Comitato Organizzatore è composto da Franco Sorgente, Dott. Luigi Dell’Oso, Nicola Della Gatta, Justine Sorton, Leonardo Barone, Reporter Nicola Cinquina, Roberta Altieri, Cesare Pollutri, Graziella Mercogliano. Info 340.7027497. Mail : bassoritucci@live.it

Gianluca Catania neo avvocato Davanti al Tribunale di Vasto (presidente Laura D’arcangelo; giudici a latere Michelina Iannetta, Fabrizio Pasquale; Procuratore capo della Repubblica Francesco Prete), ha prestato il giuramento di rito Gianluca Catania, presentato dal Presidente dell’ordine Forense avv. Nicola Artese. Al neo avv. Gianluca giungano gli auguri per una brillante carriera forense dai genitori Alba e Franco Catania, dalla sorella Annarita con il marito Gianni, dal fratello Raffaele con la sposa Dona, dallo zio Giuseppe giornalista e dal nostro giornale.

Cordoglio

Monteodorisio. L’8 dicembre è salita in cielo Maria Lacanale 90 anni di vita umile e laboriosa! con le sue mani d’oro, quando non esistevano pranzi al ristorante, preparava feste di matrimoni e comunioni ed era sempre lei ad insegnare i dolci tipici. Ciao za’ Marì, te ne sei andata in punta di piedi,ma rimarrai sempre viva nei nostri cuori. I tuoi nipoti


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