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Rassegna internazionale di scienza e tecnologia

Più di dieci riviste esaminate

Diciottesima puntata della rubrica dedicata agli articoli di stampa estera selezionati dal comitato di redazione di Elastica, composto da Fabio Bacchelli, Rino Gilotta e dal team di Cerisie, coordinati da Maurizio Galimberti

CARICHE MINERALI CON RIVESTIMENTO SUPERFICIALE PER FLUOROELASTOMERI Testata: Gummi Fasern Kunststoffe, 7-8, 306 (2021) Titolo originale: Oberflächenbeschichtete mineralische Füllstoffe für Fluorelastomere Autori: G. Meli, A. Berjeaud

A CURA DI FABIO BACCHELLI

I fluoroelastomeri presentano caratteristiche molto interessanti, come elevata resistenza chimica, stabilità alla temperatura e buone proprietà dielettriche. Per migliorare ulteriormente queste caratteristiche in settori ad alte prestazioni, è possibile utilizzare cariche minerali modificate. Nel presente lavoro vengono introdotti particolari filler funzionali sviluppati appositamente per compound a base di fluoroelastomeri, sia con reticolazione a bisfenolo che a perossido. Le gomme fluorurate utilizzate per i sistemi a bisfenolo sono Dyneon FC2174 ed FC2181, di 3M. Per i test di reticolazione a perossido viene invece utilizzato Tecnoflon P 757 di Solvay. La wollastonite è un metasilicato di calcio relativamente inerte, con durezza Mohs pari a 4,5 e un pH elevato di 10. Il tipo qui utilizzato (Imerys M1250 W20714) è contraddistinto da uno speciale rivestimento superficiale in grado di promuovere una forte adesione della matrice di gomma al minerale. Il talco è un silicato di magnesio idrato con bassa durezza Mohs. Si presenta sotto forma di scaglie bianche, è oleofilo e chimicamente inerte. Il tipo utilizzato (Imerys Mistrobond R10 C) possiede uno speciale rivestimento superficiale in grado di promuovere una forte adesione della matrice di gomma al minerale. Il caolino calcinato è ottenuto da una allumina contenente acqua esposta ad alte temperature. È un materiale bianco, inerte, con durezza Mohs di 4-5. Il tipo utilizzato (Polarite 103A con trattamento superficiale) possiede una bassa reattività superficiale e un basso livello d’interazione carica-carica. I compound sono realizzati con un mescolatore interno e le speciali cariche minerali investigate, ovvero wollastonite, talco e caolino rivestiti superficialmente, assicurano performance interessanti e possono essere utilizzate anche come alternative al nerofumo N990. Nei sistemi reticolati a bisfenolo i filler rivestiti mostrano proprietà equilibrate e resistenza alla trazione paragonabile a quella della mescola di riferimento al nerofumo. Il massimo allungamento a rottura e la migliore resistenza alla lacerazione si ottengono con talco rivestito. I fluoroelastomeri formulati con wollastonite mostrano il miglior compression set e risultano particolarmente adatti alla produzione di o-ring e guarnizioni. I compound a base talco

Fabio Bacchelli, direttore tecnico Tyre di Versalis

mostrano la migliore resistenza all’invecchiamento in aria e olio, rivelandosi una buona soluzione per la realizzazione di guaine per cavi resistenti al calore. Per quanto riguarda i compound reticolati a perossido, l’utilizzo del talco rivestito porta alla migliore combinazione di proprietà a trazione e di resistenza alla lacerazione. Rispetto al nerofumo, l’utilizzo del talco rivestito riduce la viscosità della mescola. Con caolino calcinato si ottiene, invece, una migliorata resistenza alla trazione. In termini di compression set i risultati migliori sono associati a wollastonite e caolino. Il talco può tuttavia essere preferibile, insieme al caolino, nei casi in cui la wollastonite dia problemi a causa della sua sensibilità alle condizioni acide.

VALUTAZIONE DEL TEST DI RESISTENZA AL ROTOLAMENTO Testata: Tire Technology International - October 2021 Autore: Redazione di TTI

A CURA DI ROSARIO GILOTTA

Quanto spesso gli pneumatici operano in condizioni simili a quelle in cui vengono condotti i test relativi al consumo di carburante? E questo importa? Dopotutto, se le prestazioni di ogni pneumatico cambiano linearmente con la temperatura, la velocità, il carico ecc., la differenza tra la resistenza al rotolamento misurata in laboratorio e quella riscontrabile al momento dell’uso sarà la stessa per tutti gli pneumatici e i relativi dati saranno livellati di conseguenza. Un cliente che effettua una scelta basandosi sull’efficienza energetica avrà comunque, in termini relativi, lo pneumatico che ha scelto. Gli pneumatici sono generalmente montati nel passaruota del veicolo, che, avvolgendo lo pneumatico, riduce il rumore esterno emesso, ma ciò potrebbe anche compromettere le prestazioni in termini di resistenza al rotolamento? Questa copertura potrebbe modificare il comportamento al punto che i clienti debbano “pagare” il prezzo di un risparmio energetico mai realizzato? Quando uno pneumatico rotola, si deforma generando calore, che causa un aumento della temperatura dello pneumatico stesso. Il calore viene in seguito portato via dallo pneumatico, dal cerchione, dalla superficie stradale e dal flusso d’aria. In uno stesso punto, questi scambi termici in ingresso e in uscita si bilanciano, portando a una temperatura d’esercizio stabile. Gli input che definiscono questa temperatura per un determinato pneumatico che corre su una strada diritta e piana sono: il carico, la struttura della superficie stradale, la velocità, la temperatura ambiente e il flusso d’aria intorno allo pneumatico. L’etichettatura degli pneumatici riporta, tra gli altri, un indicatore di efficienza energetica (resistenza al rotolamento). Questa viene misurata in laboratorio a 25°C, con lo pneumatico che rotola su di una ruota da strada liscia e d’acciaio. Il test di laboratorio non riflette quindi l’ambiente in cui lo pneumatico sarà utilizzato, ma fornisce una misurazione standardizzata che un cliente può utilizzare per confrontare l’efficienza energetica di pneumatici diversi anche quando vengono testati in laboratorio. Il modo in cui i flussi d’aria di raffreddamento sono disposti all’interno della cella di prova di laboratorio farà la differenza tra i risultati del test. Per ogni pneumatico esiste una temperatura ottimale della carcassa (pneumatico intero), in cui lo pneumatico ha il più basso tasso di dissipazione d’energia. Negli ultimi sei anni di utilizzo del suo Tyre Cavity Thermometer, Bay Systems ha rilevato che uno pneumatico che funziona, nella cella di prova e su strada, con un carico massimo dell’80% e a 100 Km/h, può raggiungere una temperatura di 15- 50°C sopra quella dell’aria ambiente. In laboratorio, l’aumento della temperatura è significativamente maggiore che sulla strada. Gli pneumatici testati in laboratorio, infatti, hanno sempre raggiunto i 50°C, mentre quelli testati su strada hanno raggiunto raramente i 40°C (con condizioni di aria ambiente a 21°C). Un altro aspetto da considerare è la distribuzione della temperatura, da tallone a tallone, che è simmetrica in laboratorio, ma non su strada, dove la temperatura del fianco è significativamente più alta. Come incidono sulla resistenza al rotolamento gradienti elevati di temperatura nello pneumatico? Potrebbe essere semplicemente che le prestazioni siano correlate con la temperatura media dello pneumatico? Poiché ogni veicolo dirigerà il flusso d’aria in modo diverso all’interno del passaruota, il compito di progettare uno pneumatico che funzioni alla temperatura ottimale per tutti i veicoli è praticamente impossibile. Chiaramente la conclusione è che la creazione di uno pneumatico completamente ottimizzato per un veicolo richiederà una stretta collaborazione con il produttore del veicolo stesso. Per migliorare l’efficienza degli pneumatici e, così facendo, collaborare a ridurre i gas serra, è importante fare due cose: la prima è assicurarsi che i veicoli circolino con pneumatici gonfiati alla pressione raccomandata; la seconda è quella di ottimizzare gli pneumatici per la temperatura a cui presumibilmente si troveranno nella regione in cui verranno venduti.