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Fluoroelastomeri a rischio di bando
La recente proposta di restrizione delle PFAS ha instaurato uno scenario più severo di quanto fosse ipotizzabile, che, seguendo il principio della “semplificazione”, coinvolge migliaia di sostanze di sintesi, tra cui anche fluoropolimeri e fluoroelastomeri. Con ricadute sul settore che hanno portato le associazioni nazionali ed europee a fare fronte comune per ricondurre la discussione nell’ambito della ragionevolezza basata su una maggiore scientificità.
Lo scorso gennaio le autorità di cinque stati membri (Germania, Olanda, Svezia, Norvegia, Danimarca) hanno presentato all’Agenzia europea Echa una proposta di restrizione riguardante le sostanze per- e poli-fluoro alchiliche, ormai comunemente note come PFAS (per- and polyfluoroalkyl substances). Non si tratta certamente della prima misura restrittiva che colpisce le sostanze organiche fluorurate, ormai da tempo sotto i riflettori delle autorità, né si tratta di una iniziativa inattesa, essendo noto da anni che il dossier fosse in fase di gestazione. Era anche noto che la nuova misura avrebbe avuto una portata molto più generale rispetto a quelle precedenti.
Il testo reso noto concretizza tuttavia lo scenario più severo fra quelli ipotizzati, proponendo un bando generalizzato per tutti i PFAS. Tenendo conto che sotto questa denominazione ricade qualsiasi sostanza contenente almeno un atomo di carbonio metilico o metilenico completamente fluorurato (-CF3 o -CF2-), con pochissime eccezioni, si realizza, non senza sorpresa, che gli estensori del dossier hanno optato per la “semplificazione”, raggruppando in un’unica categoria decine di migliaia di sostanze di sintesi, con proprietà e profili di pericolosità diversis- simi fra loro, includendo anche i fluoropolimeri e i fluoroelastomeri. Si tratta, come dichiarato da Echa stessa, della più ampia restrizione mai concepita nella UE.
È incontestabile che alcuni PFAS presentino profili di pericolosità critici per l’ambiente o la salute umana. Si tratta infatti di sostanze caratterizzate in generale da una notevole stabilità (il legame carbonio-fluoro è fra i più forti nella chimica organica), che si può tradurre in persistenza nell’ambiente e bio-accumulabilità. Inoltre, se in forma gassosa, possono presentare caratteristiche di gas serra. A livello di salute umana, alcune di queste sostanze possono risultare interferenti endocrini o cancerogene. È altresì noto che alcuni PFAS sono stati in passato protagonisti di gravi episodi di inquinamento, legati al loro uso in alcuni prodotti (per esempio le schiume antincendio negli USA) o in alcuni processi produttivi (si pensi, limitandosi all’Italia, alla vicenda della Rimar in Veneto). Queste criticità hanno riguardato tuttavia solo alcuni PFAS a basso peso molecolare, che ragionevolmente sono stati oggetto nel passato anche recente di misure restrittive più o meno specifiche, come per esempio i PFHxA o il PFOA.
Una equiparazione sproporzionata e ingiustificata
Ben diversa è la situazione dei fluoroelastomeri, o in generale dei fluoropolimeri, che, pur rientrando nella definizione di PFAS, nulla hanno a che vedere con le sostanze coinvolte nelle criticità citate. In virtù del loro elevato peso molecolare, non risultano infatti bio-disponibili e non presentano alcuna delle caratteristiche di pericolosità descritte. Considerare l’intera classe dei PFAS alla stessa stregua - compresi i polimeri/elastomeri - e applicare indiscriminatamente una misura restrittiva come il bando risulta del tutto sproporzionato e ingiustificato sul piano scientifico e introduce oltretutto gravi criticità in diversi settori applicativi. I fluoroelastomeri sono infatti utilizzati in applicazioni dove sono richieste elevate prestazioni in termini, per esempio, di resistenza termica e chimica, che giustificano i costi sensibilmente maggiori che caratterizzano questi materiali.
A titolo di esempio si pensi al settore auto, nel quale l’uso dei fluoroelastomeri nel motore termico è progressivamente cresciuto negli ultimi anni, di pari passo con lo sviluppo tecnologico richiesto dai parametri ambientali sempre più stringenti imposti dalla normativa comunitaria. La necessità di ottenere livelli di efficienza sempre più esasperati ha reso necessario progettare motori termici sempre più compatti, che operano a temperature sempre più elevate. Tali condizioni operative - oltretutto in un ambiente chimico aggressivo - hanno messo fuori gioco i materiali elastomerici utilizzati in passato, richiedendo prestazioni che solo i fluoroelastomeri possono garantire. Che il medesimo legislatore europeo intenda ora bandirli risulta quantomeno paradossale. Si potrebbe obiettare che il destino del motore termico sia ormai segnato in tempi relativamente brevi, ma, posto che su questo cambio di paradigma le incertezze sono ancora rilevanti, sia sul piano tecnologico, che ambientale, oltre che geopolitico, l’elettrificazione, se pur comporterà una relativa riduzione della presenza di questi materiali nei veicoli, non la eliminerà del tutto, considerando che con i fluoropolimeri è realizzata una serie di componenti chiave delle emergenti tecnologie. Tutto questo senza parlare di applicazioni in campo militare. Seppur costituenti una nicchia nel settore della gomma, questi materiali ricoprono pertanto un interesse strategico e sarà fondamentale profondere ogni sforzo per difenderne l’uso, cercando di comunicare efficacemente tutte queste considerazioni.
Coordinamento nazionale ed europeo
L’azione di Assogomma e della sua omologa europea Etrma non inizia certamente ora: le due associazioni stanno seguendo il dossier fin dal suo esordio, dando il proprio contributo alle consultazioni pubbliche che nel frattempo sono state promosse. Sul tema sono stati naturalmente attivi anche i produttori di fluoropolimeri, che hanno promosso a livello europeo una RMOA (Risk Management Option Analysis) da contrapporre al dossier in corso di preparazione da parte delle autorità nazionali coinvolte.
Purtroppo, il dossier recentemente pubblicato costituisce un passo in direzione opposta a quella sperata. Ora, tuttavia, con il passaggio del dossier a Echa, si apre la fase decisiva, nella quale occorrerà cercare di riportare la discussione nell’ambito della scienza e della ragionevolezza. Sarà tuttavia fondamentale il massimo coordinamento fra tutti gli attori della filiera, dai produttori di materie prime a quelli di componenti in fluoroelastomero, fino ai loro utilizzatori, come il settore automobilistico. Proprio in questa direzione si è già mossa Assogomma, che, fin dai primi giorni successivi alla pubblicazione della proposta, ha costituito al proprio interno uno specifico gruppo di lavoro, al quale hanno aderito numerose aziende trasformatrici e più di un fornitore di fluoroelastomeri. In coordinamento con Etrma a livello europeo e Confindustria a livello nazionale, è in fase di definizione una prima raccolta dati, funzionale a predisporre la risposta alla consultazione pubblica. In parallelo, sul fronte istituzionale, il dossier verrà sottoposto all’attenzione dei comitati consultivi di Echa RAC e Seac, responsabili di analizzare la proposta rispettivamente sul piano dell’analisi del rischio e dell’impatto socio-economico. Sulla base di questi pareri Echa formulerà una proposta di restrizione alla Commissione, che coinvolgerà a quel punto nel processo decisionale le rappresentanze degli Stati membri. La parola passerà poi al Parlamento e al Consiglio. Assogomma, pertanto, presidia da vicino questo importante argomento e continuerà a farlo nei mesi a venire a difesa delle imprese associate e di tutto il settore.
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Per affrontare la vicenda è apparso fin da subito fondamentale il massimo coordinamento fra tutti gli attori della filiera, dai produttori di materie prime a quelli di componenti in fluoroelastomero, fino ai loro utilizzatori, come il settore automobilistico.
