• Hey Leonora!

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Hey Leonora!

Drinklist, catalogo e doveroso omaggio

A Prim, la bambina che divenne Leonora Carrington.

Figlia di un ricco industrale e una donna irlandese legata al folklore della sua terra, nell’aprile del 1917, la piccola Prim, vede per la prima volta la luce. Questa è la storia del suo percorso, di come crescendo sia diventata Leonora Carrington.

Già da giovanissima, come si conviene a una bambina della sua classe, riceverà una solida e severa formazione, legge autori classici inglesi e li rielabora in scritti influenzati da figure animali stravaganti, nati dalla fusione della sua fantasia e dei racconti delle leggende raccontatele dalla madre.

I genitori, vogliono una donna in linea con il costume dell’epoca e la iscrivono in un collegio cattolico, ma le preghiere non domano i ribelli. Il rifiuto delle imposizioni borghesi, delle norme, della sottomissione, costano un’espulsione che sa di libertà.

Ha appena 15 anni, Leonora, quando per farle completare gli studi lontano dalle dicerie ormai sparse negli ambienti altolocati inglesi, i genitori la iscrivono in un’accademia d’arte Italiana, a Firenze. Lì, scopre pittori rinascimentali che le regaleranno ispirazioni nuove per l’uso del colore e delle proporzioni, Leonora smette il ribellismo caotico per scegliere la via definitiva, alla luce di quei quadri splende di riflesso, vuole essere un’artista e farà di tutto per diventarlo. La risposta della famiglia, per bocca del padre non si fa attendere: Non sei una vera artista, in tal caso saresti stata povera o omosessuale, crimini che fra l’altro si equivalgono.

Leonora però insiste senza darsi pace e la spunta, si iscrive ad una scuola d’arte rinomata di Londra, diretta da Amédée Ozenfant. Un accademia rigida che la mette a dura prova, per un anno, l’unico esercizio sarà ridisegnare una mela con una matita a carboncino. L’ambiente è saturo di norme e cavilli, ancora, di nuovo, ma Leonora non demorde perché ha un destino da compiere.

Nel 1936 a Londra, durante un’esposizione surrealista incontra Max Ernst, l’amore è ineluttabile, lei, raccontando dell’episodio disse: l’ho amato, guardando i suoi quadri ancor prima di incontrarlo.

Lui, resta folgorato da questa ragazzina ribelle, fiamma viva e inarrestabile. I due non potrebbero essere più diversi, non potrebbero essere più vicini. Due anni dopo si trasferiscono in Francia, non senza provocare e provocarsi dolore. Ernst lascia la moglie, Leonora taglia ogni possibile ponte col padre che la ripudia. Partecipano assieme a mostre internazionali surrealiste e infine si trasferiscono in una villa in un villaggio della Provenza.

Un periodo seppur breve di amore, condivisione e creazione artistica. A tal proposito va detto che Leonora entra nel pantheon dei surrealisti ma ne prende polemicamente le distanze.

Avrà da dire in merito: Anche se le idee dei surrealisti mi attiravano, non mi piace che oggi mi classifichino come surrealista. Preferisco essere femminista.

E ancora: Essere una donna surrealista significava, per lo più, preparare la cena per gli uomini surrealisti.

L’idillio amoroso viene spezzato dalla seconda guerra mondiale, la Francia e la Germania si fronteggiano e Max Ernst, di origini tedesche, per quanto dichiaratamente antifascista viene incarcerato dal governo francese, sospettoso nei suoi confronti. Leonora viene distrutta da questa esperienza che la lascia sola e disperata, la sua psiche crolla, resiste a malapena fino al primo rilascio del suo amato, che verrà ricatturato e internato poco dopo. È il colpo fatale per Leonora che ha un crollo psichico, cede la casa in cambio di un permesso di espatrio che la porterà in Spagna dove viene ritenuta pazza e internata.

Dopo alcuni mesi, su insistenze della famiglia con la quale aveva sparuti contatti ma non l’aveva dimenticata, viene dimessa. Una vecchia governante cerca di recuperarla con l’intenzione di portarla prima a Lisbona e poi in una clinica psichiatrica in Sud Africa. Leonora si finge accomodante, fino a quando non trova l’occasione di scappare e far perdere le sue tracce. Incontra Renato Leduc, un diplomatico conosciuto in passato a Parigi, che le propone un lasciapassare per gli Stati Uniti se lo sposa. Accetta.

Rincontrerà per caso Max Ernst solo nel 1941, reincrociandolo in un mercato di Lisbona, troppo dolore ha attraversato le vite di entrambi e l’amore è ormai spento ma resteranno legati da una profonda amicizia.

Nel 1942 Leonora abbandonerà gli Stati Uniti per il Messico, come altri colleghi fra cui l’amica Remedios Varo, da lì a poco lascerà Leduc per trovare un nuovo amore nel fotografo Emerico Imri Weisz, questa esperienza, la maternità e la cultura messicana hanno un effetto ravvivante nello spirito di Leonora, che trova nuova forza e nuova ispirazione. Passano poco più di dieci anni e prima il mercato Statunitense e poi quello Messicano riscoprono il valore dell’artista. Al punto che in poco tempo, il Messico, trova nell’operato della Carrington un’espressione rappresentativa della propria storia artistica, un esempio contemporaneo della propria cultura. Leonora viene adottata e elevata a modello. Al di là dei capricci del mercato, Leonora continuerà per tutta la sua vita la produzione artistica, espressa sotto forma di romanzi, piece teatrali, sculture e opere pittoriche, un fiume in piena mai domo.

Una vita dedicata alla ricerca intima e personale fusa alle vicende umane globali, nella sua lotta per emergere, nella ribellione agli stilemi sociali, nel suo ruolo di donna nell’arte c’è qualcosa di più profondo di una sola vicenda personale. Ci siamo tutti, ci se tu, ci sono io.

Leonora muore nel 2011 a Città del Messico, così facendo diventa immortale.

Questa drinklist è un piccolo omaggio. A sei artiste è stato chiesto di reinterpretare alcune delle opere pittoriche di Leonora Carrington, ispirando a loro volta i drink proposti, pensati come tappe del percorso qui sintetizzato. Prim non è in queste due pagine, ci siamo limitati a dare delle tappe, dei punti di riferimento, l’invito è ad approfondire questa storia oltre questo menù.

The Ermin Hunt Nadia Errico Illustrazione digitale

Legamento 8

• daisy, coppetta, miele •

Gin

Liquore di arancia al cocco

Cordiale al tè verde

Miele di castagno

Prim 7

• sour, coppetta, caramello •

Rum

Panna

Limone

Caramello

L’infanzia

Untitled

Francesca D’Apollo

Illustrazione digitale

Colombina 7

• long drink, tumbler alto, pompelmo •

Bitter

Tequila reposado

Lime

Soda al pompelmo

Crusta di sale e paprika

Educazione italiana 7

• americano, tumbler basso, chinotto •

Bitter

Nero di troia forte

Chinotto

Rinascimento italiano
Portrait of Max Ernst Arcangela Dicesare Illustrazione digitale

Amour fou 7

• fizz, tumbler alto, spezie •

Pisco

Elisir di erbe

Lime Sciroppo

Soda al pompelmo

Controvento 7

• long drink, tumbler alto, grappa •

Grappa

Limone

Salvia

Tonica

Max il mago e Leonora la strega
Self portrait Debora Cicconetti Tecnica mista

Villeggiatura francese

Kalimucho 15

• drink da tavolo, caraffa, cola •

Cola homemade

Vino rosso

Aperitivo alla genziana

Bici arancione 15

• drink da tavolo, caraffa, arancia •

Birra blanche

Cordial di arancia

Bitter falernum

Tre quartine 15

• drink da tavolo, caraffa, vaniglia •

Gassosa alla citronella e vaniglia

Vino bianco

Olio di cocco

Spider Alessia Di Brisco Olio su tela

Monsieur Mimì 7

• all time, coppetta, umami •

Amaro al rabarbaro

Bitter

Carota

Madame Giltine 8

• old fashion, tumbler basso, mezcal •

Mezcal Centerbe

Creme de cacao

Down below

Untitled Angelica Ferrara

Illustrazione digitale

Chica no, lady nemmeno 7

• spritz, calice, pesca •

Tequila

Liquore alla pesca e chiodi di garofano

Vino frizzante

Soda

Gazpachita 7

• bloody’s, tumbler basso, pomodoro •

Succo di pomodoro

Vodka alla rucola

Chutney al mango

Salsa di Soia

Tabasco

Messico

Il Lazy Cat è un dopolavoro, un circolo di affaticati in pausa, il riposo del giusto elevato a baretto. Non cerchiamo emozioni forti, la folla in festa e i treni in corsa, qui ci si rilassa, si racconta e si ascolta. E si beve.

Prenditi cura del tuo prossimo, anteponi la premura alla fretta, non urlare e non pretendere come fosse dovuto.

Qui tutti hanno diritto a essere ciò che sono, responsabili delle proprie affermazioni e delle proprie azioni.

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