Il Camino del Cuore - Passo 8: Una missione di compassione

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Passo 8 I UNA MISSIONE DI COMPASSIONE

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Città del Vaticano - 3 dicembre 2019 (aggiornato a marzo 2023) San Francesco Saverio - 175 anni di Apostolato della Preghiera

CARI AMICI NEL

SIGNORE

Il Cammino del Cuore è l'itinerario spirituale proposto dalla Rete Mondiale di Preghiera del Papa. È il fondamento della nostra missione, una missione di compassione per il mondo. Fa parte del processo avviato da Papa Francesco con l'Evangelii Gaudium, "La Gioia del Vangelo". È il risultato di un lungo processo spinto da P. Adolfo Nicolás, allora Superiore Generale della Compagnia di Gesù. All'inizio, con un'équipe internazionale guidata da padre Claudio Barriga SJ, è stata elaborata una bozza, qui chiamata "quadro di riferimento". Abbiamo presentato questo itinerario a Papa Francesco che lo ha approvato nell'agosto 2014; poi lo abbiamo pubblicato in un documento intitolato: "Un cammino con Gesù, in disponibilità apostolica" (dicembre 2014 - Doc. 1). Questo documento ha presentato un nuovo modo di intendere la missione

dell'Apostolato

della

Preghiera,

in

una

dinamica

di

disponibilità apostolica, come era all'inizio. Il Cammino del Cuore è essenziale per la ri-creazione di questo servizio ecclesiale, oggi Rete Mondiale di Preghiera del Papa. È un approfondimento della tradizione spirituale dell'Apostolato della Preghiera e articola in modo originale gli elementi essenziali di questo tesoro spirituale con la devozione al Cuore di Gesù. Può essere visto come un adattamento degli Esercizi Spirituali di Sant'Ignazio. Il Cammino del Cuore è la chiave di lettura della nostra missione. Il commento scritto nel 2017 voleva aiutare le équipe nazionali della Rete di Preghiera del Papa ad approfondire ogni passo del Cammino del Cuore e ad entrare nelle sue dinamiche interne, in modo da poter proporre, con la propria creatività, materiali adatti al proprio contesto locale. Troviamo questo testo in ogni libro sotto il titolo "Dinamica interna del passo".

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Ci siamo presto resi conto che era importante aiutare le équipe nazionali ad approfondire Il Cammino del Cuore, senza il quale sarebbe stato difficile avanzare nel processo di ricreazione di quest'opera pontificia. Pertanto, nel 2018 abbiamo iniziato a scrivere 11 libri con un'équipe internazionale. Questa équipe era coordinata da Bettina Raed, oggi Coordinatrice Internazionale del Cammino del Cuore. È dalla terra di Papa Francesco, con il sostegno di diversi compagni gesuiti e laici, che abbiamo portato avanti questo lavoro. Nel 2020 abbiamo pubblicato questo lavoro in spagnolo, sotto forma di un sito web con 86 video, 86 podcast e diverse centinaia di schede di presentazione: www.caminodelcorazon.church. Qui trovate la traduzione in italiano dei libri del Cammino del Cuore. Una traduzione è sempre limitata e lasciamo a voi il compito di adattarla localmente. Ci auguriamo che questo materiale vi aiuti a proporre questa missione di compassione per il mondo con creatività (ritiri spirituali, sessioni di formazione, incontri del primo venerdì del mese, ecc). È il nostro modo di entrare nella dinamica del Cuore di Gesù.

P. Frederic Fornos SJ Direttore Internazionale

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Schema per orientare il passo Parola chiave: MISSIONE. Obiettivo: Collaborare con Gesù nella sua missione. Chiavi attitudinali: Apertura all'incontro con l'altro. Cosa vogliamo ottenere - frutto: Compassione per il mondo e docilità allo Spirito Santo. Dinamica interna del passo: Provare compassione - Uscire da sé per incontrare il fratello o la sorella - Verso una cultura dell'incontro.

Quadro di riferimento Dio, il Padre di Gesù e Padre nostro, vuole manifestare la sua compassione nel mondo attraverso di noi, suoi discepoli. Siamo invitati a guardare l’umanità come Lui, e ad agire con i sentimenti del Cuore di Gesù. Anche se siamo limitati dalla malattia o deboli fisicamente, e anche se ci sentiamo incapaci di cambiare le strutture ingiuste della società, partecipiamo alla Sua missione facendo nostre la Sua compassione e la Sua attenzione a tutti i nostri fratelli e sorelle. Siamo inviati con Lui alle periferie dell’esistenza umana, in vari modi, lì dove uomini e donne soffrono ingiustizie per contribuire a sostenere e guarire quelli che hanno il cuore spezzato. Dal momento che noi stessi abbiamo beneficiato della compassione di Dio, possiamo comunicarla agli altri. È la nostra risposta al Suo amore per noi (riparazione). Andiamo al di là dei confini visibili della Chiesa, perché dove è la compassione, lì è lo Spirito di Dio. Ci uniamo spiritualmente a tutti coloro che nelle diverse culture e tradizioni religiose, sono docili a questo Spirito e solleciti per alleviare le sofferenze dei più deboli.

Dinamica interna del passo Negli Esercizi Spirituali, Sant’Ignazio ci fa contemplare Dio (la Trinità) che osserva il mondo e per salvare l’umanità decide di incarnarsi. «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Vangelo secondo Giovanni cap. 3,16-17). La decisione di Dio, che trova la sua origine nel suo profondo amore per l’umanità, aspetta la nostra decisione personale. Come dice Papa Francesco: «Dal cuore della Trinità, dall’intimo più profondo del mistero di Dio, sgorga e scorre senza sosta il grande fiume della misericordia. Questa fonte non potrà mai esaurirsi, per quanti siano quelli che vi si accostano. Ogni volta che ognuno ne avrà bisogno, potrà accedere ad essa, perché la misericordia di Dio è senza

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fine. Tanto è imperscrutabile la profondità del mistero che racchiude, tanto è inesauribile la ricchezza che da essa proviene» (Misericordiae Vultus n°25). Le parole “compassione” e “misericordia”, che incontriamo nella Bibbia, riflettono un termine greco che significa che sentiamo la sofferenza degli altri e siamo spinti interiormente, per amore, ad agire a loro favore. È un movimento che viene da dentro, dalle “viscere”, dal “seno materno”, dal “cuore”. È quello che vediamo in Gesù. Si è spesso detto che Egli ha compassione di fronte alla folla, ai malati, ai ciechi e lebbrosi, all’uomo posseduto nel Paese dei Gadareni o alla vedova di Nain che aveva perso il suo unico figlio. Gesù ha questa capacità incredibile di commuoversi profondamente per gli altri, e quello che prova internamente diventa la decisione che lo spinge ad agire. Ciò che vive è anche quello che insegna; la parabola del buon samaritano è significativa a tal proposito: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Vangelo secondo Matteo cap. 5,7). La Rete Mondiale di Preghiera del Papa ci invita ad una missione di compassione per il mondo, pregando e mobilitandoci per le sfide che l’umanità e la missione della Chiesa devono affrontare. Questo richiede che acconsentiamo a essere vulnerabili, che ci lasciamo commuovere profondamente per quello che vivono i fratelli e sorelle in tutto il mondo. Questo significa far cadere il nostro “scudo” e abbattere i nostri “muri”, per superare l’indifferenza ed entrare in una “cultura dell’incontro”. È perché siamo totalmente uniti al Cuore di Gesù che possiamo, con lui, aprirci con fiducia. È perché abbiamo avuto l'esperienza di essere amati e perdonati, perché abbiamo sperimentato la profonda misericordia del Signore per noi, che siamo in grado al tempo stesso di diventare missionari della misericordia, testimoni del Vangelo della gioia. Letteralmente: testimoni della gioia del Vangelo.

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Entrata dalla Prospettiva Biblica Guardare con occhi nuovi Sicuramente tutti abbiamo sperimentato qualche volta quanto possa essere significativo uno sguardo: Guardare ed essere guardati è un'esperienza umana che ci forma nel nostro sviluppo. Ci sono sguardi che ci ispirano, altri che ci incutono timore; ci sono sguardi che non ci dicono nulla e passano inosservati, altri che ci fanno sentire scelti. Lo sguardo può essere un canale attraverso il quale esprimiamo sentimenti, lasciamo trasparire idee e il nostro modo di guardare dice molto di noi e del nostro mondo interiore. Con uno sguardo possiamo esprimere tenerezza, odio, paura, angoscia, bisogno, tristezza. Lo sguardo è un modo di legarsi, di parlare senza parole, di entrare in dialogo con un'altra persona. Leggendo le pagine della Bibbia, incontriamo numerosi racconti nei quali lo sguardo di qualcuno è un elemento chiave di ciò che lì accade. Ci sono numerosi episodi di incontri, avvicinamenti, conversazioni in cui, se ci fermassimo a immaginare cosa potrebbe accadere in quel luogo, noteremo che gli sguardi scambiati in quel momento definiscono la situazione. Nell'Antico Testamento, i racconti ci parlano di un Dio che guarda e sceglie, Dio ha uno sguardo di elezione per coloro che ama, che sceglie, che ama e nell'amore crea. Lo sguardo di Dio fa sì che colui che è guardato si senta oggetto esclusivo del Dio che lo guarda. Il racconto della creazione ci presenta un'espressione alla fine di ogni tappa: «E Dio vide che era cosa buona» (Libro della Genesi cap. 1,21). I Canti del Servo in Isaia «Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio» (Libro del Profeta Isaia cap. 42,1) «Tu sei prezioso ai miei occhi» (Libro del Profeta Isaia cap. 43,4). E in risposta a questo sguardo d'amore, e di fronte alle difficoltà, "quelli che sono guardati da Dio" lo invocano per supplicare il suo sguardo di compassione e amore. «Guarda, rispondimi, Signore mio Dio, conserva la luce ai miei occhi, perché non mi sorprenda il sonno della morte» (Libro dei Salmi 13,4). Gesù ha segnato con il suo sguardo molti incontri, situazioni che ci parlano espressamente del suo sguardo verso le persone e altri in cui, se ci soffermiamo sulla scena, possiamo immaginare come il suo sguardo avrebbe accompagnato i gesti compiuti in quel momento. «E guardandoli tutt'intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori» (Vangelo secondo Marco cap. 3,5) «Nel passare, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte» (Vangelo secondo Marco cap. 2,14).

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«Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori» (Vangelo secondo Marco cap. 1,16). «Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico» (Vangelo secondo Marco cap. 2,5). «Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse» (Vangelo secondo Marco cap. 10,21). Gesù è il volto del Padre nel mondo e possiamo ben immaginare che gli occhi con cui ha guardato sono lo sguardo del Padre nel mondo. Così, nei suoi Esercizi Spirituali, Sant'Ignazio ricrea "lo sguardo" della Trinità sul mondo, invitando l’esercitante a entrare nella scena e a contemplare, guardare e lasciarsi guardare con lo sguardo della Trinità… "Contemplare come le tre Persone divine osservano tutta la superficie ricurva del mondo […] Primo punto: vedo le persone, le une e le altre. Primo, vedo gli abitanti della terra, così diversi sia nei vestiti sia negli atteggiamenti: alcuni bianchi e altri neri, alcuni in pace e altri in guerra, alcuni che piangono e altri che ridono, alcuni sani e altri malati, alcuni che nascono e altri che muoiono, e così via." (Sant’Ignazio, Esercizi Spirituali 102 e 106). È lo sguardo compassionevole della Trinità sul mondo creato che spinge il cuore trinitario all'invio del Figlio, e continuerà ad essere quello sguardo ora incarnato nel Gesù storico che cammina per le strade delle città e dei villaggi dell'antica Galilea, guarendo, curando, ricostruendo vite, e così si realizza la missione di compassione di Gesù. «Accorrendo da tutta quella regione cominciarono a portargli sui lettucci quelli che stavano male, dovunque udivano che si trovasse. E dovunque giungeva, in villaggi o città o campagne, ponevano i malati nelle piazze e lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello; e quanti lo toccavano guarivano» (Vangelo secondo Marco cap. 6, 55-56). E saranno i suoi amici intimi, i suoi discepoli, a riconoscere, dopo la morte di Gesù, la Presenza del Risorto e con lui la continuità della missione di Gesù ora nelle loro storie. Così Maria Maddalena viene incontrata da Gesù e messa in cammino dal suo Maestro.: «Gesù le disse: "Maria!". Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: "Rabbunì!", che significa: Maestro! Gesù le disse: "Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Vangelo secondo Giovanni cap. 20,16-17). Questi incontri con il Risorto definiranno la loro vita per sempre, perché da essi nascerà un nuovo sguardo, quello che li porterà al compito di consolare. Uno sguardo risorto che darà luogo a una rilettura delle loro storie e delle loro vite condivise con Gesù, a partire da quella Presenza che si rivelerà loro dopo la Risurrezione. La loro vita assumerà un nuovo significato e potranno "ricordare" l'intimità con Gesù a partire dalla forza e dalla gioia di questa Presenza Consolatrice.

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I discepoli di Emmaus, incontrati da Gesù lungo il cammino, sono rinnovati nella loro esperienza di vita da una rilettura della loro storia che Gesù stesso fa con loro: «"Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?» (Vangelo secondo Luca cap. 24,32). Così l'invio del Figlio nella persona di Gesù al mondo da parte del Padre è, per chi ha condiviso con Lui il tempo storico, un evento che acquista la sua reale densità e profondità nella prospettiva dell'incontro con Gesù risorto e dell'esperienza del suo compito di consolatore. A Tiberiade l'apostolo Giovanni lo riconoscerà nell'abbondanza della pesca: «È il Signore!» (Vangelo secondo Giovanni cap. 21,7). E nascerà in loro un nuovo sguardo sulla promessa di salvezza di Dio per tutti, fin dall'inizio della creazione, che li spingerà d'ora in poi a continuare nella loro vita la stessa missione di Gesù. Ora saranno la loro collaborazione, le loro mani e i loro piedi che continueranno a restituire vite nella missione di Gesù di compassione per il mondo, l'ufficio della consolazione. Oggi Gesù invita anche noi, come i discepoli, a guardare il mondo con i suoi occhi, a lasciarci contagiare dal suo sguardo e ad assumere lo sguardo di discepoli impegnati nel mondo che Dio tanto ama. Uno sguardo che è in sintonia con il suo cuore e la sua missione di compassione, e che ci spinge a incontrare i nostri fratelli e sorelle. Gesù Cristo vuole avere bisogno di noi, vuole tener conto di ciascuno dei suoi discepoli, di te, di me e di tutti coloro che vogliono impegnarsi nella sua missione. E ci invita a collaborare con lui, nel suo stile, nel suo modo, affinché oggi siano i tuoi piedi e i miei a viaggiare per il mondo, le tue mani e le mie a lavorare con lui per coloro che soffrono e hanno bisogno di conforto. Cosa diresti a questo Grande Signore che oggi ti chiede: "Vieni con me"? ● Il Signore mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati. (Libro del Profeta Isaia cap. 61,1) ● Non distogliere mai lo sguardo dal povero, così non si leverà da te lo sguardo di Dio. (Libro di Tobia cap.4,7) ● Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù (Filippesi 2,5) ● Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: “Lo voglio, guarisci!” (Vangelo secondo Marco cap. 1,41) ● Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio … (Vangelo secondo Luca cap. 4,18) (…) Il primo preludio consiste nel richiamare la storia della contemplazione: le tre Persone divine osservano tutta la superficie ricurva del mondo popolato di uomini (…) Primo punto: vedo le persone, le une e le altre. Primo, vedo gli abitanti della terra, così

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diversi sia nelle vesti sia negli atteggiamenti: alcuni bianchi e altri neri, alcuni in pace e altri in guerra, alcuni che piangono e altri che ridono, alcuni sani e altri malati, alcuni che nascono e altri che muoiono, e così via. (Sant’Ignazio, Esercizi Spirituali n° 102 e 106) Una entrata biblica dalla compassione «"Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?” “Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?” “E chi è il mio prossimo?”» Il Vangelo di Luca ci offre un racconto in cui queste domande vengono sollevate nel dialogo tra Gesù e un dottore della legge. E il Signore inizia a raccontare… «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto» (Vangelo secondo Luca cap. 10,25-37). E questa parabola, questa costruzione del racconto viene al Signore dalle viscere, dal cuore, perché camminava per le strade e faceva molto attenzione ai mendicanti, ai bisognosi che vedeva sdraiati ai lati delle strade. E questa volta ci dice che quest'uomo, che non ha un nome - di lui si dice solo che era un "uomo"-, stava scendendo da Gerusalemme a Gerico, una strada certamente pericolosa, non facile da percorrere a quel tempo. E quest'uomo doveva saperlo, eppure ha deciso di "scendere", a suo rischio e pericolo. E ha scoperto ciò che era prevedibile, ovvero che questo pericolo astratto è diventato una minaccia reale. Alcuni fuorilegge lo assalirono e lo lasciarono mezzo morto. Potremmo dire che se l'è cercata o che avrebbe dovuto prevederlo. Spesso pensiamo a persone che conosciamo che prendono decisioni rischiose e ne subiscono le conseguenze negative. E quest'uomo è stato lasciato lì, gettato a terra, indifeso e bisognoso. E così lungo la stessa strada passa un sacerdote e poi un levita. Personaggi noti di quei tempi, uomini religiosi e colti, dediti alla pietà e al culto di Dio. Tuttavia, "facendo una deviazione” - noi diremmo: “facendo da scaricabarile” -, continuano il loro cammino. Si voltano dall'altra parte, chiudono i loro cuori e non vedono o "non vogliono vedere" lo sfortunato uomo che giace lì, bisognoso di aiuto. Può essere una grande tentazione anche per noi, se siamo vicini al mondo del sacro, vivere lontano dal mondo reale dove i nostri fratelli e sorelle lottano, lavorano e soffrono, e rimanere a nostro agio nei nostri spazi devozionali lontani dalla realtà. Malati di una spiritualità intimistica, racchiusa tra le mura dei templi. Tante volte, molti di noi passano oltre, andando per la propria strada, presi dai "propri problemi" senza nemmeno accorgersi se qualcuno ha bisogno di noi.

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Nella storia raccontata da Gesù a coloro che lo seguivano, non sono gli uomini di culto che possono dirci meglio come trattare chi soffre, ma le persone che hanno un cuore misericordioso. La chiave non è il culto, ma l'amore. Infatti, lungo la strada si avvicina un samaritano. È chiaro che non viene dal tempio. Non appartiene al popolo eletto di Israele. Non è nemmeno una persona di valore agli occhi di coloro che stavano ascoltando Gesù in quel momento. È un personaggio piuttosto indesiderato, da cui non ci si può aspettare nulla di buono. I Samaritani erano in contrasto con i Giudei, perché questi li accusavano di non essere fedeli al Dio di Israele e di adorare invece altri dei. Questo samaritano, tuttavia, si fermò, prestò attenzione all'uomo che giaceva sulla strada e lo assistette. Prestiamo attenzione ad alcuni dettagli del racconto. Cosa spinse il samaritano a interrompere il suo viaggio? Solo la misericordia e la compassione, perché quell'uomo sconosciuto e mezzo morto non sarebbe stato in grado di ripagare alcun gesto compiuto dal samaritano nei suoi confronti. La misericordia è l'unica reazione veramente umana di fronte alla sofferenza degli altri. La misericordia del samaritano umanizza, l'indifferenza del levita e del sacerdote nel racconto disumanizza. La compassione è l'atteggiamento radicale di amore che deve ispirare l'azione umana di fronte alla sofferenza degli altri. Questo samaritano "vede", cioè non passa distrattamente, è attento, fa attenzione e si accorge di ciò che gli altri due ignorano. Si ferma anche a soccorrere quell’uomo caduto, a curare le sue ferite con olio e vino. La compassione non è un sentimento, ma un principio di azione, un principio che ci spinge ad agire. Come? Osserviamo il Samaritano: 1. Vede, si rende conto che quell’uomo soffre. 2. Si ferma e perde tempo con la persona che giace a terra. 3. Si discosta dal proprio percorso che aveva pianificato e lo lascia. 4. Dà ciò di cui l'altro ha bisogno, investe tempo, denaro e creatività per dare sollievo all'altro. L'olio e il vino non sono fatti secondari. Il Samaritano condivide ciò che ha con chi ha bisogno, i suoi gesti sono un balsamo, sono la compassione concreta e gentile rappresentata nel racconto dall'olio. E questa azione ripristina e ricostruisce la vita della persona, la rimette in cammino e in movimento, le restituisce la gioia di vivere, la capacità di celebrare e godere della vita, tutte cose simboleggiate dal vino sulle ferite. E così il samaritano si prende cura dell'uomo, lo carica sulla sua cavalcatura. Lo porta alla locanda perché possa continuare a essere aiutato lì. La locanda è un luogo di

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accoglienza, di porte aperte e di ospitalità per chi arriva ferito come quest'uomo. È un simbolo dei nostri cuori, delle nostre vite, delle nostre comunità e della Chiesa stessa, che deve essere "con le porte aperte" per accogliere e ricevere coloro che la vita ha lasciato gettato a terra sulla strada. Così "le locande" devono: 1. Aprire le porte e accogliere 2. Fare spazio 3. Prendersi cura 4. Rimettere in cammino Questa storia può aiutarci a lasciarci interrogare: chi è il samaritano? È Gesù stesso che ci mostra il suo stile, il suo modo di procedere, il cuore della missione che il Padre gli ha affidato. La compassione è il volto del Padre e il principio che modella tutta la vita, la missione e il destino di Gesù. Credere in Gesù non è credere in una dottrina o in un insieme di buoni precetti, ma è seguire una persona che, con le sue azioni, ci chiede: a che cose di dedichiamo? Chi amiamo? Cosa facciamo concretamente per gli uomini e le donne che soffrono nel mondo, vicini o meno a noi? È qui che entrano in gioco il nostro essere discepoli e la conversione del nostro cuore, il renderci disponibili alla missione di compassione che Gesù ha inaugurato e che ci lascia simboleggiata in questo racconto. Dobbiamo avvicinarci alle persone che incontriamo nella vita per offrire loro la nostra amicizia fraterna e il nostro aiuto solidale. Dobbiamo incarnare un amore "pratico" per i nostri fratelli e sorelle. Per questo Gesù ci dirà: " Va’ e fa’ lo stesso". Il che equivale a dirci: " Va’ e fa’ per gli altri quello che hai sperimentato per te stesso". Chi si sente amato e salvato non può che amare e cercare di dare sollievo ai suoi fratelli e sorelle. Questo racconto è un invito a ripercorrere con il cuore le parole di Gesù, a sentirsi salvati da Lui, il Buon Samaritano, quando siamo stati gettati dalla vita sul ciglio della strada. A renderci conto dei nostri alibi e della nostra cecità che non ci fanno vedere i bisogni degli altri. E a sperimentare Gesù Buon Samaritano che ci salva, lenisce le nostre ferite con l'olio e ridona la nostra gioia con il vino nuovo del suo amore. Affinché possiamo finalmente essere una Chiesa che accoglie, riceve, si prende cura e rimette in cammino coloro che Gesù mette nella nostra vita.

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Entrata dalla Prospettiva della Fede La Chiesa è missionaria L'idea e l'esperienza della missione ci apre all'esplorazione e al chiarimento di alcune domande: di quale missione si tratta? Chi manda? In che modo? A chi? E sembra opportuno, all'inizio di questa immersione nel vasto mondo della missione, soffermarsi su alcune parole di Papa Francesco nell'Evangelii Gaudium, che possono illuminarci sull'argomento: «L’evangelizzazione obbedisce al mandato missionario di Gesù: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Vangelo secondo Matteo 28,13). In questi versetti si presenta il momento in cui il Risorto invia i suoi a predicare il Vangelo in ogni tempo e in ogni luogo, in modo che la fede in Lui si diffonda in ogni angolo della terra. Nella Parola di Dio appare costantemente questo dinamismo di “uscita” che Dio vuole provocare nei credenti. Abramo accettò la chiamata a partire verso una terra nuova (cfr. Libro della Genesi 12,1-3). Mosè ascoltò la chiamata di Dio: «Va’, io ti mando» (Libro dell’Esodo 3,10) e fece uscire il popolo verso la terra promessa (cfr. Libro dell’Esodo 3,17). A Geremia disse: «Andrai da tutti coloro a cui ti manderò» (Libro del profeta Geremia 1,7). Oggi, in questo “andate” di Gesù, sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa, e tutti siamo chiamati a questa nuova “uscita” missionaria. Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo» (Papa Francesco Evangelii Gaudium nº 19 e 20). Noi diciamo che la Chiesa è missionaria, che la sua essenza è la missione, l'uscita e l'esodo. Non c'è una Chiesa per sé stessa, né per sostenersi, ma una Chiesa per gli altri. La Chiesa come comunità di credenti non è l’insieme di quelli che hanno creduto in Gesù per conto proprio o che si riuniscono per conto proprio, ma è una realtà che proviene da Gesù, è qualcosa che precede i credenti che accoglie, e ospita in sé ciascuna delle persone che fanno parte di essa per la loro fede in Gesù Cristo. La fede di ciascuno di coloro che fanno parte della Chiesa è pienamente e perfettamente possibile solo in comunità, in quella santa comunità che procede da Gesù Cristo sostenuta dal suo Spirito. La Chiesa, corpo mistico di Cristo, sua sposa, non deve essere una Chiesa che si preoccupa di se stessa e della propria sussistenza, ma una Chiesa di uomini e donne

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e per uomini e donne. È dovere della Chiesa essere per gli altri e non per sé stessa. Per questo, in questo essere per gli altri, deve forgiare testimoni che, come segni per tutti, rendano manifesta la grazia di Dio che opera ovunque nel mondo. Pertanto, "ecclesialità" nella Chiesa deve significare che tutti gli uomini e le donne della Chiesa servono tutti senza eccezioni. Perché la Chiesa è per il servizio. Il cuore della Chiesa è la preghiera e dalla preghiera e dall'incontro con il Risorto nasce il servizio. Servire è quindi il cuore della missione. «Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Vangelo secondo Marco cap. 10,43-45). Servire i poveri, gli anziani, i malati, gli esclusi, gli emarginati della società; tutti coloro che non hanno potere e non possono apportare né potere, né fama, né successo, né retribuzione a chi è a loro servizio. La Chiesa, e noi lo diciamo, gli uomini e le donne che ne fanno parte devono lottare per la giustizia, la libertà e la dignità umana anche se questo li danneggia. La missione è quindi la salvaguardia dell'umano, dell'uomo in tutta la sua unità, spirito corporeo e corpo spirituale; la salvaguardia dell'uomo che è anche mistero, dell'uomo dell'eternità e della finitudine. Se la Chiesa proviene da Gesù, anche la missione e l'invio provengono da Lui. Gesù Cristo invia alla sua missione di compassione. Perché Lui è l'inviato dal Padre e noi siamo inviati in Lui, da Lui e come Lui. E siamo inviati perché Gesù Cristo stesso ha voluto contare su di noi per portare avanti la missione che il Padre gli ha affidato. Ci ha mandato lui. Gesù è invio del Padre, perché è il Regno, il cuore del mondo che abita tutta la creazione. Ed è anche inviato, la seconda Persona inviata da tutta l'eternità per "realizzare la redenzione". E come tutto ciò che esiste per mezzo di Lui e in Lui, così la nostra missione e il nostro invio esistono per mezzo del Figlio, nel Figlio e procedono dal Figlio. Con l'offerta della nostra vita diventiamo figli con il Figlio e partecipiamo alla sua missione. In definitiva, la missione di compassione per il mondo è la missione di Gesù, la missione che il Padre gli affida e alla quale Egli ci chiama e ci rende suoi collaboratori. E cos'è una missione di compassione? Una missione di perfetta e piena dedizione a tutta la creazione, nella misura dei propri limiti e possibilità. Il modello del dono di sé è Dio stesso. Dio che, senza smettere di essere Dio, può donarsi al mondo nell'incarnazione del Figlio, nell'uscire da sé come Agape, costituendo la verità, la realtà e la possibilità fondamentale di Dio.

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In altre parole, l'essenza di Dio è questo perfetto dono di sé, questo uscire da sé stesso. Il Padre, nel pieno uscire da sé stesso e nel perfetto dono di sé dell'Amore, genera il Figlio e ispira lo Spirito Santo. Nella sua essenza di dono di Amore perfetto, Dio non può fare altro che amare. E in questo "amore e dono di sé" Egli serve, ci serve, si fa nostro servo. L'amore perfetto di Dio è oblativo, donato, uscito da sé stesso, così perfetto che crea ciò che ama. E come il Figlio è generato nell'Amore del Padre, così tutto ciò che esiste è creato nel Figlio, con la vita del Figlio, come partecipazione del Figlio. E come il Padre ama il suo Figlio generato, così ama tutto ciò che ha creato attraverso il Figlio, perché ama il Figlio. Tutto questo labirinto per intravedere il mistero! Cercando di mettere in parole, che non potranno esprimere in tutta la sua portata, l'esuberanza dell'Amore di Dio che generando il Figlio lo invia nella sua missione di amore, di misericordia, di compassione per "realizzare la redenzione del genere umano", nell'eterna incarnazione del Verbo in cui Dio Trinità si rende presente. Siamo chiamati a questa stessa missione e uniti da Gesù Cristo, come collaboratori della sua missione d'amore. In essa, sarà la nostra vita a completare l'azione di Gesù Cristo nel mondo, a realizzare l'amore di Dio in gesti concreti, a raggiungere tutte le periferie esistenziali, a restaurare vite, essendo testimoni della grazia di Dio presente in tutti gli angoli della creazione. Gesù ci chiama assieme a tutti gli uomini e le donne di tutti i tempi, affinché uniti a Lui collaboriamo alla sua missione di compassione, aiutando a portare a compimento il Regno che è già presente, è “già, ma non ancora”.

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Entrata dalla Prospettiva Spirituale Volontari del Regno del Padre Il mondo di oggi deve affrontare molte sfide, per questo il Santo Padre ci invita a pregare e ad essere più consapevoli delle conseguenze delle crisi in cui siamo immersi: la crisi economica, la crisi causata dal terrorismo, la violenza contro il pianeta, le persecuzioni politiche e religiose. Francesco ci chiama a pregare e a mobilitarci, come seguaci di Gesù, per collaborare con la Sua missione di compassione per il mondo, nella costruzione di un mondo più fraterno e solidale. La nostra disponibilità apostolica alla Sua missione di compassione è la chiave della nostra missione. Sebbene il panorama mondiale possa apparire desolante, l'attuale crisi non è riuscita a spegnere il profondo desiderio degli esseri umani di un mondo più dignitoso, giusto e fraterno per tutti. La grande sfida per gli esseri umani, credenti o meno, è trovare nuove vie per rendere la vita più umana, dignitosa e sana. Ed è proprio questo il senso della missione di compassione: entusiasmarci, vibrare, lavorare... insomma pregare e mobilitare le nostre vite per le sfide che il Santo Padre ci propone ogni mese nelle sue intenzioni di preghiera. Queste sfide sono il luogo di incarnazione della missione di Cristo per la Rete Mondiale di Preghiera. Lì, nelle intenzioni di preghiera del Papa, la nostra missione si concretizza. Dobbiamo recuperare l'entusiasmo per la missione di Cristo, la passione per il suo Regno di giustizia e amore. Ma anche noi, seguaci di Gesù, non portiamo avanti la missione in un modo qualsiasi, ma con lo stile di Gesù. È quindi il Cammino del Cuore che ci aiuta ad entrare in sintonia con gli atteggiamenti e i sentimenti di Gesù e ad andare incontro ai nostri fratelli e sorelle. Dall'incontro personale e insostituibile che abbiamo con Lui nella preghiera, scaturiranno in noi i sentimenti e gli atteggiamenti che hanno mosso il Cuore di Gesù quando ha visto la sofferenza di tante persone. Egli ha cercato innanzitutto di rendere più dignitosa l'esistenza delle persone e con la sua vita ha proposto un modo particolare di rendere il mondo più giusto. Avvicinandoci al Cuore di Gesù, ci avviciniamo anche alle sue sofferenze e ai suoi sentimenti per tutti. Ecco perché il Cammino del Cuore che stiamo seguendo ci porta a una missione di compassione per il mondo. Dobbiamo lasciare che l'Amore di Dio ci raggiunga e che gli atteggiamenti di Cristo segnino il nostro modo di essere. Da questo nascerà in noi l'entusiasmo per la Sua causa o la Sua missione concreta, la passione per il Suo progetto di una vita più umana e dignitosa per tutti. L'Amore del Signore forgia in noi il suo stile per la sua missione.

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L'amore del Padre manifestato in Gesù non è teorico. È un amore concreto in parole, gesti e azioni che dobbiamo incarnare nella nostra vita nel luogo in cui si concretizza la nostra missione: le sfide dell'umanità e della missione della Chiesa. Seguaci di Cristo risorto Nella Chiesa, e in quanto partecipe della Rete Mondiale di Preghiera, ognuno di noi è un apostolo della preghiera o, come ama dire Papa Francesco, "discepolo missionario". Collaboriamo con Gesù nella sua missione, rispondendo alla particolare chiamata che il Papa ci rivolge attraverso le sue intenzioni. Ogni mese il Santo Padre ci chiede di mobilitare il nostro amore, affinché non rimanga solo nelle parole o nei sentimenti epidermici. Il nostro modo di amare Gesù deve riflettersi in gesti di compassione, solidarietà e misericordia verso gli altri. Il nostro amore nella Chiesa deve annunciare Cristo. «La Chiesa porta Gesù: questo è il centro della Chiesa, portare Gesù! Se per ipotesi, una volta succedesse che la Chiesa non porta Gesù, quella sarebbe una Chiesa morta!» (Udienza generale, 23 ottobre 2013). Gesù ci ha inviato ad ammaestrare tutte le nazioni (Vangelo secondo Matteo cap. 28,19), con azioni che esprimono che il regno di Dio è già in mezzo a noi. Il nostro modo di vivere nella società di oggi deve essere uno stile di vita alternativo che costruisca relazioni più sane e un mondo più giusto e fraterno. Se credessimo un po' di più nella forza della testimonianza e nel potere di trasformazione dei nostri gesti nel cuore degli altri, ci Impegneremmo perché il mondo continui a credere che Gesù è ancora vivo in mezzo a noi. Nessuno si convince che Cristo è una buona notizia per l'uomo con discorsi, trattati o documenti. Quando le persone del Vangelo incontravano il Maestro, erano attratte da Lui, perché Egli mostrava un interesse genuino e reale per la loro vita. Come dobbiamo procedere? Dimostrando con le nostre azioni che ci preoccupiamo degli altri. Questo atteggiamento è frutto della preghiera e dell'incontro personale con Gesù, che ci fa guardare le persone con i suoi occhi. Papa Francesco ha già ripetuto in diverse occasioni che «chi non crede o non cerca Dio forse non ha sentito questa inquietudine perché gli è mancata una testimonianza». La nostra responsabilità di discepoli missionari è quella di proclamare con la nostra vita che Dio ama l'uomo incondizionatamente. E per poter esprimere correttamente questo amore, dobbiamo discernere bene quali gesti concreti rendono credibile questo amore e quali non appartengono al cuore del cristianesimo. Ogni volta che la nostra compassione, solidarietà e misericordia toccano la vita di

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persone che si sentono escluse da un sistema che scarta le vite, rendiamo presente il Regno di Dio. Quando contribuiamo a promuovere una società più giusta e fraterna, più sana, più dignitosa e solidale, annunciamo che il progetto del Padre è una realtà sempre presente. Noi cristiani dobbiamo essere una alternativa credibile che è possibile vivere in un modo più umano e in una società in cui si stabilisca una “cultura dell’incontro”. Il nostro stile di vita deve aiutare a scacciare dalla società la crescita della solitudine, la mancanza di comunicazione e il pragmatismo nelle relazioni. L'invito che Papa Francesco ci rivolge ogni mese è quello di pregare e mobilitarci insieme per affrontare le sfide che ci attendono. Questo è il modo per essere in sintonia con il Cuore di Gesù, che non è rimasto indifferente alle sofferenze dell'umanità. L'azione di Gesù è sempre stata a vantaggio di una vita più sana e fraterna per tutti.

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Entrata Tramite le Parole del Papa « Evangelizzare è rendere presente nel mondo il Regno di Dio. Ma «nessuna definizione parziale e frammentaria può dare ragione della realtà ricca, complessa e dinamica, quale è quella dell’evangelizzazione, senza correre il rischio di impoverirla e perfino di mutilarla». Ora vorrei condividere le mie preoccupazioni a proposito della dimensione sociale dell’evangelizzazione precisamente perché, se questa dimensione non viene debitamente esplicitata, si corre sempre il rischio di sfigurare il significato autentico e integrale della missione evangelizzatrice. Il kerygma possiede un contenuto ineludibilmente sociale: nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri. Il contenuto del primo annuncio ha un’immediata ripercussione morale il cui centro è la carità. Confessare un Padre che ama infinitamente ciascun essere umano implica scoprire che «con ciò stesso gli conferisce una dignità infinita». Confessare che il Figlio di Dio ha assunto la nostra carne umana significa che ogni persona umana è stata elevata al cuore stesso di Dio. Confessare che Gesù ha dato il suo sangue per noi ci impedisce di conservare il minimo dubbio circa l’amore senza limiti che nobilita ogni essere umano. La sua redenzione ha un significato sociale perché «Dio, in Cristo, non redime solamente la singola persona, ma anche le relazioni sociali tra gli uomini». Confessare che lo Spirito Santo agisce in tutti implica riconoscere che Egli cerca di penetrare in ogni situazione umana e in tutti i vincoli sociali: «Lo Spirito Santo possiede un’inventiva infinita, propria della mente divina, che sa provvedere e sciogliere i nodi delle vicende umane anche più complesse e impenetrabili».

L’evangelizzazione cerca di cooperare anche con tale azione

liberatrice dello Spirito. Lo stesso mistero della Trinità ci ricorda che siamo stati creati a immagine della comunione divina, per cui non possiamo realizzarci né salvarci da soli. Dal cuore del Vangelo riconosciamo l’intima connessione tra evangelizzazione e promozione umana, che deve necessariamente esprimersi e svilupparsi in tutta l’azione evangelizzatrice. L’accettazione del primo annuncio, che invita a lasciarsi amare da Dio e ad amarlo con l’amore che Egli stesso ci comunica, provoca nella vita della persona e nelle sue azioni una prima e fondamentale reazione: desiderare, cercare e avere a cuore il bene degli altri. Questo indissolubile legame tra l’accoglienza dell’annuncio salvifico e un effettivo amore fraterno è espresso in alcuni testi della Scrittura che è bene considerare e

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meditare attentamente per ricavarne tutte le conseguenze. Si tratta di un messaggio al quale frequentemente ci abituiamo, lo ripetiamo quasi meccanicamente, senza però assicurarci che abbia una reale incidenza nella nostra vita e nelle nostre comunità. Com’è pericolosa e dannosa questa assuefazione che ci porta a perdere la meraviglia, il fascino, l’entusiasmo di vivere il Vangelo della fraternità e della giustizia! La Parola di Dio insegna che nel fratello si trova il permanente prolungamento dell’Incarnazione per ognuno di noi: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Vangelo secondo Matteo 25,40). Quanto facciamo per gli altri ha una dimensione trascendente: «Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi» (Vangelo secondo Matteo 7,2); e risponde alla misericordia divina verso di noi: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato […] Con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Vangelo secondo Luca 6,36-38). Ciò che esprimono questi testi è l’assoluta priorità dell’ «uscita da sé verso il fratello» come uno dei due comandamenti principali che fondano ogni norma morale e come il segno più chiaro per fare discernimento sul cammino di crescita spirituale in risposta alla donazione assolutamente gratuita di Dio. Per ciò stesso «anche il servizio della carità è una dimensione costitutiva della missione della Chiesa ed è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza». Come la Chiesa è missionaria per natura, così sgorga inevitabilmente da tale natura la carità effettiva per il prossimo, la compassione che comprende, assiste e promuove » (Papa Francesco, Evangelii Gaudium nn. 176-179).

➔ Per approfondire. Risorse. Allegato 3. “L'emarginato in casa”.

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Entrata dalla Prospettiva della Preghiera Le sfide della compassione Le persone lasciano impronte sugli altri. Alcune sono dolorose, ma altre sono piene di amore, accettazione, compassione, misericordia. Dobbiamo ringraziare molti per quello che siamo. Nel corso della nostra vita abbiamo sicuramente incontrato persone che ci hanno dato il giusto consiglio, una stretta di mano e non sono mancati abbracci caldi e amichevoli che ci hanno dato sicurezza e sostegno. Queste persone hanno lasciato un segno indelebile di amore. Riuscite a immaginare il segno indelebile che Gesù ha lasciato in tutte le persone che ha guarito, liberato e risuscitato? Gesù ha incontrato un popolo bisognoso di compassione e si è donato a loro fino alla morte. Ma Gesù non era un guaritore. Non è venuto a riparare le vite delle persone o a risolvere i conflitti, ma a dare inizio a una rivoluzione interiore e profonda che inizia nel cuore di tutti gli uomini e che spera si diffonda fino ai confini della terra. Ha inaugurato una missione di compassione. Gesù ci invita a vivere la compassione come atteggiamento fondamentale della vita. La compassione riassume l'amore che riceviamo da Gesù e l'amore che siamo chiamati a dare agli altri. È la sintesi della dinamica amorosa in cui il Signore ci “precede” nell’amore e nella compassione e ci invita a riprodurla con gli altri. Conta sulla nostra collaborazione affinché la proposta d'amore del Padre raggiunga tutti i confini della terra? Gesù non è stato indifferente al dolore, alla speranza e alla fede del suo popolo. Ha lasciato che le vite degli altri risuonassero fortemente nel suo cuore e ha agito di conseguenza con il suo amore e la sua misericordia. Quelle situazioni erano sfide del suo tempo che toccavano profondamente il suo cuore. Erano sicuramente argomenti di conversazione con il Padre durante i suoi momenti di preghiera. Per aver parte con Lui dobbiamo trasformare il nostro cuore, sintonizzarlo con il Suo, ascoltare la voce di Dio dentro di noi e imparare a guardare con i Suoi occhi. Solo così ci sarà una garanzia di disponibilità interiore per ciò che lo Spirito di Dio ci ispira. Come ha sviluppato Gesù la sua missione di compassione e come possiamo collaborare con lui? La prima sfida che Gesù ha incontrato è stata quella di comunicare che l'amore del Padre è gratuito. Questa è stata e sarà la prima e più grande sfida. Sentirsi amati gratuitamente. È meraviglioso sentirsi amati per quello che siamo e non per i nostri successi e le nostre conquiste. Sperimentare l'amore gratuito è un'esperienza che ci

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fonda come esseri umani. Quando riusciamo a sperimentare questo amore, ci apriamo alle relazioni con gli altri con un cuore grato. Non c'è esperienza più profonda per generare un cuore compassionevole che sentirsi amati incondizionatamente. Gesù ha bisogno che comprendiamo che l'amore che Egli ha per noi non è dovuto ai nostri successi e alle nostre conquiste personali. È questa esperienza dell'amore che ci apre alla compassione per gli altri. La seconda grande sfida che Gesù riconobbe ai suoi tempi fu quella di aiutare gli altri a ritrovare la fiducia in sé stessi. Quando, per qualche motivo nella vita, non siamo riusciti a realizzare i nostri sogni o a raggiungere i nostri obiettivi, sentiamo interiormente che le nostre forze stanno scemando e la nostra fiducia si sgretola. È il momento in cui abbiamo bisogno di quella parola opportuna che riesce a ridarci fiducia. Quella mano ferma che si tende, ci raggiunge e ci rimette in piedi. Gesù ha aiutato molti a ritrovare la fiducia in sé stessi e a sentire che la loro vita risorgeva. È l'esperienza della rinascita che ci fa ripartire. Sentire che qualcuno ci aiuta a ritrovare la fiducia in noi stessi è una di quelle esperienze che si imprimono più fortemente nell'anima. La presenza di un altro, il suo aiuto, il suo incoraggiamento, possono aiutarci a riscoprire il nostro valore davanti al Signore e come il Signore ci guarda. Pertanto, la fiducia in sé stessi deve nascere dal valore stesso di ciò che siamo davanti a Dio e dal sentirci amati da Lui. La terza sfida che Gesù ha percepito è stata la necessità di aiutare gli altri a sperimentare il perdono e la misericordia. Quando amiamo veramente un altro desideriamo non deluderlo. Vogliamo essere fedeli e dedicarci con tutto il cuore a questa relazione. Ma a volte non siamo abbastanza coerenti con questo desiderio di impegnarci e falliamo. Tutti noi abbiamo sperimentato cosa significa rompere la fiducia di un altro, e quando ciò accade proviamo un dolore enorme e il bisogno di ristabilire la comunione. Poiché il nostro cuore è stato creato per la comunione, quando sentiamo di averla spezzata dobbiamo recuperarla Sentirsi perdonati è la più grande esperienza di amore gratuito. Perché quando non si merita di essere amati, quando la propria miseria è stata messa a nudo e non c'è maschera che possa nascondere la bruttezza del peccato, c'è qualcuno che crede ancora in noi e ci offre di nuovo il suo amore e la sua fiducia. Gesù ha ristabilito il legame di amicizia tra Dio e gli esseri umani. Ci ha comunicato che il Padre non si stanca mai di perdonare e di offrire il suo amore. Gesù ha riconosciuto numerose sfide presenti nella società del suo tempo, che ha reso visibili e alle quali ha risposto. Sfide che erano disuguaglianze, vuoti, ingiustizie, oppressione, esclusione gli uni dagli altri, insensatezza di quel tempo che causavano sofferenza a molti uomini e donne. Gesù ha contemplato, pregato il Padre suo e ha individuato queste realtà, alle quali poi ha risposto. Così, prima di tutto, ha insegnato

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he colui che chiamavano Dio era "Padre" di tutti, che amava tutti senza escludere nessuno e soprattutto i più fragili, i bisognosi e i poveri. È il Padre che fa sorgere il sole sui giusti e sugli ingiusti. Lo stesso Spirito di Gesù che lo ha ispirato a quel tempo ispira oggi la Chiesa di oggi ad affrontare e rispondere alle sfide di questo tempo. Oggi sono queste le sfide dell'umanità e della missione della Chiesa che sono presenti nelle intenzioni di preghiera del Papa. La Chiesa discerne queste sfide contemplando il mondo e percependo le intenzioni del Cuore compassionevole di Gesù. Il Papa come Vescovo di Roma e successore di Pietro rende visibili le sfide del nostro tempo, così come Gesù le ha percepite e comunicate ai suoi discepoli. Gesù ha capito che per rispondere a queste sfide non poteva farlo da solo, ma doveva farlo in comunità. Oggi la Chiesa ci invita a far parte di questa Rete Mondiale di Preghiera che, attraverso la preghiera e l'azione, collabora con Gesù nella sua missione di compassione per il mondo. La Rete Mondiale di Preghiera del Papa vuole collegare le persone al Cuore di Gesù, affinché, sentendo come Lui, possano fare proprie le sfide che la Chiesa ci presenta con lo stesso spirito di Gesù e collaborare alla costruzione del Regno. ➔ Per approfondire. Risorse. Allegato 1. “Scandalizzare con la tenerezza”.

Proposte di esercizi Disponibilità alla missione di Cristo Ti invitiamo a partecipare a un esercizio ispirato al libro degli Esercizi Spirituali di Sant'Ignazio di Loyola. Si tratta di un adattamento dei numeri da 230 a 237. Prenditi del tempo per stare cuore a cuore con il Signore. Fai silenzio interiore ed entra in un'atmosfera di preghiera: 1.

La prima cosa da notare è che l'amore si deve porre più nelle opere che nelle parole. L'amore è una decisione e un'azione concreta.

2. La seconda cosa, a sua volta, è che l'amore è comunicazione, in cui quelli che si amano danno e comunicano ciò che hanno e possono. Ognuno dà secondo la misura dei suoi beni e possessi e secondo la sua possibilità. E coloro che si amano

esprimono affetto, amore e dedizione in ciò che si danno

reciprocamente.

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Passo 8 I UNA MISSIONE DI COMPASSIONE

Dopo aver preso del tempo per considerare queste due cose, immaginati di trovarti davanti a tutti i santi e le sante del cielo, e anche davanti alla Madre di Gesù, con gli angeli del Signore. Sono tutti lì per te e ti accompagnano in questo momento. Saranno i tuoi testimoni e i tuoi alleati. 1.

In questo momento chiedi al Signore di farti conoscere tutto il bene che ti ha dato e che hai ricevuto. Che Egli ti aiuti a riconoscerlo e a gustarlo, affinché, avendolo riconosciuto completamente, interamente, tu possa metterti a disposizione della Sua missione di compassione per il mondo e collaborare con Lui in essa.

2. Riporta alla memoria ciò che hai sperimentato in questo itinerario de il Cammino del Cuore. Ripercorri nel tuo cuore il dono dell'Amore del Padre manifestato in Gesù Cristo; il modo in cui Egli, conoscendo il tuo cuore ferito e bisognoso, non ha mai smesso di essere al tuo fianco per perdonarti, per guarirti e per liberarti da ciò che ti rende schiavo. Guarda di nuovo il mondo nelle sue tensioni di vita e di morte e come lo Spirito del Signore viene in tuo aiuto e sostegno quando scegli la Vita. Medita, rifletti sul bene che il Signore ti dona sostenendoti nella Vita come creatura amata e salvata da Lui. E dopo aver gustato queste cose dentro di te, chiediti cosa vorresti offrire al Signore come risposta d'amore a tanto bene che ti dona: cosa pensi che sarebbe giusto, conveniente dargli, o cosa vorresti dargli? 3. Osserva ora come il Signore è presente e viene a te in tutto ciò che è stato creato, nelle persone con cui condividi le cose, amici, famiglia; in ogni situazione di lavoro, studio, svago; nei luoghi che attraversi, in tutta la natura, animali, piante, aria, ecc. In quelle cose create che conosci e in quelle che non sai nemmeno che esistono da qualche parte del pianeta. Altri fratelli e sorelle, di altri continenti, di altri Paesi. Gira il mondo, impiega il tuo tempo con l'immaginazione a considerare tutte le cose create che il Signore ti ha dato, in modo che, vedendoLo, tu tenga presente Lui, per richiamare la tua attenzione. E chiediti: cosa senti nel tuo cuore quando contempli un così grande dono? Cosa ti viene in mente? Cosa saresti disposto a offrire? 4. Considera in questo momento come il Signore opera e lavora per te in tutta la creazione. Egli sostiene la vita, la perfeziona, la fa crescere. Il Signore abita nelle cose e nelle creature, lavora in ogni situazione e dispone le cose per il bene di coloro che ama. Medita e gusta il modo in cui il Signore, dall'interno della creazione, lavora e sostiene la vita per te. Quali sentimenti nascono dentro di te? Quale risposta dai al Signore per questo lavoro che fa per te? 5. Osserva come tutto ciò che è stato creato non era in grado di darsi la vita o di mantenersi in vita da solo. Tutto, assolutamente tutto, proviene dal Padre. Tutto è dono, la bontà, la bellezza, la giustizia, il bene, ogni qualità in te proviene da

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Dio, tutto ciò che ammiri e ami viene da Dio. Egli è il donatore universale, non c'è nulla al di fuori di Lui, tutto esiste in Lui, per mezzo di Lui e per Lui. Anche tu stesso. Contempla ciò che ami, ciò che ammiri, le qualità dei tuoi fratelli e sorelle. Lasciati toccare il cuore e goditi i così grandi doni che ci sono nel mondo. 6. Offri al Signore tutto ciò che sei e che hai, perché da Lui provieni, offri la tua vita mettendoti a disposizione per servire la Sua missione di compassione per il mondo. Prega con devozione e affetto la nostra preghiera di Offerta per concludere questo momento di preghiera.

Padre infinitamente buono, so che tu sei sempre con me, eccomi in questo nuovo giorno. Metti il mio cuore, una volta ancora, vicino al Cuore del tuo Figlio Gesù, che si offre per me e che viene a me nell’Eucaristia. Che lo Spirito Santo faccia di me il suo amico e apostolo, disponibile alla sua missione di compassione. Metto nelle tue mani le mie gioie e le mie speranze, le mie attività e le mie sofferenze, tutto ciò che ho e possiedo, in comunione con i miei fratelli e sorelle di questa Rete Mondiale di Preghiera. Con Maria ti offro questa giornata per la missione della Chiesa e per le intenzioni del Papa e del mio Vescovo in questo mese. Amen. Pratica della rilettura tematica Ciò che definisce il nucleo del nostro carisma nella Rete di Preghiera del Papa è "l'atteggiamento di disponibilità". L'apertura del cuore e della mente per lasciarci condurre lì dove il nostro servizio è maggiore nella missione di compassione di Gesù Cristo per il mondo. Ma questo atteggiamento di disponibilità non si concretizza in questa o quella opera, bensì è una disposizione interiore che può assumere o meno la forma dell'azione. E come abbiamo già meditato, questa missione per noi si concretizza nelle intenzioni di preghiera che il Papa ci affida ogni mese. Queste intenzioni sono sfide del mondo

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che chiedono di essere affrontate, i nostri fratelli e sorelle e la nostra casa comune ne subiscono le conseguenze negative. Non dobbiamo illuderci pensando che queste sfide tocchino talvolta realtà lontane da noi e che possiamo solo pregare a distanza senza impegnare la nostra azione. Ogni mese, a partire da ogni sfida, è possibile scoprire atteggiamenti concreti per la nostra vita quotidiana che possono aiutarci a "portare a compimento" l'intenzione che ci è stata affidata. Ed è questa la grande sfida di "affratellarci" nell'intenzione portando nella nostra vita quotidiana gli atteggiamenti di base che si trovano in ogni intenzione. Ad esempio, quando la sfida ci propone di "pregare per i giovani africani affinché abbiano accesso all’educazione e al lavoro nel proprio paese", possiamo subito pensare ai giovani e alle opportunità che hanno nelle nostre comunità, nei nostri quartieri, nei nostri Paesi. E come siamo coinvolti o possiamo essere coinvolti in questa concretizzazione. In questo momento ti proponiamo di rileggere il modo in cui tu concretizzi nella tua vita quotidiana gli atteggiamenti che sono alla base dell'intenzione di questo mese. Se le porti nella tua vita quotidiana. 1.

Inizia questo momento di rilettura prendendo le distanze dalle tue attività quotidiane. Fai silenzio nel tuo cuore, respira più volte lentamente. Sii consapevole che il Signore si rende presente a te e ti viene incontro.

2. Ringrazia il Signore per la tua partecipazione alla Rete Mondiale di Preghiera del Papa e per la chiamata ad essere un apostolo al servizio della sua missione di compassione per il mondo. Ringrazialo perché ti sceglie. 3. Rivedi l'intenzione che il Papa ci affida e cerca di scoprire quali sono gli atteggiamenti fondamentali in essa contenuti: dialogo, pace, armonia, creatività, solidarietà, ascolto, essere un ponte, coltivare la preghiera, ecc. 4. Pensa a come hai vissuto questi atteggiamenti durante il mese. Ripensa alla tua giornata, in famiglia, al lavoro, nel tempo libero, nella tua comunità. 5. Cosa vorresti aver vissuto in modo diverso? 6. Cosa vuoi fare in futuro? Quale atteggiamento specifico vuoi coltivare per il resto del mese? 7. Prendi nota del tuo proposito. 8. Deponilo ai piedi di Gesù Cristo e chiedi allo Spirito Santo di aiutarti a essere disponibile a coltivare l'atteggiamento proposto. 9. Saluta il Signore e conclude questo momento. ➔ Per approfondire. Risorse. Allegato 2. “Pregare con la vita”

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Risorse Allegato 1 Scandalizzare con la tenerezza J. Vanier, nel suo libro intitolato Amare sino alla fine, afferma che «Gesù ci chiede di seguirlo sulla via della piccolezza, della comunione dei cuori, del perdono. della fiducia e della vulnerabilità, senza rinunciare, in altri momenti, ad assumere il ruolo di responsabili, di insegnanti, chiamati a esercitare una certa autorità su persone e gruppi, con forza e giustizia, bontà e umiltà. Ci chiede di vivere tutta la follia del Vangelo: amare senza misura, essere compassionevoli, non giudicare, ma perdonare sempre, giungere fino ad amare il nemico. Ciò è impossibile senza svestirci, diventare poveri e nudi davanti a Dio per «rivestirci di Cristo». Sappiamo che essere bravi non è facile e che essere coerenti non è un compito da svolgere una volta per tutte. Richiede di vivere un continuo desiderio di rivestirci di Cristo per comunicare al mondo la bellezza, la bontà e la verità del suo amore. Sai, ci sono persone che dipendono dalla tua coerenza di vita per avvicinarsi a Gesù. Sì, hanno bisogno della testimonianza della tua vita, della bellezza delle tue parole, della bontà del tuo cuore e del coraggio di vivere sapendo che Dio ti ama in tutta la tua verità senza giudicarti. Siamo invitati a esprimere con semplicità di cuore l'amore che Dio ha messo nei nostri cuori. Dobbiamo assumere il ruolo di manifestare al mondo la gioia e la speranza che nascono dalla fede. Dobbiamo osare scandalizzare il mondo con la tenerezza.

Allegato 2 Pregare con la vita Conosciamo tutti l'antica tensione tra preghiera e azione. Se preghiamo senza una prospettiva sociale o apostolica, ci viene ricordato che «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli» (Vangelo secondo Matteo cap. 7,21). Se, invece, siamo pienamente impegnati nell'azione apostolica, corriamo il rischio che ci vengano rivolte le parole di Gesù: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta» (Vangelo secondo Luca cap. 10,41-42). La preghiera cristiana rischia talvolta di prendere "una strada parallela ai sentieri della vita" (Velasco, 2008, p. 129). Non può essere distaccata, indifferente agli eventi del mondo, perché la Chiesa orante non può dimenticare di aver ricevuto il comando di «andare e ammaestrare tutte le nazioni» (Vangelo secondo Matteo cap. 28,19).

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Ogni mese il Papa affida alla sua Rete Mondiale di Preghiera un'intenzione che dobbiamo portare alla preghiera e all'azione. Questa intenzione tocca la vita di ogni uomo e donna del pianeta. È una chiave di lettura per comprendere il corso della vita che sta accadendo intorno a noi e una chiamata a vivere in coerenza con ciò che stiamo pregando. La disponibilità apostolica che dobbiamo coltivare per partecipare al progetto di costruzione del Regno di Dio insieme a Gesù Cristo non sarà possibile senza una conversione della sensibilità e senza una preghiera profonda, intima e apostolica. La preghiera ci mette in contatto con il mondo perché la vita è concreta. «Dio abita nelle cose, nei luoghi e nelle persone reali» (Velasco, 2008). La Chiesa orante e apostolica è chiamata a essere presente ovunque ci sia bisogno di annunciare la fede, ma anche ovunque ci sia una persona abbandonata da accogliere, un "reietto" da integrare, un affamato da sfamare, un nudo da vestire, un carcerato da visitare... Insomma, ovunque il cuore compassionevole di Gesù voglia essere presente attraverso il nostro aiuto concreto ed efficace. L'intenzione di preghiera mensile incarna la nostra preghiera e azione in questa missione.

Allegato 3 L’emarginato in casa Guardare la sofferenza attraverso uno schermo televisivo è sempre meno scioccante e terribile che vedere tante persone emarginate, e in molti casi anziane, vivere nelle piazze, nelle strade o sui marciapiedi delle nostre grandi città. Ti sei mai fermato a guardarli e ad avvicinarti a loro? Forse. La verità è che nella maggior parte dei casi viviamo così di fretta e siamo immersi solo nei nostri pensieri che il dolore e la sofferenza degli altri fanno parte del paesaggio quotidiano. Anche nelle nostre città ci sono molte persone che soffrono di emarginazione, solitudine e abbandono, e non sono per strada. Molti di loro sono anziani e percorrono i corridoi delle nostre case, siedono nei nostri salotti e condividono con noi il pane quotidiano. Non vivono per strada, hanno un posto dove riposare, ma si sentono comunque privi di affetto e di cure. Non smettono di spezzare il pane, di nutrirsi adeguatamente, ma sentono la mancanza di quel tempo prezioso che viene dall'ascolto empatico e cordiale. La sofferenza e la povertà, la solitudine e l'abbandono, l'emarginazione e persino i maltrattamenti non sono più realtà che vediamo solo per strada: sono anche sotto casa nostra. Papa Francesco ci invita a guardare alla vita che conduciamo e a unirci a una grande sfida che ha presentato in un'intenzione di preghiera: «Perché gli anziani, gli emarginati e le persone sole trovino, anche nelle grandi città, opportunità di incontro e di

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solidarietà». Le strade non dovrebbero diventare la casa di qualcuno, tanto meno degli anziani. Ma nemmeno le nostre case devono diventare un luogo in cui i nonni o gli anziani vengono emarginati. Dobbiamo recuperare ciò che ci rende umani come ci ha insegnato Gesù: essere compassionevoli. Questa è una grande sfida oggi: creare spazi di incontro con i nostri anziani ed essere solidali con loro. Ricordati, non sono solo la corruzione e le politiche disumane a generare sofferenza e dolore negli altri, ma anche l'indifferenza.

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Passo 8 I UNA MISSIONE DI COMPASSIONE

INDICE PASSO 8 UNA MISSIONE DI COMPASSIONE

5

Schema per orientare il passo

6

Quadro di riferimento

6

Dinamica interna del passo

6

Entrata dalla Prospettiva Biblica

8

Guardare con occhi nuovi

9

Una entrata biblica dalla compassione

12

Entrata dalla Prospettiva della Fede La Chiesa è missionaria

14 15

Entrata dalla Prospettiva Spirituale

18

Volontari del Regno del Padre

19

Seguaci di Cristo risorto

20

Entrata Tramite le Parole del Papa

22

Entrata dalla Prospettiva della Preghiera

25

Le sfide della compassione Proposte di esercizi

26 28

Disponibilità alla missione di Cristo

28

Pratica della rilettura tematica

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Risorse

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Allegato 1

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Scandalizzare con la tenerezza

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Allegato 2

33

Pregare con la vita

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Allegato 3

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L’emarginato in casa

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INDICE

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