Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione
Italiana Tesorieri d’impresa
Università Cattolica del Sacro Cuore
Mensile Ufficiale dell’AssoimpresePMI - Associazione Industriali Piccole e Medie Imprese Italiane Il mensile è presente presso l’osservatorio per le piccole e medie Imprese, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie, Dipartimento della funzione Pubblica, Ministero dell’Economia e delle Finanze - Consip, Centro per l’informatica nella Pubblica Amministrazione - Cnipa, Associazione Italiana Tesorieri d’impresaaiti, Associazione Italiana Sistemi Informativi in Sanità e presso la commissione Europea (BRUXELLES)
Dipartimento per l’Innovazionee le Tecnologie
GENERALI ITALIA
tommaso CeCCon, Chief property & CasUalty offiCer
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SPO RTELLO E UROPA
Urs U la von der l eyen, p residente Commissione e U ropea
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PMIMagazine
Direttore Responsabile Cosimo Bisci
Redazione e Impaginazione Grafica Silvia Tira
GREEN DEAL
Un modello di svilUppo a sostegno delle pmi
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Area comunicazione marketing relazioni esterne Alberto Di Leo
Hanno collaborato a questo numero Paolo Melissi Fotografie - Mario Carò
AssoimpresePMI Via San Raffaele 1, 20123 Milano Tel: +39 02.47927155 - 9230274
Fotolito e Stampa - PI-ME Pavia
Tutti i marchi, i servizi e interviste appartengono ai rispettivi loro proprietari. Iscritto al tribunale di Milano il 26/02/2001 numero di registrazione 92. ROC n° 21365 Tutti gli speciali sono con uscita decadenza settimanale. “La Grande Industria” inserto
FOCUS
irpef: Cosa Cambia davvero Con l'irpef per le pmi?
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Tommaso Ceccon, Chief Property & Casualty Officer di Generali Italia
GENERALI: PARTNER D'ECCELLENZA VICINO ALLE PMI
Generali i Generali in Italia opera nel settore assicurativo con l’obiettivo di supportare persone, famiglie e imprese attraverso prevenzione, servizi e tecnologia. Nel corso del tempo ha sviluppato varie soluzioni che permettono alle pmi di tutelarsi dalle diverse tipologie di rischio. Tra queste ci sono le Cat-Nat, le polizze che coprono tutti gli eventi atmosferici e le catastrofi che possono provocare danni materiali. In questo modo la Compagnia risponde a un’esigenza particolarmente attuale per le aziende, dato che la legge di Bilancio 2024 ha introdotto l’obbligo, per tutte le imprese, di stipulare delle polizze contro i danni
catastrofali. È l’inizio di un percorso di partnership pubblicoprivato che vuole colmare il gap di protezione che caratterizza il nostro Paese. Per approfondire queste tematiche abbiamo intervistato Tommaso Ceccon, Chief Property & Casualty Officer di Generali Italia.
Dottor Ceccon, perché possiamo dire che nel nostro Paese è presente un gap assicurativo?
A evidenziarlo sono i dati, che ci dicono che in Italia il rapporto tra la spesa assicurativa e il Pil è uno dei più bassi a livello europeo,
circa la metà rispetto agli altri Paesi. Gli ultimi studi hanno quantificato che il protection gap in Italia, per il tema delle catastrofi naturali, è pari al 78%, in confronto al 46% della Francia e al 57% della Germania. Questo significa che soltanto il 22% dei danni economici provocati da eventi catastrofali è coperto dall’assicurazione. Ci sono poi altri dati significativi: in Italia solo il 5% delle abitazioni è coperto da assicurazione. Soltanto il 6% delle microimprese, che costituiscono il tessuto fondamentale della nostra economia, hanno una copertura per i catastrofali e si stima che circa un milione di micro o di piccolissime imprese non abbiano nemmeno le coperture basilari incendio o responsabilità civile. Questo tema è sicuramente molto rilevante e rende il nostro Paese più vulnerabile e meno competitivo e, per questo, come primo assicuratore del Paese, sentiamo il dovere di contribuire e offrire soluzioni a beneficio di famiglie e imprese.
Quali sono i rischi ai quali sono più esposte oggi le piccole e medie imprese?
Le piccole e medie imprese sono esposte a una pluralità di rischi. Certamente le catastrofi naturali, un tema di grande attenzione per la recente regolamentazione sull’obbligatorietà delle polizze, oggi rappresentano la priorità anche a causa dell’intensificazione di frequenza e magnitudo dei singoli fenomeni. Ma non solo. Ci sono i rischi del patrimonio, quindi tutto quello che afferisce al mondo della responsabilità civile e ai rischi connessi all’esportazione verso mercati esteri. Esistono poi rischi legati alla continuità operativa, dato che le piccole e medie imprese sono spesso realtà vulnerabili dal punto di vista patrimoniale. L’impatto di eventi importanti sotto il profilo economico rischia di pregiudicare la solidità e la continuità operativa di queste aziende. Da ultimo c’è un rischio legato alla progressiva digitalizzazione e all’introduzione delle tecnologie all’interno dei processi produttivi: il rischio di attacchi cyber.
Soggetti come le pmi sono tenute a gestirli trovando le opportune soluzioni di protezione.
Quali sono i rischi connessi alle catastrofi naturali e perché la mancanza di assicurazioni costituisce un rischio di impresa?
L’impatto economico derivante da eventi estremi, quali possono essere catastrofi naturali come terremoti o alluvioni, è rilevante. Le piccole e piccolissime imprese, ma anche le medie imprese, che sono soggetti non così patrimonializzati, rischiano di subire un danno molto rilevante a livello di solidità, di possibilità di competere nei mercati e anche di sopravvivenza. Le statistiche oggi ci dicono che spesso piccole o piccolissime imprese colpite da eventi con un impatto economico rilevante, nel medio periodo non riescono a sostenersi e sono soggette a default nel giro di qualche mese. Quindi è chiaro che le catastrofi naturali producono danni economici rilevanti e i mezzi di cui le pmi dispongono non sono sempre sufficienti per fronteggiare gli impatti economici derivanti da questa tipologia di eventi.
foto: Generali eventi naturali, subito al tuo fianco
Tommaso Ceccon, Chief Property & Casualty Officer di Generali Italia
Che cos'è la polizza Cat-Nat e perché in Italia è stato necessario renderla obbligatoria per le imprese?
La polizza Cat-Nat è l’offerta con cui assicuriamo tutti gli eventi atmosferici e tutte le catastrofi che possono provocare danni materiali a famiglie e imprese. Per effetto dell’entrata in vigore in Italia della nuova regolamentazione, con una novità importante che giudichiamo assolutamente positiva, ovvero, una partnership tra istituzioni pubbliche e il privato, le aziende sono tenute a dotarsi di una protezione assicurativa per alcuni rischi come il terremoto, l’alluvione, l’esondazione e le frane. Si tratta quindi di una soluzione che si concentra sui rischi catastrofali, che oggi sono poco coperti nel settore delle piccole e delle micro imprese, e che hanno invece un grado di copertura un po’ più ampio man mano che cresce la dimensione delle aziende. L’offerta che noi proponiamo attraverso la nostra rete distributiva risponde puntualmente alla normativa che ha introdotto questa importante novità nel sistema italiano.
Cosa possono fare le imprese di assicurazione per elevare il livello di cultura del rischio delle pmi?
Le imprese di assicurazione hanno un ruolo decisivo da questo punto di vista: bisogna sensibilizzare su questo tema affinché la cultura del rischio diventi un patrimonio delle imprese. Attraverso la nostra rete distributiva, che è diffusa sul territorio e vicina ai clienti, possiamo accrescere la consapevolezza dell’esposizione ai rischi. Oggi anche la tecnologia sicuramente può aiutare ad agire in questa direzione, contribuendo all’adozione di tutti quei comportamenti di prevenzione, adattamento e mitigazione dell’impatto degli eventi. In questo modo le imprese possono contare su una maggiore resilienza che contribuisce alla crescita, alla stabilità e allo sviluppo economico e sociale del nostro Paese.
Generali riserva una particolare attenzione al mondo delle imprese, ci può spiegare in breve quali sono i servizi che dedicate alle pmi?
Siamo il riferimento per circa 11 milioni di clienti: una famiglia su 3 e un'impresa su 4 è assicurata con noi. La componente dei servizi è molto importante nella nostra offerta, che è integrata, non solo in termini di protezione e di copertura assicurativa. Vogliamo piuttosto costruire un vero e proprio ecosistema di servizi di prevenzione e di suggerimenti che aiutino il nostro cliente ad adottare comportamenti virtuosi. Per entrare nel merito dei servizi, noi siamo partiti dall’ascolto dei clienti e abbiamo identificato alcune aree di bisogno prioritarie. La prima è la semplificazione amministrativa, quindi la nostra offerta comprende servizi di consulenza legale, tributaria e amministrativa che aiutano le imprese a districarsi negli aspetti burocratici del nostro ordinamento. Altra area di bisogno è la protezione dell’asset più importante delle aziende: le persone. Perciò forniamo servizi di assistenza medica e infermieristica verso il personale. Da ultimo, ma non per importanza, c’è il tema della protezione digitale, quindi tutto quello che afferisce al mondo della sicurezza informatica con servizi dedicati in caso di cyber-attacchi che possano compromettere l’operatività delle aziende.
Dottor Ceccon, come si distingue il modello di Generali sulle Cat-Nat? È un modello, come dicevo, che fornisce soluzioni complete e personalizzate che non va nella direzione di una polizza separata rispetto alle altre coperture. Intercetta tutte le dimensioni del problema in oggetto, ovvero la prevenzione, la protezione e i servizi, e integra, anche attraverso le nuove tecnologie, una componente di forte innovazione. Mi piace citare anche un servizio importante che abbiamo predisposto, ovvero “Qui per voi”: è un pro -
tocollo che abbiamo definito per essere vicini alle popolazioni, alle comunità, ai clienti e ai nostri agenti colpiti da eventi catastrofali importanti. Consente processi di gestione dei sinistri molto rapidi ed efficaci, e ha introdotto anche logiche di automazione per velocizzare i processi di liquidazione. È inoltre importante ricordare la complessità dei temi legati al cambiamento climatico. Proprio per affrontarli e per gestirli al meglio, abbiamo costituito all’interno di Generali un hub dedicato chiamato Climate Change Lab, che studia tutte le dimensioni del tema del cambiamento climatico dal punto di vista scientifico e dell’offerta che possiamo proporre ai nostri clienti.
Un po’ di numeri: in questi anni qual è stato il contributo di Generali a supporto delle famiglie e delle imprese danneggiate dagli eventi naturali?
Si tratta di un contributo molto importante e significativo, se ci riferiamo in particolare all’anno più difficile che è stato il 2023. Come noto, si sono verificati eventi estremi molto rilevanti, tra cui le alluvioni dell’Emilia-Romagna e della Toscana, oltre a una serie di fenomeni estivi caratterizzati da grandine, pioggia e vento di natura
particolarmente violenta. Dal 2023, Generali ha erogato indennizzi per circa un miliardo di euro, ha gestito 162.000 sinistri, ha aiutato con la propria vicinanza e con l'erogazione degli indennizzi dovuti oltre 21.000 aziende e 142.000 famiglie. Sono numeri rilevanti che mostrano cosa significa essere assicuratore di riferimento nel mercato italiano, in coerenza con la nostra ambizione di essere “Partner di vita”.
Come si articola la convenzione sulla copertura per gli eventi catastrofali realizzata da Confcommercio e Generali?
Abbiamo consolidato e aggiornato una partnership stretta con Confcommercio nelle ultime settimane. Considerando l’obbligo per le imprese di stipulare polizze Cat-Nat, abbiamo deciso di offrire delle agevolazioni agli aderenti a Confcommercio, sempre attraverso le nostre reti distributive.
Recandosi nelle nostre agenzie, gli associati di Confcommercio potranno ricevere un’offerta non limitata soltanto alla copertura dei catastrofali, ma che abbraccia a 360 gradi i bisogni di protezione che possono avere le imprese del commercio, che rappresentano un importantissimo asset del nostro tessuto produttivo.
Dottor Ceccon, quali sono i prossimi obiettivi di Generali?
Il principale obiettivo di Generali è quello di consolidare la leadership in questo mercato.
Lo facciamo attraverso una proposizione di valore che ha al centro del nostro agire la rete distributiva sul territorio. È una rete che esprime vicinanza al tessuto economico, al mondo delle famiglie e delle imprese e vogliamo continuare su questo percorso che ci sta dando ampia soddisfazione.
foto : seDe Gruppo Generali assicuraZioni
ECOSOSTENIBILITA’ E FINANZIAMENTI
GREEN PER LE PMI
Per Il “Clean Industrial Deal” è un piano per la competitività e la decarbonizzazione dell'Unione Europea che tiene conto degli elevati costi energetici e alla forte concorrenza globale, intende dare supporto alle industrie europee che necessitano di un sostegno urgente. Il “Clean Industrial Deal” delinea azioni concrete per trasformare la decarbonizzazione in un motore di crescita per le industrie europee. Ciò include la ridu -
zione dei prezzi dell'energia, la creazione di posti di lavoro di qualità e le giuste condizioni affinché le aziende prosperino.Il Deal presenta misure per potenziare ogni fase della produzione, con particolare attenzione ad industrie ad alta intensità energetica come siderurgia, metalli e prodotti chimici, che necessitano urgentemente di supporto per decarbonizzare, passare all'energia pulita e affrontare i costi elevati, la concorren -
za globale sleale e le normative complesse; il settore delle tecnologie pulite, che è al centro della competitività futura e necessario per la trasformazione industriale, la circolarità e la decarbonizzazione. Cresce pertanto il supporto da parte della Commissione europea per le piccole e medie imprese soprattutto viste le nuove difficoltà dovute a cambiamenti repentini nella politica di mercato di precedenti alleati quali gli Stati
A CuRA dI
CINZIA BOSChIERO
uRS u LA v ON d ER L E y EN , P RESI d ENTE d ELLA C OMMISSIONE E u ROPEA
Uniti. L’Unione Europea per le pmi offre finanziamenti per progetti green, piattaforme di matchmaking per aiutare le pmi a collaborare tra loro e con centri di ricerca, università. Specifiche normative europee (rif. regolamento 2020/852/Ue etc.) specificano i criteri secondo i quali un'azienda possa dirsi ecosostenibile. Le pmi non potranno accedere a fondi europei se non ottempereranno a criteri prestabiliti e in linea
con le politiche del Green Deal comunitario. Le polizze CAT NAT (dall'inglese "Catastrophe Natural") sono una forma di assicurazione che copre i danni materiali causati da eventi naturali estremi come terremoti, alluvioni, frane e inondazioni. Sono obbligatorie per le imprese con sede in Italia, secondo quanto previsto dalla Legge 30 dicembre 2023, n. 213. Per le micro e le piccole imprese l'obbligo è stato rinviato al primo
gennaio 2026; per le medie imprese l'obbligo è al primo ottobre 2025, mentre per le grandi imprese l'obbligo è dal primo aprile 2025. Le normative europee per le piccole e medie imprese sostenibili includono il Regolamento SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation), la Direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità (CSRD), il nuovo standard UE per la finanza sostenibile per le pmi e le semplificazioni apportate al regolamen -
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vON dER LEyEN, ROdNEy STARMER ANd ANTóNIO
COSTA AL RECENTE SuMMIT uK-Eu
to CSRD tramite il pacchetto Omnibus. La “Piattaforma sulla Finanza Sostenibile dell'UE” ha introdotto un nuovo standard per supportare le pmi nell'accesso ai finanziamenti legati alla sostenibilità, semplificando la rendicontazione ESG. Questo quadro volontario aiuterà le istituzioni finanziarie a classificare i prestiti alle piccole e medie imprese come finanziamenti sostenibili, riducendo gli oneri amministrativi. Le pmi, che rappresentano oltre il 50 per cento del PIL europeo e il 63 per cento delle emissioni di CO2, sono essenziali per la transizione climatica, ma incontrano difficoltà nell'ottenere finanziamenti.
Il nuovo standard, inizialmente focalizzato su obiettivi di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, evolverà per includere altri obiettivi ambientali. Inoltre, verranno semplificati i processi di rendicontazione e allineamento alla legislazione UE. La Piattaforma è fruibile a questo link : https:// finance.ec.europa.eu/sustainable-finance/ overview-sustainable-finance/platform-sustainable-finance_en. Diversi sono poi i progetti con le pmi e le pubbliche amministrazioni per il Premio Capitale europea del turismo smart, giunto alla sua settima edizione; si tratta di un riconoscimento per le destinazioni turistiche che facilitino l'accesso ai prodotti, ai servizi, agli spazi e alle esperienze del turismo e dell'ospitalità at -
traverso strumenti basati sulle TIC e che implementino soluzioni innovative e intelligenti e promuovano lo sviluppo delle attività imprenditoriali e la loro interconnessione. Ogni anno possono candidarsi a questo premio le città di almeno 100mila abitanti che vengono valutate sulla base di quattro criteri: sostenibilità, accessibilità, digitalizzazione e creatività & patrimonio culturale. La città nominata Capitale europea del turismo smart 2025 è Torino. La Commissione europea ha adottato il Programma di lavoro 2025 di Horizon Europe, destinando oltre 7,3 miliardi di euro per rafforzare la competitività scientifica e tecnologica dell’Unione europea. Questo investimento mira a sostenere la ricerca e l’innovazione in settori chiave, affrontando sfide globali e promuovendo la transizione verde e digitale. La Commissione europea ha pubblicato il 30 aprile 2025 la valutazione intermedia di Horizon Europe, il Programma quadro dell’Unione Europea per la ricerca e l’innovazione, attivo dal 2021 al 2027. Il programma comunitario Horizon Europe ha diversi bandi per progetti innovativi, di ricerca e sviluppo anche inerenti iniziative green di pmi. Inoltre la Commissione continua a investire nel rafforzamento del capitale umano con l’iniziativa “Choose Europe for Science”, focalizzata nel rafforzare l’attrattività dell’Unione Europea come luogo ide -
ale per fare ricerca scientifica di eccellenza e diversi ricercatori del settore ambiente ed ecosostenibilità che è trasversale a tutti i settori produttivi e dei servizi e che coinvolge le pmi stanno decidendo se rimanere ad esempio negli Usa, viste le poitiche negazioniste del cambiamento climatico e se tornare negli Stati europei a lavorare accanto alle pmi. Si segnala l’apertura delle candidature per il nuovo Consiglio Scientifico dell’ERC e con il lancio dalla quarta edizione del premio “EU Gender Equality Champions”, dedicato alle realtà impegnate nella parità di genere. La Commissione europea ha lanciato la quarta edizione dell’EU Award for Gender Equality Champions, un premio che riconosce i risultati eccellenti raggiunti attraverso l’attuazione dei piani per la parità di genere (GEP) messi in atto da università, Istituti di istruzione superiore e altre organizzazioni di ricerca pubbliche o private, con sede legale in uno degli Stati membri dell’Unione Europea o in uno Stato terzo associato al programma Horizon Europe. Il premio prevede tre diverse categorie e un budget totale di 400 mila euro.
La prima categoria vedrà due vincitori, ai quali si aggiungeranno i vincitori della seconda e della terza. Ciascun vincitore riceverà 100 mila euro. Si ricorda che il 7 maggio, in occasione dell’evento Cities Mission Conference 2025, la Commissione europea ha
IL 15 E 16 MAGGIO 2025, uRSuLA vON dER LEyEN, PRESIdENTE dELLA COMMISSIONE EuROPEA, A TIRANA, ALBANIA
assegnato il marchio “EU Mission for Climate-Neutral and Smart Cities” a un nuovo gruppo di trentanove città europee, tra cui l’italiana Padova. Le prime dieci città hanno ricevuto il riconoscimento di città intelligente a impatto climatico zero nell’ottobre 2023, le seconde, ventitrè in tutto, nel marzo 2024 e altre venti città nell’ottobre 2024, per un totale ad oggi di novantadue città che, insieme alle pmi, hanno realizzato progetti di ecosostenibilità. Le nuove 39 città che hanno ricevuto il riconoscimento “EU Mission for Climate-Neutral and Smart Cities” sono: Anversa (Belgio), Gabrovo, Sofia (Bulgaria), Liberec (Repubblica Ceca), Aarhus, Copenaghen (Danimarca), Dresda, Lipsia (Germania), Cork, Dublino (Irlanda), Atene (Grecia), Bordeaux Metropole, Digione Metropole, Dunkerque, Grenoble-Alpes Metropole, Nantes Metropole, Parigi (Francia), Padova (Italia), Riga (Lettonia), Taurage, Vilnius (Lituania), Budapest (Ungheria), Cracovia, Łódź, Rzeszow, Varsavia, Breslavia (Polonia), Velenje (Slovenia), Košice (Slovacchia), Helsinki (Finlandia), Helsingborg, Lund (Svezia), Reykjavík (Islanda), Oslo, Trondheim, Stavanger (Norvegia), Istanbul (Turchia), Bristol e Glasgow (Regno Unito). Il marchio riconosce i piani delle città per raggiungere la neutralità climatica entro il 2030 e mira a facilitare l’accesso ai finanziamenti pubblici e privati per raggiungere
SPORTELLO EuROPA
tale obiettivo. Il marchio conferisce alle città accesso al “Climate City Capital Hub”, una risorsa finanziaria internazionale istituita nel giugno 2024 che aiuterà le città che hanno ricevuto il Mission Label a preparare progetti di investimento, offrirà loro consulenza neutrale sulle migliori soluzioni di finanziamento in stretta collaborazione con i servizi di consulenza esistenti e le metterà in contatto con gli investitori e con le pmi innovative e start up. Le città dotate del marchio possono inoltre beneficiare di una dotazione di prestiti di due miliardi di euro, istituita dalla Banca europea per gli investimenti. Sono in fase di revisione i Climate City Contract che sono contratti urbani per il clima previsti dall’Unione Europea e richiesti per ottenere agevolazioni sui finanziamenti di Horizon Europe di altre undici città, mentre si prevede che le restanti città partecipanti alla Missione sottoporranno i propri Climate City Contract per la revisione entro la fine dell’anno. In occasione della conferenza annuale sul bilancio dell’Unione europea, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha fornito alcuni dettagli sul bilancio post-27 dell’Unione europea e sul futuro dei finanziamenti per la ricerca e l’innovazione. La presidente ha confermato che il prossimo bilancio post-2027 avrà al suo interno un Fondo europeo per la competitività che sarà molto
utile anche alle pmi. Von der Leyen ha affermato che il Fondo “riunirà gli investimenti europei nei settori strategici all’interno di un unico regolamento e offrendo un’unica porta di accesso per applicanti e beneficiari. Inoltre,” ha aggiunto la presidente dell’esecutivo europeo,“il Fondo opererà attraverso l’intera gamma di strumenti finanziari disponibili così da sostenere l’intero percorso di investimento di un progetto, dall’idea al mercato, dalla ricerca alle fasi di start-up e scale-up e alla produzione globale”. Al tempo stesso, nel suo discorso, von der Leyen ha chiarito che Horizon Europe con i suoi cofinanziamenti a progetti innovativi ed ecosostenibili rimarrà un programma autonomo e sarà strettamente collegato al “Fondo per la competitività”.
A livello comunitario è stata ribadita la necessità di un bilancio europeo più agile e flessibile, che sia in grado di bilanciare gli investimenti a lungo termine e adattarsi ai cambiamenti, fungendo anche come strumento per le emergenze; è stato evidenziato il bisogno di maggiore coerenza nel finanziare le priorità dell’Unione europea, con una forte guida a livello europeo, un accesso semplificato ai fondi e un migliore coordinamento; un bilancio più semplice, facile da comprendere e meno oneroso per gli applicanti ai bandi europei; la necessità di nuove fonti di finanziamento.
GreenDeal:
UnMoDelloDIsvIlUPPoasosteGnoDellePMI
il termine Green Deal è entrato a pieno titolo nel discorso pubblico e nelle pratiche quotidiane del mondo produttivo. Lanciato nel 2019, il Green Deal Europeo, contribuendo all'Accordo di Parigi, si è andato costituendo come un'occasione di cambiamento strategico, composto da un pacchetto di iniziative che hanno aperto la strada alla cosiddetta “transizione verde”, al fine di raggiungere la neutralità climatica entro l'anno 2050. Nello specifico, l'obiettivo dichiarato è quello di mantenere il riscaldamento globale entro +1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Quest' obiettivo nasce dalla consapevolezza che le attività antropiche stanno inesorabilmente alterando gli equilibri naturali e che, nello specifico, l'aumento della temperatura media globale incide profondamente sui regimi climatici dell'intero pianeta. Campanello d'allarme, in questo senso, è il vertiginoso aumento della frequenza e dell'intensità degli eventi meteorologici estremi, che evidentemente portano conseguenze devastanti sulla vita delle persone, ma anche ricadute negative sui sistemi economici. Da ciò risulta chiaro che i nostri modelli economici e di consumo non sono più rapportabili alle risorse che ci offre il pianeta e sono diventati letali per l'ambiente e per la natura. È per questo motivo che l'azione che fa capo a un programma come quello del Green Deal è diventata prioritaria e, necessariamente, di interesse di tutti gli Stati: riguarda il futuro e il benessere dei cittadini del mondo. E' stato calcolato che la transizione verde comporterà necessariamente un costo elevato, dal momento che prevede ingenti investimenti per
attuare la trasformazione del modello economico attuale ma, d'altra parte, l'inazione in tal senso comporterebbe costi infinitamente più elevati per porre rimedio ai danni. Secondo le stime, dinanzi a un mancato intervento per affrontare i cambiamenti climatici in atto, entro la fine del secolo le ricadute negative potrebbero venire a costare fino al 12% del Pil. In questo modo, il Green Deal Europeo ha attivamente contribuito all'individuazione di una nuova tipologia di sistema produttivo, dal punto di vista di ogni singolo settore - dalla produzione energetica ai trasporti, dall'industria all'agricoltura, fino alla finanza sostenibile - nel quadro di un'economia allo stesso tempo ecologicamente compatibile e maggiormente moderna e competitiva.
Le principali azioni previste dal programma del Green Deal mirano a promuovere le fonti rinnovabili e migliorare l'efficienza energetica, la qualità dell'aria, dell'acqua e del suolo; incentivare la circolarità grazie alla riparazione, il riutilizzo e il riciclaggio dei prodotti, unitamente alla riduzione dei rifiuti; promuovere il passaggio all'impiego di edifici efficienti sotto l'aspetto energetico; puntare su veicoli elettrici, sostenendo una transizione pulita e circolare delle industrie; promuovere l'agricoltura biologica, garantire la sicurezza alimentare, preservare e ripristinare la biodiversità e gli ecosistemi.
Il Consiglio e il Parlamento Europeo hanno adottato una legislazione ad hoc, che ha provveduto a concretizzare una visione d'insieme in precisi provvedimenti legislativi, con norme specifiche applicabili da tutti i membri dell'Unione Europea,
dando vita a un corpus legislativo in continua evoluzione. Prova ne è l'adozione, effettuata nel 2024, di nuovi regolamenti per i prodotti da costruzione puliti e intelligenti, per le sostanze chimiche e i fertilizzanti, e per il ripristino degli ecosistemi naturali.
Questa visione, dunque, prevede che l'Unione Europea possa diventare la prima zona al mondo a impatto climatico zero entro il 2050, per far sì che si possa tornare a un equilibrio naturale negli ecosistemi. A ciò si aggiunge un ulteriore modello, indissolubilmente legato al nuovo sistema, che è l'economia circolare, ovvero un nuovo modello economico all'interno del quale i prodotti vengono riutilizzati, riparati e riciclati, riducendo così la quantità di rifiuti e risparmiando risorse preziose. Contemporaneamente, viene perseguito il raggiungimento di industrie più pulite e più sostenibili, oltre che efficienti sotto l'aspetto energetico, e un'agricoltura sostenibile, mediante l'adozione di pratiche di produzione ecocompatibili per preservare l'ambiente, ma anche per fornire al mercato alimenti più sani e a prezzi accessibili. In fine, il Green Deal prevede anche l'adozione di giustizia ed equità climatica, al fine di rendere la transizione verde un processo equo e inclusivo, aiutando le popolazioni maggiormente colpite dal problema senza lasciare indietro altre.
In particolare, il meccanismo posto in capo a una “transizione giusta”, affronta le possibili ripercussioni socioeconomiche della transizione, focalizzandosi sulle regioni, sulle industrie e sui lavoratori che dovranno far fronte alle sfide più impegnative, tenendo conto di tre pilastri: il nuovo
Fondo per una transizione giusta, che dovrà mobilitare un totale di 27 miliardi di euro; il regime per una transizione giusta, che nell'ambito del programma InvestEU fornirà una garanzia di bilancio nei quattro ambiti di intervento e un polo di consulenza InvestEU che fungerà da punto di accesso centrale per le richieste di consulenza, con una mobilitazione prevista di circa 15 miliardi di euro in investimenti; un nuovo strumento di prestito per il settore pubblico, che unirà 1,5 miliardi di euro di sovvenzioni finanziate dal bilancio dell'Unione Europea, con 10 miliardi di euro di prestiti della Banca Europea per gli investimenti. La Piattaforma per una transizione giusta aiuta i paesi e le regioni dell'Unione Europea a realizzare la transizione giusta, e offre uno sportello unico e un helpdesk con un'ampia assitenza a livello tecnico e consultivo. Questi sostegni sono a disposizione di tutti gli Stati membri e si concentreranno sulle regioni a più alta intensità di carbonio e su quelle con maggior numero di occupati nel settore dei combustibili fossili. Inoltre, sono previsti anche a favore di aziende e settori che operano in industrie o filiere con forti emissioni di carbonio, per migliorare l'efficienza energetica degli alloggi, e per facilitare l'accesso a energia pulita e sicura, e per investire nella creazione di nuove aziende, Pmi e start-up. Il programma del Green Deal, quindi, ha apportato significative modifiche nelle strategie europee sul tema della sostenibilità ambientale e, nonostante una discussione attualmente ancora in corso, rimane un punto di riferimento fondamentale grazie anche ai circa 1000 miliardi di euro stanziati per il decennio 2021-2030. In questa fase, i progressi compiuti rispetto ai 145 obiettivi fissati dal Green Deal sono stati valutati in uno studio del Centro comune di ricerca della Commissione Europea, che ha messo in luce senza alcun dubbio i traguardi raggiunti, ma ha anche evidenziato la necessità di un maggiore impegno, sopratutto in alcune aree della Comunità Europea, al fine di raggiungere gli obiettivi del 2030 e la neutralità climatica entro il 2050. Lo studio, ha rilevato che, a metà del 2024, 32 obiettivi previsti erano in linea con le tempistiche stabilite, 64 obiettivi richiedevano un'accelerazio-
ne per essere raggiunti, 15 obiettivi non stavano progredendo o erano in regressione. Per gli altri 43 obiettivi, invece, non sono disponibili attualmente dati sufficienti per valutare adeguatamente i progressi. In generale, è stato rilevato che le emissioni di gas serra sono in costante diminuizione, con riduzioni significative in settori chiave come la produzione di energia e l'attività industriale. In fine, importanti progressi sono stati rilevati anche nell'ambito del riciclaggio dei materiali, nei processi di produzione sostenibili e nella transizione verso un'economia pulita e circolare
Come accade per tutti i membri della Comunità Europea, anche il nostro Paese ha recepito il Green Deal tramite un'iniziativa governativa volta al sostegno e all'incentivazione della la transizione ecologica e la creazione di un'economia circolare anche in Italia. Sono state implementate misure e incentivi finalizzati al finanziamento di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione a partire da ambiti come quello della decarbonizzazione, dell'economia circolare e della riduzione dell'impiego di materie plastiche. Il Green New Deal ha introdotto, dal 17 novembre 2022, la possibilità di accedere a finanziamenti per progetti di ricerca, sviluppo e innovazione per la transizione ecologica e circolare negli ambiti del Green New Deal italiano, grazie all'Addendum alla Convenzione che regola la concessione dei finanziamenti agevolati del FRI, il Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti in ricerca. Questo incentivo era volto a sostenere con agevolazioni finanziarie la realizzazione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione nell'ambito delle finalità previste dalla Transizione ecologica e circolare del Green New Deal italiano. La misura prevedeva la concessione di contributi a favore delle Piccole e Medie Imprese per l'industrializzazione dei risultati della ricerca e dello sviluppo e, in generale, era rivolto a imprese di qualsiasi dimensione, attive in ambito industriale, agroindustriale, artigianale, ma anche dei servizi all'industria. Tra i progetti presi in considerazione ci sono quelli rivolti alla decarbonizzazione dell'economia, alla riduzione della plastica e la sua sostituzione con materiale alternativi, alla rigene-
razione urbana, all'economia circolare, alla mitigazione dei rischi sul territorio derivanti dal cambiamento climatico.
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ha poi predisposto alcune importanti misure che sono tutt'ora in corso di applicazione. Si parte dall'autoproduzione di energia da fonti rinnovabili nelle Piccole e Medie Imprese, con una dotazione di 320 milioni di euro, che prevede finanziamenti a fondo perduto dal 30 al 50% per programmi di investimento da effettuare su unità produttive di Pmi. I programmi devono avere una durata massima di 18 mesi ed essere finalizzati all'autoproduzione e all'autoconsumo di energia elettrica ricavata da impianti solari fotovoltaici o minieolici, e possono essere effettuati investimenti da un minimo di 30 mila euro a un massimo di un milione di euro per l'acquisto di impianti solari o eolici, sistemi di stoccaggio e tecnologie digitali di gestione. Ci sono poi gli Investimenti sostenibili 4.0, con una dotazione di 300 milioni di euro, che prevedono finanziamenti massimi del 75% - 35% a fondo perduto, 40% come finanziamento agevolato - per progetti della durata massima di 18 mesi. Questa misura sostiene la trasformazione tecnologica e digitale, la competitività e la crescita sostenibile di Pmi che operano nel settore manifatturiero o che effettuano servizi alle imprese. In questo caso, la misura è rivolta alle aziende che operano del Mezzogiorno d'Italia, e prevede investimenti da un minimo di 750 mila euro a un massimo di 5 milioni di euro per l’acquisto di macchinari, impianti e attrezzature, opere murarie, programmi informatici e licenze, acquisizione di certificazioni ambientali, consulenze. Inoltre, è stata implementata anche una misura a specifico sostegno dell'utilizzo dell'idrogeno, grazie all'iniziativa del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, che ha stanziato circa 20 milioni di euro a questo scopo.
L'iniziativa è rivolta a imprese e organismi di ricerca per la realizzazione di progetti su produzione, stoccaggio, trasporto e trasformazione dell'idrogeno, celle a combustibile, sistemi intelligenti di gestione delle infrastrutture basate sull'idrogeno.
Il sistema produttivo italiano sembra aver recepito in maniera generalmente positiva le misure introdotte dall'Europa per affrontare un momento cruciale per la transizione energetica, che ha visto le imprese direttamente chiamate a rispondere alle sfide senza precedenti, con le quali misurarsi in questa fase storica. Una ricerca condotta da Italy for Climate e CNA ha messo in evidenza che il 75% delle Piccole e Medie Imprese italiane si è detto concorde sul fatto che il cambiamento climatico rappresenta il principale rischio per il benessere delle persone e il progresso economico dei prossimi 10 anni. Una uguale quota ritiene che il Green Deal europeo rappresenti un'opportunità industriale per il Paese, e oltre il 70% ha riconosciuto che il programma europeo contribuisca ad accelerare la transizione energetica e che, per questo motivo, rappresenti una strategia vincente di sviluppo. Dall'altra parte, le Pmi hanno individuato negli alti costi di investimento e la complessità burocratica come i principali ostacoli al processo di decarbinizzazione. Tuttavia, molte aziende hanno già avviato processi di riduzione degli impatti ambientali, che comprendono il monitoraggio dei consumi energetici, interventi di efficientamento energetico, e installazione di impianti per produzione di energia da a fonti rinnovabili. In generale, l'indagine ha evidenziato che, forse diversamente da quanto si potrebbe prevedere, la maggior parte degli imprenditori non avrebbe timore di intraprendere progetti finalizzati alla transizione energetico-climatica, e che una larga maggiornaza degli imprenditori di piccole e medie imprese è convinta che, se l'Europa e l'Italia non si impegnassero con decisione sulla transizione, il costo da pagare in termini di perdita di competitiva sarebbero decisamente elevati. Sul piano geografico, le imprese del sud d'Italia si sono mostrate maggiormente fiduciose nei confronti del Green Deal, nell'utilizzo di energia da fonti rinnovabili, della transizione energetica e del ruolo attivo degli imprenditori in tal senso.
Al contrario, quelle del nord d'Italia si sono mo-
strate leggermente più scettiche. Tra le criticità emerse riguardo all'attuazione delle politiche ambientali, le imprese hanno evidenziato prima di tutto un'informazione spesso non adeguata, con il 50% delle Pmi italiane che ritiene inadeguato il livello informativo sui temi della transizione energetica, e solo il 25% reputa che gli imprenditori siano sufficientemente informati. Le Piccole e Medie imprese, poi, ritengono necessari interventi mirati per rimuovere gli ostacoli amministrativi e burocratici, la difficoltà ad accedere ai meccanismi di sostegno e i costi degli investimenti iniziali. In fin dei conti, quindi, le Pmi hanno mostrato una piena consapevolezza riguardo ai rischi climatici e i loro effetti, condividendo la necessità di proseguire sul percorso previsto per la decarbinizzazione, ma superando gli ostacoli da loro messi in evidenza.
Stringendo lo sguardo sulla realtà Italiana, tuttavia, vanno prese in considerazioni alcune “variabili” di cui bisogna tenere conto nell'introduzione delle misure e degli interventi derivanti dal Green Deal europeo, mettendo in evidenza criticità che sono strettamente legate alla natura e alla conformazione dei territori del nostro Paese. In particolare, è necessario mettere in evidenza il tema della difesa dell'ambiente anche nel quadro delle calamità naturali e dei cambiamenti climatici.
Questi ultimi, infatti, insieme alle specifiche condizioni “ambientali”, incidono in misura considerevole sul lavoro degli enti preposti alla salvaguardia e alla tutela delle popolazioni comunitarie, dal momento che, in alcuni casi, la sopravvivenza degli individui può essere strettamente legata all'ambiente e alle sue emergenze. Questo discorso è valido anche in riferimento al rischio di disastri ambientali e catastrofi naturali.
A questo proposito, sono state ufficializzate le nuove regole relative a edifici e imprese, con la proroga differenziata per l'obbligo di stipula delle polizze catastrofali. La nuova norma, introdotta dalla Legge di Bilancio 2024, obbliga le aziende a stipulare assicurazioni a copertura dei rischi, con termine previsto inizialmente entro la
fine dello scorso anno. In seguito alle protese delle imprese, che lamentavano una scarsa chiarezza normativa e la difficoltà di individuare le scelte assicurative più idonee, è stato necessario ricorrere a un decreto legge ad hoc, che è stato appunto approvato lo scorso marzo. Tale obbligo è bilaterale, dal momento che vige sia per le imprese che si assicurano, sia per le compagnie assicurative che sono tenute ad assicurare. L'obbligo è esteso a “tutte le imprese per cui è normativamente prevista l’iscrizione nel registro delle imprese, in qualsiasi sezione e per qualsiasi finalità, secondo il codice civile e le leggi speciali o la normativa regolamentare o attuativa, tempo per tempo vigente”. Pertanto, tutte le imprese comunque iscritte nel Registro delle imprese si devono assicurare.
Le imprese di medie dimensioni hanno tempo per adeguarsi fino al 1° ottobre 2025, mentre per le micro e piccole imprese il termine è fissato al 1° gennaio 2026. Il Senato, ha approvato in via definitiva il decreto legge che fa slittare la scadenza originariamente prevista per lo scorso 31 marzo, su cui era intervenuto il Governo. L'obbligo è rimasto per le grandi imprese, che però possono godere di un periodo di 90 giorni di tolleranza, senza sanzioni, per adeguarsi, mentre le eventuali multe potranno essere elevate dal 1° luglio.
L'obbligo di polizza catastrofale, dunque, riguarda tutte le imprese con sede legale o stabile organizzazione sul territorio italiano, e il mancato adempimento impedisce l'accesso alle agevolazioni pubbliche, compresi gli eventuali benefici fiscali previsti a favore delle imprese quando vengono effettivamente colpite da calamità naturali. Le nuove scadenze entro le quali le imprese devono adeguarsi nono quindi le seguenti:
• micro e piccole imprese 1 gennaio 2026;
• medie imprese 1 ottobre 2025;
• grandi imprese 31 marzo 2025 (senza sanzioni
fino al 30 giugno 2025).
Il provvedimento riporta anche i criteri per individuare la categoria imprenditoriale di appartenenza:
le piccole e microimprese sono quelle che rispettano almeno due dei seguenti limiti: stato patrimoniale non superiore a 5.000.000 di euro; ricavi netti di vendite e prestazioni non superiori a 10.000.000 di euro; numero medio dei dipendenti fino a 50 unità;
le imprese di medie dimensioni sono quelle che rispettano almeno due dei seguenti limiti: stato patrimoniale non superiore a 25.000.000 euro; ricavi netti di vendite e prestazioni non superiori a 50.000.000 di euro; numero medio dei dipendenti fino a 250 unità; le grandi imprese sono quelle che rientrano in almeno due dei seguenti criteri: stato patrimoniale superiore a 25.000.000 euro; ricavi netti di vendite e prestazioni superiori a 50.000.000 euro; numero medio dei dipendenti superiore a 250 unità.
Dal punto di vista normativo, questa materia è regolata dal Decreto Mimit 18/2025, che contiene il Regolamento e gli schemi di polizza, i beni assicurabili, i danni da risarcire e i criteri per la confrontabilità della offerte delle assicurazioni. L'Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici - ANIA - ha provveduto a pubblicare le principali Faq, al fine di chiarire esattamente su chi ricada tale obbligo assicurativo, compresi gli affittuari o gli utilizzatori di fabbricati, impianti e attrezzature concessi in locazione se non risulta già assicurati dal proprietario. L'obbligo vale anche per le abitazioni a uso promiscuo qualora vengano utilizzate per l'esercizio dell'attività d'impresa, e riguarda anche tutti gli immobili non abusivi, costruiti o ampliati sulla base di un valido titolo edilizio o ultimati in un periodo durante il quale il titolo edilizio non era obbligatorio. Sono coinvolti dall'obbligo anche gli immobili oggetto
di sanatoria, che si è conclusa o ancora in corso. Sono invece escluse dall'obbligo assicurativo le imprese agricole cui si applica la disciplina del Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici alle produzioni agricole causati da alluvione, gelo-brina e siccità, e le imprese i cui beni immobili risultino gravati da abuso edilizio o costruiti in carenza.
Come anticipato, l'adesione è considerata requisito essenziale per accedere ai fondi pubblici stanziati in vista di calamità naturali, gli immobili abusivi che restano esclusi da indennizzi, contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche, anche con riferimento a quelle previste in occasione di eventi calamitosi e catastrofali delle autorizzazioni previste, ovvero gravati da abuso sorto successivamente alla data di costruzione.
Gli eventi climatici rilevanti sono: Alluvione, inondazione ed esondazione: fuoriuscita d'acqua, anche con trasporto ovvero mobilitazione di sedimenti anche ad alta densità, dalle usuali sponde di corsi d'acqua, di bacini naturali o artificiali, dagli argini di corsi naturali e artificiali, da laghi e bacini, anche a carattere temporaneo, da reti di drenaggio artificiale, derivanti da eventi atmosferici naturali. Sono considerate come singolo evento le prosecuzioni di tali fenomeni entro le settantadue ore dalla prima manifestazione.
Non rientrano nella definizione di alluvione/inondazione/esondazione le mareggiate e i maremoti, la penetrazione di acqua marina, le infiltrazioni e gli allagamenti dovuti all'impossibilità del suolo di drenare o assorbire l'acqua e il conseguente accumulo idrico dovuto a piogge brevi ma di elevatissima intensità, conosciute come “bombe d'acqua”.
Sisma: sommovimento brusco e repentino della crosta terrestre dovuto a cause endogene, purché i beni assicurati si trovino in un'area individuata tra quelle interessate dal sisma nei provvedimenti assunti dalle autorità competenti,
localizzati dalla Rete sismica nazionale dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) in relazione all'epicentro del sisma. Le scosse registrate nelle settantadue ore successive al primo evento che ha dato luogo al sinistro indennizzabile sono attribuite a uno stesso episodio e i relativi danni sono considerati singolo sinistro. Non possono essere considerati sisma le eruzioni vulcaniche, il bradisismo, la subsidenza, le valanghe e le slavine.
Frana: movimento, scivolamento o distacco rapido di roccia, detrito o terra lungo un versante o un intero rilievo sotto l'azione della gravità, scoscendimento di terre e rocce anche non derivate da infiltrazioni d'acqua. Sono considerate come singolo evento le prosecuzioni di tali fenomeni entro le settantadue ore dalla prima manifestazione.
Non rientrano nella categoria della frana il sisma, l'alluvione e l'inondazione, le eruzioni vulcaniche e il bradisismo, le valanghe e le slavine. Sono escluse “le frane dovute ad errori di progettazione/costruzione nel riporto o di lavoro di scavo di pendii naturali o artificiali purché il franamento si sia verificato nei dieci anni successivi all'effettuazione dei suddetti lavori. Restano escluse frane già note o potenzialmente già note”. Secondo quanto previsto dal decreto, la polizza copre i terreni; i fabbricati; gli impianti; i macchinari; le attrezzature industriali e commerciali. Sono esclusi i beni immobili abusivi o costruiti in assenza delle autorizzazioni previste dalla legge. Per quanto riguarda i premi assicurativi, invece, è previsto che, conformemente alle previsioni di cui all'articolo 1 comma 104, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, il premio viene determinato in misura proporzionale al rischio, anche tenendo conto della ubicazione del rischio sul territorio e della vulnerabilità dei beni assicurati, sulla base delle serie storiche attualmente disponibili, delle mappe di pericolosità o rischiosità del territorio disponibili e della letteratura scientifica in materia, adottando dove applicabili, modelli predittivi
che tengono in debita considerazione l'evoluzione nel tempo delle probabilità di accadimento degli eventi e della vulnerabilità dei beni assicurati.
Inoltre, si tiene conto, in misura proporzionale alla conseguente riduzione del rischio, delle misure adottate dall'impresa, anche per il tramite delle organizzazioni collettive cui aderisce, per prevenire i rischi e proteggere i beni di cui all'articolo 2424, primo comma, sezione Attivo, voce B-II, numeri 1), 2) e 3), del codice civile, da calamità naturali ed eventi catastrofali.
I premi sono aggiornati periodicamente, anche in considerazione del principio di mutualità, al fine di riflettere l'evoluzione dei valori economici e di conoscenza e modellazione del rischio, tenuto conto dei rischi di anti selezione e degli obiettivi di solvibilità dell'impresa di assicurazione. Il decreto prevede che per la fascia fino a 30 milioni di euro di somma assicurata, le polizze assicurative possono prevedere, qualora convenuto dalle parti, uno scoperto che rimane a carico dell'assicurato non superiore al 15% del danno indennizzabile.
Fermo restando l'obbligo di copertura assicurativa, per la fascia superiore a 30 milioni di euro di somma assicurata, avuto riguardo al totale complessivo delle ubicazioni assicurate, ovvero per le grandi imprese di cui all'articolo 1, comma 1, lettera o), del decreto, la determinazione della percentuale di danno indennizzabile che rimane a carico dell'assicurato è rimessa alla libera negoziazione delle parti.
Le polizze assicurative possono prevedere l'applicazione di massimali o limiti di indennizzo che, dove convenuto dalle parti, rispettano i seguenti principi:
• a) per la fascia fino a 1 milione di euro di somma assicurata trova applicazione un limite di indennizzo pari alla somma assicurata;
• b) per la fascia da 1 milione a 30 milioni di euro di somma assicurata trova applicazione un limite di indennizzo non inferiore al 70 per cento della somma assicurata.
Fermo restando l'obbligo di copertura assicurativa, per la fascia superiore a 30 milioni di euro di somma assicurata ovvero per le grandi imprese, la determinazione di massimali o limiti di indennizzo è rimessa alla libera negoziazione delle parti.
Fermo quanto disposto dai commi 1 e 2, per i terreni la copertura è prestata nella forma a primo rischio assoluto, fino a concorrenza del massimale o limite di indennizzo, pattuiti in misura proporzionale alla superficie del terreno assicurato. Per le polizze di cui al comma 1, lettera a), i contratti di assicurazione stipulati in forma collettiva anche per il tramite di convenzioni prevedono l'individuazione di classi di rischio a cui far corrispondere l'applicazione di massimali differenziati in relazione alle specifiche esigenze di copertura. In via generale, i premi saranno proporzionali al rischio, tenendo conto delle caratteristiche del territorio e della vulnerabilità dei beni assicurati. Le compagnie assicurative, entro i limiti della propria tolleranza al rischio e in coerenza con il fabbisogno di solvibilità globale, non potranno rifiutarsi di stipulare polizze con le imprese. SACE S.p.A. potrà riassicurare il rischio assunto dalle compagnie assicurative mediante la sottoscrizione di apposite convenzioni, a condizioni di mercato.
I danni coperti dalla polizza obbligatoria sono esclusivamente i danni materiali e diretti al fabbricato e al contenuto, mentre non sono coperti i danni indiretti, come nel caso dell'interruzione dell'attività. Oltre ai danni indiretti, è espressamente esclusa anche la copertura per le seguenti tipologie di danno:
• I danni che sono conseguenza diretta del com -
portamento attivo dell’uomo e i danni a terzi provocati dai beni assicurati a seguito di eventi;
• i danni conseguenza diretta o indiretta di atti di conflitti armati, terrorismo, sabotaggio, tumulti;
• i danni relativi a energia nucleare, armi, sostanze radioattive, esplosive, chimiche o derivanti da inquinamento o contaminazione.
Quelle riportate, quindi, sono le categorie che rientrano o meno nella copertura assicurativa, tuttavia le diverse compagnie assicurative prevedono la possibilità di proteggersi anche da rischi non compresi nella polizza obbligatoria, come nel caso dei danni derivati ad esempio dalle “bombe d'acqua”, una tipologia di emergenza climatica in costante crescita, o dalla “business interruption”. Al fine di garantire un'attuazione del provvedimento in maniera chiara ed efficace, e per un'ampia condivisione della norma con le parti durante la fase di conversione in legge, è stato istituito presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy un apposito tavolo di monitoraggio dei fenomeni di mercato, aperto alla partecipazione dei rappresentanti delle categorie produttive e dell'istituto per la vigilanza sulle assicurazioni.
L'attuazione del decreto, inoltre, è stato considerato dal ministero un importante passo verso la messa in sicurezza del nostro sistema produttivo, in un contesto caratterizzato sempre più frequentemente da eventi catastrofali, per cui l'introduzione dell'obbligo assicurativo consentirà alle nostre imprese di tutelare al meglio sia la produzione sia l'occupazione. Il tutto per garantire una maggiore certezza nella liquidazione dei danni alle imprese assicurate, consentendo loro di accedere immediatamente a risorse fondamentali per una rapida ripresa della propria attività produttiva.
IncentIvIaFavoredelleIMPreSe
Quello che viviamo è un momento particolarmente difficile sul piano economico, finanziario e produttivo. Come ben sappiamo, le difficoltà emerse a partire dallo scoppio della guerra in Ucraina - con il conseguente vertiginoso aumento dei costi energetici - si sono andate a sommare alle crescenti criticità che i mercati internazionali stanno incontrando in seguito al lancio di una politica dei dazi estremamente aggressiva da parte del presidente degli U.S.A. Donald Trump. Naturalmente, in questo contesto, le imprese italiane non possono che accusare il colpo e, allo stesso tempo, confidare sull'aiuto da parte dello Stato, chiamato a supportare il nostro sistema produttivo con interventi di sostegno mirati. Sulla scia di queste considerazioni, andiamo quindi a vedere quali siano al momento i finanziamenti e gli incentivi disponibili per le imprese italiane.
Mimit: misure per 629 milioni a favore delle Tlc
Verso la fine di aprile, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha promosso un incontro con il mondo delle Tlc, indicato come uno degli elementi centrali nello sviluppo tecnologico e competitivo del Paese. In questo contesto, è stato presentato un primo pacchetto di misure a sostegno del comparto, con una dotazione complessiva di 629 milioni di euro. Questa prima tranche rientra in un più ampio piano di sviluppo, con interventi che vanno dal cablaggio verticale per i cittadini alla ricerca e sviluppo per le grandi imprese, fino alla digitalizzazione delle infrastrutture comunali, per un bacino potenziale stimato intorno a un milione e mezzo di cittadini e 35 mila imprese. Per quanto rigurda le Piccole e Medie Imprese, sono previsti voucher a copertura del 50% degli investi-
menti in servizi cloud e cybersecurity, con risorse pari a 150 milioni. Alle grandi imprese sono destinati 201 milioni a sostegno di progetti di ricerca e sviluppo nei settori delle telecomunicazioni, dei cavi sottomarini, delle tecnologie quantistiche e delle realtà aumentata e virtuale. Il settore del broadcasting potrà contare su risorse pari a 54 milioni. Dal punto di vista degli interventi indiretti, inoltre, 35 milioni di euro saranno destinati a 4.300 Comuni sotto i 50.000 abitanti per la digitalizzazione delle infrastrutture locali.
Investimenti sostenibili 4.0. per le PMI Dal 20 maggio, è aperto lo sportello online di Invitalia per la presentazione delle domande di accesso agli “Investimenti sostenibili 4.0”, con uno stanziamento di oltre 300 milioni di euro. La misura, finalizzata alla transizione green e tecnologica, alla competitivi-
tà e alla crescita sostenibile, ha l'obiettivo di supportare in maniera specifica le micro, piccole e medie imprese di Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. Il provvedimento, è finanziato dal Programma Nazionale “Ricerca, Innovazione e Competitività per la transizione verde e digitale 2021-2027”, facendo seguito al decreto del ministro Adolfo Urso del 22 novembre 2024.
Le agevolazioni saranno concesse ed erogate in via prioritaria alle iniziative destinate in maniera significativa al raggiungimento degli obiettivi climatici e ambientali fissati dall'Unione Europea e a quelle volte a supportare la transizione dell'impresa verso un modello di economia circolare, sostenibile e di efficienza energetica, attraverso l’utilizzo di tecnologie abilitanti. Queste includono: soluzioni di advanced manufacturing, additive manufacturing, realtà aumentata, simulazione, integrazione orizzontale e verticale, Internet of Things, Industrial Internet, cloud, cybersecurity, big data e analytics, Intelligenza Artificiale e blockchain, in linea con il Piano Transizione 4.0. Le spese ammissibili, non inferiori a 750.000 euro, dovranno riguardare l’acquisto di macchinari, impianti e attrezzature nuove, opere murarie, programmi informatici, certificazioni ambientali e servizi di consulenza specialistica. Le agevolazioni, ferma restando la copertura complessiva delle spese ammissibili pari al 75%, saranno erogate sotto forma di contributo in conto impianti e finanziamento agevolato, con una prevalenza del finanziamento agevolato (40% delle spese) rispetto al contributo in conto impianti (35% delle spese), senza distinzioni in base alla dimensione dell’impresa.
Nuove imprese a tasso zero
“Nuove imprese a tasso zero” è un'agevolazione, con contributi a fondo perduto o con prestito e anticipo rimborsabile, destinati ai settori: Agroalimentare, Alberghiero, Altri
servizi, Artigianato, Autoveicoli e altri mezzi di trasporto, Chimica e Farmaceutica, Commercio, Cultura, Edilizia, Elettronica, Fornitura Energia, Acqua e gestione Rifiuti, ICT, Meccanica, Metallurgia, Mobili, Legno e Carta, Moda e Tessile, Ristorazione, Salute, Servizi di trasporto, Turismo. La spesa ammessa è fino a 3 milioni di euro. Si tratta di una misura che ha per obiettivo sostenere, su tutto il territorio nazionale, la creazione e lo sviluppo di micro e piccole imprese a prevalente o totale partecipazione giovanile o femminile. Nello specifico, si rivolge a micro e piccole imprese costituite da non più di 60 mesi alla data di presentazione della domanda di agevolazione e in cui la compagine societaria sia composta, per oltre la metà numerica dei soci e di quote di partecipazione, da soggetti di età compresa tra i 18 e i 35 anni ovvero da donne.
Possono accedere anche le persone fisiche che intendono costituire una nuova impresa purché esse facciano pervenire la documentazione necessaria a comprovarne l’avvenuta costituzione entro i termini indicati nella comunicazione di ammissione alle agevolazioni. Sono ammissibili le iniziative, realizzabili su tutto il territorio nazionale, promosse nei seguenti settori:
- produzione di beni nei settori industria, artigianato e trasformazione dei prodotti agricoli,
- fornitura di servizi alle imprese e alle persone, compresi quelli afferenti all'innovazione sociale,
- commercio di beni e servizi, ivi incluse le attività turistiche-culturali finalizzate alla valorizzazione e alla fruizione del patrimonio culturale, ambientale e paesaggistico, nonché le attività volte al miglioramento dei servizi per la ricettività e l'accoglienza. I programmi di investimento proposti dalle imprese costituite da non più di 36 mesi possono prevedere spese ammissibili non supe-
riori a euro 1.500.000. Nell’ambito del predetto massimale può rientrare, altresì, un importo a copertura delle esigenze di capitale circolante (da giustificare nel piano di impresa e utilizzabile ai fini del pagamento di materie prime, servizi necessari allo svolgimento delle attività dell’impresa e godimento di beni di terzi), nel limite del 20% delle spese di investimento. Per le imprese costituite da più di 36 mesi e non più di 60 mesi, l’importo delle spese ammissibili non può essere superiore a euro 3.000.000. I programmi dovranno essere realizzati entro ventiquattro mesi dalla data di stipula del contratto di finanziamento.
Contratti di sviluppo per promuovere la crescita sostenibile, la competitività delle imprese e lo sviluppo delle tecnologie critiche previste dal Regolamento STEP
Da aprile, è aperto lo sportello agevolativo per la richiesta di accesso ai sostegni di programmi di sviluppo in tecnologie green e digitali e per promuovere la crescita sostenibile, la competitività delle imprese e lo sviluppo di tecnologie critiche, previste dal Regolamento STEP del Parlamento Europeo e del Consiglio UE. La misura prevede uno stanziamento di 500 milioni di euro - a valere sul“Programma Nazionale Ricerca, Innovazione e Competitività per la transizione verde e digitale 2021-2027” - destinati a progetti d'investimento realizzati nelle regioni del Mezzogiorno d'Italia: Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. Le domande per gli incentivi possono essere presentate allo sportello online Invitalia, soggetto gestore della misura per conto del MIMIT.
Allo sportello potranno pervenire anche le istanze di Contratti di sviluppo già presentate e il cui iter risulti sospeso per carenza di risorse finanziarie. La misura è rivolta in maggioranza alle Pmi, ma prevede anche una quota assicurata a imprese di grandi dimensioni.
Agevolazioni per le imprese della filiera della moda
Supera i 30 milioni di euro lo stanziamento finanziario destinato ai programmi di crescita, innovazione e sostenibilità ambientale delle imprese tessili. Il Mimit, con provvedimento direttoriale, ha definito i termini e le modalità di presentazione delle domande di agevolazione inerenti alla valorizzazione della filiera di trasformazione delle fibre tessili naturali e di concia delle pelli, con particolare attenzione alla certificazione della loro sostenibilità. Le domande di accesso alla misura potranno essere presentate fino alle ore 12.00 del 3 giugno, presso lo sportello online Invitalia, che è il soggetto della misura per contro del ministero. Il provvedimento, che ha l'obiettivo di potenziare l’autonomia di approvvigionamento delle materie prime naturali nell’industria tessile nazionale, fa seguito all’adozione del decreto del 10 dicembre 2024 del ministro Adolfo Urso, di concerto con i ministri dell’Economia e delle Finanze e dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e al rifinanziamento della misura in Legge di Bilancio 2025. Le risorse assegnate alla misura sono pari a 30.042.500,00 al netto degli oneri di gestione di cui circa 20 milioni destinati alla concessione di contributi a fondo perduto e oltre 10 milioni per la concessione di finanziamenti
agevolati. Le linee di intervento della misura rivolta alle micro, piccole e medie imprese operanti nei settori del tessile (codice ATECO 13) e della concia del cuoio (codice ATECO 15.11) riguardano:
• Crescita e innovazione" con investimenti finalizzati all’aumento della capacità produttiva, nel rispetto dei criteri di sostenibilità ambientale e riduzione degli sprechi e certificati da soggetti qualificati, a cui sono destinate risorse pari a euro 14.019.833,00 (di cui 10.014.167,00 per le micro e piccole imprese e 4.005.666,00 per le medie imprese).
• "Sostenibilità ambientale" con l’acquisizione di beni strumentali, certificazioni ambientali di prodotto e di processo, utilizzo di fibre tessili di origine naturale e di materiali provenienti da processi di riciclo e di scarto di lavorazioni, a cui sono destinate risorse pari a euro 16.022.667,00 (di cui 12.017.000,00 per le micro e piccole imprese e 4.005.667,00 per le medie imprese).
Per i programmi di investimento comportanti spese di importo non superiore a 100.000 euro, il contributo a fondo perduto concesso sarà pari al 60% delle spese.
Per i programmi di investimento comportanti spese tra 100.000 e 200.000 euro, il contributo a fondo perduto sarà pari al 60% delle spese fino a 100.000 euro e con finanziamento agevolato all’80% per la quota restante.
25 mln per filiera del legno e vivaistica forestale. L'attività del ministero per le Imprese e per il Made in Italy comprende anche l'implementazione di una misura pensata per sostenere la filiera del legno e della vivaistica floreale. L'obiettivo è quello di promuovere lo sviluppo delle certificazioni di gestione forestale sostenibile, sostenere la vivaistica forestale e favorire la creazione e il rafforzamento delle imprese boschive, nonché della filiera della prima lavorazione del legno. A questo fine, è stato varato un decreto interministeriale - d’intesa con i ministri dell’Economia e delle Finanze, dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, nonché dell’Ambiente e della Sicurezza Energeticache ha disposto un fondo di 25 milioni di euro, ripartiti in questo modo:
• 5 milioni di euro in contributi a fondo perduto alle Regioni per il sostegno e lo sviluppo della vivaistica forestale;
• 20 milioni di euro per la creazione e il rafforzamento delle imprese boschive e della filiera della prima lavorazione del legno, di cui 10 milioni a fondo perduto e 10 milioni con finanziamenti agevolati.
Il 60% delle risorse è riservato alle micro, piccole e medie imprese. Le spese ammissibili dovranno essere comprese tra 50.000 e
NuovA S A b ATINI
600.000 euro. Modalità e termini per la presentazione delle domande saranno definiti in un successivo provvedimento direttoriale. Invitalia, per conto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, svolgerà l’istruttoria per l’ammissione alle agevolazioni.
Le Regioni interessate alla vivaistica forestale potranno presentare la domanda al Ministero entro 30 giorni dalla pubblicazione del decreto. Per quanto riguarda il rafforzamento delle imprese boschive e della filiera della prima lavorazione del legno, potranno beneficiare delle agevolazioni le imprese che offrono servizi di supporto alla silvicoltura (codici ATECO 02.20 e 02.40.00) e quelle operanti nella filiera della prima lavorazione del legno (codici ATECO 16.11, 16.12 e 16.21), a condizione che la produzione non sia destinata alla produzione di energia.
dware strettamente funzionali alla digitalizzazione e all’evoluzione tecnologica del processo produttivo.
Le domande per gli incentivi potranno essere inviate a partire dalle ore 12.00 del 15 maggio e fino alle ore 12.00 del 10 luglio 2025 allo sportello online Invitalia, soggetto gestore della misura per conto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Le risorse assegnate alle imprese boschive e a quelle della filiera della prima lavorazione del legno sono pari a 20 milioni di euro, di cui 10 milioni a fondo perduto e gli altri 10 milioni con finanziamenti agevolati. Le spese ammissibili dovranno avere un importo non inferiore a 50.000 euro e non superiore a 600.000 euro. L’attuazione degli interventi per il rimboschimento, l’arboricoltura e la gestione ecologica del territorio riguardanti lo sviluppo delle imprese della vivaistica forestale (Capo II del decreto 20 febbraio 2025) è demandata alle Regioni e le relative disposizioni non sono oggetto del decreto direttoriale.
Incentivi per automotive e catene di approvvigionamento strategiche
grammi di sviluppo volti a rafforzare e favorire la competitività e la resilienza delle catene di approvvigionamento strategiche, a partire dal settore automotive, attraverso lo strumento dei Contratti di sviluppo.
Le agevolazioni saranno concesse a fronte della realizzazione di programmi funzionali all’evoluzione tecnologica e digitale dei processi produttivi e alla creazione di sistemi di produzione automatizzati lungo la catena produttiva, costituiti da investimenti in immobilizzazioni materiali e immateriali relativi a: mezzi mobili e attrezzature per utilizzazioni forestali (esclusi acquisti di attrezzature minute, di consumo e motoseghe); mezzi mobili, macchinari, impianti e attrezzature per la lavorazione del legno; software e har-
Nello specifico, le filiere produttive strategiche individuate sono: automotive, agroindustria, design, moda e arredo, sistema casa, metallurgia e siderurgia, meccanica strumentale, elettronica e ottica, treni, navi, aerei e industria aerospaziale, chimica, farmaceutica. Le domande per gli incentivi potranno essere inviate a partire dalle ore 12.00 del giorno 8 aprile e fino alle ore 12.00 del 10 giugno allo sportello online Invitalia, soggetto gestore della misura per conto del MIMIT. Allo sportello potranno pervenire anche le istanze di Contratti di sviluppo già presentate e il cui iter risulti sospeso per carenza di risorse finanziarie. Il provvedimento fa seguito all’adozione del decreto del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Sen. Adolfo Urso, del 6 novembre 2024 “Sostegno al sistema di produzione per la transizione ecologica, le tecnologie a zero emissioni nette e la competitività e la resilienza delle catene di approvvigionamento strategiche”, modificato dal decreto del 23 gennaio 2025 che prevede una riserva di risorse in favore dei programmi di sviluppo relativi alla filiera strategica “design, moda e arredo”, a valere su risorse del •
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, con provvedimento direttoriale, ha definito i termini di apertura dello sportello agevolativo e le modalità di presentazione delle domande inerenti la realizzazione di pro-
PNRR. All’attuazione dell’intervento sono destinate risorse pari a 500 milioni di euro. Un importo pari ad almeno il 40% delle risorse è destinato al finanziamento di progetti da realizzare nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Le agevolazioni saranno concesse nella forma del finanziamento agevolato, del contributo in conto interessi, del contributo in conto impianti e del contributo diretto alla spesa, nei limiti delle intensità massime di aiuto previste nei Titoli II, III e IV del decreto ministeriale 9 dicembre 2014.
Nuova Sabatini
La Legge di Bilancio 2025 ha provveduto a rifinanziare la Nuova Sabatini con uno stanziamento di 1,7 miliardi di euro per il periodo 2025-2029. La Nuova Sabatini è una misura che ha per obiettivo il sostegno alle Piccole e Medie Imprese italiane negli investimenti in beni strumentali, agevolando i costi sostenuti per acquistare o acquisire in leasing.
Il rifinanziamento, che consente di assicurare continuità alla misura di sostegno agli investimenti produttivi delle micro, piccole e medie imprese, è pari a:
• 400 milioni di euro per l’anno 2025;
• 100 milioni di euro per l’anno 2026;
• 400 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2027 al 2029.
La Nuova Sabatini prevede la concessione di contributi (in conto impianti) da parte del Ministero a fronte di finanziamenti (bancari o leasing), erogati da banche/intermediari finanziari aderenti alla misura, destinati a:
investimenti in beni strumentali, inerenti all’acquisto, o acquisizione nel caso di operazioni di leasing finanziario, di macchinari,
impianti, beni strumentali di impresa, attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo e hardware, nonché di software e tecnologie digitali destinate a strutture produttive già esistenti o da impiantare; investimenti 4.0, relativi all’acquisto, o acquisizione nel caso di operazioni di leasing finanziario, di beni materiali nuovi di fabbrica e immateriali, aventi come finalità la realizzazione di investimenti in tecnologie, compresi gli investimenti in big data, cloud computing, banda ultralarga, cybersecurity, robotica avanzata e meccatronica, realtà aumentata, manifattura 4D, Radio frequency identification (RFID) e sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti; investimenti green, concernenti l’acquisto, o acquisizione nel caso di operazioni di leasing finanziario, di macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, a basso impatto ambientale, nell’ambito di programmi finalizzati a migliorare l’ecosostenibilità dei prodotti e dei processi produttivi.
Inoltre, dal 1° ottobre 2024 è attiva anche la nuova linea di intervento “Sostegno alla capitalizzazione”, che riconosce alle PMI, costituite in forma di società di capitali, un contributo maggiorato rispetto a quello ordinario a fronte di investimenti in beni strumentali, in beni 4.0 e green (coperti sempre con un finanziamento, bancario o in leasing) collegati ad un aumento del capitale sociale:
• non inferiore al 30% dell’importo del finanziamento deliberato, interamente sottoscritto dalla PMI entro e non oltre i 30 giorni successivi alla concessione del contributo; • versato per almeno il 25% (oltre all’intero importo del sovrapprezzo delle azioni, se previsto) oppure per l’intero importo, qualo-
ra l’aumento di capitale sia effettuato dall’unico socio ovvero da una società a responsabilità limitata semplificata, entro e non oltre i 30 giorni successivi alla concessione del contributo.
• La misura Beni strumentali "Nuova Sabatini" è l’agevolazione messa a disposizione dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy con l’obiettivo di facilitare l’accesso al credito delle imprese e accrescere la competitività del sistema produttivo del Paese
• L'agevolazione sostiene gli investimenti per acquistare o acquisire in leasing macchinari, attrezzature, impianti, beni strumentali ad uso produttivo e hardware, nonché software e tecnologie digitali.
• La misura Beni strumentali ("Nuova Sabatini Capitalizzazione") ha l’obiettivo di incentivare i processi di capitalizzazione delle PMI che intendono realizzare un programma di investimento in macchinari, attrezzature, impianti, beni strumentali ad uso produttivo e hardware, nonché software e tecnologie digitali
Possono beneficiare dell’agevolazione le micro, piccole e medie imprese che alla data di presentazione della domanda:
• sono regolarmente costituite e iscritte nel Registro delle imprese o nel Registro delle imprese di pesca;
• sono nel pieno e libero esercizio dei propri diritti, non sono in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali con finalità liquidatoria;
• non rientrano tra i soggetti che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti considerati illegali o incompatibili dalla Commissione Europea;
• non si trovano in condizioni tali da risultare imprese in difficoltà;
• abbiano sede legale o una unità locale in Italia; per le imprese non residenti nel territorio italiano il possesso di una unità locale in Italia deve essere dimostrato in sede di presentazione della richiesta di erogazione del contributo.
L’agevolazione Beni strumentali "Nuova Sabatini Capitalizzazione" è rivolta alle micro, piccole e medie imprese (PMI) che, oltre a rispettare i predetti requisiti, alla data di presentazione della domanda:
• sono costituite in forma di società di capitali;
• sono impegnate in un processo di capitalizzazione;
• non annoverano tra gli amministratori o i soci persone condannate con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per il reato di cui all’art 2632 codice civile.
Sono ammessi tutti i settori produttivi, inclusi agricoltura e pesca, ad eccezione del settore inerente alle attività finanziarie e assicurative.
• I beni devono essere nuovi e riferiti alle immobilizzazioni materiali per “impianti e macchinari”, “attrezzature industriali e commerciali” e “altri beni”, ossia a spese classificabili nell'attivo dello stato patrimoniale alle voci B.II.2, B.II.3 e B.II.4 dell’articolo 2424 del codice civile, come declamati nel principio contabile n.16 dell’OIC (Organismo italiano di contabilità); a software e tecnologie digitali. Non sono in ogni caso ammissibili le spese relative a terreni e fabbricati, relative a beni usati o rigenerati, nonché riferibili a “immobilizzazioni in corso e acconti”
calendarIoFIS
• Gli investimenti devono soddisfare i seguenti requisiti:
• autonomia funzionale dei beni, non essendo ammesso il finanziamento di componenti o parti di macchinari che non soddisfano tale requisito
• correlazione dei beni oggetto dell’agevolazione all’attività produttiva svolta dall’impresa
Le agevolazioni consistono nella concessione da parte di banche e intermediari finanziari, aderenti all’Addendum alla convenzione tra il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, l’Associazione Bancaria Italiana e Cassa depositi e prestiti S.p.A., di finanziamenti alle micro, piccole e medie imprese per sostenere gli investimenti previsti dalla misura, nonché di un contributo da parte del Ministero rapportato agli interessi sui predetti finanziamenti.
L’investimento può essere interamente coperto dal finanziamento bancario (o leasing). Il finanziamento, che può essere assistito dalla garanzia del “Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese” (istituito dall’art. 2, comma 100, lettera a, della legge n. 662/96) fino all’80% dell’ammontare del finanziamento stesso, deve essere:
• di durata non superiore a 5 anni
• di importo compreso tra 20.000 euro e 4 milioni di euro
• interamente utilizzato per coprire gli investimenti ammissibili
Il contributo del Ministero è un contributo in conto impianti il cui ammontare è determinato in misura pari al valore degli interessi calcolati, in via convenzionale, su un finanziamento della durata di cinque anni e di importo uguale all’investimento, ad un tasso d’interesse annuo pari al:
• 2,75% per gli investimenti ordinari
• 3,575% per gli investimenti 4.0
• 3,575% per gli investimenti green (in relazione a domande presentate a partire dal 1° gennaio 2023).
Il contributo del Ministero, per le PMI impegnate in processi di capitalizzazione che intendono realizzare un programma di investimento, ai sensi dell’articolo 21, del decreto-legge n. 34/2019, è un contributo in conto impianti il cui ammontare è determinato in misura pari al valore degli interessi calcolati, in via convenzionale, su un finanziamento della durata di cinque anni e di importo uguale all’investimento, ad un tasso d’interesse annuo pari al:
• 5% per le micro e piccole imprese
• 3,575% per le medie imprese
I beni materiali e immateriali rientranti tra gli investimenti c.d. “industria 4.0” che possono beneficiare del contributo maggiorato del 30% previsto della legge 232 dell’11 dicembre 2016 (legge di bilancio 2017), sono individuati all’interno degli allegati 6/A e 6/B alla circolare 15 febbraio 2017 n.14036 e s.s.mm.ii.
Alla luce delle novità introdotte dall’articolo 1, comma 32, della legge 27 dicembre 2017 n. 205 (legge di bilancio 2018), con circolare n. 269210 del 3 agosto 2018 si è provveduto ad adeguare l’elenco dei beni immateriali (allegato 6/B) in relazione ai quali può essere riconosciuta la misura massima del contributo.
Smart&Start Italia
Smart&Start Italia è uno strumento agevolativo finalizzato alla promozione, su tutto il
calendarIoFIScalePMI
territorio nazionale, della diffusione di nuova imprenditorialità e al sostegno di politiche di trasferimento tecnologico e di valorizzazione economica dei risultati del sistema della ricerca pubblica e privata. Alla misura sono destinate anche risorse del PNRR, pari a 10 milioni di euro, riservate esclusivamente alle start up femminili. Lo sportello agevolativo è aperto e le domande possono essere presentate attraverso la piattaforma web messa a disposizione dal soggetto gestore Invitalia. La misura agevolativa è riservata alle startup innovative localizzate su tutto il territorio nazionale, iscritte nell’apposita sezione speciale del registro imprese e in possesso dei requisiti di cui all’articolo 25 del decreto-legge n. 179/2012. Le startup devono essere costituite da non più di 60 mesi alla data di presentazione della domanda e devono essere classificabili di piccola dimensione. Possono presentare domanda di agevolazione anche le persone fisiche che intendono costituire una startup innovativa. In tal caso, la costituzione della società deve intervenire entro 30 giorni dalla comunicazione di ammissione alle agevolazioni.
Sono ammissibili alle agevolazioni i piani di impresa aventi ad oggetto la produzione di beni e l’erogazione di servizi che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche:
• significativo contenuto tecnologico e innovativo, ovvero;
• sviluppo di prodotti, servizi o soluzioni nel campo dell’economia digitale, dell’intelligenza artificiale, della blockchain e dell’internet of things, ovvero;
• valorizzazione economica dei risultati del sistema della ricerca pubblica e privata (spin off da ricerca).
I piani d’impresa possono essere realizzati anche in collaborazione con organismi di ricerca, incubatori e acceleratori d’impresa, Digital Innovation Hub.
Smart&Start Italia finanzia piani d’impresa, di importo compreso tra 100 mila euro e 1,5
milioni di euro, comprendenti le seguenti categorie di spese:
• immobilizzazioni materiali quali impianti, macchinari e attrezzature tecnologici, ovvero tecnico-scientifici, nuovi di fabbrica, purché coerenti e funzionali all’attività d’impresa;
• immobilizzazioni immateriali necessarie all’attività oggetto dell’iniziativa agevolata, quali brevetti, marchi e licenze, certificazioni, know-how e conoscenze tecniche, anche non brevettate, correlate alle esigenze produttive e gestionali dell’impresa;
• servizi funzionali alla realizzazione del piano d’impresa, direttamente correlati alle esigenze produttive dell’impresa (progettazione, sviluppo, personalizzazione e collaudo di soluzioni architetturali informatiche e di impianti tecnologici produttivi, consulenze specialistiche tecnologiche, servizi forniti da incubatori e acceleratori d’impresa e quelli relativi al marketing ed al web-marketing, costi connessi alle collaborazioni instaurate con organismi di ricerca ai fini della realizzazione del piano d’impresa);
• personale dipendente e collaboratori a qualsiasi titolo aventi i requisiti indicati all’articolo 25, comma 2, lettera h), numero 2), del decreto-legge n. 179/2012, nella misura in cui sono impiegati funzionalmente nella realizzazione del piano d’impresa. Nei limiti del 20% delle predette spese è altresì ammissibile a contribuzione un importo a copertura delle esigenze di capitale circolante connesse al sostenimento di spese per materie prime, servizi necessari allo svolgimento delle attività dell’impresa (ivi compresi quelli di hosting e di housing) e godimento di beni di terzi. I piani di impresa devono essere avviati successivamente alla presentazione della domanda e devono essere conclusi entro 24 mesi dalla data di stipula del contratto di finanziamento.
Le startup richiedenti possono beneficiare delle seguenti agevolazioni:
• finanziamento agevolato, senza interessi, per un importo pari all’80% delle spese ammissibili; l’importo del finanziamento è elevabile al 90% nel caso in cui la startup sia interamente costituita da donne e/o da giovani di età non superiore a 35 anni, oppure preveda la presenza di almeno un esperto con titolo di dottore di ricerca (o equivalente) conseguito da non più di 6 anni e impegnato stabilmente all'estero in attività di ricerca o didattica da almeno un triennio. Il finanziamento ha durata massima di 10 anni. Per le startup innovative con sede in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, il predetto finanziamento è restituito in misura parziale, per un ammontare pari al 70% dell’importo di finanziamento agevolato concesso per le spese del piano di impresa.
Servizi di tutoraggio:
le sole startup innovative costituite da non più di 12 mesi possono usufruire di servizi di tutoraggio tecnico-gestionale identificati in base alle caratteristiche delle startup. Il valore dei predetti servizi è pari a 15.000 euro per le startup localizzate nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia e a 7.500 euro per le startup localizzate nel restante territorio nazionale.
• conversione di una quota del finanziamento agevolato ottenuto in contributo a fondo perduto: le start up innovative beneficiarie delle agevolazioni a valere sulla misura Smart&Start Italia che siano destinatarie di investimenti nel proprio capitale di rischio attuati da investitori terzi ovvero da soci persone fisiche, possono richiedere la conversione del finanziamento agevolato già ottenuto in contributo a fondo perduto, fino a un importo pari al 50% delle somme apportate dagli investitori terzi ovvero dai soci persone fisiche e, comunque, nella misura massima del 50% del totale delle agevolazioni concesse.
Irpef 2025:
Cosa CambIa davvero Con l'Irpef per le pmI?
La riforma irpef 2025 nasce con l'obiettivo di rispondere a due sfide principali. la prima è quella di procedere a una semplificazione del sistema fiscale, tramite la riduzione delle aliquote da quattro a tre, mirando a rendere il sistema più chiaro e accessibile. l'altra è
quella di ridurre il cuneo fiscale, con l'obiettivo di aumentare il reddito netto disponibile per i lavoratori, contribuendo all'incentivo dei consumi e della produttività. in via generale, possiamo dire che il sistema fiscale italiano cambia decisamente volto, a partire dalla riduzione degli scaglioni di reddito da quattro a tre.
IrPeF&PMI
Le nuove aliquote si applicano secondo la seguente ripartizione:
• 23% per i redditi fino a 28.000 euro;
• 35% per i redditi superiori a 28.000 euro e fino a 50.000 euro;
• 43% per i redditi che superano i 50.000 euro.
Questo accorpamento degli scaglioni, congiuntamente all'applicazione di nuove aliquote, comporta un impatto diretto sul calcolo dell'imposta e, una diversa distribuzione del carico fiscale, con conseguenti potenziali benefici concentrati sui redditi mediobassi, ed un effetto di stabilizzazione per i contribuenti con redditi intermedi.
Detrazione per lavoratori con redditi bassi
Per i lavoratori subordinati, con un reddito complessivo che non superi il tetto dei 15 mila euro, l'importo della detrazione aumenta a 1.995 euro. Tale adeguamento mira sopratutto a rafforzare il potere d'acquisto delle fasce economicamente più
deboli. Allo stesso tempo, è previsto un correttivo che consente di mantenere il trattamento integrativo per evitare penalizzazioni indirette legate all'incremento della detrazione, con un meccanismo che consente di evitare l'esclusione automatica di soggetti beneficiari dalla somma aggiuntiva prevista.
Bonus escluso dal reddito
Una somma aggiuntiva, che non concorre alla formazione del reddito, è prevista in spettanza ai lavoratori dipendenti con un reddito non superiore a 20 mila euro. L'importo è calcolato in base a una percentuale applicata sul reddito complessivo, rapportato all'intero anno. Nel caso di più rapporti lavorativi sovrapposti, il conteggio dei giorni avviene una sola volta. Inoltre, chi percepisce tra 20 mila e 32 mila euro ha diritto a un’ulteriore detrazione di 1.000 euro. Questo beneficio si riduce progressivamente, fino ad annullarsi per redditi superiori a 40 mila euro. Come specificato nella
circolare dell'Agenzia delle Entrate, il sostituto d’imposta applica automaticamente la misura durante l’erogazione dello stipendio, procedendo poi al conguaglio. Non è quindi richiesta alcuna azione da parte del contribuente.
Le novità per professionisti e imprese Passiamo al reddito da lavoro autonomo e a quello d'impresa, verificando quanto cambia con il decreto legislativo di revisione del regime impositivo, in attuazione della legge delega sulla riforma fiscale.
Il Decreto legislativo 192/2024 dispone la revisione complessiva del regime impositivo dei redditi delle persone fisiche - Irpef - e delle società e degli enti - Ires. L'articolo 54 del testo unico delle imposte sui redditi - Tuir - relativamente alla determinazione del reddito di lavoro autonomo, è stato riformulato dall'articolo 5, venendo suddiviso in più articoli, al fine di agevolare l'individuazione della disciplina relativa a ciascun componente di reddito. Nello speci -
fico, l'articolo 5 introduce alcune modifiche della disciplina dei redditi da lavoro autonomo, prevedendo i seguenti interventi:
• si estende il regime della tassazione separata per alcune plusvalenze;
• si introduce il principio di onnicomprensività nella determinazione del reddito di lavoro autonomo;
• si conferma il principio di cassa quale criterio d'imputazione temporale del reddito;
• si prevede un’apposita disciplina relativa alla deducibilità delle spese relative a taluni beni ed elementi immateriali;
• si introduce il principio di neutralità fiscale delle aggregazioni professionali.
Inoltre, sono state accolte positivamente le proposte delle commissioni parlamentari riguardo ad ammortamenti e Iva - è previsto un periodo di ammortamento dei costi di acquisizione della clientela e degli altri elementi immateriali non superiore a 5 anni - e il regime di esclusione Iva previsto per le operazioni straordinarie anche in caso di cessione relativa allo studio del professionista, considerato come insieme di beni organizzati, comprensivo non solo dei beni strumentali, ma anche, ad esempio, del portafoglio clienti.
La tassazione separata
La Riforma Ires-Irpef estende il regime della tassazione separata ad alcune plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in associazioni, società ed enti, comunque riferibili all’attività artistica professionale. L’imposta si applica separatamente ai corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali, incluse le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in associazioni, società ed enti, comunque riferibili all’attività artistica o professionale, se percepiti, anche in più rate, nello stesso periodo d'imposta.
Principio di onnicomprensività: Il principio di onnicomprensività diventa il criterio generale di determinazione del reddito da lavoro autonomo.
Con l’entrata in vigore della Riforma Ires 2025, il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni sarà costituito dalla differenza tra tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta in relazione all’attività artistica o professionale e l’ammontare delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività. In questo modo, si è inteso superare “la criticità emergente, per i lavoratori autonomi, di dover considerare compensi anche l’ammontare delle spese che contrattualmente sono a carico del committente e che sono da quest’ultimo rimborsate”, dovendosi ritenere che “il contrasto d'interessi tra il detto committente e l’artista o il professionista è sufficiente a disincentivare possibili comportamenti evasivi. Ne consegue che tali spese, che non concorreranno alla formazione del reddito, non saranno deducibili per il lavoratore autonomo”.
In questo modo, viene superata la criticità derivante dall’assoggettamento a ritenuta di somme che, seppure incassate dall’esercente arte o professione, non comportano un incremento del suo reddito imponibile, essendo generalmente prevista la deducibilità integrale delle somme rimborsate analiticamente dal committente.
A fronte del principio di onnicomprensività, sancito nel comma 1 dell’articolo 54, il successivo comma 2 prevede l’esclusione dal concorso alla formazione del reddito delle somme percepite a titolo di:
• contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde;
• riaddebito ad altri soggetti delle spese sostenute per l’uso comune degli immobili utilizzati, anche promiscuamente, per l’esercizio di tali attività e per i servizi ad essi connessi.
In materia di determinazione del reddito da lavoro autonomo, la riforma IRPEF/IRES 2025:
• descrive le condizioni necessarie affinché possano concorrere alla formazione del reddito da lavoro autonomo le plusvalenze di beni mobili strumentali e la cessione del contratto di locazione finanziaria avente a oggetto beni mobili o immobili strumentali (articolo 54-bis );
• stabilisce che le spese rimborsate e riaddebitate di cui all’articolo 54, comma 2, lettere b) (risarcimenti) e c) (beni destinati ad uso privato), non sono deducibili dal reddito di lavoro autonomo del soggetto che le sostiene (articolo 54-ter ) salvo quanto previsto nei commi da 2 a 5 con riferimento a quelle non rimborsate da parte del committente per una serie specifica di casi;
• precisa le condizioni affinché le minusvalenze possano essere considerate deducibili (articolo 54-quater);
• reca la disciplina della deduzione dei beni strumentali nonché dei canoni di locazione finanziaria dei medesimi (articolo 54-quinquies);
• disciplina le quote di ammortamento delle spese relative ad alcuni beni immateriali (articolo 54-sexies);
• disciplina la deducibilità di altre tipologie di spese ( articolo 54-septies);
• reca norme volte a specificare l’ammontare di alcune tipologie di redditi da assimilare fiscalmente a quello di lavoratore autonomo (articolo 54-octies).
• rimborso delle spese sostenute dall’esercente arte o professione per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente;
Conseguentemente all’equiparazione tra ordinari e forfettari - evidenziata anche nella circolare 58/E del 2001 sia nella 5/E del 2021 dell’Agenzia delle Entrate in merito al trattamento contabile/fiscale lato “attivo” dei rimborsi - la nuova gestione dei rimborsi non si può non ritenere applicabile “a cascata” anche ai contribuenti in regime forfettario.
FOCUSPMI
“dichiarare” come compensi i rimborsi analiticamente addebitati non subirà più la penalizzazione fiscale generata dall’impossibilità di dedurre tali costi.
Principio di cassa
Per quanto riguarda il criterio d'imputazione temporale dei componenti di reddito al periodo d’imposta, il D.Lgs. di riforma conferma la rilevanza del principio di cassa.
In attuazione del principio direttivo stabilito dalla legge delega, il provvedimento stabilisce che: in presenza di qualsiasi forma di pagamento, compresa quella tramite bonifico, il criterio d'imputazione temporale dei compensi (in base al quale assume rilevanza il momento in cui il compenso è percepito) sia allineato a quello di effettuazione delle ritenute da parte del committente (per il quale rileva il momento in cui la somma è uscita dalla sua disponibilità).
Per la determinazione del reddito di lavoro autonomo il momento della percezione del compenso può infatti risultare diverso da quello nel quale è effettuato il pagamento da parte del committente, qualora quest’ultimo non sia regolato in contanti.
In particolare, in caso di pagamento del compenso tramite bonifico bancario la prassi dell’Agenzia delle Entrate (cfr. circ. 23 giugno 2010, n. 38/E, par. 3.3) ha precisato che il momento in cui il professionista consegue l’effettiva disponibilità delle somme corrisponde a quello in cui questi riceve l’accredito sul proprio conto corrente. Per il committente che paga il compenso, ai fini dell’adempimento dell’obbligo di effettuare la ritenuta, rileva invece il momento in cui è stato effettuato il pagamento ovvero quello in cui le somme sono uscite dalla propria disponibilità.
Il professionista, scomputa la ritenuta subita nel periodo d’imposta in cui il compenso al quale il prelievo attiene concorre a formare il reddito.
Qualora il bonifico venga effettuato negli ultimi giorni dell’anno, il momento in cui il
compenso si considera percepito da parte del professionista potrebbe pertanto non coincidere con quello rilevante ai fini dell’individuazione del periodo in cui il committente deve effettuare la ritenuta e includere quest’ultima nel modello 770.
Al fine di risolvere tale problematica, il secondo periodo del comma 1 del nuovo articolo 54, in attuazione del richiamato criterio di delega, prevede quindi che le somme e i valori, in genere percepiti nel periodo di imposta successivo a quello in cui gli stessi sono stati corrisposti dal sostituto d’imposta, si imputano al periodo di imposta in cui sussiste l’obbligo da parte di quest’ultimo di effettuazione della ritenuta. Resta fermo che, nel caso in cui il compenso non sia soggetto a ritenuta, il medesimo è imputato al periodo d’imposta in cui è stato percepito secondo l’ordinario criterio di tassazione di cassa.
Principio di neutralità fiscale Il nuovo sistema prevede anche l'introduzione del principio di neutralità fiscale (mancata realizzazione di plusvalenze o minusvalenze) con riferimento a:
• operazioni straordinarie concernenti i conferimenti, trasformazioni, fusioni e scissioni relativi a società tra professionisti;
• apporti in associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni o in società semplici;
• apporti delle posizioni partecipative nelle associazioni professionali o società semplici in altre associazioni o società costituite per l’esercizio in forma associata di arti e professioni o in società tra professionisti.
Operazioni straordinarie
La Riforma 2025 ha previsto l'introduzione nel TUIR di un nuovo articolo 177-bis diretto a ordinare, specificamente e per la prima volta, la disciplina delle operazioni straordinarie e delle trasformazioni concernenti le società costituite per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema
ordinistico (società tra professionisti). La nuova norma, al comma 1, stabilisce che i conferimenti di attività materiali e immateriali, inclusa la clientela e ogni altro elemento immateriale, nonché di passività, comunque riferibili all’attività artistica o professionale, in una società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico, di cui all’articolo 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183, non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze.
Le novità per le aziende
In materia di determinazione della base imponibile, a fini IRES, delle società e degli enti commerciali residenti, sono previste misure per la riduzione del doppio binario tra valori contabili e fiscali.
È prevista la modifica del trattamento tributari o:
•delle sopravvenienze attive derivanti da proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità, che potranno concorrere a formare il reddito esclusivamente nell’esercizio in cui sono incassati;
• della valutazione delle rimanenze finali di opere, forniture e servizi;
• delle valutazioni dei crediti e debiti in valuta. Il testo, inoltre, disciplina vari regimi di riallineamento ai fini fiscali, le relative modalità di attuazione e il periodo di efficacia temporale e un ulteriore regime fiscale per il contribuente che non intenda avvalersi del riallineamento ordinario (articolo 11); reca nuove norme volte a disciplinare l’istituto opzionale del riallineamento ai fini fiscali dei maggiori valori emersi in seguito all’operazione di conferimento di azienda, attuabile dalla società conferitaria, prevedendo un unico regime di affrancamento dei maggiori valori iscritti emersi nel bilancio di esercizio in esito a operazioni di riorganizzazione fiscalmente neutrali (articolo 12); riconosce la possibilità di affrancare i saldi attivi di rivalutazione, le riserve e i fondi in sospensione di imposta attraverso il
versamento di un’imposta sostitutiva nella misura del dieci per cento (articolo 14); modifica il regime di riporto delle perdite ai fini della determinazione della base imponibile IRES, intervenendo, in materia di fusione, di scissione, di scissione per scorporo, di conferimenti di partecipazioni in società e di liquidazione (articolo 15); reca la disciplina inerente al trattamento fiscale applicabile in caso di scissione societaria mediante scorporo (articolo 16); modifica la disciplina dei conferimenti con nuove disposizioni in materia di determinazioni di valore, minusvalenze, permute, casi in cui la società conferitaria non acquisisce il controllo di una società né aumenta la percentuale di controllo, conferimenti di partecipazioni detenute in società le cui azioni non sono negoziate in mercati regolamentati (articolo 17). Rimanendo nell'ambito dei conferimenti di azienda effettuati tra soggetti residenti e nell’esercizio di imprese commerciali, viene introdotta la possibilità, per la società conferitaria, di optare, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale avvenga il conferimento, per l’applicazione di un’imposta sostitutiva (da versare in un’unica soluzione ed entro uno specifico termine) sui maggiori valori attribuiti in bilancio a immobilizzazioni materiali e immateriali relativi all’azienda ricevuta. Quanto all'imposta sui redditi delle società - Ires - L'Agenzia delle Entrate nel mese di Gennaio ha provveduto ad informare che la Legge di Bilancio 2025 - Art. 1, commi 436444, legge 207/2024 - al fine di incentivare investimenti e occupazione, ha dispostoper il solo periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 (ossia, per i contribuenti con esercizio coincidente con l’anno solare, il 2025), la riduzione dell’aliquota dal 24 al 20%, al ricorrere di alcune condizioni quali: almeno l’80% degli utili 2024 deve essere accantonato ad apposita riserva e almeno il 30% di tali utili accantonati (comunque, non inferiore al 24% degli utili 2023 e, in ogni caso, non inferiore a 20.000 euro) va investito in beni
strumentali nuovi “Transizione 4.0” o “Transizione 5.0”, destinati a strutture produttive ubicate in Italia; nel 2025 il numero di unità lavorative per anno non deve diminuire rispetto alla media del triennio precedente e vanno assunti nuovi lavoratori dipendenti a tempo indeterminato in misura tale da garantire un incremento occupazionale di almeno l’1% rispetto al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024; l’impresa non deve aver fatto ricorso alla cassa integrazione guadagni nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 o in quello successivo (con l’eccezione dei casi di situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali).
Devono versare l’imposta:
• le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, le società europee (regolamento CE n. 2157/2001) e le società cooperative europee (regolamento CE n. 1435/2003) residenti in Italia
• gli enti pubblici e privati residenti in Italia, compresi i consorzi, i trust, gli organismi di investimento collettivo del risparmio e gli enti non commerciali (organizzazioni no profit)
• le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, non residenti in Italia, per i soli redditi prodotti in Italia.
Sono considerate fiscalmente residenti in Italia:
• le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno in Italia la sede legale; la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale
• gli organismi di investimento collettivo del risparmio istituiti in Italia
• salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli che consentono un adeguato scambio di informazioni con l’Italia, se almeno uno dei disponenti e almeno
uno dei beneficiari del trust sono fiscalmente residenti in Italia
• salvo prova contraria, i trust istituiti in Stati o territori diversi da quelli che consentono un adeguato scambio di informazioni quando, dopo la loro costituzione, un soggetto residente in Italia effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, e vincoli di destinazione sugli stessi.
In riferimento alla Legge di Bilancio 2025, inoltre, è prevista una riduzione che va dal 24% al 20% dell'aliquota Ires per le imprese che reinvestono l'80% degli utili, di cui almeno il 30% per invesitmenti in beni 4.0 e 5.0, e che assumano l’1% di lavoratori in più. Inoltre, per favorire gli investimenti provati nell'anno 2025, sono stati stanziati 1,6 milairdi di euro destinati a finanziare un credito d'imposta per le imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali destinati a strutture produttive collocate nel Mezzogiorno d'Italia.
Inoltre, vengono incrementate le risorse della Nuova Sabatini, agevolazione che abbatte il costo dei finanziamenti per i macchinari e le strumentazioni, e stanziate risorse per agevolare gli investimenti nel comparto turistico.
Per favorire poi la quotazione delle piccole e medie imprese su mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione di uno Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo, viene prorogato per tre anni il credito d’imposta del 50% delle spese di consulenza sostenute.
Riforma Irpef e Piccole e Medie Imprese
La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto una serie di novità fiscali che sono destinate a influenzare sensibilmente le piccole e medie imprese italiane, con l'obiettivo primario di semplificare il sistema tributario, ridurre il carico fiscale e incentivare al contempo la crescita economica. Tra le principali modifiche previste c'è la revisione delle aliquote
fiscali, congiuntamente alla razionalizzazione delle detrazioni e delle deduzioni, e il rafforzamento degli incentivi per gli investimenti destinati a innovazione e sostenibilità. Una particolare attenzione è stata riservata alla digitalizzazione dei processi fiscali, ampliando l'obbligo di fatturazione elettronica e introducendo strumenti automatizzati per la gestione delle imposte. Inoltre, sono stati introdotti nuovi regimi agevolati rivolti alle startup e alle microimprese, al fine di favorire l'accesso al credito e la competitività sul mercato. Una delle novità di spicco della riforma è rappresentata dall'introduzione dell'Ires premiale.
Il nuovo sistema, infatti, prevede che le imprese che decidono di reinvestire almeno l'80% degli utili del 2024 in azienda, destinando almeno il 30% a investimenti in beni 4.0 e 5.0, beneficeranno di una riduzione dell'aliquota Ires che va dal 24% al 20%.
Per accedere a questa misura, è richiesto esplicitamente un incremento pari all'1% del personale a tempo indeterminato, con un'Ires premiale che incentiva in modo particolare le Pmi a potenziare la propria capacità produttiva e a innovare attraverso l'adozione di tecnologie avanzate. A ciò si è aggiunta la proroga, per tutto il 2025, del Fondo di Garanzia per le Pmi, strumento che ha come obiettivo la facilitazione all'accesso al credito per le piccole e medie imprese, offrendo garanzie sui finanziamenti richiesti. Tale proroga prevede un aumento dell'importo garantito fino a 100 mila euro per le operazioni “ridotte” e un massimale di 5 milioni di euro per operazioni ordinarie. Per promuovere l'imprenditorialità e l'innovazione, la Legge di Bilancio 2025 ha provveduto anche a innalzare la detrazione fiscale per gli investimenti in
start-up innovative dal 50% al 65%. contestualmente all'abrogazione della detrazione per gli investimenti in Pmi innovative. Tale cambiamento mira a concentrare le risorse sulle fasi iniziali delle nuove imprese, favorendo così lo sviluppo di idee innovative e la creazione di nuovi posti di lavoro. In base alle novità introdotte, le piccole e medie imprese italiane sono messe in condizione di adottare diverse strategie al fine di ottimizzare la propria gestione fiscale, pianificando gli investimenti con la possibilità di reinvestire gli utili in beni strumentali avanzati, per beneficiare dell'Ires premiale, o accedere al credito agevolato, sfruttando le opportunità offerte dal Fondo di Garanzia per finanziare progetti di crescita. Inoltre, le Pmi possono accedere ai singoli bandi regionali, monitorando e aderendo a iniziative come il Bando Nuova Impresa 2025, per ottenere contributi a fondo perduto.
Revisione della disciplina dei redditi dei terreni
L’articolo 1 del D.Lgs. apporta le seguenti modifiche al TUIR:
• prescrive l’emanazione di un decreto ministeriale per la determinazione del reddito dominicale delle culture prodotte utilizzando immobili oggetto di censimento al catasto dei fabbricati;
• prevede, nella fattispecie sopra descritta, l’utilizzo della tariffa d’estimo provinciale più alta incrementata del 400 per cento per il calcolo del reddito dominicale nelle more dell’emanazione del suddetto decreto ministeriale;
• individua il limite minimo del reddito dominicale per specifiche fattispecie;
• ridefinisce il reddito agrario come compo -
sto dal reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati nell’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile;
• amplia le fattispecie delle attività agricole;
• prevede che con decreto ministeriale si proceda all’individuazione di nuove classi e qualità di colture dei terreni adeguate agli ultimi sistemi di coltivazione;
• prevede l’esclusione dalla formazione del reddito dei fabbricati degli immobili, non locati, adoperati per compiere attività dirette alla produzione di vegetali;
• prevede che il reddito relativo alla parte eccedente i limiti per le attività dirette alla produzione di vegetali, concorra a formare reddito di impresa e in che termini, specialmente rispetto alla superficie di riferimento;
• definisce il calcolo del reddito derivante dalle attività dirette alla produzione di vegetali oltre il limite di cui al punto precedente.
Abrogazione dell'Ace
SI ricorda che, a decorrere dal periodo d'imposta 2024, è stata abrogata l'agevolazione fiscale ACE - Aiuto alla Crescita Economica - che era stata reintrodotta con la Legge di Bilancio 2020. Nonostante il fatto che con la sua abrogazione venga meno un importante strumento agevolativo a favore delle imprese, questa misura è stata resa necessaria al fine di finanziare il primo modulo di riforma dell'Irpef, soprattutto in un contesto nel quale le risorse finanziarie risultano sensibilmente ridotte a causa dell'attuale situazione economica.
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Imprese Impact: aperto I l bando per la selez I one delle cand I dature
In un mondo sempre più attento alla sostenibilità e alla responsabilità sociale, sta emergendo con forza un nuovo paradigma imprenditoriale: quello delle Imprese Impact. Non si tratta solo di aziende che generano profitto, ma di realtà che integrano volontariamente obiettivi ambientali e sociali nella propria strategia di crescita. Questo approccio, che fino a pochi anni fa sembrava una nicchia idealista, oggi rappresenta una concreta opportunità competitiva anche per le piccole e medie imprese italiane.
Le Imprese Impact non sono necessariamente grandi multinazionali dotate di bilanci milionari e uffici CSR strutturati. Sempre più spesso, sono PMI che decidono di misurare e migliorare il proprio impatto, scegliendo modelli di business rigenerativi, collaborazioni con enti del terzo settore, investimenti in tecnologie pulite e pratiche di governance trasparenti. In Italia, questa tendenza ha trovato un punto di riferimento normativo nella forma giuridica delle Società Benefit, introdotta nel 2016, che consente alle aziende di dichiarare esplicitamente nel proprio statuto finalità di beneficio comune oltre al perseguimento del profitto.
Ma cosa significa essere una PMI Impact nella pratica? Significa, ad esempio, scegliere fornitori locali per ridurre le emissioni della filiera logistica, adottare pratiche di economia circolare nei processi produttivi, garantire condizioni di lavoro eque e inclusive, sostenere progetti sociali sul territorio. Non è solo una questione etica: i consumatori premiano sempre più le aziende che dimostrano coerenza e trasparenza, mentre banche e fondi d’investimento guardano con favore a modelli di business sostenibili, anche in termini di accesso al credito e agevolazioni.
In questo contesto, le PMI italiane hanno alcune carte vincenti. Sono flessibili, radicate nei territori e abituate a innovare per adattarsi ai cambiamenti del mercato. Questa agilità permette loro di sperimentare soluzioni sostenibili su piccola scala, con un approccio pragmatico che spesso sfugge ai grandi player. Inoltre, le reti territoriali, le associazioni di categoria e i consorzi possono svolgere un ruolo fondamentale nell’accompagnare le imprese verso percorsi di impatto, offrendo strumenti, formazione e sinergie concrete.
Va detto che adottare una strategia impact non significa solo comunicare buone intenzioni. Richiede un cambio di mentalità, la capacità di misurare concretamente l’impatto e una leadership capace di coniugare visione e responsabilità. Per fortuna, oggi esistono diversi strumenti per supportare questo processo: certificazioni come B Corp, bilanci di sostenibilità semplificati, indicatori ESG e piattaforme digitali per il monitoraggio delle performance non finanziarie. Anche a livello europeo, il quadro normativo si sta evolvendo rapidamente: basti pensare alla Direttiva CSRD, che porterà a una maggiore trasparenza anche per le aziende medio-piccole.
Il rischio principale per le PMI è pensare che l’impatto sia un tema troppo grande, o riservato alle aziende più strutturate. In realtà, ogni piccola scelta può generare un effetto positivo: sostituire una materia prima con un’alternativa sostenibile, attivare un tirocinio per giovani in difficoltà, installare pannelli fotovoltaici sul tetto del
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capannone. Ogni azione conta e contribuisce a costruire un vantaggio competitivo duraturo, capace di attrarre talenti, fidelizzare clienti e creare valore condiviso.
In definitiva, le Imprese Impact rappresentano non solo una nuova modalità di fare impresa, ma anche un’opportunità per ridare senso e direzione all’imprenditorialità. In un’epoca di crisi climatica, transizione ecologica e crescente disuguaglianza, le PMI hanno il potere – e sempre più la responsabilità – di essere parte della soluzione. Non si tratta di rincorrere una moda, ma di immaginare un’economia diversa, dove il successo non si misura solo in base al fatturato, ma anche in termini di benessere generato. È una sfida ambiziosa, ma anche un’occasione per riscoprire il ruolo sociale e culturale dell’impresa come motore del cambiamento.
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha aperto la procedura selettiva ad evidenza pubblica per l’acquisizione di manifestazioni di interesse finalizzate alla nomina dei componenti, delle categorie non istituzionali, del Comitato consultivo per le “imprese impact”, ovvero le imprese sociali, familiari e a impatto sociale caratterizzate da un modello imprenditoriale che integra gli obiettivi di sostenibilità con l’attività economica.
Le categorie non istituzionali individuate sono: associazioni di categoria delle imprese sociali, associazioni di categoria delle imprese familiari, associazioni di categoria delle realtà a impatto sociale, organizzazioni del Terzo Settore, mondo accademico, corporate con esperienza nella costruzione di progetti per favorire l'innovazione e la collaborazione tra enti profit e non profit, cooperative/consorzi/associazioni e/o fornitori di imprese e Università, startup.
Il Comitato, istituito presso il MIMIT - Direzione generale per la politica industriale, la riconversione e la crisi industriale, l'innovazione, le PMI e il Made in Italy, avrà funzioni consultive e di supporto alle politiche governative per favorire lo sviluppo delle imprese che promuovono modelli di business sostenibili e responsabili. Attraverso incontri e collaborazioni istituzionali, nello specifico, realizzerà attività di:
• analisi e proposte legislative e regolamentari per favorire lo sviluppo e la sostenibilità delle imprese impact;
• promozione dell'istituzione di una certificazione volta a riconoscere l'impegno delle imprese che adottano politiche innovative e di impatto sociale;
• promozione di misure di sostegno volte a rafforzarne la resilienza, la capacità di innovazione e la transizione generazionale, anche attraverso la valorizzazione della diversità e l’equilibrio nella composizione degli organi di amministrazione;
• raccolta e analisi di dati, finalizzati a monitorare e promuovere le migliori pratiche nei settori di riferimento;
• redazione di una relazione annuale, contenente analisi dettagliate, proposte operative e raccomandazioni strategiche per i Ministeri competenti;
• conferimento di un premio annuale alle imprese e ai progetti che si distinguono per impatto sociale, economico e ambientale, in coerenza con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030.
Le manifestazioni d’interesse provenienti da candidati con comprovata esperienza, competenza e integrità
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- titolari d'impresa, dirigenti, consulenti, esperti in politiche del lavoro, responsabili di progetti di inclusione, ricercatori nel campo dell'innovazione sociale, rappresentanti di enti pubblici, fondazioni, mondo accademico, associazioni di volontariato, presidenti o direttori di associazioni di categoria, imprenditori attivi nel settore della sostenibilità - saranno valutate da una commissione interna del Ministero sulla base di criteri maggiormente affini alle esigenze del Comitato.
ddl c oncorrenza: un’occas I one d I modern I zzaz I one?
Il Disegno di Legge Concorrenza torna al centro del dibattito politico ed economico italiano, come ogni volta in cui si tenta di aggiornare un sistema ancora troppo rigido per rispondere alle dinamiche del mercato moderno. L’obiettivo dichiarato è quello di aumentare la competitività, ridurre le barriere all’ingresso nei mercati e migliorare il funzionamento dei servizi pubblici e privati. Ma al di là delle intenzioni, ogni DDL Concorrenza si scontra inevitabilmente con resistenze trasversali, veti incrociati e interessi consolidati.
Quello attualmente in discussione – come i precedenti – promette una lunga serie di interventi in ambiti strategici: liberalizzazioni nel settore dei servizi pubblici locali, semplificazione delle autorizzazioni per le attività economiche, nuove regole per le concessioni balneari, riforme nei trasporti, nella distribuzione dell’energia e nei servizi professionali. Un insieme eterogeneo di misure che toccano settori diversi, ma che condividono una finalità comune: rimuovere ostacoli alla concorrenza per favorire un’economia più dinamica e innovativa.
Per le piccole e medie imprese, questo DDL rappresenta una possibile leva di rilancio, ma anche un banco di prova. Da un lato, la semplificazione normativa e la rimozione delle rendite di posizione possono offrire nuove opportunità di accesso a mercati finora chiusi o distorti. Dall’altro, permane il rischio che le liberalizzazioni si traducano in una concorrenza al ribasso, con effetti negativi per chi non ha le spalle abbastanza larghe per sostenere dinamiche di mercato aggressive, spesso dominate da grandi operatori o player internazionali.
Uno dei nodi più delicati è quello delle concessioni pubbliche. Le concessioni balneari, in particolare, sono diventate il simbolo delle difficoltà italiane nell’attuare riforme strutturali. L’Europa chiede trasparenza e gare pubbliche per evitare monopoli di fatto, ma il compromesso politico è sempre dietro l’angolo. Anche nei servizi locali – come il trasporto urbano o la gestione dei rifiuti – l’introduzione di maggior concorrenza si scontra con interessi consolidati e con un tessuto imprenditoriale spesso frammentato. Le PMI attive in questi settori attendono risposte chiare: gare più trasparenti, meno burocrazia, tempi certi e reale apertura ai nuovi operatori.
Un altro fronte caldo riguarda le professioni regolamentate. Il DDL introduce alcuni interventi per aumentare la concorrenza tra professionisti, promuovendo la multidisciplinarietà e la trasparenza nei compensi. Tuttavia, anche qui le resistenze sono forti: si teme che l’apertura eccessiva possa compromettere la qualità dei servizi, in un equilibrio delicato tra tutela del cittadino e libertà economica.
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Non meno importante è la parte del disegno di legge che riguarda il commercio e la distribuzione. Viene incentivata l’apertura di nuovi esercizi, con meno vincoli urbanistici e amministrativi, e si cerca di riequilibrare i rapporti tra piccoli commercianti e grandi piattaforme digitali. Un tema cruciale, considerando la crescente polarizzazione del mercato tra piccoli negozi locali e colossi dell’e-commerce. Le PMI del commercio tradizionale chiedono di non essere lasciate sole in questa trasformazione: più accesso alla digitalizzazione, supporto per la logistica e una regolazione equa dei rapporti commerciali con i marketplace online.
Infine, l’aspetto forse più sottovalutato ma decisivo: l’effettività delle norme. Il DDL Concorrenza, come altre leggi simili, rischia di diventare una riforma incompiuta se non sarà accompagnato da decreti attuativi puntuali, controlli efficaci e un’amministrazione pubblica capace di implementare le nuove regole con chiarezza e uniformità. Le PMI, più di altri, pagano il prezzo dell’incertezza normativa e della frammentazione burocratica. Una riforma sulla carta può avere ottimi obiettivi, ma se nella pratica si traduce in nuovi adempimenti o in norme ambigue, il beneficio atteso si trasforma in un aggravio.
In conclusione, il DDL Concorrenza rappresenta un passaggio chiave per l’ammodernamento del sistema economico italiano. Per le piccole e medie imprese può essere un’occasione di crescita, a patto che le misure siano pensate e calibrate per non schiacciare l’impresa diffusa sotto il peso di regole astratte o meccanismi favorevoli solo ai più forti. La sfida è fare in modo che la concorrenza sia davvero uno strumento di progresso e non un alibi per deregolarizzare senza criterio. Serve una visione di lungo periodo, coraggio politico e soprattutto la volontà concreta di mettere l’interesse generale davanti a quello delle singole lobby. Solo così la concorrenza potrà diventare una leva di sviluppo sostenibile, anche e soprattutto per le PMI italiane.
l egge d I bI lanc I o 2025 e n uova s abat I n I : opportun I tà e sf I de per le pm I I tal I ane
La legge di bilancio per il 2025 rappresenta un passaggio chiave per l'economia italiana, in un contesto caratterizzato da forte incertezza internazionale, tensioni geopolitiche, transizione energetica e cambiamento climatico. Il documento programmatico del governo definisce le linee guida per l’azione economica nei prossimi anni, con un'attenzione particolare al sostegno delle piccole e medie imprese, considerate fondamentali per la tenuta sociale e occupazionale del Paese. In questo scenario, le misure messe in campo hanno un duplice obiettivo: da un lato, favorire gli investimenti, dall’altro, ridurre i vincoli che gravano sulle imprese attraverso semplificazioni e alleggerimenti fiscali.
Tra gli strumenti più rilevanti confermati e rafforzati nella nuova manovra c’è la cosiddetta Nuova Sabatini, ovvero l’agevolazione finalizzata a sostenere l’accesso al credito da parte delle PMI per l’acquisto di beni strumentali, macchinari, impianti, attrezzature e tecnologie digitali. Si tratta di una misura che, nel corso degli anni, ha dimostrato una certa efficacia nel facilitare investimenti produttivi, specialmente per quelle imprese di minori dimensioni che spesso faticano a ottenere finanziamenti ordinari. Con la legge di bilancio 2025 il governo ha
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rifinanziato la Nuova Sabatini per un totale di 1,7 miliardi di euro distribuiti nel periodo 2025-2029. L’obiettivo è garantire continuità allo strumento, in modo da offrire alle imprese una prospettiva chiara e stabile per pianificare i propri investimenti.
Il meccanismo resta sostanzialmente invariato: l’impresa richiede un finanziamento bancario o leasing, della durata non superiore a cinque anni, per un importo compreso tra 20.000 euro e 4 milioni. Lo Stato, attraverso il contributo del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, interviene con un contributo in conto impianti calcolato sugli interessi, riducendo di fatto il costo dell’investimento. A ciò si aggiunge una semplificazione procedurale già introdotta negli anni precedenti: per i finanziamenti inferiori a 200.000 euro, il contributo viene erogato in un’unica soluzione, velocizzando i tempi di incasso.
Nel contesto più ampio della manovra, oltre alla Nuova Sabatini, sono stati introdotti ulteriori strumenti di supporto alle imprese. È stato potenziato il credito d’imposta legato al nuovo piano Transizione 5.0, destinato a incentivare gli investimenti in digitalizzazione, efficienza energetica e sostenibilità ambientale.
Questa misura, rivolta principalmente a imprese che adottano tecnologie a basso impatto e migliorano la performance energetica, rappresenta una naturale evoluzione del precedente piano 4.0, rispondendo alle nuove esigenze legate alla transizione ecologica. Le imprese che investono in automazione intelligente, sensori, software integrati e soluzioni green potranno beneficiare di un credito d’imposta graduato in base alla quota di risparmio energetico conseguita.
La legge di bilancio conferma inoltre la riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori con redditi medio-bassi. Una misura che, sebbene indiretta, ha un impatto rilevante sulle PMI, in quanto alleggerisce il costo del lavoro e può contribuire a rendere più competitiva l’offerta occupazionale. A questo si affianca il rifinanziamento degli strumenti per l’internazionalizzazione, con l’obiettivo di sostenere le imprese nell’accesso ai mercati esteri, attraverso contributi per fiere, missioni commerciali e attività promozionali.
Il pacchetto include anche fondi destinati alla formazione continua e allo sviluppo di competenze digitali. Un elemento spesso trascurato, ma fondamentale per accompagnare le imprese nella doppia transizione tecnologica e ambientale. Le PMI, in particolare, risentono più delle grandi imprese della carenza di figure specializzate. In quest’ottica, si punta a rafforzare la collaborazione tra imprese, ITS, università e centri di ricerca, così da creare un ecosistema in grado di favorire l’innovazione diffusa.
Non mancano però le criticità. Se da un lato le risorse stanziate rappresentano un segnale importante, dall’altro resta il problema dell’effettiva accessibilità agli strumenti. Molte micro e piccole imprese lamentano ancora difficoltà nell’orientarsi tra le misure disponibili, ostacoli burocratici, tempi lunghi di erogazione e una certa rigidità nei criteri di accesso al credito bancario. Per questo motivo, accanto al rifinanziamento delle misure, si rende necessaria una più forte azione di accompagnamento, informazione e semplificazione. Le stesse associazioni
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di categoria hanno evidenziato l’urgenza di rafforzare i servizi di consulenza alle imprese, soprattutto in ambito digitale e finanziario.
Infine, un nodo ancora aperto riguarda la coerenza complessiva della manovra rispetto agli obiettivi di mediolungo termine. Le risorse del PNRR, che restano una leva fondamentale per la trasformazione strutturale del sistema produttivo, devono integrarsi in modo sinergico con la legge di bilancio. Le PMI rischiano altrimenti di trovarsi schiacciate tra misure con scadenze diverse, strumenti frammentati e un contesto competitivo in rapida evoluzione. È necessario, dunque, rafforzare il coordinamento istituzionale e la capacità di accompagnare le imprese non solo con incentivi, ma anche con una visione strategica di sistema.
In definitiva, la legge di bilancio 2025 offre alle PMI italiane un ventaglio di opportunità reali, ma anche una sfida: quella di sapersi rinnovare, investire, digitalizzare e crescere in un quadro che, pur migliorato, resta complesso. Lo Stato, da parte sua, ha il compito non solo di finanziare, ma anche di rendere efficaci e fruibili gli strumenti messi in campo. Solo così l’Italia potrà fare della sua impresa diffusa un vero motore di trasformazione economica e sociale.
pol I s e pm I
Il progetto Polis rappresenta uno dei tentativi più ambiziosi degli ultimi anni di avvicinare la pubblica amministrazione ai cittadini e alle imprese, con l’obiettivo di offrire servizi digitali più efficienti, accessibili e distribuiti capillarmente sul territorio. Avviato con il supporto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il programma prevede la trasformazione di circa settemila uffici postali in sportelli polifunzionali capaci di erogare servizi della pubblica amministrazione, non solo postali, ma anche anagrafici, previdenziali, fiscali, sanitari e giudiziari. Questo modello si propone come una risposta concreta al problema storico dell’Italia: un’amministrazione pubblica spesso distante, frammentata, poco reattiva, soprattutto nelle aree interne e rurali.
Per le piccole e medie imprese, Polis può rappresentare molto più di una semplificazione amministrativa. È un’occasione per superare ostacoli che da anni rallentano l’attività imprenditoriale: code agli sportelli, disallineamenti tra enti, tempi lunghi per pratiche semplici, mancanza di informazioni chiare sui diritti e doveri. Il nuovo sportello Polis, se attuato con rigore e qualità, può diventare un punto di accesso unico per una serie di servizi fondamentali: dalla richiesta di certificati camerali al pagamento di tributi locali, dalla trasmissione di documenti fiscali al monitoraggio dello stato delle pratiche. In un’unica sede, fisica e digitale, le PMI potrebbero risolvere molte questioni oggi frammentate in mille passaggi.
Questo nuovo paradigma di servizio pubblico si inserisce in una stagione in cui anche le imprese chiedono efficienza, rapidità e trasparenza. La capacità di un’impresa di stare sul mercato, oggi, dipende anche dal tempo che riesce a risparmiare negli adempimenti burocratici e dalla facilità con cui accede a incentivi, autorizzazioni
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e comunicazioni obbligatorie. Non si tratta solo di comfort amministrativo, ma di vera e propria competitività. In tal senso, il progetto Polis potrebbe incidere in modo positivo soprattutto sulle micro e piccole imprese che non dispongono di strutture amministrative interne complesse e che spesso si affidano a consulenti esterni per ogni adempimento.
Una sfida importante sarà quella della qualità del servizio. Digitalizzare non basta: serve formare il personale, standardizzare i processi, garantire l’efficienza operativa. L’idea di centralizzare i servizi in un unico punto di accesso ha senso solo se questi sportelli sono davvero in grado di offrire risposte tempestive e corrette, senza diventare un ulteriore collo di bottiglia. Le imprese italiane hanno già sperimentato, spesso con frustrazione, i limiti dei sistemi digitali non supportati da un’organizzazione efficace. L’interfaccia cambia, ma se dietro non cambia l’approccio e la cultura del servizio, il risultato resta lo stesso.
La diffusione territoriale degli uffici Polis è un altro elemento da non sottovalutare. In un paese come l’Italia, dove gran parte del tessuto produttivo si trova al di fuori dei grandi centri urbani, la capillarità può fare la differenza. Nei piccoli comuni, in particolare, dove spesso mancano sportelli INPS, agenzie delle entrate o camere di commercio, lo sportello Polis può diventare una vera infrastruttura abilitante per lo sviluppo locale. Significa offrire alle imprese del territorio un accesso paritario ai servizi, senza costringerle a spostamenti continui o a delegare tutto a terzi.
C’è infine una dimensione culturale che il progetto Polis può contribuire a cambiare: quella del rapporto tra impresa e pubblica amministrazione. Troppo spesso, infatti, il settore pubblico viene percepito dalle imprese come un ostacolo anziché un alleato. Rendere i servizi più accessibili, umani, orientati al risultato, può contribuire a costruire un clima di maggiore fiducia reciproca, che è indispensabile in un’economia moderna. Le imprese hanno bisogno di regole certe e tempi prevedibili, ma anche di un’amministrazione che sappia ascoltare, interpretare e accompagnare.
Naturalmente, l’efficacia del progetto dipenderà da una serie di fattori: la reale interoperabilità dei sistemi digitali tra le varie amministrazioni coinvolte, la sicurezza dei dati, la capacità di aggiornare le piattaforme in base ai feedback degli utenti. E poi, ancora, la sostenibilità finanziaria nel lungo periodo e la possibilità di integrare progressivamente nuovi servizi e funzionalità. Ma i presupposti per un impatto positivo ci sono, soprattutto se il mondo delle PMI sarà coinvolto fin da subito in una logica di co-progettazione. Perché nessuna riforma amministrativa potrà mai funzionare davvero senza la partecipazione attiva di chi ogni giorno, con il proprio lavoro, alimenta il sistema economico del Paese.
c ybers I curezza per crescere: una sf I da strateg I ca anche per le pm I
Il Forum Cyber 4.0, tenutosi a Roma, si è rivelato un importante momento di confronto nazionale sul tema
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della cybersicurezza, un ambito sempre più centrale nella strategia industriale del Paese. In un contesto dove l’innovazione digitale permea ogni settore produttivo, la sicurezza informatica è diventata una componente imprescindibile per lo sviluppo economico. Il rafforzamento delle infrastrutture critiche, la tutela dei dati e la protezione dalle minacce digitali non sono più temi tecnici riservati a pochi specialisti, ma questioni strategiche che coinvolgono ogni impresa, pubblica amministrazione e cittadino.
Uno degli elementi centrali emersi dal Forum è stato il ruolo della formazione. Il sistema produttivo italiano, costituito in larga parte da piccole e medie imprese, sconta un ritardo non solo in termini di strumenti tecnologici ma soprattutto di competenze. Troppo spesso le PMI sottovalutano i rischi informatici, oppure non dispongono delle risorse interne per affrontarli adeguatamente. La cybersecurity viene ancora percepita come un tema distante o di interesse solo per le grandi aziende, quando invece proprio le PMI, con infrastrutture spesso meno protette, rappresentano un bersaglio privilegiato per attacchi mirati e sofisticati. Da qui la necessità di azioni mirate per diffondere una cultura della sicurezza digitale capillare e pragmatica.
Nel corso dei lavori è stata ribadita l’urgenza di costruire un ecosistema in cui pubblico, privato e mondo accademico collaborino per rendere più accessibili strumenti, conoscenze e competenze. È in questa direzione che si muovono le iniziative a sostegno della transizione digitale sicura: percorsi di formazione per imprenditori e dipendenti, programmi di aggiornamento continuo, sportelli di consulenza e piattaforme digitali per aiutare le imprese a valutare i propri livelli di rischio e implementare misure di protezione sostenibili. L’obiettivo è duplice: rafforzare la resilienza delle imprese e, al tempo stesso, generare nuove opportunità di business legate allo sviluppo di soluzioni di sicurezza informatica Made in Italy.
La cybersicurezza, in questo scenario, si configura non solo come un obbligo, ma come un’occasione. Investire in sistemi di protezione, nella gestione corretta dei dati e nella formazione del personale può generare vantaggi competitivi concreti. Le imprese che dimostrano di operare in ambienti digitali sicuri hanno più facilità ad accedere ai mercati internazionali, a instaurare relazioni di fiducia con partner e clienti, e ad aderire a filiere produttive che richiedono standard elevati di conformità normativa. In tal senso, anche le PMI possono e devono ambire a diventare attori consapevoli e proattivi del nuovo paradigma digitale.
Un altro aspetto rilevante discusso nel forum riguarda l’evoluzione normativa in materia di cybersicurezza. Il progressivo recepimento delle direttive europee comporta obblighi crescenti anche per le imprese di minori dimensioni, soprattutto se inserite in settori considerati critici o strategici. La conformità non può più essere vista come un adempimento da rimandare, ma come una condizione necessaria per la sopravvivenza e lo sviluppo. E proprio per evitare che il peso delle nuove norme ricada sproporzionatamente sulle spalle delle PMI, diventa cruciale garantire loro strumenti tecnici, semplificazioni procedurali e incentivi economici per adeguarsi.
Infine, un elemento trasversale emerso dal Forum è la centralità della consapevolezza. La tecnologia da sola non basta: occorre un cambio culturale. Per le piccole imprese italiane, spesso a conduzione familiare o con
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strutture leggere, l’idea di “cybersicurezza” va tradotta in azioni semplici, concrete e misurabili. Aggiornare regolarmente i sistemi, gestire correttamente le password, fare backup frequenti, sensibilizzare i dipendenti, adottare protocolli di risposta agli incidenti. Piccoli passi che, se compiuti in modo costante, possono fare una grande differenza. L’impegno delle istituzioni in questo ambito dovrà essere continuo, ma anche le associazioni di categoria, i professionisti e i fornitori di tecnologie hanno un ruolo fondamentale nel guidare le PMI in questo percorso di responsabilizzazione.
Il Forum ha dunque rappresentato un segnale importante: la cybersicurezza non è più un tema emergente, ma strutturale. Le imprese che vogliono competere devono inserirla al centro della propria strategia. Per le PMI, questa sfida può diventare anche una leva di crescita, innovazione e posizionamento. Ma servono strumenti adeguati, politiche inclusive e una rete di sostegno efficace. Solo così sarà possibile costruire un tessuto imprenditoriale davvero resiliente, capace di affrontare i rischi del presente e di cogliere le opportunità del futuro digitale.
c erano: un nuovo polo I ndustr I ale sosten I b I le da oltre 2 m I l I ard I
L’area della ex centrale a carbone di Cerano si prepara a diventare uno dei principali cantieri italiani per la transizione energetica e la riconversione industriale. Con oltre 50 progetti presentati e un volume di investimenti che supera i 2 miliardi di euro, il sito si avvia a cambiare radicalmente volto, puntando su tecnologie verdi, logistica avanzata, economia circolare, data center, turismo e nuovi settori produttivi ad alto valore aggiunto. Una trasformazione che promette di generare migliaia di posti di lavoro e di ridefinire il ruolo strategico del territorio di Brindisi.
I progetti, distribuiti su un’area di circa 270 ettari, coprono un ampio spettro di ambiti industriali. L’obiettivo è costruire un ecosistema diversificato, moderno e sostenibile, capace di attrarre investimenti e innovazione. Le proposte prevedono tempi medi di realizzazione tra i due e i tre anni, a dimostrazione di una visione chiara e concreta. Il sito dell’ex centrale, oggi in fase di dismissione, è destinato a diventare un hub multifunzionale, in grado di ospitare attività produttive, logistiche e di ricerca legate alla nuova economia a basse emissioni.
Uno degli aspetti più significativi della riconversione di Cerano è l’approccio integrato che coinvolge imprese, istituzioni e territori. Un’operazione di tale portata richiede non solo risorse economiche, ma anche governance efficace, chiarezza nei processi autorizzativi e capacità di coordinamento. In questo senso, l’istituzione di una cabina di regia dedicata e la nomina di un commissario per velocizzare le autorizzazioni rappresentano strumenti fondamentali per garantire tempi certi e trasparenza.
Per le piccole e medie imprese, il progetto Cerano è una potenziale leva di sviluppo straordinaria. La presenza di grandi investitori, il rinnovamento infrastrutturale e la nascita di nuovi poli produttivi possono generare una
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domanda significativa di beni e servizi che solo una rete di PMI locali può soddisfare in modo rapido ed efficiente. Dalle costruzioni alle forniture tecnologiche, dai trasporti alla manutenzione, passando per l’indotto di servizi professionali, amministrativi, formativi e ambientali, si apre uno spazio reale per il protagonismo delle imprese territoriali.
Non va sottovalutato nemmeno il valore strategico della diversificazione. Cerano potrà ospitare attività nei settori della logistica green, della produzione di energia rinnovabile, della manifattura tecnologica e del turismo industriale. Questo significa creare un ambiente favorevole alla sperimentazione, all’incrocio di competenze e alla nascita di nuove filiere, molte delle quali ad alta intensità di conoscenza e con ampi margini di crescita internazionale. Le PMI, se adeguatamente supportate, potranno posizionarsi lungo tutta la catena del valore, beneficiando anche di strumenti di accompagnamento come i contratti di sviluppo o le reti d’impresa.
Una sfida chiave sarà garantire che questa riconversione non si traduca solo in grandi progetti calati dall’alto, ma diventi un’occasione reale di rilancio per il tessuto produttivo locale. In quest’ottica, sarà fondamentale puntare su formazione, orientamento e politiche attive per il lavoro. Preparare competenze, riqualificare manodopera, accompagnare la transizione professionale: sono azioni che non solo garantiscono l’occupabilità dei lavoratori coinvolti, ma favoriscono anche l’integrazione tra PMI e grandi operatori industriali.
La riuscita dell’operazione Cerano potrà avere un impatto che va ben oltre il territorio pugliese. L’Italia si trova di fronte alla necessità di uscire progressivamente dall’uso del carbone, con diversi impianti da riconvertire nei prossimi anni. Il modello Brindisi può diventare un laboratorio nazionale di politiche industriali innovative, partecipate e orientate alla sostenibilità. Una visione che integra crescita economica, decarbonizzazione e sviluppo territoriale in un unico disegno di rilancio.
La riconversione dell’area ex Cerano è una grande occasione di politica industriale e di sviluppo locale. Per le PMI rappresenta un terreno fertile su cui crescere, innovare e consolidarsi, ma solo se saranno messe nelle condizioni di partecipare pienamente. Un progetto da seguire da vicino, per coglierne tutte le opportunità e contribuire a costruire un nuovo futuro produttivo, sostenibile e inclusivo. Il nuovo corso di Cerano rappresenta anche una risposta concreta alla domanda di infrastrutture moderne e resilienti nel Sud Italia. La riqualificazione di un’area industriale così estesa e simbolica non è solo un fatto economico, ma anche urbanistico e ambientale. Si tratta di restituire valore a un territorio per anni sacrificato a una logica produttiva basata sul carbone, oggi superata. Un intervento di questa portata, se realizzato con criteri di sostenibilità e coinvolgimento delle comunità locali, può migliorare la qualità della vita e rendere Brindisi un modello per altri contesti simili.
In parallelo alla componente industriale, i progetti presentati puntano a valorizzare anche il potenziale logistico e portuale dell’area. La vicinanza al porto consente di immaginare uno snodo intermodale capace di collegare produzioni, traffici commerciali e filiere internazionali. Questo rafforza ulteriormente l’attrattività dell’area per investitori esteri e operatori della supply chain, creando ricadute economiche e occupazionali anche per le aziende.
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t lc: tavolo al mI m I t, presentato pr I mo pacchetto m I sure per 629 m I l I on I
Il 24 aprile 2025 si è svolto, presso la sede del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), un incontro di grande rilevanza per il futuro delle telecomunicazioni italiane. In un contesto di profonda trasformazione digitale e di pressanti sfide infrastrutturali, il governo ha convocato le principali associazioni di categoria, le organizzazioni sindacali e i rappresentanti istituzionali per presentare ufficialmente un primo pacchetto di misure economiche e normative destinate a rilanciare il comparto delle Tlc.
Il valore complessivo dell’intervento annunciato è pari a 629 milioni di euro, una cifra che segna la volontà concreta di sostenere uno dei settori più strategici e al tempo stesso più colpiti da ristrutturazioni, concorrenza al ribasso e riduzione dei margini.
«Le nuove tecnologie impongono un settore delle telecomunicazioni solido, competitivo e inclusivo», ha affermato il ministro Adolfo Urso in apertura dei lavori. Parole che non sono rimaste semplici dichiarazioni di principio, ma che hanno trovato una corrispondenza puntuale negli strumenti concreti messi sul tavolo. Il ministro ha voluto rimarcare il percorso già avviato dal governo: «In questa prima parte della legislatura abbiamo affrontato e risolto problemi strutturali che bloccavano lo sviluppo del comparto: dalla questione TIM alla nascita di FiberCop, dallo sblocco degli investimenti di Open Fiber alla salvaguardia occupazionale in realtà critiche come il call center Abramo. Ora serve un piano di sviluppo che metta in moto l’intero sistema». Il pacchetto di misure annunciato copre diversi ambiti e destinatari, con l’obiettivo di stimolare innovazione, occupazione, digitalizzazione e coesione territoriale. Ai cittadini è destinato un primo intervento sotto forma di voucher fino a 200 euro per il cablaggio verticale degli edifici, in modo da promuovere l’adozione capillare della fibra ottica e superare le barriere fisiche all’accesso a internet ultraveloce.
Per questo intervento sono stati stanziati 140 milioni di euro. Le piccole e medie imprese potranno accedere a contributi pubblici fino al 50% della spesa sostenuta per dotarsi di servizi in cloud, soluzioni di cybersicurezza, strumenti digitali per la gestione e l’archiviazione dei dati. In questo caso, il governo ha previsto una dotazione pari a 150 milioni di euro.
Per quanto riguarda le grandi imprese, sono stati riservati 201 milioni di euro destinati a finanziare attività di ricerca e sviluppo in settori ad altissimo potenziale: cavi sottomarini, tecnologie quantistiche, realtà virtuale e aumentata.
Si tratta di ambiti che, nei prossimi anni, diventeranno centrali nelle strategie industriali globali, e che possono rappresentare per l’Italia una straordinaria opportunità di innovazione. Un’ulteriore voce riguarda il settore del broadcasting, al quale sono destinati 54 milioni di euro per sostenere l’ammodernamento delle reti e il passaggio ai nuovi standard tecnologici.
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Accanto agli interventi diretti, il piano prevede una serie di misure indirette, non meno significative. Tra queste spiccano 35 milioni di euro per la digitalizzazione delle infrastrutture nei comuni con meno di 50.000 abitanti – si tratta di oltre 4.300 realtà locali – con l’obiettivo di ridurre il divario digitale tra centro e periferia. Altri fondi sono destinati al potenziamento del Sistema Informativo Nazionale Federato delle Infrastrutture (SINFI), alla desaturazione della fibra ottica, alla creazione di un catasto nazionale degli impianti e alla digitalizzazione del sistema di emergenza 112, che in diverse aree del Paese ancora non garantisce un servizio pienamente integrato.
Un tema centrale, sollevato con forza dal ministro Urso, è quello del consolidamento del mercato. «Cinque operatori sono troppi per un mercato nazionale come quello italiano», ha detto con fermezza, facendo riferimento alla necessità di razionalizzare l’offerta per aumentare la competitività e attrarre investimenti. «Nel resto d’Europa e negli Stati Uniti si va verso concentrazioni, mentre da noi la frammentazione e la concorrenza aggressiva al ribasso riducono i margini e impediscono una pianificazione seria».
A questo si lega anche la recente decisione del governo di innalzare i limiti elettromagnetici, dopo oltre vent’anni di immobilismo, per portarli più in linea con gli standard europei: una mossa che punta ad accelerare la diffusione della rete 5G, oggi ancora a macchia di leopardo.
Sul fronte occupazionale, il ministro del Lavoro Marina Calderone ha presentato un intervento di natura strutturale: «Abbiamo deciso di trasferire le risorse del Fondo di Integrazione Salariale al nuovo Fondo di solidarietà per le imprese del settore delle Tlc, così da rispondere in modo più rapido ed efficace alle crisi aziendali, sostenere i processi di riconversione e tutelare i lavoratori». Calderone ha inoltre parlato dell’importanza di investire nella formazione e nel ricambio generazionale: «Dobbiamo creare un sistema che stimoli le assunzioni, valorizzi le competenze digitali e accompagni le persone nei cambiamenti imposti dalla tecnologia. Solo così potremo avere un settore dinamico, attrattivo, al passo con l’evoluzione europea».
Le reazioni dei sindacati sono state positive, pur con qualche riserva. CGIL, CISL e UIL hanno apprezzato il contenuto del pacchetto, in particolare per ciò che riguarda gli strumenti di protezione sociale e gli investimenti a sostegno dell’innovazione.
Tuttavia, hanno colto l’occasione per rilanciare la necessità di rinnovare il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro, scaduto ormai da più di due anni. «Senza un contratto aggiornato, le tutele dei lavoratori restano ferme al passato – hanno affermato – e si rischia di creare nuove incertezze proprio nel momento in cui il settore ha bisogno di stabilità e visione condivisa». In mancanza di un dialogo concreto e immediato con le controparti datoriali, le organizzazioni sindacali hanno annunciato la possibilità di ricorrere a nuove mobilitazioni.
In conclusione, il tavolo MIMIT rappresenta un momento di svolta per un settore che negli ultimi anni ha vissuto una fase di difficoltà, tra crisi industriali, ritardi tecnologici e investimenti insufficienti. Il pacchetto da 629 milioni
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di euro non è solo una misura economica: è un segnale politico e industriale che punta a restituire centralità a un comparto fondamentale per l’autonomia tecnologica del Paese. L’implementazione delle misure, il coordinamento tra attori pubblici e privati e l’attenzione alle dinamiche occupazionali saranno ora determinanti per capire se questa svolta sarà davvero strutturale. In un momento in cui la digitalizzazione non è più una scelta ma una condizione di competitività, l’Italia ha bisogno di colmare il gap e di farlo in modo inclusivo, sostenibile e lungimirante.
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La proroga dello sportello per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili nelle PMI rappresenta un’importante opportunità per le imprese che non erano riuscite a partecipare alla precedente finestra. Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha stabilito una nuova scadenza fissata al 2 luglio 2025, estendendo i termini per l’accesso agli incentivi. La decisione è motivata dall’elevato interesse manifestato dalle PMI e dalla volontà di sostenere in modo più ampio la transizione verso un sistema energetico più sostenibile ed efficiente.
Questa proroga consente alle imprese di disporre di un periodo aggiuntivo per preparare e presentare le domande, favorendo così una partecipazione più estesa e mirata. Le aziende potranno quindi riorganizzare i propri progetti di investimento in impianti fotovoltaici, sistemi di accumulo e altre tecnologie basate su fonti rinnovabili, accedendo a contributi a fondo perduto e incentivi che promuovono l’autosufficienza energetica. Tutti i dettagli aggiornati relativi alla documentazione, alle modalità di accesso e ai criteri di ammissibilità sono disponibili sul sito ufficiale del GSE e presso gli sportelli informativi regionali.
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha ufficializzato i termini di apertura dello sportello agevolativo per il sostegno agli investimenti delle piccole e medie imprese (PMI) finalizzati all’autoproduzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Con un budget di 320 milioni di euro, l’iniziativa mira a incentivare l’installazione di impianti fotovoltaici e mini eolici per l’autoconsumo immediato, oltre a favorire l’integrazione di sistemi di accumulo per lo stoccaggio e l’utilizzo differito dell’energia.
Le domande per accedere ai fondi potranno essere presentate online sulla piattaforma di Invitalia, soggetto gestore della misura, a partire dalle ore 12:00 del 4 aprile 2025 e fino alle ore 12:00 del 5 maggio 2025. Sarà necessario allegare la documentazione tecnica e finanziaria relativa al progetto, incluse le specifiche degli impianti da installare e una previsione dell’impatto energetico ed economico dell’intervento.
un investimento strategico per la sostenibilità delle pmI
Il provvedimento, finanziato nell’ambito dell’Investimento 16 della Missione 7 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), fa seguito al decreto del 13 novembre 2024 firmato dal ministro Adolfo Urso. La misura rappresenta un passo concreto verso la transizione energetica delle imprese italiane, promuovendo soluzioni
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di autoproduzione e riducendo la dipendenza dai combustibili fossili.
L'obiettivo è quello di rendere le PMI più competitive in un contesto economico in continua evoluzione, abbattendo i costi energetici e migliorando la loro sostenibilità ambientale. L'autoproduzione di energia rappresenta inoltre una strategia efficace per proteggere le imprese dalle fluttuazioni dei prezzi dell’energia e dalle incertezze del mercato.
chi può accedere agli incentivi?
Possono beneficiare delle agevolazioni le PMI operanti su tutto il territorio nazionale, ad eccezione di quelle appartenenti ai settori della produzione primaria di prodotti agricoli, della pesca, dell’acquacoltura e del comparto carbonifero.
Gli incentivi saranno erogati per programmi di investimento con spese ammissibili comprese tra un minimo di 30.000 euro e un massimo di 1.000.000 di euro. Le percentuali di contributo variano in base alla dimensione dell’impresa e alla tipologia di intervento:
• 30% per le medie imprese
• 40% per le micro e piccole imprese
• 30% per i sistemi di accumulo energetico
• 50% per la diagnosi energetica
Le PMI dovranno dimostrare di avere una solidità finanziaria adeguata per portare a termine l’investimento e garantire la piena operatività degli impianti installati. Saranno richieste inoltre garanzie relative all’efficacia del progetto e alla sua conformità con le normative ambientali in vigore.
fondi riservati per il sud e per le microimprese
Per favorire lo sviluppo delle aree meno industrializzate, il 40% delle risorse sarà destinato alle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia). Un ulteriore 40% sarà riservato alle micro e piccole imprese, con l’obiettivo di supportare il tessuto imprenditoriale più fragile nella transizione energetica.
Questa suddivisione dei fondi si inserisce in una più ampia strategia nazionale volta a riequilibrare le opportunità di sviluppo tra le diverse aree geografiche, contrastando il divario economico tra Nord e Sud Italia. Nel caso in cui le risorse assegnate a queste categorie non vengano interamente utilizzate, i fondi residui saranno redistribuiti per finanziare progetti di imprese di medie dimensioni e di altre aree del Paese. obiettivi e impatto sul settore produttivo
L’iniziativa si inserisce in un contesto di crescente attenzione verso l’energia rinnovabile e l’autosufficienza energetica delle imprese. La possibilità di ridurre i costi energetici, migliorare l’efficienza e contribuire alla sostenibilità ambientale rappresenta un’opportunità strategica per le PMI italiane. In un’epoca caratterizzata da un’elevata volatilità dei mercati energetici e da un’accelerazione nella transizione
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ecologica, dotarsi di impianti per la produzione autonoma di energia rappresenta una scelta vantaggiosa sia dal punto di vista economico che ambientale. Il ricorso alle energie rinnovabili consente alle aziende di abbassare i costi fissi, ridurre l’impatto ambientale delle proprie attività e migliorare la propria immagine aziendale agli occhi di clienti e investitori.
Inoltre, grazie a questi incentivi, le PMI potranno sperimentare nuove tecnologie nel settore dell’energia rinnovabile, adottando soluzioni innovative per migliorare ulteriormente l’efficienza e la produttività. Questo potrebbe tradursi in un’accelerazione dell’adozione di impianti intelligenti, con la possibilità di integrare sistemi di monitoraggio avanzati e intelligenza artificiale per ottimizzare l’uso dell’energia prodotta.
Un altro aspetto rilevante è la possibilità di creare un indotto economico positivo, stimolando l’industria locale delle rinnovabili, con un aumento della domanda per installatori, tecnici specializzati e aziende produttrici di componenti per impianti fotovoltaici ed eolici. L’espansione di questo settore potrebbe quindi generare nuove opportunità occupazionali, contribuendo a rafforzare l’intero ecosistema delle energie rinnovabili in Italia.
Con l’apertura dello sportello agevolativo il 4 aprile, le imprese interessate potranno avanzare le proprie richieste e accedere a un supporto economico fondamentale per l’adozione di soluzioni energetiche innovative e sostenibili. L’auspicio è che questa misura possa rappresentare un punto di svolta nella trasformazione del settore produttivo italiano, rendendolo più resiliente, efficiente e competitivo a livello internazionale.
Invest I ment I , competenze, accesso a I cap I tal I : al mI m I t I l pr I mo p ol I cy h ackathon n az I onale ded I cato alle startup I tal I ane
Raccogliere proposte concrete di policy a supporto delle imprese emergenti del mondo dell'economica dell'innovazione e tracciare futuri elementi migliorativi volti a dare seguito al lavoro svolto dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy per l'elaborazione dello Scaleup Act, la normativa italiana in materia che ha modificato lo Startup Act del 2012. Con questo obiettivo si è svolto a Palazzo Piacentini il primo Policy Hackathon Nazionale dedicato all’ecosistema delle startup italiane coordinato dal Gabinetto del Mimit a cui hanno partecipato le Direzioni Generali in materia di incentivi alle imprese, internazionalizzazione e politica industriale, i rappresentanti del Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale, del Ministero dell'Università e della Ricerca, di Invitalia, di Cassa Depositi e Prestiti, di Unioncamere, delle associazioni di settore, investitori, operatori di Venture Capital, fondatori di startup, incubatori e acceleratori ed enti pubblici.
I lavori si sono articolati in 4 macroaree tematiche suddivise in tavoli. La prima si è focalizzata sulle strategie per attrarre risorse internazionali verso l'ecosistema italiano delle startup, approfondendo le politiche per incentivare investimenti esteri, attrarre tech company globali che possano stabilire hub in Italia e favorire il rientro di talenti italiani dall'estero.
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La seconda macroarea ha avuto come focus lo sviluppo del capitale umano necessario a supportare il sistema delle imprese emergenti, i programmi per sviluppare competenze tecniche specifiche e le iniziative volte a promuovere strategie per l'inclusione e la diversità. Altro aspetto analizzato in questa sezione tematica è stato quello legato al ponte tra mondo accademico e imprenditoriale attraverso un approfondimento delle politiche per valorizzare la ricerca scientifica, la protezione e gestione della proprietà intellettuale, l'ottimizzazione dei processi di trasferimento tecnologico e la facilitazione della creazione di spin-off accademici.
Il terzo filone di analisi si è invece concentrato sulle azioni per attrarre un flusso costante di capitali che supporti le startup in tutte le fasi di crescita, aumentando la liquidità nel sistema del Venture Capital, attraverso incentivi fiscali per gli investitori, sistemi di garanzie pubbliche, fondi di fondi (FoF), condizioni di finanziamento vantaggiose e altri strumenti finanziari.
Infine, il quarto focus tematico si è occupato di esplorare la dimensione territoriale e comunitaria dell'ecosistema. Al centro delle discussioni le policy volte a sostenere gli incubatori e gli acceleratori, le strategie per creare "zone dense" di innovazione nelle diverse regioni italiane, le azioni per favorire l'open innovation, le politiche per semplificare l'accesso delle startup al procurement pubblico e facilitare i percorsi di exit per gli investitori attraverso acquisizioni o IPO.
L’evento odierno rappresenta l’inizio di un percorso volto ad avviare e rendere continuo un dialogo strutturato tra gli attori dell’ecosistema e i decisori politici, confronto che proseguirà già il 7-8 maggio nel corso del Rome Startup Week, festival internazionale dedicato a startup, investitori, talenti e istituzioni.
Il 23 maggio 2025, nella cornice istituzionale del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, si è tenuto il primo Policy Hackathon Nazionale dedicato interamente all’ecosistema delle startup italiane. Un evento inedito per formato e contenuti, nato dalla volontà del ministro Adolfo Urso di aprire un dialogo concreto, operativo e non formale tra lo Stato e le giovani imprese innovative, mettendo a confronto decisori pubblici, imprenditori, investitori, università, associazioni di categoria e organizzazioni che operano quotidianamente nella promozione e nel rafforzamento dell’imprenditoria tech.
L’obiettivo dichiarato è stato quello di raccogliere proposte, individuare ostacoli reali e progettare misure di policy su tre ambiti considerati centrali per la crescita dell’ecosistema: accesso ai capitali, sviluppo delle competenze e attrazione degli investimenti.
Il Policy Hackathon, promosso dal MIMIT in collaborazione con Invitalia, CDP Venture Capital e la struttura del G7 su Intelligenza Artificiale, ha rappresentato una forma inedita di partecipazione pubblica, in cui startup e policy maker hanno lavorato fianco a fianco. Al centro della giornata, oltre venti tavoli di lavoro tematici che hanno visto il coinvolgimento diretto di startup provenienti da tutta Italia, ciascuna portatrice di esperienze, bisogni e prospettive differenti: dalle deep tech alle femtech, dalle imprese green e circular alle startup
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impegnate nell'intelligenza artificiale, nella salute, nella mobilità e nella cybersicurezza. Un mosaico complesso che ha permesso di avere una fotografia ampia e dinamica delle sfide che caratterizzano oggi l’ecosistema dell’innovazione italiano.
«Questo è un Paese che ha bisogno di liberare tutto il suo potenziale innovativo», ha detto in apertura dei lavori il ministro Urso. «Lo Stato deve creare le condizioni, ma poi sono le imprese a cambiare il Paese. L’Italia ha bisogno delle sue startup per affrontare la doppia transizione, digitale e green. Per questo abbiamo voluto ascoltarle direttamente, in modo operativo, costruttivo, senza filtri ideologici né mediazioni burocratiche. Le idee emerse oggi saranno parte integrante della nostra strategia per l’innovazione». Il format ha consentito un confronto serrato e privo di formalismi, strutturato su sessioni brevi, soluzioni rapide, contributi concreti. Non una conferenza, dunque, ma un vero e proprio laboratorio politico in cui è stata analizzata, tavolo per tavolo, la distanza tra le misure esistenti e la realtà quotidiana che le startup vivono.
Tra le criticità più ricorrenti emerse nel corso della giornata vi è quella dell’accesso ai capitali. Nonostante l’Italia abbia negli ultimi anni potenziato il ruolo di CDP Venture Capital e attratto investitori istituzionali, resta un divario significativo rispetto ad altri Paesi europei, soprattutto per quanto riguarda la fase del cosiddetto “scale-up”, quella in cui una startup passa da impresa nascente a realtà consolidata. «Servono strumenti più flessibili, più rapidi e meno ingessati per accompagnare la crescita – ha affermato uno dei partecipanti al tavolo “capitali e investimenti” – oggi perdiamo troppe imprese promettenti che vanno a crescere all’estero, dove trovano fondi e tempi di risposta molto più competitivi». In questo senso, uno degli spunti raccolti riguarda la possibilità di creare un fondo sovrano pubblico-privato, con un meccanismo di co-investimento automatizzato, che permetta di moltiplicare la capacità di investimento nazionale anche su scale superiori a quelle attuali.
Un secondo blocco tematico cruciale è stato quello delle competenze. La transizione digitale impone alle imprese di operare su tecnologie in continuo cambiamento, ma la formazione spesso non riesce a tenere il passo. Alcuni tavoli hanno suggerito di rafforzare la collaborazione tra università, centri di ricerca e startup, creando programmi condivisi di stage, ricerca applicata, dottorati industriali e percorsi di upskilling per chi già lavora nel settore. In particolare, è emersa la proposta di istituire “laboratori permanenti di innovazione territoriale” in cui startup, atenei e amministrazioni locali possano co-progettare soluzioni a problemi reali, rafforzando al contempo le filiere locali dell’innovazione. «La formazione deve essere pratica, accessibile e costante. Non possiamo più permetterci una distanza tra chi produce conoscenza e chi crea impresa», è stato detto con forza durante uno dei panel più seguiti della giornata.
Anche il tema dell’attrazione degli investimenti è stato al centro del confronto. Diversi partecipanti hanno sottolineato come l’Italia disponga ormai di un buon sistema di incentivi fiscali, ma manchi ancora una narrativa coerente, capace di attrarre investitori internazionali su scala. «Dobbiamo raccontare meglio ciò che siamo – ha detto una giovane imprenditrice del Sud – perché fuori dall’Italia non sanno che qui si fa ricerca di livello mondiale, che ci sono hub regionali avanzatissimi e talenti straordinari. Serve un piano strategico di marketing
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nazionale per l’ecosistema startup». In quest’ottica è stata avanzata l’idea di una piattaforma pubblica integrata, capace di valorizzare i dati, i progetti e i successi delle startup italiane per presentarsi sui mercati internazionali con una voce unitaria e riconoscibile.
A margine della giornata, il ministro Urso ha annunciato che le idee raccolte saranno sistematizzate e trasformate in proposte operative già nei prossimi mesi. «Le indicazioni emerse oggi confluiranno in un Piano Nazionale Startup, che presenteremo al Consiglio dei ministri prima dell’estate. Vogliamo rendere strutturale questo appuntamento e trasformarlo in un meccanismo di ascolto permanente. Le imprese innovative non possono essere ospiti del sistema: devono diventarne protagoniste». Il ministro ha anche ricordato i recenti interventi già messi in campo dal governo per rafforzare il comparto: l’aumento delle risorse al Fondo Nazionale Innovazione, l’estensione degli incentivi fiscali per l’innovazione, il lancio di nuovi acceleratori verticali su intelligenza artificiale, sostenibilità, difesa e salute, e l’avvio del Polo strategico nazionale per i dati.
Il Policy Hackathon ha visto anche la partecipazione di figure di spicco del mondo accademico, dell’industria e dell’imprenditoria sociale. Una presenza significativa, che testimonia quanto l’innovazione sia ormai un tema trasversale, capace di connettere mondi diversi e generare valore non solo economico, ma anche culturale e sociale. Diversi interventi hanno sottolineato come le startup, se messe nelle condizioni giuste, possano contribuire anche al rafforzamento della coesione sociale, alla rigenerazione urbana, alla sostenibilità ambientale e alla competitività delle filiere produttive più tradizionali.
L’evento ha rappresentato, in definitiva, un passo avanti nella definizione di un ecosistema dell’innovazione aperto, dinamico e cooperativo. Il primo Policy Hackathon del MIMIT ha mostrato che è possibile costruire politiche pubbliche partendo non da un documento da validare, ma da una mappa di problemi reali, condivisi, vissuti da chi ogni giorno prova a fare impresa in contesti spesso ostili. Se, come ha detto il ministro Urso, l’Italia vuole diventare una “startup nation”, servirà continuità, visione, metodo e coraggio. Questo primo appuntamento, per la sua impostazione sperimentale e la sua concretezza, ha tracciato un percorso interessante che molti si augurano possa diventare una pratica strutturale della governance economica del Paese.
pI ano t rans I z I one 5.0
È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto attuativo Transizione 5.0, il Piano promosso dal Mimit che si pone l'obiettivo di supportare e traghettare il passaggio dei processi produttivi a un modello energetico efficiente, sostenibile e basato su fonti rinnovabili supportando gli investimenti in digitalizzazione, transizione green e formazione del personale.
Piano Transizione 5.0 si caratterizza innanzitutto per l'automatismo della misura: le imprese potranno infatti usufruire del beneficio fiscale automaticamente, senza alcuna istruttoria e valutazione preliminare. La sua trasversalità coinvolge inoltre tutti i tipi attività, senza distinzione di dimensione, settore e territorio ed è pertanto
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cumulabile con altre agevolazioni finanziate con risorse nazionali a eccezione del credito d’imposta Transizione 4.0 e del credito per investimenti nella Zona Economica Speciale (ZES) e nelle Zone Logistiche Speciali (ZLS). Sono ammissibili al beneficio 5.0 i progetti di innovazione aventi a oggetto investimenti in beni materiali e immateriali tecnologicamente avanzati (gli stessi riportati nell’allegato A e B del Piano Transizione 4.0) purché si raggiunga una riduzione dei consumi energetici pari ad almeno il 3% dell'unità produttiva o 5% se calcolata sul processo interessato dall'investimento.
A queste condizioni è possibile agevolare anche le spese di formazione e gli investimenti in impianti per l'autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all'autoconsumo. Il bonus è riconosciuto per i nuovi investimenti effettuati dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2025 con possibilità di completare gli oneri documentali entro il 28 febbraio 2026. Il credito d’imposta prevede un’aliquota massima del 45% ed è modulato in 9 aliquote in funzione dell’ammontare degli investimenti e della riduzione dei consumi energetici conseguita.
cos'è
Il Piano Transizione 5.0, in complementarità con il Piano Transizione 4.0, si inserisce nell’ambito della più ampia strategia finalizzata a sostenere il processo di trasformazione digitale ed energetica delle imprese e mette a disposizione delle stesse, nel biennio 2024-2025, 12,7 miliardi di euro.
In particolare, in linea con le azioni di breve e medio periodo previste dal piano REPowerEU, Transizione 5.0, con una dotazione finanziaria complessiva pari a 6,3 miliardi di euro, si pone l’obiettivo di favorire la trasformazione dei processi produttivi delle imprese, rispondendo alle sfide poste dalle transizioni gemelle, digitale ed energetica.
L’articolo 38 del Decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19 (normattiva.it), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2024, n. 56, recante “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”, ha istituito il nuovo Piano Transizione 5.0, introducendo un credito d’imposta per le imprese che effettuano nuovi investimenti, a decorrere dal 1° gennaio 2024 e fino al 31 dicembre 2025, destinati ad aziende ubicate nel territorio dello Stato, nell’ambito di progetti di innovazione che comportano una riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva non inferiore al 3 per cento, o, in alternativa, una riduzione dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento non inferiore al 5 per cento.
Con il decreto interministeriale del 24 luglio 2024 (pdf) sono individuate le modalità attuative della disciplina del nuovo credito d’imposta, con particolare riferimento all’ambito soggettivo e oggettivo, nonché alla misura del beneficio, alle disposizioni concernenti la procedura di accesso all’agevolazione, alla relativa fruizione e ai connessi oneri documentali.
La presentazione delle comunicazioni preventive dirette alla prenotazione del credito d’imposta “Transizione 5.0” e delle comunicazioni di conferma relative all’effettuazione degli ordini accettati dal venditore con pagamento a titolo di acconto in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione.
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I termini di apertura per la presentazione delle comunicazioni di completamento dei progetti di innovazione, di cui all’articolo 12, comma 6, del citato decreto 24 luglio 2024, saranno individuati con successivo provvedimento del MIMIT.
come funziona
La Misura consiste in un’agevolazione sotto forma di credito d’imposta proporzionale alla spesa sostenuta per nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, effettuati nel biennio 2024-2025. Il credito di imposta è riconosciuto a condizione che si realizzi una riduzione dei consumi energetici di almeno il 3% per la struttura produttiva o, in alternativa, di almeno il 5% del processo interessato dall'investimento. In particolare, la riduzione dei consumi energetici deve conseguire da investimenti in beni materiali e immateriali funzionali alla transizione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello “Industria 4.0” (Allegati A e B alla Legge 232/2016).
Si specifica che ai fini della applicazione della misura Piano Transizione 5.0 rientrano tra i beni di cui all'allegato B alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, anche:
1. i software, i sistemi, le piattaforme o le applicazioni per l'intelligenza degli impianti che garantiscono il monitoraggio continuo e la visualizzazione dei consumi energetici e dell'energia autoprodotta e autoconsumata, o introducono meccanismi di efficienza energetica, attraverso la raccolta e l'elaborazione dei dati anche provenienti dalla sensoristica IoT di campo (Energy Dashboarding);
2. i software relativi alla gestione di impresa se acquistati unitamente ai software, ai sistemi o alle piattaforme di cui alla lettera a).
Nell’ambito dei progetti di innovazione sono inoltre agevolabili:
• i beni materiali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo, a eccezione delle biomasse, compresi gli impianti per lo stoccaggio dell’energia prodotta;
• spese per la formazione del personale nell’ambito di competenze utili alla transizione dei processi produttivi (nel limite del 10% degli investimenti effettuati nei beni strumentali e nel limite massimo di 300 mila euro).
possono beneficiare del contributo tutte le imprese residenti e le stabili organizzazioni con sede in Italia, a prescindere dalla forma giuridica, dal settore economico, dalla dimensione e dal regime fiscale adottato per la determinazione del reddito d’impresa.
Il credito d’imposta riconosciuto è utilizzabile esclusivamente in compensazione nel modello F24 presentato tramite i servizi telematici offerti dall’Agenzia delle Entrate, entro la data del 31/12/2025, decorsi 5 giorni dalla regolare trasmissione dei dati all’Agenzia delle Entrate da parte del GSE.
procedura per l’accesso all’agevolazione
La procedura per l’accesso all’agevolazione è subordinata alla presentazione di una certificazione «Ex ante»,
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attestante la riduzione dei consumi energetici conseguibile mediante gli investimenti progettati, ed una «Ex post», comprovante l’effettiva realizzazione degli investimenti in conformità alla certificazione ex ante. soggetti abilitati al rilascio delle certificazioni
Ai sensi dell’art 15, comma 6 del decreto i soggetti abilitati al rilascio delle certificazioni sono:
• gli Esperti in Gestione dell’Energia (EGE), certificati da organismo accreditato secondo la norma UNI CEI 11339;
• le Energy Service Company (ESCo), certificate da organismo accreditato secondo la norma UNI CEI 11352;
• gli ingegneri iscritti nelle sezioni A e B dell’albo professionale, nonché i periti industriali e i periti industriali laureati iscritti all’albo professionale nelle sezioni “meccanica ed efficienza energetica” e “impiantistica elettrica ed automazione”, con competenze e comprovata esperienza nell’ambito dell’efficienza energetica dei processi produttivi.
fasi della procedura
Per la prenotazione del credito d’Imposta le imprese inviano una Comunicazione Preventiva, corredata dalla Certificazione ex-ante, tramite la Piattaforma Informatica «Transizione 5.0» accessibile tramite SPID dall’Area Clienti del sito istituzionale del GSE.
Le comunicazioni preventive inviate saranno valutate e gestite dal GSE secondo l’ordine cronologico di invio, verificando esclusivamente il corretto caricamento sulla Piattaforma informatica dei dati e la completezza dei documenti e delle informazioni rese e il rispetto del limite massimo dei costi ammissibili per singola impresa Beneficiaria per anno (50 mln €). Entro 30 giorni dalla conferma del credito prenotato (ricevuta di conferma) l’impresa trasmette una Comunicazione relativa all’effettuazione degli ordini accettati dal venditore con pagamento a titolo di acconto, in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione dei beni di cui agli allegati A/B e impianti di autoproduzione.
pm I e s v I luppo t ecnolog I co: n uov I f ond I per la c resc I ta s osten I b I le e l’Innovaz I one
Apertura dello sportello Invitalia il 15 aprile: 500 milioni di euro per progetti in transizione digitale ed ecologica Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha ufficializzato i termini di apertura dello sportello agevolativo per il sostegno a programmi di sviluppo tecnologico e innovazione per le piccole e medie imprese (PMI). Con un budget di 500 milioni di euro, l’iniziativa mira a incentivare investimenti in tecnologie digitali, energie rinnovabili, biotecnologie e deeptech, oltre a favorire l’adozione di strumenti per la competitività e la sostenibilità.
Le domande potranno essere presentate sulla piattaforma Invitalia, gestore della misura, a partire dalle ore 12:00 del 15 aprile 2025. Lo sportello sarà aperto anche alle istanze di Contratti di sviluppo già presentate e sospese per carenza di fondi.
un investimento strategico per la crescita delle imprese
Il provvedimento, finanziato attraverso il “Programma Nazionale Ricerca, Innovazione e Competitività per la
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transizione verde e digitale 2021-2027”, fa seguito al decreto del ministro Adolfo Urso del 25 ottobre 2024. L’obiettivo è supportare la trasformazione digitale e sostenibile delle PMI, promuovendo soluzioni avanzate per la produzione industriale, la ricerca e lo sviluppo.
I fondi stanziati saranno destinati a progetti strategici, tra cui quelli previsti dal Regolamento STEP (Strategic Technologies for Europe Platform), un’iniziativa dell’Unione Europea volta a rafforzare la sovranità tecnologica del continente.
chi può accedere agli incentivi?
Possono beneficiare delle agevolazioni le PMI e le grandi imprese operanti nei settori strategici indicati dal Regolamento STEP, come:
Gli incentivi saranno erogati per programmi di investimento con spese ammissibili comprese tra un minimo di 30.000 euro e un massimo di 1.000.000 di euro. Le agevolazioni includeranno:
• Contributo in conto impianti per l’acquisto di nuove tecnologie;
• Finanziamenti agevolati per la digitalizzazione dei processi produttivi;
• Contributo diretto alla spesa per progetti di ricerca e sviluppo.
• Fondi dedicati per il Sud Italia
Il 40% delle risorse sarà destinato a progetti nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia). Questa riserva è finalizzata a ridurre il divario economico tra Nord e Sud, favorendo lo sviluppo di poli tecnologici e produttivi nelle aree meno industrializzate. Un ulteriore 40% dei fondi sarà riservato alle micro e piccole imprese, per rafforzare l’innovazione nelle realtà imprenditoriali più fragili. obiettivi e impatto sul settore produttivo
L’iniziativa rappresenta un’opportunità strategica per il tessuto imprenditoriale italiano. Con l’integrazione di tecnologie avanzate, le PMI potranno aumentare la propria efficienza, ridurre i costi di produzione e migliorare la competitività sui mercati internazionali.
Il finanziamento di progetti in ambiti innovativi come l’energia rinnovabile e l’AI contribuirà a creare un ecosistema industriale più resiliente e dinamico. Inoltre, gli investimenti in deeptech e biotecnologie potrebbero aprire la strada a nuove opportunità di collaborazione tra imprese, università e centri di ricerca. Grazie a questi incentivi, si prevede un incremento della domanda di personale specializzato, con effetti positivi sull’occupazione e sulla formazione di nuove competenze nel settore tecnologico.
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come presentare la domanda
Le aziende interessate dovranno accedere alla piattaforma Invitalia e compilare la richiesta entro il 15 maggio 2025. Sarà necessario allegare un business plan dettagliato, con l’indicazione delle tecnologie impiegate e dell’impatto previsto in termini di innovazione e sostenibilità.
l’importanza della sostenibilità e della digitalizzazione
La transizione digitale ed ecologica è ormai un obiettivo strategico per le aziende italiane, che devono adeguarsi a nuovi standard di sostenibilità e innovazione. Il miglioramento dell’efficienza energetica, l’adozione di soluzioni digitali avanzate e l’uso di materiali innovativi sono fattori chiave per il successo competitivo nel lungo termine.
Il supporto economico fornito dal governo consente alle imprese di ridurre i rischi connessi agli investimenti in nuove tecnologie e di accedere a strumenti che facilitano la trasformazione produttiva. In questo contesto, l’adozione di modelli di economia circolare e l’implementazione di processi basati su dati e intelligenza artificiale risultano fondamentali.
collaborazioni e sinergie per il futuro
Per massimizzare l’efficacia degli investimenti, le imprese possono avvalersi della collaborazione con istituzioni accademiche e centri di ricerca. Le sinergie tra pubblico e privato consentono di accelerare l’innovazione e di sviluppare soluzioni tecnologiche sempre più avanzate.
Il ruolo delle università e dei laboratori di ricerca è cruciale per lo sviluppo di nuove competenze, che saranno sempre più richieste nel mercato del lavoro del futuro. Gli incentivi stanziati dal governo permettono alle imprese di investire non solo in tecnologie, ma anche in formazione e aggiornamento del personale.
Gli incentivi previsti rappresentano un’opportunità senza precedenti per le PMI italiane, che potranno innovare i propri processi produttivi, migliorare la propria competitività e contribuire alla crescita sostenibile del Paese. L’integrazione di tecnologie digitali e soluzioni green è fondamentale per affrontare le sfide globali e rafforzare il posizionamento dell’Italia nei settori strategici dell’economia del futuro. Con un adeguato supporto finanziario e una strategia di innovazione ben pianificata, le imprese potranno cogliere le opportunità offerte dalla transizione ecologica e digitale, consolidando il proprio ruolo in un mercato sempre più competitivo e orientato alla sostenibilità.
g42 e Ig en I us I ns I eme per real I zzare I l p I ù grande cluster d I calcolo aI I n e uropa
In un annuncio che segna una svolta per il panorama tecnologico europeo, G42, colosso emiratino dell’intelligenza artificiale e dell’high performance computing, e iGenius, azienda deep tech italiana fondata da Uljan Sharka e specializzata in soluzioni di AI generativa, hanno comunicato l’avvio di una joint venture
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destinata a realizzare il più grande cluster di calcolo dedicato all’intelligenza artificiale in Europa. Il progetto, battezzato “Phoenix”, non è solo un investimento infrastrutturale di portata straordinaria, ma anche un’affermazione geopolitica e industriale che posiziona l’Italia al centro di una nuova mappa strategica del supercalcolo e dell’AI applicata. Il cluster sarà ospitato in Italia, all’interno di data center all’avanguardia localizzati in aree già integrate con il tessuto tecnologico nazionale e accessibili alle reti di interconnessione ad alta capacità. La scelta del nostro Paese come sede di questa infrastruttura non è casuale: si tratta di una decisione che premia la crescente rilevanza dell’Italia nel panorama tecnologico europeo, ma anche la visione strategica di chi sta puntando a fare del bacino mediterraneo una nuova cerniera tra Europa, Medio Oriente e Africa in ambito digitale.
La partnership tra G42 e iGenius rappresenta l’unione tra un attore di scala globale, con risorse pressoché illimitate e un forte know-how in ambito data center e cloud AI, e una realtà europea fortemente radicata nel contesto normativo e culturale del continente. Un elemento che fa di questa iniziativa un modello ibrido: da un lato la potenza di calcolo e l’infrastruttura su larga scala, dall’altro l’aderenza ai principi di trasparenza, responsabilità e sovranità digitale propri del quadro europeo. Il cluster Phoenix sarà equipaggiato con decine di migliaia di GPU NVIDIA H100 e B100, rendendolo una delle piattaforme più performanti al mondo per l’addestramento di modelli di AI generativa, simulazioni scientifiche avanzate e applicazioni di edge computing. Secondo quanto comunicato, la potenza complessiva del cluster sarà nell’ordine degli exaflop, collocandosi a pieno titolo tra le principali superinfrastrutture globali.
Uljan Sharka, CEO di iGenius, ha descritto il progetto come una “infrastruttura critica europea per l’AI, progettata per garantire indipendenza tecnologica, potenza computazionale e un modello operativo pienamente allineato con il regolamento europeo sull’intelligenza artificiale”. Sharka ha voluto sottolineare come l’accordo rappresenti una svolta di paradigma: non più AI sviluppata altrove e calata in Europa, ma AI generata, addestrata e governata all’interno di un ecosistema conforme ai valori e alle normative europee. “Oggi – ha dichiarato – il vero vantaggio competitivo non è solo possedere i dati o gli algoritmi, ma disporre dell’infrastruttura che rende possibile l’intelligenza. L’Europa ha bisogno di potenza di calcolo propria se vuole giocare un ruolo da protagonista nella quarta rivoluzione industriale”.
La notizia ha avuto un’eco immediata anche a livello istituzionale. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha espresso entusiasmo per il progetto, definendolo “una conferma della centralità che l’Italia sta assumendo nella geopolitica dell’innovazione tecnologica”. Urso ha aggiunto che “questa iniziativa rafforza la nostra sovranità digitale, attrae investimenti strategici e posiziona il nostro Paese come hub europeo per l’intelligenza artificiale ad alte prestazioni”. Il governo, secondo fonti vicine al MIMIT, avrebbe già avviato interlocuzioni per accompagnare il progetto con strumenti di policy e misure abilitanti, tra cui una semplificazione dei processi autorizzativi per i data center strategici, l’integrazione con il Polo Strategico Nazionale per il cloud pubblico e l’allineamento con il Piano Nazionale per l’Intelligenza Artificiale.
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L’impatto previsto del cluster Phoenix va ben oltre il mondo delle startup e dei laboratori di ricerca. La nuova infrastruttura sarà aperta anche all’uso da parte di pubbliche amministrazioni, grandi imprese, università e centri di ricerca, con un modello di accesso strutturato secondo criteri di priorità pubblica, trasparenza e interoperabilità. Secondo i promotori, Phoenix sarà un abilitatore chiave per la sanità predittiva, la manifattura intelligente, l’agricoltura di precisione, la mobilità autonoma e le tecnologie per il clima. Un’infrastruttura, dunque, che non solo potenzierà la capacità di innovazione industriale dell’Italia, ma contribuirà anche a creare nuovi posti di lavoro, competenze avanzate e filiere locali legate al mondo del calcolo ad alte prestazioni.
G42, per parte sua, ha espresso grande fiducia nell’Italia come partner strategico. Il gruppo, già noto per aver sviluppato tra gli altri i modelli Falcon AI, ha evidenziato come l’Europa rappresenti una delle aree più promettenti in termini di domanda industriale di intelligenza artificiale regolamentata. “La nostra collaborazione con iGenius – ha dichiarato un portavoce del gruppo – è fondata su una visione condivisa: rendere l’AI una risorsa pubblica, sicura e democratica. Crediamo che l’Europa abbia tutte le carte in regola per diventare leader globale in questo settore, e l’Italia in particolare sta dimostrando una capacità di visione che merita fiducia e supporto”. Il gruppo emiratino ha già avviato colloqui con altri partner europei per potenziali collaborazioni future, ma ha chiarito che la priorità resta lo sviluppo del cluster italiano, che sarà operativo a partire dal 2026, con una roadmap già definita e una prima fase pilota prevista entro la fine del 2025.
Un ulteriore elemento che rende il progetto di straordinario interesse è la sua capacità di interfacciarsi con le dinamiche geopolitiche dell’AI. In un momento in cui Stati Uniti e Cina dominano l’arena della potenza computazionale e dell’addestramento di modelli fondativi, la nascita in Europa di un’infrastruttura su questa scala è un messaggio forte. Non si tratta solo di competizione industriale, ma di autodeterminazione tecnologica, resilienza digitale e capacità di proporre un modello alternativo, fondato su diritti, trasparenza e protezione dei dati. In questo senso, la partnership tra G42 e iGenius può essere letta come una risposta europea alle sfide globali: un’alleanza tra pubblico e privato, tra scala globale e governance locale, tra capitale internazionale e valori continentali.
Il progetto ha già attirato l’attenzione di analisti e osservatori del settore, che lo considerano uno dei più ambiziosi e potenzialmente trasformativi degli ultimi anni in Europa. Secondo stime preliminari, il cluster Phoenix potrà contare su investimenti per oltre due miliardi di euro nel suo ciclo completo, con ricadute dirette e indirette su occupazione, trasferimento tecnologico, decarbonizzazione e sicurezza informatica. Molti guardano con attenzione all’impatto che potrà avere anche sul tessuto delle startup italiane ed europee, che avranno finalmente accesso a risorse computazionali competitive a livello globale, senza dover ricorrere a piattaforme extra-UE o a costi proibitivi.
Nel medio termine, la sfida sarà trasformare questa infrastruttura in un vero ecosistema: attrarre ricercatori, sviluppatori, imprese e istituzioni che la rendano viva, utile e sostenibile. Il successo di Phoenix dipenderà dalla capacità di aprirlo a progetti concreti, a comunità scientifiche, a bisogni industriali reali. In un’epoca in cui
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l’intelligenza artificiale è destinata a riscrivere le regole dell’economia e della società, dotarsi di una “spina dorsale computazionale” non è solo una scelta tecnologica, ma una questione di autonomia e visione strategica. Con questa mossa, G42 e iGenius stanno proponendo una risposta concreta, ambiziosa e profondamente europea a questa sfida.
t ecnolog I e cr I t I che ed emergent I (step)
Le tecnologie critiche ed emergenti, conosciute con l’acronimo STEP (Science and Technology for European Progress), rappresentano una delle sfide più strategiche e decisive per l’autonomia, la competitività e la sicurezza dell’Unione Europea. Si tratta di ambiti scientifici e industriali ad alto contenuto tecnologico, come l’intelligenza artificiale, i semiconduttori, il quantum computing, il 5G e 6G, la biotecnologia, la robotica avanzata, i materiali innovativi, la cybersicurezza e le tecnologie spaziali, che non solo definiscono i paradigmi futuri dell’economia e della società, ma determinano anche equilibri geopolitici e industriali globali.
Proprio per questo, l’UE ha lanciato nel 2024 l’iniziativa STEP – in italiano “Progresso Europeo nella Scienza e Tecnologia” – come risposta strategica alla necessità di sviluppare capacità endogene e autonome in questi settori chiave. Il programma STEP ha l’obiettivo di rafforzare le filiere europee, ridurre la dipendenza da Paesi terzi, promuovere investimenti pubblici e privati in ricerca e innovazione, e creare un quadro normativo e finanziario favorevole alla nascita e crescita di imprese altamente tecnologiche.
Una delle priorità principali del programma è garantire la “sovranità tecnologica” dell’Europa, cioè la capacità del continente di controllare, sviluppare e utilizzare in modo autonomo le tecnologie più avanzate, senza essere vulnerabile rispetto a forniture esterne o vincoli normativi non europei. Ciò implica non solo investimenti nei centri di ricerca e nei poli industriali, ma anche una visione strategica condivisa tra istituzioni, imprese, università e Stati membri.
Nel quadro STEP, particolare attenzione è stata riservata all’intersezione tra tecnologie e difesa, in un’ottica di sicurezza integrata. Le tecnologie critiche sono infatti essenziali anche per garantire la resilienza delle infrastrutture, la protezione dei dati e la capacità di risposta a minacce ibride, cyber e militari.
Un altro pilastro fondamentale dell’iniziativa riguarda la dimensione formativa e occupazionale. STEP promuove percorsi di alta formazione tecnica e scientifica, dottorati industriali, mobilità dei ricercatori e programmi di upskilling rivolti sia ai giovani che ai lavoratori in transizione. L’obiettivo è costruire una forza lavoro altamente qualificata, capace di operare con competenze avanzate in settori in continua evoluzione.
Infine, l’iniziativa STEP si inserisce in un contesto globale caratterizzato da una competizione sempre più serrata tra grandi potenze tecnologiche.
Bonus g I ovan I under 35 e Bonus donne
Il governo italiano ha recentemente varato due importanti misure volte a incentivare l’occupazione nelle fasce di popolazione più esposte alla precarietà e alla marginalità del mercato del lavoro: il Bonus giovani under 35 e il Bonus donne. d ue strumenti distinti ma complementari, pensati per sostenere l’inserimento lavorativo attraverso sgravi contributivi a favore delle imprese che assumono, e che si inseriscono in un contesto socioeconomico in cui la disoccupazione giovanile e femminile rappresenta ancora una delle principali criticità strutturali del Paese.
L’Italia, infatti, presenta tassi di inattività tra i più alti d’europa proprio nelle fasce d’età più giovani e tra le donne, soprattutto nel Mezzogiorno. Intervenire su queste aree significa quindi non solo correggere una distorsione del mercato, ma anche valorizzare un potenziale umano, produttivo e sociale ancora ampiamente inespresso.
Il Bonus giovani under 35 consiste in uno sgravio totale dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel corso del 2024 e del 2025. Il beneficio è riconosciuto per un massimo di 36 mesi, elevabile a 48 mesi nel caso in cui l’assunzione avvenga in una regione del Mezzogiorno. Il valore massimo dello sgravio è fissato in 800 euro mensili per ciascun lavoratore. L’incentivo riguarda esclusivamente i giovani fino al compimento dei 35 anni che non siano mai stati occupati a tempo indeterminato. Il vincolo dell’assenza di rapporti stabili pregressi è pensato per evitare che il bonus venga utilizzato per sostituire contratti esistenti con altri agevolati, mantenendo così l’effetto “netto” sull’occupazione.
Il Bonus donne, invece, è rivolto a lavoratrici appartenenti a categorie svantaggiate, come le disoccupate da oltre 12 mesi residenti in regioni svantaggiate, le donne di qualsiasi età prive di impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi, oppure da almeno 6 mesi se operano in settori caratterizzati da forte disparità di genere. anche in questo caso l’incentivo si traduce in un esonero contributivo, pari al 100% per le assunzioni a tempo indeterminato, con un tetto
massimo di 650 euro mensili, e con una durata di 12 mesi estendibile a 18 in caso di stabilizzazione. L’obiettivo è duplice: da un lato incentivare le imprese ad assumere donne che altrimenti rischierebbero di rimanere fuori dal mercato del lavoro, dall’altro contribuire al riequilibrio delle opportunità di genere, in linea con le priorità trasversali del Pnrr
entrambi i bonus si inseriscono in una cornice normativa più ampia, che include le politiche attive del lavoro, i programmi di formazione e riqualificazione, il rafforzamento dei centri per l’impiego e l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Le agevolazioni non si applicano in modo automatico, ma richiedono una procedura telematica da parte del datore di lavoro, che deve dimostrare il rispetto dei requisiti previsti e presentare apposita domanda all’InPs
L’Istituto verifica la disponibilità delle risorse, il rispetto dei limiti individuali e aziendali e autorizza l’applicazione dell’incentivo secondo criteri di priorità cronologica.
secondo le stime del Ministero del Lavoro, queste misure potrebbero generare tra le 250.000 e le 300.000 assunzioni agevolate nei prossimi due anni, con una prevalenza di contratti stabili nelle regioni meridionali, dove gli incentivi risultano ancora più vantaggiosi. Il potenziale impatto macroeconomico delle misure è rilevante: l’incremento dell’occupazione giovanile e femminile può infatti tradursi in una maggiore crescita del PIL, in un rafforzamento della coesione sociale e in un miglioramento della sostenibilità del sistema previdenziale.
Inoltre, incrementare il tasso di partecipazione al lavoro delle donne e dei giovani è anche uno degli obiettivi chiave raccomandati dalla Commissione europea nel quadro del semestre europeo, nonché un indicatore critico del piano nazionale di riforme.
Tuttavia, restano alcune criticità. gli incentivi contributivi, sebbene utili, rischiano di produrre effetti temporanei se non accompagnati da una reale capacità delle imprese di assorbire nuova manodopera. In passato, molti strumenti simili si sono esauriti in un semplice effetto sostituzione, con imprese che assumevano a condizioni
agevolate per poi non stabilizzare i rapporti una volta terminato il beneficio. Per evitare questo rischio, il governo ha previsto controlli più stringenti, clausole di mantenimento dell’occupazione e penalizzazioni in caso di cessazioni non giustificate. Inoltre, si sta lavorando a un rafforzamento del monitoraggio ex post, in collaborazione con InPs e anPaL, per valutare la reale efficacia delle misure e correggere eventuali distorsioni.
Le associazioni datoriali e le organizzazioni sindacali hanno espresso apprezzamento per l’impianto generale dei bonus, pur chiedendo maggiore chiarezza operativa e semplificazione delle procedure. Confindustria, in particolare, ha sottolineato come il Bonus under 35 possa rappresentare un’opportunità concreta per le imprese in fase di crescita, soprattutto nei settori a elevato contenuto innovativo, dove la domanda di competenze digitali e tecnologiche è in forte aumento.
al tempo stesso, la CgIL e altri sindacati hanno richiesto che gli incentivi non diventino uno strumento di precarizzazione, ma vengano vincolati a percorsi di stabilizzazione reale, con contratti di qualità e diritti pienamente riconosciuti.
un altro aspetto da considerare riguarda la compatibilità delle due misure con altri strumenti esistenti. Il Bonus giovani e il Bonus donne possono essere cumulati con altri incentivi, come il credito d’imposta per le nuove assunzioni al sud o gli aiuti previsti dal programma goL, ma solo entro i limiti imposti dalla normativa europea sugli aiuti di stato. Questo rende il quadro potenzialmente vantaggioso, ma anche complesso, e richiede una buona capacità gestionale da parte delle imprese, soprattutto di quelle piccole e medie, per orientarsi tra le diverse opzioni disponibili.
In definitiva, le misure rappresentano un passo importante nella direzione di una politica del lavoro più inclusiva, mirata e orientata alla valorizzazione del capitale umano. Incentivare l’occupazione giovanile e femminile significa agire su due delle leve più strategiche per il futuro del Paese, sia in termini economici che sociali. s e ben implementate, queste misure
potranno contribuire a una crescita più equa, resiliente e sostenibile, riducendo i divari territoriali e generazionali e favorendo un mercato del lavoro più dinamico e inclusivo. Il successo dipenderà però dalla capacità di integrare gli incentivi con un sistema di politiche attive efficiente, con un quadro normativo stabile e con un tessuto imprenditoriale pronto a investire nelle persone, non solo nei costi.
auu : L’o sservaTor I o I n P s Con I daTI d I a P r IL e 2025
L’osservatorio statistico dell’InPs ha pubblicato i dati aggiornati relativi all’a ssegno u nico universale (auu) per il mese di aprile 2025, offrendo un quadro dettagliato dell’andamento di una delle principali misure di sostegno al reddito per le famiglie italiane. I dati confermano l’importanza crescente di questo strumento, che nel primo trimestre del 2025 ha raggiunto circa 6 milioni di nuclei familiari, per un totale di circa 9,6 milioni di figli beneficiari. L’importo complessivo erogato nel periodo gennaio-marzo 2025 è stato pari a 4,9 miliardi di euro, segno dell’impatto strutturale che l’auu ha assunto nel welfare nazionale.
L’assegno unico universale, entrato in vigore nel marzo 2022, rappresenta una svolta significativa nella politica familiare italiana, poiché ha unificato e razionalizzato una serie di prestazioni precedenti (come gli assegni familiari, le detrazioni per figli a carico e il bonus bebè), rendendo il sistema più semplice, equo e accessibile.
La sua struttura modulare, legata all’Isee del nucleo familiare, consente di tarare il beneficio in modo progressivo: l’importo dell’assegno mensile varia in base alla condizione economica della famiglia, al numero dei figli e alla presenza di eventuali disabilità.
n el 2024, le erogazioni complessive legate all’auu hanno raggiunto quota 19,8 miliardi di euro, in netta crescita rispetto ai 18,2 miliardi del 2023 e ai 13,2 miliardi del primo anno di operatività della misura. Questo andamento crescente evidenzia una maggiore copertura, un ampliamento della platea dei beneficiari e, al contempo, una maggiore consapevolezza da
parte dei cittadini nell’accesso a uno strumento ormai ritenuto essenziale per sostenere i costi legati alla genitorialità.
u n aspetto interessante messo in luce dall’o sservatorio riguarda le modalità di presentazione delle domande. La maggior parte delle richieste avviene ancora tramite i patronati, che svolgono un ruolo centrale nel supporto amministrativo, ma una percentuale consistente di cittadini si affida anche ai canali digitali diretti offerti dall’InPs. nel mese di gennaio 2024, ad esempio, su circa 101.000 nuove domande presentate, oltre 39.000 sono arrivate direttamente dai cittadini attraverso il sito dell’Istituto, mentre circa 58.000 sono state veicolate dai patronati. Il restante è stato gestito attraverso cooperative applicative e il contact center multicanale. Questo dimostra l’importanza dell’infrastruttura digitale e dell’assistenza territoriale nel rendere efficace la misura su larga scala.
dal punto di vista territoriale, i dati continuano a confermare una maggiore incidenza dell’auu nelle regioni del Mezzogiorno, dove la combinazione tra un numero più elevato di figli per nucleo e valori Isee mediamente più bassi fa sì che gli importi percepiti siano tendenzialmente più alti rispetto alle regioni del Centro-nord. si tratta di un riflesso della funzione perequativa dell’auu, che intende proprio ridurre i divari economici e promuovere una maggiore equità sociale tra i territori.
significativa è anche la componente dedicata ai figli con disabilità. L’auu, a differenza di molte misure precedenti, riconosce un sostegno economico per i figli disabili anche oltre la maggiore età, senza limiti di età massima, e prevede una maggiorazione dell’importo. Questa scelta ha contribuito a rafforzare il carattere universalistico e inclusivo della misura, rispondendo ai bisogni di famiglie spesso più esposte alla fragilità economica e alla necessità di assistenza continuativa.
Il successo dell’auu non è però solo quantitativo, ma anche qualitativo. secondo l’InPs e numerosi osservatori indipendenti, l’introduzione dell’assegno ha contribuito a semplificare le relazioni tra cittadini e pubblica amministrazione,
grazie a una struttura snella e a una piattaforma telematica efficiente. Il sistema prevede infatti, per i beneficiari già in possesso dei requisiti, il rinnovo automatico della prestazione, rendendo più fluido l’accesso ai fondi.
Inoltre, la possibilità di ottenere l’assegno anche in assenza dell’Isee (con importo minimo) ha garantito una copertura pressoché universale, con benefici tangibili anche per quei nuclei che tradizionalmente rimanevano esclusi dai circuiti del welfare.
r estano però alcuni elementi critici su cui riflettere. In particolare, la misura, pur rappresentando un importante aiuto, non è ancora riuscita a incidere in modo strutturale sui trend demografici negativi che affliggono il Paese. La natalità continua a registrare livelli molto bassi e, secondo l’Istat, nel 2024 sono nati poco più di 380.000 bambini, uno dei dati più bassi di sempre. Ciò indica che, sebbene l’auu allevi il peso economico per le famiglie con figli, da solo non basta a invertire la tendenza. È necessario che venga affiancato da un insieme più ampio e organico di politiche per la famiglia, come il potenziamento dei servizi per l’infanzia, il sostegno alla conciliazione lavoro-vita privata, l’estensione dei congedi parentali e l’accesso agevolato alla casa.
In definitiva, i dati pubblicati dall’InPs per aprile 2025 confermano la centralità dell’assegno unico u niversale come strumento di sostegno e redistribuzione. La misura è riuscita in poco più di tre anni a imporsi come una delle più importanti innovazioni nel campo del welfare familiare, contribuendo a ridurre le diseguaglianze e a rafforzare la coesione sociale. resta ora la sfida di consolidarne i risultati, migliorarne ulteriormente la gestione e inserirla in una strategia di lungo periodo capace di rendere l’Italia un Paese più favorevole alla natalità, alla genitorialità e all’inclusione.
un ulteriore aspetto degno di nota riguarda il monitoraggio e la trasparenza dei dati, che rappresentano una delle principali innovazioni del nuovo impianto dell’auu g razie all’o sservatorio I n P s , le famiglie, i decisori pubblici, i ricercatori e gli enti del terzo settore hanno accesso a informazioni aggiornate,
P I ano T r I enna L e P er L a P revenz I one 20252027, I P ross IMI o BI e TTI v I de LL’Ina IL
delineare gli obiettivi prioritari che l’Inail si propone di raggiungere nel prossimo triennio individuando e applicando politiche di prevenzione e di sviluppo della cultura della salute e della sicurezza sul lavoro a tutti i livelli, in linea con la strategia europea 2021-2027 e con l’agenda onu 2030. È la finalità del Piano triennale per la prevenzione Inail 2025-2027, approvato dal Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dell’Istituto con la delibera n.7 del 13 maggio, che fa seguito alla deliberazione in tema formulata dal Consiglio di amministrazione a marzo scorso.
Lo scenario di riferimento e le nuove sfide. suddiviso in sei parti, il Piano espone tramite singoli programmi una descrizione organica delle azioni da svolgere. Partendo dalla prima parte, in cui si analizza il contesto di riferimento, il documento considera la prevenzione come un insieme di azioni coordinate e integrate per assicurare condizioni di lavoro sicure e tutelare i lavoratori attraverso politiche di welfare e misure rispettose dell’ambiente e dei diritti di cittadinanza. riepiloga le leggi principali e le direttive internazionali, che si basano sul Total Worker Health (TWH) riscontrabile anche nell’agenda onu e nel Pilastro europeo dei diritti sociali ue del 2017. si sofferma sulla domanda crescente di nuove forme di occupazione e sulle sfide che interpellano il mondo del lavoro: invecchiamento della popolazione, nuovi rischi derivanti dalla transizione verde e da quella digitale, innovazione sviluppata da intelligenza artificiale e robotica.
Compiti e funzioni dell’Inail nel sistema di prevenzione. Più centrata sul ruolo dell’Istituto nel sistema istituzionale di salute e sicurezza, così come delineato dal decreto legislativo 81/2008, è la seconda parte del testo. vengono riepilogati analiticamente i compiti dell’Istituto in ambito nazionale e internazionale, che vanno dalle funzioni consultive e tecniche in Comitati nazionali e regionali e alla partecipazione a tavoli istituzionali e gruppi di lavoro alla validazione di buone prassi, dalla promozione e gestione dei progetti di prevenzione attraverso iniziative come il bando Isi alla rappresentanza nazionale in organismi sovranazionali come eu- osha.
numeri e linee di intervento. I dati statistici recenti su infortuni e malattie professionali, desunti da archivi e repertori curati dalla Consulenza statistica attuariale dell’Istituto, sono riassunti nella terza parte, mentre alle linee di intervento di risposta alle sfide globali è dedicata la quarta parte del Piano. Interventi specifici sintetizzati in azioni di promozione della sicurezza, specialmente verso i giovani, con campagne comunicative e progetti formativi; in strategie di adattamento alle transizioni in corso, integrando la prevenzione con le politiche ambientali; nell’osmosi fra attività di ricerca e di prevenzione per soluzioni innovative, in particolare per le piccole e medie imprese; in interventi mirati in settori produttivi particolarmente critici e ad alto rischio infortunistico.
n ormativa e attività di informazione e divulgazione. nella normativa, che dà inizio alla quinta parte del testo, si ribadisce la collaborazione con l’Ispettorato nazionale del lavoro e con la Conferenza delle regioni e delle Province autonome per l’accesso agli applicativi dell’Istituto su flussi informativi, esposizioni e registro infortuni. si evidenzia il ruolo dell’Inail nelle attività di normazione e di certificazione, ricordando la cooperazione dell’Istituto alla stesura delle norme tecniche uni, l’ente italiano di normazione, e la partecipazione alle attività di accredia, l’ente di accreditamento degli organismi di valutazione di conformità a norme tecniche volontarie. Tra le iniziative di divulgazione, viene citato il supporto all’attuazione dei Piani nazionali di prevenzione in vari settori produttivi, le iniziative itineranti per la promozione della sicurezza, la collaborazione con il Cnel, la sottoscrizione di accordi e protocolli con enti pubblici, amministrazioni, collegi e ordini professionali, le campagne informative sui canali stampa tradizionali e social, la presenza a fiere e manifestazioni nazionali e internazionali.
Formazione e sostegno alle imprese. Il valore strategico della formazione viene ripercorso nelle diverse attività in tema, indirizzate prioritariamente alle figure aziendali della prevenzione. Il Piano indica le attività formative indirizzate ai dipendenti pubblici e quelle destinate al mondo scolastico, riassunte annualmente nel dossier scuola curato dall’Inail,
e quelle oggetto dell’avviso pubblico 2024, che ha erogato 24 milioni di euro per progetti integrati di formazione e informazione. d el sostegno alle aziende, infine, viene ribadita l’importanza del bando Isi, che finanzia interventi migliorativi per la prevenzione, con la valutazione dell’impatto e degli effetti complessivi. s i sottolinea, inoltre, l’attività di assistenza e consulenza attraverso il dialogo con le parti sociali e la realizzazione di linee di indirizzo per l’applicazione dei Modelli di organizzazione e gestione (Mog) e dei sistemi di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (sgsl)
L’attuazione del Piano sul territorio. alla pianificazione delle attività in ambito territoriale è dedicata la sesta e ultima parte del Piano, che descrive le azioni che le direzioni regionali e provinciali dell’Istituto sono chiamate a sviluppare autonomamente in partnership con enti istituzionali e con altri soggetti portatori di interessi legittimi. sono previste, in particolare, sinergie con regioni e Province autonome, con cui affrontare la tematica dei rischi nuovi ed emergenti, e collaborazioni con atenei e uffici scolastici regionali per l’attuazione di progetti formativi a favore di studenti Its academy e di quelli impegnati nei Percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento (Pcto).
Completano il Piano due allegati. Il primo raccoglie le schede dei protocolli stipulati con grandi gruppi industriali, con enti e amministrazioni pubbliche e con associazioni datoriali e sindacali, mentre il secondo riporta un’appendice normativa della legislazione vigente e della normazione tecnica relativa ai rischi infortunistici, a quelli per la salute e trasversali, e ai rischi connessi alle evoluzioni economiche e produttive.
Cond I v I do: un P roge TTo Ina IL P er L a P revenz I one deg LI I n F or T un I ne LL e PMI T ra MIT e L'ana LI s I de I near MI ss
Il progetto di ricerca Condivido, attivato da Inail in collaborazione con università e s ervizi di prevenzione asl nei luoghi di lavoro, si concentra sull'analisi dei near miss (mancati infortuni) per migliorare la sicurezza, in particolare nelle Pmi. grazie a una piattaforma online, si promuove la collaborazione tra pubblico e privato nel
miglioramento della sicurezza sul lavoro. una pubblicazione curata dal d ipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’Inail ( d imeila) presenta l’iniziativa.
analisi dei near miss: una nuova frontiera nella prevenzione. Il progetto Condivido si concentra sull'analisi dei near miss, ossia mancati infortuni che, pur non causando danni ai lavoratori, segnalano potenziali rischi sul luogo di lavoro. si tratta di eventi sentinella che rappresentano indicatori attendibili per identificare e mitigare rischi talvolta latenti, soprattutto nelle piccole e medie imprese (Pmi), dove le risorse per la sicurezza possono essere limitate e necessitano di un supporto sistematico.
Collaborazione tra pubblico e privato per una sicurezza partecipativa. Condivido promuove lo sviluppo di reti collaborative tra il sistema pubblico e privato, coinvolgendo università, servizi di prevenzione asl e gli organismi che a vario titolo supportano le imprese. Questa sinergia mira a sviluppare metodologie e strumenti efficaci per la rilevazione e l'analisi dei near miss, facilitando la condivisione delle informazioni e il miglioramento continuo delle pratiche di sicurezza negli ambienti di lavoro.
una piattaforma innovativa per la gestione del rischio. al centro del progetto Condivido c'è una piattaforma gestionale sviluppata dall'università del salento, che consente alle aziende ed ai propri organismi rappresentativi di segnalare e analizzare i near miss in modo riservato e strutturato attraverso l’adozione di un modello di analisi. I dati raccolti puntano altresì ad alimentare un repertorio nazionale che possa supportare la programmazione di interventi mirati di prevenzione, contribuendo ad una cultura della sicurezza più consapevole e proattiva.
Prospettive future e sostenibilità del progetto. Il progetto Condivido prosegue le sue attività dopo essere stato avviato e sperimentato nei precedenti Piani delle attività di ricerca Inail (Par 2019-2021 e 2022-2024). L'obiettivo è consolidare e ampliare l'applicazione dei modelli sviluppati, garantendo la sostenibilità e l'efficacia delle azioni intraprese. attraverso la continua collaborazione tra istituzioni, imprese e parti sociali, Condivido
rappresenta un passo significativo verso una gestione più efficace dei rischi sul lavoro ed una maggiore diffusione della cultura della sicurezza.
L’innovazione principale di “Condivido” sta nella creazione di una piattaforma digitale di raccolta e analisi condivisa dei dati sui near miss, attraverso cui le imprese possono segnalare in modo strutturato questi eventi e ottenere strumenti concreti per migliorare le proprie pratiche di sicurezza. Il progetto incoraggia quindi una logica di prevenzione proattiva: il near miss viene interpretato non come un evento trascurabile, ma come un’occasione di apprendimento organizzativo e di prevenzione futura.
Il modello tecnico-organizzativo elaborato da Inail per supportare le aziende in questa attività è stato sperimentato in comparti a elevato rischio come quello manifatturiero, con risultati promettenti. Il punto di forza è la scalabilità del modello: anche le imprese più piccole, spesso prive di una struttura Hse interna, possono adottare un sistema snello ed efficace di rilevazione, analisi e risposta ai quasi infortuni, rafforzando così la loro resilienza organizzativa.
a livello culturale, “Condivido” intende promuovere un cambiamento profondo nella percezione del rischio: dalla reattività all’evento all’anticipazione del pericolo. In questa prospettiva, la partecipazione attiva dei lavoratori è cruciale, perché sono spesso loro i primi a individuare situazioni anomale. Il coinvolgimento degli operatori, favorito da percorsi formativi ad hoc e strumenti di segnalazione accessibili, diventa quindi un tassello fondamentale del processo di prevenzione.
Can TI ere senza F ron TI ere. For Maz I one e I nnovaz I one P er L a s IC urezza senza B arr I ere
nell’ambito del Workers memorial day, mercoledì 7 maggio si è tenuto il convegno “Cantiere senza frontiere - formazione e innovazione per la sicurezza senza barriere” per promuovere la sicurezza dei lavoratori del settore edile.
Il progetto esperanto e l’intelligenza artificiale. nell’incontro Inail Lombardia ha promosso il progetto “ e speranto – avatar multilingue”,
realizzato in collaborazione con l'ente unficato formazione e sicurezza (esem-cpt) e l'agenzia per la tutela della salute della città di Milano (ats Milano) con l’obiettivo di un impegno comune verso l’effettiva tutela dei lavoratori stranieri presenti nel settore costruzioni, eliminando le barriere linguistiche nella fruizione della formazione e dell’informazione in tema di comportamenti sicuri e di prevenzione del rischio, utilizzando l’intelligenza artificiale con un linguaggio semplice e immediato e la realtà virtuale.
Bais: “L’uso di tecnologie immersive per la prevenzione e la percezione del rischio”. “Con il progetto esperanto - dichiara il vicario del direttore regionale, daniele Bais - Inail Lombardia, esem Cpt e ats Milano mirano al comune obiettivo di riduzione degli infortuni nel settore dell’edilizia, settore in fase di espansione e ad alto rischio infortunistico, ancor più in vista dell’evento olimpico Milano-Cortina 2026 e della realizzazione delle grandi opere edili correlate al Pnrr. Per sensibilizzare i lavoratori del settore edile sull’importanza di comportamenti sicuri nei luoghi di lavoro, in particolare quelli stranieri, informandoli su tematiche trasversali, il progetto mette in campo nuovi strumenti di comunicazione con la sperimentazione di scenari reali e diversi grazie all’uso di tecnologie immersive e alla creazione di un avatar virtuale per la traduzione in dieci lingue diverse, con meccanismi di adattamento culturale e linguistico per potenziare l’efficacia della comunicazione nella percezione e prevenzione del rischio.”
"Cantiere senza frontiere. Formazione e innovazione per la sicurezza senza barriere" è un progetto promosso da Inail con l’obiettivo di migliorare la sicurezza nei cantieri edili attraverso l’inclusione, la formazione e l’innovazione tecnologica. L’iniziativa mira a superare le barriere linguistiche, culturali e fisiche che spesso ostacolano l’adozione di comportamenti sicuri da parte dei lavoratori, in particolare quelli stranieri o con disabilità. Il progetto prevede l’utilizzo di strumenti didattici innovativi, come la realtà aumentata e la gamification, e punta a creare un modello formativo replicabile in diversi contesti del settore costruzioni, contribuendo alla diffusione di una cultura della sicurezza più inclusiva e partecipata.
FonTe InForMazIonI
PMI ITa LI ane T ra r IP resa e I n C er T ezza: segna LI P os ITI v I e nuove s FI de a Magg I o 2025
nel mese di maggio 2025, le piccole e medie imprese italiane si trovano al centro di un contesto economico in evoluzione, caratterizzato da segnali di ripresa ma anche da nuove sfide da affrontare. I dati più recenti indicano un miglioramento nell'attività manifatturiera, con l'indice PMI che ha raggiunto 49,4 punti, il livello più alto degli ultimi 33 mesi . Questo incremento suggerisce una graduale uscita dalla fase di contrazione, anche se il settore rimane ancora al di sotto della soglia di crescita.
Parallelamente, il settore dei servizi continua a mostrare una crescita sostenuta, con l'indice PMI che si attesta a 52,9 punti, segnando il quinto mese consecutivo di espansione . Questo andamento positivo contribuisce a rafforzare la fiducia delle imprese e a stimolare l'attività economica nel suo complesso.
Tuttavia, le PMI devono confrontarsi con nuove normative e cambiamenti nel panorama economico. La strategia dell'unione europea per il Mercato unico, ad esempio, introduce una nuova definizione di piccola impresa a media capitalizzazione, estendendo alcune agevolazioni previste per le PMI. Questa modifica ha suscitato preoccupazioni tra le associazioni imprenditoriali italiane, come Confartigianato e C na , che temono una possibile riduzione dei benefici per le micro e piccole imprese .
Inoltre, la chiusura anticipata dello sportello per le agevolazioni del programma "Investimenti sostenibili 4.0", avvenuta il 21 maggio a causa dell'esaurimento delle risorse finanziarie, evidenzia l'elevata domanda di supporto da parte delle PMI e la necessità di ulteriori interventi per sostenere gli investimenti in innovazione e sostenibilità .
In questo scenario, le PMI italiane sono chiamate a navigare tra opportunità di crescita e nuove sfide regolamentari, mantenendo la capacità di adattamento e l'attenzione alle evoluzioni del mercato per consolidare la ripresa e garantire una crescita sostenibile nel medio-lungo termine. Le politiche a sostegno delle PMI, sebbene
numerose e articolate, mostrano ancora margini di miglioramento sul piano della tempestività e dell’accessibilità. In molti casi, le imprese segnalano difficoltà nel comprendere i meccanismi di accesso ai bandi e lamentano la burocrazia che rallenta l’effettiva erogazione dei fondi. Questo ritardo rischia di compromettere l’efficacia degli strumenti messi in campo, soprattutto in un momento in cui l’adattamento alle transizioni digitale e green richiede investimenti rapidi e mirati. anche la formazione rappresenta una leva strategica che deve essere maggiormente integrata nei programmi di sostegno: senza competenze aggiornate, soprattutto in ambito tecnologico, la competitività delle PMI rischia di essere erosa.
un altro tema centrale per le PMI riguarda l’accesso al credito. nonostante le condizioni macroeconomiche stiano migliorando, le piccole imprese continuano a incontrare ostacoli nel dialogo con il sistema bancario, anche a causa dei criteri di rating e dei vincoli imposti dalla normativa europea. In questo contesto, il ruolo del Fondo di garanzia per le PMI si conferma essenziale, ma molti operatori auspicano un suo rafforzamento e una maggiore integrazione con gli strumenti di finanza alternativa, come il venture capital o i minibond. rafforzare il sistema di supporto finanziario, snellire le procedure e investire nella cultura d’impresa sono dunque le condizioni minime per permettere alle PMI italiane di non perdere il passo rispetto ai competitor europei e internazionali.
s C adenze PMI g I ugno 2025
nel mese di giugno 2025, le piccole e medie imprese italiane si trovano a dover affrontare diverse scadenze fiscali e contributive di rilievo, che richiedono particolare attenzione per evitare sanzioni e ritardi. già nei primi giorni del mese, il 3 giugno rappresenta una data importante: è infatti il termine entro cui deve essere inviata la comunicazione delle liquidazioni periodiche Iva relative al primo trimestre dell’anno. sempre in questa data, le imprese che superano la soglia di 5.000 euro devono versare l’imposta di bollo sulle fatture elettroniche emesse nel periodo, mentre chi aderisce al regime one stop shop deve provvedere alla dichiarazione e al versamento Iva relativi al mese di aprile. Inoltre, le aziende
coinvolte nella compravendita di carburanti devono trasmettere i corrispettivi relativi ad aprile.
a metà mese, il 15 giugno, scade il termine per l’emissione e la registrazione delle fatture differite riferite ai beni consegnati o spediti nel mese precedente. Il giorno seguente, il 16 giugno, è previsto un appuntamento particolarmente denso di scadenze: le imprese con liquidazione Iva mensile devono versare l’imposta relativa a maggio, così come devono essere versate le ritenute alla fonte su redditi da lavoro dipendente, autonomo e altre tipologie di reddito corrisposti nel mese precedente. È inoltre la data entro cui i datori di lavoro devono effettuare il pagamento dei contributi previdenziali InPs relativi a maggio. sempre il 16 giugno, chi possiede immobili deve effettuare il versamento dell’acconto IMu per il 2025, mentre le attività soggette devono pagare l’imposta sugli intrattenimenti relativa al mese precedente.
verso fine mese, il 25 giugno rappresenta la scadenza per la presentazione degli elenchi Intrastat mensili, che riguardano le operazioni di acquisto e vendita intracomunitaria realizzate nel mese di maggio. Infine, il 30 giugno si concentra una serie di adempimenti fondamentali: le imprese devono versare il saldo delle imposte sui redditi riferite all’anno 2024, nonché il primo acconto per il 2025. sempre entro questa data è prevista la quarta rata del pagamento concordato preventivo biennale per chi ha aderito a questo regime. Inoltre, le imprese che gestiscono distributori di carburante devono trasmettere i dati dei corrispettivi di maggio, mentre altri soggetti, come enti non commerciali e agricoltori esonerati, devono effettuare il versamento Iva intracomunitaria. Infine, anche le imprese assicurative devono comunicare i dati delle somme liquidate nel periodo.
In un quadro così complesso e fitto di scadenze, diventa fondamentale per le PMI affidarsi a consulenti fiscali e professionisti di fiducia, in modo da garantire una gestione puntuale e corretta degli obblighi, evitando errori che possono comportare sanzioni e difficoltà amministrative. La conoscenza anticipata dei termini e una buona organizzazione interna rappresentano strumenti indispensabili.