Giornalino n°75 - Eccoci Mamma!

Novembre

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2020 N° 75

Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n. 46) art 1, comma 1, LO/CO N. 64 - Maggio 2015

SIAMO FIGLI DI DIO! Miei cari, solo Dio sa quanto vi voglio bene e quanto vi sono vicino, in questo tempo così particolare. Vi prego con tutto il cuore: non lasciamoci prendere dallo scoraggiamento, dalla paura.

Può anche avvenire che la stanchezza, l’ansia, la solitudine, la sofferenza ci portino a dire: non ho più voglia di mangiare, di vivere, non ho tempo e voglia di pregare, non so più pregare...

La Mamma sta sussurrando a ciascuno, anche in questo momento: Figlioli cari, Gesù

è venuto a salvare gli uomini, facendo attenzione anche ai nostri corpi.

Gesù ha cura di te, ti ama, ti custodisce!

Coraggio e avanti allora, cara famiglia di Radio Mater.

Lei non ci abbandona, prega incessantemente per tutti e per ciascuno, è nostra Maestra nella preghiera e ci invita a fare “esperienza di preghiera.”

La preghiera dà e diventa vita.

Che cosa significa questo?

Accogliere con amore l’invito a fare spazio nel nostro cuore, nella nostra anima, nella nostra vita a Dio. Significa fare silenzio, non solo esterno, ma del cuore.

Riflettiamo insieme: quante volte le gelosie, i peccati, le discordie soffocano e turbano l’ascolto di Dio? E per questo dobbiamo prendere coscienza e consapevolezza della forza, dell’importanza della preghiera, per lasciarci ispirare, guidare

dallo Spirito Santo e passare dalla esteriorità all’ interiorità, dalla tristezza alla gioia che apre incessantemente la nostra anima ad accogliere il “nuovo inizio.”

Teniamoci per mano, carissimi, mettiamoci in cammino, seguiamo la stella cometa per ricercare Dio, per avere sempre, nella preghiera, la fedeltà al Vangelo, per ritornare ad essere quello che siamo: “Figli di Dio”!

Figli che chiedono aiuto per vivere una vita che sia: accoglienza e risposta al Suo amore.

Miei cari, non lasciamoci anestetizzare dall’indifferenza; la fede in Gesù non è un tappeto sotto il quale nascondere o tacere le brutture e le cattiverie della storia. Ciascuno di noi è un testimone d’amore, inviato per riconoscere e riparare le ingiustizie.

Gesù ci chiede di annunciare il regno di Dio, di rifare le sue scelte e di metterci a fianco dei più poveri.

Gesù è vivo e noi crediamo in Lui! Lui è la nostra forza, il nostro Signore!

Figli capaci di fede luminosa che spinge il nostro sguardo in profondità, fino a riconoscere Dio fatto uomo, che vive in tutti i tempi della storia, in tutti gli uomini, in tutti i popoli del mondo.

Seguiamolo... dalla Sua incarnazione fino ad accettare la morte per amore, perché siamo il lievito trasformante del Vangelo. L’amore totale di Dio, in Gesù, è per tutti, si prende cura di tutti, senza distinzione.

Siamo chiamati alla santità, carissimi, questa è la stupenda verità, siamo chiamati a vivere, non semplicemente la gioia del Paradiso che ci attende, ma a desiderare in Gesù di accogliere e vivere fin d’ora lo stupore della nostra vita in comunione “con Dio e gli uni con gli altri. “

E per questo, con ciascuno di voi, mi prostro nella Cappellina di Maria, davanti al Tabernacolo, centro e cuore della famiglia di Radio Mater, ed elevo, stupito e commosso, il canto sgorgatomi dal cuore per amare, vivere ed adorare Gesù Il Signore!

Vita Eucaristica

SIAMO FIGLI DI DIO!

Gesù, son qui con Te perché Tu sei con me: nel Tuo Tabernacol ma anche nel mio cuor.

E’ bello allor Gesù passare il tempo con Te: se posso col mio corpo ma sempre col mio cuor.

E, con l’Eucaristia, noi pur moriamo al mal e risorgiamo, sempre più simili a Te.

Davanti al Tuo Altar accolgo il Tuo amore che un giorno disse a tutti: “Starò sempre con voi”

O Mamma, con amore ci doni il Tuo Gesù, le nostre vite rendi per sempre unite a Lui.

Per questo un dì prendesti un po’ di pane e vino e come Onnipotente li trasformasti in Te.

Per questo consacriamo la vita, o Mamma, a Te. Tu con l’Eucaristia deh, facci altri Gesù.

Coraggio, carissimi, in Lui, come Chiesa e come Radio Mater, viviamo momenti di Paradiso, accogliamo la gioia dell’amore infinito del Padre e, per Grazia, immergiamo la nostra vita nella Verità vivendo sempre la Carità.

Miei cari, la carità è AMORE! La Carità è preghiera, la Carità è il “VERO AMORE DI DIO.“ Mamma, a Te ci affidiamo, e, ringraziandoti, supplichiamo: 2

In Te, Morto e Risorto, donando il poter per sempre alla Tua Chiesa di rinnovar l’Amor.

implora su di noi la benedizione del Signore, che scenda con le sue grazie sopra di noi, le nostre famiglie, le nostre case, affinché nel mondo regni la Pace.

REGNI DIO! Vi stringo al cuore, vi abbraccio, sempre uniti in preghiera.

Ciao e... avanti!!! don Mario

“Papa Francesco ci sprona a proseguire nella costruzione di un’amicizia sociale e di una fraternità” A me, vescovo e pastore di una Diocesi che ha coltivato per secoli i valori della fratellanza, dell’amicizia e della solidarietà, che ci ha consegnato questi valori come il tesoro da far fruttare, la denuncia del Papa suona come un campanello d’allarme che sprona a intraprendere ancora più seriamente i passi che insieme abbiamo delineato per abitare e affrontare l’attuale emergenza sanitaria e sociale, economica e antropologica.

Si tratta anzitutto di imparare di nuovo l’arte dell’ascolto, perché divenga lo stile di vita che ci contraddistingue, sulle orme di san Francesco (cfr. n. 48): ascolto di Dio, del povero, del malato, della natura.

Nella Proposta pastorale diocesana mi sono permesso di chiedere a ogni comunità di sostare proprio in questo ascolto, di farne un luogo di confronto e di dialogo con le sapienze che dentro la storia sono tracce e semi del Verbo. Papa Francesco ci incoraggia a percorrere questo sentiero, per «cercare insieme la verità nel dialogo, nella conversazione pacata o nella discussione appassionata» (n. 50).

L’ascolto che ci chiede papa Francesco è ben lontano dal semplice esercizio intellettuale della concentrazione. Lo richiede, ma lo integra in una postura ben più ampia.

Tutto il secondo capitolo dell’enciclica è dedicato a un’attenta rilettura della parabola del buon samaritano. È lui – il buon samaritano – il ritratto della persona che ascolta, nella riflessione del Papa.

Il suo è un ascolto a tutto campo, che sa riconoscere il bisogno superando steccati e frontiere; che sa ridefinire l’agenda delle

priorità, che sa connettersi con altri soggetti e istituzioni in grado di sorreggere e sostenere questa capacità di ascolto che si fa aiuto e soccorso. Un ascolto che non rimane astratto e sterile, ma appunto si fa capacità di intervento, di trasformazione della storia.

In un’epoca di dittatura del rancore, in cui vincono come collanti sociali le logiche populiste (cfr. n. 155), il mondo, ma anche Milano, sente il bisogno di una affermazione serena, ma forte della logica dell’amore sociale e politico (cfr. n. 186)

Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini.

Un simile ascolto ci permette di raccogliere segni promettenti di futuro anche là dove il cinismo sembra l’unica saggezza. Solo riconoscendo l’altro come degno di fiducia, perché nostro fratello, sarà possibile vivere quell’amicizia sociale – civica, la definiva il mio predecessore Angelo Scola – che non esclude nessuno, e la fraternità aperta a tutti (cfr. n.

94). Ho sviluppato queste idee nella Proposta pastorale 20202021 (Infonda Dio sapienza nel cuore. Si può evitare di essere stolti, 1.4: «Cercare insieme la sapienza: l’amicizia»).

Qui a Milano e nelle terre lombarde una simile attitudine ci sprona a immaginare nuove forme per essere prossimi alle povertà emerse in modo lacerante durante il periodo del confinamento: la situazione degli anziani e delle persone con disabilità (cfr. Ft n. 98 e la riflessione molto concreta e pregnante del n. 109). Proprio questo ci fa comprendere quanto sia necessaria una riflessione che riaggreghi e ricostruisca il soggetto collettivo (il «noi») attorno al tema del bene comune (cfr. n. 112), inteso come il bene dell’essere insieme, del condividere per sopravvivere, della solidarietà per rendere abitabile il pianeta.

La nostra Chiesa ambrosiana continuerà a vivere la sua vocazione a essere sale e luce per questa nostra terra e a recepire con gratitudine l’insegnamento di papa Francesco perché i mondi della politica, dell’economica e della finanza, delle imprese e del commercio possano ascoltare i ricchi e sapienti suggerimenti che i capitoli quarto e quinto contengono per favorire la realizzazione di una società fraterna e solidale, a partire dal tema che è la vera emergenza anche per le nostre terre: il lavoro (cfr. n. 162), soprattutto per i giovani. (...)

L’enciclica ci consegna come motore di tutto il processo che ci porta alla scoperta della fraternità e dell’amicizia sociale l’imperativo del dialogo, dell’ascolto e del riconoscimento reciproco.

Come Diocesi abbiamo potuto apprezzare questo motore in funzione durante la celebrazione del Sinodo minore «Chiesa dalle genti». Come chiedo nella Proposta pastorale 2020-2021,

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‘‘Papa Francesco ci sprona a proseguire nella costruzione di un’amicizia ...’’

L’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, riflette sull’enciclica “Fratelli tutti” e invita i fedeli a leggere quanto scrive il Santo Padre, non tanto per diventare esperti di un argomento, ma per esprimergli il nostro affetto, e per dirgli che gli vogliamo bene».

Fratelli tutti: un’enciclica vertiginosa, splendida... / Papa Francesco ci...’’

si tratta ora di rendere più solida e robusta questa scoperta, di fare veramente del dialogo e della fraternità i collanti delle nostre realtà ecclesiali, le porte attraverso le quali ci sentiamo «Chiesa in uscita» (Lettera per l’inizio dell’anno pastorale, 3.1).

Un dialogo esigente. È possibile proprio perché è fondato sui pilastri della nostra fede,

sulla verità che ci abita e ci anima (cfr. Ft nn. 226, 277), che ci rende così forti da essere capaci di amare fino al perdono (cfr. n. 236). È questo dialogo che ci permette di abitare situazioni inedite, come per noi a Milano è la presenza nelle nostre terre in modo ormai visibile di numerosi gruppi di fede islamica. Le pagine che

papa Francesco dedica al commento della Dichiarazione di Abu Dhabi, nel capitolo ottavo, sono per la nostra Diocesi un caldo invito a proseguire nei processi di costruzione di un’amicizia sociale e di una fraternità che hanno il coraggio di confrontarsi anche con persone di altre fedi.

Mons. Mario Delpini Arcivescovo di Milano

Firma del Documento sulla Fratellanza umana di Abu Dhabi

Papa Francesco ha firmato ad Assisi il 3 ottobre scorso l’enciclica “Fratelli tutti”, un documento “profetico” come lo definisce il nostro diacono Filippo Crosa, conduttore di “Testimonianza di un diacono”, la rubrica che va in onda il 3° venerdì del mese alle ore 18,30

Fratelli tutti: un’enciclica vertiginosa, splendida, coraggiosa Mi hanno chiesto un commento all’Enciclica “Fratelli tutti”, che Papa Francesco ha firmato ad Assisi il 3 ottobre scorso. Io non sono un bravo scrittore, non mi sento all’altezza di offrire un commento ad un documento così “profetico”, nel significato proprio della parola: Papa Francesco ci parla in nome di Dio e del suo progetto originale di una umanità in cui vuole tutti fratelli.

Il giorno successivo all’annuncio della pubblicazione dell’Enciclica, ho letto queste parole di Massimo Cacciari: “L’enciclica “Fratelli tutti” di Papa Francesco è qualcosa di vertiginoso.

Splendida, coraggiosa, per certi aspetti rivoluzionaria, è una sorta di ponte tra Illuminismo e Cattolicesimo, due mondi

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teoricamente inconciliabili. E anche in questo risiede la straordinarietà di un testo che insiste su concetti come libertà, fraternità, tolleranza e solidarietà.

Viviamo un’epoca tremenda. Senza idee, senza valori, senza empatia.

I punti di riferimento sono pochi e, spesso, osteggiati. Tra le sparute fortune dell’essere immersi in questo presente, c’è proprio il fatto di essere contemporanei a Papa Francesco”.

Mi sono permesso di riprendere queste parole di un pensatore contemporaneo che, forse, non appartiene alla schiera dei fedeli frequentatori della parrocchia, tuttavia sa riconoscere la levatura profetica di un insegnamento

e sa riconoscere il valore del messaggio evangelico del Papa.

Fra coloro che si dicono cattolici, non sempre troviamo una simile capacità di leggere il Vangelo come Gesù ce lo ha annunciato, per una interpretazione accomodante rispetto all’annuncio di Gesù: Gesù è morto in croce per i buoni e per i cattivi, per i giusti e per gl’ingiusti, e invece alcuni ritengono di poter giudicare altri esseri umani indegni della misericordia di Dio. Nella parrocchia di S. Eustorgio, in cui opero come diacono permanente, le Cellule Parrocchiali di Evangelizzazione, folgorate dalla potenza di questa Enciclica, in pochi giorni hanno realizzato un evento per aprire il cuore della comunità alla lettura del testo di Papa Francesco.

Hanno potuto partecipare solo 180 persone, la capienza ammessa nella Basilica in base alle norme sanitarie vigenti.

Il Parroco, don Giorgio Riva, ha introdotto l’incontro con queste parole: “Fratelli, fratelli tutti, è una grazia poter dire fratelli e poter credere che siamo fratelli.

Questa è una Bella Notizia, è un Evangelo, e siamo fratelli perché siamo tutti figli di Dio e perché crediamo che ogni altro è, nel profondo, figlio di Dio. Nel profondo vuol dire nel suo DNA, anche se non lo sa; anche se vive da non figlio di Dio. Pensiamo alla parabola del Figliol prodigo che tutti conosciamo. Il Padre, quando il Figlio torna, gli fa sentire che per lui il Figlio, anche se ne aveva fatte di tutti colori, non

ha mai smesso di essere suo figlio, e glielo dimostra con gesti concreti, che esprimono la dignità grande, la libertà, la possibilità di vivere da figlio.

Il Padre ci ha sempre creduto e lo manifesta a questo figlio che torna.

Tutti ..., il Padre considera suoi Figli, tutti: non esclude nessuno. Neppure Caino è escluso, infatti Dio protegge Caino. Se rileggiamo Genesi 4, vediamo che Caino alla fine ha paura e dice: “... chiunque mi incontrerà mi ucciderà.” Ma, Dio lo difende, lo protegge.

Quale grande prospettiva si apre se noi crediamo a questa verità: io e tutti siamo figli di Dio, comunque e sempre, anche nel momento in cui le cose vanno male, persino quando tutto si rivolta

Anche noi, troppo spesso, ci riteniamo fratelli maggiori, perché abbiamo la fortuna di una vita religiosa che ci è stata donata e ci permettiamo di criticare quanto lo Spirito Santo, nel magistero di Papa Francesco, ci propone per vivere integralmente il Vangelo, per cercare di somigliare a Gesù: tutelare il dono della creazione, vivere la gioia dell’amore e dell’annuncio del Vangelo e credere che tutti siamo fratelli nell’abbraccio di Dio che ci ha chiesto di amarci gli uni gli altri come fratelli.

Accogliamo questo dono che ci viene offerto per vivere da veri uomini, secondo il progetto di Dio. Filippo Crosa, diacono

Mons. Luigi Stucchi, vescovo ausiliare emerito di Milano e conduttore a Radio Mater della rubrica “Per la vita. Sempre”, presenta La Lettera “Samaritanus Bonus” sulla cura delle persone nelle fasi terminali, un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede molto importante ma che non ha avuto il giusto rilievo.

Samaritanus Bonus: “Il cuore che vede” La Conferenza Episcopale Lombarda ha recentemente inviato un messaggio dal titolo:” Una Parola amica”. C’è in esso un paragrafo intitolato - Imparare a pensare - in cui si afferma”: Lo sconcerto che abbiamo vissuto a causa della pandemia e di quello che ha provocato ha fatto nascere domande, dubbi, incertezze, interpretazioni contrastanti che hanno riguardato molti aspetti della vita ordinaria: la scienza, la

politica, la salute, la pratica religiosa, le relazioni interpersonali.

Abbiamo provato fastidio per le discussioni inconcludenti, per i pronunciamenti perentori, per slogan e luoghi comuni. Adesso abbiamo bisogno di imparare a pensare.

Il pensiero promettente è quello che introduce alla sapienza: non solo accumulo di informazioni,

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Samaritanus Bonus: ‘‘Il cuore che vede’’ / Fratelli tutti: un’enciclica...

Il Papa firma ad Assisi nella Basinica Inferiore l’enciclica Fratelli Tutti

contro di me. Pensiamo a Gesù nella Passione. Mai come nella Passione Gesù è Figlio di Dio. Ma crediamo questa verità: che ogni altro è figlio, figlia di Dio. Tutto ciò genera possibilità di relazioni nuove, come accade al Figliol prodigo che ritorna. È vero, c’è anche il Figlio maggiore, che ha qualche difficoltà, ma in fondo, è proprio il figlio maggiore che dovrà riscoprire di essere figlio e non solo un servo fedele al Padre nelle cose da fare.”

non solo registrazioni di dati, non solo dichiarazioni di personaggi resi autorevoli più dagli applausi che dagli argomenti”.

E’ a partire da queste sollecitazioni che mi permetto di presentare la Lettera “Samaritanus bonus” della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita del 22 settembre scorso. Lo scritto è scivolato come acqua sotto i ponti senza un giusto rilievo sulla stampa anche quella religiosa.

Invece ci troviamo davanti ad un testo chiaro, preciso e profondo che chiede ad ogni credente una riflessione sul senso cristiano del fine vita.

Samaritanus Bonus: ‘‘Il cuore che vede’’

Il Buon samaritano che lascia il suo cammino per soccorrere l’uomo ammalato è immagine di Gesù che incontra l’uomo bisognoso di salvezza e si prende cura delle sue ferite e del suo dolore “con l’olio della consolazione ed il vino della speranza”.

In particolare il programma del Buon Samaritano è “un cuore che vede”. Egli insegna che è necessario convertire lo sguardo del cuore, perché molte volte chi guarda non vede. Perché?

Perché manca la compassione.

Senza la compassione chi guarda non rimane implicato in ciò che osserva e passa oltre; chi invece ha il cuore compassionevole viene toccato e coinvolto, si ferma e ne prende cura.

Oggi alcuni fattori limitano la capacità di cogliere il valore profondo di ogni vita umana, sono ostacoli culturali che oscurano il

valore sacro della vita. Il primo è il riferimento ad un equivoco uso del concetto di “morte degna” in rapporto alla qualità della vita. Secondo questo approccio quando la qualità della vita appare povera essa non merita di essere proseguita. Così però non si riconosce più che la vita umana ha un valore in sé. Un secondo ostacolo che oscura la sacralità della vita umana è una erronea comprensione della compassione. Davanti ad una sofferenza qualificata come “insopportabile” si giustifica la fine della vita del paziente in nome della compassione. Per non soffrire è meglio morire; è l’eutanasia cosiddetta compassionevole. Un terzo fattore è un individualismo crescente che induce a vedere gli altri come minaccia alla propria libertà. Alla radice di tale atteggiamento vi è un neo-pelagianesimo per cui l’individuo radicalmente autonomo pretende di salvare se stesso senza riconoscere una relazione con l’altro e ultimamente con Dio. L’individualismo è alla radice di quella che è considerata la malattia più latente del nostro tempo: la solitudine.

Papa Francesco parla di “cultura dello scarto” e le vittime di tale cultura sono i più fragili che rischiano di essere “scartati” da un ingranaggio che vuole essere efficiente a tutti i costi.

Vediamo ora in sintesi i contenuti principali scorrendo l’articolato indice che fa di questo testo come scrive F. Ognibene, caporedattore di Avvenire, il più completo ed avanzato riferimento della Chiesa sul fine vita.

“La cura della vita è la prima responsabilità che il medico sperimenta nell’incontro col malato.

Essa non è riconducibile alla capacità di guarire l’ammalato; anche quando la guarigione è impossibile o improbabile, l’accompagnamento medico-infermieristico, psicologico e spirituale, è un dovere ineludibile, perché l’opposto costituirebbe un disumano abbandono del malato”.

il Buon Samaritano di Vincent Van Gogh

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In questo senso l’eutanasia ed il suicidio assistito sono una sconfitta di chi teorizza, di chi decide e di chi la pratica.

“Quand’anche la domanda di eutanasia nasca da una angoscia

Mons Luigi Stucchi

e da una disperazione e benchè in casi del genere la responsabilità personale possa essere diminuita o persino non sussiste, tuttavia l’errore di giudizio della coscienza - fosse pure in buona fede - non modifica la natura dell’atto omicida, che in sé rimane sempre inammissibile.

Lo stesso dicasi per il suicidio assistito. Tali pratiche non sono mai un autentico aiuto al malato, ma un aiuto a morire”. Il Magistero della Chiesa ricorda che quando si avvicina il termine dell’esistenza terrena, la dignità della persona umana si precisa come diritto a morire nella maggiore serenità possibile e con la dignità umana e cristiana che le è dovuta. Tutelare la dignità del morire significa escludere sia l’anticipazione della morte sia dilazionarla con il cosiddetto “accanimento terapeutico”.

Questo argomento viene sviluppato chiarendo il tema della “desistenza terapeutica”, della “nutrizione assistita”, delle “cure palliative” e dell’aiuto degli hospice in quanto “accanto alla famiglia, l’istituzione degli hospice dove accogliere i malati terminali per assicurare la cura fino al momento estremo è cosa buona e di grande aiuto”.

Ora la riflessione si fa più puntuale e profonda soprattutto quando si affronta il problema della sedazione, dello stato vegetativo o minima coscienza e l’obiezione di coscienza. Invito perciò a recepire analiticamente il testo della Samaritanus Bonus.

umane e cristiane dell’empatia, della compassione del farsi carico della sofferenza condividendola e della consolazione, dell’entrare nella solitudine dell’altro per farlo sentire amato, accolto, accompagnato, sostenuto. La Chiesa chiama sacramenti “di guarigione” la Penitenza, l’Unzione degli Infermi, che culminano

nell’Eucarestia come “viatico” per la vita eterna.”

Termino con una forte proposta: leggere integralmente e discutere tra amici la lettera “Samaritanus Bonus” come aiuto a pensare ed agire da credenti nella società di oggi.

Mons. Luigi Stucchi. vescovo ausiliare emerito di Milano

Abbiamo chiesto a Mons. Angelo Pirovano, Prevosto e Decano di Erba, una riflessione sull’Avvento, il periodo liturgico che ci conduce al Natale e che quest’anno è “colmo di preoccupazione per la salute di tante persone colpite dal coronavirus”.

Con Maria incontro a Gesù In questo tempo di Avvento, per andare incontro a Gesù nel mistero del suo Natale, ci lasciamo guidare dalla mamma sua e nostra, Maria. Chi meglio di Lei ci può introdurre ed accompagnare nel cammino di fede incontro al Signore? Maria Santissima ci illumina sul mistero di Colui che celebriamo nel Natale; e non solo ci illumina, anche ci indica come incontrare Gesù, come vivere nel cuore questa esperienza così forte.

Maria ci indica anzitutto la fede.

Come si fa ad andare incontro ad una persona se non ci si fida di lei? E la mancanza di fiducia non è solo per chi ci guida, ma anche e soprattutto per chi ci aspetta. Maria ci dice che solo la fede ci permette di incontrare Gesù.

Lei, prima di noi e più di noi, ha atteso il suo Figlio nella fede, la fede di una mamma che sa di servire un progetto immensamente più grande di Lei, al quale

ha dato tutta la sua disponibilità. È la disponibilità della fede. Nel sì di Maria all’angelo Gabriele c’è tutta l’adesione personale, che nasce da una profonda fede, vissuta con grande intensità.

Sant’Agostino scriveva che un uomo senza fede è come un viandante senza meta, uno che lotta senza speranza di vittoria. Camminare senza meta è l’esperienza più angosciante che si possa vivere.

Non sapere dove si va, non conoscere chi e che cosa ci aspetta è una prospettiva che non permette di vivere nella serenità e nella pace. Guardiamo Maria; è la stella che guida i nostri passi.

Maria ci indica l’amore, l’amore di una mamma che accoglie il suo Divin Figlio con trepidazione.

Maria vive con amore, perché sa di essere amata immensamente da Dio. Ma sa anche che l’amore di Dio per Lei non si ferma a Lei. Dio vuole raggiungere tutti con il suo amore attraverso l’amore di Maria. Egli vuole raggiungere anche noi.

Perciò Maria non si tira indietro, non si rifugia in se stessa, non cede alla stanchezza, non rinnega il sì che ha detto all’angelo.

Anzi, fa sì che l’amore possa crescere e raggiungere tutti, in un abbraccio sconfinato.

Particolare della natività di Giotto

L’amore di Maria per noi suoi figli è il suo stesso amore per Gesù. È l’amore di una mamma: come potrebbe abbandonarci?

Mons. Angelo Pirovano

Come potrebbe rinnegare il suo amore per noi? No, non è possibile. Maria ci ama e ci accoglie tutti nel suo grembo materno.

Sa che il suo amore è l’amore di Dio per noi.

Maria ci indica la gioia. È la gioia per una nascita che è l’origine e la ragione della nostra salvezza. È giusto, nell’imminenza di una nascita, pensare non soltanto al bambino che nasce, ma anche alla mamma che lo dà alla luce. La preoccupazione per una vita nascente è anche la preoccupazione per colei che la genera.

Ma la preoccupazione, nella misura in cui è segno di una fede forte e di un amore premuroso, cede il posto ad una

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Con Maria incontro a Gesù / Samaritanus Bonus: ‘‘Il cuore che vede’’

Vorrei concludere però evidenziando il rinnovato invito che si chiede per l’accompagnamento pastorale e il sostegno dei sacramenti; “tale accompagnamento fa parte del percorso definito dalle cure palliative e deve comprendere il paziente e la sua famiglia”, “l’accompagnamento pastorale chiama in causa l’esercizio delle virtù

‘‘L’amore non è un ideale astratto...’’ / Solo la Mamma Maria ci può indicare...

grande gioia. La gioia per il Bambino è anche la gioia per la sua mamma. Anche noi vogliamo gioire insieme a Maria per la nascita di Gesù.

“Rallegrati”, dice l’angelo Gabriele a Maria; questo invito alla gioia è rivolto anche a noi.

Tutti noi siamo rappresentati in Maria; Ella è l’immagine della Chiesa; e noi siamo parte della Chiesa. Il nostro essere Chiesa e nella Chiesa non potrebbe essere autentico se mancasse la gioia. È la gioia della mamma celeste che giunge fino a noi.

Giungerà il Natale del Signore. Forse il cammino verso di esso sarà colmo di preoccupazione per la salute di tante persone colpite dal coronavirus. Ci sollevi tutti, nel cuore e nella vita, la nostra mamma Maria. Ella infonda in noi un profondo spirito di fede, un amore di figli, una gioia autentica. E così, imitando e amando Maria, giungeremo a celebrare il Natale del suo Figlio Gesù, nostro Signore.

Tutti saremo spiritualmente davanti al Presepe, con la preghiera soprattutto per gli ammalati, le persone sole, abbandonate da tutti, i piccoli. E Maria protegga tutti noi, suoi figli!

Mons. Angelo Pirovano Prevosto e Decano di Erba

Mons. Dario Edoardo Viganò, vice Cancelliere della Pontifica Accademia delle Scienze e della Pontifica accademia delle Scienze sociali, già primo Prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, dallo scorso 12 ottobre ha iniziato la conduzione di “Volti di speranza”, la rubrica voluta dalla Fondazione Santina di Bergamo, (in onda su Radio Mater il secondo lunedì dalle ore 21.10 alle 22.30). “Volti di speranza” presenta uno dei numerosi instant book scritti da mons. Luigi Ginami per raccontare le periferie esistenziali e reali del mondo.

“L’amore non è un ideale astratto, ma un cammino che non può saltare la croce”.

Tra gli antichi testi cristiani, troviamo un inno di Efrem il Siro che dice: «Le donne avevano udito: “ecco, la Vergine concepirà e partorirà”. Si aspettavano, le nobili, che da esse egli sorgesse; e anche le eleganti che da esse spuntasse. Sia benedetta la tua altezza, chinatasi e levatasi dai poveri». E nel Magnificat noi preghiamo con queste parole: «Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva».

Dopo il peccato delle origini, l’uomo ha smarrito il proprio sguardo contemplativo per assumerne uno possessivo («Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole

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agli occhi e desiderabile» Gen. 3,6) e così, cedendo alla menzogna del diavolo, d’un tratto si scopre nudo e si nasconde dinanzi a Dio. Sappiamo che il peccato porta con sé l’esperienza della morte («come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte». Rom. 5,12) e anzi l’uomo, dopo il peccato, continua a sentire la domanda “Adamo dove sei?” e si nasconde nella tomba. Ma Dio, che è Padre, non abbandona la sua creatura e manda il Figlio perché possa anche Lui attraversare la morte e riportare così l’umanità dinanzi al Padre («Egli è il principio, primogenito di coloro che risuscitano dai morti» Col. 1,18).

mons. Dario Edoardo Viganò

Questo progetto di amore e redenzione di Dio Padre ha una dinamica precisa: l’abbassamento, ovvero l’esperienza della condivisione con gli ultimi,

con gli abbandonati, con coloro che piangono, con i peccatori. Nella sua ultima enciclica il papa ci ricorda che «il fatto di credere in Dio e di onorarlo non garantisce di vivere come a Dio piace» (Fratelli tutti, 74).

La trasmissione Volti di speranza è il racconto di un gruppo di amici– la Fondazione Santina – ad altrettanti amici – la grande famiglia di Radio Mater - nel quale ciascuno, secondo le proprie possibilità e capacità, comprende che «siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo

Don Gigi Ginami e il dott. Luca Lorini

nell’amore» (Fratelli tutti, 68). E l’amore non è una parola o un ideale astratto, ma è un cammino concreto che non può saltare la croce, cioè la fatica il morire a se stessi. Commentando la parabola del buon samaritano (Lc. 10, 25-37), il papa cita san Giovanni Crisostomo: «Volete onorare veramente il corpo di Cristo? non disprezzatelo quando è nudo. Non onoratelo nel tempio con paramenti di seta, mentre fuori lo lasciate a patire il freddo e la nudità».

Personalmente ringrazio Radio Mater e la Fondazione Santina (don Gigi Ginami) per avermi invitato a entrare nel tessuto delle storie di bene concreto che insieme stanno prendendo forma concreta nelle parti più povere del mondo. Leggendo i libretti Volti di speranza anch’io conosco persone, storie, volti che don Gigi incontra nei suoi viaggi portando con sé tutte le persone che pregano e che, con quanto possono, danno una mano. I pozzi, le aule di catechismo, le cappelle nelle carceri, le stradine per raggiungere portano i nomi e di tutti ma soprattutto raccolgono quel tanto bene che Dio ha seminato nel cuore di ciascuno di noi e che noi siamo chiamati a far crescere.

Una trasmissione, Volti si speranza, che mi permette anche di rendere qualcosa, attraverso Radio Mater, alla mia Diocesi di Milano da cui molto ho ricevuto.

Don Gigi Ginami in Kenya con Evelyne, morta di Aids e i ibambini Santina, Nora e Ramsi

Mons. Dario Edoardo Viganò

Alcuni Instant Book della collana “Volti di Speranza” di mons. Luigi Ginami.

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‘‘L’amore non è un ideale astratto, ma un cammino che non può...’’

E tutti noi sappiamo come la nostra concreta esistenza sia una lotta per vivere come a Dio piace, vivere cioè il servizio di Gesù all’umanità unitamente alla sua intimità con il Padre nella preghiera.

Coroncina Angelica * O Dio vieni a salvarmi. * Signore, vieni presto in mio aiuto. * Gloria al Padre…

1) per intercessione di S. Michele e del coro celeste dei Serafini, ci renda il Signore degni della fiamma di perfetta carità. Amen.

Un Pater e tre Ave al 1° Coro angelico. (Da recitarsi dopo ognuna delle 9 invocazioni per il rispettivo coro angelico) 2) per intercessione di S. Michele e del Coro celeste dei Cherubini, voglia il Signore darci grazia di abbandonare la via del peccato e correre in quella della cristiana perfezione. Amen.

3) per intercessione di S. Michele e del sacro Coro dei Troni, infonda il Signore nei nostri cuori lo spirito di vera e sincera umiltà. Amen.

4) per intercessione di S. Michele e del Coro celeste delle Dominazioni, ci dia grazia il Signore di dominare i nostri sensi e correggere le smodate passioni. Amen.

5) per intercessione di S. Michele e del Coro celeste delle Potestà, il Signore si degni di proteggere le anime nostre dalle insidie e dalle tentazioni del demonio. Amen.

6) per intercessione di S. Michele e del Coro delle Ammirabili Virtù celesti, non permetta il Signore che cadiamo nelle tentazioni, ma ci liberi dal male. Amen.

7) per intercessione di S. Michele e del Coro celeste dei Principati, Dio riempia le nostre anime dello spirito di vera e sincera obbedienza. Amen.

8) per intercessione di S. Michele e del Coro celeste degli Arcangeli, ci conceda il Signore il dono della perseveranza nella fede e nelle opere buone, per poter giungere all’acquisto della gloria del Paradiso. Amen.

Coroncina Angelica

9) per intercessione di S. Michele e del Coro celeste di tutti gli Angeli, si degni il Signore di concederci di essere custoditi da essi nella presente vita mortale e poi condotti alla gloria eterna dei Cieli. Amen. * Un Pater e tre Ave al 9° Coro angelico. * Si recitino infine quattro Pater: il 1° a S. Michele, il 2° a S. Gabriele, il 3° a S. Raffaele, il 4° al nostro Angelo custode. * Si chiuda, dopo la recita delle litanie a San Michele, con un Salve, Regina, a Maria, regina degli Angeli

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Lo scorso 10 ottobre nella Basilica Superiore di Assisi è stato beatificato Carlo Acutis, un ragazzo di 15 anni morto in 72 ore per leucemia all’Ospedale San Gerardo di Monza.

Sulla santità di Carlo abbiamo intervistato Antonia Salzano, 53 anni, la mamma di Carlo, e di Michele e Francesca. Quando Carlo morì le disse: “Ti darò molti segni e sarai di nuovo mamma»

“Il Rosario è la scala più corta per salire in Cielo”. “Criticare la Chiesa significa criticare noi stessi! La Chiesa è la dispensatrice dei tesori per la nostra salvezza”. “L’unica cosa che dobbiamo temere veramente è il peccato”. “Tutti nascono come originali, ma molti muoiono come fotocopie”. “Muoio sereno perché non ho sciupato neppure un minuto della mia vita in cose che non piacciono a Dio”.

Sono alcune frasi cardini della vita “straordinaria” di Carlo Acutis, un adolescente morto a 15 anni per un male incurabile. Fin da piccolo scopre Gesù e di Lui si innamora. In Lui trova l’amico, il maestro, il salvatore.

Trova “la sua autostrada per il Cielo”. Trova tutto. Carlo: un ragazzo santo della porta accanto direbbe papa Francesco.

Uno che ha vissuto la normalità in una maniera eccezionale. A confermarcelo è sua mamma, Antonia Salzano.

“Sì è vero. Ma chi nella vita ordinaria mette Gesù, la sua sarà sempre una vita eccezionale.

Tutto ciò che Carlo faceva, lo faceva sempre per Gesù. Viveva con Gesù e per Gesù. E lo viveva, testimoniandolo. È questa la santità di Carlo, perché ripeteva spesso: “Non io ma Dio. Non l’amor proprio ma la Gloria di Dio. Quando trovo Dio, trovo il senso della vita”. E questa

dovrebbe essere anche la vita di tutti i cristiani. Il cristiano autentico è quello che si riempie di Dio, che si mette da parte per fare posto a Dio. La principale battaglia è contro noi stessi. Dal nostro cuore esce tutto ciò che è male: l’odio, l’impudicizia, la mormorazione. Diceva Carlo: Che giova all’uomo vincere mille battaglie se poi non è capace di vincere sé stesso? Carlo ha lasciato spazio a Dio dentro di sé, per permettere a Dio di diventare noi le sue mani tese.

La gente si sentiva attratta da Carlo già quando era piccolino.

Carlo attraeva. Come se la gente in Carlo percepisse un qualcosa che andava oltre. Comunicava serenità e spiritualità”.

Signora Antonia, come Carlo scoprì la fede? Chi gli insegnò l’importanza della preghiera e dell’adorazione eucaristica?

Carlo è sempre stato attratto dal sacro. Passavamo davanti ad una chiesa ed entrava. Gli piaceva stare davanti al Crocefisso, mandare i bacetti a Gesù. In primavera raccoglieva i fiori e li portava alla Madonna e quando divenne più grandicello li comprava con i suoi soldi. Certamente la nostra famiglia non gli ha inculcato questo amore per Gesù. Io ero una pecora nera, cresciuta in una famiglia laica, in un ambiente lontano dalla chiesa. Mio padre, editore, era sempre circondato da artisti, attori, scrittori. Gente lontana

dalla Chiesa. Sono andata in chiesa solo per ricevere i Sacramenti di iniziazione cristiana.

Avevo una devozione limitata per la Madonna, e avevo rimosso l’aspetto di pratica devozionale.

Da ragazza vedevo i cattolici come ipocriti, perché andavano a messa e poi si comportavano non coerentemente: facevano del male, non erano generosi con chi aveva necessità. Crescendo e grazie anche alle domande di Carlo, questo suo modo inquisitorio nel chiedermi tanti perché (fu sempre molto precoce: pensi che a 3 mesi ha detto la prima parola e a 5 mesi parlava), di fronte alle sue domande incalzanti, io che non conoscevo la differenza tra Vangelo e Bibbia - ero molto ignorante in materia religiosa - mi sono sentita spinta a studiare, approfondire il catechismo, la teologia, anche per dare risposte giuste a Carlo. Tramite una signora molto devota, andai a trovare a Bologna padre Ilio (p.

Ilio Carrai, conosciuto come il “padre Pio” di Bologna – n.d.r.), un sacerdote ispirato, con capacità introspettive straordinarie.

Mi ricordo quel periodo difficile per me: Carlo aveva 4 anni e io avevo perso mio papà, a cui ero molto affezionata: ero figlia unica. Quando questo sacerdote mi vide, mi disse che erano anni che mi stava aspettando e che

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La mamma: ‘‘Carlo è stato una specie di centrale nucleare...’’

La mamma: “Carlo è stato una specie di centrale nucleare di irradiazione di Gesù”

La mamma: ‘‘Carlo è stato una specie di centrale nucleare...’’

Signora Antonia, ciò che sorprende di Carlo è come la sua santità si sia in pochi anni “globalizzata”: il miracolo che lo ha portato alla beatificazione è avvenuto in Brasile… Come ha potuto Carlo in pochi anni diventare l’amico di tanti adolescenti in tutto il mondo?

io avevo una missione da compiere. Mi parlò di Carlo, che era stato scelto per un compito speciale e mi rivelò cose che poi si sono avverate. P. Ilio mi disse di studiare teologia che mi avrebbe aiutato ad approfondire la fede.

Ho frequentato la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, ho fatto diversi esami ma non mi sono mai laureata. Quegli studi mi hanno aiutato a capire che i sacramenti sono segni efficaci attraverso i quali ci viene comunicata la grazia. Ma soprattutto ho finalmente compreso che durante la messa con la transustanziazione, sull’altare c’è veramente Gesù.

La prima persona che Carlo convertì è stato il vostro cameriere: un bramino della casta sacerdotale indù. Come avvenne questa sua conversione? Cosa gli raccontava Carlo?

Questo è vero. Ma i primi a cambiare vita e a convertirsi siamo stati noi, suoi famigliari, la mia mamma si è avvicinata alla chiesa, e anche la zia, i cugini… Carlo è stato una specie di centrale nucleare di irradiazione di Gesù. Io ho sempre avuto la percezione che lui fosse un bambino speciale: mi chiedeva il permesso per tutto, perfino per prendere un bicchiere d’acqua. Era obbediente in tutto. E pensare che oggi c’è una disobbedienza planetaria, sia nel mondo religioso che in quello laico. Lui invece obbediva sempre. L’obbedienza è un segno di santità enorme. Lo chiamavo il “piccolo Budda”, perché avendo studiato storia delle religioni e conosciuto le realtà delle religioni asiatiche, Carlo mi appariva un “illuminato”. Quando ci fu il suo battesimo, non so come e perché, facemmo una torta a forma di agnello e anche il primo pupazzetto che gli regalai è stato un agnellino. E questo fu un segno per me. Lui è stato come un agnellino immolato: anche durante la malattia offriva tutto per il Papa e la Chiesa e per andare in paradiso senza passare per il purgatorio. Viveva molto la spiritualità di Fatima: era stato colpito dalle frasi che la Madonna pronunciò il 19 agosto 1917 ai tre pastorelli: molti finiscono all’Inferno perché nessuno prega per loro. Carlo aveva sognato una notte i tre pastorelli di Fatima e Giacinta gli avrebbe detto che non ci sono parole sulla terra per descrivere quanto sia terribile l’Inferno.

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Perché percepivano la presenza di Gesù dentro di lui. Tutti cerchiamo Gesù, consapevolmente o no. E quando incontriamo una persona che ha Gesù nel cuore, subito avvertiamo la Sua presenza. L’interesse suo oltre che per le cose religiose era per tutto: a 9 anni leggeva testi di ingegneria informatica che andavamo a comprare al Politecnico di Milano. Aveva una predisposizione tutta speciale. E senza mai mettersi in mostra. A lui interessava solo agire per il Signore. Si domandava - e questo era il suo tormento - perché la gente non capisse l’importanza dell’Eucarestia. Pregava in continuazione.

Andava a messa, faceva la comunione, recitava il Rosario. Leggeva S. Tommaso d’Aquino e sapeva rispondere a tutte le domande teologiche in modo puntuale. Captava se un sacerdote nel celebrare la messa era “freddo” e magari non credeva nelle parole che pronunciava. Ha preparato in internet una mostra sui Miracoli eucaristici, per dimostrare quanto è grande l’amore di Gesù per noi. Carlo ripeteva che tutti siamo chiamati per essere come Giovanni, cioè dei discepoli prediletti (ecco un’altra sua frase famosa: “tutti nascono originali, ma molti muoiono fotocopie”), e il gesto di Giovanni di chinarsi sul petto di Gesù ha un significato eucaristico, di intimità di Gesù con noi. La stessa intimità la possiamo trovare nell’Eucarestia, che è il cuore della Chiesa. Diceva Carlo: di fronte ad un cantante, ad un influencer di oggi si formano code di persone, di fronte a Gesù in chiesa ci sono pochissime persone, se non nessuna. E pensare che noi oggi siamo più fortunati di coloro che 2 mila anni fa, in Palestina, seguivano Gesù. Loro dovevano percorrere chilometri per incontrare Gesù. A noi basta scendere le scale di casa nostra ed entrare in chiesa e lì abbiamo Gerusalemme: il tabernacolo è come se fosse Gerusalemme, lì c’è tutta la storia di Gesù. In chiesa c’è un VIVO, una persona viva. Attraverso l’Eucarestia, farmaco di santità, ci immettiamo nella Santissima Trinità, viviamo qua in terra

Il secondo binario della santità di Carlo si chiama Maria...

Aveva un amore molto grande per Maria.

In internet c’è la sua seconda mostra, quella sulla Madonna. La prima è quella sull’Eucarestia. Recitava il Rosario tutti i giorni. Carlo ha voluto raccogliere gli appelli della Madonna alla conversione e per questo nella mostra le parole della Madonna sono scritte in oro.

Cosa avete provato, lei e suo marito, quando i medici vi hanno detto che non c’era più nulla da fare? L’unico figlio, che moriva a 15 anni...

Sinceramente il Signore mi aveva un po’ preparato. In quei giorni sentivo dentro di me le parole di Giobbe: Il Signore ha dato e il Signore

ha tolto sia benedetto il nome del Signore. La malattia è stata brevissima: 72 ore. Ho scoperto in seguito che due mesi prima di morire, Carlo aveva preparato un video in cui rivelava che quando avrebbe raggiunto i 70 chili, sarebbe morto. E in ospedale al S. Gerardo di Monza, ripeteva: da qui non esco. La sua preoccupazione era di andare in Paradiso senza passare per il Purgatorio. Ha vissuto la morte come l’incontro con il suo Amato. Diceva in quei giorni: muoio sereno perché non ho sciupato neppure un minuto della mia vita in cose che non piacciono a Dio. Mamma stai tranquilla: ti manderò molti segni e sarai di nuovo mamma.

A 43 anni, lei Antonia diviene mamma di due gemelli, Michele e Francesco: Sono una grazia di Carlo. Sono proprio bravi.

Dicono tutti i giorni il Rosario da quando avevano 5 anni e tutti i giorni vanno a messa. Vedremo cosa vorrà da loro il Signore.

Enrico Viganò

Un gruppo di volontari e amici di Radio Mater si sono recati ad Assisi per venerare la tomba di Carlo Acutis proprio il giorno prima della sua beatificazione. Ecco la loro testimonianza del pellegrinaggio.

“Ha fatto dell’Eucaristia la sua ‘autostrada’ per il Cielo” Ci è stato proposto di parlare di Carlo Acutis, un ragazzo di 15 anni che è stato beatificato il 10 Ottobre ad Assisi e che ha fatto dell’Eucaristia la sua “autostrada” per il Cielo, permettendo allo Spirito Santo di plasmarlo, secondo il progetto d’amore che Dio Padre aveva sognato fin dall’eternità per lui. Così facendo, nella Sua estrema docilità alla volontà di un Dio che lo ama ,Carlo è divenuto per tutti noi una testimonianza autentica e forte delle meraviglie che lo Spirito Santo compie nella vita di coloro che si aprono all’amore vero, vivendo la propria esistenza per Cristo in Cristo e con Cristo.

Detto questo ci chiediamo chi è per noi Carlo, chi è questo ragazzino che ci ha spinti ad andare in pellegrinaggio fino ad Assisi per pregare sulla sua tomba ? Perché abbiamo sentito questo desiderio profondo di recarci da lui?

La risposta la troviamo nel profondo della nostra

anima, là dove Dio parla al cuore dei suoi figli, nel silenzio di una relazione con Lui che si fa dialogo e si fa vita concreta e che per noi, in

Beatificazione di Carlo Acutis ad Assisi

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‘‘Ha fatto dell’Eucaristia la sua... / La mamma: ‘‘Carlo è stato una specie...

come se fossimo già in Paradiso. Gesù da noi vuole che spontaneamente accettiamo la Sua chiamata, non vuole dei robot.

I cattolici in Cina, a lungo divisi... / ‘‘Ha fatto dell’Eucaristia la sua...’’

questo caso, si è fatta scelta di partire. Tutto è nato da una chiamata che si è fatta comunione, che ha avuto origine da alcuni incontri, che causali non sono mai, ma che ci piace definire “Dio-incidenti”, meravigliosi e sorprendenti, che uniscono le persone nel cuore di un Dio che ci ama profondamente e che ci insegna ad amare a partire dal Suo stesso amore. Allora abbiamo semplicemente risposto a questo desiderio del cuore di partire per un viaggio non solo fisico, ma soprattutto spirituale; ognuno portando con sé il proprio zaino di vissuti, attese e speranze, ma con la consapevolezza certa e condivisa di voler ringraziare il Signore di questo bellissimo fiore profumato di Santità, che Dio ha donato alla Sua Chiesa, a noi che siamo la Chiesa pellegrina. E questo in un tempo in cui le relazioni sono continuamente ostacolate e ridotte a un poter fare o non fare, dovuto ad una pandemia che sembra bloccarci nella paura.

In realtà, la figura di Carlo ci rimarca che le relazioni con gli altri vanno oltre ogni confine fisico e temporale, perché è Dio stesso che le sigilla con il Suo amore e ci rende parte di una comunione che si fa in Cristo, per Cristo e con Cristo Eucarestia,

rendimento di grazia continuo per essere figli profondamente amati e dono gratuito di sé agli altri, uniti a Lui per l’eternità e nell’eternità.

Carlo, facendosi abitare e attraversare da questo amore grande ha permesso al Padre di realizzare nel qui e ora della vita concreta questa comunione. E ora, grazie alla sua beatificazione, è confermata essere la comunione dei Santi, dove anche noi pellegrini su questa terra siamo chiamati, anche attraverso l’esempio e la presenza di Carlo, a superare ogni ostacolo fisico, psicologico e sociale per amare i fratelli fino in fondo, e per testimoniare, come Carlo, nelle nostre vite, l’amore che Dio Padre in Cristo Suo figlio, presente vivo e vero nell’Eucarestia, riversa continuamente nelle nostre vite.

Tutto questo ci riempie e ci dona una speranza grande, a fronte di un mondo che sembra volerla togliere, ma che non avrà mai la meglio sull’amore di Dio che è più forte della morte, di ogni morte psicologica, sociale e fisica. Allora si innalza il nostro grazie al Signore per averci donato Carlo, la cui morte umana ha segnato l’esplosione di una vita vera in Dio che ha potuto superare ogni barriera umana, per farci sentire tutti fratelli chiamati ad un cammino di santità pieno di gioia vera e speranza autentica, un cammino di libertà che ci rigenera a vita nuova !!!

Lo scorso ottobre la Santa Sede e la Cina hanno prorogato l’Accordo Provvisorio sulle nomine dei Vescovi. Dell’importanza e significato della proroga, il nostro giornalista Francesco Vitale, ne ha parlato con la vaticanista Stefania Falasca, che a Radio Mater conduce “La Chiesa di tutti”, rubrica in onda ogni terzo martedì del mese alle ore 9.35.

I cattolici in Cina, a lungo divisi, devono ritrovare unità “Da quando mi è stato affidato il ministero petrino, ho provato grande consolazione nel constatare il sincero desiderio dei cattolici cinesi di vivere la propria fede in piena comunione con la Chiesa universale e con il Successore di Pietro - così nel settembre 2018 papa Francesco scriveva ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale per spiegare i contenuti dell’Accordo Provvisorio

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sulle nomine dei Vescovi in Cina - Di tale desiderio mi sono giunti nel corso di questi anni numerosi segni e testimonianze concreti, anche da parte di coloro, compresi Vescovi, che hanno ferito la comunione nella Chiesa, a causa di debolezza e di errori, ma anche, non poche volte, per forte e indebita pressione esterna”.

Francesco Vitale

Stefania, come è oggi lo stato dell’arte tra Santa Sede e Cina.

«Le due Parti hanno concordato di prorogare la fase attuativa sperimentale dell’Accordo Provvisorio per altri due anni». Così si è stabilito il 22 ottobre scorso tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese in merito all’Accordo sulla nomina dei vescovi stipulato a Pechino il 22 settembre 2018 ed entrato in vigore un mese dopo, giusto il 22 ottobre di due anni fa.

Ne ha dato comunicazione ufficiale la Santa Sede e lo stesso ha fatto Pechino in un comunicato disgiunto ma concordato. La Santa Sede – come diffuso dal bollettino della Sala Stampa vaticana – ritenendo che è stato positivo l’avvio dell’applicazione dell’Accordo di fondamentale valore ecclesiale e pastorale, «è intenzionata a proseguire il dialogo aperto e costruttivo per favorire la vita della Chiesa cattolica e il bene del Popolo cinese». E questo «grazie alla buona comunicazione e collaborazione tra le Parti». L’Accordo Provvisorio, il cui testo di diverse pagine, data la sua natura sperimentale è stato consensualmente mantenuto riservato, è frutto di un lungo dialogo.

L’accordo ha in realtà radici lontane come sottolineato

dal cardinale Segretario di Stato, card. Pietro Parolin Si tratta di un cammino iniziato molto tempo fa e portato avanti dagli ultimi pontefici. Che hanno cercato ciò che papa Benedetto XVI ha indicato come il superamento di una «pesante situazione di malintesi e di incomprensione», che «non giova né alle Autorità cinesi né alla Chiesa cattolica in Cina».

E sulla positiva riuscita anche di quest’ultima intesa per la proroga dell’Accordo si era si già pronunciato il giorno precedente al comunicato ufficiale lo stesso cardinale Parolin evidenziando come la decisione di continuare sia stata presa nei primi giorni di ottobre a seguito «di continui contatti reciproci», nonostante le difficoltà dovute al Covid che hanno impedito di viaggiare.

Siamo in presenza di un vero e proprio cambiamento. Ci sono state diverse reazioni?

Il passo compiuto ha sbaragliato il campo dalle interpretazioni che hanno agitato e intorpidito le acque sul suo esito e le sue finalità. Si tratta di un passo avanti oggettivo e chiaro nel solco del fitto scambio intercorso in questi ultimi anni tra rappresentanti del governo cinese e la Santa Sede che riveste una rilevanza nevralgica. Rilevanza che è stata posta continuamente sotto tiro per sviarne e offuscarne mediaticamente la portata. Tuttavia pressioni e intimidazioni esercitate sulla Santa Sede in merito al dossier cinese non

Stefania Falasca

hanno raggiunto l’effetto sperato e Papa Francesco e i suoi collaboratori hanno mostrato di non avere intenzione di abbandonare il percorso negoziale ripartito due anni fa.

Quali sono le aspettative su questo Accordo?

Sull’Accordo, infatti, si sono addensate le aspettative di parti che esulano dagli obiettivi e dalla finalità della Santa Sede e, come è stato osservato, sono sorti molti malintesi nati dall’attribuzione all’Accordo di obiettivi che esso non ha, o dalla riconduzione all’Accordo di eventi riguardanti la vita della Chiesa cattolica in Cina che sono ad esso estranei, oppure a collegamenti con questioni politiche che nulla hanno a che vedere con l’Accordo stesso.

Ma, come ha ricordato il cardinale Pietro Parolin annunciando la proroga concordata dell’Accordo, questo non riguarda relazioni diplomatiche e né ha in previsione lo stabilimento di rapporti diplomatici.

Cosa riguarda allora questo accordo?

fedeli in preghiera al Santuario di Sheshan

L’Accordo riguarda la situazione della Chiesa, «un punto specifico che sono le nomine dei vescovi e le difficoltà che ci sono e che noi speriamo con il dialogo di affrontare». «Da parte di alcuni settori della politica internazionale si è cercato di analizzare l’operato della Santa Sede prevalentemente secondo un’ermeneutica geopolitica.

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I cattolici in Cina, a lungo divisi, devono ritrovare unità.

Dopo due anni, l’Accordo è stato rinnovato. Di questo ne abbiamo parlato con Stefania Falasca, vaticanista del giornale Avvenire.

Ma per la Santa Sede – è stato chiaramente spiegato – si tratta di una questione profondamente ecclesiologica, in conformità a due principi così esplicitati da due antichi grandi Padri della Chiesa: “Ubi Petrus, ibi Ecclesia” (Sant’Ambrogio) e “Ubi episcopus, ibi Ecclesia” (Sant’Ignazio di Antiochia)».

I cattolici in Cina, a lungo divisi, devono ritrovare unità.

Quali sono i motivi che hanno guidato la Santa Sede in questo processo?

Lo scopo principale dell’Accordo è quello in sostanza di sostenere e promuovere l’annuncio del Vangelo, ricostituendo la piena e visibile unità della Chiesa. I motivi principali che hanno guidato la Santa Sede in questo processo, in dialogo con il governo cinese, «sono fondamentalmente di natura ecclesiologica e pastorale». L’Accordo sulle nomine dei vescovi cinesi tocca dunque le fibre più intime della natura apostolica della Chiesa, il dinamismo proprio della sua vita sacramentale.

Anche papa Francesco ha ribadito la linea seguita dalla Santa Sede... È già tutta espressa nel Messaggio di Papa Francesco del 26 settembre 2018 diretto ai cattolici della Repubblica popolare nel quale sono spiegate le ragioni dell’Accordo provvisorio siglato dalla Santa Sede e dalla Cina sulle nomine episcopali.

Nel Messaggio, il Papa aveva subito messo in chiaro che l’Accordo è maturato nel solco di un lungo dialogo. E proprio in quel Messaggio diffuso dal Papa

Cattolici Cinesi in piazza San Pietro

subito dopo la firma dell’intesa è manifesta la lettura puntuale di ciò che la Santa Sede sta facendo in questo momento.

Esprime infatti lo sguardo che il Vaticano ha sulle vicende del cattolicesimo cinese e sui rapporti con le autorità politiche della Cina continentale. Il Papa lì ha dato dei criteri di operatività e l’atteggiamento di fondo per aiutare a percorrere la strada che si ha davanti. Una strada che non era scontata, se si tiene conto del fatto che Pechino tratta le questioni relative alle diverse comunità di fede come una questione di politica interna e non vuole interferenze di alcun tipo.

In questi due anni non ci sono state comunque ordinazioni illegittime.

Le nuove ordinazioni sono state tutte compiute in piena e legittima comunione gerarchica con il Papa. «Abbiamo avuto risultati principali come il fatto che tutti i vescovi in Cina oggi sono in comunione con il Papa. Non ci sono più vescovi illegittimi,

questo mi sembra un passo in avanti notevole». E questo lo ha ricordato il cardinale Parolin.

La situazione in Cina dalla Lettera di Benedetto XVI ai cattolici in Cina del 2007 è oggi cambiata?

Il quadro è cambiato. Se infatti oggi in Cina viene riconosciuto il ruolo del Papa nel processo di nomina dei vescovi questo vuol dire che viene tolto ogni sospetto che in Cina si voglia far nascere una Chiesa separata e diversa dalla Chiesa di Roma.

Dopo la sigla dell’Accordo, il 30 giugno del 2019 sono stati pubblicati anche gli Orientamenti pastorali della Santa Sede riguardo la registrazione civile del clero in Cina e l’elemento di novità di quel testo orientativo è che la parola «indipendenza» della Chiesa in Cina non significa più «separazione».

La stipulazione dell’Accordo e ora la sua proroga ad experimentum sono dunque non solo il punto di arrivo di un lungo cammino intrapreso dalla Santa Sede e dalla Repubblica Popolare Cinese, ma anche e soprattutto il punto di partenza per più ampie intese nell’obiettivo principale che, come ha spiegato Parolin, è l’unità della Chiesa.

«E da qui si tratta di ripartire per poi, passo dopo passo, ritrovare una normalizzazione della Chiesa in Cina» aiutando «i cattolici cinesi, a lungo divisi, a dare segnali di riconciliazione, di collaborazione e di unità per un rinnovato e più efficace annuncio del Vangelo in Cina».

Cattolici cinesi raccolti in preghiera

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Francesco Vitale

Il nuovo palinsesto di Radio Mater per l’anno sociale 2020-2021

Per servire ancora meglio La Chiesa.

Radio Mater propone quest’anno un palinsesto grandemente rinnovato e con tanti (ben dodici) nuovi conduttori di rilievo, come mons. Giuseppe Merisi, che con la rubrica “Missione della chiesa in questo mons. Dario Edoardo Viganò nostro tempo difficile” (4° martedì, h. 9,35), affronta le tematiche attuali della vita della Chiesa e mons. Dario Viganò, che conduce il secondo lunedì di ogni mese (ore 21,10) “Volti di speranza”.

Don Massimo Pavanello, sempre della diocesi di Milano, conduce “Laudato sì. In cammino per la cura della casa comune” (1° giovedì h. 18.35).

Marco Bertola, già caporedattore di Avvenire, don Massimo Pavanello approfondisce i temi della comunicazione nella Chiesa con “Radio-grafie, l’informazione ai raggi X” (4° mercoledì, h. 9,35).

Claudia Rapetti (3° e 5° mercoledì, h. 18.50) ci aiuta a meditare sulle Litanie: “Maria e Giuseppe: uno sguardo alle Litanie”. Anche P. Luigi Senesi (4° lunedì h. ore 9.35) propone un tema mariano con “Voglio parlare di te, Maria”; come pure don Simone Campana (1° domenica, h. 21,10): “Maria di Nazareth, cammino di sanMarco Bertola tità”.Il 3° giovedì ore 21.40: Quanto è grande il tuo Nome (o Signore)! con sorella Annamaria Vitadello.

Don Gaudenzio Pavan (2° e 4° giovedì, h. 21.40) ci fa camminare “Con Gesù nel deserto”, mentre don Federico Porello (1° venerdì, h. 21.40) con “Lampada per i miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino”), il versetto del Salmo 119, mons. Giuseppe Merisi scelto dal Card. Martini come epigrafe sulla propria tomba, ci conduce a conoscere maggiormente la Bibbia.

Radio Mater, seguendo la linea editoriale tracciata da don Mario di fedeltà e legame con la Chiesa italiana, dedicherà quest’anno uno spazio radiofonico alla vita pastorale della Chiesa che è in Sicilia con la rubrica: “Sentinelle del mattino nella terra del Marina Di Giorgi Sole”, condotta da Marina Di Giorgi e andrà in onda dalle ore 18,50 alle 19,30 di ogni primo venerdì del mese.

Ma come è noto, i programmi della nostra radio non sono solo di argomento religioso, ma anche con tematiche inerenti alla vita sociale, del tempo libero e sanitaria di ogni giorno. E così il cardiologo dott. Simone Gulletta, (1° o mercoledì, h. 17.30) ci parlerà di “Il cuore e le aritmie”, e la psicologa Francesca Rossi (3° mercoledì, h. 17.30) di “Non di solo pane ... i bisogni esistenziali dei bambini”.

E. Vig.

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Per servire ancora meglio La Chiesa.

Inoltre ad iniziare dal prossimo 26 ottobre, ore 17,35, (4° lunedì di ogni mese), il Gruppo di Pastorale biblica della diocesi di Milano, con padre Gianfranco Barbieri rifletterà su “La sapienza di Dio padre Gianfranco Barbieri ispira la felicità. Passi alla scuola del Siracide”, itinerario di formazione degli animatori dei gruppi ascolto e di tutti coloro che vogliono approfondire la conoscenza del Vangelo.

‘’La didattica a distanza ha evidenziato l’abisso di disparità nella vita...’’

Paolo Usellini, referente per il Piemonte dell’Anpe (Associazione nazione Pedagogisti italiani), dirigente scolastico delle scuole paritarie del Sacro Cuore della provincia di Novara, giornalista pubblicista e conduttore a Radio Mater di “La buona Scuola”, trasmissione in onda il 3° martedì alle ore 11,05, riflette sulla drammatica situazione dell’anno scolastico da poco iniziato

“La didattica a distanza ha evidenziato l’abisso di disparità nella vita degli studenti” Catastrofe educativa. Non a caso Papa Francesco usa termini forti quando parla di educazione. Non a caso desidera centrare l’attenzione sui circa dieci milioni di bambini che potrebbero essere costretti a lasciare la scuola a causa della crisi economica generata dal coronavirus «aumentando – sono parole sue - un divario educativo già allarmante (con oltre 250 milioni di bambini in età scolare esclusi da ogni attività formativa)». Non a caso parla di educazione antidoto all’individualismo, ribadendo: <<Noi riteniamo che l’educazione sia una delle vie più efficaci per umanizzare il mondo e la storia.

L’educazione è soprattutto una questione di amore e di responsabilità che si trasmette nel tempo di generazione in generazione.

L’educazione, quindi, si propone come il naturale antidoto alla cultura individualistica, che a volte degenera in vero e proprio culto dell’io e nel primato dell’indifferenza» e ricordando che «il nostro futuro non può essere la divisione, l’impoverimento delle facoltà di pensiero e d’immaginazione, di ascolto, di dialogo e di mutua comprensione.

Il nostro futuro non può essere questo».

Tradotto in concreto, Papa Francesco, chiede a tutti di fermarsi a riflettere, centrando l’attenzione certamente all’oggi ma soprattutto al domani. E indirettamente invita il mondo della scuola a ripensare a se stessa. Perché da qui dobbiamo partire. Scuola che, svalutata socialmente, con docenti ridotti dalla società a diventare impiegati mal pagati – da tanti considerati dei fannulloni – si trova a dover affrontare una nuova sfida, in questo tempo di seconda tornata di Coronavirus.

Come? Sicuramente è da apprezzare la volontà di mantenere aperti gli edifici, partendo da presupposti educativi e non da ricatti politici interni alla maggioranza di governo. Il ritorno alla didattica a distanza può in parte funzionare (l’esperienza ce lo ha insegnato) alle superiori, di certo non per i ragazzi di età inferiore.

O almeno, va vista come opportunità per non perdere giorni di scuola, chiaramente solo per un periodo limitato.

Ma, per dirla con lo scrittore Giuseppe Savagnone, “Qual è

Paolo Usellini

il passo in più che si deve compiere?”. Risponde lui stesso: «La scuola anche nella sua qualità e non solo nella sua quantità deve ritrovare la sua dimensione educativa e culturale. Il coronavirus non ci ha insegnato nulla? Eppure, ci ha mostrato la fragilità esistenziale dell’umano, la precarietà dei nostri sistemi economici e sociali, ha messo in luce ingiustizie profonde. Ha svelato che è un’ipocrisia che l’uguaglianza che si crea in classe sia reale: infatti, la didattica a distanza ha evidenziato l’abisso di disparità nella vita degli studenti». E rincara: «Nel momento in cui sono crollati tanti muri, i docenti devono riscoprire la loro creatività, che sembrava completamente perduta».

La scuola, ai tempi del Coronavirus, è tutto questo. E in realtà molto di più. Necessita di risorse maggiori, non solo di mascherine. Di rispetto e di attenzione, non di essere sempre al centro di polemiche sterili.

Ma soprattutto di essere luogo di relazione e di incontro, ossia di educazione. Alla vita.

Regole da rispettare a scuola

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Paolo Usellini

Come Ascoltare Radio Mater Coordinate Satellitari

In Europa Via Satellite: EutelSat “Hot Bird” Posizione: 13° Est Ricevitore:Digitale Standard - DVB - (MPEG2) Transponder:BOUQUET EUTELSAT TR. 72 Frequenza: 12,149 Ghz Polarizzazione:Verticale FEC: 3/4 - S/R: 27.500 KB/s Antenna parabolica consigliata:diametro non inferiore a 100 cm.

LNB: Universale

Digitale Terrestre DVB-T

BVB-T solo in Lombardia, Piemonte, Roma e Provincia DAB(Digital Audio Broadcasting)Trentino, Piemonte, Firenze, Roma, Perugia a seguire altre Regioni.

Il segnale è poco chiaro o non riesci a riceverlo?

Ti ricordiamo che è possibile ascoltare Radio Mater anche con il televisore!

Devi premere il tasto “Radio” sul tuo telecomando e scorrere la lista delle radio fino a trovare Radio Mater.

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