Giornalino n°76 - Eccoci Mamma!

Maggio

! a m m a M , i Eccoc

2021 N° 76

Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n. 46) art 1, comma 1, LO/CO N. 64 - Maggio 2015

SEMPRE CON TE, MAMMA! Carissimi, che gioia grande potermi sentire accolto da ciascuno di voi con tanto affetto, anche attraverso le pagine di questo primo giornalino del 2021!

Innanzi tutto grazie per la preghiera con cui mi accompagnate e sostenete in questo cammino, che l’età rende, seppur con tante sofferenze, ancora più prezioso e abbandonato a Dio! Quanti anni trascorsi insieme!

Grazie Dio! Grazie, Mamma!

Mi siete tanto cari e vi voglio bene perché avete accolto, con la Comunità di Maria, il desiderio della Mamma: dare vita a Radio Mater, “la radio che porta la Chiesa in casa e che tutti riunisce nell’amore, come una sola famiglia”.

Che mistero! che stupore, c h e g i o i a n e l l ’e l e v a r e quotidianamente il nostro ECCOCI che ci apre a Dio, che infonde in ciascuno di noi la gioia della vita e ci rende capaci, come figli, di testimoniare, diffondere e vivere la fraternità, la Carità.

Come ho precisato a Mons.

Russo, Segretario Generale della C.E.I. e al nostro Arcivescovo, Mons. Delpini, la Mamma ha voluto dimorare nelle fragilità e debolezze della Comunità di Maria, chiedendo ai Suoi volontari di accogliere la

“missione radiofonica”, per annunciare e percorrere la strada dell’Amore, che genera comunione.

servizio, fino ad oggi offerto da tutti noi in Radio Mater.

Ho accolto, come Ministro della Santa Madre Chiesa, in unità con i Soci delle due Associazioni, (come testimoniano gli scritti), in umile sottomissione le modalità richiesteci, riconoscendo che questa proposta potrebbe assicurare e garantire più facilmente il ritorno alla ordinaria gestione nel futuro della missione evangelizzatrice di Radio Mater, che è sempre stato quello di “portare la Chiesa in casa e tutti riunire nell’amore, come una sola famiglia!”

Che gioia offrire gratuitamente e quotidianamente la propria vita nel servizio, perché “trionfi il Cuore Immacolato di Maria!” .

L a Mamma ha chiesto l’abbandono di noi stessi a Dio, per divenire testimoni coraggiosi, tenaci, distaccati dalle sicurezze terrene e dalle comodità, facendoci scoprire il valore prezioso della preghiera, dell’unità, della fraternità, dell’accoglienza, della carità.

Ecco perché possiamo testimoniare che la Grazia si è incarnata nelle nostre povertà di soci fondatori, nelle nostre incompetenze e, anche nei momenti di maggior difficoltà, riponendo la nostra fiducia in Maria, la Provvidenza ha educato la nostra volontà a superare paure, ostacoli, facendoci perseverare nella fede, nella carità”.

SEMPRE CON TE, MAMMA!

Voi lo sapete, miei cari che, sin dall’inizio, il nostro cammino non ha voluto mai pr e s c inde r e dall’e s s e r e autenticato e benedetto dalla Santa Madre Chiesa, come testimoniano i numerosi scritti inviati nel corso degli anni.

Con il cuore rivolto al cielo e immerso nelle viscere e nel fervido amore per la Santa Chiesa Madre e Maestra, ho rivolto a lei, anche nel periodo della pandemia questo appello: “...come figlio sto soffrendo fino alle lacrime perché non posso sottovalutare le difficoltà che, dopo 26 anni, la radio sta vivendo e, pur sapendo che la Provvidenza non cesserà di operare, mèndico un immediato aiuto, per superare le problematiche di questi mesi drammatici ed angosciosi, al fine di onorare gli impegni assunti.

Più che mai ci giungono appelli, perché la radio non chiuda, più che mai c’è fame in ogni uomo di preghiera, di Verità, più che mai c’è sete di fraternità e di carità.

Pur sapendo che la missione apre il cuore alla Croce, vi supplico, con tutte le mie forze: non lasciate morire Radio Mater!

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Prendetevi cura anche di questa “voce di Maria “per portare a compimento questa misteriosa missione, che è chiamata ad aiutare e nutrire i figli di Dio. Con un eventuale aiuto e c o n o mic o, c h e at t e n d o fiducioso, torno a supplicare che, della vita di Radio Mater possano essere incaricati due Sacerdoti (rappresentanti della C.E.I. e dell’Arcidiocesi di Milano) che fondino cuore, ragione e Grazia in questa missione, che diventino garanti della comunione ecclesiale e della sua trasparenza, per camminare gioiosamente insieme, per pascere il gregge di Dio, per incoraggiare, per essere benedizione e cibo per le anime chiamate all’ascolto”.

Cara famiglia di Radio Mater, purtroppo, non è stato possibile per la Chiesa assumersi “ l’aiuto economico”, viste le difficoltà che anche la stessa sta vivendo.

Dal dicembre 2020, allo scadere del nostro Consiglio Direttivo, la Segreteria Generale, l’ Arcidiocesi di Milano, hanno messo a punto una proposta operativa, costituendo , in via provvisoria, per un anno, un unico Consiglio di Amministrazione sia per la Comunità che per Radio Mater, formato da Mons. Pirovano, Decano di Erba, dr.ssa Alessia Caricato di Roma e don Michele Porcelluzzi, dell’Arcidiocesi di Milano.

Mons. Pirovano, che mi rappresenta, conosce e segue, sin dall’inizio la vocazione e la fedele risposta ecclesiale del

Ho inoltre rivolto questa supplica, alla Santa Madre Chiesa: “ ...Sin d’ora depongo nel Vostro cuore, con umile e serena fiducia, questo progetto evangelico, questa famiglia, affidando l’unità sia dei collaboratori che mi sono accanto come figli e fratelli, che degli ascoltatori, perché, nella specifica spiritualità mariana e gratuità, tutti, per amore di Dio, si sia al servizio della Verità, innamorati della Carità e di coloro che percorrono i sentieri del patire e che la Mamma chiama all’ascolto“.

Ora, carissimi, depongo anche nel cuore di ciascuno di voi che state leggendo, la missione di pregare per il nuovo Consiglio, affinché lo Spirito Santo illumini e ispiri coloro che il cielo ha chiamato, per custodire “ ascoltare e accogliere” questo misterioso progetto evangelico, questa famiglia.

Come sempre, miei cari, ho voluto “a cuore aperto” rendervi partecipi di ogni evento.

Decidiamo insieme, vi prego, di tenere sempre unita la nostra famiglia, di avere fiducia, di essere fedeli nel dono reciproco di un amore capace di accogliere e costruire ogni giorno il Regno di Dio! Grazie! Rimanendo in preghiera, vi benedico con tutto il cuore!

Coraggio, carissimi, avanti…

Gesù e la Mamma ci amano!

Insieme eleviamo il nostro ECCOCI! Vostro don Mario

Mons. Angelo Pirovano, prevosto di Erba, decano del Decanato di Erba, presidente del Consiglio di Amministrazione di Radio Mater, ci invita in questo mese di maggio a ravvivare la nostra devozione mariana

Maria Santissima, madre e modello di ogni vocazione

L’inizio della sua risposta di fede lo possiamo vedere nell’episodio evangelico dell’annunciazione (Lc 1,26-38): lì è la vocazione di Maria, la chiamata a diventare la madre del Figlio di Dio; a questa chiamata Ella risponde con un sì pronto, nel quale vi è tutta la sua fede.

Non solo quell’episodio della vita di Maria, ma ogni momento della sua esistenza è la risposta della fede all’iniziativa di Dio. Tutto in Maria è coinvolto in questa risposta, tant’è che ne rimane profondamente colpita e formata; Ella vive nell’ascolto della Parola di Dio, un ascolto che manifesta la sua totale sintonia con una Parola, che le è stata rivelata fin dalle origini.

L’incarnazione del Figlio di Dio è passata per la libertà di Maria, è stata possibile per la sua risposta libera. La libertà però non è prerogativa esclusiva di Maria; non è l’unica creatura a poter esercitare la libertà. Anche a noi è stato fatto questo immenso dono, perché pure a noi Dio si rivolge con la sua Parola. Alla Parola segue, nella libertà di una risposta personale, unica e irrepetibile, la nostra adesione, l’adesione di ogni cristiano, l’adesione di tutta la Chiesa, di cui Maria è immagine.

Maria è anche il modello di come l’ascolto della Parola di Dio, se autentico – ed è autentico nella misura in cui la Parola viene interiorizzata –, cambia la vita e diventa apertura a Dio e

del mistero di Gesù e la sua fede. Il momento più drammatico sarà ai piedi della croce e sarà la prova suprema della sua disponibilità. Ma, al tempo stesso, Maria non si perderà mai di coraggio, saprà guardare in alto e in avanti con fiducia. Ai piedi della croce Maria viene costituita madre della Chiesa, di noi tutti quindi.

Mons. Angelo Pirovano

apertura agli altri, che nell’amore trovano il loro programma.

L’adesione di Maria alla Parola di Dio si manifesta nella risposta della fede, della speranza e della carità.

E Maria, con il suo esempio, indica a noi la medesima strada.

Di fronte a Lei e al suo esempio di vocazione ci prende un senso di sbigottimento per la nostra inadeguatezza, ma al tempo stesso ci sentiamo affascinati.

Anche la nostra vocazione troverà in queste due costanti, la disponibilità incondizionata e la fiducia coraggiosa, il segreto della sua piena realizzazione. La disponibilità ci porterà a guardare con realismo quei fatti più grandi di noi, che troveremo sulla strada della vocazione. Dovremo adattarci, credere, saper aspettare.

Ma dovremo anche guardare alla nostra vocazione con tutta la fiducia e l’entusiasmo che merita l’iniziativa di Dio, ogni iniziativa di Dio.

La vocazione di Maria si realizza nel contesto di un’intesa personale con Dio. Anche per noi il rapporto personale con Dio è il terreno su cui far fiorire la nostra vocazione. L’iniziativa parte sempre da Dio.

Maria Santissima è obbe- Lui saprà sciogliere ad una ad diente alla Parola di Dio. La sua una le nostre difficoltà, le nostre è un’obbedienza che ha anche obiezioni, le nostre resistenze. i tratti della familiarità, la famiMons. Angelo Pirovano liarità con la Parola di Dio, che appare in modo evidente nel Magnificat.

Maria ci mostra, nel cammino della sua vocazione, un duplice atteggiamento: la disponibilità senza condizioni a Dio, da una parte, e l’entusiasmo fiducioso, dall’altra.

Maria la ritroviamo nel tempio; lì si sentirà dire da Simeone che una spada le trafiggerà l’anima. Durante la vita pubblica di Gesù, Maria si terrà in disparte, maturando nella discrezione la sua conoscenza

Madonna di Fatima

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Maria Santissima, madre e modello di ogni vocazione

A Dio che chiama si risponde con la fede. Maria Santissima è un esempio grande di obbedienza nella fede. Maria è madre, la madre del Figlio di Dio. Quale creatura, più e meglio di lei, avrebbe potuto rispondere a Dio, che la chiamava a diventare la madre del suo divin Figlio, con un sì generoso e fedele?

Sorella Annamaria delle Figlie della Madre di Gesù del Movimento G.A.M. Ardente Mariana), che conduce a Radio Mater il quarto martedì del mese alle ore 12,20 la rubrica “Consacrali nella verità; Lettera ai Tessalonicesi di Don Carlo De Ambrogio”, ci offre una meditazione su Maria nel mese di maggio.

Nel mese di Maggio ritorniamo a Maria Il Mese di maggio è il mese dei fiori, ma è anche il mese dedicato a una devozione mariana tutta particolare. Nel secolo scorso, dire maggio significava, per la maggior parte delle famiglie italiane, pensare a quel particolare appuntamento che ogni sera radunava i fanciulli con le famiglie sia in casa, sia in chiesa o davanti ai ‘Capitelli’.

Una cosa normale…

Nel mese di Maggio ritorniamo a Maria

Ora non più. Sono rimaste però le pubblicazioni con titoli significativi, che invitano a non lasciar cadere questa dolcissima pratica.

E perché? Il mese di maggio è trapunto di feste mariane: l’8 maggio, festa della Madonna di Pompei; il 13 maggio, ricorda la prima apparizione della Madonna ai pastorelli di Fatima; il 24 maggio, festa di Maria Ausiliatrice, voluta da S. Giovanni Bosco, ricorda anche la nascita del Movimento mariano del G.A.M. (Gioventù Ardente Mariana).

Maria, aiuto dei cristiani, viene anche celebrata dalla Liturgia feriale come festa di Maria, Madre della Chiesa. Il 31 maggio, festa della Visitazione: Maria, incinta miracolosamente del Bambino Gesù va a far visita alla parente Elisabetta, per aiutare, durante la straordinaria gravidanza della cugina, l’anziana parente. In questa festa, Maria canta il Magnificat, l’inno di grazie consegnatoci dal Vangelo di Luca.

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immadine di Maria Thetokos, protettrice del gruppo GAM

Ecco tre impegni che ognuno di noi può eseguire in questo mese dedicato alla Vergine santa.

Sono facili e brevi.

1) CONSACRAZIONE • L a p i ù c o r t a , s e m p r e voluta e raccomandata dalla Mamma Celeste, è quella inventata dal Santo Papa Giovanni Paolo II: TOTUS TUUS, Sono tutto tuo, oppure: Sono tutta tua, o Maria • Un’altra formula altrettanto breve, che possiamo esporre in casa con il quadretto della Madonna dell’Ulivo, è quella diffusa dal Servo di Dio don Carlo De Ambrogio: “Noi tutti qui riuniti in questa tua casa, ci consacriamo o Mamma, al tuo Cuore Immacolato e Addolorato. Tienici sempre amorosamente per mano”.

• Una terza, anche abbastanza breve, composta il primo giorno del nuovo anno, diceva così: O Maria, Madre di Dio e della Chiesa, a gloria del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, noi desideriamo esistere e agire, vivere e morire, gioire e soffrire, nel tuo CUORE DI MAMMA! • Preghiera della Mamma Celeste al Padre, nella notte del maggio GAM 1975: Padre santo, ecco la nuova schiera giovanile celeste, che questa notte ti giura fedeltà a tutta prova. Guardali con il tuo sguardo benigno e concedi loro la grazia di avere nei loro occhi, nel loro sguardo, la mia freschezza, la mia dolcezza, il mio amore, cosicché conservando questi grandi doni di purezza, possano guardare tutti in profondità: i loro amici, le loro amiche e portare tutti al tuo Cuore paterno. Padre Santo, Tu mi hai dato la gioia di consacrarli al mio Cuore Immacolato; preservali da ogni male, difendili dal Maligno; dona, con la tua Forza,

Don Carlo D’Ambrogio, fondatore del gruppo GAM

anche la mia forza materna e l’aiuto di tutte le schiere angeliche. Amen 2) ROSARIO • Per il Rosario ci occorrono almeno due strumenti: la corona e una pagellina con i Misteri per ogni giorno della settimana, oppure un Libretto con tutto il Mese di Maggio!

• Se lo reciti per intero, fai felice la Mamma Celeste se lo fai con la tua famiglia unita, La rendi strafelice! Puoi dirne anche solo una decina, a seconda della composizione del gruppetto...

• Ricorda che le Ave Maria fanno da sfondo al Mistero che mediti e che ti fa ripercorrere i momenti più importanti della vita di Gesù: Gioia, Luce, Dolore, Gloria.

3) FIORETTO • Il Fioretto è sia un breve raccontino che ti mette in evidenza l’esempio di qualche santo sul come ha onorato la Mamma Celeste; ma può essere anche un cordino dove infilare una perlina ogni volta che riesci a privarti di qualche cosa o a donare del tuo, o a rinunciare a qualche soddisfazione...Così faceva la piccola Bernardetta Soubirous.

L’inventiva non ti mancherà!!!

Sorella Annamaria

Don Stefano Dolci, parroco di Ponte Lambro e Caslino d’Erba (Como), conduttore a Radio Mater delle rubriche “Essere cristiani oggi” e “Cuore aperto” racconta i suoi 39 giorni di degenza all’Ospedale Fatebenefratelli di Erba per covid.

“Dio non mi ha mai abbandonato” positiva continua. E tu che fai, dici di no?

Non è stata mai una preoccupazione angosciosa, ma non era mai mancata attenzione, precauzioni e tutto quello che viene suggerito per evitare il contagio.

Ed ecco arrivare il magnifico strumento: una specie di casco da palombaro, ma di plastica leggera, con un vago richiamo a Frankenstein perché l’ossigeno entra con un tubo all’altezza dell’orecchio destro e all’altezza dell’orecchio sinistro c’è un filtro da cui esce l’aria in esubero necessaria a “gonfiare” questo casco. L’esperienza è assolutamente traumatica perché l’ossigeno che entra produce un rumore assordante e non senti altro.

Poi arriva la febbre a 39,5°, il tampone positivo, un febbrone da cavallo, il 112 per andare al Pronto Soccorso e scoprire una polmonite bilaterale da Covid.

Ti attaccano dell’ossigeno e, una volta trovato il letto in Medicina Covid, comincia la routine.

Un bell’ago nel braccio per i prelievi e per l’infusione dei medicinali: tachipirina, antibiotico, cortisone, protettore gastrico ed eparina. Sempre attaccato all’ossigeno con la mascherina, la “Venturi” - come si chiama in linguaggio tecnico -, da 15 litri al minuto, controllo della saturazione del sangue con il pulsossimetro e con un prelievo di sangue un po’ fastidioso, l’EGA, emogasanalisi. I primi giorni tutto sembra procedere bene: questa è una caratteristica di questo maledetto virus: illuderti che stai andando bene per poi darti un’altra mazzata. Per sicurezza non ci facciamo mancare una bella TAC con contrasto, che rivela come i polmoni non sono stato ancora danneggiati.

Uno potrebbe pensare: allora sta andando tutto bene. Invece no. Proprio per intervenire in tempo e impedire che la polmonite danneggi i polmoni in modo significativo, ecco che arriva il medico anestesista della terapia intensiva che ti spiega come sia necessario spingere l’ossigeno fino alla parte bassa dei polmoni, proprio lì dove si annida il virus perché in questa parte avvengono gli scambi gassosi con il sangue. E come si fa? Basta mettersi sul capo un casco chiamato CPAP, acronimo di “Continuous Positive Airway Pressure”, in italiano ventilazione meccanica a pressione

don Stefano Dolci

Si entra in un mondo a parte in cui non sei più padrone di te stesso e del tuo corpo: per qualsiasi necessità devi chiamare, non puoi soffiarti il naso da solo, non puoi asciugarti la fronte da solo, non puoi andare in bagno da solo, ti mettono il catetere, alla mattina altre mani devono lavarti rimanendo a letto, non puoi mangiare e ti danno uno yogurt attraverso uno sportellino del casco cpap, hai continuamente sete e devi chiamare, ma ci sono pochi infermieri rispetto alle necessità di quasi quaranta degenti e a volte tocca aspettare anche mezz’ora, un tempo infinito in questa situazione. Il rumore dell’ossigeno nel casco impedisce di ascoltare, di leggere, di pensare, di pregare…

ho sempre in mano la decina del rosario che porto sempre con me, eppure non riesco a dire il rosario con i misteri, ma solo una Ave Maria dietro l’altra.

Ti sembra di essere entrato in un incubo in cui tutto ciò che avresti voluto evitare, capita.

Infatti ad una settimana dall’inizio della degenza capita di essere trasferito in terapia intensiva: un altro mondo, il mondo dei vivi dormienti. Sei spogliato completamente per rendere possibile l’applicazione dei sensori che misurano tutti i parametri vitali e ti cercano vene e arterie per applicare altri aghi per infondere medicinali o qualche flebo per nutrirti e idratarti o fare prelievi. Ormai sei inchiodato ad un letto con un casco in testa che ti pompa ossigeno nei polmoni. La consolazione è che dal letto n. 6 riesco a vedere la bella icona della Madonna con Gesù Bambino in braccio appesa alla parete.

Ma nonostante tutto manca il fiato: non riesco neppure a dire l’Ave Maria tutta intera e chiedo alla Madonna di accogliere lo stesso la mia povera preghiera: inspiro dicendo “Ave” ed espiro dicendo “Maria”.

La terapia intensiva è l’ultimo confine e qualcuno accanto a me lo sorpassa entrando nella morte: un parlottare più acceso degli infermieri e il fischio del respiratore che si spegne. Poi un sacco bianco chiuso con lo scotch… e un requiem e la benedizione del sottoscritto.

La cosa bella è che, in questo percorso sofferto, ho sempre avuto la possibilità non solo di essere ma di fare il prete: la preghiera di intercessione, l’offerta delle sofferenze e delle piccole umiliazioni della degenza, la benedizione mattina e sera per i degenti e gli operatori sanitari, la benedizione camera per camera nel giorno di Pasqua.

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‘‘Dio non mi ha mai abbandonato’’

L’ultimo pensiero era di ammalarsi di polmonite.

Verso il Mar Rosso / ‘‘Dio non mi ha mai abbandonato’’

Ma non è finita: giovedì 11 marzo il dottore mi dice che deve addormentarmi e intubarmi per tre giorni. Anche questo, mi dico, proprio fino in fondo va bevuto questo calice. Però tre giorni è un periodo breve e mi fa ben sperare, visti i precedenti.

Come promesso domenica 14 marzo sono sveglio, ma ho ancora i tubi in gola: un’esperienza terribile, che faccio fatica anche a ricordare, da domenica a martedì, quando finalmente vengo liberato, estubato. Anche qui, sono convinto che la Mamma celeste ci abbia messo del suo: all’alba di martedì dopo le preghiere e la benedizione del mattino, mi sono affidato a Lei, ho messo tutto nelle sue mani perché proprio non ce la facevo più.

Finalmente il 19 marzo, festa di

S. Giuseppe, torno in Medicina Covid dove trovo anche i miei genitori che nel frattempo avevano sviluppato la polmonite, ma con sintomi molto lievi.

dell’ossigeno, ritrovare la forza per riprendere a camminare, affrontare ogni cosa con pazienza perché tutto costa il triplo della fatica e nulla è scontato.

Da qui il cammino è stato in discesa: rieducare i polmoni a respirare senza l’aiuto

È stata una vera quaresima, 39 giorni di degenza, un cammino nel deserto in cui Dio non mi ha abbandonato, perché Dio non abbandona mai.

Un cammino in cui sono stato accompagnato dalla consapevolezza di una provvidenza, oltre che dalla preghiera di tante e tante persone, tra cui molti di voi ascoltatori di Radio Mater.

In modo particolare ringrazio don Mario che ha voluto inviarmi la sua benedizione registrata nonostante avesse un filo di voce dopo la dialisi.

Don Stefano Dolci

Ugo Paderi, conduttore di “Intermezzo” a Radio Mater, ci descrive il periodo della pandemia da lui vissuta in casa di riposo

Verso il Mar Rosso L’ombra di un virus ammorba il mondo intero da più di un anno.

Era il 28 febbraio 2020 e ricordo che, rientrando in Casa di Riposo dovo risiedevo, mi posi in quarantena quasi in contemporanea con le prime disposizioni di legge.

Sapevo che, viaggiando su autobus per raggiungere Albavilla, divenivo un portatore infetto e le conseguenze per tutti coloro che mi circondavano sarebbero state tragiche. La Casa ospitava anziani che già combattevano contro il tempo la battaglia della vita. Cosa sarebbe successo?

La Provvidenza ha agito, grazie alla professionalità di chi la gestiva. Ma io sentivo intorno a me la tragedia incombente e la vivevo come l’angelo della morte che bussa alle porte dei primogeniti.

Ma nel contesto sociale tutti siamo dei primogeniti. Nei giorni seguenti immaginavo il nostro progredire come una marcia lungo un deserto cosparso di serpenti. Una marcia che ci avvicinava al Mar Rosso.

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E mi domandavo se avremmo trovato un Mosè a spalancarci le acque e metterci in salvo.

L’immagine aderiva agli errori di vita dal modello economico aberrante, alle guerre intestine, ad una natura mai rispettata.

Cos’era questo virus? Avrebbe colpito tra noi?

Ma intorno c’era quiete e pazienza. Certamente alcuni se ne andavano, ma obbedivano a leggi di natura.

Cedevano tranquilli al proprio fisico sazio di anni, ebbro di vita e stanco.

Affiorava nella Casa una serenità da Mar Rosso aperto, spalancato come l’attesa del nuovo, come un riposo dovuto.

E la quarantena continuava, fino ad essere ossessionante.

Tuttavia se ne comprendeva la necessità. La Casa rappresentava la salvezza, come una valva chiusa. Evadere significava morire e dare morte.

Il mondo appariva finalmente in una dimensione vera, mai provata.

Ma insegnava e l’ambiente interno capiva cose mai prima capite o osservate. La vita tutta acquistava valori dimenticati, fino a ringraziare l’ombra folle del male e i grandi valori che coinvolgeva.

Un brutto giorno l’ombra mi ha toccato e ho capito cosa significa. Ma ero nella valva sicura, attorniato da persone capaci e compagni pazienti.

Li ho visti e studiati questi compagni. Ne ho colto le ansie e le sofferenze. Li ho visti scomparire all’improvviso nelle spire di un morso feroce. Ma non vi ho letto la morte. Piuttosto la fine di una preghiera che apre alla vita vera.

La sofferenza ne esaltava tutto il valore, ma conservava quello fondamentale dell’esistenza.

Allora Mosè si concretizzava fra onde altissime, infondeva una sicurezza interiore che tutti dobbiamo possedere, conoscere ed amare.

Ugo

Atto di Consacrazione Quotidiana della nostra Cappellina Anche oggi mi consacro a te, Mamma, per essere tutto tuo.

Mettimi nel tuo grembo e con lo Spirito Santo formami un “altro Gesù”.

“con Te” come mio “Modello”, “per mezzo di Te” come mio “Aiuto” “per Te” come mio “Amore”.

Fa che non sia più io a vivere ma Tu a vivere in me, perché vivano in me totalmente e per sempre Dio Padre, Gesù e lo Spirito Santo, che mi impegno a testimoniare davanti a tutti e che un giorno prego di poter contemplare faccia a faccia, in una gioia senza fine, con Te nella “Casa del Cielo”.

Amen

Don Mario ci dice...

“Miei cari, abbiamo una Mamma che Gesù ci ha dato. Pensate, la Sua Mamma è diventata anche la nostra! Se lavoriamo insieme, diventiamo più santi e più degni del Cielo. Il bene che facciamo agli altri, sarà ricompensato in Paradiso.

Pensate che importanza hanno le nostre vite!

E invece, a volte noi lasciamo perdere... Ma perché...?

Perché non rendiamo più di Dio la nostra vita, più di Maria, che ha voluto Radio Mater per svegliarci spiritualmente, più di Gesù che ha dato tutto Sé stesso per noi?” (dall’omelia di don Mario del 14 febbraio 2021) 7

Atto di Consacrszione Quotidiana della nostra Cappellina

Aiutami in ogni istante a fare ogni cosa “in Te” come mia “Mamma”

Il Fiore più’ Bello Pubblichiamo “Il fiore più bello”, la preghiera alla Madonna che sempre recitava il nostro Pino Bonacina, compianto cofondatore e conduttore della: “Preghiera notturna”.

Vorrei donarti un fiore, o dolce Madonnina, quello tra i più belli di tutta la montagna.

Ho camminato tanto tra i boschi, giardini e in mezzo al prato, ma ancora questo fiore per Te non l’ho trovato.

La rosa ha troppe spine, se anche è la più bella.

La viola è troppo semplice e piccolina.

Ho pensato all’azzurra genzianella, alla stella alpina, ma questo è troppo poco per Te o dolce Madonnina; Tu, meriti un fiore più bello, più grande e profumato, lo voglio offrire a Te che tanta gioia mi hai portato.

Piangevo e hai asciugato le mie lacrime.

Ero solo e mi hai tenuto compagnia.

Ero triste e la mia tristezza è sparita via; Hai fatto entrare il sole nel mio cuore.

Il Fiore più’ Bello

Vorrei, vorrei donarti un fiore! Ma quale Tu desideri?

Te li ho portati tutti i fiori di montagna; Ma si! Forse l’ho trovato quel fiore delicato: è il S. Rosario, o dolce Madonnina, che recito ogni mattina; porta il nome di una rosa, ma vale più di qualsiasi cosa.

Quei granellini del Rosario sono tutte roselline, le più belle senza spine, che raccolgo con fede e amore, per donarLe al tuo buon cuore, come fosse il più bel fiore.

Pino Bonacina 8

Il prof. Pietro Lombardo, pedagogista a orientamento psicologico, fondatore e direttore del Centro Studi Evolution di Verona, conduttore di Radio Mater con la rubrica “Adolescenti e famiglia” in onda ogni quarto lunedì del mese alle ore 21,10, ci spiega come i giovani hanno vissuto questo anno e mezzo di pandemia.

“L’io si costruisce nel tu”

Il passaggio dalle lezioni in presenza ha sconvolto in modo significativo la vita degli studenti e delle loro famiglie, creando un rischio potenziale per il benessere mentale degli adolescenti. Non avere contatti fisici, reali, con i propri pari

impoverisce il nutrimento del “cervello emotivo”. Negli adolescenti e preadolescenti, che vivono un’età in cui l’inclusione e l’accettazione nel gruppo di pari è meta essenziale da raggiungere, la chiusura forzata può aggravare quel senso di solitudine piuttosto frequente durante questa età di passaggio dall’infanzia alla vita adulta. Di conseguenza, aumenta la propensione all’isolamento con il rinchiudersi in camera e passare ore su internet. Inoltre, la mancanza di contatti fisici con i pari finisce per trasformarsi in un fattore di rischio per l’emergere di conflitti in famiglia.

Tra i fattori predittivi del disagio giovanile spicca l’isolamento sociale. La pandemia, con le limitazioni che ha posto, sta impedendo l’interazione degli studenti con i compagni di scuola e le attività tra pari, che sono vitali per la crescita, l’apprendimento e lo sviluppo delle giovani menti. Come ha affermato Martin Buber, “l’io si costruisce nel tu” ed è proprio questa mancanza d’interazione e relazione interpersonale la causa principale del malessere psicologico degli adolescenti che si manifesta in un aumento dei problemi legati al sonno, stati d’ansia e irritabilità che in alcuni casi è sfociata in aggressività verso i genitori e se stessi, con un considerevole aumento dei casi di autolesionismo. Gli adolescenti vivono una fase d’alta instabilità emotiva e hanno bisogno di essere psichicamente contenuti. Gli adulti dovrebbero essere gli organizzatori della vita psichica degli adolescenti, nel senso che dovrebbero sostenere, ra s s i c u ra r e , c o n f o r t a r e , incoraggiare, guidare e orientare i giovani verso l’orizzonte della crescita, della maturazione e della trascendenza.

prof. Pietro Lombardo

Va ricordato che gli adolescenti non sono dei problemi ma delle domande che interrogano il mondo degli adulti. In queste domande ci sono i loro bisogni ma anche la richiesta di trovare un senso e significato al loro “essere nel mondo” al fine di trovare lo scopo della loro vita. E’ certo che la presenza della famiglia diventa un fattore protettivo dei rischi sopraelencati. In che modo? Il punto di partenza è dare ascolto al mondo interiore dei figli attraverso un atteggiamento empatico su cui costruire un clima di condivisione e d’intimità psicoaffettiva. Per i genitori la pandemia può diventare un’occasione per avvicinarsi ai propri figli con uno sguardo nuovo e per offrire loro un sostegno morale, affettivo e morale che permetta loro di fortificarsi e sviluppare nuove risorse. In fin dei conti, ogni problema può essere trasformato in opportunità se vissuto con fiducia, speranza e un atteggiamento resiliente.

Pietro Lombardo

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‘‘L’io si costruisce nel tu’’

Solitudine, emarginazione, paura sono l’oggetto delle segnalazioni raccolte dal mondo giovanile durante la pandemia da coronavirus. Durante il lockdown, molti ragazzi hanno sperimentato un senso di solitudine, a causa della chiusura delle scuole e, in generale, dell’impossibilità di uscire di casa. La sveglia suona, ma non c’è fretta: basta accendere il computer, fare un check a microfono e videocamera, uno al look, e la scuola con la DaD arriva a casa, più o meno puntuale a seconda della connessione internet. A casa, però, non ci sono i compagni, manca la complicità tra i banchi di scuola, stare attenti alle lezioni è più difficile, distrarsi invece è facilissimo.

Pubblichiamo la lettera di un medico di “prima linea”, in cui racconta come ha vissuto questi 15 mesi di pandemia all’interno di un Pronto Soccorso, reparto cardine di ogni ospedale.

Ci ha chiesto di mantenere l’anonimato. Una scelta che comprensibilmente rispettiamo.

Gli occhi di dolore del papà medico e di tante persone

Gli occhi di dolore del papà medico e di tante persone

Sono un medico di Pronto Soccorso da parecchi anni, e spesso mi ritrovo a ripensare a quest’ultimo anno che ha stravolto tutte le nostre vite.

Rivivo non solo la stanchezza fisica contro la quale ho dovuto combattere, ma soprattutto la carica emotiva che ho sentito profondamente.

Nessuno era pronto a quello che ci avrebbe sommerso e che tutt’ora stiamo vivendo, piombati di nuovo nell’emergenza Covid, quello che speravamo di non rivivere più si è fatto largo di nuovo condizionando il nostro modo di vivere e inevitabilmente facendoci riflettere sul senso della vita.

Noi medici e infermieri “abituati” a fare i conti con le malattie dei nostri pazienti, a condividere con loro ansie e dolori ma anche gioie, mai più avremmo immaginato cosa ci aspettava.

Dall’altra le persone che si trovavano sulle barelle ognuno con la propria storia, ma accumunati dalla malattia e da quello sguardo che chiedeva “ma ho speranza di uscirne?” e al quale era difficile rispondere.

Si sperava sempre, ma nessuno poteva far finta di non vedere che vicino a un malato ce n’era un altro con le stesse condizioni, poco più in là un altro e un altro ancora….. senza parlare delle rianimazioni al collasso!

Questa malattia sembrava non lasciasse scampo, purtroppo, non solo sui più deboli, gli anziani con patologie pregresse, ma a macchia d’olio contagiava anche i più giovani, così come i nostri colleghi che si ritrovavano da medici a pazienti, bloccati in un letto o peggio ancora attaccati a un respiratore.

Fin dall’inizio, entrare nel nostro Pronto Soccorso, così come in tanti altri del Paese e vedere tutte quelle barelle che riempivano ogni minimo spazio utilizzabile, dalle stanze d’ospedale a nuove aree adibite per rispondere all’emergenza, non lasciava fiato.

A noi sanitari, imprigionati sotto ai presidi di protezione per evitare di essere contagiati, ci era difficile individuare chi si celasse sotto le tute asettiche, se medico o altro operatore, con la difficoltà di gesti semplici e naturali come bere dell’acqua, spesso con la fronte sudata e l’impossibilità di detergersi o anche solo andare in bagno durante il servizio, o il concedersi un solo caffè a inizio turno, sapendo che per le successive ore non sarebbe stato possibile prendere altro.

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Occhio di dolore disegnato dalla figlia

Nostro alleato, oltre alle indagini strumentali, è diventato il casco con il quale i pazienti Covid vengono aiutati a respirare e sotto ai quali mi ritrovo a scorgere visi per lo più sfiduciati e preoccupati, che non sanno come potrà andare.

Ansia, paura, sentimento di impotenza nei casi limiti, ci accompagnano ancora, mentre come formiche operaie cerchiamo di riportare al granaio della vita più pazienti possibili,

sostenuti dalla fede nei momenti di sconforto.

A distanza di un anno, ci restano sempre i piccoli gesti, uno sguardo, un sorriso anche se nascosto dietro la mascherina, non ci sono frasi particolari che ti rimangono dentro ma una continua interazione con i pazienti ed i famigliari, rappresentando per quest’ultimi che sono lontani l’unico ponte di comunicazione.

Tra colleghi ci sorreggiamo a vicenda, con scambio di opinioni, facendo gruppo, perché solo lavorando insieme puoi superare questi momenti difficili non solo fisicamente ma anche interiormente.

La pandemia, nostro malgrado, ci ha fatto crescere, rafforzandoci nella volontà di fare tutto il possibile con serietà, ma soprattutto umanità, acquisendo nuove conoscenze professionali riguardo ad una malattia che stiamo imparando a conoscere, nonostante diventi sempre più difficile soddisfare le esigenze di una sempre più numerosa popolazione che si rivolge al Pronto Soccorso.

Purtroppo non tutti ce l’hanno fatta. Sappiamo che la nostra Italia ha pagato e paga tutt’ora un caro prezzo per le vite perse, che ci hanno lasciato, spesso in solitudine, anche se di fronte alla morte ognuno è sempre solo con il proprio vissuto e con quello che l’aspetterà se credente o viceversa con la fine di ogni cosa.

I mesi passati sono stati intensi: diventava difficile tornare a casa cercando di non far pesare quello che stavo vivendo, costretto a tutta una serie di accorgimenti possibili per evitare un eventuale contagio anche ai miei cari.

Una sua insegnante chiedeva, come compito, un disegno che esprimesse i sentimenti che provava lontana da scuola e dai suoi compagni. Aveva così disegnato un grande occhio da dove scendevano delle lacrime.

L’insegnante le aveva chiesto cosa volesse rappresentare, e lei rispose che erano gli occhi del dolore che provavano in quel momento tante persone e soprattutto il suo papà medico quando lo vedeva andare al lavoro. Ciò nonostante, quando il papà tornava a casa, aveva sempre un sorriso di speranza per lei, lo stesso sorriso di cui era sicura che non facesse mai mancare ai suoi pazienti.

Se dovessi dire come è cambiata la mia professione, risponderei sicuramente in meglio. Questa nuova fase non ha fatto altro che mettere in risalto come il confine tra la vita e la morte sia molto più labile di quello che si possa pensare e quindi come valga la pena apprezzare il dono della vita.

Vivo l’attuale situazione come una ricchezza: mai potrò scordare gli occhi dei tanti pazienti quando venivano informati della necessità di “passare al casco”, perché il quadro clinico era compromesso. Quegli occhi carichi di preoccupazione e paura o peggio ancora di rassegnazione, smarriti nel vuoto di una stanza, aggrappati, sia giovani che anziani, a una fede magari riscoperta.

Oggi la nuova frontiera dei vaccini è la strada disegnata per tornare alla normalità. La speranza piano piano si fa largo, i guariti aumentano, il numero dei nuovi contagi, seppur con una

certa cautela, è in diminuzione.

Tuttavia solo con i comportamenti responsabili di ognuno di noi si potrà combattere questa guerra ancora in corso.

Ci hanno chiamato eroi: abbiamo fatto sì il nostro dovere, ma col cuore, consci che ben presto noi operatori sanitari di prima linea torneremo a essere giudicati, magari anche denunciati come troppo spesso succede, e quella emergenza che ci ha unito sarà solo un ricordo per le generazioni che verranno.

A tutti coloro che ho trovato nel mio cammino va il mio grazie!

Lo scorso 7 aprile è morta Sara Barbieri, di 49 anni, figlia di Laura Termine, nostra collaboratrice della Segreteria. Sara era insegnante di matematica e fisica al Liceo “Carlo Porta” di Erba. Al suo funerale c’erano tutti i suoi alunni, commossi per l’improvvisa morte della loro prof, che si chiedevano come facesse con un male incurabile ad essere sempre serena e sorridente. In questa testimonianza della mamma troviamo la risposta.

Sara desiderava contemplare la gloria di Dio in Cielo I suoi ultimi 3 mesi, passati in casa mia, sono stati nel loro complesso, tra i più felici della mia vita. Glielo avevo anche detto, e Sara aveva sorriso, un po’ incredula, ma beata. Incredula, come me.

Ho nel cuore tutti i suoi sorrisi, che adesso sbucano da ogni dove nella mia casa. Anche chi veniva a trovarla avrebbe voluto prolungare i tempi della visita, perché l’atmosfera era serena e non si parlava mai della sua malattia.

Con me, si commuoveva fino alle lacrime per tante frasi della Sacra Scrittura o quando mi chiedeva timidamente di accompagnare l’enunciazione del IV mistero della Luce, con la mia piccola invocazione: “Fa, o Signore che la preghiera trasfiguri la nostra anima!”.

L’ultima volta che mi ha guardato, due giorni prima di contemplare la gloria di Dio, come lei diceva e desiderava, i suoi occhi grigio-azzurri mi sono sembrati sconfinati e mi hanno

Sara Barbieri

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Sara desiderava contemplare la gloria di Dio in Cielo / Gli occhi di dolore...

Solo dopo avrei capito che anche mia figlia, ancora piccola, viveva di riflesso questa mia situazione.

La famiglia di Radio Mater / Sara desiderava contemplare la gloria di Dio...

ricordato un momento vissuto con lei quando aveva 3 mesi: era nell’infant seat e mi aveva guardato con gli stessi occhi, sconfinati, di Cielo e io avevo esultato. Non avevo mai provato nulla di simile nella mia

vita. Glielo avevo raccontato, facendola felice, proprio nel suo ultimo anno sulla terra.

Sara è sempre stata una persona di fede. Sin da piccola le potevo chiedere qualunque cosa, anche difficile o temeraria, perché si fidava di me.

Lei mi ubbidiva per fiducia, non per dovere. Io, per prima, mi stupivo di questo suo modo di essere, così sincero e trasparente, fino all’eventuale autolesionismo. Non l’ho mai sgridata, se non al plurale con sua sorella e questo l’ha fatta un po’ soffrire. Le ho chiesto scusa.

L’aveva fatta soffrire anche la sua maestra delle elementari, perché premiava con le caramelle sempre gli stessi alunni (eppure lei era una di quelli!).

Da grande, divenuta insegnante, ha amato tutti i suoi studenti e ciascuno individualmente.

Negli ultimi mesi la sua ‘dimensione’ terrena ha lasciato spazio a quella spirituale, amando la chiesa dei Padri Passionisti di Carpesino, vivendola come la ‘sua vera casa’. Padre Gianluca (superiore del convento di Carpesino - n.d.r.) le è stato molto vicino, facendola felice celebrando la S. Messa, tanto desiderata, proprio in casa nostra!

La sua malattia non ha gettato un’ombra, ma ha illuminato le nostre vite, mostrandoci che in ogni situazione c’è qualcosa di molto bello e di cui essere grati a Dio, perché TUTTO E’ GRAZIA. Quando aveva 6 anni, è stata lì lì per morire, avendo inalato una spiga di orzo selvatico. Ma dopo che io non ho potuto fare altro che ringraziare Dio per avermela donata per 6 anni, Dio ce l’ha lasciata per altri 43 anni. GRAZIE, SIGNORE! Mamma Laura

Mamma Laura con le figlie Sara e Marta

La famiglia di Radio Mater Gli ascoltatori ci scrivono (a cura di Elena) Questo spazio abbiamo pensato di dedicarlo agli scritti delle sorelle e fratelli della famiglia di Radio Mater.

Sono pervenuti in occasione del compleanno di Don Mario per i suoi “splendidi” 91 anni tanti scritti.

Credeteci, quel giorno abbiamo visto nei suoi occhi lacrime di gioia e stupore e vi assicuriamo che sono tutte custodite gelosamente quale tesoro prezioso, come testimonianza concreta dell’amore che, nella preghiera, non va disperso, ma si eleva riempiendo e unendo i nostri cuori in una vera fraternità.

E questo è assolutamente reciproco: è la “Comunione dei Santi”, come ci ricorda molto

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bene anche Papa Francesco: “…non siamo soli, ma esiste una comunione di vita tra tutti coloro che appartengono a Cristo. Una comunione che nasce dalla fede; infatti, il termine “santi” si riferisce a coloro che credono nel Signore Gesù e sono incorporati a Lui nella Chiesa, mediante il Battesimo...”.

Questa è e deve essere la famiglia di Radio Mater!: voi per noi, noi per voi, e insieme nei sacri cuori di Gesù e della Sua e nostra Mamma. Questo è quanto ha desiderato, attraverso il cuore sacerdotale di Don Mario, la nostra Mamma che si realizzasse nella realtà di questa bella e grande famiglia: essere uniti fra noi, ci conduce

ad essere uniti con Dio: “La nostra fede ha bisogno del sostegno degli altri, specialmente nei momenti difficili.

Se noi siamo uniti, la fede diventa forte.

Quanto è bello sostenerci gli uni gli altri nell’avventura meravigliosa della fede! ...”.

Per questo ci sembrava bello condividere con tutti voi “famiglia di Radio Mater” alcuni dei pensieri nati da cuori ricchi di fede e di ardore.

A volte si possono trarre degli spunti utili alle nostre meditazioni: il bene fa solo tanto bene, quando è reciproco!

Elena

Desidero ringraziarvi per l’opera meritoria che fate per la evangelizzazione in modo egregio e soprattutto in modo discreto ma fermo, così come sono i veri testimoni.

Sono un giovane religioso appartenente ai Fratelli Oblati Diocesani: don Mario si ricorderà dei miei confratelli anziani in Seminario. Durante il mio noviziato Radio Mater era l’unico strumento che mi permettesse di avere una finestra sul mondo e che potesse aiutarmi a sentirmi parte della chiesa universale.

Dallo scorso dicembre, con la mia professione temporanea, sono cambiate un po’ di cose e l’ascolto della Radio si è fatto meno intenso, non per questo è venuto meno l’amore per questa bella creatura della Mamma.

Spero con l’avvenire di potere riprendere ad ascoltare la radio e di pregare insieme.

Vi chiedo una cosa: fate pervenire a don Mario il mio saluto devoto e chiedo che mi ricordi nella preghiera, così come io faccio con lui. Quando lo sento parlare mi rendo conto

Grazie, perché Radio Mater trasmette sempre la Bella Notizia del Vangelo e la Speranza che

di incontrare un santo, non lo dico a cuor leggero. Un santo chi è se non uno che con la vita e il cuore segue Cristo!?

Già solo l’espressione di don Mario “Altare della sofferenza” riferita alla dialisi, mi fa tremare le gambe.

Tra qualche giorno comincerò una nuova missione, chiedo per me e la mia comunità un ricordo nella preghiera!

Devotissimo in Cristo ed in Maria. fr. Riccardo Tremolada Fratello oblato diocesano

non delude. Trasmette entusiasmo e fiducia: doni inestimabili. Una “ neo “ ascoltatrice.

Nadia

Grazie, perché Radio Mater trasmette sempre il Carissimo, eterno giovane don Mario. Auguri per la tua giovinezza dello spirito che ti permette di essere costantemente (nonostante malattie e umane debolezze)

presente nella comunicazione dei valori cristiani attraverso l’etere, oggi uno dei principali mezzi di evangelizzazione.

Ti rinnovo i miei auguri e spero di venirti presto a trovare, anche per ricordare i “vecchi tempi”.

Una preghiera per me. Ti assicuro che fino a quando potrò, collaborerò con Radio Mater, ormai diventata la mia seconda “comunità”.

Il primo pensiero che mi viene nel cuore, è quanti! ...anche per lei.

Tanti ma pieni; un po’, come Maria quando va a fare visita alla cugina Elisabetta.

Anche lei, Don Mario, viene (forse un po’ sfinito), ma in

modo costante a farci visita giornalmente, per dirci: ”Siate CASE DI MARIA”.

Questa è l’unica cosa, ma la più vera , che mi rimane per racchiudere in questo pensiero augurale i tanti aspetti del suo ministero.

Assicuro preghiera di ringraziamento per la sua persona.

Una benedizione per me e la mia famiglia.

A Don Mario.

Tanti Auguri per il suo compleanno che mette in luce la sua ricchezza interiore e dona a chi la Carissimo don Mario, con immensa gioia benediciamo il Signore per il dono della tua vita, spesa nell’amore di Gesù e della sua Mamma Maria e

Massimo Bonizzoni

l’ispirazione della Madonna di fondare due radio.

Ora Radio Mater è una grande ricchezza per tutti coloro che l’ascoltano, quindi grazie di cuore.

Sr. Epifania segue serenità e fiducia nel messaggio divino e nell’affetto per la Madonna.

nel servizio prezioso di Radio Mater per il bene della sua famiglia e della Chiesa tutta.

Grazie della tua perseveranza e testimonianza e speriamo

Vittore al più presto di poterci rivedere e celebrare insieme!

Auguri!. don Filippo, mamma e papà (Chieti)

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La famiglia di Radio Mater

Reverendo Don Mario, accolga il mio più sincero augurio per il suo compleanno, unito a fervorose mie preghiere che ogni giorno elevo anche per lei che ha ascoltato

Don Ennio Bianchi

Caro Don Mario Le faccio i miei migliori AUGURI per il Suo compleanno.

Io rimango sempre peccatore e solo la sua preghiera del mattino mi aiuta a credere.

Ci siamo conosciuti a san Damiano, poi a Radio Maria.

Ci siamo incontrati ad Arcellasco d’Erba e ora ad Albavilla, dove mi ha benedetto.

Estendo i mie cari saluti anche ai suoi impareggiabili tutori, Giovanna e Mario e a tutta la Comunità , compresi tutti i Sacerdoti.

Carissimo Don Mario, gradisca i nostri sentiti e migliori auguri di buon compleanno.

Le siamo tanto tanto vicine con la preghiera e il nostro

affetto e domandiamo al Signore che la conservi ancora a lungo e in buona salute.

Uniamo agli auguri una piccola offerta, come espressione

della nostra gratitudine.

Ci benedica e ci ricordi al Signore.

Carissimo don Mario, io ed il mio amico Daniele, le porgiamo con tutto il nostro cuore i nostri più sinceri auguri di buon compleanno.

Le porgiamo anche tantissimi auguri di buona salute, anche per lei molto importante.

abbia a cuore ciascuno di noi.

Come figli le siamo tanto grati don Mario; ogni suo insegnamento è preziosissimo per noi.

Un milione di auguri!.

Vorrei esprimere nel giorno del suo compleanno prima di tutto un grazie a Dio e alla Mamma, che lo hanno custodito e protetto in questi anni, pur in mezzo ai suoi non piccoli problemi di salute.

E poi un grazie caro don Mario, per il suo costante impegno nella Radio, che per tanti ascoltatori

La famiglia di Radio Mater

Don Mario carissimo, mentre scrivo, la sua voce in radio mi accompagna con la preghiera.

Fra poco sarà il su compleanno e con tutto il cuore, la stima e l’affetto le auguro ogni bene, tutto il bene che il suo cuore può contenere. Anche io sono nata in febbraio, e battezzata Buonasera fratelli e sorelli di Radio Mater! È tardi, lo so, ma non potevo certo non scrivere il mio messaggio pieno di auguri per il compleanno di Don Mario!

Rinnovo il mio grazie a Gesù

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E’ sempre commovente pensare al fatto che lei offre ogni sua sofferenza per noi ed è un punto di riferimento quotidiano, una occasione di crescita spirituale e un aiuto nelle difficoltà della vita.

Non posso non ricordare che un anno fa, in occasione del 90° compleanno, Eugenio scrisse a don Mario un messaggio di augurio. Oggi Eugenio, dal Cielo, pochi giorni dopo la nascita, proprio nella festa della Madonna del Conforto, nostra amata compatrona.

E questo giorno lo considero quello della mia maggior festa.

Ancora una volta mi sento di confermarle che la Mamma celeste le ha messo vicino santi sacerdoti: e alla Mamma per il dono del nostro carissimo Don Mario!

Non smetterò mai di dire il mio grazie per tutti voi. Ammiro tanto la vostra fede, con la speranza, prima o poi di raggiungerla anche io. Ogni giorno chiedo al

Ci siamo conosciuti che avevo 30 anni e adesso viaggio verso gli 89. Grazie per aver letto questo mio scritto.

Auguri e grazie.

Giuseppe

Madre Maria Cecilia e Comunità benedettina S. Maria del Fiore a Lapo

Giorgia e Daniele guarda don Mario con affetto e riconoscenza, e gli sorride.

Dite a don Mario che ancora lo ringrazio per le parole di conforto che mi ha scritto, che mi sono state di grande aiuto.

Vi abbraccio tutti con affetto.

Federica l’omelia di oggi, festa di Sant’Agata è stata ricca, efficace.

Grazie. Ancora auguri.

A me si unisce mia sorella e L o r e n zo c h e d a l c i e l o mi vede in buone mani.

Ciao a tutta la Famiglia di Radio Mater.

Paola Signore che mi rafforzi in questo.

Un abbraccio fortissimo a Don Mario e a ciascuno di voi rimanendo sempre unita a questa grande famiglia per mezzo della preghiera! La vostra sorella.

Nicoletta

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LNB: Universale

Digitale Terrestre DVB-T

BVB-T solo in Lombardia, Piemonte, Roma e Provincia DAB(Digital Audio Broadcasting)Trentino, Piemonte, Firenze, Roma, Perugia a seguire altre Regioni.

Il segnale è poco chiaro o non riesci a riceverlo?

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Eccoci, Mamma!

n° 75 Novenbre 2020 Comunità di Maria ONLUS • C.F. 93012890138 • Casella Postale n. 84 - 22031 Albavilla (CO) Registro stampa: Tribunale di Como n. 1/96 dell’8/1/1996 • Lett. in famiglia “Pro Manoscritto” di Comunità di Maria Onlus, Albavilla (Como) • A. 2005 Direttore Responsabile: Enrico Viganò.

Impaginazione e Grafica: Roberto Bonfanti Stampa: Ingraf Industria Grafica Srl • Via Monte San Genesio 7 • 20158 Milano (MI)

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