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PERCHÉ PROCRASTINARE PUÒ NUOCERE BENE ANCHE AL CERVELLO
from Brain. Marzo 2023
by Brain
Rinviare senza fine può essere sintomo di stress e isolamento sociale
La tendenza a rinviare ciò che prima o poi si sa di dover fare non solo rende difficile raggiungere i propri obiettivi, ma può avere anche un effetto negativo sulla salute mentale. Impossibile? Niente affatto. È esattamente quanto emerge da una ricerca realizzata su una coorte di studenti universitari svedesi da parte di ricercatori guidati da Fred Johansson del Department of Health Promotion Science della Sophiahemmet University di Stoccolma. La ricerca ha mostrato come gli studenti che hanno una spiccata tendenza a procrastinare i propri impegni soffrono più frequentemente di ansia, depressione e sintomi da stress, dormono peggio durante la notte e soffrono di dolori ricorrenti, oltre a sperimentare maggiori livelli di solitudine ed essere più esposti al rischio a lungo termine di andare incontro a problemi economici. «La procrastinazione può essere definita come la tendenza a rinviare volontaria- mente una serie di azioni che dovrebbero essere compiute, anche quando si ha già la percezione che il rinvio darà effetti negativi. È un fenomeno che si presenta soprattutto tra le persone più giovani» dicono gli autori della ricerca, pubblicata sulla rivista Jama Network Open e ripresa dal Corriere della Sera. Si legge nell’articolo: «Viene stimato che circa la metà degli studenti universitari incappi in comportamenti di procrastinazione problematici e di un certo rilievo, come ad esempio posporre lo studio ai fini di un esame o la scrittura di relazioni dovute. La procrastinazione può anche essere descritta come una forma di fallimento del comportamento di autoregolazione ed è correlabile a tratti di personalità come l’impulsività, la distraibilità e il basso livello di coscienziosità. «La tendenza di un individuo a ricorrere alla procrastinazione resta relativamente stabile nel tempo, anche se specifici comportamenti di procrastinazione sono influenzati da fattori di contesto, come il livello di avversione nei confronti del compito che si dovrebbe affrontare. In effetti, per alcuni studenti la procrastinazione può anche essere un comportamento occasionale, che si presenta in relazione a specifici compiti accademici, mentre in altri individui rappresenta una disposizione più stabile di personalità e in questo caso è più probabile che finisca per influire sia sui risultati scolastici sia sullo stato di salute».
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Il problema, però, è che si cade in una specie di circolo vizioso: il manifestarsi di questo tipo di problemi finisce per generare ulteriori difficoltà che provocano nuovi comportamenti di rinvio. Il fatto che la procrastinazione si rilevi soprattutto fra gli studenti universitari è verosimilmente dovuto all’organizzazione di questi studi, di solito poco strutturati e che quindi richiedono un elevato livello di autoregolazione.
C’è tuttavia la possibilità di interrompere il circolo vizioso. Uno dei motivi per i quali si rinvia un compito è che, prima ancora di provare ad affrontarlo, lo si percepisce come impegnativo e scoraggiante. In questo caso può essere utile tentare di immaginarlo non più come un compito unico, una singola montagna da scalare, ma come una serie di impegni spezzettati, ciascuno dei quali può così apparire più a portata di mano. E se si riesce in tal modo a raggiungere un primo obiettivo, e poi un secondo, e così via, ciò che resta da fare viene progressivamente percepito come sempre meno impegnativo. Utile anche una riorganizzazione del proprio tempo, ad esempio facendo ricorso a una programmazione settimanale in un’agenda sulla quale sono annotate attività sia di lavoro sia di svago. Infine, se proprio non si riesce da soli a smettere di rinviare, si può chiedere a qualcuno con cui si convive di svolgere il ruolo di controllore delle attività. Ma è forse un diretto lavoro cognitivo sui pensieri lo stratagemma che può risultare più utile. Chi procrastina spesso ha una precognizione negativa sull’esito del proprio impegno, si convince dell’inutilità dello sforzo dal momento che comunque alla fine quel compito non sarà realizzato a dovere. Il principio del cambiamento cognitivo sta proprio in questo: riuscire a individuare questi pensieri negativi e a riconoscerli come non scontati, per poter avviare un processo di cambiamento interno.
Il fatto che la procrastinazione si rilevi soprattutto fra gli studenti universitari è verosimilmente dovuto all’organizzazione di questi studi, di solito poco strutturati e che quindi richiedono un elevato livello di autoregolazione.
