Pizza e Pasta Italiana - Aprile 2024

Page 1

04
anno
XXXV 2024 aprile

Demetra p. 27

Di Marco Corrado Srl p. 37

Dr. Zanolli p. 33

Familia p. 53

Ferrero p. 29

Cibus p. 10

Gi Metal p. 105

Gam International p. 85

GFI Ovens p. 66-67

Il Granaio delle Idee p.81

Galbani p. 132

La Torrente p. 131

Lilly Codroipo p. 3

Millberg p. 109

Molino Agugiaro p. 23

Scuola Italiana Pizzaioli Srl p. 11 - 121

Molino Cosma p. 57

Molino Casillo Spa p. 71

Molino Dalla Giovanna p. 115

Molino Magri p. 89

Molino Naldoni p.113

Molino Pasini p. 7

Mulino Sul Clitunno p. 61

Refrattari Valoriani p. 47

Rinaldi Superforni p. 21

Sacar Srl p. 19

Sanfelici p. 75

Solania Srl p. 127

Sorì Italia p. 2

Sitta p. 79

Industria Alimentare Tanagrina Srl p. 99

Sunmix Srl p. 125

Molecola p. 13

Vito Italia p. 103

Waico p. 93

— Sommario — AZIENDE 6 editoriale di Antonio Puzzi 8-10 gli eventi del mese Gli eventi del mese Speciale Pizza World Forum a cura della redazione 12 pizza news a cura della redazione Replicabilità e Diversità della Pizza: 3 letture della contemporaneità di Ferraina, Jacobone, Del Forno Pizza Girls, dove la pizza è femmina di Giusy Ferraina 4 pizza e pasta italiana aprile 2024 34 48 14 18 Il “genere” in pizzeria di Giampiero Rorato 24 La cucina italiana sarà patrimonio dell'umanità? Dialogo tra Alfonso Pecoraro Scanio e Noemi Caracciolo 44 Luca e Tommaso sono gli “Emergenti” 2024 a Colorno Le Finali di Emergentepizza a cura della Redazione Sotto il segno del pomodoro: storie di pizza e di sfide golose di Antonio Puzzi Afinox p. 39 Ab Mauri p. 101 Arcabox p. 55
Bruciatori p. 65 Cerutti Inox p. 31 Cuppone p. 17
Avanzini
5 sommario 52 slow food Mareme Cisse di Noemi Caracciolo 58 ristorazione domani Il pane al ristorante e in pizzeria di Giampiero Rorato 62 La Omnichannel Customer Experience nella ristorazione di Domenico Maria Jacobone 68 la birra Selezionatori di birre per il tuo ristorante: affidabilità e qualità al primo posto di Alfonso Del Forno 72 E se il pub del futuro fosse senza alcol? di Giusy Ferraina 102 gluten free Tre straordinarie pizze senza glutine a primavera di Alfonso Del Forno 106 prodotti Distillati: li conosci davvero? di Caterina Vianello 110 prodotti Parmigiano Reggiano di Caterina Vianello 116 28 Pastai di N.C. 124 posta dei lettori Menù Engineering di Domenico Maria Jacobone 128 un libro al mese Raddoppiamo! a cura della redazione le aziende informano Zanolli p. 32 Mecnosud p. 42-43 Il Granaio delle Idee p. 80 Molino Dalla Giovanna p. 114 Hungexpo p. 120 76 storie di pizza Il pizzatore. Errico Porzio di Noemi Caracciolo 82 storie di pizza Perugia Contemporanea da Andrea di Diego Diomedi 86 storie di pizza Un “Leone” dalla Puglia a Varese Leone Coppola di Noemi Caracciolo 90 storie di pasticceria Seven Bakery Patrizia Pragliola e la sua pasticceria che vale mille e un babà di Antonio Puzzi 94 Il Sigep... a mente fredda a cura della redazione 96 salute Pizza salutare di Marisa Cammarano

COLOPHON

Editoriale

Se c’è una cosa che ho imparato dai miei studi in materia socioantropologica, è che ci sono tanti modi di vedere le cose: nel tempo, mi sono accorto che quella che viene definita la “grande narrazione”, ossia quella tendenza a raccontare in ordine preciso gli avvenimenti seguendo un punto di vista soggettivo, ha senso solo nelle storie dei vincitori. Ma quando c’è un avvenimento che viviamo “in prima linea” esistono davvero vincitori e vinti?

C’è davvero chi ha torto e chi ha ragione?

In un articolo recentemente apparso su un noto blog e ripostato sui social, una chef ha dichiarato che la ristorazione non è fatta per lavorare 8 ore al giorno ma molte di più, perché è un lavoro da fare per amore. Tra i commenti Facebook, ho trovato quello di uno “stellato” che ha scritto di non essere d’accordo perché la vita è una e va vissuta anche da chi cucina per professione senza dover per forza rinunciare ai propri affetti. Questa diatriba è a tutti voi ben nota e ha assunto dimensioni importanti nel periodo post-Covid: inutile chiedersi da che parte stia la verità perché (purtroppo o per fortuna) ciascuno ha la propria. Sapete ormai come la penso ma ho sentito spesso cuoch* e pizzaiol* dire che non possono abdicare a tutto per stare con qualcun* che non capisce che quel lavoro è la loro vita. E spesso le vie di mezzo non sono contemplabili. Non è un caso, allora, che il “jet-set del food” sia fatto da chi condivida questa vita con la propria famiglia (insieme o su percorsi paralleli) o, sul versante opposto, da chi si senta emozionalmente libero. Anche in questo caso, è opportuno chiedersi: c’è davvero chi ha torto e chi ha ragione?

In questo numero di Pizza e Pasta che esce in concomitanza con il XXXI Campionato mondiale della Pizza di Parma, andiamo allora “oltre il giudizio” e, anticipando i temi del Pizza World Forum che svolgeremo proprio al Campionato, proviamo a raccontare un mondo della pizzeria e della ristorazione di prossimità accogliente, etico e inclusiva che tenga conto delle diversità di opinione, di pensiero, di genere, di abilità. E che non abbia necessariamente vincitori e vinti, perché le classifiche durano un soffio, la felicità – si spera –tutta una vita.

Buon Campionato a tutt*!

nio

PIZZA E PASTA ITALIANA

Mensile di Pizza, Pasta, Enogastronomia e Cultura

Edito da PIZZA NEW S.p.A.

Autorizzazione Tribunale di Venezia n.1019 del 02/04/1990

Anno XXXV - n.4 aprile 2024 - Repertorio ROC n. 5768

DIRETTORE EDITORIALE DIRETTORE ONORARIO

Massimo Puggina Giampiero Rorato

DIRETTORE RESPONSABILE

Antonio Puzzi

PUBBLICITÀ

Caterina Orlandi

REDAZIONE

Via Sansonessa, 49 - 30021 CAORLE (VE) Tel. 0421/ 212348 - Fax 0421/81007 - E-mail: redazione@pizzaepastaitaliana.it www.pizzaepastaitaliana.it

PROGETTO GRAFICO

Manuel Rigo, Paola Dus, Elena Cazzuffi — Mediagraf lab

DIGITAL PUBLISHING

Maura Trolese — Mediagraf lab

IN COPERTINA illustrazione di Liubov Dronova

STAMPA MEDIAGRAF S.p.A.

Noventa Padovana (Pd)

COMITATO TECNICO E REDAZIONALE

Marisa Cammarano, Gianandrea Rorato, Caterina Vianello, Alfonso Del Forno, Luciano Cescon.

AFFILIAZIONI INTERNAZIONALI

Pete La Chapelle (N.A.P.O. - Pizza Today, U.S.A.), P.M.Q. Steve Green (U.S.A.).

PER INFORMAZIONI, SOTTOSCRIVERE UN ABBONAMENTO O RICHIEDERE UN ARRETRATO:

TELEFONARE AL NUMERO 0421 212348 dal lun. al ven.: 10:00 – 12:00 / 15:00 – 17:00

INVIARE UN FAX A 0421 83178

Servizio abbonamenti Pizza e Pasta Italiana

INVIARE UNA MAIL A: abbonamenti@pizzaepastaitaliana.it

L’abbonamento può avere inizio in qualsiasi momento dell’anno e dà diritto a ricevere 11 numeri della rivista. L’abbonamento andrà in corso dal primo numero raggiungibile.

PER LA PUBBLICITÀ SULLE RIVISTE: ITALIA Pizza e Pasta Italiana; U.S.A. Pizza Today, P.M.Q. TEL 0421.83148 — FAX 0421.81007

6 pizza e pasta italiana aprile 2024

LINEA SOFFIO PIZZERIA

QUATTRO GENERAZIONI, 100 ANNI DI STORIA, L’ARTE DELLA FARINA IMPRESSA NEL DNA.

MOLINOPASINI.COM @MOLINO_PASINI MOLINO PASINI
AD: STUDIO OVER | IMAGE BY: TRUNK STUDIO E MATCH STUDIO

Gli eventi del mese

al Campionato Mondiale della Pizza

Parma, 9-10-11 aprile 2024

DIVERSAMENTE PIZZA

Martedì 9, mercoledì 10 e giovedì 11 aprile a Parma torna, nel corso del Campionato mondiale della Pizza, il Pizza World Forum. Il Pizza World Forum è il luogo d’incontro, di confronto e di discussione tra i protagonisti del mondo della pizza, ispirato ai temi e agli articoli che ogni mese portiamo sulle pagine di Pizza e Pasta Italiana, la rivista che da oltre trent’anni racconta le evoluzioni di questo straordinario settore imprenditoriale. Nel corso degli anni, questo appuntamento si è concentrato di volta in volta su aspetti diversi dell’arte del pizzaiolo: la scelta degli ingredienti, le ricette, gli abbinamenti, i disciplinari di produzione, il gluten free. E mai sono mancati approfondimenti sulle materie prime e sulle attrezzature, oltre a uno sguardo d’insieme ai temi che stanno più a cuore agli artigiani che, nel mondo, tutelano e valorizzano questo prodotto simbolo del Made in Italy. Il focus dell’edizione 2024 è dedicato alle differenze nel mondo della pizzeria e alla costruzione di un manifesto di valori della pizzeria contemporanea. In ogni incontro, sarà prevista una degustazione e un abbinamento di birre, vini e cocktail dove acquistare i prodotti scoperti durante la visita.

martedì 9 aprile

Dal sapere al saper fare.

ore 10:30 | Dietro le quinte del Campionato mondiale della Pizza

All’apertura delle gare, andiamo a conoscere, in diretta streaming, spazi ed espositori della XXXI edizione della gara di pizza più amata del mondo.

ore 11:50 | Pizza e Pasta live: Dal sapere al saper fare. Francesca Gerbasio dialoga con Marlena Buscemi: “Nessuno voleva insegnarmi a fare la pizza”. Il racconto della difficoltà di intraprendere percorsi professionali frequentati prevalentemente da uomini

ore 13:10 | A cura di GiMetal RedBox, l'eccellenza del delivery: tutti i vantaggi di un prodotto unico. Migliorare il servizio di consegna a domicilio per le pizzerie (e non solo) è possibile

ore 14:30 | Pizza e Pasta live: “Haters & Lovers”, se li conosci li eviti? Giusy Ferraina intervista Frank Cavaliere e Raffaele Bonetta: come rispondere agli attacchi social e alla “gogna mediatica”.

ore 15:50 | La posta dei lettori: “Il mestiere del pizzaiolo” Noemi Caracciolo intervista Pino Longo, Bartolomeo Amidei, Antonio Pace, Alfonso Pecoraro Scanio: dalle proposte di legge ai percorsi professionali per vedere riconosciuto il ruolo del pizzaiolo nella “burocrazia” italiana.

ore 17:00 | Cuzziol: i contadini della birra

Scegliere la giusta birra è il primo passo per un’esperienza gustativa indimenticabile. Guida e consigli per un abbinamento impeccabile. Intervento a cura di Rudy Liotto, Beer Specialist.

8 pizza e pasta italiana febbraio 2024 8 pizza e pasta italiana aprile 2024

mercoledì 10 aprile

Accoglienza, Etica, Inclusione.

ore 10:30 | Pizza e Pasta live: “Un altro mondo è possibile”

Giusy Ferraina intervista Pierluigi Simmini (Too Good To Go), Giuseppe Lucia (Zio Giglio) e Giulia Zanni (Giuly Pizza). Fare impresa non può essere un’attività slegata dall’impegno sociale ma quanti e quali sono i modi per coniugare la pizza e la responsabilità?

ore 11:50 | Pizza e Pasta live: Victoire Gouloubi dialoga con Noemi Caracciolo: “Quella donna non tocchi il mio cibo”. Una chef pluripremiata e l’incontenibile razzismo: quale futuro per il mondo della ristorazione?

ore 13:10 | Pizza e Pasta italiana: “Pizzagirls. La pizza è donna”

Carlo Fumo ci racconta il mondo della pizza “al femminile”.

ore 14:30 | Pizza e Pasta italiana: “L’importanza del senza glutine”

Alfonso Del Forno racconta comunicazione, opportunità e mercato di un settore sempre più presente nelle pizzerie.

ore 15:50 | Demetra

Mangiare gluten free senza rinunciare al ‘buono’ non è un’utopia. Demetra presenta Cremapoche: farcire in modo sano e innovativo, senza rinunciare a gusto e tradizione, si può. A cura di Flavio Barlascini.

ore 17:00 | Cuzziol I “contadini” della birra.

Pizza e birra glunten free, scegliere un abbinamento perfetto è possibile. Intervento a cura di Rudy Liotto, Beer Specialist.

giovedì 11 aprile

Manifesto della pizzeria relazionale.

ore 10:30 | Parmigiano Reggiano "Pizza ammore mio": Parmigiano Reggiano sulla pizza emblema del made in Italy.

Un piccolo viaggio-assaggio nelle caratteristiche sensoriali del Parmigiano Reggiano con Igino Morini del Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano.

ore 11:50 | Pizza e Pasta italiana

Parte 1. — Convegno Think Global, Act Local

Relatori: Franco Manna, Barbara Nappini, Alessandro Condurro, Romolo Verga, Antonio Starita e Riccardo Agugiaro. Combinare la realtà locale con uno sguardo globale è un’idea nata dai fast food e dai supermercati. Oggi a portarla nel mondo sono soprattutto le pizzerie: cosa accadrà domani?

Parte 2. — Il Manifesto Manifesto dei Valori della Pizzeria relazionale.

Presentazione e prime firme del Manifesto nato dalle riflessioni dei due giorni recedenti e dal convegno.

ore 13:30 | Zanolli

Erika Brighenti, Brand Manager di Zanolli presenta Pizzaiolo-imprenditore: come strutturare un locale di successo attraverso la scelta dei giusti macchinari. Opportune capacità organizzative e gestionali sono il mezzo per fronteggiare gli imprevisti del mestiere.

Per segnalare i tuoi eventi, scrivi a redazione@pizzaepastaitaliana.it

9
Sforniamo i pizzaioli del futuro, da oltre 30 anni.

Condividiamo quotidianamente tecniche e conoscenze su tutto il territorio nazionale per formare i pizzaioli del futuro.

Scopri le nostre sedi e tutti i corsi per diventare pizzaiolo o accrescere le tue conoscenze professionali.

info@scuolaitalianapizzaioli.it

Visita: scuolaitalianapizzaioli.it Via Monte Nero, 107 - Curtarolo (PD) +39 049 9624665

Innovazione, Sostenibilità e Gusto con le Nuove Preferite

Per il secondo anno consecutivo, AB Mauri ha presentato alla 45esima edizione di Sigep a Rimini, un importante programma di eventi straordinari, presso il proprio stand, unendo innovazione, sostenibilità ed esperienze culinarie indimenticabili.

In questa occasione ha svelato 3 nuove ricette del Format Le Preferite che prevedono l’uso della base Scrocchiarella con prodotti tipici del territorio, interpretate da 3 diversi chef che hanno utilizzato ingredienti tipici della Sicilia, del Trentino e dell’Emilia Romagna e hanno celebrato alcuni dei valori ESG cari ad AB Mauri: la Sostenibilità, il Valore delle persone, Zero spreco e Inclusione.

EMILIA ROMAGNA

Per l’Emilia Romagna Robert Gomes detto Bob, del Cocktail Bar Lumen di Cesena ha interpretato la ricetta con una base Scrocchiarella 55 x 25 Integrale e i prodotti tipici dell’Emilia Romagna per un pairing perfetto con il suo cocktail, preparato dal Barman Nicolas Nunziatini detto Nick. AH DÍ, AH CIÓ è il titolo della ricetta, scelto apposta per richiamare un tipico intercalare romagnolo, che non può essere tradotto in modo preciso ma che lascia intendere una predisposizione verso l’altro che parla. Così come il food non può mai andare senza il suo drink. In un meraviglioso intreccio di gusti e consistenze ispirate alla sostenibilità e allo zero spreco nelle tecniche di preparazione della ricetta. Pere Kaiser dell’Emilia Romagna IGP, dadolate e lasciate in infusione nel Sangiovese con un blend di spezie (cannella, noce moscata, pepe nero, anice stellato, chiodi di garofano), Erbe spontanee di campo, Culatello di Zibello Dop, formaggio di fossa di Soliano DOP e aria di Sangiovese. Delle pere Bob utilizza tutto, anche le bucce, che si trasformano in bastoncini croccanti per guarnire ogni porzione di Scrocchiarella.

SICILIA

Con MARCO D’ARRIGO recente vincitore di Master Pizza Champion e Responsabile Pizzeria Al Vicolo Group di Catania si celebrano le vere eccellenze del territorio. Per la sua ricetta ACQUA E FUOCO DI SICILIA, Marco ha scelto una base Tonda 25 Riso Venere e con una selezione di 3 materie prime tipiche della sua terra scandisce una ad una le note del gusto di questa ricetta: gambero rosso di Mazara dolce e scioglievole al palato, stracciatella di bufala ragusana e zeste di limone Interdonato di Messina, che ci porta al sole della Sicilia dove gli agrumi aggiungono sempre un tocco di gusto speciale. Si tratta di materie prime eccellenti che Marco sa calibrare nella giusta quantità e accostamento per arrivare gradualmente al palato dove si sciolgono sprigionando tutto il loro gusto. Tocco finale a sorpresa, una spolverata di fave di cacao di Modica dalla nota amaricante che pulisce il palato e fa sognare

TRENTINO

Con il Trentino, è stato soprattutto un inno all’Inclusione, e con EMOZIONI CONDIVISE i protagonisti sono stati i ragazzi della Cooperativa Sociale Dal Barba, accompagnati dal Presidente, Alessandro Pontara.

La ricetta è stata presentata in particolare da Jari Piffer e Lina Setti, che in occasione dello Showcooking hanno portato la loro testimonianza di come si svolge il loro lavoro in cucina e in sala alla Locanda Dal Barba di Villa Lagarina in provincia di Trento. Un’opportunità di lavoro che ha consentito di dare un senso alla loro giornata e ha confermato ufficialmente ancora una volta come le disabilità intellettive possono essere superate.

Alla Locanda infatti Jari si occupa di tutte le farciture, mentre Lina è in sala. E per l’occasione la farcitura della loro ricetta, come previsto dal format Le Preferite, ha visto l’utilizzo di alcuni prodotti tipici del Trentino come lo Speck, il formaggio Casolét, il Trentingrana con un tocco di grande originalità dato da una crema di peperoni biologici preparata con peperone giallo, rosso e verde, scalogno e formaggio Casolét che Jari ha distribuito sulla base Scrocchiarella al posto della salsa di pomodoro con un tocco di gusto davvero squisito.

PIZZA NEWS 12 pizza e pasta italiana aprile 2024
a cura della redazione

Sotto il segno del pomodoro:

storie di pizza e di sfide golose

Alla fine, l’ho fatto: ho intervistato Gemini, l’AI di Google. Perché, anche se vi sembrerà strano, ricostruire la storia delle gare culinarie è un’impresa tutt’altro che semplice.

Cara Gemini, sono in difficoltà e per la prima volta mi rivolgo a te. Non conosco esperti veri sulla storia delle “gare di cucina”. Tu puoi dirmi chi le ha inventate?

Pare che non esista un inventore unico delle gare di cucina, che si sono sviluppate gradualmente nel corso del tempo e in diverse culture.

Quali sono allora i punti salienti della loro storia?

Le prime gare di cibo risalgono al XX secolo negli Stati Uniti, nelle fiere provinciali, dove i concorrenti si sfidavano a mangiare il maggior numero di torte o altri cibi. Durante la Prima guerra mondiale, poi, l’esercito americano organizzò gare di abbuffate per incoraggiare il patriottismo.

Davvero? In che senso?

Le gare di abbuffate rappresentavano l’abbondanza e la prosperità degli Stati Uniti, in contrasto con la carestia e la privazione che affliggevano l’Europa in guerra. I soldati che mangiavano grandi quantità di cibo venivano dipinti come eroi e simboli della forza americana. La stampa e i media diffondevano immagini e storie di queste gare per alimentare il patriottismo e il sostegno alla guerra. Alcune gare di abbuffate erano organizzate per raccogliere fondi a sostegno della Croce Rossa o di altre organizzazioni caritatevoli. I cittadini potevano scommettere su chi avrebbe mangiato di più o donare denaro in cambio di cibo per i soldati. Un esempio famoso è la gara di hot dog organizzata il 4 luglio 1916 a Coney Island, New York.

14 pizza e pasta italiana aprile 2024

Il primo programma italiano con una gara di cucina è stato allora “La prova del cuoco”?

No, non proprio. La Prova del Cuoco, pur essendo stato uno dei programmi di cucina più longevi e popolari in Italia, non è stato il primo a includere una gara di cucina. Ecco alcuni programmi che lo hanno preceduto:

• “Telemenù” (1972): trasmesso su Telemontecarlo, era condotto da Wilma De Angelis e presentava alcune sfide di cucina tra cuochi.

L’evento attirò migliaia di persone e fu ampiamente pubblicizzato sui giornali e sui cinegiornali. Il vincitore, che mangiò 13 hot dog in 12 minuti, fu salutato come un eroe nazionale.

Bellissima storia!

E quando invece si è passati dal mangiare al cucinare?

A partire dagli anni ‘30, in Europa si diffusero le prime gare di cucina vere e proprie, con chef professionisti che si sfidavano nella preparazione di piatti elaborati. Un evento importante fu la fondazione, nel 1950, della Società Cuochi Milanesi, che organizzò concorsi a livello nazionale. Nel 1987 nacque il “Bocuse d’Or”, considerato il campionato mondiale di cucina più prestigioso, che si tiene ogni due anni a Lione in Francia. Negli ultimi decenni, le gare di cucina si sono moltiplicate e diversificate, con format per chef amatori, pasticceri, cuochi di specifici paesi o cucine regionali. Programmi televisivi come MasterChef e Top Chef hanno contribuito a far conoscere al grande pubblico il mondo delle gare di cucina, aumentando la loro popolarità.

Possiamo dire che, prima di tutte queste trasmissioni, c’era già stato Mario Soldati?

Mario Soldati non ha portato in tv le gare di cucina vere e proprie. Il suo famoso programma Viaggio nella Valle del Po alla ricerca dei cibi genuini (1958) esplorava le tradizioni culinarie italiane, mostrando le cucine di trattorie e ristoranti, con i cuochi che preparavano i loro piatti tipici. Non c’erano sfide o competizioni, ma piuttosto un’immersione nella cultura gastronomica del territorio, con Soldati che narrava con maestria le storie e i sapori della Valle del Po. Tuttavia, il programma di Soldati ha avuto un ruolo fondamentale nel portare la cucina in televisione, aprendo la strada a programmi successivi che avrebbero incluso anche le gare di cucina.

• “A tavola alle 7” (1974): condotto da Ave Ninchi e Luigi Veronelli, che andava in onda sul secondo Programma, l’odierna Rai 2 e includeva una rubrica chiamata “Il piatto del giorno”, in cui due concorrenti si sfidavano nella preparazione di una ricetta.

• “Quelli della domenica” (1976): all’interno della trasmissione, condotta da Renzo Arbore in onda sempre sul secondo Programma, l’odierna Rai 2, c’era una gara di cucina amatoriale chiamata “Il cuoco del week-end”.

La Prova del Cuoco, con la sua formula di sfida tra due squadre di cuochi e la sua collocazione quotidiana nel palinsesto di Rai 1, ha avuto il merito di portare le gare di cucina ad un pubblico più ampio, contribuendo a farle diventare un genere popolare in tv.

15

Tuttavia, è importante riconoscere che il format della gara di cucina era già presente in televisione italiana prima del suo debutto.

E veniamo a una storia che ci riguarda molto da vicino: qual è stata la prima gara di pizza mai realizzata?

Identificare la prima gara di pizza in assoluto è un’impresa ardua, in quanto la pizza, come alimento popolare, ha una lunga storia che affonda le sue radici nell’antichità. Tuttavia, possiamo individuare alcuni eventi significativi che hanno segnato l’evoluzione delle gare di pizza:

• Alla fine del XIX secolo, in alcune zone d’Italia, come la Campania e il Lazio, si organizzavano feste popolari in cui i pizzaioli si sfidavano a preparare la pizza più gustosa. Questi eventi erano spesso legati a ricorrenze religiose o a feste patronali.

• Negli anni ‘50, con la nascita della pizza napoletana moderna, le gare di pizza cominciarono ad assumere una connotazione più ufficiale e, nel 1957, a Napoli, si tenne la prima edizione del “Trofeo Caputo”, considerato uno dei primi concorsi a livello nazionale.

• Negli anni ‘80, le gare di pizza si diffusero in tutto il mondo, con la nascita di competizioni internazionali come il “Campionato Mondiale della Pizza” (1984) e il “Pizza World Cup” (1991).

Oggi le gare di pizza sono eventi molto popolari che attirano migliaia di partecipanti e spettatori. Esistono diverse categorie di gare, che si differenziano per tipologia di pizza (napoletana, americana, gourmet, etc.), metodo di cottura (forno a legna, elettrico, etc.) e abilità richieste (acrobazie, velocità, etc.). Alcune delle gare di pizza più importanti al mondo sono:

• Campionato Mondiale della Pizza

• Pizza World Cup

• Trofeo Caputo

• International Pizza Challenge

Le gare di pizza sono un’occasione per celebrare questo alimento popolare, per promuovere la creatività e l’abilità dei pizzaioli e per far conoscere le diverse tradizioni legate alla pizza in tutto il mondo.

Grazie Gemini. Un’ultima domanda: come intitoleresti un articolo che vuole ricostruire la storia delle gare di pizza e cucina?

No, la risposta, non ve la inserisco perché troppo lunga… ma non mi resta che dire: “Io speriamo che me la cavo”.

16 pizza e pasta italiana aprile 2024

Il “genere” in pizzeria

Nella miriade di “campionati” dedicati alla pizza, i titoli delle gare sono generalmente femminili, ad esempio: pizza classica, napoletana, quattro stagioni, senza glutine, in teglia, più larga, ecc. In pochissimi casi si nomina il protagonista, come nel caso della gara denominata “pizzaiolo più veloce”, ed è arrivato il momento – e forse siamo in ritardo - di aggiornarci e adeguarci ai tempi nuovi.

Avendo seguito per 29 edizioni il Campionato Mondiale della Pizza, ho sempre visto la presenza alle gare di “pizzaiole”, sia da sole sia per aiutare il fidanzato, il giovane figlio, il marito o il padre; ho sempre viste ragazze e signore orgogliosamente in perfetta divisa da pizzaiole presenti alle manifestazioni. Dopo i primi eroici anni a Meldola, in provincia di Forlì-Cesena (era il 1992), nella storica Pizzeria “Da Luisin” (il grande indimenticato esuberante amico Luigi Mengozzi), dove tutto è iniziato, il Campionato si è spostato a Castrocaro Terme, poi a Viareggio, quindi, divenuto una realtà di risonanza e importanza sempre più internazionale, a Salsomaggiore Terme per approdare, infine, a Parma. E, via via, la presenza femminile è stata sempre più numerosa, non solo in platea e a lavorare davanti ai forni, ma anche sul podio delle premiazioni. E si può tranquillamente affermare che, vista la crescente percentuale di pizzaiole nel lavoro delle pizzerie, non mancherà molto che pareggeranno il numero degli uomini anche davanti al forno.

di Giampiero Rorato 18 pizza e pasta italiana aprile 2024

A dir il vero, non è che nel mondo della pizza manchino le donne; forse, complessivamente, sono più degli uomini, poiché solitamente mentre il marito è al forno, la moglie è alla cassa, risponde al telefono e guida il personale che, generalmente, è femminile.

Pizze al maschile

Siamo partiti dalle persone legate al mondo della pizza, dove ai forni prevalgono ancora i maschi, per arrivare velocemente al prodotto e, come è ben noto e abbiamo sopra ricordato, le pizze sono tutte, o quasi, di genere femminile, Quindi: pizza classica, tonda, napoletana, alla marinara, diavola, quattro stagioni e poi molte altre con nomi anche di fantasia.

Da un po’ di tempo, infatti, si assiste alla bravura dei pizzaioli più preparati ed esperti, i quali amano realizzare delle pizze con prodotti locali, attingendo per la farcitura agli ortaggi stagionali locali:

P U L C I N E L L A B A B Y

Forno con alimentazione elettrica, dalle dimensioni contenute, concepito per la cottura di 1 o 2 pizze da 33 cm.

P U L C I N E L L A B A B Y 1 T - 2 T

P U

p p pinse.

V U L K A N

Forni a tunnel con tappeto di cottura in refrattario. Montato su ruote e configurabile per ogni esigenza. Disponibile anche con tecnologia Industria 4.0.

M A D E I N I T A L Y La scelta definitiva
19

il radicchio rosso di Treviso; gli asparagi bianchi, verdi, azzurrini; le olive, le arance e ad altri tipi di frutta e di ortaggi; i salumi del territorio; i formaggi teneri oltre alla mozzarella, i crostacei e i molluschi di mare o di allevamento per cui, alla fine, si ha una infinità di pizze, sia storiche, che a base di prodotti del territorio, come pure frutto della fantasia del pizzaiolo. E poi ci sono le focacce, pur loro prodotti di genere femminile, che in molte parti ormai si confondono con le pizze ma, ad essere precisi, sono tutt’altra cosa, anche se certi media le chiamano “pizze moderne” o “pizze d’avanguardia” o anche “pizze gourmet” che non c’entrano nulla con le pizze vere. E va bene così, perché il mondo della pizza, pur essendo questa preparazione antichissima, è giovane, frizzante, creativo, molto innovativo ma con le radici ben piantate nella storia e nella cultura del prodotto.

La pizza “gourmet”?

E a proposito di pizza, ciò che non mi convince è la dizione “pizza gourmet”, come se quelle non qualificate “gourmet” fossero di bassa qualità.

che lasciano il tempo che trovano. Se ragionare di pizze al femminile mi ha portato fin qua è per dire che di pizze al maschile ce ne sono ben poche e voglio dunque ricordarne una in particolare, nota e molto apprezzata: il “calzone”, che non si chiama neppure pizza e che sembra un tortello gigante cotto al forno come le altre pizze e, tutto sommato, preparato con i medesimi ingredienti. Una pizza maschile tra tantissime femminili è proprio il contrario degli operatori, visto che i pizzaioli maschi sono la grande maggioranza di quanti si dedicano a questa bella e sempre attrattiva professione.

In sala più ragazze che ragazzi La realtà è ben diversa in sala, dove tra i tavoli si vedono spesso molte più ragazze che ragazzi. Volendo fare una ricerca, si trova che - specie nei fine settimana e in estate - nelle pizzerie si trovano più “cameriere” che “camerieri”, sia perché ormai anche per le ragazze che studiano lavorare in pizzerie è bello e piacevole.Anche pesante, certo, ma si è in mezzo al pubblico, si conosce la gente, ci si fa degli amicie si prende un bel compenso (oggi defraudare il personale può costare caro ai titolari, quindi meglio rispettare i contratti).

La parola gourmet significa buongustaio e definire una pizza gourmet significa qualificarla come “adatta ai buongustai”, come se tutte le altre fossero per persone rozze e prive di gusto.

A rendere una pizza buona, elegante, raffinata sono la cultura e la bravura e la professionalità del pizzaiolo, non un nome francese che, in questo caso, non significa nulla. Ho visto a volte delle pizze farcite con ostriche o con aragosta e anche con caviale ma si tratta o di manifestazioni particolari, di provocazioni o di esibizioni

20 pizza e pasta italiana aprile 2024
www.rinaldisuperforni.com v. Dorsale - 38, 54100 Massa (MS) info@rinaldisuperforni.com (+39) 0585 250251 Pronti. Accesi. Via.

È vero che nei luoghi di villeggiatura, specie al mare, non si deve guardare l’orologio ma i titolari intelligenti sanno compensare ugualmente e bene i loro dipendenti.

Non va dimenticato che nelle scuole alberghiere le ragazze sono molto numerose e restano legate alla professione molto più volentieri dei maschi, spesso anche oltre il matrimonio e, con gli anni che corrono, ormai si capisce che fare i bulli e snobbare il lavoro non conviene proprio, anche perché c’è un esercito di immigrati giovani, volonterosi e desiderosi di imparare - molte le ragazze - prontissimi ad occupare i posti di lavoro snobbati dai ragazzi dei nostri Paesi che poi si lamentano di non trovare lavoro. Sul “genere” delle pizze e dei pizzaioli, restando legati al significato dato a questa parola dalla linguistica, ci sarebbe altro da dire, ma, per ora, basta una sola riflessione conclusiva. Come la pizza e il calzone sono alimenti ugualmente molto buoni e di pari valore alimentare e gustativo così è per i pizzaioli e le pizzaiole, i camerieri e le cameriere.

Entrambi i generi - e anche quelli impropriamente da qualcuno chiamati “diversi” - hanno tutti uguale dignità e tutti sono meritevoli non solo di stima e di rispetto ma anche di avere, a parità di lavoro, il medesimo compenso. Purtroppo, non è ancora del tutto così condiviso ma non c’è proprio alcuna differenza fra pizzaioli e pizzaiole e ci arriveremo presto a considerare le persone che lavorano a prescindere dal sesso, del tutto uguali, a cominciare dal rispetto e dalla busta paga loro dovuti.

22 pizza e pasta italiana aprile 2024

NATURA AD ALTA PRESTAZIONE

ZERO COMPROMESSI, 100% ITALIANO.

Dall’esperienza Le 5 Stagioni, nasce TipoZero Superiore, la farina ottenuta da grano 100% italiano, versatile e unica, adatta a tutti i tipi di impasto.

le5stagioni.it

PARTNER UFFICIALE

Vieni a scoprire tutte le novità delle farine LE 5 STAGIONI in anteprima al Campionato Mondiale della Pizza. Parma 9-11 aprile 2024

La cucina italiana sarà patrimonio dell'umanità?

Dialogo tra Alfonso Pecoraro Scanio e Noemi Caracciolo

24 pizza e pasta italiana aprile 2024

Dopo la Dieta Mediterranea e l’Arte del Pizzaiuolo Napoletano, l’Italia candida la sua cucina a patrimonio immateriale Unesco: «la cucina italiana tra sostenibilità e divesità bioculturale». Una vittoria che rappresenterebbe una grande rivalsa nei confronti di tutti quei cibi spacciati per Made in Italy e che invece screditano i valori di una cucina rappresentante non solo cibo ma un vero e proprio simbolo identitario per un intero popolo. Per gli Italiani, infatti, non si tratta solo di cucina ma di pratiche sociali radicate, abitudini, gestualità, elementi che racchiudono in sé il senso di appartenenza alla propria cultura e tradizione.

Abbiamo parlato con Alfonso Pecoraro Scanio, già Ministro dell’Ambiente e dell’Agricoltura, oggi Presidente della Fondazione Univerde e docente per diversi atenei italiani il quale, insieme a Maddalena Fossati Dondero, ha avviato la raccolta firme per la candidatura al fine di comprenderne i vantaggi e l’importanza.

Il riconoscimento UNESCO dell’Arte del pizzaiuolo napoletano ha diffuso la consapevolezza che i prodotti per fare la pizza devono essere made in Italy: quale consapevolezza porterebbe il riconoscimento della cucina italiana?

La grande vittoria che abbiamo avuto sull’arte del pizzaiuolo napoletano e quindi sul prodotto più noto del mondo è molto importante e significativa. È stata la campagna più popolare dell’UNESCO con ben 2 milioni di firme da 100 paesi diversi e resta ineguagliata. Ha diffuso soprattutto la consapevolezza che la pizza ha origini napoletane, cosa altrettanto importante. Il tema della cucina italiana consentirebbe di aumentare la diffusione della vera cucina di tradizione italiana nella miriade di ristoranti “pseudo italiani” o che usano l’Italia come italian sounding, dunque il finto italian food. Sarebbe un ulteriore rafforzamento non solo di identità, ma della richiesta di prodotti davvero made in Italy.

25

Avrebbe dunque una certa risonanza anche nella campagna “No fake food”.

Ovviamente “no fake food” può avere a che fare anche con la pizza ma, in merito alla cucina, ricordiamoci quanto finto parmesan, quanti finti vini italiani, prosciutti e paste con nomi di fantasia come “nonna Maria” o “Concetta” esistono e dentro ci sono zero grano e lavoro italiano e soprattutto zero tradizione italiana. Noi siamo il paese più imitato al mondo. Il fatturato del finto cibo italiano nel mondo si valuta cento miliardi di euro: se solo ne recuperassimo un terzo potremmo dare lavoro a centinaia di migliaia di persone nel nostro Paese.

È chiaro. Dalla Dieta Mediterranea alla pizza, alla cucina italiana: stiamo passando dal particolare al generale?

La cucina italiana è un riconoscimento legato alla sostenibilità e alla diversità bioculturale della nostra cucina. Non è un riconoscimento alle ricette ma allo stile.La sostenibilità ha molto a che fare con la Dieta Mediterranea perché quella italiana è una cucina che non spreca.

Non è una cucina di intingoli, è molto attenta alla qualità del prodotto ma lo riusa. Pensiamo alla polpetta, la panzanella, la ribollita o la mozzarella in carrozza e a tante cose che sono nella nostra tradizione, che sono il riuso di prodotti per non sprecare e buttare. Oggi come oggi, questo ha un valore aggiuntivo perché si parla della priorità dell’ambiente e della sua tutela.

26 pizza e pasta italiana aprile 2024

AU TH EN TIC

food passion

Tutti i migliori ingredienti più uno... la nostra autentica passione

Rispetto per la stagionalità delle materie prime, “dalla terra in cucina”, dalla raccolta alle preparazioni sapienti, prodotti gustosi e freschi direttamente nelle tue mani. Un’attenta selezione di pomodori conservati in innovative confezioni: polpa, passata, datterini, ciliegini e pomodori pelati... questo è il segreto di Demetra perchè ogni pizza diventi straordinaria.

demetrafood.it

Potremmo dire che l’Italia è di per sé un patrimonio.

È un patrimonio! È un Paese che ha la maggiore biodiversità naturale d’Europa e una grandissima biodiversità agroalimentare e anche culturale, direi. Proprio avere tanti ecosistemi diversi, tante catene montuose, ha creato in ogni frazione – non solo in ogni comune – una ricetta diversa, un modo di mangiare diverso e questa è una grande ricchezza. Rispetto all’omologazione del cibo senza identità delle multinazionali, noi siamo in qualche modo il polo opposto.

Possiamo quindi definirla una lotta contro la cultura del cibo anonimo.

Siamo agli antipodi con il cibo anonimo, sintetico e riconoscere la cucina italiana è anche una risposta proprio a questi cibi che ci vogliono proporre con diete a volte “pseudo salutistiche” o “pseudo ecologiste”. Quando in realtà una delle diete più amiche dell’ambiente è proprio la Dieta Mediterranea. Non c’è bisogno di inventarsi prodotti in laboratorio.

Definirebbe nazionalista la scelta di questa candidatura?

No. Quando si candida una cosa a patrimonio mondiale dell’umanità è esattamente una scelta volutamente globale, è mettere quella cosa a disposizione del mondo e non chiudersi in una riserva. Mettersi piuttosto a disposizione, ma riconoscendo le identità territoriali una grande ricchezza. La candidatura si chiama proprio Patrimonio dell’umanità, quindi si riconosce che sia un bene di tutti, però rispettando le radici e le origini. In qualche mondo è l’opposto del nazionalismo, è un’apertura.

28 pizza e pasta italiana aprile 2024

Cosa porterebbe il riconoscimento al comparto agroalimentare?

Oltre ad avere un ulteriore riconoscimento nella lotta contro il fake food e la diffusione dei prodotti veramente di nostra tradizione italiana, sarebbe un riconoscimento ai piccoli agricoltori e a tutti coloro che fanno “qualità”. Poi, è ovvio che in Italia non tutti propendano per la qualità ma ce ne sono molti e quelli che fanno più qualità e agricoltura identitaria sarebbero sicuramente avvantaggiati.

Perché la cucina italiana dovrebbe diventare patrimonio dell’umanità?

Innanzitutto, è un riconoscimento che hanno già altre cucine e, secondo gli studi fatti sui social, la cucina italiana è la più amata al mondo. Poi, proprio perché legata a sostenibilità e biodiversità, questa lotta può dimostrare che la cucina italiana – quella fatta bene, della Dieta Mediterranea – fa bene alla salute e all’ambiente e non è un caso che in una sola giornata abbiamo raccolto diecimila firme sulla petizione lanciata (attualmente in corso su change.org).

Che previsioni ha?

Per la fine del 2025 potremo aggiungere un altro grande riconoscimento dall’UNESCO, riusciremo a vincere.

Il suo piatto preferito della cucina italiana?

Paradossalmente un bello spaghetto al pomodoro mi fa contento o anche un aglio e olio. Una cosa semplice, bella e buona.

30 pizza e pasta italiana aprile 2024
Cerutti Inox

ZANOLLI SRL

Via Casa Quindici, 22 Caselle di Sommacampagna (VR) www.zanolli.it

IG-FB: @zanolliforni

www.zanolli.it

PSYNTHESIS: l’uomo in più per la tua pizzeria

rima in Europa, Zanolli progetta e brevetta i forni a tunnel nell’ormai lontano 1987. Oggi, 37 anni dopo, Synthesis è diventato uno strumento indispensabile per quei locali che vogliono offrire alla loro clientela un prodotto finito di alta qualità. Costi e difficoltà nel trovare personale specializzato rappresentano uno dei problemi più grossi riscontrato dai titolari di locali negli ultimi anni: un vero e proprio ostacolo per il mantenimento o l’apertura di una nuova attività.

Il turnover sempre più elevato costringe spesso l’imprenditore a ridimensionare le prospettive di crescita del proprio locale per il timore di non riuscire a soddisfare le richieste della clientela in termini di qualità del prodotto e di standard del servizio offerto.

Scegliere di inserire nel proprio locale un forno come Synthesis diventa quindi la naturale conseguenza per risolvere questa problematica, senza dover così rinunciare a far crescere la propria attività. Grazie al forno a tunnel ventilato di casa Zanolli anche il personale meno esperto potrà preparare la linea per il servizio cuocendo le verdure, rinvenendo e dando la finitura a prodotti precotti, preparando

basi pizza da abbattere e conservare in caso di serate con un’affluenza imprevista. Durante il servizio poi, la facilità e la costanza di utilizzo di un forno come questo, permettono di ottimizzare i tempi di cottura garantendo un prodotto sempre omogeneo. La gamma è talmente vasta in termini di capacità produttiva da permettere all’utilizzatore di inserire diverse tipologie di pizza nel proprio menu o creare un’area senza glutine lavorando secondo le norme vigenti per questo particolare prodotto.

Inquadra il QR Code e scopri che l’unico limite per Synthesis è la tua immaginazione.

LE AZIENDE INFORMANO 32 pizza e pasta italiana aprile 2024
FATTO IN ITALIA, AMATO NEL MONDO.
ROTANTE ORAANCHECON FATTO IN ITALIA, AMATO NEL MONDO.
PLATEA

REPLICABILITÀ E DIVERSITÀ DELLA PIZZA

3 letture della contemporaneità

La pizza piace a tutti, non ha genere, non ha età, non ha classe sociale. È uno di quei piatti che rappresenta il “Made in Italy” nella sua completezza. Amata, tutelata, copiata, sperimentata, alle volte troppo protetta e altre dissacrata, non ci sono confini o limiti per questo disco di pasta. Dal centro di Napoli al mondo, il passo è breve e ogni pizzaiolo italiano all’estero è consapevole di essere un rappresentante a pieno titolo di una fetta di cultura e di identità nazionale e gastronomica. Un’icona, buona e versatile anche nella sua suprema

unicità. Allo stesso tempo la popolarità di cui gode ha portato a una grande varietà di interpretazioni, con differenti stili e ingredienti. E propri sul concetto di stile e interpretazione si definiscono le scuole, i grandi pizzaioli, le correnti, le mode capaci di arrivare ovunque, di creare replicabilità. Ma cosa significa replicare una pizza? La replicabilità non significa necessariamente uniformità, alla base c’è una ricetta apparentemente semplice che mette insieme farina, acqua, lievito e sale ma è la forma che se ne dà che crea uno stile richiesto e di successo.

Ecco tre esempi diversi di esperienze riuscite e meno riuscite di esportazione / importazione della pizza.

34 pizza e pasta italiana aprile 2024

1 I grandi pizzaioli italiani all’estero

Si può portare la propria pizza, lo stile, la firma in un altro posto senza perdere non solo il successo - che risponde il più delle volte a un meccanismo di marketing e promozione – ma anche personalità e riconoscibilità? Lo abbiamo chiesto a due nomi importanti della pizza in Italia, che hanno scalato le classifiche e posizionato il loro nome che equivale a uno stile di pizza prima in Italia e poi all’estero. Si tratta di Diego Vitagliano e Pier Daniele Seu.

Vitagliano: “La mia apertura a Doha ha rappresentato sicuramente un nuovo palcoscenico importante per la pizza italiana e il ‘made in

Italy’ in generale. Abbiamo aperto in concomitanza dei mondiali di calcio 2022, e in quei giorni a Doha sono arrivati più di tre milioni di tifosi da tutto il mondo. La pizzeria si trova proprio al centro della ‘Fan Zone’, che coincide il quartiere più importante della città, quindi potete immaginare il grande flusso. Fortunatamente le cose continuano ad andare molto bene e la gente del posto ormai viene qui per mangiare la vera pizza napoletana, come anche i tanti turisti da tutto il mondo che visitano la città. Il progetto cresce a gonfie vele e in generale il brand “Diego Vitagliano” ha accresciuto la sua reputazione anche all’estero”.

Seu: La nostra prima collaborazione oltre confine risale a dicembre 2019 con il “Bulgari” a Dubai, dove siamo presenti dopo diversi anni, superando senza problemi per fortuna il periodo covid. La nostra presenza qui ci ha portato logicamente ad un rafforzamento del nostro marchio, dandoci un posizionamento forte e di qualità, che per qualsiasi impresa è un grosso beneficio. Da parte nostra siamo stati in grado di portare qui una firma e un’offerta verticale, personalizzando il bar con una tipicità italiana come la pizza, che cresce nella domanda e nella riconoscibilità stessa di prodotto, a tal punto da aprire un nuovo punto di consumo esterno e inserire la pizza nel corner sulla spiaggia dedicato a ostriche e champagne. Dopo Dubai nel 2022 è arrivato il “W Rome”, poi Ibiza e il “Saint Regis” a Venezia.

Quali sono le pizze che avete portato all’estero, gusti e impasto?

C’è una replica fedele del vostro stile oppure o un adattamento alla domanda e ai gusti del luogo?

35

Vitagliano: Effettivamente non è una cosa da poco portare la pizza napoletana e la sua interpretazione contemporanea in un paese come il Qatar, che ha tradizioni molto diverse dalle nostre e regole severe che seguono dettami religiosi relativi ai regimi alimentari. Ma ho avuto le idee ben chiare fin da subito: qui a Doha in menu c’è sia la classica pizza napoletana contemporanea, che la più moderna pizza croccante. Per quanto riguarda la creazione dei condimenti delle pizze, ho dovuto fare uno studio particolare per la definizione del menu, cercando di andare incontro ai gusti e alle regole alimentari qatariote, senza stravolgere l’identità della pizza. Ad esempio, per sostituire le carni di origine suina, ho voluto puntare sulla carne d’agnello, molto amata in Qatar, e su quella di manzo. E per farlo non potevo che affidarsi alle ricette tradizionali napoletane.

Seu: Nei menu all’estero abbiamo circa 10 pizze, di cui 5 classiche come Margherita, Marinara, Bufala, Napoli e Diavola. Per ovvi motivi si tende a dare più spazio alla tradizione, ma ci sono anche le vegane o le signature che si

legano alla nostra filosofia, ma con un approccio più facile, considerando che sia gli abitanti del posto che i turisti non sono abituati a certe interpretazioni di pizza. Almeno inizialmente, poi anche la sperimentazione viene premiata. Per quanto riguarda l’impasto, è quello di Seu Pizza Illuminati, fedele all’originale.

Quanto piace la pizza italiana all’estero?

Vitagliano: Moltissimo! E piace sempre di più.

Seu: Piace tantissimo, la pizza è trasversale per ceto sociale, genere e luogo, non incontra difficoltà. Importante è saper calibrare l’offerta non tanto con ciò che pensiamo siano i loro gusti, ma con le loro tradizioni e culture alimentari.

Da un punto di vista del brand e del nome, quali sono i vantaggi e i rischi che si corrono?

Vitagliano: Sicuramente uno dei rischi più grandi, in generale per le aperture così lontane, è quello di non riuscire a garantire un prodotto standard di alto livello come si

fa invece a casa propria. Ma io ci tengo moltissimo a questo e ho deciso di fare questo passo solo quando sentivo che avevo la situazione sotto controllo: negli anni ho fatto un lavoro importante sulla formazione di tutto il mio team e vado a Doha regolarmente. E devo dire chd il risultato si vede.

Seu: La scelta del contenuto pizza nel nostro caso si è posizionato su un piano elevato di cucina e di un servizio altissimo livello, connubio che si dimostra vincente anche nel caso della pizza, senza stonature, che si plasma alla perfezione al contesto con un conseguente adattamento della domanda, che sappiamo per natura esigente. Noi abbiamo puntato sempre su poche cose solide, realizzabili, che sappiano trasmettere la professionalità con cui lavoriamo, l’eccellenza.

36 pizza e pasta italiana aprile 2024

L’ALLEATO PER IL TUO SUCCESSO

ORIGINALE PINSA ROMANA

Basi pronte da condire e cuocere , nelle versioni freezer, frigo e ambiente : praticità per tutti i tipi di servizio.

72 H

LIEVITAZIONE NATURALE

LAVORAZIONE ARTIGIANALE

STESA A MANO

PRONTA IN 5 MINUTI

GUSTOSA, LEGGERA E DIGERIBILE

SUCCESSO GARANTITO

L’impasto ad elevata idratazione permette di dosare il condimento senza eccessi , per la massima resa di gusto, con costi contenuti e alta profittabilità.

www.dimarco.it

A fine 2023, “Domino’s Pizza” ha definitivamente chiuso i battenti in Italia. Dopo sette anni di tentativi ed altalenanti successi, la catena americana di pizzerie ha lasciato il Bel Paese. Eppure, nello stesso anno, “Domino’s Pizza” ha annunciato un’espansione record in Europa, Asia e America Latina.

Come mai un modello di business che funziona così bene in gran parte del mondo ha fallito in Italia? Le ragioni del fallimento sono riassumibili in pochi punti:

1. Palato esigente. Il primo ostacolo è stato il gusto italiano. Siamo abituato al consumo di pizze con uno standard qualitativo notevole, con ingredienti freschi, tipici e di stagione. La pizza americana, con il suo impasto più spesso e gommoso, i condimenti a volte lontani dal “gusto comune” e standardizzati su qualità media, non ha saputo minimamente conquistare i gusti degli italiani.

2. Concorrenza agguerrita. L’Italia è la patria della pizza, il luogo da cui è partita l’evoluzione del prodotto nella storia e nella tecnica. In Italia la pizza è più di un semplice pasto, è un simbolo di cultura e tradizione stabilmente ai primi posti delle preferenze nel canale out of home, delivery e GDO. La concorrenza italiana, per “Domino’s Pizza”, è stata sicuramente uno dei fattori scatenanti del problema espansivo e soprattutto del sostentamento del business.

3. Mancanza di marketing mirato. La campagna promozionale non è riuscita a intercettare il target di riferimento, puntando troppo su stereotipi americani. La rapidità e la standardizzazione del modello americano non sono riuscite a intercettare il valore qualitativo e culturale, che per molti italiani è fondamentale.

4. Errori di gestione. La scelta di affidare lo sviluppo dell’intero franchising italiano a un’unica azienda si è rivelata poco efficace, con ritardi nell’apertura dei punti vendita e una scarsa attenzione manageriale che si è riverberata ai negozi coinvolti e talvolta ha provocato disservizi ai clienti finali.

Al di fuori dell’Italia, però, “Domino’s Pizza” è indiscutibilmente una storia di grande successo. Con oltre 17.000 pizzerie in 85 paesi, è la catena di pizzerie più grande al mondo. Il modello di business di Domino’s si basa su un sistema di franchising che permette di replicare rapidamente il format in diverse location con uno standard imposto dalla casa madre ed attrezzature che rendono intercambiabili gli operatori all’interno del punto vendita. Ecco i suoi punti di forza:

1. Focus sulla delivery. “Domino’s” è stata pioniera nel servizio di delivery a domicilio, che rappresenta una parte fondante del suo business. La catena ha investito molto in tecnologia e logistica per rendere il servizio efficiente

di Domenico

Maria

2 Domino’s in Italia

e competitivo, con un modello tutt’oggi invidiato da molti competitor.

2. Marketing aggressivo. “Domino’s” è famosa per le sue campagne marketing aggressive e accattivanti, che hanno contribuito a far conoscere il marchio in tutto il mondo.

In merito all’adattamento al mercato “locale”, In alcuni paesi, “Domino’s” ha adattato al mercato locale il suo modello di business con maggior successo. Ad esempio, nella fase di espansione in India, la catena ha introdotto una linea di pizze vegetariane per soddisfare le esigenze di gusto e consumo della maggioranza della popolazione. La chiusura di “Domino’s Pizza” in Italia è una lezione importante per tutte le aziende che vogliono espandersi in nuovi mercati. Non è possibile replicare un modello di business di successo in un altro Paese senza prima adattarlo alle sue specificità. Ancor di più, le aziende che lavorano nel mondo del “food & beverage” devono tenere conto dei gusti, della concorrenza, della cultura e delle abitudini di consumo della nazione nella quale stanno progettando l’espansione. Solo con un attento processo di adattamento è possibile ottenere un successo costante e duraturo ma questo lavoro implica una fase di studio e adattamento con costi e tempi importanti.

38 pizza e pasta italiana aprile 2024

di Alfonso Del Forno 3

Grosso

Napoletano. La rivoluzione della pizza napoletana in Spagna

Nel 2017, Madrid ha assistito alla nascita di una rivoluzione gastronomica che ha cambiato il modo in cui gli spagnoli concepiscono la pizza napoletana. Hugo Rodriguez De Prada e Jorge Blas, visionari imprenditori, hanno dato vita a “Grosso Napoletano”, una catena di pizzerie con l’obiettivo ambizioso di democratizzare la pizza napoletana in Spagna. La prima pizzeria “Grosso Napoletano” ha aperto le sue porte nel cuore di Madrid nel 2017. I fondatori, ispirati dalla passione per la cucina italiana, hanno intrapreso questo progetto con l’intento di rendere accessibile la pizza napoletana al più vasto pubblico possibile: dallo studente alla famiglia con più figli.

La direzione operativa di “Grosso Napoletano” è affidata a Fabrizio Polacco, di origini italiane, esperto del settore con una lunga esperienza nel mondo della ristorazione. La sua leadership ha contribuito a plasmare l’identità e la qualità che caratterizzano le pizzerie della catena.

40 pizza e pasta italiana aprile 2024

Il menu di “Grosso Napoletano” riflette la filosofia di offrire autentiche esperienze gastronomiche senza complicazioni. Con un’offerta di sei antipasti e insalate, dodici pizze e quattro dolci, la carta è una celebrazione della semplicità e della qualità degli ingredienti. Nel 2018, con l’apertura del terzo locale, “Grosso Napoletano” ha introdotto un laboratorio centralizzato. Questo laboratorio non solo garantisce una coerenza nei sapori e nelle preparazioni ma funge anche da hub per le forniture di tutte le materie prime necessarie nelle diverse pizzerie della catena. Dopo il successo iniziale, “Grosso Napoletano” ha rapidamente conquistato il cuore degli spagnoli, aprendo punti vendita in 18 città del Paese con un totale di 45 pizzerie. Sette di questi sono dedicati esclusivamente alla pizza gluten free, offrendo lo stesso menu completo delle altre pizzerie, dall’antipasto al dolce. Il gruppo prevede ulteriori aperture, soprattutto per soddisfare la crescente domanda di pizza senza glutine.

Con l’obiettivo di preservare e diffondere l’arte autentica della pizza napoletana, “Grosso Napoletano” ha recentemente inaugurato una scuola di formazione dedicata. Questo istituto offre corsi pratici e teorici, promuovendo la passione per l’arte della pizza e garantendo che l’eredità della tradizione napoletana sia tramandata alle generazioni future. “Grosso Napoletano” ha dimostrato che la tradizione italiana può essere adattata e abbracciata con successo in nuovi contesti. La catena continua a crescere e a innovare, offrendo una fetta di Napoli a chiunque voglia assaporare l’autentica pizza napoletana in Spagna, assicurando la replicabilità del prodotto, grazie alle scelte fatte negli anni.

41

MECNOSUD: il tuo partner in Pizzeria

MECNOSUD SRL

Zona Industriale Valle Ufita 83040 Fumeri (AV) tel. +39/0825443185 – 89 mecnosud@mecnosud.com

Dal 1989 l’azienda è impegnata nella produzione di macchine per pizzeria, pasticceria e panificazione. La struttura produttiva si estende su oltre 10.000 mq e conta stabilimenti sia in Italia che all’estero. È presente in oltre 90 paesi nel mondo, con una rete di vendita ed assistenza. È sicuramente una delle aziende di riferimento nel panorama internazionale del mondo della pizzeria.

Sig. Ingrisano, qual è il punto forte dell’azienda?

La totale integrazione verticale è ciò che ci differenzia dai nostri competitor. La macchina viene realizzata completamente nel nostro stabilimento, dall’acquisto delle materie prime alle lavorazioni: nulla è commercializzato. Tutto è realizzato internamente. Questo ci consente di avere flessibilità produttiva, velocità nelle consegne e diversificazione in base alle esigenze del cliente e totale controllo della qualità.

Quanto cambia la vendita tra l’estero e l’Italia?

Il mercato italiano è molto importante e rappresenta circa il 35% del fatturato. Il resto è estero. Il nostro brand è molto apprezzato nel mondo pizza: quando qualcuno deve acquistare una impastatrice per pizzeria valuta sicuramente anche Mecnosud, poi magari fa altre scelte ma la valutazione in sé è già molto importante. Siamo partner delle principali scuole di pizzeria e pasticceria ed anche del “Campionato mondiale della pizza” da una decina d’anni.

www.mecnosud.com
LE AZIENDE INFORMANO 42 pizza e pasta italiana aprile 2024

Acquistare le vostre impastatrici prevede un corso di utilizzo, un’assistenza? In cosa consiste il progetto MecnoLab?

Nel 2024 abbiamo dato vita al progetto Mecnolab, finalizzato sia alla formazione della nostra rete vendita che dei clienti finali (pizzaioli, pasticceri e panettieri).

La formazione della rete vendita è fondamentale per garantire un valido servizio di assistenza post-vendita, mentre la formazione dei clienti finali – grazie ad affermati professionisti del mondo dell’arte bianca – consente ai professionisti che utilizzano le nostre macchine, di essere aggiornati su tutte le tendenze del settore.

Producete ancora impastatrici per uso domestico? Ci dica qualcosa delle linee massIma e Mamy, la spiralina e la tuffantina di casa Mecnosud.

Le esigenze dell’utenza domestica sono cresciute molto negli ultimi anni. Mecnosud ha creato la nuova linea massIma: una impastatrice a spirale da 7 Kg e la tuffantina Mamy, destinate sia agli utenti domestici che professionali. Sono macchine che, anche se di piccole dimensioni e capacità, hanno caratteristiche costruttive del tutto uguali alle grandi macchine professionali.

Mecnosud produce tutte le tipologie di impastatrici: ad ogni impastatrice un impasto o un’impastatrice per diversi tipi di impasto?

Mecnosud da sempre produce le tre tipologie di impastatrici: a spirale, a bracci tuffanti ed a forcella. Hanno tutte caratteristiche diverse, c’è chi preferisce l’una o l’altra ma, perlopiù nel mondo pizza, il 90% sceglie la spirale. Gli impasti sono sempre più idratati e questa è la più idonea. Anche se, quando mi chiedono un consiglio, io preferisco dire: “il mio consiglio è di non dare consigli”, nel senso che ogni artigiano deve scegliere ciò che preferisce. Mecnosud è comunque impegnata nei vari comparti e riesce a soddisfare i bisogni di tutti, in termini di artigianalità e di tecnologia.

43

LUCA

A COLORNO LE FINALI DI EMERGENTEPIZZA

a cura della redazione
E TOMMASO SONO GLI “EMERGENTI” 2024
44 pizza e pasta italiana aprile 2024

È stata ALMA, la scuola internazionale di cucina italiana con sede a Colorno (in provincia di Parma), riconosciuta come il più autorevole centro di formazione professionale dedicata all’ospitalità e alla ristorazione, a ospitare sabato 16 e domenica 17 marzo 2024 le finali nazionali di due tra i premi più ambiti nel mondo della cucina: EmergenteChef ed EmergentePizza.

ALMA forma cuochi, pasticceri, bakery chef, sommelier, professionisti di sala e manager della ristorazione, gelatieri e pizzaioli e pastai. Non poteva dunque esservi cornice migliore per accogliere le gare di EmergentePizza ed EmergenteChef, i format ideati e organizzati dalla “Witaly” di Luigi Cremona e Lorenza Vitali. Dal 2005, “Emergente” è un evento che valorizza i giovani talenti della ristorazione e ospitalità d’Italia, articolandosi in quattro categorie: EmergenteChef, EmergentePizza, EmergenteSala ed EmergentePastry. Ogni anno si svolgono prima le Selezioni nord e Centrosud, poi la Finale.

Le competizioni di EmergentePizza hanno avuto inizio sabato 16 marzo con le pizzaiole e i pizzaioli finalisti. La prima prova è stata dedicata alla “pizza fritta”, spesso presente nel menù di ogni pizzeria. I partecipanti hanno anche preparato l’impasto base per la pizza dal tema “no-waste” imposta dal regolamento. Domenica 17 marzo i pizzaioli hanno poi presentato la propria idea di pizza ad una giuria di esperti come Davide Longoni, chef e pizzaioli rinomati come Renato Bosco e giornalisti del settore. Alla fine, due partecipanti hanno concluso la propria sfida con un emozionante ex aequo.

45

Si tratta di Tommaso Filonzi della pizzeria “Il Capriccio” a Monsano (Ancona), nelle Marche e di Luca Pasca, “figlio prediletto” della brigata di Massimiliano Prete della pizzeria “Sesto Gusto” a Torino. Tommaso Filonzi ha presentato nella prova “pizza fritta” la sua “Fine inverno” con cavolo cappuccio marinato, finocchio selvatico e i suoi semi; nella seconda prova, invece, la pizza “no-waste” dal nome “Sentori di primavera” con crema di broccolo e cipollotto, asparagi, salsa di radicchio, cime di broccoli, cipollotti sott'aceto, Parmigiano 40 mesi ed erbe aromatiche spontanee. La pizza fritta di Luca Pasca era invece la “LU-cono” mentre la “no-waste” aveva come nome “Essenza di primavera” e si componeva di asparago di Santena, prosciutto cotto di alta qualità Corona arrosto Levoni, Kinara, tuorlo marinato e maionese all’aceto. Come di consueto, “Le 5 Stagioni” ha assegnato Il “Premio Sostenibilità” che, per questa competizione, è andato ad Alexandra Horghidan della pizzeria “Zia Pizza” a Peschiera del Garda (Verona), in Veneto. Il “Premio Miglior Abbinamento Vini” in collaborazione con “Vite Vis” è andato a Gabriele Ianbrenghi della pizzeria “L’Arte Bianca di Gabriele” a Roma.

Nella mattinata di domenica, a sfidarsi sono stati anche i giovani cuochi del concorso “EmergenteChef”, i quali hanno preparato il menu che la giuria ha valutato nel pomeriggio.

Gli otto finalisti hanno servito tre portate, in aggiunta al cestino del pane e preparato un menù grafico impostato creativamente sulle tematiche delle portate. Il premio è stato vinto da Michele Spadaro del ristorante “Pashà” di Conversano, in Puglia, luogo caro a Maria Cicorella per la sua “stella” e a suo figlio, Antonello Magistà. Tema del menù scelto è stato "Territori: Puglia, Sicilia e poi…". L’antipasto, dal nome “Presente” era

composto da Sivoni, mandorle e tartufo; il primo, dal nome “Passato”, era invece un piatto di Spaghetti al carrubo, capperi e porcini; il secondo piatto, ovviamente “Futuro” era infine un branzino di Aquanaria alle spezie e “cole rizze”. Il “Premio Miglior Pane “, in collaborazione con Agugiaro & Figna Molini, è andato ad Andrea Pasca del ristorante “Condividere” a Torino. Il “Premio Sostenibilità” in collaborazione con “Vite Vis” è stato attribuito a Matthias Kirchler del “Lunaris 1964 Gourmetrestaurant” a Cadipietra, in Valle Aurina. Sempre in collaborazione con “Vite Vis”, il premio “Miglior Abbinamento Vino” è andato a Graziano Pascale del ristorante “Torre del Saracino” a Vico Equense in Campania. I premi sono sostenuti da Acetaia Giusti, Agugiaro & Figna Molini, Alaska Sea Food, Ambrogio Sanelli, Aquanaria, Brazzale, Filicori Zecchini, Fratelli Galloni, Goeldlin, la Fiammante, Le 5 Stagioni, Levoni, Olitalia, Il Pesto di Prà, Urbani Tartufi, Vite Vis e 28 Pastai Gragnano.

46 pizza e pasta italiana aprile 2024
Forni Valoriani, da oltre 100 anni al vostro servizio

Pizza Girls, dove la pizza è femmina

Ci sono cose che nascono per caso e, come spesso capita, dalla casualità viene fuori il genio, il successo, il grande amore.

Ed è quello che è accaduto proprio per Pizza Girls, il primo programma in Italia che ha voluto raccontare la pizza in “rosa”. Cosa non affatto semplice e scontata, soprattutto quando la pizza è sempre stata associata ad un universo maschile. La pizza non è la cucina, non è la pasticceria. La pizza è la pizza e il mestiere del pizzaiolo, antico e riconosciuto nella sua arte come patrimonio Unesco, è quasi un titolo intoccabile che termina con la vocale “o”. Di queste visioni spigolose e poco ampie se n’è accorto subito il regista Carlo Fumo che, nella sua interpretazione spontanea – e a tratti anche ingenua – non aveva mai dato identificazione di genere alla pizza e a chi la fa. “La prima pizza che ho mangiato l’ha preparata mia nonna –ci dice – e, nel corso del tempo, ho sempre associato la figura femminile della nonna con la pizza. Per me la pizza è sempre stata femmina, un legame naturale. Ma, entrando nel mondo delle pizzerie e dei pizzaioli, mi sono reso conto che la mia idea era un’eccezione”.

48 pizza e pasta italiana aprile 2024

Carlo Fumo parla di eccezione; altri, legati a regole e principi quasi camerateschi, potrebbero parlare di eresia; a noi, che abbiamo a cuore l’argomento, piace parlare di una realtà concreta, in crescita e sempre più solida.

Nella nostra chiacchierata, il regista Fumo ci racconta: “Quando nel 2019 mi chiesero un programma sul food, inizialmente pensammo alla pizza per diversificare l’offerta dagli altri format e anche ad una narrazione generica e al maschile. Ma mi sono reso conto immediatamente che mancava la vera narrazione. Le storie dei vari pizzaioli si assomigliavano un po’ tutte, c’era bisogno di una nota più originale e gustosa e le donne in questo sono state una fonte di storie da raccontare, capaci di creare subito empatia e sintonia con il pubblico”. La pizza al femminile a sua volta è diventata, grazie a Carlo Fumo e a Pizza Girls, un tema a tutti gli effetti da affrontare e comprendere: “E i primi a dover comprendere certe dinamiche interne, certe visioni un po’ ottuse, siamo stati noi autori. Il mestiere del pizzaiolo – continua l’ideatore del format - per cultura e tradizione, forse di famiglia, è sempre stato visto come un mestiere per soli uomini: pesanti sacchi di farina, temperature alte del forno, faticose e difficile da gestire, e così via… costruendoci intorno una serie di stereotipi. Luoghi comuni, anche banali, subito smontati dalle protagoniste di Pizza Girls. Un esempio tra tanti: chi non ricorda una giovane e procace Sophia Loren in versione pizzaiola e popolana del secondo Dopoguerra, alle prese con impasti, fritture e tradimenti nel celebre episodio del film L’Oro di Napoli? Tra i tanti falsi storici del cinema, il film svela un’importante verità: a fare le pizze fritte nei vicoli di Napoli per integrare i magri introiti famigliari, a quei tempi erano soprattutto le donne. Eppure, oggi quello della pizza sembrerebbe a prima vista un mondo sostanzialmente maschile, ancor più di quello dell’alta cucina”.

Aspetto, questo, più difficile da smontare. Il mondo pizza, 49 soprattutto quello di lunga tradizione e radicato, ha della figura femminile una percezione per certi versi aliena. E, da quanto si deduce dal racconto del nostro coraggioso regista, questa interpretazione deriverebbe da un’ideologia maschile (o maschilista?) del comparto, che tende a cercare una posizione quasi esistenziale. Ma, guardando le puntate del programma, soprattutto le nuove, è palese che il problema posto non sussiste proprio. Nell’arco delle cento puntate trasmesse – e anche nelle prossime - sulla tematica della pizza al femminile si è detto tanto e il binomio “pizza-femmina” è stato esplorato e raccontato dalle voci delle protagoniste che si sono alternate in questi anni. Intorno alla pizza, sono stati raccontati sogni, desideri, vite personali, difficoltà e successi. In ogni serie, abbiamo conosciuto ragazze con la loro forza, caparbietà, ma anche paure e fragilità. Donne che si sono raccontate: chi con timidezza e chi con simpatia e coraggio ma tutte innamorate del proprio lavoro e capaci di trasmettere a chi guarda la loro passione per la pizza.

Per questo motivo, Pizza Girls, come prima serie TV sulla pizza al femminile dedicata alle donne, rappresenta un elemento di grande originalità e innovazione nel panorama della serialità televisiva e nella comunicazione crossmediale, legata al mondo del food. Una trasmissione nata in forma sperimentale, su un canale digitale con un’offerta tutta al femminile, che ha collezionato 3 stagioni e 100 puntate totali dal 2019, di cui solo la prima ha registrato 5 milioni di audience.

Ogni anno, durante il Campionato mondiale della pizza, abbiamo la fortuna di assistere a una passarella al femminile dove il numero delle pizzaiole, seppur inferiore a quello degli uomini, cresce sempre più, conquistando le nuove generazioni, che innovano e rinnovano il settore sotto tutti i punti di vista.

Ora Pizza Girls torna ad aprile con una quarta stagione. E per di più sulla tv pubblica.

Un programma che ha saputo mettere sotto i riflettori non solo le singole pizzaiole ma un mestiere possibile per ogni donna, che se si tinge di rosa sa essere più creativo, più preciso ed etico, più sostenibile. E come ci tiene a sottolineare Fumo: “Questo programma ha avuto la forza di dare ad ogni singola pizzaiola maggior valore agli occhi del pubblico e della clientela ma anche di farle crescere personalmente. Le conosco tutte e posso dire che dalla prima all’ultima puntata sono tutte più sicure e consapevoli di essere delle artiste della pizza. E anche alcuni marchi se ne sono resi conto. E da qui mi accorgo che le cose stanno cambiando in meglio”. Un progetto che si è autoalimentato, che è cresciuto e si è saputo posizionare in alto e si presenterà completamente rinnovato. Ma come cambia in questa nuova stagione 2024 sempre firmata da Carlo Fumo?

“In questa nuova stagione, scopriremo il racconto approfondito di 8 "maestre pizzaiole" e, per la prima volta, ci sarà una conduttrice, la campana Angela Tuccia affiancata da una giovane inviata d’eccezione, la pugliese Fabrizia Santarelli che, in ogni puntata della durata di 50 minuti, si collegherà dalla casa di Alessandro Servidio, Pizza Chef conosciuto come il

ragazzo che ha insegnato a tutta Italia a fare la pizza a casa. Al termine, come nelle precedenti edizioni, i consigli nutrizionali per ogni puntata da parte della biologa nutrizionista Alessandra Botta. La grande novità del nuovo format è rappresentata dalle sfide che dovrà affrontare ogni singola pizzaiola; la prima è quella di realizzare una pizza che ricordi e rievochi le gesta di donne italiane che hanno cambiato le sorti dell'intera umanità, esportando il made in Italy in tutto il mondo e in vari settori, come Margherita Hack, Gina Lollobrigida, Rita Levi Montal-

50 pizza e pasta italiana aprile 2024

cini, Bebe Vio, Mina, Alda Merini, Samantha Cristoforetti, Sophia Loren. Infine, in ogni puntata si aggiunge la "pizza fatta in casa" che verrà fatta proprio da un esperto del “genere” come Servidio nella seconda parte del programma”.

Avremo presto il piacere e la curiosità di conoscere le storie personali e lavorative di Concetta Esposito, Francesca Calvi, Helga Liberto, Eleonora Orlando, tutte new entry di questo 2024 e poi Francesca Gerbasio (sempre presente dalla prima serie), Federica Mignacca, Petra Antolini e Roberta Esposito, volti già noti della trasmissione. Scopriremo le loro passioni, i loro segreti del mestiere, le vedremo lavorare in studio e nelle loro pizzerie, entreremo come ci fa capire Carlo Fumo nelle loro vite.

Pizza Girls sarà trasmesso prima su Rai Italia e Rai Premium e poi su Rai2 e in streaming su Rai Play.

SIAMO PIZZAIOL*

Siamo nel 2024 e ancora ci interroghiamo sulla differenza di genere: quanto siamo “indietro”? Partiamo col dire che più che di “generi” bisognerebbe parlare di “esseri umani” che vivono ogni giorno un mondo sempre più complicato, non solo dal punto di vista imprenditoriale.

Ho cominciato a lavorare in pizzeria 24 anni fa e devo dire che non è stata proprio una passeggiata far accettare alla gente che una donna potesse stare dietro ad un bancone a fare le pizze. Le novità spaventano e credo sia proprio questo il problema: riuscire ad accettare che altri esseri umani possano agire o essere diversi dallo standard, da quello che, secondo noi, è la normalità.

Devo dire che, per fortuna, oggi le cose sono diverse; per quanto mi riguarda, chi viene in pizzeria sa di trovare una donna dietro il banco e chi non lo sa pare non stupirsi più di tanto. Forse chi ancora fatica ad accettare in qualche modo questo “cambiamento” sono proprio i colleghi pizzaioli di sesso maschile.

Non abbiamo dunque ancora raggiunto le “pari opportunità” ma non dobbiamo farci intimorire dagli stereotipi. Non esistono mestieri adatti ad un genere specifico ma dobbiamo fare nella vita ciò in cui possiamo brillare.

Come avrete capito, per me non è importante il genere ma lo sono la passione, la determinazione e la costanza che una persona prodiga nel proprio lavoro e, se qualcuno non ci accetta, pazienza! A volte i veri limiti sono nella nostra testa.

51
www.scuolaitalianapizzaioli.it info@scuolaitalianapizzaioli.it

di Noemi Caracciolo

Mareme Cisse

Mareme Cisse – originaria del Senegal – è una cuoca, una mamma e una donna forte che, sorretta dall’amore per i propri figli, il Bel Paese divenuto la sua casa e la passione per il suo lavoro, risponde all’ignoranza con la gentilezza. Una qualità che esprime attraverso la bontà dei suoi piatti e che inebria l’anima di chi li assaggia.

È la prova che il più becero razzismo, ancora troppo diffuso, può essere fronteggiato con caparbietà, perseveranza e ascoltando il proprio cuore. Attualmente chef del ristorante “Ginger people&food” ad Agrigento, si impegna nel promuovere importanti iniziative insieme alla cooperativa sociale “Al Kharub”, il cui obiettivo è creare inserimento lavorativo per persone con svantaggio sociale. La sua cucina è un mix tra sapori africani e siciliani. Un connubio che vuole esprimere l’importanza del cibo, puntando sulla sua capacità di favorire l’interazione tra le persone e la valorizzazione di tutte culture. Mareme è campionessa mondiale di cous cous: ha vinto la prima edizione di “Cuochi d’Italia-Campionato del Mondo” e il suo ristorante ha ottenuto la Chiocciola della guida “Osterie d’Italia” dal 2023 e molti altri riconoscimenti.

Sig.ra Cisse, mi racconti la sua storia

Sono in Italia da tanti anni e vivo qui con i miei quattro figli. Ho aperto il mio ristorante “Ginger” insieme alla mia cooperativa “Al Kharub” nel 2014; inizialmente era un take away, divenuto poi un ristorante. Ci troviamo in una realtà di periferia del profondo sud, spesso ancora culturalmente non aperta alle novità di tendenza già strutturate altrove. Questo sta condizionando non poco il nostro percorso.

Quando si è innamorata della cucina?

Ho cominciato a cucinare a casa fin da piccola ed è sempre stata la mia passione, fino a quando sono arrivata ad essere la cuoca di un ristorante che sento mio.

52 pizza e pasta italiana aprile 2024

In un Paese non suo e con quattro figli da crescere si è rimboccata le maniche senza mai arrendersi. Come ha fatto e come fa a gestire tutto? Dove trova la spinta per affrontare il “domani”?

Certamente la condizione di mamma e di cuoca di un ristorante è complessa ed estremamente faticosa. Le difficoltà nella vita non mancano per nessuno. Ci vogliono molta determinazione, passione, amore e anche la collaborazione di famiglia e amici. Per me e la mia cultura, il lavoro è fondamentale, anche per le donne e non è concepibile una persona che non si adoperi per poterne avere uno. Va svolto con diligenza e anche sacrificio, se necessario. Questi valori sono molto presenti nella mia famiglia e nella mia religione.

53
+39 (0)544 55 31 53 coreepizza.it
Contattaci per ricevere i tronchetti Core&Pizza direttamente al tuo locale
alto
il nuovo tronchetto dalle alte prestazioni rendimento e lunga durata le nuove scanalature fanno passare aria facilitando accensione e combustione non rotola nel forno Solo per pizzerie Core&Pizza Q-brick Il tronchetto quadrato Core&Pizza Turbo Il tronchetto con il foro IL VERO TRONCHETTO DI FAGGIO

Ancora oggi, nonostante sia così apprezzata e affermata, purtroppo a causa di una forte ignoranza ancora troppo radicata, si trova a vivere situazioni poco piacevoli.

Come reagisce? Quale commento si sentirebbe di esprimere?

Purtroppo, nel nostro Paese, il cammino per un riconoscimento del valore di tutte le persone è ancora molto lungo e ci vuole tanta pazienza.

Con la cooperativa “Al Kharub” avete raggiunto tanti obiettivi, per esempio il “Ginger people&food” è nella Guida delle Osterie d’Italia di Slow Food.

Tutto è frutto del sacrificio e della costanza di tutti noi. Ogni obiettivo raggiunto è motivo di grande soddisfazione e di forza per continuare ad andare avanti nonostante le tantissime difficoltà.

Mi racconti un po’ la sua cucina: quanto è diffici-

le trovare un connubio tra le tradizioni culinarie africane e siciliane?

Non si tratta di un semplice mix ma di una rielaborazione e reinterpretazione della cucina tradizionale, partendo dai prodotti del territorio. Tutto ciò che creo è espressione della mia esperienza, dei miei approfondimenti e dei confronti con altre persone. Questo è tutto. Possiamo dire che questa è la mia cucina, senza etichette. Forse la cucina di domani?

Non lo so, qualcuno lo dice e non mi dispiace. D’altronde la cucina è sempre stata in continua evoluzione.

54 pizza e pasta italiana aprile 2024

STOP AI FURBETTI DELLE CONSEGNE!

Consegni Pizza a

Consegni Pizza a domicilio?

domicilio? Proteggi e distinguiti con Sicurbox® allo stesso prezzo di una normale scatola!

Proteggi e distinguiti con Sicurbox® allo stesso prezzo di una normale scatola!

Sicurbox® è la prima scatola per pizza anti-manomissione allo stesso costo normale, semplice da chiudere… ma non da aprire!

Sicurbox® è la prima scatola per pizza BREVETTATA anti-manomissione allo stesso costo di una scatola normale, semplice da chiudere… ma non da aprire!

Grazie, infatti, alle due alette “lucchetto” permette di chiuderla e non renderla più accessibile se non strappando le due linguette di sicurezza.

Grazie, infatti, alle due alette “lucchetto” permette di chiuderla e non renderla più accessibile se non strappando le due linguette di sicurezza.

Anche il montaggio resta identico alla classica scatola non rallentando il pizzaiolo, l’unica cosa in più che si fa è un “clack” finale una volta riposta la pizza nella scatola prima di darla in consegna.

Anche il montaggio resta identico alla classica scatola non rallentando il pizzaiolo, l’unica cosa in più che si fa è un “clack” finale una volta riposta la pizza nella scatola prima di darla in consegna.

Il nostro sistema Sicurbox® è inoltre disponibile su tutti i formati di scatola, anche per panini, fritti o altro cibo!

Il nostro sistema Sicurbox® è inoltre disponibile su tutti i formati di scatola, anche per panini, fritti o altro cibo!

Distinguiti dalla Concorrenza!

Sii il primo ad aggiungere il gusto sicurezza ad ogni tua pizza!

Distinguiti dalla Concorrenza! Sii il primo ad aggiungere il gusto sicurezza ad ogni tua pizza!

Visita www.sicurbox.it

scopri come funziona e richiedi subito un preventivo!

un marchio di

Sicurbox® è un marchio di
Visita www.sicurbox.it
come funziona e
un preventivo! Sicurbox® è
STOP AI FURBETTI DELLE CONSEGNE!
scopri
richiedi subito

Qual è secondo lei l’impatto della sua cucina sul territorio in cui vive?

Credo che la cucina, insieme alla musica, siano strumenti straordinari per valorizzare le culture e le interazioni tra le persone, per dare origine a innovazione e bellezza.

Il suo piatto forte è il cous cous, tant’è che ha vinto il “World Couscous Championship” di San Vito Lo capo e so che lo propone in tre versioni. Scelga la sua preferita e mi racconti come lo prepara.

Il cous cous fa parte della mia cultura. In realtà, io lo posso cucinare in infiniti modi, un po’ come la pasta o il riso. Nel mio ristorante, lo propongo nella versione con verdure che cambia sempre, anche in funzione delle stagioni; nella versione con l’agnello, che è uno dei più richiesti e in quella con il pescato del giorno, anche questo in funzione delle stagioni.Naturalmente, uso semola di grano duro siciliano bio che lavoro a mano e cuocio a vapore, come da tradizione.

Un altro piatto preferito che non sia il cous cous?

I miei risotti sono molto apprezzati e sembra non sfigurino rispetto alle tradizioni gastronomiche di alcune regioni del Nord Italia. In particolare, a me piace molto quello con gli asparagi, mantecato con la robiola di capra girgentana, ma c’è anche tanto altro...

56 pizza e pasta italiana marzo 2024
aprile
049 5952065 info@molinocosma.com molinocosma molino.cosma molino cosma LA FARINA CHE SORPREND VENITE A TROVARCI AL CIBUS DI PARMA: PAD 6, STAND 37

IL PANE AL RISTORANTE E IN PIZZERIA

di Giampiero Rorato

58 pizza e pasta italiana aprile 2024
Ristorazione domani

soffermiamo oggi su un ingrediente fondamentale dell’alimentazione umana, più importante nei ristoranti tradizionali che nelle pizzerie, anche perché in pizzeria i carboidrati sono già presenti nel disco di pasta. Ho comunque unito ristoranti e pizzerie sia perché il pane, pur in forme diverse, è presente ovunque, sia perché sono di più i locali misti (ristorante con pizzeria o pizzeria con ristorante) che i locali tradizionali. È interessante notare come sono in aumento i pizzaioli che, spesso con vera maestria, con la pasta per la pizza preparano anche il pane, sia impiegando il lievito di birra che la pasta acida (detta anche lievito madre). Quello che in questo mese mi preme far notare ai nostri lettori è però come, in generale, nel mondo della ristorazione, sia decisamente in aumento l’interesse e l’attenzione per il pane, alla sua qualità, alla sua forma, alla sua freschezza. In anni non lontani, girando per ristoranti quale ispettore di una guida gastronomica, mi è toccato di vedere anche in ristoranti cosiddetti stellati uscire dal magazzino del pane surgelato che poi, completata la cottura, veniva servito ai clienti. Questo modo di considerare il pane come prodotto secondario della ristorazione è oggi quasi ovunque totalmente superato, perché ristoratori, cuochi e pizzaioli si sono convinti che il pane può qualificare o anche squalificare un locale di ristorazione.

FATTO IN CASA O ACQUISTATO DAL FORNAIO?

È ancora molto prevalente il numero di ristoratori e cuochi che acquistano il pane da un fornaio artigiano del paese o del quartiere cittadino dove si trova il ristorante e, negli ultimi tempi, la ricerca del bravo fornaio artigiano si è fatta molto più attenta. Conosco bravi titolari di ristoranti che hanno visitato diversi fornai prima di scegliere, informandosi bene sulle farine impiegate, sui lieviti e sulle tecniche di lavorazione, sulla tipologia delle forme, arrivando dopo un periodo di ricerca, di confronto e di attenta

degustazione alla scelta definitiva. I meno giovani sanno quanto sia piacevolmente attraente il profumo del pane appena uscito dal forno e quanto siano importanti, oltre al profumo, la fragranza e il gusto. Ci sono ristoranti dove si mangerebbe anche solo il pane tanto è buono, figlio di un’arte panificatoria in cui tutti gli ingredienti e i vari passaggi di lavorazione sono attentamente curati e collaudati. Perché, come ben sanno i nostri lettori, gli ingredienti principali sono due: la farina e il lievito.

I GRANI STORICI E QUELLI MODERNI?

Una seconda serie di varietà, dette “storiche”, sono quelle realizzate nella prima metà del secolo scorso dall’agronomo e genetista marchigiano Nazzareno Strampelli (1866-1942) di cui ricordiamo il grano duro Senatore Cappelli e i grani teneri Ardito, San Pastore, Mentana, Marzotto, ecc., alcuni dei quali ancor oggi coltivati, dando ottime farine per la panificazione. Poi c’è tutta una serie di ottimi grani “italiani moderni”, frutto di incroci realizzati da genetisti italiani e sperimentati

inizialmente in Italia. Ci sono poi grani di varia importazione e non tutti regalano al pane profumo, croccantezza, sapori e fusti come i grani antichi e come diversi di quelli realizzati dallo Strampelli. La gran parte dei bravi panettieri artigiani – categoria da difendere e valorizzare, preziosa per assicurare l’eccellenza della cucina italiana – conosce bene le differenze fra le farine e sa scegliere con cura a seconda delle esigenze e delle tipologie di pane prodotto.

CI
59

Ristorazione domani

Il secondo fattore è dato dal lievito e qui gli impieghi sono diversi. In passato, anche nelle case di campagna, si confezionava il pane facendo fermentare l’impasto con la pasta acida (che era un pezzo della pasta preparata la settimana precedente). I panettieri affermano (ma anche molti pizzaioli, in verità) che usare con il lievito madre per preparare il pane, come anche la pizza, ha dei risultati davvero eccellenti.

Poi, come si sa, il merito di aver fatto conoscere ufficialmente il lievito di birra va allo scienziato francese Louis Pasteur nel 1857. Anche questo lievito, se ben impiegato, dà ottimi risultati. Comunque, la fase di lievitazione della pasta è fondamentale, cosa questa ben conosciuta da tutti i pizzaioli oltre che dai panificatori e dai produttori di dolci lievitati (panettone, pandoro, ecc,). accompagna ottimamente i piatti locali e non solo quelli.

MA SOPRATTUTTO L'’UOMO

Quanto fin qui illustrato non basta per qualificare un serio agriturismo, perché l’evoluzione del settore esige molto altro, a cominciare da una intelligente “location” (questa parola straniera rende bene l’idea) che racconti a chi arriva la campagna d’attorno e che sia un luogo di sobria eleganza e di piacevole godibilità visiva. La casa – solitamente vecchie case contadine dei secoli passati - va sapientemente curata per mostrare a chi arriva il suo aspetto più bello, con abbondanza di fiori e, attorno, alberi da frutta e angoli verdi e ben tenuti dove i più piccoli possono giocare in sicurezza. A volte, e sempre più spesso, ci sono anche animali che piacciono ai bambini, cavalli, asini, anche struzzi, lama, ecc. Molto importante è poi il servizio. Oggi in ogni agriturismo entrano degli stranieri e serve poter accoglierli con almeno qualcuno che parli una o più lingue straniere, soprattutto l’inglese. E il personale di sala deve conoscere bene i piatti che serve,

anche la loro storia, oggi sempre più richiesta specie dagli stranieri molto attenti a queste cose. Infine, c’è il prezzo. In passato, si andava negli agriturismi per spendere poco e si mangiava di conseguenza: se così non fosse stato, l’azienda sarebbe fallita. Oggi, ma sempre più in futuro, si andrà per mangiare bene le tipicità del territorio, in un luogo caldo e accogliente: quindi, una cucina locale sana e ben realizzata, capace anche di rispondere a sani principi alimentari, aspetto quest’ultimo molto importante. Di conseguenza, il costo di un pranzo o di una cena può essere tranquillamente e giustamente superiore a quello di una normale trattoria. Ci sono già ovunque in Italia degli ottimi agriturismi; l’augurio è che aumentino, conservando le caratteristiche casalinghe, nel quadro di un proprio serio e moderno progetto gastronomico, senza erroneamente imitare l’altra ristorazione, anche la più buona e la più celebrata.

I
LIEVITI
60 pizza e pasta italiana aprile 2024

La

Tipo 0 Pura e Autentica che nasce dalle parti più nobili del chicco

Senza additivi e miglioratori enzimatici

Filiera corta, italiana e certificata

Linea di farine da filiera certificata UNI EN ISO 22005 prodotta in collaborazione con oltre 100 aziende agricole emiliane.

Le nostre farine ORO PURO PIZZA BLU W270 e ORO PURO PIZZA ROSSA W320 rappresentano la nostra idea di pizza: fragrante e leggera. Sono il frutto della ricerca e della selezione meticolosa delle parti più nobili e nutrienti del chicco. Porta in tavola l’autenticità della tradizione italiana e l’eccellenza dei sapori moderni. Scopri il segreto per una pizza indimenticabile.

molinosulclitunno.com Seguici su Guarda come nasce ORO PURO

Lezioni di marketing PARTE 2 a

Domenico Maria Jacobone

Come si applica la strategia omnichannel nella ristorazione? Proviamo a fare qualche esempio partendo dall’osservazione delle esperienze legate al mondo del vino: dallo stile delle degustazioni dei primi anni 2000, che sembravano una lezione di anatomia patologica universitaria, siamo passati ad un grado sempre minore di formalismi e alla ricerca di un maggior contatto e scambio con il consumatore. Questo cambiamento giunge a valle di un decennio in cui questo approccio caratterizzato da termini troppo aulici aveva allontanato i clienti dall’acquisto del vino a favore di prodotti più “semplici” e meno rischiosi nella scelta, come birra e bevande.

La Omnichannel Customer Experience nella ristorazione

A proposito di negozi, nel mondo del vino abbiamo assistito alla progressiva trasformazione e adattamento anche delle enoteche, che una volta vendevano e “consigliavano” il vino. Dopo anni di declino a favore dell’acquisto sempre più frequente al supermercato, oggi le enoteche vivono per certi aspetti una nuova era. Spesso, sono sopravvissute evolvendo la proposta con una strategia omnichannel , con un negozio fisico che ha anche una parte dedicata al commercio online e, nel contempo, uno spazio tradizionale che si è trasformato in luogo di ritrovo, dove si fa esperienza, formazione e consumo del prodotto. Si tratta dunque di un circolo virtuoso

basato sulla fiducia, con una buona iniezione di conoscenza e ricerca di prodotti un po’ fuori dalle rotte commerciali e un sano approccio alle opportunità IT;

un luogo di confronto e dialogo aperto anche ai meno esperti,

che si lasciano guidare nella conoscenza e nella scelta fino a diventare consumatori informati e fedeli che acquistano in presenza o a domicilio dallo stesso soggetto.

62 pizza e pasta italiana aprile 2024
CURA DI
A

Parto dal vino per connettermi al mondo della ristorazione e della pizzeria, un “fil blanche, rosé o rouge” a seconda del gusto, ma che può essere un buon punto di partenza per “rivoluzionare” un po’ l’esperienza del cliente anche nel mondo della ristorazione. Contrariamente al retail, che in moltissimi casi era già pronto ad una rapida conversione, nella ristorazione l’avvento del Covid-19 ha fatto emergere l’inadeguatezza dell’approccio al cliente. Durante la pandemia, seppur in regime di lockdown, in moltissime zone si poteva fare la spesa a domicilio, acquistare elettrodomestici e mobili online, incontrarsi virtualmente tramite social o affacciarsi al balcone e chiacchierare coi vicini ma i ristoranti avevano le serrande chiuse e spesso nessuna connessione con i clienti:

era la fine di un’epoca o l’inizio di una rivoluzione?

In questi anni stiamo probabilmente scrivendo la storia. L’OCX (Omnichannel Customer Experience) nella ristorazione serve proprio a rimanere connessi e vicini alla clientela, ad integrare esperienza e unicità che mettano in relazione ristoratore e cliente in un rapporto fatto di esperienza ma con la possibilità di fruire in più modi del prodotto. Ad esempio, già nel 2010, il ristorante “Cipriani” di New York, quasi dirimpettaio del celebre negozio “Apple” di Central Park, aveva la carta vini inserita su iPad. Rispetto alle nostre carte vini in voluminosi tomi rilegati in pelle e con mille pagine e referenze, al “Cipriani” c’era già la possibilità di una scelta interattiva che diventava un vero e proprio viaggio nel prodotto e negli abbinamenti. Sembrava fantascienza, si tratta solo di pochi anni fa e invece oggi possiamo sa -

pere tutto della bottiglia che abbiamo scelto ed arrivare virtualmente nel vigneto del produttore semplicemente inquadrando un QR code con il nostro smartphone. Vi aggiungo un breve racconto, in modo da farvi percepire cos’è un’esperienza omnichannel: “Ho preso l’auto perché non volevo rischiare di bagnarmi ma anche il resto della città ha fatto lo stesso pensiero e sono fermo in coda a quindici isolati da casa.

Mi giro e vedo l’insegna di un nuovo ristorante che mi ricorda qualcosa di familiare, anche se “Sole e Mare” in una città distante dalla costa e, per giunta, con la pioggia, mi sembra un azzardo. Il semaforo verde scatta e mi fiondo verso casa. Fa freddo e, dopo un frettoloso pranzo, comincio a lavorare. Nel tardo pomeriggio mi sovviene il ricordo di quell’insegna,

63

prendo lo smartphone e cerco il ristorante: è su Google.

Per fortuna hanno inserito tutto: orari, foto, menù e le prime recensioni dei clienti. Interessante, magari una di queste sere ci vado. Nel frattempo, apro il link che mi collega al sito, lo trovo bello e facilmente navigabile da telefono ma voglio vedere bene le foto e lo apro da pc. È fatto proprio bene: veloce, semplice, con le descrizioni di chi ci lavora e perché; le proposte culinarie sono chiare e ben fotografate. Cattura la mia attenzione il fatto che propongono anche un menù delivery e mi omaggiano il costo della prima consegna per provare. Visto che stasera è freddo e piovoso, sono da solo e non ho troppa voglia di cucinare, li chiamo ed ordino. Anzi, meglio, visto che una pubblicità mi suggerisce di farlo, scarico la loro app e per scegliere leggo il menù delivery, guardo le foto e la descrizione dei piatti, il video dello chef che mi fa vedere la cucina e il pescato del giorno, scelgo anche il vino in abbinamento.

Lascio i miei dati, scelgo l’ora, pago in digitale e mi sono tolto un pensiero: questa sera lo sforzo maggiore della cena sarà apparecchiare! Ricevo un avviso dall’app che mi conferma la partenza del fattorino, che in effetti è quasi arrivato e mi citofona, perfettamente in orario, quando ho appena messo l’ultima posata a tavola! Il fattorino è in divisa, ha una bella giacca impermeabile che mima una divisa da cameriere in smoking, è bagnato ma gentile e simpatico, gli lascio una congrua mancia e porto in casa i miei piatti.

Ceno, assaggio, condivido foto con gli amici e racconto di questa esperienza. Sono diventato un “ambassador” del ristorante e nemmeno me ne sono reso conto. Poi, un’altra notifica a distanza di un paio d’ore mi chiede di valutare cena e servizio. Questa si che è attenzione! E, già che ci sono, scrivo anche una bella recensione online che condivido con tutta la mia rete.

di posto “conosciuto” anche se è la prima volta che son qui. Tornerò e continuerò a parlarne perché raramente mi sono sentito al centro di un’esperienza così strettamente seguito”.

Questo è un esempio di esperienza omnichannel , non ho inserito il ritiro tramite corsie drive, i ledwall per gli ordini, i concorsi e tanto altro che sarebbe stato inappropriato a questo format ma domani la mia esperienza potrebbe essere integrata dal cuoco che, tramite un visore 3D, mi invita in cucina a vedere come sta preparando il piatto che ho ordinato in delivery, che mostrerò ai miei ospiti. Il futuro è già qui, dobbiamo solo aprirgli la porta!

Vengo ringraziato dal ristorante per la mia recensione

e la mia vita continua qualche giorno senza altre interazioni, se non i commenti con conoscenti e colleghi. Una decina di giorni dopo, vengo invitato ad usare l’app anche per prenotare un posto al ristorante e mi omaggiano un calice di Prosecco al tavolo per ringraziarmi di essere andato a conoscerli e trovarli, mi accolgono per nome, mi fanno accomodare e un cameriere gentilissimo mi aiuta nella scelta, ricordandomi cosa ho già ordinato online. La serata passa serena e tranquilla tra una chiacchiera ed un calore che tangibilmente si coglie nell’atmosfera del ristorante. Una sensazione di comfort,

64 pizza e pasta italiana aprile 2024
35°C

LA BIRRA

68 pizza e pasta italiana aprile 2024
di Alfonso Del Forno

2. Portafoglio di marchi e stili: variegato ed eccitante

Un ampio portafoglio di marchi e stili è un indicatore di un selezionatore che ha curato attentamente la sua offerta. La diversità nelle birre proposte può soddisfare una vasta gamma di palati, consentendo al tuo ristorante di attirare un pubblico più ampio. Chiedi al selezionatore quali marchi rappresentano e come selezionano le birre per garantire una gamma equilibrata e stimolante.

3. Relazioni con i produttori: la chiave per la freschezza e la qualità

La freschezza è cruciale quando si tratta di birra e una solida rete di relazioni con i produttori è essenziale. Un selezionatore che ha legami stretti con i birrifici può garantire che le tue scelte siano sempre fresche e in linea con gli standard di qualità. Chiedi al selezionatore come gestiscono la rotazione delle birre e come si assicurano che i prodotti siano sempre al massimo della loro freschezza.

69

LA BIRRA

4. Approccio alla sostenibilità: un elemento da non sottovalutare

La sostenibilità è un tema sempre più rilevante nel mondo delle birre artigianali. Scopri se il selezionatore di birre che stai considerando ha un approccio sostenibile nella sua selezione, supportando birrifici che adottano pratiche eco-friendly. Questo non solo rispecchia una sensibilità alle questioni ambientali ma può anche aggiungere un valore etico alla tua offerta di birre.

5. Testimonianze e recensioni: la voce della comunità di ristoratori

Guardare alle esperienze di altri ristoratori può offrire preziose informazioni sulla reputazione e l'affidabilità di un selezionatore di birre. Cer ca testimonianze e recensioni online, partecipa a comunità di ristoratori per scambiare opinioni e consigli. Questo può darti un quadro più com pleto delle esperienze degli altri e aiutarti a prendere una decisione informata.

aggiuntivi: training e supporto costante

Oltre alla selezione di birre, valuta anche i servizi aggiuntivi offerti dal selezionatore. Un buon supporto formativo può essere essenziale per il tuo staff, aiutandoli a comprendere le birre proposte e a consigliare i clienti in modo competente. Chiedi se offrono sessioni di formazione o eventi di degustazione per il personale del tuo ristorante.

7. Scelta del selezionatore di birre come investimento a lungo termine

Scegliere il giusto selezionatore di birre per il tuo ristorante è un investimento a lungo termine nella soddisfazione del cliente e nel successo del tuo locale. Con un'attenta considerazione degli aspetti menzionati, puoi costruire una selezione di birre che rifletta la tua visione culinaria, attraendo un pubblico diversificato e fidelizzando i clienti con esperienze di degustazione indimenticabili. Non sottovalutare il potenziale di una selezione di birre di qualità nel contribuire al successo globale del tuo ristorante.

70 pizza e pasta italiana aprile 2024
WWW.MOLINOCASILLO.COM PER PIZZE D’AUTORE , SCEGLI LE NOSTRE FARINE CON GERME DI GRANO . GUSTOSE, DIGERIBILI E DALLE PREGIATE PROPRIETÀ NUTRIZIONALI. L’ECCELLENZA È SERVITA.

E se il pub del futuro fosse senza alcol?

unA “PAzzA iDeA”

Che ARRivA DALL’IRLAnDA.

Bere senza alcol ma senza perdersi il gusto di un cocktail o di una birra?

Si può… Una formula sperimentale, che ha fatto timidamente capolino qualche anno fa e che nel corso dell’ultimo lustro ha conquistato la sua platea di fan e di “santi bevitori”.

Il “no alcol” è infatti uno dei food trend del 2024, che pare sia destinato a rafforzarsi nei prossimi mesi, abbracciato con entusiasmo dalla Generazione Z e dai Millennial che sanno bere “alternativo” ma anche da produttori e mixologist. Questi ultimi in particolare si stanno, infatti, orientando verso una serie di cocktail analcolici, che promettono di avere lo stesso gusto degli iconici drink ma senza apporto alcolico (e calorico, così per non avere sensi di colpa).

72 pizza e pasta italiana aprile 2024

Siamo davanti a una visione più salutare del bere e del mangiare?

Sicuramente non diventeremo astemi ma si stanno delineando nuovi consumi e nuovi forme di esperienza anche dell’intrattenimento a tavola. La grande novità analcolica arriva da Dublino con il “Board”, il primo pub della città senza alcol e con tanti giochi da tavolo. Qui si servono birre artigianali, mixology di ricerca ovviamente tutto alcol free e vige una sola regola: “Chi perde paga il prossimo giro!”

Di recente apertura, “Board”, che ha inaugurato a febbraio 2024, ha già riscosso un inaspettato successo di pubblico. Siamo nel cuore della capitale irlandese e soprattutto di fronte ad un nuovo concetto di pub. La particolarità di Board sta tutta nell’offerta: bevande analcoliche e ben 200 giochi da tavolo. In poco tempo, questo locale “alcol free” è diventato il posto dove passare una serata in compagnia senza risvegli con il mal di testa. Quindi, dimenticate lo stereotipo del classico

pub irlandese e proiettatevi verso un’esperienza completamente nuova, dove vivere l’atmosfera accogliente e calorosa del tradizionale pub, ma senza alcol e con il divertimento assicurato. Facciamo un giro da “Board” per capire come funziona e cosa si trova. Al centro del locale, c’è il grande bancone con una vasta gamma di birre artigianali alla spina tutte rigorosamente analcoliche, tra cui la famosa Guinness 0.0 e altre IPA, scure, aromatiche alla frutta, lager, pils, pale ale, heller e golden ale. Per gli amanti dei cocktail, Board propone una lista intrigante e varia di mocktails, che non hanno nulla da invidiare ai classici Gin Tonic, Aperol Spritz e Bloody Mary. Mentre per gli amanti dei liquori, c’è una selezione di 30 proposte analcoliche davvero sorprendente e poi non mancano nemmeno kombucha, sidro analcolico e una carta di vini con etichette “de-alcolate” di alta qualità, frizzanti e ferme. E la cucina? Come nella migliore tradizione irlandese, la cucina è sempre aperta e da “Board” è pos-

sibile gustare piatti salati e dolci preparati al momento. Il menù offre anche una sezione vegana e dalle 16 in poi si sforna la pizza. “Board è il luogo ideale per chi desidera divertirsi e socializzare in un ambiente sano e sicuro, senza rinunciare al gusto e al piacere di una birra o un cocktail”, ci raccontano i titolari – “e, oltre a bere, mangiare e fare due chiacchiere, si gioca e ci si diverte”. Con oltre 200 giochi da tavolo a disposizione dei clienti, l’offerta ludica non manca ed è completamente gratuita: si va dai classici Monopoly e Yahtzee, agli “strategy games” Risiko e Catan o il super competitivo Articulate! C’è spazio anche per i clienti più meditativi, con un angolo dedicato agli scacchi. E, come in tutti i pub che si rispettino, in calendario ci sono serate di musica (tra cui il jazz), comicità, quiz, bingo e proiezioni sportive di grandi eventi. Ma il “Board” non è il primissimo pub alcol free della storia: se facciamo un salto indietro nel tempo, già nel 2019 assistiamo a un esperimento.

73

Apre sempre a Dublino, città che ha fatto un vanto della cultura goliardica del pub, il “ Virgin Mary Bar” rigorosamente “alcol free”. Una sfida all’epoca ambiziosa che puntava tutto su una nicchia di mercato destinata a crescere e cercava di offrire anche delle alternative all’alcol varie e di qualità. Non a caso la drink list dell’epoca fu firmata dalla bar manager Anna Walsh, già premiata in passato per le sue miscelazioni analcoliche, di grande personalità e che vogliono e possono piacere anche a chi di solito ordina cocktail convenzionali. Oggi continua la strada iniziata dalla Walsh il nuovo Beverage Director Alex Morrel, con i suoi cocktail, puliti ed equilibrati.

Tornando ai consumi di bevande analcoliche e/o a basso contenuto alcolico, possiamo confermare che questi sono in aumento. E, per farvi capire in che direzione stiamo andando, vi diamo qualche numero.

+ 5% 1/5 il 41% dei millennials il 21% Della generazione Z consumo di bevande no/low alcol

Delle nuove geneRaziOni opta per bevandE AnaColiChe

I consumi di bevande “no/low alcol” sono cresciuti del 5% nel 2023, con un valore di mercato di 13 miliardi di dollari (ad oggi rappresentano l’1% del mercato globale), con previsioni di crescita del 6% annuale fino al 2027.

E sono proprio le nuove generazioni che guidano la tendenza, con quasi un quinto che ha optato per bevande analcoliche nell’ultimo anno; in particolare, oltre i classici soft drink, sono birra, vino e cocktail analcolici che si presentano come offerta innovativa e alternativa per tutti i gusti.

Un trend che si è innescato in modo particolare dopo la pandemia, periodo in cui l’acquisto di vini e superalcolici ha avuto dei veri picchi con conseguenze sui consumi: “Nel periodo della pandemia ci siamo accorti che bevevamo decisamente troppo – ha dichiarato a “Forbes” il capo della ricerca di “Marketplace” – cosa che ha coinvolto tutte le generazioni in modo trasversale”. E ora Gen Z e millenial, a riprova di un’inversione di rotta, lanciano su TikTok il trend della sobrietà. Di che si tratta? Sui social si sta diffondendo la “Recovering Party Girl”, con cui si raccontano episodi di esagerazione alcolica e di come si riesca a superare la cosa e a frequentare “luoghi festosi senza alcol in corpo”.

beve sempre meno la sera

A guardare questi numeri, si può essere ottimisti: secondo un’indagine svolta da “Marketplace”, il 41% dei millennial e il 21% della Generazione Z beve sempre meno la sera, complice proprio l’aumentata offerta di drink analcolici.

Dopo il primo episodio, i video di ragazze che si riprendono in discoteca mentre ballano sobrie e si divertono comunque, scambiandosi consigli su cosa quali mocktail (cocktail senza alcol, ndr) bere, si sono moltiplicati e le visualizzazioni sono schizzate alle stelle. C’è una nuova sensibilità che punta sul valore della sobrietà e sulla svalorizzazione dell’uso, specie se abusato, di qualunque bevanda alcolica e non a caso l’industria ha cominciato a produrre le “Nolos” (No alcohol, low alcohol beverages) che stanno guadagnando sempre più ampie fette di mercato sia a livello nazionale che internazionale.

74 pizza e pasta italiana aprile 2024

storie di pizza

IL PIZZATORE ERRICO PORZIO

di Noemi Caracciolo

Errico Porzio, originario di Soccavo, un quartiere di Napoli, è un pizzaiolo del popolo che non ama definirsi imprenditore, pur contando innumerevoli attività e avendo un numero incredibile di dipendenti.

È divenuto famoso grazie alla sua pizza ma anche ai social, tramite i quali cerca di strappare un sorriso con un’incredibile spontaneità e anche di trasmettere importanti valori. Nonostante la sua fama, infatti, non perde occasione per aiutare chi ne ha necessità, attua una politica di inclusione, condivisione e solidarietà, tratta gli impiegati come una famiglia e non esita a mettersi al loro pari, spinto da una incredibile passione e da una grande umiltà. Citando Errico: #SaddaSapèFa!

Errico, raccontami come inizia la tua storia.

Mio zio è uno storico pizzaiolo di Napoli –Mario Pellone – e aveva una pizzeria nella quale lavorava mio padre come responsabile di sala. Nei giorni in cui non andavo a scuola o nei periodi festivi, andavo lì: avevo 12-13 anni. Ovviamente ero affascinato dal lavoro di mio zio, non da quello di mio padre che nel frattempo faceva doppio mestiere ed era anche dipendente di un’azienda. Guardare mio zio con le mani nella farina, che impastava e stendeva, mi prendeva sempre di più. Grazie a questo, ho intrapreso poi la mia strada. Ho iniziato come un po’ tutti a quell’età.

Le prime pizze che fai sono quelle che poi mangi tu. Avevo circa 13 anni e ricordo che mio zio mi diceva: “Uaglio’ t’a vuo’ fa’ tu a pizza? Ricordati ca chella che fai è chella ca esce d’o furno e chella te magne” (“Vuoi fartela tu la pizza? Ricorda che ciò che fai e che esce dal forno quello mangerai”). Nel senso: “se la bruci, la mangi lo stesso”. Quindi, dopo alcuni giorni di digiuno, al terzo/quarto tentativo sono riuscito a mangiare la pizza. Ho fatto tutta la famosa gavetta dal forno al banco, tutto in modo molto precoce, perché poi mio zio era anche vecchia scuola, uno di quelli che ti bastonava e, all’epoca, non capivo nemmeno il perché. Con il tempo ho capito tutto quello che faceva e che le nozioni che mi dava erano importantissime: se oggi sono quello che sono, in parte è anche merito suo.

La prima pizzeria che hai aperto?

Dopo essere andato via dalla pizzeria di mio zio, ho iniziato a lavorare da “Reginella” a Posillipo, per crescere e fare nuove esperienze. Passati circa tre anni e mezzo, un amico pizzaiolo mi disse che la pizzeria in cui lavorava, nel mio quartiere di nascita, a Soccavo, era in vendita. Era il 2000, se non erro, quando decisi di prenderla. All’inizio non lasciai il

aprile 2024

mio lavoro da “Reginella”, facevo entrambe le cose. Era una pizzeria d’asporto di circa 25-30mq, inizialmente un po’ sbandata, non aveva grossi risultati ma faceva quel minimo indispensabile. Io ero convinto che con impegno e lavoro ce l’avrei fatta e quindi, dopo i primi mesi in cui mi “sdoppiavo”, lavorando anche 18 ore al giorno, passata l’ultima estate a Posillipo per racimolare qualcosina in più, decisi di lasciare e dedicarmi in toto alla mia pizzeria. Da quel momento, con il massimo impegno anche di tutta la famiglia, il locale arrivò dal fare 30-40 pizze al giorno a 200, senza contare il sabato.

La salita è stata faticosa ma la vista è stata meravigliosa…

Ho avuto anche momenti difficili in cui ho pensato di mollare. Ero un ragazzo, ma lavorando 18 ore al giorno la stanchezza si faceva comunque sentire, le ore pesavano. Però la voglia di cambiare vita e avere qualcosa di proprio prevalse. La pizzeria d’asporto, poi, nel 2012 iniziò a stancarmi un po’ e, spinto anche da clienti e amici che mi dicevano, “p’a pizza che fai ce vo’ na sala” ossia “mangiarla qua è un’altra cosa”, decisi di investire. Liquidammo il meccanico che lavorava alla bottega di fianco alla mia e allargammo il locale. La pizzeria divenne un po’ più grande, con circa 50 posti a sedere tra dentro e fuori. L’escalation è iniziata da lì. Quella sede non bastava più, quindi ci allargammo con una terza pizzeria sulla stessa strada. Due per tavoli e una d’asporto.

Da pizzaiolo a imprenditore…

“A me sta cosa nun me trase tanto” (“non mi convince”), al massimo, ma proprio sforzandomi, chiamatemi “pizzatore”, metà pizzaiolo e metà imprenditore. “Nun ‘o saccio” (“non lo so”), non mi sento imprenditore, è così magari, ma non mi piace addosso (ridiamo). Ecco, vedi, a me piace stare vicino ai dipendenti. Ieri sono andato a Nola, ho detto a un

ragazzo che si sentiva poco bene di andare a casa e mi sono messo io a lavorare insieme ai ragazzi, perché mi sento ancora uno di loro. Molti mi chiedono come faccia a trovare personale in un momento in cui non si trova e io dico sempre: “bisogna capire che il posto di lavoro è quello in cui si passano più ore”. Bisogna viverlo come un ambiente familiare. Sabato sera sono andato a fare un panino al pub a fianco e ho fatto una ventina di panini anche per i ragazzi. Quelli che ancora non mi conoscono, in quanto Nola è aperta da poco, sono rimasti stupiti e chi mi conosce gli rispondeva: “ma nun ‘o ssaje ca Errico accussi’ è fatto?” (“non sai che Errico è fatto così?”). Questo mi fa capire pure che in altri ambienti lavorativi questi ragazzi vengono trattati diversamente, in un rapporto dipendenteproprietario che a me non piace proprio.

Come quando hai sostituito il ragazzo lavapiatti?

Quel giorno avevo un’intervista con un professore di un’università americana, arrivai un po’ prima e, siccome ogni volta che vado in un locale, passo in ogni reparto a salutare i ragazzi, vidi nel vano lavag-

gi questo ragazzo di colore che parlava da solo. Io gli dissi: “ma che è successo?”; e lui: “no capo, l’altro ragazzo è andato via, lui ha la febbre e io sto da solo”, lui mi chiama così, “capo”. Era nel pieno del lavoro, così gli dissi: “aspetta un attimo, stai tranquillo e rasserenati”, mi cambiai e iniziai ad aiutarlo. Nel tempo di 15 minuti, lui stesso mi mandò via dicendomi che era tutto a posto e che stava bene; spinto dal mio gesto, si riprese. Ecco, sono convinto che a volte basti una pacca sulla spalla. Diventò poi virale perché il mio social media manager mandò la foto sullo storico gruppo di Soccavo, dove ci punzecchiamo sempre, scrivendo: “Guardate, o masto vuosto che fine ha fatto” (“guardate il capo che fine ha fatto”).

Mi pare tu abbia partecipato anche a un progetto con il carcere di Secondigliano, giusto?

Si. Abbiamo fatto proprio un campionato. Abbiamo anche nei nostri locali tanti ragazzi con particolarità – parlo al plurale perché non è che faccio tutto da solo, c’è uno staff –e quindi siamo molto orientati verso questa politica inclusiva.

Parlami dell’iniziativa

“Cca’ se magna e nun se pava”

Entriamo in un piano sentimentale delicato. Andrea, che non era solo la mia spalla nei video ma anche nella vita, veniva ovunque insieme a me. Aveva questa cosa che quando andavamo a fare gli eventi, per fare l’apertura e attirare gente, diceva sempre “venite, cca se magna e nun se pava!” (“venite, che qui si mangia e non si paga”). È una frase resa celebre da Sophia Loren ne “L’oro di Napoli” di Vittorio De Sica.

Io scherzosamente mi arrabbiavo. Dopo la sua scomparsa, ho avuto l’idea di intitolargli una sala del locale sul lungomare e lì di donare, in suo onore, alcune ore a categorie particolari che non possono permettersi una pizza, figuriamoci poi una pizza sul lungomare. È una cosa bellissima, perché ogni mese diamo tra i 300 e i 500 pasti, insieme all’Onlus “Angeli di Strada” Villanova, molto legata anche all’Associazione ARCA, insieme a case-famiglia e il giro si sta allargando. Molti dicono che non si può fare beneficenza e farlo vedere ma non è vero. Non si può fare in anonimato. I nostri video, gli appelli, gli eventi, servono proprio a lanciare dei messaggi e dire: “guardate qua, la gente è assai, dateci una mano”. Non basta Errico Porzio, ci vogliono tanti Errico Porzio. È per questo che rendiamo pubblico ciò che facciamo.

D’altronde “s’adda sapè fa”! (ridiamo)

Parlando di pizza, come fai a mantenere ovunque la stessa qualità?

Riguardo “PorzioNI di pizza”, il format della pizza in teglia, abbiamo un laboratorio di 500 mq dal quale parte tutto. I punti vendita, tranne tre, sono in franchising e questo è nato proprio perché riusciamo a garantire, grazie al laboratorio, la standardizzazione del prodotto. Dagli impasti, ai sughi,

alle creme e alle fritture, forniamo tutto. Ovviamente, i punti affiliati fanno formazione per cottura, modalità di accoglienza, per il modo in cui servire un prodotto. Per la pizzeria dico sempre – anche se molti non ci credono e non so perché – che le attuali 13, che diventeranno 20 in questo 2024, sono tutte a gestione diretta, nessun franchising. Non riuscirei altrimenti a garantire la stessa qualità e servizio di “PorzioNi di pizza”, perché ovviamente la pizza napoletana è un prodotto fatto al momento. Non si può mandare un impasto precotto nelle varie sedi. Quindi, lavoriamo molto sulla formazione. Abbiamo una scuola a Pozzuoli, dove i ragazzi tengono corsi per 4-5 mesi e, alla fine, fanno un esame per avere la qualifica. Quelli più bravi e vogliosi li prendiamo e smistiamo nelle nostre pizzerie. I locali sono poi raggruppati in triadi e, per ogni triade, ci sono: manager, supervisore, direttore di sala, responsabile dei pizzaioli e di cucina. Non è che Errico può saltare da un locale all’altro, altrimenti andrei al manicomio. Bisogna avere l’intelligenza di delegare e formare persone valide. I giovani hanno tanta voglia di lavorare e quelli più bravi vanno premiati. Ti basti pensare che i nostri manager sono partiti come semplici camerieri. Noi non prendiamo persone da fuori ma diamo possibilità di crescita e premiamo chi sta all’interno. Basta lavorare bene e seguire una certa linea. Questo ovviamente vale anche per sala e cucina.

Sembra che tu vada controcorrente

rispetto al pensiero comune.

Alla gente che non trova personale dico sempre che bisogna cambiare mentalità. A differenza dei miei tempi, che sapevo quando entravo e non quando uscivo, oggi nei miei locali facciamo turni, diamo possibilità di far festa in maniera alternata anche il sabato e la domenica, di lavorare la mattina, oltre a una buona paga e alla possibilità di crescere. Sono elementi che ci gratificano ma che ci aiutano pure a trovare personale. Abbiamo addirittura personale in esubero e ogni giorno ricevo decine di richieste di lavoro. Dico solo che dipende molto dalla mentalità, ecco, in questo caso dell’imprenditore. Se ritieni di voler fare la pizzeria come si faceva vent’anni fa, non vai da nessuna parte.

So che ti definisci

un tradizionalista moderno…

Parto da una radice storica tradizionale ma con il tempo ho modificato il mio stile di pizza con idratazioni un po’ più spinte, pur restando sempre in linea con una stesura classica, un cornicione “annunciato” e non pronunciato e con lievitazioni un po’ più lunghe. Poi la mia cottura è, come dico sempre, lenta, docile e mai aggressiva. Non a 480°C, ma a 400°C.

Cos’è per te la pizza? Proponimene

una che ami particolarmente.

La pizza è una delle poche cose che unisce. La religione, il calcio, la politica dividono ma io riesco a tenere allo stesso tavolo uno juventino e un napoletano, uno di destra e uno di sinistra, un cattolico e un musulmano. È qualcosa di incredibilmente unificante, che dà unione al mondo.

La pizza che ti propongo è la Montanara. Oggi i pizzaioli più evoluti parlano tutti di doppia cottura, ma noi abbiamo sempre detto “prima fritta e poi al forno”.

Fa assaporare tutti i sapori: il pomodoro di qualità, perché la cottura in forno è breve, la mozzarella di bufala, la grattugiata di pecorino o di Cacioricotta, l’olio extravergine messo alla fine, il croccante con il morbido. È sicuramente una delle mie preferite.

78 pizza e pasta italiana aprile 2024

Mantenimento ad alto

PATER® PIZZA

Il Granaio delle Idee Srl

Via Trento, 7 35020 Maserà di Padova - Padova - Italy

info@igdi.it

Pater® Pizza: i fermenti lattici vivi innalzano pizze e focacce ad un livello superiore

Pater® Pizza è la nuova miscela firmata da Il Granaio delle Idee, azienda padovana specializzata dal 1998 nella formulazione di mix e coadiuvanti clean label per panificazione, pasticceria e pizzeria. Ma cosa significa "clean label"? Significa che le miscele vengono realizzate utilizzando ingredienti naturali e senza l’impiego di additivi chimici, garantendo un’etichetta corta, pulita e assicurando performance eccellenti sia nell’impasto che nel prodotto finito.

Ciò che distingue Pater® Pizza sul mercato è la sua composizione unica: è una miscela disidratata che contiene i fermenti lattici vivi e i lieviti tipici della microflora originale del lievito madre, sapientemente bilanciati con una selezione di enzimi. Questa formulazione permette ai maestri pizzaioli di realizzare basi pizza e focacce di qualità superiore.

Quali sono i vantaggi tangibili di Pater® Pizza? I benefici si apprezzano sia durante la preparazione dell'impasto, che risulta più stabile e lavorabile, che nel prodotto finito: grazie a speciali enzimi contenuti nella miscela, la retrogradazione dell'amido viene ritardata, trattenendo così più molecole d'acqua all’interno del prodotto. Il risultato? Una consistenza soffice, un'incredibile scioglievolezza al palato, un ottimo sviluppo in forno, una crosta fine e croccante.

Disponibile in Paper bag da 5 Kg, Pater® Pizza è una miscela versatile, adatta a molteplici ricette.

Di seguito la ricetta suggerita da Il Granaio delle Idee per la realizzazione della Focaccia Romana con metodo diretto.

RICETTA FOCACCIA ROMANA metodo diretto

Farina 280W

Pater® Pizza

g Lievito di birra fresco

g

g

g

g

Impastare gli ingredienti, tranne il sale, con 6.600 g di acqua (impastatrice a spirale) per 3 minuti in 1a velocità e poi per 10-12 minuti in 2a velocità.

Al quinto minuto dall’avvio della 2a velocità, aggiungere un po’alla volta la restante acqua e il sale. Infine, aggiungere l’olio a filo. Temperatura finale dell’impasto: circa 30°C. Far riposare l’impasto in mastello per 50 minuti. Suddividere in pezzature da 400-500 g e lasciar riposare gli impasti su tavole o telai a temperatura ambiente, coperti con un telo di plastica, per 2-3 ore (in alternativa, lasciar riposare in cella a 28°C circa con il 75% di umidità per 1,5-2 ore).

Infarinare il piano di lavoro con semola, rovesciare gli impasti e massaggiarli con i polpastrelli delle dita stendendoli bene. Cospargerli con olio EVO e cuocere in forno a platea a 260°C per 6-7 minuti, avendo cura di aprire la valvola di sfiato vapore a metà cottura. (l tempo di cottura varia in base alla pezzatura prescelta).

330 g di lievito fresco corrispondono a 110 g di lievito secco.

www.ilgranaiodelleidee.com
LE AZIENDE INFORMANO 80 pizza e pasta italiana aprile 2024
10.000
1.000
330
Sale 220
Acqua 8.800
660
TOTALE 21.010
g Olio EVO
g

PERUGIA CONTEMPORANEA DA ANDREA

82 pizza e pasta italiana aprile 2024 storie di pizza
pizza e pasta italiana aprile 2024
di Diego Diomedi

Andrea Bava, da pizzeria a pizzeria contemporanea

Dietro al cibo, alla ristorazione e, dunque, all’esperienza gastronomica c’è sempre qualcuno. Ci sono le persone che danno vita ai piatti, altrimenti il cibo sarebbe solo nutrimento. Da Andrea naturalmente dietro a tutto questo non può che esserci Andrea, come si evince dal nome del locale. E di cognome fa Bava. Un ragazzo di trent’anni del quale chi conosce la Perugia gastronomica sente parlare da tempo. Questo perché fin da subito, poco più che ventenne, si getta in questa sua ambiziosa e duratura (oggi possiamo dirlo) missione. L’idea con il tempo è mutata notevolmente. Il progetto nasce (diverso) nell’oramai lontano 2011. La crisi del settore immobiliare, la professione di geometra ed il lavoro dell’agente immobiliare lo mette un po’ con le spalle al muro e si ritrova dal mattone alla farina. Insieme alla sorella minore e alla madre, prendono in gestione 13 metri quadrati di locale in una via molto frequentata del quartiere di San

Sisto del capoluogo umbro, Perugia. Autodidatta, sia sul fronte imprenditoriale che su quello tecnico, inizia con una vasta produzione. Dalla pizza al trancio fino a quella tonda d’asporto. Ma anche pane, focacce, calzoni. Tutti i giorni e spesso fino a notte fonda. Un vero punto ti riferimento per i ragazzi che, verso le tre o le quattro del mattino, passavano da Andrea per fare uno spuntino. Il tanto lavoro ha permesso il raggiungimento di una serenità economica e, con il tempo, le cose iniziano a cambiare. Andrea è tra i primi nel mondo pizza a Perugia a capire l’importanza dei social,

sia per mettersi in mostra, sia per rubare con gli occhi da realtà lontane. Cambia il mondo del cibo e cambia anche la visione di Andrea. Tutto questo fermento porta Bava ad alternare pizze classiche ad abbinamenti diversi, insoliti. Ottimo ricordare che l’innovazione di quella che oggi viene chiamata pizza contemporanea a Perugia arriva proprio grazie ad Andrea. “Guardando indietro, sorrido al ricordo del 2015 quando ho iniziato a introdurre le famose burrate nella mia pizzeria, un prodotto probabilmente mai visto nella nostra regione”, racconta Andrea Bava.

Nel 2018 chiude “Pizzeria da Andrea” , il nome portato avanti dal 2011 e frutto dell’inizio dell’innovazione e cambiamento per aprire, all’inizio del 2019, sempre nel quartiere perugino di San Sisto, nel locale dove si trova ora, “Da Andrea Pizza

Contemporanea” (dandreapizza.it).

Ora la pizza si mangia al tavolo. E, dopo lo stop dovuto al Covid, che gli ha concesso riposo e studio, Andrea Bava raccoglie preziosi riconoscimenti.

83

L’esperienza

Un bel locale con una buona e pratica mise en place. Soprattutto coltelli che funzionano, che tagliano. Dando uno sguardo al menu, non mancano cocktail, birre e vino. Tra i piatti più amati di Andrea, si segnalano la Mari&Monti , una pizza al padellino con stracciatella affumicata, tartare di gambero viola semi marinato, polvere di prosciutto crudo di Norcia

IGP e colatura di alici di Cetara. Si prosegue con una pizza doppia croccantezza, cioè una variante di padellino con impasto multicereali farcito internamente con doppio strato croccante. Buona la versione Alici&Scarola con crema di mozzarella di bufala, scarola brasata con olive e capperi, uvetta, pinoli e filetti di acciughe del Mar Cantabrico. Per la classica al piatto, invece, provate la Lucifer con pomodoro San Marzano DOP, spianata calabrese croccante, stracciatella con confettura al peperoncino e menta.

84 pizza e pasta italiana aprile 2024

Per impasti maggiormente omogenei e ossigenati alla giusta temperatura

GRETA 13 velocità e inverter per impasti ad alta idratazione
SOFIA
info@gaminternational.it www.gaminternational.it
member of MINERVA GROUP ® ®
PIZZERIA? PANETTERIA? GASTRONOMIA? Il tuo Talento, la nostra Tecnologia.
a

storie di pizza

UN “LEONE”

DALLA PUGLIA A VARESE LEONE COPPOLA

“Esseri umani” non necessariamente è sinonimo di “essere umani” e non tutti comprendono il valore dei piccoli gesti capaci di regalare un momento di grande gioia a chi ne ha bisogno.

Leone Coppola, invece, sì. È un pizzaiolo pluripremiato, titolare del ristorante e pizzeria “Vecchio Ottocento” a Gavirate (VA), costantemente impegnato nell’aiutare il prossimo. La gioia lui non soltanto la dona ma la vive in prima persona attraverso i suoi gesti e questo fa di lui una persona encomiabile. La sua missione nella vita è far capire che la pizza non è soltanto cibo ma un modo per unire, aiutare, divertirsi ed è proprio questo che cerca di trasmettere ai colleghi pizzaioli: “siate umili, aiutate e credete in ciò che fate”.

Leone, so che non hai iniziato la tua carriera come pizzaiolo, raccontami.

Sono originario di Ascoli Satriano in Puglia e, quando ero un ragazzino, visto che in famiglia eravamo in sette, per cercare di aiutare andavo a scuola e a lavorare. Ho iniziato come mugnaio e poi sono passato a fare il panettiere. Due lavori che mi hanno aiutato tanto, a capire le farine e a quante cose si riescono a fare partendo da un chicco di grano.

di Noemi Caracciolo
aprile 2024

A 15 anni sono andato a Torino per cercare un lavoro come muratore, meccanico o carrozziere… credevo che lì servisse un diploma per fare il panettiere. Ho trovato un impiego dopo cinque giorni, a due civici da casa mia. Il titolare in realtà cercava un cuoco ma io a stento parlavo il dialetto pugliese, figuriamoci l’italiano: preferivo fare il lavapiatti. Dopo quattro anni, sono finito a dirigere la cucina. Non ci crederai, ma già nel 1982-1983 i cuochi scarseggiavano e così, con anima e coraggio, mi sono buttato. Mi hanno insegnato tutto, mi son messo a disposizione. Poi, non conoscevo nessuno e l’unico luogo dove avrei potuto fare conoscenze era il lavoro. Ho trovato delle persone fantastiche e sono quarant’anni che ho un’attività in cui ancora applico le regole che mi hanno insegnato e funzionano meravigliosamente. A 19 anni sono andato a fare il militare e al ritorno mi sono trasferito a Varese (per l’esattezza, a Gavirate, ndr), dove ho conosciuto mia moglie e ho trovato una nuova occupazione. A 22 anni eravamo sposati e, nello stesso anno, nel 1987, aprivamo “La Carrettiera”. Il locale ha avuto una gran fortuna: in famiglia abbiamo fatto un buon lavoro dall’inizio, a partire dai prodotti di qualità.

E come sei passato

dalla cucina alla pizza?

Quando mi misi in proprio, cercavo un pizzaiolo e, nel 1987, costavano tantissimo, non me lo potevo permettere. Ho iniziato da solo piano piano: un po’ le ricette del pane pugliese, un po’ le riviste ecc., è arrivato il nostro impasto. All’inizio impastavo alle 14:00 per servire alle 19:00, ho imparato pian piano. Prima 30, poi 40, 50, 60 pizze e così via: la pizza piaceva tanto.

Ho usato prodotti di prima qualità fin da subito: dall’olio extravergine alla farina, il prosciutto cotto e non la spalla cotta, mai cose di seconda qualità. E quest’ultima ci ha ripagati.

So che hai vinto il primo posto al Mondiale per la Pizza classica

Era il 2013. Credimi, il Campionato Mondiale della Pizza resta nel cuore. Non perché ho vinto però, ma perché ho sempre creduto in questa grande manifestazione della pizza. Siamo tanti amici, rivali per dieci minuti, c’è chi vince e chi perde ma per il resto è meraviglioso. Una grande emozione. Nonostante i miei 60 anni, continuo a fare gare, la gente mi dice: “ma tu hai fatto tutto!” e io gli rispondo che non fa nulla, devo portare un po’ di pepe alle gare. La competizione va bene, ma dev’esserci anche il divertimento. Io rispetto tutti i colleghi: ognuno di noi fa la pizza a proprio modo e bene. Certo, su 600 pizze può scapparci quella più colorata ma capita a tutti.

Certo, è comunque

un prodotto artigianale…

Infatti. Noi poi nello specifico offriamo sette tipi di impasto, dal kamut ai cereali, dall’integrale al senza glutine...

Siete stati pionieri del senza glutine, vero?

Primo ristorante-pizzeria in assoluto senza glutine. Dagli antipasti al dolce. Tutto. Purtroppo, il paese non era Milano, aveva solo 10.000 abitanti e quindi alla fine abbiamo riportato il progetto nel nuovo locale. Abbiamo studiato la celiachia anche con l’aiuto di un primario di gastroenterologia, soprattutto per capire quanto fosse importante la contaminazione. Ci tenevamo a poter rassicurare il cliente al 100%, dovevano fidarsi di noi; dopotutto, si parla di salute. Abbiamo acquisito la fiducia di tutti i clienti celiaci. Anche i nostri camerieri sono formati e informati su tutto. Persino il piatto è di colore diverso, è arancione e - cadesse il mondo - nulla che non sia senza glutine deve mai toccare quel piatto. C’è una persona addetta solo ed esclusivamente a quel settore. Non c’è via di mezzo, è troppo importante e chi lavora con noi lo sa. Faccio 70 pizze senza glutine a sera al “Vecchio Ottocento” e i clienti ci ringraziano perché dicono di non trovarne un’altra così buona in giro.

Però lei cerca di trasmettere anche che la pizza è tanto altro, oltre che buona da mangiare...

Con la pizza facciamo tanta beneficenza, aiutiamo chi ha bisogno e siamo a disposizione per chiunque abbia necessità. La cosa più bella è stata la realizzazione della “stanza della pizza” all’ospedale “Del Ponte” di Varese.

Eravamo dieci pizzaioli, 25.000 € di arredo per realizzarla e lo abbiamo fatto con il cuore. È un progetto che resterà indelebile per tutta la vita.

Siamo stati in prima linea anche per organizzare i camion per gli aiuti da inviare per la guerra in Ucraina. Io sono sponsor ufficiale dell’iniziativa: abbiamo organizzato – grazie alla nostra pizza – tre serate da 200 invitati e con una quota di 15€ a persona i camion sono potuti partire. La gente è accorsa in gran numero, tant’è che non c’erano più posti. Nessun ricavato personale. Questa è una delle tante. Ci tengo molto anche alla “festa della pizza”, tramite la quale organizziamo raccolte fondi per associazioni di beneficenza. Ci teniamo alla trasparenza e infatti la cassa è sempre in mano ai diretti interessati, così che l’incasso totale lo percepisca direttamente l’Associazione. Credere nel progetto finale è fondamentale. La gente mangia, si diverte e nel frattempo aiuta chi ha bisogno. Ecco perché facciamo anche la pizza acrobatica.

Come avete imparato?

Un amico pizzaiolo ci ha insegnato. Si va sempre a finire a battaglia di palline di pizza! Chiudiamo le feste sempre in questo modo, io riempio tutti di farina… volete la guerra? E guerra sia! (ridiamo)

Diciamo che non sei molto social, ma sei molto sociale!

Con la tecnologia faccio molta fatica, ciononostante le iniziative funzionano lo stesso. Quando organizziamo una festa della pizza, c’è sempre una grande affluenza, dico “pizza – festa” e – TAC – fatto. La gente crede in questi progetti, anche perché una trasparenza così dicono di non averla mai vista. La famiglia e i miei

collaboratori sono fondamentali: anche loro ci tengono e non si creano problemi a rinunciare al giorno di riposo, anzi, vengono volentieri.

Immagino sia dovuto anche

al trattamento che tu riservi a loro…

Con loro ci vivo, divido tutto e risolviamo i problemi insieme. Ho 30 dipendenti, tanta roba ma ci gestiamo come una famiglia. Poi, siamo sempre pronti a partire all’attacco: 4-5 forni, 2-3 furgoni, super operativi. Certo, passa anche come pubblicità: anche se io chiedo di non scrivere delle varie iniziative, lo fanno lo stesso e una festa della pizza vale più di mille cartelloni. Il mio lavoro lo faccio volentieri e con il cuore. Così come la partecipazione al Campionato: se vinci, bene; se non vinci, va bene lo stesso, poi passa. Anche se molti la prendono troppo sul personale. Ultimamente però ci stiamo instradando bene, si sta iniziando a capire cosa significhi davvero partecipare a un mondiale. Io avrei potuto smettere di gareggiare nel 2013 – dopo la vittoria per la Pizza Classica – quando ho praticamente raggiunto la vetta.

Però non l’ho fatto, di mondiali ne ho vinti 10 nelle varie categorie ma non smetterò. Bisogna sempre tenersi pieni di adrenalina.

Tu sei la prova che la pizza non è solo cibo.

È beneficenza, qualità, spensieratezza, inclusione… puoi usare tante parole. Durante il brutto periodo del Covid, io portavo le pizze all’Ospedale del Circolo a Varese: 70-80 pizze ogni mercoledì ai dottori in prima linea. Uno di loro doveva operarmi di bypass coronarico, venne in stanza non per parlare di questo ma per dirmi: “Grazie per l’ora di normalità che lei ci regalava tutti i mercoledì sera nel reparto Covid”. Era un periodo orrendo ma io volevo con tutto il cuore fare qualcosa per l’impegno che questi medici ci mettevano e con il cuore veramente lo facevo. Al dottore risposi: “Mi deve fare tre bypass, bene, mi faccia tornare qua che gliene porto altre 700 di pizze!”. La pizza è senza confini, veramente. Cerco di trasmettere ai colleghi di essere umili e aiutare chi ha bisogno, di credere in ciò che fanno. Io lo faccio con passione, certo, mi fa arrabbiare a volte ma è come se lo facessi da ieri. Amo fare la pizza, mangiarla e poi mi fa divertire.

La sua pizza preferita?

La pizza Italia: bufala, pomodorino e basilico. Semplicissima, buonissima e ricca di antiossidanti e ha pure i colori italiani. Quando verrai a trovarmi, te la farò provare!

Ci vediamo al campionato e poi verro' a trovarti!

88 pizza e pasta italiana aprile 2024

storie di PASTICCERIA

“Porto a casa la vittoria, ma nel cuore molto di più. È stata una bellissima esperienza che ha arricchito il mio bagaglio, la ciliegina sulla torta (a proposito di dolci), che segna il mio ritorno e la mia rinascita”.

Seven Bakery

Patrizia Pragliola e la sua pasticceria che vale mille e un babà

È questo il primo post Facebook di Patrizia Pragliola dopo la vittoria di “Mille & un babà”, la gara gastronomica tutta dedicata ai dolci e ideata da Carmen Davolo con il supporto di Mulino Caputo che, in occasione del centenario dell’azienda, si è tinta di rosa, accogliendo a Napoli esclusivamente partecipanti donne.

Patrizia ha vinto, superando altre 5 finaliste, nei voti della giuria formata da Sal De Riso, Luigi Biasetto e Antimo Caputo. Originaria di Giugliano in Campania, immenso paese della città metropolitana di Napoli, i cui confini raggiungono il mare verso Castelvolturno e verso Pozzuoli, Patrizia vive da oltre 15 anni in Abruzzo, in provincia di Teramo. Qui, dopo una prima esperienza a Giulianova, tra i colli di Cellino Attanasio, è diventata una “country pastry chef” come ama definirsi e sta per ridare vita alla sua Seven

Bakery. Sette come il numero delle persone della sua famiglia: Patrizia è infatti sposata da 20 anni con Antonio e, insieme ai loro 5 figli, rappresentano una bella e rara testimonianza di amore, cura degli affetti e, nel contempo, del’ambiente.

Patrizia, come ti sei appassionata alla cucina?

Fin da giovanissima amavo preparare le torte, soprattutto la mia torta di compleanno. Ricordo ancora quella preparata per il mio decimo compleanno: ero emozionata perché era il primo a due cifre. Ora tornerei volentieri indietro ad una sola cifra (ride)

Beh, devo dirti che su questa rivista siamo ormai abituati a pizzaiole e pizzaioli che ci raccontano di quando hanno iniziato a stendere pizze a 3 o 4 anni ma mai un pasticciere ci aveva det-

di Antonio Puzzi
90 pizza e pasta italiana aprile 2024

to di fare torte a 10 anni prima d’ora. E da allora non ti sei più fermata, insomma!

In realtà, ho continuato quando ero ormai ventenne, riprendendo a preparare le torte per i miei nipoti. Adoravo mettere su delle vere e proprie “scenografie” particolari.

Una cake designer, ante litteram insomma. Però so che sei anche una eccellente cuoca.

Eccellente non saprei ma la mia prima esperienza professionale nel mondo del food è stata in uno stabilimento balneare, che avevano preso in gestione mio marito e due nostri amici. Ero alla mia prima gravidanza, all’ottavo mese ma, nonostante questo, ero la prima ad entrare in cucina e l’ultima ad uscire. La mia prima figlia ha rischiato di nascere in una cucina, a pochi metri dal mare.

Complice poi la mia gravidanza gemellare, che mi ha costretta per mesi a riposo, ho cominciato a rispolverare la mia vecchia passione, la pasticceria, cominciandola a studiare seriamente, frequentando corsi e masterclass con grandi professionisti.

Cosa ti piace della pasticceria?

Mi ha affascinato in particolare la pasticceria moderna su cui poi mi sono specializzata.

Hai un marito, 5 figli e magari qualche animale domestico: come riesci a fare quello che fai?

Il mio grande supporto nella gestione di tutto è mio marito. Lui è sempre stato fondamentale per il mio lavoro. Ai miei figli ho

poi insegnato ad essere presto autonomi, un po’ per esigenza (essendo in tanti) e un po’ come scelta di mamma: l’autonomia è fondamentale a qualsiasi età.

Il dolce con cui hai vinto si chiama Abbà: perché? E come è fatto?

Con Abbà ho voluto omaggiare le mie radici campane e il mio trasferimento in terra abruzzese, inserendo una mousse di pastiera nell’impasto tradizionale, alveolato e aromatizzato dalla bagna con “Doppio Arancio”, un distillato storico di Giulianova.

Se questo premio che hai vinto potesse trasformarsi in un desiderio, cosa vorresti?

91

Mi piacerebbe che il mio piccolo laboratorio artigianale, si trasformasse presto nella pasticceria che la pandemia mi ha strappato... E magari, perché no, mi piacerebbe insegnare agli altri questa meravigliosa arte.

Un’ultima curiosità: qual è il tuo dolce preferito?

Da piccola il mio dolce preferito era la delizia al limone.

Non a caso, un cavallo di battaglia del Maestro Sal De Riso, che ti ha consacrato vincitrice. Ora lo sarà ancora di più?

Ora in realtà sperimento di più e oso accostamenti diversi. Non c’è più un dolce che posso dire di amare in assoluto ma probabilmente mi affascina il tiramisù nelle sue molteplici versioni.

E sempre dalla Campania arriva il SorrentoGnocchiDay

La terza edizione di “SorrentoGnocchiDay”, che quest’anno ha ospitato la Sicilia, ha avuto due momenti corali: quello della lezione della cassata, tenuta il 3 aprile nei locali del ristorante stellato “Il Buco”, con la presenza del Maestro Pasticcere Santi Palazzolo a cui ha risposto Marco Infante con la classica “Delizia a Limone”; quella nella splendida terrazza dell’Hotel “Mediterraneo Sorrento” con due maestri pizzaioli, Errico Porzio e Salvatore Lionello che hanno offerto le montanarine in abbinamento allo spumante. Accanto a loro, le postazioni degli chef Lorenzo Montoro (Flauto di Pan di Villa Cimbrone a Ravello) con Giovanni Cozzolino (Sal De Riso Ristorante & Bistrot a Minori); Vincenzo Guarino (La Corte Degli Dei di Agerola) con Marco Parlato (Parlato Restaurant di Marina d’Equa); Angelo Carannante (Caracol Gourmet di Bacoli) con Giuseppe Saccone (Vesuvio Panoramic Restaurant dell’Hotel Mediterraneo Sorrento); Ciro Sicignano (Lorelei dell’Hotel Lorelei Londres di Sorrento) con Luca Galano (Barrio Osteria di Vico Equense); Giuseppe Costa (ll Bavaglino di Terrasini – Palermo) con Nunzio Spagnuolo (Ristorante Ninì Torre del Greco). I dessert sono stati a cura di Sal De Riso, Presidente dell’Ampi e noto volto della Rai e Angelo Tramontano. SorrentoGnocchiday è supportato da Mulino Caputo, Sorì Italia, La Torretta, Brezzale spa, La Corte degli Dei di Agerola e Work Line.

storie di PASTICCERIA 92 pizza e pasta italiana aprile 2024

CARUSO® IL FUTURO DELLA PIZZA NAPOLETANA

SORRENTO STONE Piano di cottura in biscotto di Sorrento certificato.

REFRACTORY STRONGER Camera di cottura in refrattario e pannelli in acciaio antirottura.

TOUCH SCREEN 65K Touch screen 65K, funzionalità e semplicità in un touch.

Caruso® è il primo forno elettrico che offre le stesse performance del tradizionale forno a legna, con una temperatura massima di 530°C . Il piano cottura in biscotto di Sorrento certificato ha una struttura porosa che rilascia il calore in maniera uniforme. Caruso® garantisce solidità, resistenza e massime prestazioni con consumi minimi

HYPER P-HEATING Regolazione digitale separata potenza cielo e piano cottura.

ITALFORNI - Via dell’Industria, 130 - 61122 Pesaro (PU) Italy - Tel +39 0721 481515 - info@italforni.it - www.italforni.it

Il Sigep...

a mente fredda

Adue mesi di distanza dalla 45esima edizione del Salone Internazionale della gelateria, pasticceria, panificazione artigianale e caffè tenutosi a Rimini proviamo a fare il punto dei trend del momento.

Chiacchierando con i rappresentati di alcune aziende presenti, sono emersi infatti temi comuni, quali ad esempio l’importanza dell’essere umano e al contempo dell’innovazione; l’attenzione al cliente, ma anche e soprattutto la sostenibilità, che sembra essere stata il filo conduttore di tutto l’evento. Molti sostengono che l’artigianalità stia morendo a causa delle automazioni ma la realtà è che la maggior parte delle aziende crede nel valore dell’essere umano, sostenendo che quest’ultimo è e sarà sempre fondamentale nella gestione del progresso.

La pensa così Giacomo Sessa di Sacar Forni, che pone l’uomo al centro della produzione: “I nostri forni hanno un’anima, forse esagero ma, quando l’uomo ci mette la sua mano, ci mette qualcosa di sé e dunque, ogni nostro prodotto è come un’opera d’arte in cui l’artista è l’uomo. Per alcuni forni c’è un team di disegnatori. Riteniamo che quando si disegna a mano ci siano umore, sensazione, estro”. Il Sig. Sessa non disdegna però l’innovazione, come dimostra il forno Leon che fa tutto da solo, compreso girare la pizza.

Per il portavoce di WAICO, progetto nato nel 2021 su iniziativa di tre imprenditori e che vede oggi protagoniste le aziende EFFEDUE, FLAMIC, VITELLA, STARMIX e ITALFORNI, la collaborazione è una prerogativa, così come la valorizzazione di dipendenti e clienti. “Il mondo artigianale dell’arte bianca si sta un po’ perdendo e la produzione si riversa nella GDO” dice. WAICO punta sull’impegno sociale e per l’ambiente.

94 pizza e pasta italiana aprile 2024
a cura della redazione

Quello dell’artigianalità è un tema sul quale i pareri non sono sempre concordanti. Alberto Di Marco – dell’omonimo mulino – ci racconta che i 200 artigiani pinsaioli sono segno distintivo dell’identità di “Di Marco”: “il nostro è un prodotto non industriale, che insieme alle 72h di lievitazione e l’uso della pasta madre, è un successo. Tra l’altro proponiamo un prodotto nutrizionalmente adatto a tutti, così che anche chi è a dieta possa mangiare senza sentirsi in colpa”.

“Un solo chicco di grano può produrre tante farine, bisogna solo studiarlo e capire cosa realmente possa offrire. Usiamo grano tenero e nessun additivo e, in questo senso, siamo alla farina di una volta”. È in sinergia con gli agricoltori, gli stoccatori e agronomi: è il caso della linea Reginella Alta Irpinia 100%. Non mancano farine miscelate al 70% con grani canadesi. Racconta Iolanda D’Ambrosio del Molino Scoppettuolo.

Il portavoce del Molino Cosma dice: “la filiera veneta è certificata CSQA, è sostenibile e molto innovativa, dalla semina fino al sacco di farina, dalla macinazione al confezionamento. Il nostro è un prodotto senza coadiuvanti tecnologici e miglioratori. Il prodotto parte da una sapiente miscelazione di grani proteici e una selezione che ci permette di creare farine altamente performanti, ma estremamente naturali”. Esempio lampante Le Sostenibili.

Gianluca Pasini di Molino Pasini dice: “La nostra è una boutique delle farine”. Il focus è l’esplorazione dei sensi: “Siamo andati alla ricerca del sesto senso, è il tempo di godere delle piccole cose e quello che c’è intorno, delle cose belle che creiamo”. Per questo motivo nascono un cocktail primitivo, un sorbetto al profumo di grano e infine la tisana primitiva al profumo di grano presentata a Sigep. Oltre alla farina Panettone Primitiva, la prima farina

tipo 1 per grandi lievitati studiata con la lievitista Roberta Pezzella.

Per Paolo Dallagiovanna, dell’omonimo Molino, il tema della sostenibilità è importante soprattutto in termini di “acqua”. Dichiara infatti di essere l’unico Molino in Italia a lavare il grano: “Ci riteniamo molto attenti al benessere del cliente, abbiamo creato linee di prodotto in formato da 10kg pensando che, più si va avanti, più il peso è complicato da sostenere”. Al Sigep hanno presentato: le farine Uniqua Magenta e Uniqua Arancio, entrambe di tipo 2, quindi con una componente di crusca maggiore rispetto alle altre tipologie.

Il Molino Merano punta sulla Linea Pizza: “la farina bianca si può sostituire con una delle nostre miscele o tutte e tre, per avere un prodotto che vada bene per tutti, ma con il valore aggiunto del cereale. Ne maciniamo 20 diversi, anche senza glutine e da agricoltura biologica certificata”, racconta Rudolf Von Berg di Molino Merano. Tra le altre novità: due lieviti madre a base di crusca fermentata.

A Sigep 2024, per citare Maurizio Ermeti – Presidente di Italian Exhibition Group – le identità territoriali sono diventate globali e si sono coniugate con il mondo.

95

Pizza salutare

96 pizza e pasta italiana aprile 2024
a cura della Dott.ssa Marisa Cammarano, biologa nutrizionista

La pizza è un alimento ormai diffuso in tutto il mondo.

È, sicuramente, uno dei cibi preferiti dagli italiani ed, insieme alla pasta, rappresenta uno dei simboli della gastronomia mediterranea. Nasce proprio in Italia a cavallo fra il 1500 ed il 1600, nell’allora “Regno di Napoli”, nella sua ricetta originale con un condimento a base di lardo, formaggio di pecora, pepe e basilico. Da allora la pizza riuscì a conquistare tutti, anche i nobili dal palato fine, raggiungendo persino i sovrani di Casa Savoia, tanto che proprio alla Regina Margherita di Savoia nel 1889 il pizzaiolo Raffaele Esposito dedicò la oramai famosa “pizza Margherita” a simbolo del vessillo tricolore con il bianco della mozzarella, il rosso del pomodoro ed il verde delle foglie di basilico.

La pizza è un cibo ad alta palatabilità, croccante e saporito e già il solo profumo fa venire l’acquolina in bocca.

Tuttavia, nonostante sia realizzata con ingredienti sostanzialmente semplici (impasto di farina lievitato, pomodoro, mozzarella, olio e basilico) è annoverata tra i “junk food” o “cibo spazzatura” da consumare, quindi, con molta moderazione. In questo contesto va precisato che sono le pizze industriali a rientrare, generalmente, in questa categoria poiché, spesso, sono preparate con ingredienti qualitativamente scadenti come farine ultra raffinate (zuccheri), formaggi grassi (colesterolo e grassi saturi) e arricchite con salsiccia, bacon e wurstel (grassi saturi). Anche il tenore in sale è estremamente elevato e supera abbondantemente le quantità raccomandate. L’abitudine di farcirla con carni grasse (salsiccia, wurstel, coppa, pancetta), patatine fritte o formaggio può rendere la pizza un alimento estremamente ricco di calorie: una pizza farcita può arrivare facilmente alle 1500/2000 Kcal. Farciture a parte, le calorie di una pizza possono variare di molto anche da una tipologia all’altra: un quarto di pizza margherita al piatto cotta in forno a legna apporta circa 200 kcal mentre un trancio di pizza in teglia o al tegamino anche 350-400 kcal. Inoltre è bene precisare che il calcolo esatto delle calorie della pizza è sempre complicato proprio per le diverse tipologie e le diverse quantità/ qualità degli impasti, delle farciture e del condimento aggiunto.

97

Molte persone, dunque, considerano la pizza un piatto poco salutare, adatto solo ad occasioni speciali oppure a momenti di svago.

La realtà è che la pizza può essere un piatto nutriente e bilanciato, se preparata nel modo corretto, usando ingredienti di stagione, freschi e genuini. Difatti, un’ottima salsa fatta con pomodori di prima qualità può fornire antiossidanti e vitamina C all’organismo mentre una mozzarella fresca è in grado di apportare calcio e proteine.

La vera differenza arriva però con la scelta dei condimenti che, oltre ad essere il più possibile genuini e naturali, andrebbero scelti rispettando le stagionalità del periodo:

• Verdure a foglia verde come spinaci, rucola, cavolo riccio e broccoli sono ricche di nutrienti come calcio, ferro e vitamina C

• Peperoni, ricchi di vitamina C e carotenoidi, sono antiossidanti che aiutano a proteggere contro le malattie cardiovascolari

• Carciofi, importante fonte di antiossidanti, fibra e vitamina C

• Funghi, che contengono nutrienti tra cui vitamina D, selenio e antiossidanti

• Olive, ottima fonte di grassi monoinsaturi, associati a un ridotto rischio di malattie cardiache.

98 pizza e pasta italiana aprile 2024

Oltre a fornire nutrienti importanti per il nostro organismo, si tratta di un piatto completo, che contiene carboidrati, grassi e proteine. Per godere appieno del sapore della pizza e dei suoi benefici per la salute, è importante considerare la frequenza e le porzioni di consumo. Carboidrati, proteine e grassi sono gli elementi nutrizionali principali, ma grazie al contributo di olio extravergine, fiordilatte e pomodoro la pizza garantisce anche un discreto apporto di: antiossidanti; vitamine; sali minerali, come il calcio.

"Regole" per una pizza più sana

1.Programmare un pasto con la pizza al massimo una volta a settimana.

2.Evitare di scegliere pizze con molti ingredienti aggiunti ed optare per la classica “Margherita” o con le verdure.

3.Inserire verdure prima di mangiare la pizza: ad esempio mangiare una insalata mista o un piatto di verdure grigliate che fornirà la fibra necessaria per competere con l’assorbimento dei grassi e degli zuccheri presenti nella pizza e ci farà sentire sazi precocemente e renderà il pasto più bilanciato.

4.La pizza deve essere realizzata con un impasto lievitato da farina integrale o semi-integrale per aggiungere preziose fibre al pasto.

5.Limitare il sale e l’olio nell’impasto.

6.Guarnire la pizza con una salsa di pomodoro ottenuta da pomodori freschi, mozzarella o formaggio magro (ad esempio ricotta). Olio extravergine di oliva da aggiungere a filo a fine cottura e basilico fresco o origano essiccato per insaporire.

7.Libertà nel decorare la pizza con verdure (peperoni, melanzane e zucchine o anche rucola): daranno colore, sapore e non aggiungeranno calorie.

8.Occorre fare attenzione che la pizza non presenti parti bruciate ai bordi o sul fondo, le parti bruciate è bene evitarle perché possono nuocere alla salute.

100 pizza e pasta italiana aprile 2024

Tre straordinarie pizze senza glutine a primavera

Con l'arrivo della primavera, l'entusiasmo per esplorare nuovi sapori e piaceri gastronomici si intensifica. Per coloro che seguono una dieta senza glutine, la ricerca di pizze straordinarie diventa ancora più intrigante.

In questa stagione, tre pizzerie si ergono come veri templi della cucina senza glutine, offrendo pizze eccezionali che deliziano il palato e soddisfano i sensi in modo unico. Scopriamo insieme il mondo di gusti, colori e profumi di queste tre straordinarie pizze primaverili.

Fonduta di Verdure di Federico De Silvestri (Pizzeria Quattrocento – Verona)

La pizzeria Quattrocento di Federico De Silvestri trasforma l’arte della pizza senza glutine in una vera e propria esperienza culinaria. La “Fonduta di Verdure” è la sua creazione distintiva per la primavera, una sinfonia di sapori autunnali reinterpretati. L’impasto senza glutine, realizzato con una selezione di farine alternative, offre una base leggera e croccante. Il radicchio trevigiano, la mozzarella senza lattosio, le zucchine grigliate fresche, i cubetti di patate al forno, i pomodorini ciliegino, la scamorza affumicata con una grattatina di pepe all’uscita e un generoso giro di olio extravergine di oliva creano un equilibrio perfetto tra sapori decisi e freschezza. Ogni fetta è un invito a immergersi in un viaggio gustativo che celebra l’armonia dei prodotti di stagione.

102 pizza e pasta italiana aprile 2024

Daniele Gourmet ad Avellino, un’oasi culinaria per gli amanti della pizza senza glutine, presenta la “Profumi dell’Orto,” un’opera d’arte gastronomica che celebra gli aromi mediterranei. L’impasto senza glutine, un segreto custodito gelosamente, fornisce la base perfetta per una combinazione di melanzane, zucchine e peperoni in crema, le bucce à-la-julienne fritte, fiordilatte, stracciata di bufala e pane croccante. Ogni ingrediente è scelto con cura per creare una sinfonia di sapori che cattura l’essenza della cucina mediterranea. Ogni boccone è un viaggio sensoriale attraverso campi soleggiati e orti profumati.

103
Profumi dell’Orto di Christian Manolache (Pizzeria Daniele Gourmet – Avellino)

Carciofina

La pizzeria di Aniello Mansi, un luogo dove tradizione e innovazione si incontrano, presenta la “Carciofina,” un’opera di gusto raffinato senza glutine. L’impasto, preparato con farine selezionate dalla pizzaiola Rosa Citro, regala una base soffice e saporita. Fiordilatte, crema di carciofi, pancetta cotta, pecorino sardo e pomodorini essiccati agrodolci si fondono in un tripudio di sapori. La “Carciofina” è una dichiarazione di eleganza culinaria, un’esperienza gustativa che combina la ricchezza dei sapori italiani con l’originalità di una pizza senza glutine.

La primavera è la stagione perfetta per esplorare nuovi orizzonti gastronomici e queste tre pizzerie senza glutine aprono le porte a un mondo di delizie.

Ognuna di esse offre un’esperienza unica che riflette l’impegno per la qualità e la passione per l’arte culinaria.

Scegli una destinazione, prenota un tavolo e preparati a vivere un’avventura gastronomica senza glutine che ti lascerà un ricordo indelebile di sapori primaverili.

Buon viaggio nel mondo della pizza senza glutine!
104 pizza e pasta italiana aprile 2024

Ti svegli la mattina con la voglia di INNOVARE

Lido Vannucchi LINEA AZZURRA
ph:
Stand H58 Official partner

Distillati: li conosci davvero?

Quello dei distillati è un mondo com- bevande differenti. Prima di compiere un di Caterina Vianello

pizza e pasta italiana p. 106 ott. 2016 106 pizza e pasta italiana aprile 2024

Origine ed etimologia

I distillati sono bevande alcoliche ottenute tramite la distillazione, previa fermentazione alcolica, di prodotti generalmente di origine vegetale come frutta, vino, cereali. Il processo di distillazione concentra, condensa, purifica il liquido e rimuove i componenti di diluizione come l’acqua, aumentando così la proporzione di alcool contenuta nel liquido. Il procedimento era già noto ad Egiziani e Babilonesi, ai quali si devono i primi esperimenti ma è grazie agli Arabi prima, ai quali si deve l’invenzione dell’alambicco nell’VIII secolo, e ai monaci della Scuola Salernitana dopo, che si iniziarono ad utilizzare le tecniche della distillazione per estrarre acquavite dal vino per uso medicinale. Il seguito è una mappa geografica ad alta gradazione alcolica, che guarda a Francia, Spagna, Italia, Gran Bretagna, Irlanda, Est Europa e Americhe.

Come si producono

Il processo produttivo del distillato prevede una serie di fasi che inizia con la preparazione del mosto, che è il liquido denso che si ottiene dalla disgregazione meccanica della materia prima (uva, cereali, canna da zucchero, frutta, miele), attraverso spremitura, lacerazione, macinatura o pigiatura, a seconda delle materie prime. Una volta ottenuto il mosto, esso viene sottoposto ad un processo di fermentazione attraverso il quale, grazie all’aggiunta di appositi lieviti, gli zuccheri si trasformano in alcol etilico e anidride carbonica. Questa fase dura circa 3-4 giorni e si svolge a una temperatura compresa tra i 18° e i 25°C. Il liquido ottenuto passa poi alla fase di distillazione che, sfruttando i diversi livelli di ebollizione delle sostanze, ne separa le varie componenti volatili, selezionando quali sostanze mantenere e quali scartare.

Centrale è l’uso dell’alambicco che, a seconda del tipo di distillatura, può essere di due tipi:

- discontinuo, utilizzato nella produzione di brandy, cognac e whisky, in cui la distillazione prevede che il carico, chiamato cotta, venga scaricato solo all’esaurimento, caricando in seguito nuova massa fermentata;

- continuo, utilizzato nella produzione di grappe, vodka, gin, rhum e tequila, in cui il fermentato viene costantemente aggiunto alla colonna di distillazione mentre il distillato viene estratto continuamente.

Al termine di questa fase, il composto viene fatto riposare per poi passare alla fase di riduzione e stabilizzazione. Con la prima, si procede alla riduzione del grado alcolico del composto mediante la miscelazione con acqua distillata; con la seconda, il distillato viene refrigerato a -10°C e successivamente filtrato in modo da rimuovere eventuali residui. Alcuni distillati subiscono una successiva fase di invecchiamento in botti di legno, che consente lo sviluppo di note aromatiche. Il tipo di legno, la provenienza, le condizioni ambientali e territoriali incidono sia sull’invecchiamento che sui profumi e sulle note aromatiche del distillato.

Quanti distillati ci sono?

I distillati si distinguono a seconda della materia prima utilizzata: frutta, uva o vino, canna da zucchero, cereali.

I distillati di frutta derivano solo dalla fermentazione del frutto stesso e non si annoverano in questa categoria quei liquori derivati dall’infusione della frutta in alcool.

107

Tra i più noti, vi sono: il calvados, la tequila, il mezcal. I distillati di uva o distillati di vino utilizzano residui di vinificazione provenienti da prodotti giovani, con bassa concentrazione alcolica e alta acidità.

Tra i più noti: acquavite, grappa, brandy, e cognac. Anche se spesso i primi due termini vengono usati come sinonimi, in realtà indicano due prodotti diversi. La grappa è ottenuta dalla distillazione delle vinacce d’uva mentre l’acquavite è ricavata dalla distillazione del mosto di uva. Aromatici e profumati, i distillati di canna da zucchero si dividono in tre categorie: da puro succo fresco di canna, chiamati anche “rhum agricole”; da melassa, cioè quello che resta dalla produzione dello zucchero (in essa infatti solo una parte degli zuccheri si cristallizza, il resto, detto appunto melassa, è ancora ricco in zuccheri e può essere ancora

spondono altrettanti tipi di rhum: quelli “agricoli”, sono prodotti nelle isole caraibiche culturalmente francesi (Martinica e Guadalupa), sono distillati in una colonna continua a 16 piatti che consente di ottenere un prodotto molto aromatico. Tra i secondi, il riferimento è quello dei cosiddetti “rhum industriali” mentre la Cachaca brasiliana è un perfetto rappresentante della terza tipologia. Meno aromatici alla partenza ma capaci di acquisire sapori e profumi con l’invecchiamento, i distillati di cereali derivano da frumento, orzo, segale, tuberi.

Qui il terreno a cui guardare è amplissimo, passando da prodotti sostanzialmente neutri come la vodka, originaria dell’Est Europa, perfetta per la mixology, ad altri più “saporiti”. Il riferimento va in particolare al whisky, ottenuto dalla fermentazione di orzo, mais, segale e frumento che, a seconda della combinazione e delle proporzioni scelte, oltre all’affinamento in botti, acquista uno spettro aromatico molto complesso e pregiato.

Una curiosità

La grafia whisky è generalmente usata per indicare il prodotto distillato in Scozia e in Canada, mentre con la grafia whiskey si indicano generalmente quelli distillati in Irlanda e negli Stati Uniti (Bourbon whiskey, Tennessee whiskey, Rye whiskey e Corn whiskey). In Scozia (accordi internazionali riservano l’utilizzo del termine Scotch whisky solo a quello prodotto nel paese), si producono tre tipologie profondamente diverse: il Single malt, whisky di malto ricavato dalla distillazione di solo malto d’orzo, il Blended whisky, ottenuto dalla miscelazione di whisky di cereali con whisky di malto d’orzo, ed il Single grain, ottenuto dalla distillazione di cereali diversi dall’orzo (come frumento e mais) e prodotto da una sola distilleria.

pizza e pasta italiana p. 108 ott. 2016 108 pizza e pasta italiana aprile 2024
® BORN TO BURN NEW GENERATION ® NEW GENERATION GOLD ® NEW GENERATION SILVER ®

Parmigiano Reggiano

“In una contrada che si chiamava Bengodi (…) eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa facevano che far

pizza e pasta italiana p. 110 ott. 2016 110 pizza e pasta italiana aprile 2024
di Caterina Vianello

Probabilmente, è da questa citazione che è appropriato partire per raccontare una delle eccellenze casearie italiane. Siamo nel 1344 e le parole sono quelle con cui Giovanni Boccaccio nel “Decamerone” descrive la contrada del Bengodi, un esempio illustre di letteratura gastronomica che ci introduce in un viaggio dalla geografia ben definita. Per conoscere il Parmigiano Reggiano bisogna partire infatti dalla zona di produzione, nelle province di Parma, Modena, Reggio Emilia, Bologna alla sinistra del fiume Reno e Mantova, alla destra del fiume Po. Fin dal XII secolo la pianura tra Parma e Reggio Emilia si rivelò particolarmente vocata all’allevamento di bovini: il merito va riconosciuto all’opera di bonifica dei terreni messa in atto dai monaci benedettini e cistercensi. Utilizzate nei lavori agricoli, le vacche necessitavano però di strutture adeguate al loro allevamento: nacquero così le “grancie”, prototipi di aziende agricole in cui all’allevamento si affiancava anche la produzione di latte. La necessità di conservarlo, unita alla vicinanza con le saline di Salsomaggiore, diedero vita ad un formaggio stagionato, dalla forma molto grande, trasportabile e vendibile. Il caseus parmensis (questo il nome) esce ben presto dai confini regionali e raggiunge Piemonte, Toscana e dal porto di Pisa, il Mediterraneo. Nel frattempo, la produzione aumenta e alle abbazie si affiancano prima i feudi e poi le vaccherie, strutture rette da commerciantiproprietari di vacche nelle quali all’allevamento si affiancava il caseificio.

Ben presto la commercializzazione raggiunge tutta l’Europa, arrivando in Germania, in Francia e nelle Fiandre. La fama porta con sé anche confusione, tentativi di imitazione o contraffazione: ecco allora che il 7 agosto 1612 il Duca di Parma ufficializza la “denominazione d’origine”, una DOP ante litteram, che anticipa quella ottenuta nel 1996.

La lavorazione

Imprescindibile partire dall’alimentazione delle vacche: almeno il 50% della sostanza secca dei foraggi utilizzati deve essere prodotta sui terreni aziendali, purché posti all’interno del territorio di produzione del Parmigiano; inoltre, almeno il 75% della sostanza secca dei foraggi deve essere prodotta all’interno del territorio di produzione del formaggio. Nella razione giornaliera, almeno il 50% della sostanza secca dei foraggi deve essere rappresentata da fieni. Al latte scremato della mungitura serale, si aggiunge il latte intero della mungitura del mattino. La miscela viene versata nelle tipiche caldaie di rame a forma di campana rovesciata, dalle quali si otterranno fino a due forme per ciascuna: vengono quindi aggiunti il caglio di vitello e il siero innesto. Ha così avvio la coagulazione: la cagliata viene successivamente ridotta in piccoli granuli, utilizzando un attrezzo chiamato spino. Si passa alla cottura, che raggiunge i 55°C.

111

I granuli vengono lasciati sedimentare sul fondo della caldaia in modo da ottenere una massa compatta che viene estratta, tagliata in due parti e avvolta nella tela, quindi immessa in una fascera dalla quale prenderà la forma ben nota. Per ogni forma, sono necessari circa 550 litri di latte, per produrre 1 kg di formaggio ne servono 14. Una forma pesa in media 40 kg. La placca di caseina con numero unico e progressivo e la fascia marchiante con la quale vengono incisi sulla forma il mese e l’anno di produzione, il numero di matricola che contraddistingue il caseificio e la scritta a puntini su tutta la circonferenza, terminano questa fase, cui segue la salatura. Si procede per osmosi: le forme vengono immerse in una soluzione salina, per poco meno di un mese; quindi, posti a stagionare per almeno 12 mesi. Si procede quindi all’espertizzazione, cioè la valutazione delle forme (attraverso martelletto percussore, ago a vite, tassello o sonda, analisi visiva, battitura, spillatura). Dall’esame vengono identificate tre categorie di formaggio. Solo la prima categoria è il vero Parmigiano Reggiano. La seconda categoria è invece detta “Parmigiano Reggiano Mezzano”. Pur non avendo alterazioni delle caratteristiche organolettiche, presenta alcuni difetti nella struttura della pasta o sulla crosta. È adatto a un consumo da tavola. Terza categoria: scarto.

Fessurazioni, occhiature, difetti olfattivi: queste ed altre caratteristiche non consentono l’apposizione del marchio Dop. La forma viene quindi dequalificata. Il Parmigiano Reggiano ha forma cilindrica a scalzo leggermente convesso o quasi diritto, con facce piane leggermente orlate, del diametro che va dai 35 ai 45 cm. L’altezza dello scalzo va da 20 a 26 cm, mentre il peso minimo di una forma è di 30 kg. La crosta, dello spessore di circa 6 mm, ha colore paglierino naturale mentre quello della pasta, minutamente granulosa con frattura a scaglia e varia dal leggermente paglierino al paglierino. Aroma e sapore sono fragranti e delicati, saporiti ma non piccanti. Vale la pena sapere qualcosa anche sui bollini di stagionatura. Bollino aragosta: oltre 18 mesi di stagionatura. Le note di latte sono accentuate e si sentono anche quelle di erba (a volte anche di fiori). Bollino argento: oltre 22 mesi di stagionatura. Aromi più accentuati. Si sentono note di burro fuso e frutta fresca, oltre ad agrumi e a cenni di frutta secca. Dolce ma saporito, si presenta perfettamente solubile, friabile e granuloso. Bollino oro: oltre 30 mesi di stagionatura (stravecchio). È il più ricco di elementi nutritivi, più asciutto, friabile e granuloso. Ha sapore più deciso e complesso negli aromi, dove prevale la frutta secca. Secondo gli esperti il formaggio “deve passare due estati”, deve subire cioè due anni di trasformazioni enzimatiche che ne cambiano la pasta e ne rendono il sapore più intenso: Il picco di fragranza si raggiunge dai 24 ai 36 mesi.

pizza e pasta italiana p. 112 ott. 2016 112 pizza e pasta italiana aprile 2024
Tutte le grandi ricette hanno un segreto.

SCIÓRE È QUELLO DEL LA VERA PIZZA NAPOLETANA.

LA FARINA SEMINTEGRALE DI GRANO TENERO TIPO 2, RICCA DI FIBRE E GERME DI GRANO, AD ALTO CONTENUTO DI OMEGA 3 E OMEGA 6

IDEALE PER LE LUNGHE LIEVITAZIONI E PER GLI IMPASTI CON LIEVITO MADRE PER UNA PIZZA RUSTICA E FRAGRANTE.

smeraldiniemenazzi.it
molinonaldoni.it

MOLINO DALLAGIOVANNA G.R.V SRL

Località Pilastro 2 Gragnano Trebbiense (PC)

Ecommerce: www.shopdallagiovanna.it

www.dallagiovanna.it

17 incontri e 32 professionisti “disobbedienti”
Molino Dallagiovanna saluta identità milano 2024: “premiata la libera interpretazione di pasticceri, pastai, pizzaioli e chef”

Milano, 12 marzo 2024 – Diciassette incontri in tre giorni coinvolgendo 32 professionisti intorno alla disobbedienza in cucina, a partire dagli ingredienti essenziali della creatività, dell’innovazione e della fantasia. Molino Dallagiovanna chiude così la sua prima partecipazione a Identità Milano 2024, dove ha portato sul suo palco una ricca varietà di interpretazioni dolci e salate del tema portante del Congresso internazionale di gastronomia. “I risultati sono stati sorprendenti – sottolinea Sabrina Dallagiovanna, Sales&Marketing Manager dell’azienda molitoria piacentina

-. Alla vigilia dell’evento avevamo lasciato totale libertà ai Maestri Pasticceri, Pastai, Pizzaioli e Chef coinvolti e siamo rimasti piacevolmente colpiti da come questa pagina bianca si sia via via riempita di curiosi e interessanti contenuti, esteticamente belli quanto buoni al palato, che siamo certi possano entrare a pieno titolo nel novero delle proposte future dei professionisti coinvolti”.

Uno dei grandi Maestri più attesi, Iginio Massari, ha spiazzato il pubblico con la sua pizza al caffè, realizzata al padellino, con stracciatella, alici e foglie di cappero: il tutto coadiuvato nella disobbedienza da Giacomo Pini e Riccardo Pirrone.

Pizza protagonista con Ivan Correnti e la sua “Delicatezza in Pala”, realizzata insieme a Nicola Guizzardi, con Angus affumicato nel legno d’ulivo, gambero crudo, coulisse di fragola, cioccolato

bianco. E ancora: la “Cotoletta bugiarda” di Salvatore Polo con Daniele Aiello per una pizza panata e fritta, poi ripassata al forno con ragù vegetale, latte di stracciatella e tartufo. Sempre pizza, ma al vapore e “anarchica”, quella di Pierluigi Della Quercia e Luca Valle (Vincitore della seconda edizione di Pizza Bit Competition e Pizza Ambassador Molino Dallagiovanna 2024), spolverata con mais e servita con baccalà mantecato e baccala cotto al vapore, gel d’acqua del baccalà mantecato, peperone dolce fritto e in polvere, gel all’ananas e salvia ananas.

I cannoncini in due versioni, una al cacao con crema al gianduia e pralinato alla nocciola, e una tradizionale con crema pasticcera e al lampone, si sono presi la scena grazie a Luca Rubicondo (Vincitore della prima edizione di Pastry Bit Competition e Pastry Ambassador Molino Dallagiovanna 2024) con Alessandro Fiorucci.

Identità Milano è stata anche la vetrina per presentare le due nuove referenze 2024 della gamma di Molino Dallagiovanna: Uniqua Magenta e Uniqua Arancio, entrambe di tipo 2. In particolare, Uniqua Magenta è la farina con maggiore forza, ideale per biga e lievito madre, pizze e focacce a lunga lievitazione, come panettone, colomba, brioche e croissant. Uniqua Arancio, invece, di forza medio debole si utilizza per le lavorazioni dirette, grissini, cracker, pizze e focacce a lievitazione veloce, per frolle, pan di Spagna, plum cake e biscotti nella pasticceria.

LE AZIENDE INFORMANO 114 pizza e pasta italiana aprile 2024
aprile 2024
storie di pasta
di N.C. 28 PASTAI

Gragnano è l’Olimpo della pasta e i suoi abitanti sono custodi degli antichi segreti a essa collegati. Elena Elefante – nata e cresciuta tra un formato di pasta e l’altro – è figlia di un uomo che ha trascorso la sua infanzia a giocherellare con la semola nel pastificio dove lavorava il suo papà, il nonno di Elena.

Il posto si chiamava “Pastificio Emidio Di Nola”, Emidio era il proprietario, un uomo che non ebbe mai figli maschi, al quale il nonno di Elena era tanto affezionato da chiamare, in suo onore, suo figlio proprio come lui. Negli anni, quel pastificio è stato chiuso, ristrutturato e trasformato in uno stabile con uffici e residenze private. Nel frattempo, il papà di Elena ha intrapreso una strada diversa da quella che (quasi) ogni abitante di Gragnano prendeva. Il pastificio di Elena Elefante – 28 Pastai – oggi sorge proprio lì, a picco sulla Valle dei Mulini, dove c’è la sorgente Forma che ha dato l’Igp a Gragnano, nello stesso edificio dove un tempo giocava il suo papà. Scrutando in alto, si può ancora vedere l’insegna del vecchio stabilimento, rimasta lì in onore di ciò che era stato un tempo, quando la pasta ancora si asciugava all’aria e non nelle celle di essiccazione. Il papà di Elena aveva un desiderio: tornare a lavorare in quel luogo e riportarci la pasta. Il sogno alla fine è diventato realtà.

Durante una visita guidata al pastificio, ho avuto la possibilità di toccare con mano il lavoro che questa donna porta avanti con fervore, apprezzando in modo particolare – oltre alla qualità del prodotto – la personalità forte, intraprendente e appassionata di questa imprenditrice. Il tocco di Elena si vede, il posto - così come il prodottotrasmettono un amore e una precisione che solo una donna potrebbe metterci. Impegna ta e affermata, ma comunque umile e genti le, Elena mi ha accompagnata alla scoperta del mondo della pasta di Gragnano IGP e della sua pasta “28 Pastai”.

Il progetto nasce nel 2019 e prende vita dopo due anni di sperimentazione. L’idea era ben precisa: non fare la solita pasta di Gragnano: “oggi Gragnano conta intorno ai 35-40 pastifici tra industriali e ar tigianali, noi volevamo portare un prodotto che mancava. Abbiamo lavorato su due aspetti fondamentali: portare sulle tavole italiane e del mondo dei ristoranti un pro dotto che avesse un’identità distinguibile per sapore, colore e profumo”, mi dice Elena.

E continua: “siamo partiti dalla ricerca della materia prima, oggi chiaramente la standardizzazione produttiva ha portato una difficoltà nel riconoscere una pasta da un’altra. Io stessa, che mangio pasta sin da bambina, ho riscontrato questo aspetto. L’idea fondamentale era, quindi, quella di proporre un prodotto distinguibile, con una vera identità”.

La pasta di “28 Pastai” è fatta, infatti, con una miscela esclusiva di grani, che nasce da 5 grani duri italiani delle colline frentane, tra Abruzzo e Molise. È stata studiata grazie alla collaborazione di un mulino, un team di tecnologi alimentari ed esperti di settore. “Noi non abbiamo una vera e propria storia – racconta Elena. Siamo completamente nuovi in questo mondo e probabilmente è stata la nostra fortuna. Abbiamo guardato tutto con occhi nuovi, liberi da preconcetti e convinzioni, partendo dalle storie degli altri.

storie di pasta

Abbiamo intercettato un preciso momento nel quale 28 erano i mulini in Valle (che poi diventarono trenta) e, in armonia, iniziavano a nascere i pastifici sulla storica Via Roma; quindi, la forza dei primi diventava la forza dei secondi. I due mondi erano in perfetto equilibrio. 28, inoltre, è un numero perfetto. Quel preciso momento ha ispirato il nome. A quel 28 abbiamo aggiunto la voce Pastai proprio perché, non avendo una vera storia, abbiamo fatto un lavoro di ricerca sul territorio, incontrando le storiche famiglie di pastai di Gragnano che ci hanno raccontato le loro. Le abbiamo trascritte e riportato i loro volti stilizzati sulle confezioni e sono 28. Ci hanno raccontato segreti, aneddoti della tradizione che poi abbiamo anche usato.”

“Noi raccontiamo la nostra storia attraverso quelle di chi la storia di Gragnano l’ha fatta veramente”.

Passeggiando, Elena illustra i vari passaggi del prodotto. La materia prima non incontra mai il prodotto finito, al piano superiore c’è la zona “qualità”; una volta passati i controlli, il prodotto viene scaricato e parte il processo di lavorazione. A ogni formato ovviamente la propria trafila, la pasta è prodotta in modo da beneficiare di maglia glutinica che trattiene l'amido, risultando più sana e con un indice glicemico più basso. Vediamo le tramogge e poi passiamo nella zona in cui la semola incontra l’acqua.

118 pizza e pasta italiana aprile 2023

Le impastatrici fanno il proprio lavoro ma la mano dell’uomo è sempre fondamentale per dosare acqua e temperatura. Come primo formato, vedo un fusillone – che la sera ho anche gustato grazie allo Chef Lorenzo Cuomo preparato con ragù di capretto in bianco con friarielli, pomodoro secco e spolverata di pecorino – e poi gli spaghetti in essiccazione. Quest’ultima avviene lentamente e a basse temperature. La sosta in cella è variabile in base al formato: parliamo ad esempio di 20 ore circa per il fusillone e 23 ore per gli spaghetti.

Incuriosita da un monitor collegato a ogni cella, chiedo a Elena di cosa si tratti e lei mi spiega che quel monitor produce un report trasmesso a sua volta su una piattaforma blockchain, dalla quale il cliente può verificare tutto quanto concerne il processo: il numero della cella, i gradi, i tempi di essiccazione.

Elena, infatti, non lascia al caso alcunché e non ci tiene soltanto alla qualità, ma anche – come desumibile da quanto suddetto – alla tracciabilità, alla trasparenza e alla salubrità. Le ho chiesto quanto questi elementi fossero importanti e lei mi ha spiegato: “Il marchio IGP è fondamentale sia in termini di tutela che di promozione, tanto è stato fatto per recuperare l’immagine della pasta di Gragnano IGP e tuttavia ci sono ancora ampi margini di miglioramento.”

“Bisognerebbe promuovere maggiormente il brand all’estero e, sul fronte della tutela, occorrerebbero maggiori controlli per evitare scandali che riflettono ombre e generano sfiducia da parte dei consumatori ma anche degli operatori business esteri. È per questo motivo che fin da subito abbiamo adottato l’innovazione tecnologica, per rassicurare

consumatori e partner commerciali circa la nostra filiera produttiva, attraverso Authentico Blockchain Certe informazioni sono molto importanti per i consumatori, sempre più attenti al prodotto che mettono in tavola. Avere la certezza – dati alla mano –che la pasta sia stata realmente essiccata lentamente e a una temperatura inferiore ai 55°, significa avere garanzia di mangiare una pasta più sana,

storie di pasta

digeribile e che mantiene inalterate le caratteristiche organolettiche e nutrizionali”. “28 Pastai” è inoltre la prima pasta di Gragnano IGP a ricevere la certificazione del “metodo Zero pesticidi” ottenuta da Bureau Veritas ed è, inoltre, la prima pasta tracciata con tecnologia blockchain. Non sono però gli unici meriti: ogni confezione è in carta o bioplastica così da risultare 100% riciclabile.

In ultimo, ma non per ultimo, ho chiesto ad Elena come vede il futuro della pasta di Gragnano e della sua azienda e lei mi ha risposto che “i recenti dati ISMEA, che fotografano l’economia sviluppata dai prodotti DOP e IGP nel 2023 vedono la Pasta di Gragnano al 10° posto di una classifica che vede 326 cibi a indicazione geografica, con un fatturato di 267 milioni di euro, in crescita rispetto al 2022. Il futuro della pasta è sicuramente roseo, ma c’è ancora tantissimo da fare. Ci sono margini di crescita significativi soprattutto all’estero. “28 Pastai” è sul mercato da appena due anni, ciononostante è un prodotto già abbastanza noto sia agli chef che ai consumatori che amano i prodotti di eccellenza. Abbiamo iniziato a esportare anche all’estero e i riscontri che stiamo avendo lasciano presagire risultati soddisfacenti”.

Insomma, Elena trasforma il grano in poesia e la poesia in verità nel piatto.

119

5 Marzo 2024 —

Selezioni campionato Mondiale della pizza

Per la prima volta in Ungheria, le Selezioni Campionato Mondiale della Pizza

PPer la prima volta in Ungheria, le Selezioni Campionato Mondiale della Pizza

Nel giorno 5 marzo si sono svolte a Budapest, in Ungheria, le selezioni del Campionato Mondiale della Pizza per l’Ungheria e i paesi limitrofi, nel contesto della fiera Sirha nel rinnovato complesso fieristico Hungexpo.

Tantissime le presenze, ben 22 concorrenti provenienti da tutta l’Ungheria, da questo paese ed in tutta la fascia dei paesi dell’Est Europa si registrata una crescita esponenziale di consumo di pizza di qualità, crescita che era già stata notata durante l’ultimo Campionato Mondiale di Pizza, questa traccia ha spinto la rivista Pizza e Pasta Italiana, che ne è l’organizzatrice ad esplorare sempre di più questi territori anche grazie al sostegno di tante aziende e partner storici, come Cuppone Ovens per i forni elettrici, La Torrente per il pomodoro, i friarielli ed i funghi e Moli-

no Agugiaro & Figna per le farine dedicate al mondo della Pizza. Un grande saluto e ringraziamento va alle nostre giurie formate da professionisti di altissimo valore: Gianni Annoni del ristorante Il Pomodoro di Budapest, Daniel Slatkovic dalla Serbia, Zelijko Del Ristorante Casetta in Bosnia e Zolli di Pizza Accademia.

I nostri ringraziamenti vanno anche all’ente fieristico ungherese che ha creduto fortemente in questa straordinaria iniziativa.

I PRIMI TRE CLASSIFICATI:

1. Zoltan Bednar di Cafe Plazs dessert Boutique a Kecsemet, Ungheria

2. Renato PAL di Forni di Napoli di Budapest

3. Alexandru Ilie Paduraru di Pizza Pazza Budapest

LE AZIENDE INFORMANO 120 pizza e pasta italiana aprile 2024
Via Monte Nero, 107 - Curtarolo (PD) +39 049 9624665 info@scuolaitalianapizzaioli.it Scegli il tuo futuro: diventa un pizzaiolo professionista! Visita: scuolaitalianapizzaioli.it

Menù Engineering

A CURA DI Domenico Maria Jacobone

Cari amici di Pizza e Pasta, ho bisogno del vostro aiuto. Se non erro, in uno degli ultimi numeri della rivista, c’era un articolo che parlava di ingegnerizzazione del menu… Ho messo da parte (troppo bene!) il giornale al punto che non riesco più a trovarlo: sapreste dirmi il nome di questo studio?

Grazie, Pierluigi

redazione@ pizzaepastaitaliana.it

Immaginate di entrare in pizzeria: il profumo di basilico e delle pizze che sfrigolano durante la cottura vi avvolge. Vi sedete ed il cameriere vi saluta e vi porge il menù. Foto delle pizze più iconiche, una più invitante dell’altra, vi ammiccano dalla carta accompagnate da una descrizione accattivante…

Come fate a scegliere? Qual è il percorso che vi porterà a decidere? A questo pensa la “Menu Engineering” che può essere considerata a tutti gli effetti uno degli ingredienti fondamentali per il successo di un’attività ristorativa ed ancor di più andrebbe considerata nel suo ruolo centrale nel mondo della pizzeria. Scrivere un menù è un po’ come disegnare un’opera d’ar-

te: non basta l’immaginazione ma servono strumenti concreti e preparazione per ottenere un buon risultato. Quando pensate a questo lavoro, immaginate di avere davanti una tela bianca. Il vostro pennello è la creatività, i colori sono gli ingredienti e la vostra opera d’arte sarà il menù. In questa metafora, la Menu Engineering è la tecnica che vi permette di trasformare la tela bianca in un capolavoro che stuzzica l’appetito accontentando i desideri del cliente e di conseguenza incrementa i profitti della vostra attività.

I primi menù dei quali si abbiano testimonianze sonorisalenti all’epoca romana; nel Medioevo la loro evoluzione fu in poema descrittivo delle vivande ma il passaggio fon-

122 pizza e pasta italiana aprile 2024

damentale al documento che conosciamo oggi è databile tra l’800 ed il ‘900. Il primo testo dedicato esclusivamente alla realizzazione del menù (parola di origine francese) è stato scritto dal famoso chef d’Oltralpe, Auguste Escoffier. Le radici storiche della Menu Engineering, invece, sono molto recenti e risalgono agli anni ‘80, quando due economisti americani, Michael L. Kasavana e Donald L. Smith, applicarono per la prima volta i principi della psicologia e del marketing al mondo della ristorazione. Il loro obiettivo era semplice: creare menù che non solo soddisfacessero la curiosità ed i gusti dei clienti ma che massimizzassero anche i profitti del ristorante attraver-

so un posizionamento mirato dei piatti ed una scrittura dei testi accattivante. Questa tecnica che si evolve insieme alle tecnologie disponibili per ottenere il miglior risultato. La Menu Engineering non è un’astratta formula magica ma una vera e propria disciplina che richiede studio, analisi e una profonda conoscenza del target di clienti della vostra attività. Attraverso questa tecnica, ogni elemento del menù viene progettato con cura per influenzare le scelte dei clienti e guidarli verso le pietanze più redditizie.

I principi chiave sono incardinabili su punti conseguenziali che, per comodità, riporto in ordine di lavorazione:

Analisi del food cost

Capire il costo di ogni piatto è fondamentale per determinare il prezzo di vendita e la conseguente redditività.

Posizionamento strategico

Le pietanze più redditizie vengono posizionate in aree del menù che attirano maggiormente l’attenzione. La scelta dell’ordine di comparizione, dello spazio da dedicare e dell’esaltazione di un piatto piuttosto che altri si fa in base ad alcuni parametri: si vendono più facilmente, hanno un costo più o meno elevato, servono a riempire dei vuoti, sono stagionali etc. Questo fondamentale passaggio si fa seguendo uno schema che va costruito in base alle vendite registrate nel sistema di cassa.

Psicologia del cliente

L’utilizzo di tecniche di neuromarketing e di principi psicologici permette di influenzare le scelte dei clienti in modo positivo.

Design accattivante

Un menù ben strutturato, con un layout chiaro e accattivante, rende l’esperienza di lettura piacevole e facilita la scelta.

I vantaggi nell’utilizzo di questo approccio sono molteplici ma, dal lato del ristoratore, sicuramente fra tutti spicca l’aumento dei profitti:

123

un buon uso della Menu Engineering può portare ad un incremento del fatturato realisticamente del 15-20%.

Secondariamente, questo approccio implica una migliore gestione delle scorte con relativa riduzione degli sprechi ed aumento dell’efficienza: immaginate di avere un ingrediente vicino alla fine della shelf life o di aver fatto un acquisto di un prodotto fortemente scontato: esaltandolo nel menù, ne aumenterete il consumo a vostro vantaggio! Un menù chiaro e con una ponderata scelta di piatti accontenta tutti i gusti ed aumenta la soddisfazione della clientela. Il mio suggerimento personale è quello di dedicare sempre un pensiero alle minoranze, a chi ha problemi con allergeni o esigenze di dieta o gusto come, per esempio, i vegetariani. Con un piccolo sforzo si possono accontentare quasi tutte le esigenze e rendere indimenticabile l’esperienza vissuta nel vostro ristorante o pizzeria.

Nella realizzazione di un tradizionale menù cartaceo, attenzione particolare va posta al posizionamento grafico dei piatti; diversi studi dimostrano che l’occhio umano legge le pagine del menù seguendo un percorso preciso: dal centro, si sposta verso l’angolo in alto a destra e poi in alto a sinistra. Questa zona, chiamata “Triangolo d’Oro”, è la più osservata dai clienti e quindi quella nella quale “investire” le proposte iconiche e le nuove proposte. Grazie all’avvento della tecnologia, con costi sempre più abbordabili, la moderna interpretazione del menù digitale diventerà un’esperienza sensoriale sempre più intensa grazie all’utilizzo di realtà virtuale ed aumentata.

Prima di quanto si possa immaginare, l’utilizzo di software specifici permetterà di analizzare i dati in tempo reale e di personalizzare dinamicamente il layout del menù in base alle preferenze individuali dei clienti ed agli ingredienti e piatti disponibili.

Grazie al sistema di cassa integrato con il CRM ed il magazzino, tutto questo sarà presto realtà grazie all’integrazione nei sistemi dell’AI che, analizzando gli ingredienti disponibili, potrà aiutare i ristoratori a gestire meglio il magazzino ed elaborare giorno per giorno le proposte e personalizzarle in base ai gusti dei consumatori.

Con l’avvento delle nuove tecnologie, la Menu Engineering si evolve e diventa sempre più sofisticata.
124 pizza e pasta italiana aprile 2024

Esempio di menù tradizionale

Altro vantaggio di questa tecnologia sarà quello di avere un menù che sia capace autonomamente di “nascondere” temporaneamente un piatto di cui è finito un ingrediente, un vino appena terminato, il dolce di cui si è servita l’ultima porzione ma anche di suggerire un sostituto coerente col gusto del consumatore: mai più brutte figure!

Il menù deve essere considerato a tutti gli effetti come uno dei principali strumenti di marketing, un “dépliant delle meraviglie culinarie”. Ecco 5 “tips” per migliorare le vostre vendite:

1. La dimensione, la forma, il materiale e il peso del menù sono tutti fattori che possono influenzare la percezione dei clienti: in pizzeria come in un ristorante stellato, il cliente si aspetta un approccio adeguato al contesto, altrimenti potrebbe addirittura allarmarsi.

2. In questo senso, anche la grafica deve essere coerente con lo stile del locale e catturare l’attenzione con immagini evocative e colori ben scelti; è sempre preferibile un equilibrio armonico che non faccia sembrare il menù una raccolta di piatti presa da Instagram!

3. Bisogna dunque essere sempre coerenti tra le immagini proposte ed i piatti portati a tavola. Proprio le immagini, infatti, sono un elemento fondamentale ed imprescindibile: foto di alta qualità, scattate da un professionista, possono aumentare la salivazione e invogliare i clienti a provare

nuove pietanze stuzzicando il loro inconscio. Con altrettanta facilità, il cliente farà la comparazione tra ciò che ha visto ed ordinato nel menù e ciò che verrà servito: creare delle aspettative che possano essere deluse provocherà reazioni e recensioni negative.

4. I colori del menù non possono essere casuali o scelti “a gusto”: esistono dei principi di psicologia del colore che possono essere utilizzati per influenzare le decisioni dei clienti. Ad esempio, il rosso stimola l’appetito mentre il verde evoca freschezza e tranquillità.

5. Il layout del menù deve essere chiaro e intuitivo, una struttura ordinata e una categorizzazionve efficace sono essenziali per un’esperienza di consultazione piacevole.

Con il giusto approccio, la Menu Engineering può trasformare un semplice foglio di carta in una risorsa per il successo del vostro ristorante o della vostra pizzeria.

Esempio di menù "ingegnerizzato"
126 pizza e pasta italiana aprile 2024
Fosso Imperatore - 84014 - Nocera Inferiore (Sa)
www.solaniasrl.com Solania Srl solaniapomodoro

Raddoppiamo!

Questo mese, in occasione del Campionato mondiale della pizza di Parma, anziché consigliarvi un libro, ne leggiamo per voi addirittura due. Ma no, non sono dedicati ai pizzaioli bensì a bambini e ragazzi.

Il motivo è presto detto: a Parma arrivano spesso intere famiglie, con figli al seguito.

E allora, anche per i più giovani, cosa c’è di meglio di ingannare il tempo

128 pizza e pasta italiana aprile 2024 UN LIBRO AL MESE a cura della redazione

Per i bambini

La gara dei supercuochi

Autore: Geronimo Stilton (Elisabetta Dami)

Illustratori: Christian Aliprandi, Danilo Barozzi, Carolina Livio

Anno di prima edizione: 2012

Edizione più recente: allegato a Tv Sorrisi e Canzoni del 23/02/2024

Pagine: 128

Prezzo di copertina: € 9,80

Edizioni: Piemme (gruppo Mondadori)

Si sa che le gare di cucina piacciono a tutti e sono un’occasione ghiotta per gustare i manicaretti più succulenti ma anche per mostrare agli altri di cosa si è capaci. Ecco, dunque, che Geronimo Stilton arriva a Rocca Stracchina per assistere alla “Gara di Supercuochi” che incoronerà lo chef più bravo di tutta L'Isola dei Topi.

Tra i partecipanti che sono maggiormente in odore di vittoria, c’è Trappola, che si vanta da sempre delle sue doti di cuoco e coinvolge Geronimo nel ruolo di “assistente assaggiatore”. Peccato però che le preparazioni culinarie siano davvero l’una più disgustosa dell’altra!

Con grande sorpresa di Geronimo, tuttavia, le ricette di Trappola conquistano la giuria e i suoi piatti passano le prime selezioni. Geronimo comincia ad avere dei sospetti: come può Trappola vincere tutte le gare con ricette così nauseanti?

Per i più grandi che non dovessero conoscerlo, ricordiamo che Geronimo Stilton, qui “aiutato nella scrittura” da Elisabetta Dami, è nato a Topazia, la capitale dell'Isola dei Topi ed è laureato in “Topologia della Letteratura Rattica” e in “Filosofia Archeotopica Comparata”. Dirige il “Geronimo Stilton Media Group” ed è il direttore del quotidiano “Eco del Roditore”, fondato da suo nonno Torquato Travolgiratti. Nel tempo libero, Geronimo colleziona antiche croste di formaggio del Settecento, ma soprattutto adora scrivere libri.

129

Per i ragazzi

Mastershock

Autore: Gianluca Corrado

Anno di edizione: 2023

Pagine: 192

Prezzo di copertina: € 16,00

Edizioni: Metilene

Immaginate di essere a scuola e di venire improvvisamente selezionati per una competizione gastronomica. È quello che accade a tre ragazze e tre ragazzi, chiamati a confrontarsi al castello dei conti Balakirev, nel paese di Maranzano. Ospitati nell’antica magione, i giovani cuochi dovranno fronteggiare le stranezze dei padroni di casa e sconfiggere anche la paura di quei luoghi misteriosi. Durante le fasi della gara accadranno, infatti, eventi alquanto singolari: riusciranno i ragazzi a superare questi shock? Certo, ma, per farlo dovranno trasformarsi in abili detective che, tra veleni e apparenze, si troveranno a risolvere un mistero, prima ancora che a competere per vincere il trofeo di "Mini-chef dell’anno".

Come ben racconta Alessandro Scarnecchia in “Terza Pagina Magazine”, il mondo disegnato dall’autore è solo in apparenza di fantasia perché costruisce, pagina dopo pagina, “una rappresentazione fedele della complessità del genere umano, ricordandoci con la giusta leggerezza quanti volti la verità possa assumere”.

Un libro pensato per i più giovani, certo, ma che anche gli adulti dovrebbero leggere. L’autore, Gianluca Corrado, è nato a Viareggio nel 1968. È laureato in filosofia e vive a Firenze, dove lavora in una grande casa editrice. Ha pubblicato vari libri di filosofia e ha scritto questo romanzo con Alessandro Pagnini della Fondazione Francis Bacon, centro di storia e filosofia delle scienze e della cultura.

130 pizza e pasta italiana aprile 2024 UN LIBRO AL MESE
il buon pomodoro italiano
“Gli tisti della pizza”.

Sarà un anno da leccarsi i baffi. C’è una ghio�a novità che darà più sapore al nuovo anno, un calendario che porterà la giusta nota di colore. Tante idee da assaporare ogni mese con i nostri dodici “Ar�s� della pizza”. Aprile è stato dedicato al nostro caro pizzaiolo Enzo Fiore che con la sua pizza “L’ espatriata” ha lasciato tu� a bocca aperta.

PARTNER UFFICIALE www.latorrente.com - info@latorrente.it scopri di
più
OFFICIAL PARTNER www.campionatomondialedellapizza.it FORMAGGI E SALUMI PENSATI DA ESPERTI PER VALORIZZARE LA TUA OFFERTA
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.