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quali gradini, porte troppo strette, percorsi pedonali disagevoli, ecc. Non è questa la sede per fare una ricostruzione puntuale del processo che ha portato alla formulazione di questa policy; basti qui schematizzarne quattro fasi distinte: una fase di studio del problema in cui, grazie all'attenzione di specialisti diversi, si sono individuate le possibili soluzioni tecniche (siamo alla fine degli anni '60); una fase di prima traduzione di queste indicazioni tecniche in progetti politici (circolari e comunicazioni dei vari ministeri interessati), fino alla formulazione della Legge n. 118 del 30 marzo 1971, il cui articolo 27, dedicato alle barriere architettoniche ed ai trasporti pubblici, fissava in un anno il limite massimo di tempo per la promulgazione del regolamento di attuazione della legge stessa; una fase in cui, tra consultazioni interministeriali e crisi di governo, si sono accumulati 6 anni di ritardo sui tempi previsti prima di arrivare al DPR n. 384/1978 contenente il regolamento di attuazione; una fase, non ancora conclusasi, in cui si aspettano i risultati ed i cambiamenti che questa legge doveva portare nel panorama cittadino. Infatti, dopo un travagliato processo di formulazione, non si può certo affermare che i risultati siano stati proporzionali alle aspettative o, quantomeno, al tempo trascorso. Le poche statistiche esistenti (parziali e riguardanti solo poche città come Firenze, Bologna, Milano e Varese) mostrano infatti in maniera evidente il dato della scarsa attuazione della normativa, dato facilmente estendibile a tutto il paese.

Le speranze suscitate dalla politica regolativa in esame sono sfumate ad un tal punto da tendere necessario, a livello locale, un nuovo impegno da parte delle associazioni di rappresentanza degli interessi (organizzazioni di handicappati, cooperative di lavoro, ecc.) e dei gruppi di volontariato per la promulgazione di nuove leggi. E' questo il caso ad esempio della Lombardia, dove è stata presentata una Proposta di legge di iniziativa popolare, e dove, ancora più recentemente, è stato approvato in materia un progetto della coalizione di maggioranza. L'inquinamento marino. La seconda policy di cui ci occupiamo è quella relativa all'inquinamento delle acque marine. In questa sede non intendiamo fare una panoramica delle leggi che interessano lo stato di salute dei mari attorno all'Italia, o ricostruire le alterne fortune vissute dalla legge Merli, che è il principale strumento per la tutela del patrimonio idrologico italiano e che, proroga dopo proroga, non è ancora completamente applicata. Ciò che invece maggiormente ci interessa è individuare dei casi emblematici utii alla costruzione di una tipologia delle logiche di implementazione delle politiche regolative. A tale scopo utilizzeremo la polemica scoppiata nella primavera-estate 1985 riguardante i divieti di balneazione sulla riviera adriatica, prima prescritti e poi aboliti. Processi simili sembrano del resto riproposti in continuazione: si pensi alle allarmanti analisi batteriologiche compiute nell'estate 1986 per la riviera ligure ed il basso Tirreno, i cui risultati sono stati pubblicati da nume63


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