
19 minute read
Isolamento globale
Secondo il recente studio “Global Insulation” di Freedonia Group, gli espansi hanno rappresentato, con il 50%, la quota maggiore della domanda di materiali per isolamento nel 2021. Tali soluzioni sono diffuse in tutte le aree geografiche e nei principali mercati a livello globale. Polistirene, poliuretano e schiume fenoliche sono i materiali isolanti che, tanto in forma di pannelli che in applicazioni a spruzzo, trovano la maggiore diffusione di utilizzo.
In base alle previsioni, la domanda globale di isolamenti in materiali plastici espansi crescerà dell’1,2% all’anno, raggiungendo il valore di 29,1 miliardi di dollari, per un totale di 9,7 milioni di tonnellate nel 2026. Seppure il valore di mercato crescerà a un ritmo relativamente lento, frenato dal calo dei prezzi conseguente all’inflazione elevata e ai livelli relativi alla catena di approvvigionamento, sarà sostenuto da buoni aumenti della domanda.
In termini di materiali, l’EPS dovrebbe continuare a rappresentare la quota maggiore della domanda, sostenuta dal suo basso prezzo rispetto ad altri materiali espanse, mentre l’aumento dei volumi di XPS sarà supportata dal crescente utilizzo di questo materiale in applicazioni quali tubature e condotte a livello globale, grazie al suo elevato valore R (fattore di isolamento termico).

La crescita dell’impiego di poliuretano oltre 120 riciclatori di materie plastiche attualmente operanti in Polonia, che hanno permesso anche di stilare una classifica delle principali 77 aziende attive in tale settore. dovrebbe invece essere la conseguenza di vari fattori, tra cui la crescente diffusione dell’impiego di schiume poliuretaniche a spruzzo, l’espansione nel mercato dell’edilizia non residenziale, dove i materiali plastici espansi trovano ampia diffusione in questo tipo di applicazioni, e la solida crescita nella produzione di frigoriferi e congelatori.
Polistirene, poliuretano e schiume fenoliche sono i materiali isolanti che, tanto in forma di pannelli che in applicazioni a spruzzo, trovano la maggiore diffusione di utilizzo.
Presso la sede della società Galdi si è tenuto il convegno “Regolamento imballaggi e impatto per la filiera del packaging” voluto e organizzato da Amaplast e Ucima per offrire un momento di confronto sulle criticità che il nuovo atto normativo proposto dalla Commissione europea introdurrebbe per le aziende del settore e sulle strategie adottabili per farvi fronte.

DI GIROLAMO DAGOSTINO
La proposta di un nuovo Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio europeo sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, presentata dalla Commissione europea il 30 novembre 2022, sta destando grandi preoccupazioni tra gli operatori del settore. L’intera filiera dell’imballaggio si è mobi- litata da circa un anno per manifestare il proprio dissenso riguardo un atto normativo che, al di là delle criticità che impone al comparto del packaging, se mantenesse la forma giuridica del regolamento risulterebbe “auto-esecutivo” dalla sua entrata in vigore, senza alcuna possibilità di discrezionalità da parte degli Stati membri in quanto a trasposizione delle nuove regole negli ordinamenti nazionali. Questo aspetto di cogenza non supportata da evidenze scientifiche è forse quello che spaventa maggiormente il settore dell’imballaggio e che è emerso chiaramente anche al convegno “Regolamento imballaggi e impatto per la filiera del packaging” voluto e organizzato da Amaplast (l’associazione nazionale dei costruttori di macchine e stampi per materie plastiche e gomma) e Ucima (l’unione dei costruttori italiani di macchi- ne automatiche per il confezionamento e l’imballaggio), tenutosi presso la sede di Galdi (nella foto di apertura), azienda costruttrice di macchine per l’imballaggi, a Paese (Treviso), il 9 febbraio. Sul palco del convegno si sono ritrovati i rappresentanti a vario titolo della filiera del packaging e delle istituzioni per un confronto sulle diverse criticità delle norme del nuovo Regolamento imballaggi e sulle diverse strategie messe in atto per farvi fronte, tema predominante per il settore e sviluppato nel corso dell’evento, che ha richiamato l’interesse di oltre 150 aziende.







Confusione e poca chiarezza
“Noi non siamo contro il cambiamento”, ha dichiarato Riccardo Cavanna, Presidente di Ucima, “Il problema è che que- sto Regolamento sta creando confusione. Noi abbiamo avuto sempre un ruolo da protagonisti nel portare la filiera a raggiungere importanti risultati in termini di economia circolare, ma abbiamo bisogno di un approccio concreto e che valorizzi il percorso intrapreso finora. L’obiettivo comune è la salvaguardia del nostro pianeta”.
La carenza di indicazioni certe e la mancanza di un’impalcatura normativa ben delineata sono lacune importanti che il confronto non ha mancato di sottolineare. A questo proposito, è bene rilevare che, nel testo della proposta di Regolamento, la Commissione rinvia a una legislazione secondaria, una decina di atti delegati, per dieci anni nei poteri della Commissione Ambiente, tacitamente rinnovabili da Parlamento e Consiglio. Da diverse parti è emerso che l’atto delegato non sia uno strumento idoneo a garantire sufficiente flessibilità e tempestività per rappresentare una realtà così complessa come quella della filiera dell’imballaggio e che si debba piuttosto prevedere una delega di questa materia a organi tecnici competenti, che, con strumenti di “soft law”, quali norme tecniche e linee guida settoriali, possa meglio rispondere alle esigenze del mercato.
Il rimando ad atti delegati della Commissione compare spesso nella proposta di Regolamento con riferimento a punti chiave della nuova disciplina come, per esempio, la riciclabilità degli imballaggi rispetto alla quale la nuova disciplina impone che dal 1° gennaio 2030 tutti gli imballaggi immessi sul mercato dovranno rispettare i criteri di progettazione per il riciclo che saranno identificati con atti delegati adottati dalla Commissione a partire dal 1° gennaio 2027.
Mancano evidenze scientifiche
“La fattibilità tecnica del nuovo Regolamento non è un aspetto da poco e va valutata attentamente”, ha aggiunto Dario Previero, presidente di Amaplast. “Fare fronte comune tra associazioni ha lo sco- po di dar voce alle perplessità delle aziende e poter lavorare per individuare la miglior soluzione possibile”.
Per quanto possano essere rivolte alla salvaguardia degli aspetti ambientali del pianeta, messi in pericolo dal proliferare di rifiuti sul territorio, le nuove imposizioni della proposta di Regolamento suscitano spesso perplessità sia per l’ambizione dei risultati, ritenuti in più frangenti di difficile realizzazione, sia per la mancanza di un supporto scientifico a corredo di vere e proprie sfide che rischiano di mettere in ginocchio il settore.
Un esempio è rappresentato dalla preminenza accordata ai processi di riutilizzo/ riempimento degli imballaggi, rafforzata dall’obbligo verticale e orizzontale dato dalla forma giuridica dell’atto normativo, il regolamento, che non è supportato da chiare evidenze scientifiche che dimostrino impatti ambientali complessivi migliori, per esempio nei confronti degli imballaggi monouso/riciclati. Lasciano perplessi gli obiettivi di riutilizzo e i divieti di immissione sul mercato di ampie categorie di imballaggi senza che tali misure siano supportate da valutazioni sul ciclo di vita dei diversi sistemi di utilizzo degli imballaggi e del loro fine vita. Rendendo pubblici metodologia e risultati, la Commissione darebbe tra l’altro a tutti i soggetti interessati dati certi sulla base dei quali riorientare e/o indirizzare ricerca e sviluppo e investimenti.
Unità di intenti
La partecipazione di Confindustria al convegno ha evidenziato una unità di intenti fra gli operatori del settore e l’organo istituzionale in rappresentanza degli interessi del comparto industriale e produttivo.


È attivo, infatti, un gruppo di lavoro coordinato da Confindustria, composto dalle associazioni della filiera dell’imballaggio, per identificare, valutare e raccogliere le istanze degli operatori industriali alla luce delle nuove disposizioni normative previste dalla proposta di regolamento. Nel corso dell’evento Confindustria ha presentato le strategie attuate in difesa del settore e di tutta la filiera, affinché la riforma risulti equilibrata e orientata al rafforzamento del sistema-Italia di gestione dei rifiuti di imballaggio, un modello da preservare e difendere.
“Non accettiamo lo spostamento di paradigma del nuovo Regolamento europeo dal riciclo al riuso. È un approccio non suffragato da dati scientifici. Un esempio: il massivo uso di acqua per permettere il riutilizzo”, ha dichiarato Marco Ravazzolo, responsabile per le politiche industriali e per la sostenibilità di Confindustria.
A livello istituzionale era presente anche il Senatore Luca de Carlo, presidente della Commissione industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare del Senato, secondo cui “non bisogna farsi intimorire da mode ideologiche che criminalizzano la plastica. L’Italia rappresenta un modello per il riciclo e va difeso”.
Lo sguardo poi si è ampliato grazie al punto di vista portato da Francesca Stevens, segretario generale di Europen (l’organizzazione europea per il packaging e l’ambiente, che ha evidenziato come “in Italia c’è grande attivismo da parte di Confindustria e del Governo per difendere le istanze della filiera italiana del packaging. Da altri Paesi le resistenze sono più morbide, ma serve coesione da parte di tutti perché la strada che si sta percorrendo è rischiosa per molti aspetti”.
Il palco degli intervenuti, durante un momento del convegno.
A dimostrazione dell’unità di intenti e di vedute è di novembre la dichiarazione congiunta predisposta proprio da Europen per reagire alla bozza di Regolamento sugli imballaggi. Il documento, condiviso da più di 60 organizzazioni europee, rappresenta un forte segnale di coesione e allineamento dell’industria europea, utilizzato come base per azioni simili in ciascun Paese dell’Unione Europea al fine di sensibilizzare i rispettivi Governi, parlamentari e rappresentanti europei, in linea con quanto fatto da Confindustria e tutto il mondo associativo in Italia.
A rischio la sicurezza di prodotto
La parola è stata data anche agli imprenditori, che, insieme a Giflex, l’associazione nazionale che raggruppa i produttori di imballaggi flessibili destinati al confezionamento di prodotti alimentari, far- maceutici, chimici e altre applicazioni industriali, si sono confrontati sulle criticità innescate dalle normative nei rispettivi settori di attività durante una tavola rotonda.


“Credo che questo regolamento”, ha sostenuto Alberto Palaveri, presidente di Giflex, “non acceleri lo sviluppo, bensì lo freni. Il rischio è quello di ritrovare le nostre aziende più povere e i consumatori meno tutelati sotto il profilo della sicurezza”.
Il tema della sicurezza di prodotto è centrale nella vicenda delle nuove regole sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio. Il riferimento è quasi scontato ma indispensabile e fa riferimento a una funzione basilare dell’imballaggio, quella di proteggere la merce e preservare la salute del consumatore dal danno derivante da un prodotto alterato. La sicurezza e funzionalità degli imballaggi deve essere tenuta in conto per evitare anche altri effetti negativi indesiderati, quali l’aumento dei rifiuti alimentari o di altri prodotti. Le nuove direttive inerenti all’obbligo di riutilizzo o di percentuali crescenti di riciclato contenuto negli imballaggi offrono il fianco a perplessità proprio in tema di sicurezza. Solo a titolo di esempio, risulta difficoltoso garantire la salvaguardia della sicurezza alimentare in presenza di cicli di riutilizzo dell’imballaggio e della necessità di lavaggi a cura del consumatore. Da più parti è stato rilevato che gli imballaggi hanno un ruolo essenziale nella prevenzione dei rifiuti alimentari, proteggendo i prodotti e riducendo al minimo gli sprechi in tutte le fasi della catena del valore. Sarebbe opportuno tenere in debita considerazione come gli imballaggi possano preservare la sicurezza degli alimenti riducendo al minimo le fonti di contaminazione così come i rifiuti alimentari dovuti al deterioramento. Walter Bertin, presidente e CEO di Labomar, in linea con quanto sostenuto da Palaveri, evidenziando i risultati già ottenuti, ha dichiarato che “ci sono prodotti in commercio che già implicano un basso impatto ambientale, basato sul riciclo. È rischioso rimettere in discussione anni di sviluppo”. La presenza di Walter Bertin ha richiamato l’attenzione sull’industria farmaceutica, una di quelle direttamente interessate dal nuovo Regolamento. In questo ambito, l’imballaggio svolge un ruolo più che mai cruciale e insostituibile nella protezione, nella conservazione e nel mantenimento dell’integrità terapeutica dei prodotti farmaceutici per uso sia umano sia animale, a garanzia della sicurezza e della salute degli uni e degli altri. Il convegno è stato fortemente voluto dalle due associazioni come occasione di incontro con le aziende del territorio, in questo caso quello veneto, per presentare le proprie attività e farsi portavoce di temi caldi per il comparto. In conclusione, a questo proposito risulta appropriato l’intervento di Alessandro Lazzarin, presidente di Latteria del Montello (Nonno Nanni), che ha messo in luce l’importanza di questo genere di eventi, affermando che “con la nostra azienda siamo molto attenti a quel che sta succedendo perché le norme del Regolamento impattano notevolmente sul modo di fare sviluppo. In questa fase serve più chiarezza e ben vengano questi incontri”.




Consorzi e associazioni di filiera della trasformazione e del riciclo collaborano per coordinare le rispettive attività verso un sempre maggiore riciclo dei prodotti in plastica giunti a fine vita. Da utilizzare come fonti per ottenere nuovi materiali ma anche per produrre combustibili alternativi. Tutto in un’ottica di sostenibilità ed economia circolare per ridurre le emissioni di CO 2

Rispondere al crescente bisogno di sostenibilità degli imballaggi in plastica promuovendo la cultura del riciclo. Sono questi i principi ispiratori del patto siglato da Conai, Corepla, Unionplast e IPPR, i consorzi e le associazioni principali della filiera italiana della trasformazione e del riciclo di materie plastiche, che ha istituito una sinergia finalizzata alla creazione di un nuovo schema di certificazione per attestare la riciclabilità degli imballaggi in plastica e un’azione di maggiore coordinamento e supporto per le attività di divulgazione scientifica, culturale e di ricerca per la diffusione di buone pratiche di sostenibilità ed economia circolare.

Alla base dell’intesa c’è la consapevolezza che solo rafforzando la collaborazione tra tutti i soggetti che si occupano di recupero, riciclo e riciclabilità dei rifiuti di imballaggi in plastica si possa creare maggiore valore per le imprese e le persone promuovendo, contestualmente, una più ampia partecipazione di tutti gli stakeholder. Per realizzare l’economia circolare infatti è fondamentale coinvolgere realtà diverse: consumatori, imprese, scuole, istituzioni e centri di eccellenza, favorendo lo scambio di informazioni sulla riciclabilità degli imballaggi in plastica.




Il patto prevede la stesura da parte degli esperti di Conai, Corepla, Unionplast e IPPR di un disciplinare di certificazione che si affianchi a strumenti nuovi o esistenti per consentire alle aziende di raggiungere livelli sempre più alti di riciclabilità. Il disciplinare prevederà anche tutti i test di laboratorio necessari per verificare la conformità ai requisiti previsti.
“Un patto che dimostra nuovamente quanto sia importante favorire una seconda vita per gli imballaggi”, ha commentato il presidente di Conai, Luca Ruini. “Mettere insieme esperienze e competenze è essenziale per sviluppare strumenti concreti che aiutino le imprese del nostro Paese, sempre più attente a considerare il riciclo uno strumento chiave del passaggio a un vero modello di economia circolare”.
“L’intesa raggiunta”, ha spiegato il presidente di Corepla, Giorgio Quagliuolo, “amplia ulteriormente lo sforzo di coordinamento che tutti i soggetti impegnati concretamente nell’affermazione di una cultura dell’economia circolare praticano da tempo. Con questo patto mettiamo a fattor comune non solo avanzati sistemi di raccolta e riciclo degli imballaggi in plastica ma anche una visione generale di lungo periodo che supporti le imprese nella ricerca di una progettualità di base improntata a standard di sostenibilità ambientale sempre più elevati ed estesi a tutta la filiera produttiva”.

“Siamo felici che IPPR sia stato scelto come veicolo per traguardare questo importante obiettivo strategico per l’intera filiera delle materie plastiche, impegnata nella realizzazione concreta dell’economia circolare”, ha aggiunto il presidente Libero Cantarella.

Da sinistra: Luca Ruini, presidente Conai; Giorgio Quagliuolo, presidente Corepla; Libero Cantarella, presidente IPPR; Marco Bergaglio, presidente Unionplast.

“Un segnale importante di sostegno alle imprese del nostro settore, che credono fortemente nella sostenibilità della plastica e che lavorano quotidianamente per realizzare imballaggi al contempo riciclabili e altamente performanti”, ha concluso il presidente di Unionplast, Marco Bergaglio.
Combustibili alternativi dai rifiuti plastici

La sigla di un altro protocollo di intesa ha visto protagonista insieme a Corepla anche Federbeton, la federazione che rappresenta i produttori di cemento e calcestruzzo all’interno di Confindustria, per formalizzare una collaborazione sul tema del recupero energetico. Il protocollo prende spunto dalla consapevolezza della necessità di valorizzare gli scarti dell’attività di selezione della raccolta differenziata degli imballaggi in plastica non riciclabili come fonte energetica. L’avvio di questi rifiuti plastici agli impianti di produzione di combustibili alternativi, come il CSS (Combustibile Solido Secondario), consente di sfruttarne l’altissimo potere calorifico e di sottrarli al conferimento in discarica, limitando o azzerando la quota destinata all’esportazione, che, secondo il Rapporto Rifiuti Ispra 2021, è tre volte superiore a quella importata.
Il settore del cemento è fortemente impegnato nella sfida per la decarbonizzazione. La strategia condivisa dalle imprese della filiera prevede diverse azioni che, in tempi diversi, contribuiranno al raggiungimento della neutralità carbonica nel 2050. L’utilizzo di CSS derivato dai rifiuti attualmente non riciclabili, come il plasmix, rappresenta una delle leve immediatamente implementabili. Il tasso di sostituzione calorica con combustibili alternativi nelle cementerie in Italia è fermo al 22%, ben lontano dalla media europea (52%). Da un punto di vista tecnologico, gli impianti italiani sono già attrezzati per raggiungere un livello analogo, ma persistono ostacoli burocratici e culturali che non permettono di esprimere le reali potenzialità del settore. Secondo la stima elaborata dal Laboratorio REF Ricerche, un tasso di sostituzione calorica del 66% in Italia porterebbe al taglio di 6,8 milioni di tonnellate di CO2 emesse in atmosfera con benefici immediati per ambiente e industria.
Firmando il protocollo di intesa, Corepla e Federbeton hanno individuato alcuni campi d’azione e aree di interesse su cui sviluppare la partnership: studi e analisi del contesto di settore a livello nazionale e regionale; politiche per incentivare i processi che possono contribuire a massimizzare il recupero delle plastiche miste, tra i quali rientrano anche i processi di trattamento che portano alla produzione del CSS; iniziative per rendere omogenea sul territorio l’applicazione delle semplificazioni autorizzative che rendono l’utilizzo di CSS equiparabile a quello degli altri combustibili “tradizionali”; informazione e comunicazione per promuovere il dialogo con le comunità locali e l’opinione pubblica nazionale, per una condivisione sempre più consapevole delle scelte.
“Con sempre maggiore determinazione l’Italia persegue l’attuazione di una concreta strategia di transizione energetica puntando ai molteplici obiettivi di tutela dell’ambiente, indipendenza energetica e accessibilità dei costi delle risorse. Il protocollo d’intesa con Federbeton”, ha sottolineato il presidente di Corepla, Giorgio Quagliuolo, “si inserisce in questo solco, consentendo a un importante settore industriale come quello del cemento di elevare il grado di sostenibilità produttiva della filiera e, contestualmente, di valorizzare al massimo i combustibili solidi secondari da rifiuti (CSS) che il nostro sistema può mettere a disposizione. Non è scontato ricordare come, a nostro avviso, i benefici ambientali derivanti dall’impiego di CSS siano legati a fattori importanti come la sostanziale attenuazione delle emissioni di CO2 e il minor consumo di combustibili fossili. Si tratta, di fatto, di applicazioni che si allineano agli obiettivi di sviluppo sostenibile e di decarbonizzazione stabiliti dalle direttive europee e, soprattutto, di una risposta efficace e misurabile alla sfida imprescindibile posta dalla lotta ai cambiamenti climatici”.
“L’uso dei combustibili alternativi rappresenta una soluzione fondamentale per la filiera del cemento e del calcestruzzo. Si tratta di una pratica con grandi potenzialità inespresse, che può portare una riduzione delle emissioni e contribuire a una più efficiente gestione dei rifiuti non riciclabili, a vantaggio della collettività”, ha commentato Roberto Callieri, presidente di Federbeton. “La collaborazione con Corepla conferma, ancora una volta, l’impegno di Federbeton su questo tema e più in generale sui temi dell’economia circolare e della sostenibilità ambientale. L’obiettivo è quello di mettere in campo iniziative comuni per promuovere un contesto normativo e culturale favorevole al raggiungimento degli obiettivi di carbon neutrality”.
La previsione arriva da European Bioplastics, intervenuta all’evento organizzato dal centro tecnologico spagnolo Aimplas, e riguarda in particolare le applicazioni in ambito agricolo. Circa 200 partecipanti hanno assistito alle presentazioni proposte da una ventina di relatori per discutere delle sfide e delle opportunità e conoscere le principali innovazioni del settore. Tra cronaca e resoconto ecco cosa è stato detto.



Èandata in scena nella città spagnola di Valencia l’1 e il 2 marzo l’ottava edizione del seminario internazionale su biopolimeri e compositi sostenibili organizzato da Aimplas, centro tecnologico locale dedicato alle materie plastiche, che ha messo al centro dell’attenzione le sfide e le opportunità che il comparto dovrà affrontare e potrà sfruttare nel prossimo futuro, così come le più recenti applicazioni rese possibili grazie all’impiego di tali materiali.


Oltre 20 relatori hanno offerto il proprio contributo per tracciare il quadro del mercato dei biopolimeri, del loro contributo alla transizione verso l’economia circolare e al raggiungimento degli obiettivi climatici dell’Unione Europea, del loro impatto ambientale e della legislazione che li riguarda. Una dozzina di aziende, invece, ha presentato le proprie innovazioni e storie di successo.
Interventi e tendenze
La produzione mondiale annua di bioplastiche è attualmente attesta a circa 2,2 milioni di tonnellate. Tuttavia, come ha illustrato Constance Ißbrücker di European Bioplastics, questo valore dovrebbe all’incirca triplicare e raggiungere i 6,3 milioni di tonnellate entro il 2027 e le applicazioni che dovrebbero mostrare la crescita più significativa sono quelle legate all’agricoltura, che ora rappresentano il settore verso cui è destinato il 4% della produzione totale, percentuale che, secondo le previsioni, salirà al 5%. prietà dei manufatti prodotti con plastiche tradizionali. Aimplas ha inoltre riferito i risultati di alcuni suoi progetti per l’industria del packaging, quali imballaggi biodegradabili con effetto barriera ottenuti da scarti alimentari, film plastici ottenuti dagli scarti del caffè, imballaggi attivi per allungare la vita sugli scaffali dei formaggi ricavati da scarti dell’industria casearia stessa e cartucce per la stampa 3D alimentare. Per completezza di cronaca meritano un accenno anche le soluzioni presentate dal centro spagnolo per l’impiego in ambito agricolo, quali vernici naturali per il controllo delle infestazioni da cocciniglia negli agrumi, schiume per colture idroponiche ricavate dagli scarti delle piume dell’industria avicola e un materiale compostabile simile al cartone ricavato dagli scarti della potatura e della pressatura della vite.
La rappresentante della Commissione europea Theodora Nikolakopoulou ha sottolineato la preoccupazione dell’Unione europea per la protezione dei terreni agricoli e ha riferito che da luglio 2026 sarà obbligatorio che tutti i fertilizzanti ad azione controllata commercializzati nel Vecchio Continente siano biodegradabili. Partendo da una valutazione di impatto ambientale, quindi, in ambito agricolo le bioplastiche giocheranno un ruolo sempre più importante.
Elena Domínguez, ricercatrice che si occupa dello sviluppo delle applicazioni agricole presso Aimplas e coordinatrice tecnica del seminario, ha spiegato come il centro tecnologico spagnolo dedicato alle materie plastiche stia suggerendo alla Commissione europea i criteri che questo tipo di applicazioni dovrebbe soddisfare perché ne sia garantito lo status di manufatti biodegradabili.



Jordi Simón, di Asobiocom, l’associazione spagnola delle plastiche biodegradabili compostabili, ha parlato appunto di applicazioni compostabili e ha sottolineato l’importanza di limitare l’attribuzione di tale qualifica a quelle in cui le bioplastiche apportano valore, mantengono la funzionalità del prodotto e forniscono benefici legati alla fine del ciclo di vita, migliorando la sostenibilità e riducendo l’impatto ambientale. La sessione di interventi su standardizzazioni e certificazioni è stata moderata da Johana Andrade, ricercatrice presso il laboratorio di biodegradabilità e compostaggio di Aimplas e anch’ella coordinatrice tecnica del seminario, che ha evidenziato l’importanza proprio delle standardizzazioni e delle certificazioni quando si comunicano i vantaggi apportati dalle bioplastiche, per garantirne un utilizzo appropriato e gestirne correttamente il fine vita e ottenerne i benefici ambientali previsti. Nel corso di una tavola rotonda sono stati forniti i risultati positivi ottenuti dall’impiego delle plastiche compostabili in casi reali di compostaggio presso impianti industriali, dove è stata verificata l’avvenuta completa biodegradazione e l’ottenimento di compost di qualità.
Le sessioni del secondo giorno si sono concentrate infine sulle storie di successo inerenti all’impatto ambientale delle bioplastiche in aree aperte dalla duplice prospettiva dei terreni agricoli da un lato e dell’ambiente marino dall’altro, trattate da organizzazioni come APE, Ercros, Universidade de Vigo e Cajamar.
L’ottava edizione del seminario su biopolimenri e materiali compositi sostenibili organizzato da Aimplas a Valencia ha richiamato un pubblico di circa 200 partecipanti.
Innovazioni e storie di successo
Le aziende operanti lungo l’intera catena del valore hanno presentato le proprie innovazioni sul fronte tanto dei materiali quanto dei prodotti, consentendo ai partecipanti di acquisire a riguardo informazioni di prima mano a 360 gradi, dagli additivi che migliorano la lavorabilità e la compatibilità dei biopolimeri alle bottiglie per acqua realizzate in PLA riciclato che hanno le stesse proprietà e qualità di quelle in materiale vergine. Tra le novità realizzate con l’impiego di bioplastiche sono stati proposti anche film ottenuti mediante estrusione in bolla così come una gamma completa di contenitori, chiusure e bottiglie compostabili, tutte soluzioni che possono essere realizzate con le tecnologie convenzionali e offrono le medesime pro -
Nei due giorni di evento è emerso chiaramente che oggi molta attenzione si concentra sull’impatto ambientale dei materiali plastici e che i biopolimeri possono svolgere un ruolo fondamentale nella transizione verso una economia sempre più circolare e gli obiettivi climatici della UE e che uno dei loro campi di applicazione principali e destinato a crescere è quello agricolo.



Una raccolta capillare su tutto il territorio nazionale
Nel 2022 recuperate oltre 230.000 tonnellate di PFU

Nonostante le difficoltà sul fronte economico internazionale e il perdurare della crisi sanitaria, anche nel 2022 l’attività di Ecopneus si è svolta in maniera efficiente e capillare, raccogliendo oltre 230.000 tonnellate di Pneumatici Fuori Uso (PFU) e dando un importante contributo allo sviluppo del mercato della gomma riciclata e della filiera industriale del riciclo dei PFU. Ecopneus gestisce circa il 60% dei PFU generati nel nostro Paese, raccogliendone mediamente 200.000 tonnellate ogni anno, rintracciate in tutta Italia, dai grandi centri ai borghi, dai piccoli comuni montani alle isole minori. Un impegno che non si ferma alla raccolta e al recupero dei PFU ma si spinge oltre, per ampliare le possibilità di impiego della gomma riciclata, stimolando e incentivando il miglioramento continuo dei processi e dei prodotti del trattamento. Nel 2021 Ecopneus ha destinato circa 2 milioni di euro in progetti di ricerca e sviluppo per favorire lo sviluppo del mercato delle applicazioni della gomma riciclata, in termini di qualità dei materiali e di ampliamento dei settori applicativi. Rispetto agli obiettivi di raccolta previsti dalla legge, calcolati sui quantitativi di pneumatici immessi nel mercato dalle aziende associate nel 2021, nel 2022 Ecopneus ha raccolto il 119% del proprio obiettivo di legge, andando incontro al mandato ministeriale del +20% richiesto. Complessivamente nel 2022 Ecopneus ha esaudito oltre 80.000 richieste di prelievo di PFU presso oltre 27.500 gommisti, stazioni di servizio e autofficine in tutte le Province Italiane.
“Anche nel 2022 Ecopneus ha raggiunto importanti risultati garantendo una gestione efficiente ed efficace degli
Pneumatici Fuori Uso di propria responsabilità”, ha dichiarato il direttore generale di Ecopneus, Federico Dossena. “Nel corso dell’anno Ecopneus ha messo in campo tutte le risorse di cui dispone, assicurando una raccolta capillare su tutto il territorio nazionale impegnandosi fortemente per lo sviluppo del mercato della gomma riciclata, come dimostra il sempre maggior impiego in molti settori, dall’edilizia, all’industria, allo sport, alle infrastrutture, dando un importante contributo agli obiettivi globali di sostenibilità e contrasto alla crisi climatica. Risultati possibili grazie ad una filiera fatta di aziende su tutto il territorio nazionale che con Ecopneus sono impegnate e investono in innovazione e ricerca. Anche nel 2023 ci impegneremo ad accompagnare le aziende in questo processo, stimolando lo studio di nuove applicazioni della gomma riciclata e cogliendo tutte le opportunità che la ripresa economica potrà offrire lavorando con etica e trasparenza al servizio del Paese e dell’ambiente”.
Il sistema di riciclo dei PFU gestito da Ecopneus negli anni ha portato un beneficio concreto alla collettività e all’ambiente promuovendo con forza sempre maggiore l’impiego della gomma riciclata in tante applicazioni utili nella vita quotidiana. La gomma che si ottiene dal riciclo PFU è infatti un materiale prezioso e ampiamente utilizzato in tutto il mondo per la realizzazione di superfici sportive, campi da calcio, asfalti silenziosi sicuri e duraturi, isolanti acustici, arredi urbani ecc. A oggi il mercato della gomma riciclata è in costante crescita, ed Ecopneus si sta impegnando in nuovi filoni e settori applicativi attraverso un costante lavoro di ricerca e sviluppo, come il riciclo chimico e le applicazioni in ambito industriale. Nel 2021 l’attività di riciclo di Ecopneus ha consentito di evitare l’emissione di 310 mila tonnellate di CO2 equivalenti, il consumo di quasi 1,23 milioni di m3 di acqua e il prelievo di 282 mila tonnellate di materie prime. Benefici a cui si aggiunge il risparmio per il Paese legato alla riduzione delle importazioni di materiale vergine, che complessivamente si attesta a circa 79 milioni di euro.
