piazzasalento n13

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29 giugno 2017 Anno VII numero 13

€ 0,90

www.piazzasalento.it

Ugentino in un traffico di droga a Roma: per conto di chi?

A Nardò colpo della Polizia

Ugento, "crisi ambientale"

Coca, con i boss in galera dove portano le nuove piste

Auto in fiamme preso 23enne

Trovati veleni in un pozzo

a pag. 6

Con un click siamo di nuovo nelle vostre case di Fernando D'Aprile

Da luglio il vostro giornale andrà più in là, per diventare una “piazza” grande - in prospettiva - quanto il Sud Salento. Abbandoniamo perciò la vecchia, cara (e costosa) carta per metterci tutti insieme – Editore in testa - ad utilizzare in pieno le tecnologie a disposizione, quelle che rendono più facili e rapidi i collegamenti, gli scambi, le risposte. E invece di ogni 14 giorni, ci potremo incontrare sul vostro computer e sui telefonini ogni giorno, ogni ora del giorno. Con la disponibilità e il rispetto soliti. Le vostre indicazioni (i dati sul sito e sulla rete) ci spingono a percorrere sentieri nuovi con l’obiettivo alto di mettere insieme il bisogno di informazione col bisogno di comunità. Oltre le relazioni futili, i frantumati rapporti col quotidiano, le private inclinazioni, le pulsioni intime di cui ci nutrono in ogni istante i media sociali. La trasformazione è sotto i nostri occhi, tumultuosa, rischiosa anche per l’assenza di filtri professionali, ma è ormai tale da mutare comunque il modo di comunicare e di vivere degli esseri umani. La civiltà ed il progresso sono transitati nei millenni dalla selce dei Sumeri al silicio dei chip del computer: non approfittarne non ha senso. In fondo, questo passaggio è in qualche misura anche un ritorno alle origini, al giornale che arrivava nelle vostre case, col vantaggio – rispetto a sei anni e mezzo fa – che adesso ci conoscete. Col nuovo mezzo Piazzasalento sarà più presente, diretta, a portata di mano. Basta un click.

M. Barba e T. Montedoro

a pag. 20

I resti del'auto

a pag. 28

Burgesi

Scattano le nuove norme per l'intrattenimento di massa; in Prefettura incontri a ripetizione

Concerti e sagre sott'occhio Eventi al "Gondar": nei 500 metri intorno stop alle bevande in vetro o latta La cara "500" nelle parole di chi l'ha usata e la usa

Ordinanze vecchie e nuove, vertici in Prefettura: unico obiettivo aumentare la sicurezza in vista dell'ondata di arrivi. Nel mirino i grandi eventi; i primi provvedimenti. Intanto programmi estivi quasi fatti a Gallipoli, Leuca e Nardò. all'interno

Ha 60 anni e racconta storie

Leuca

Quanti lidi sugli scogli «Serve un nuovo piano»

a pag. 31

Gallipoli

Troppi punti di ristoro il Comune mette un freno

La mitica 500 del boom economico

a pag. 2-3

"Cercasi a pag. 6 personale" Gallipoli e i turisti ma soltanto L'ospedale non è pronto: per due mesia pag. 7 pochi medici e infermieri a pag. 4

Nardò Tre giorni con i campioni d'Italia

Dopo gli infortuni, il triplista s'allena

"Villa Teseo" accresce l'offerta di Alezio

Beach volley Apulia a Mancaversa

Punta a Londra l'indomito Greco

Vacanze di fascino nell'antica dimora

In cenere gelsi secolari e la Protezione civile non c'è

a pag. 18

Casarano e Galatone

Sindaci, Stefàno riparte Nisi deve passare la mano

all'interno

Simu Salentini Casadei e Ficosecco

a pag. 24

Daniele Greco

a pag. 15

I titolari di "Villa Teseo"

a pag. 9

Dalle vecchie fontanine tanti echi. La cascata di Leuca tra le top. Patience, Adam e "Specolizzi" a pag. 17


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In Evidenza

29 giugno 2017

500 storie Viaggi da impresa Da Treviso ad Alezio e viceversa; salvo i soliti problemi

“Perdeva pezzi ma andava, che macchina» di Michele Piccinno La prima auto, o meglio la prima macchina, come il primo amore, non si scorda mai. La mia , come per la stragrande maggioranza dei giovani della mia stessa generazione, è stata una Fiat 500. Era beige la mia LE 97722 (fotto sotto il titolo grande). Ad essere precisi era di mia madre che , molto a malincuore, me la prestava non senza prima aver sciorinato un rosario di noiose raccomandazioni. Per mia fortuna, grazie anche alla sua gelosia, questa problematica comproprietà ebbe vita breve, fino a quando cioè lei acquistò un’altra 500 da tenere tutta per sé. Non appena entrato nel suo pieno possesso, sottoposi la finalmente mia 500 ad un radicale restyling della carrozzeria, eliminando i due paraurti e le coppe delle ruote. Installai l’autoradio con l’antenna elettrica telescopica e predisposi gli attacchi per il mangiadischi. Che macchina, quella macchina. Non si fermava mai. I suoi due pistoni continuavano a battere anche dopo che toglievo la chiave dal cruscotto e serravo lo sportello. Spasmi dovuti alla scarsità di ottani della benzina agricola, si diceva. Mah! Io amo credere che pulsasse di vitalità irrefrenabile. Ma tra le tante modifiche, la più urgente e sostanziale fu quella di segare i sedili ed applicare un sistema per il ribaltamento degli schenali. Ancora oggi mi domando come mai gli ingegneri di Agnelli non avessero pensato a questa banalissimo optional, indispensabile per il confort dei passeggeri in caso di lunghi viaggi notturni. Rimediarono poi. E sì, perché di lunghi viaggi notturni ne ho fatti tantissimi con quella 500. Non so dire quante volte ho percorso i 1.032 chilometri che separano Alezio da Treviso. L’A14 non era stata ancora completata e dovevo attraversare il centro cittadino di Pescara , Ancona e Pesaro. Sapevo quando partivo ma non sapevo quando arrivavo. Se tutto fosse andato per il verso giusto il viaggio durava una quindicina d’ ore. Ma tra eventi atmosferici sfavorevoli e rotture varie, posso contare sul palmo della mano le volte in cui tutto è filato liscio. Il viaggio peggiore è stato quella volta che, partito da Treviso alle due del pomeriggio , dopo appena 200 km, nei pressi di Ravenna, ho sentito un rumore di ferraglia che strisciava per terra. Un’occhiata allo specchietto retrovisore e lì dentro la sagoma della marmitta che diventava sempre più piccola in mezzo alla strada. Ero rimasto soltanto con i due tubi di scarico avvitati al monoblocco. Dopo qualche chilometro, all’altezza di Cervia, cedette il primo tubo di scarico, l’altro mi salutò nei pressi di Rimini. La voglia di tornare a casa era così tanta che non presi neanche in considerazione l’ipotesi di ricorrere ad un meccanico. Così, tra sfiammate che vedevo uscire da dietro al motore e un frastuono da carro armato, il viaggio proseguì lentamente fino a San Severo dove, alle 3 di notte, una pattuglia della Polstrada mi obbligò a fermare la macchina e mi intimò di ripartire solo dopo aver riparato la marmitta. Ero in Puglia ma mancavano ancora circa 350 chilometri per arrivare a casa. E a fermare la macchina era stata la Polstrada, non un guasto. Che macchina quella macchina!

Insegnante-meccanico e il panico sul gran Raccordo

«A Frosinone la marmitta puntualmente mi lasciava»

La mitica utilitaria del “miracolo italiano” compie 60 anni: quei tre metri che sconvolsero una nazione di Francesca Maruccia Una 500 per attraversare l’Italia, sfidando il traffico del grande raccordo anulare e i tornanti dell’Appennino: per Paolo Micaletto, insegnante in pensione ed ex meccanico di Taurisano Taurisano, la storica 500L bianca del ’71 è stata la fedele compagna di viaggio di rocambolesche trasferte in Sardegna, dove Paolo trovò lavoro dopo il diploma. Lanciata a tutto gas, carica di formaggi e altre provviste, la scatoletta bianca comprata per 700mila lire ha dovuto superare non pochi incidenti di percorso per permettere a Paolo d’imbarcarsi in tempo sul traghetto. «All’altezza di Frosinone - racconta lui - era quasi matematico che si rompesse la marmitta: me ne portavo sempre dietro una di scorta, la cambiavo per strada e in cinque minuti ripartivo». Dell’arte di arrangiarsi Paolo è maestro: in un torrido agosto degli anni ’70 gli toccò munirsi anche di un bottiglione d’acqua, per le soste in autostrada a rinfrescare la macchina che arrancava per via della pompa di benzina liquefatta dal caldo (“Ma al calar del sole il problema era risolto”). Il viaggio più avventuroso fu quello durante il quale – di ritorno a Taurisano con un amico – si fuse il motore. «La nostra grande paura era il raccordo anulare - continua - tutto quel traffico, i mezzi pesanti... una scatoletta come la mia l’avrebbero schiacciata!» E i guai arrivarono proprio da un rumore sospetto sul raccordo: «Decisi di tentare, mi misi in macchina e schiacciai fino in fondo l’acceleratore: o si spacca tutto qui e adesso, o si rimette a posto, mi dissi». L’eroica 500 riprese la marcia, superando anche i ripidi valichi dell’Irpinia (“A 20-30 all’ora, in seconda”) e arrivando a destinazione, o quasi: «A 500 metri da casa mia, a Taurisano, si spense e non volle saperne di ripartire».

Il simbolo della ripresa Sono tanti i simboli che testimoniano la presenza di un popolo operoso, capace di rinascere buttandosi alle spalle una dittatura, un Paese diviso e una guerra; tra questi, non può assolutamente mancare un’auto che ben presto è diventata un mito per uomini e donne, oggetto concreto di un miracolo che si stava compiendo, possibile, realizzabile, lì a portata di mano anche per un operaio che poteva averne una tutta per sé con 490mila lire. La prima Fiat 500 fu presentata ufficialmente il 4 luglio di 60 anni fa; poco dopo sarebbe diventata l’utilitaria più famosa e popolare, strumento di chi tornava a sorridere e cercava anche piccoli svaghi. Pochi mesi prima di quel ’57 era nato Carosello; l’Unione sovietica lanciava il primo missile in assoluto nello spazio; la Fiat aveva già immesso sul mercato la “600”. Poco dopo era arrivata lei, che non ricordava per niente la “500A” del ’36, che aveva avuto poca fortuna. La creatura dell’in-

L’acquisto col primo stipendio da ferroviere. Donne gelose al volante

«Sedili reclinabili, che gioia»

di Amleto Abbate Uccio Sogliano la sua 500 la acquistò coi primi soldi dello stipendio da ferroviere della SudEst: «Era l’aprile del ‘64 - racconta - e di quell’auto ricordo ancora il numero di targa LE 59780. Fu la prima 500 con le portiere controvento che la Fiat di don Walter Vergine (il nome dell’ex concessionario) vendette a Gallipoli Gallipoli.. La pagai

500mila lire: con 250 euro di oggi, avresti avuto anche il resto». Con quella macchina, 4 anni dopo feci il viaggio di nozze sino a Napoli e a Roma, con mia moglie Antonietta Bianco (foto (foto sopra con la sorella Annarita). Annarita ). «Viaggiare con la mia 500 decappottabile – confida - era come viaggiare in Ferrari». Roberto Rizzello, da più di 30 anni vive a Milano, dove insegna in un istituto superiore; mentre si

gode le meritate vacanze, racconta di quando sua madre Lucia Zacà la 500 la usava lo stretto necessario “per non sciuparla, solo per accompagnare me al Nautico e poi andarsene a scuola, nel centro storico: subito dopo, tornata a casa, la chiudeva a chiave nel garage”. «La teneva come una reliquia – prosegue Rizzello - e non si capacitava quando trovava il sedile del guidatore spostato. Io all’insaputa dei miei genitori e ancora senza patente, portavo in giro i miei amici, e quando capitava pure la mia amica del cuore. Non vi dico la gioia quando scoprii che quella macchina aveva pure i sedili ribaltabili». Filomena Fontanarosa, oggi insegnante in pensione e volontaria presso il Tribunale dei diritti del Malato di Gallipoli, la sua 500 la acquistò nel 1957 e ce l’ha ancora oggi, anche se adesso se la gode suo figlio. «L’ho guidata sino a qualche anno fa - dice - con quell’auto ogni anno arrivavamo sino a Treviso, città di origine di mio marito Angelo».

Nel ‘57 e in una Italia che risorgeva dalle macerie la creatura cult della Fiat

Tante le varianti nel tempo ma quell’antico fascino è rimasto intatto

gegnere romano Giacosa aveva mosso passi incerti, poi aveva imboccato la strada dei progressivi aggiustamenti: via la panca dal posto passeggeri posteriore, sostituita da sedili veri e propri; tettuccio apribile, la versione Giardiniera, poi quelle con motori più spinti firmate Giannini e Habarth, col prezzo che calava leggermente e i cavalli che aumentavano: da 13 a 15, poi a 21. Come la lira che nel ’60 ottenne l’Oscar come migliore moneta del Continente. Quante se ne sono viste, pure con varianti non proprio ortodosse, nei paesi, segni di inclusione sociale, di benessere, di prestigio persino. Per molti giovani gli amori si sono consumati in quelle scomode ma insostituibili alcove. Nel ’73 furono sostituite da vetture ben diverse e più attrezzate. Ma la “500” è rimasta nella grande storia, nei ricordi di viaggi ed avventure inenarrabili, nei tanti fanclub che ancora la mostrano in giro con orgoglio e un pizzico di nostalgia.

Auto da cerimonia per i matrimoni dei nipoti

Acquarica ne registra diverse, ancora oggi di macchine che oggi festeggiano i 60 anni. Fu un grande successo commerciale: era economica, pratica, molto usata per lunghi e piccoli tragitti ed era considerata l’utilitaria del Dopoguerra. Tra i ricordi c’è quello di Francesca Palmieri che la possiede ancora oggi in perfetto stato. « Era il mese di agosto nel 1971 quando mio marito portò la nuova 500 a casa, precisamente per il Ferragosto», racconta la donna ricordando con emozione quella giornata estiva di tanti anni fa. Per la signora Francesca quell’auto ha un valore non solo storico ma anche affettivo essendo legata al ricordo del marito scomparso. «Un’auto ancora oggi molto richiesta in famiglia – conclude - tanto da essere usata in diverse occasioni importanti, in particolare per il matrimonio dei miei nipoti ((foto foto sopra)». sopra)». DCA


29 giugno 2017 LA PRIMA A NASCERE FU LA “600” Lo stesso ingegnere che progettò la 500, Dante Giacosa, aveva visto l’anno prima lanciare sul mercato un’altra sua utilitaria, la Fiat 600. La presenza della “sorella

maggiore” rappresentò all’inizio una sorta di freno per la popolarità e la diffusione della 500, per volere della stessa casa automobilistica, che la mise in commercio senza alcuni accessori e con una velocità massima di 85 km orari: nel giro di due

Auto-scuola per un’intera famiglia

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anni, però, la politica aziendale fece convergere gli sforzi sul nuovo modello, che venne ripensato e potenziato, oltre che munito degli elementi di cui era carente, con un concomitante abbassamento del prezzo sul mercato.

Una “meccanica semplice, da ammirare”

Non si accettano offerte per la vendita: serve ai nipotini

Di padre in figlio Alfista esperto e lei regge bene amante nascosto Lo “sbarco” sul corso, uscendo pure dal tetto

Simpatica, su tutto di Chiara Pisanello

Cinquecento-Ferrari. Binomio impossibile? No, combinazione perfetta. Non si tratta dell’improbabile gara, tutta italiana, tra il bolide rosso di Maranello e la modesta utilitaria di Torino, quanto di una questione di “famiglia”. Prima ancora di essere un’automobile, la mitica Fiat 500 è un simbolo. Lo sa bene Johnny Ferrari di Casarano che, a dispetto del cognome, alle rombanti e scintillanti auto di lusso preferisce l’intramontabile fascino della 500. Il suo amore per la 500 inizia da bambino. «Quando ero piccolo – dice Ferrari – ero seduto sul sedile posteriore, mentre mio padre, imboccando la discesa del Manfio, spegneva il motore per risparmiare carburante. Erano gli anni ’70 e la crisi petrolifera si faceva sentire. Ricordo che, dal sedile posteriore, la 500 sembrava grandissima. Cominciò così il mio amore per quell’auto che, a distanza di anni, avrei acquistato». Così, quando gli si presentò l’occasione, esattamente vent’anni fa, Ferrari prese la sua 500 (foto sopra), in un anno speciale, quello in cui Johnny e la sua dolce metà Angela ebbero la loro primogenita Maria. «Quando la comprai – aggiunge Ferrari – pensai: su quest’auto imparerà a guidare mia figlia. E così è stato. Una volta cresciuta, Maria ha cominciato ad apprendere i rudimenti della guida proprio sulla 500, nelle strade di campagna del Manfio. E la stessa cosa è avvenuta per Benedetta, nata a un anno di distanza da Maria. Non avendo servofreno né servosterzo, una volta padroneggiata quest’auto, si può passare con estrema facilità ad ogni tipo di autovettura». Oltre alle importantissime ragioni di ordine affettivo, a rinsaldare il rapporto tra la 500 e la famiglia Ferrari, alla quale si è poi aggiunto l’ultimo arrivato, Pietro, ci sono anche altre ragioni. «Si tratta – aggiunge Ferrari – di un’auto affidabilissima. Certo, bisogna prestare la dovuta attenzione alla carrozzeria per evitare la ruggine, ma il motore è una garanzia. Da vent’anni a questa parte, non c’è giorno che non usiamo la nostra 500 e non c’è giorno che non svolga il suo fedele servizio». AN

Era un amore segreto, quello del primo meccanico di Sannicola Cosimo Congedo, detto Billy (foto) e la 500. Segreto perché “Billy” iniziò a lavorare negli anni ’50; aprì la sua prima officina nel 1964 su via Regina Elena e divenne presto punto di riferimento per gli alfisti di tutta la provincia oltre che di Brindisi e Taranto in un duro Dopoguerra. «Mio padre aveva un carattere particolare – racconta il figlio Massimo, che gestisce oggi l’officina su via Sferracavalli, dove il padre si trasferì dopo alcuni anni – come tutti gli uomini di allora: amava avere ragione ed era convinto (e non si sbagliava) che le automobili si sarebbero diffuse in ogni famiglia e ci sarebbe sempre stato bisogno di qualcuno che le riparasse». Gli “alfisti”, in quegli anni, erano persone particolari «che amavano profondamente la propria Alfa Romeo e non ammettevano che si vantassero i pregi di altre auto. I “fiatisti” o i “cinquecentisti” non esistevano» prosegue il figlio. Eppure Billy ammirava profondamente la semplice meccanica della 500 che, «senza vanità e quasi per magia riesce a portare il guidatore quasi dovunque – racconta una cliente, proprietaria di una 500, ricordando le parole che il meccanico le aveva detto oltre 20 anni fa – quando la mia 500 si fermava all’improvviso (era noto infatti che mantenessero difficilmente “il minimo”) e non ripartiva, Billy, mi aveva spiegato come colpire con un martello un pezzo del motore e l’auto ripartiva per poter giungere fino all’officina e risparmiare i soldi del carrattrezzi». La 500, che negli anni 70, aveva spinto l’Italia sulle onde del miracolo economico, aveva portato la sua magia anche a Sannicola grazie anche all’officina di un meccanico che si era formato e aveva avviato l’attività in un tempo quasi senza auto e con mulattiere al posto delle strade che aveva avuto “la visione di un futuro in cui l’auto era un lusso e una vanità (le Alfa Romeo con la loro meccanica elegante e sofisticata che per lui non aveva segreti), ma era anche e soprattutto uno strumento di libertà, di riscatto sociale (per i meno ricchi) e persino di pari opportunità per le donne (la 500 con la sua meccanica semplice, quasi magica che portava tutti dappertutto e che si riparava a colpi di martello)”, come conclude il figlio Massimo. MCT

Precari della scuola ma felici in viaggio di nozze in una quattro ruote blu

Il tradimento del tettuccio di Daniela Palma

Direttore responsabile: Fernando D’Aprile fdaprile@piazzasalento.it Editrice: Indra srl sede legale: corso XXII Marzo, 8 20135 Milano Stampa: Martano Editrice srl Viale delle Magnolie, 23 - Z.I. Bari - tel. 080 5383820 Periodico associato all’Unione Stampa Periodica Italiana Tessera n.15603

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In viaggio di nozze, dal Salento a Roma, in Fiat 500. Perché se “non conta la meta ma il viaggio”, Matino, quello di Luigi Panzeri, di Matino Parabita, e Lidia Cacciapaglia, di Parabita è stato sufficientemente lungo da diventare la loro meritata luna di miele. Era il 1973, il loro matrimonio fu celebrato in un’afosa mattinata d’agosto. Quella quattro ruote blu acquistata cinque anni prima, nel 1968, era la sudata ricompensa di anni di lavoro nel mondo della scuola, fino a quel momento sempre da precari. Lui, professore di italiano, latino e greco ancora supplente, arrotondava lo stipendio grazie a lezioni pomeridiane e ripetizioni. Lei, maestra ancora non di ruolo, sempre in attesa di stabilità. Acquistare quell’auto, nella concessionaria Fiat di Gallipoli – ricordano – per 525.000 lire dei loro risparmi, fu una scommessa sul futuro. Una scommessa vinta, a voler leggere la storia dal finale: quell’auto avrebbe macinato chilometri e servito l’intera famiglia fino al 2005. Per più di 30 anni quella 500 blu sarebbe stata la fida compagna delle scorrazzate

quotidiane verso molte scuole della provincia e soprattutto la “Dante Alighieri” di via Del Mare a Matino, dove il professor Luigi Panzeri avrebbe poi insegnato per tantissimi anni, e nella scuola materna “Maria Montessori” di via Machiavelli, dove la maestra Lidia Cacciapaglia ha educato centinaia di bambini. Quell’anno, invece, la loro “auto blu” era chiamata ad un ben più arduo compito: portarli in viaggio di nozze fino a Roma ad esaudire il desiderio di visitare la Città eterna. Per arrivare a Bari, con il sedile posteriore ben carico di bagagli, ci vollero più di 3 ore. A Roma giunsero il giorno dopo, ma, alla fine, con tutte le valigie bagnate. Durante il viaggio, all’altezza di Frosinone e a poco meno di 100 km dalla meta, la vera sorpresa fu un violento acquazzone contro il quale nulla poterono né il tettuccio in plastica della 500, che continuava ad imbarcare acqua, né le spazzole dei tergicristalli, troppo lente per garantire una buona visibilità della strada. Tutto, fortunatamente, finì nel migliore dei modi e Roma, il viaggio, la luna di miele e la stessa amata 500, sono – ancora oggi che i due insegnanti si godono felicemente la pensione – tra i loro ricordi più belli.

Quando la simpatia è di serie, i comfort sono optional di poco conto. E poco importa se fare un giro in auto significhi compiere una gara di resistenza e mettere alla prova la propria agilità. A dirlo sono i ricordi. Come quelli della signora Giovanna Nisco, ex sindaco di Alezio e moglie di Lucio Pedaci, dottore dall’aspetto tutt’altro che esile. «Erano gli anni ‘80 e una sera io, mio marito e i miei figli Giancarlo e Fredy decidemmo di andare a far una passeggiata a Gallipoli. “Ma con la 500” propose divertito mio figlio. Le nostre altezze oscillano tra il 1,70 (io) e l’1,92 (mio marito) ed è facile pensare, quindi, all’impresa che stavamo per compiere. All’arrivo su corso Roma la scena a cui assistettero sbalorditi i passanti fu da film: dopo il primo “gigante” uscito da quella scatoletta ne venne fuori un secondo. Se poteva sembrare tutto finito per il capannello di gente che si era formato vicino a noi, ecco che mi apprestavo io, seduta sopra a mio figlio, a uscire dall’auto. Infine toccò finalmente a Giancarlo, il quale, come se non bastasse, uscì dal tettuccio». Acquistata il 30 marzo del 1970, la 500 color becco d’oca ha accompagnato tutta la famiglia, anche sull’altare. «Avevamo pensato di venderla, ma con l’arrivo dei nipotini qualcosa è cambiato: ora sono loro che ci chiedono di fare un giretto con l’auto dei nonni». Stessa “agilità” anche per

«Partimmo per Urbino arrivammo in Austria» Annamaria Bidetti, per 25 anni professoressa presso il Classico di Gallipoli: «Certo, non sono stata mai piccolina e confermo che per entrare nella mitica 500 bisogna piegare le gambe ed essere abbastanza agili». Eppure con quella scatoletta, simbolo della libertà e del “non fermarsi mai”, la prof ha compiuto la sua prima avventura, “tra l’incosciente e l’ardimentoso”: «Nel 1965 stavo lavorando sulla mia tesi in filosofia e dovevo consegnare il manoscritto al mio professore, che si trovava a Urbino. Così io e mio marito, con il quale ero sposata da poco, deci-

demmo di fare quello che si rivelò essere ben più di un “viaggetto”: da Urbino ci spostammo a Moena, in provincia di Trento, per poi raggiungere Innsbruck. Nonostante le auto di grossa cilindrata in panne che spesso incrociavamo per strada, la nostra 500 blu pavone filava dritta senza problemi sulla spettacolare via d’alta montagna del Grossglockner, lungo un percorso che raggiunge i 3mila metri d’altezza». La “prof con la 500”: «Tutti identificavano la mia auto con me. Dopo il furto ne ricomprai una a mia figlia, di colore beige. Dopo poco lei acquistò un’altra auto e io ereditai la 500, ma la feci ritinteggiare subito per rivedere quel blu pavone». Inutile aggiungere che niente e nessuno è riuscito a separarle. Neanche offerte geneose di acquisto. «Guidarla ancora oggi non è facile, ma è bello».


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