Aprile 2016 - Paesi Etnei Oggi

APRILE 2016 ANNO XXII - N.238 | FREE PRESS E ABBONAMENTO

FONDATO DA CARMELO PITROLINO

CUCÙ DIMISSIONI A SORPRESA QUELLE DEL SINDACO DI GIARRE ROBERTO BONACCORSI E SCATTA UNA CAMPAGNA ELETTORALE A OROLOGERIA

FREE PRESS E ABBONAMENTO IL MAGAZINE DELLA CITTÀ METROPOLITANA DI CATANIA

REDAZIONE Via Principato di Monaco, snc 95030 - Gravina di Catania T./F. 095 396136 M. 340 6091442 DISTACCAMENTO ACESE-JONICO Via Nicolò Tommaseo, 61 95014 - Giarre M. 340 6080612

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ANNO XXII - N° 238 APRILE 2016 Registrazione Tribunale di Catania N. 7/95 del 22/03/1995

Giornale chiuso il 13/04/2016

EDITORE Andrea Pitrolino DIRETTORE RESPONSABILE Fernando Massimo Adonia RESPONSABILE DI REDAZIONE Alfio Patti HANNO COLLABORATO Simone Olivelli, Maria Bella, Roberta Fuschi, Nunzio Condorelli Caff, Agata Amantia, Desirée Miranda, Carmelo Di Mauro, Grazia Razza, Thea Giacobbe, Francesco Patti, Gaia Aiello, Michele Milazzo, Mattia Gangi, Melania Tanteri, Carmelo Puglisi, Andrea Sessa, Angelo Capuano, Giuseppe Guliti, Laura Distefano RESPONSABILE PUBBLICHE RELAZIONI Giovanni Leotta M. 340 6080612 PUBBLICITÀ commerciale@paesietneioggi.it SERVIZIO ABBONAMENTI M. 348 7904214 PROGETTO GRAFICO Marco Pitrolino Art Director - Pitrù ADV Simone Ignazio Russo Graphic Designer - Pitrù ADV FOTO DI COPERTINA Orietta Scardino COORDINATORE DISTRIBUZIONE Ivan Di Grazia TIPOGRAFIA Grafiche Cosentino

TERRITORIO Giarre, Tremestieri, Valverde, S. P. Clarenza, Aci Bonaccorsi, Acireale, Piedimonte Etneo, Fiumefreddo, Nicolosi CRONACA Il profilo dei Vicerè Si torna a sparare POLITICA Lo sforza Italia Ecco gli azzurri rimasti ai piedi del Vulcano La "Giarre contemporanea" affonda Giarre, le tappe della crisi

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CITTÀ METROPOLITANA Museo del carretto.

Polemica sull'intitolazione al maestro Mimmo Di Mauro Parco di Monte Ceraulo chiuso e abbandonato al vandalismo

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STORIA Don Giambattista Barbagallo e la costruzione della Chiesa Madre di Viagrande

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AMBIENTE La rinascita del Campanarazzu Rischio idrogeologico in zona Etna RUBRICHE L'editoriale di Fernando Massimo Adonia Criminologicamente di Thea Giacobbe Costumi e Spettacoli La Psicologa di Grazia Razza L'angolo di Carmelo Di Mauro

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L’EDITORIALE di FERNANDO MASSIMO ADONIA direttore@paesietneioggi.it

CITTÀ METROPOLITANA CHAMPAGNE

Trivelle.

C’è chi dice «sì» Grandi temi, piccoli centri. «Tenuto conto che della questione estrazione petrolifere tanti cittadini hanno espresso la propria ferma opposizione, non è accettabile di dover subire di volta in volta, decisioni calate dall’alto che sistematicamente si rivelano pregiudizievoli per il territorio». A Pedara qualche consigliere dice «no», che poi vale quanto un«sì» nel referendum sulle Trivellazioni.

Il capitano è Davide Russo, lo seguono a ruota Milena Verdi, Mario Laudani, Carmelo Barbagallo, Tiziana Petralia, Bruno Spitaleri. Si associa anche l’opposizione: Domenico Pappalardo, la salviniana Elisabetta Pasqualino e Nuccio Tropi del M5s. Succede anche questo.

a notizia è che l’affare Città Metropolitana si è sbloccato. Dopo una querelle tanto lunga, quanto imbarazzante, l’Ars ha partorito una legge topolino di cui non se ne comprende ancora l’utilità.

Già, perché stando così le cose, con una nuova entità tale e quale alle vecchie Province, non c’è di che brindare. E non si tratta della vecchia tiritera del «si stava meglio quando si stava peggio».

Qui la nostalgia del Ventennio non ci azzecca per nulla. Anzi, è proprio l’esatto contrario, dove Crocetta, nel suo impeto rivoluzionario, ha disegnato un organismo che a differenza di quello appena soppiantato ha in meno solo le elezioni dirette. E sia chiaro, le elezioni di secondo grado stanno alla democrazia quanto il latte al limone… Così il rischio che tutto si risolva in un affare da toilette è tutt’altro che imprevedibile. E chi ci rimette – lo sappiamo già – è sempre chi è governato, in un modo o nell’altro.

Sopra, una scena tratta dal film Le mani sulla città (1963) di Francesco Rosi

A settembre, dunque, si vota per il primo sindaco metropolitano della storia catanese. Lo voteranno gli oltre mille grandi elettori chiamati alle urne tra sindaci e consiglieri comunali. E nonostante il voto ponderato – eccola là – sono già dolori di panza. Per Enzo Bianco in primo luogo, che dovrà farsene una ragione del fatto che il primo cittadino della città capoluogo non sarà ipso facto supersindaco. Forse è meglio così, visto che Catania non è New York e che tra Caltagirone e la città di Agata ci stanno tanti chilometri di tradizioni, campane, problematiche agricole e non esattamente metropolitane.

Di sicuro c’è che l’ex ministro dell’Interno sarà costretto a fare i conti con gli azionisti della maggioranza dem e a questuare un appoggio che può valere un posto nel nuovo Senato disegnato da Matteo Renzi ed Elena Boschi, sempre che il referendum di ottobre confermi il prossimo corso costituzionale partorito senza padri nobili. Pallottoliere algebrico alla mano – sì perché non sarà per nulla facile far di conto – è che in concomitanza con il primo giro di boa della giunta Bianco, il sindaco dovrà cedere alle sirene del rimpasto e tenere in debita considerazione quel Luca Sammartino e il duo Nicola D’Agostino – Nico Torrisi che intanto a Palazzo degli Elefanti hanno visto crescere il numero dei rispettivi fedain. Ma anche considerare che il camper del Megafano ha perso carburante.

Insomma, il nuovo – perché questo dovrebbe rappresentare nell’immaginario croce-renziano la città metropolitana – parte con i peggiori auspici della peggiore partitocrazia. Peccato che almeno in Sicilia i partito non esistano quasi più e con loro le aspirazioni di una seconda Repubblica nata sotto la spinta della democrazia diretta.

@fernandomadonia meridianista

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TERRITORIO

GIARRE SCATTA IL CASO GETTONOPOLI Il M5S e gli “sprechi” della commissione straordinaria sull’ospedale di Maria Bella

TREMESTIERI RANDO FA TRIPLETE SUI REVISORI di Carmelo Puglisi Il M5s: «Inutile prova muscolare»

VALVERDE IL PULMINO SCOLASTICO SENZA ASSICURAZIONE Quando chi deve dare l’esempio non lo fa di Francesco Patti

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a protesta di sindaci e componenti della Commissione straordinaria giarrese sull’ospedale, nell’agosto del 2014, all’uscita dello svincolo autostradale di Giarre, aveva acceso i riflettori sulle carenze del Pronto soccorso del San Giovanni di Dio e Sant’Isidoro.

Quella manifestazione, ultimamente, è finita anche sotto la lente d’ingrandimento del M5S, che ha denunciato il presunto caso Gettonopoli.

Sedute di appena 15 minuti, verbali non firmati e soprattutto argomenti ripetuti più e più volte.

Queste, stando ai pentastellati, le irregolarità emerse dall’analisi dei verbali. Tra le anomalie rilevate, proprio le sedute convocate per organizzare quella protesta eclatante che attirò l’attenzione del Governatore. Secondo il M5S la Commissione sull’ospedale si sarebbe riunita per ben cinque volte in poco più di 10 giorni, dal 27 luglio all’8 agosto, per mettere in piedi una semplice attività di volantinaggio. Furono 48 i

È

gettoni di presenza corrisposti. «Qualcuno ha voluto approfittare della situazione», denunciano il senatore Mario Giarrusso e la deputata Ars Angela Foti.

Intanto dell’ospedale giarrese è rimasto ben poco.

La chiusura del Pronto soccorso, nel marzo dello scorso anno, ha di fatto lasciato circa 100mila utenti privi di una risposta alle urgenze. A breve sulla vicenda si pronuncerà il Tar di Catania, cui hanno fatto ricorso associazioni, sindaci e consiglieri comunali del territorio contro la delibera dell’Asp di Catania, che ha di fatto sancito la morte del presidio.

Sedute di appena 15 minuti, verbali non firmati e soprattutto argomenti ripetuti più e più volte. queste, stando ai pentastellati, le irregolarità emerse dall’analisi dei verbali

stata una prova di forza politica quella offerta lo scorso 13 marzo dalla maggioranza del sindaco Santi Rando in consiglio comunale. Infatti, la coalizione che sostiene l’amministrazione ha strappato tre revisori dei conti su tre nell’elezione di rinnovo del collegio, che è un organo votato dal consiglio comunale per supportare il civico consesso nelle valutazioni sulla materia finanziaria. Sono stati eletti componenti Angela Russo e Annunziata Cirelli, mentre Francesco Scuderi è il presidente. Il triplete di Rando è stato possibile anche grazie ad un meccanismo di voto particolare che vede scissa la scelta del componente da quella del presidente. In pratica chi ha votato per il presidente non poteva farlo per il componente. Con un quorum più basso è bastato solo un franco tiratore per mettere fuorigioco l’opposizione. «Stiamo dimostrando nel lavoro quotidiano così come nelle dinamiche consiliari –

dichiara Michelangelo Costantino, capogruppo di Migliora Tremestieri – , di essere una squadra coesa. L’elezione dei revisori ne è stata la dimostrazione». Non può che essere molto critica la minoranza: «L’amministrazione Rando – spiega Domenico Di Guardo, Movimento 5 Stelle – ha offerto una inutile prova muscolare. Un revisore espressione dell’opposizione avrebbe garantito più trasparenza e più democrazia all’interno dell’ente. Il mio auspicio è che in materia di revisori anche in Sicilia si applichi la nuova legge che prevede il sorteggio, affinché i revisori non siano più oggetto di baratto politico».

Siamo profondamente contriti e ci assumiamo l'intera responsabilità della disattenzione». Con queste parole l’assessore di Valverde Luigi Torrisi ha voluto commentare la mancata copertura assicurativa del pulmino scolastico. Una notizia che ha destato non poco stupore e rabbia tra i cittadini. E non sono mancate le polemiche. Torrisi ha palesato una grande amarezza, dal momento che «qualcuno sapeva dell'assicurazione e ha preferito attendere l'arrivo della televisione per risaltare una campagna elettorale denigratoria piuttosto che pensare alla tutela dei bambini di cui, evidentemente, non gli importa nulla». Replica l’esponente d’opposizione Francesco Freni: «Quanto accaduto è davvero inconcepibile e trattasi di una grave mancanza nei confronti dei bambini e dei loro genitori. Siamo completamente estranei a questi giochetti politici, dunque che non vengano fatte illazioni e che dia-

no il buono esempio di come rispettare la tutela su strada dei più piccoli». Una svista dunque davvero grave, sommata alla carente copertura assicurativa della macchina in uso alla moglie del Comandante della Polizia municipale Pietro Viola, che intanto fa sapere: «Tutto l’equivoco nasce da una tardiva registrazione telematica ad opera della Banca dati Ania». L’auto adesso risulta essere sotto sequestro amministrativo. In merito al pulmino il sindaco Rosario D’Agata ha fatto sapere che «indagherà personalmente sull’accaduto, al fine di individuare i responsabili della grave inadempienza».

Gli altri mezzi comunali non hanno riscontrato violazioni.

PAESI ETNEI OGGI

SAN PIETRO CLARENZA RIMESCOLAMENTO DI CARTE Dopo il cambio del vicesindaco, arriva la prima presidente donna del consiglio comunale di Gaia Aiello

In foto, Agata Lucia Chiarenza

ACI BONACCORSI GRAZIELLA MESSINA È LA VICESINDACO di Agata Amantia

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i può ormai segnare una linea di demarcazione netta tra la prima e la seconda metà del mandato dell'amministrazione targata Bandieramonte. L'inizio del 2016 continua a essere all'insegna del cambiamento: a poco più di un mese di distanza dalla nomina a vicesindaco dell'assessore Andrea Cavarra, che in seguito ad accordi interni post elettorali aveva preso il posto dell'assessore Mariagrazia Santonocito, arriva un nuovo avvicendamento in una delle cariche più prestigiose: la presidenza del Consiglio comunale.

Il 16 marzo, dopo poco più di due anni di mandato, l'ormai di fatto ex presidente del consiglio comunale Marcello Somma ha presentato le proprie dimissioni, alle quali è seguita l'elezione della Agata Lucia Chiarenza, che aveva ricoperto fino a quel momento il ruolo di vice presidente.

Anche in questo caso, come nel precedente, il cambiamento è stato dettato da accordi interni risalenti ai primi mesi di vita dell'amministrazione, e che sono stati presi in totale armonia. Lo conferma il sindaco Giuseppe Bandieramonte: «Nel mio primo intervento da sindaco ho detto che dopo due anni ci sarebbe stato il cambio della presidenza del consiglio e che la maggioranza avrebbe proposto come nuovo presidente la Chiarenza. In sede di votazione, poi, anche la minoranza ha espresso parere favorevole alla nomina che è infatti avvenuta all'unanimità».

Ho scelto lei perché si è guadagnata la mia fiducia sul campo,con la sua presenza e la sua costanza». Così il sindaco di Aci Bonaccorsi, Mario Alì, annuncia la nomina a vicesindaco di Graziella Messina. Proveniente dalla lista civica Rinnovamento e libertà, e vicina a Ncd/ Area Popolare, subentra al posto di Angelo D’Urso che ha ricoperto l’incarico nei tre anni di mandato sin’ora trascorsi. «La nomina non è dovuta ad accordi preelettorali. In realtà D’Urso si è dimesso a causa di problemi di salute ed io sono rimasto un po’ di tempo a riflettere. Poi mi sono reso conto che la figura del vicesindaco era necessaria ed ho cercato una persona che avesse i giusti requisiti e che potesse sostituirmi ogni qualvolta si fosse reso necessario perché a conoscenza di tutte le problematiche del nostro Comune. La mia scelta, comunque, non è stata soltanto un’esigenza ma un riconoscimento».

Graziella Messina, infatti, ha una lunga esperienza nella pubblica amministrazione. Già assessore ai Servizi Sociali, Pari Opportunità, Pubblica Istruzione e Politica del Lavoro per la pubblica utilità ormai da quattro anni,era stata anche consigliere comunale e presidente del Consiglio durante la precedente Amministrazione. Un aspetto da non trascurare è il fatto che sia stata il primo assessore donna, nonché il primo vicesindaco donna di Aci Bonaccorsi.

In foto, il sindaco di Aci Bonaccorsi Mario Alì

APRILE 2016 - ANNO XXII | N° 238

Insieme al sindaco Alì, ci racconta di una iniziativa denominata “social taxi” che consiste nell’utilizzo di un’auto messa a disposizione dal Comune per tutti

Una scelta che sembra quindi mettere d'accordo tutti e che allontana ancora una volta le ombre di quella che potrebbe essere vista come una crisi all'interno della maggioranza.

Si tratta inoltre di un'elezione per certi versi storica: Agata Lucia Chiarenza è infatti la prima donna presidente nella storia del comune clarentino. Un nuovo passo verso una maggiore partecipazione in rosa alla vita politica del paese, ma che diventa, allo stesso tempo, una risposta alle polemiche suscitate dalla dimissioni dell'assessore Santonocito. Polemiche che però, secondo il primo cittadino, non sarebbero state interne all'amministrazione: «Nessuna polemica è stata fatta in mia presenza, anche perchè gli accordi stabilivano che ci dovesse essere un cambio fisiologico a metà mandato, sia alla presidenza del consiglio che alla vice sindacatura. Si trattava di accordi elettorali, e gli accordi elettorali vanno onorati. Le polemiche sono state all'esterno, forse perchè è passato un messaggio sbagliato rispetto ai fatti». Il sindaco spiega anche come mai, nonostante i due passaggi di consegne fossero stati decisi entrambi fin dall'inizio, quest'ultimo sia avvenuto con un leggero ritardo: «Un progetto importante, quello del piano regolatore generale, era stato seguito dall'ex presidente del consiglio che ha voluto avere il piacere di portarlo davanti al consiglio comunale prima di dimettersi, e ci siamo quindi accordati per ritardare leggermente il passaggio di cariche».

i cittadini, anziani e non e per cui è necessario un supporto per gli spostamenti ed in particolar modo per le visite mediche. A tal proposito è stata nominata una coordinatrice, Pina Marletta,che gestisce prenotazioni,viaggi e tutto ciò che concerne la selezione degli aventi diritto dando pure un supporto psicologico agli anziani e facendo da portavoce per i familiari. Il servizio si effettua solo di mattina ed è totalmente gratuito. «Il servizio è molto ambito e riusciamo a servire decine e decine di utenti che si rivolgono a noi perché bisognosi – commenta Messina – . Impegnarmi nel sociale mi gratifica perché mi permette di aiutare il prossimo. La nostra Amministrazione ha anche creato un fondo a cui destinare il 20% della nostra indennità,che utilizziamo per creare attività lavorative per i soggetti bisognosi. A questi ultimi vengono assegnati piccoli lavori di manutenzione retribuiti. Inoltre è già tutto pronto per il via ai cantieri di lavoro,in cui verranno impiegate nove risorse. Purtroppo l’iter è complesso ma dovrebbe arrivare a breve il finanziamento regionale per ripartire».

«Di recente – ha aggiunto il sindaco Alì – si è parlato del nostro comune e dell’iniziativa del social taxi nel programma di TV 2000, Siamo Noi, dove sono stato invitato a partecipare per quanto riguarda la rubrica "L’albero del Bene Comune", che approfondisce proprio le realtà di alcuni Comuni italiani. Sono una persona modesta ma mi ritengo soddisfatto dei riconoscimenti avuti per ciò che riguarda la qualità della vita nel nostro piccolo paese, definito anche dal giornale Paesi Etnei Oggi la Svizzera dell’Etna».

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TERRITORIO

ACIREALE LA GUERRA TRA CATANOSO E D’AGOSTINO È ORA SULLA MEMORIA DI RINO NICOLOSI di Carmelo Puglisi

PIEDIMONTE ETNEO L’OPPOSIZIONE SFIDUCIA SANTO LEVA E volano parole grosse

ACIREALE BARBAGALLO VARA LA RIDUZIONE INDENNITÀ.

RENNA: «AVEVANO PROMESSO DI PIÙ» di Simone Olivelli

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ferocissima la polemica in seguito alla decisione dell’amministrazione comunale di intitolare la via dello Stadio e tutta l’area comprendente il Tupparello, Pattinodrono e il Palasport , all’ex Presidente della Regione Siciliana, Rino Nicolosi. La proposta alla commissione toponomastica era stata avanzata dal vice sindaco, Nando Ardita. «La scelta di intitolare a Rino Nicolosi una strada di Acireale, adottata dall'amministrazione Barbagallo, è da censurare – sostiene il deputato nazionale di Forza Italia, Basilio Catanoso – perché l'intitolazione di un bene pubblico dovrebbe essere esempio positivo per l'intera collettività, soprattutto per i giovani. Se questo è il principio, non comprendiamo come il sindaco e l'Amministrazione comunale di Acireale, abbiano potuto intitolare una strada a Rino Nicolosi, reo confesso innanzi alla magistratura per tangenti, uno dei reati che indigna maggiormente i cittadi-

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l gruppo di opposizione a Piedimonte Etneo ha chiesto una seduta straordinaria di consiglio comunale per discutere una mozione di sfiducia nei confronti dell'assessore Santo Leva.

Si tratta di una forte provocazione considerato che non è previsto dal Testo Unico degli Enti Locali dalla legislazione regionale la sfiducia per il singolo assessore. Secondo la minoranza, Leva avrebbe scritto frasi offensive nei confronti del consigliere Felice Belfiore. «Un assessore – si legge nella richiesta – non può esprimersi in quei termini, in quanto non consoni alla sua carica ricoperta, lesivi dell'immagine del Comune e al contempo offensivi nei confronti di chi è stato eletto direttamente dai cittadini». Santo Leva per il momento non risponde: «Replicherò in Consiglio». La polemica su facebook era nata in seguito all'attacco di Belfiore nei confronti del sindaco Ignazio Puglisi, reo, secondo il consigliere di opposizione, di aver aspettato tre giorni prima

E

cco, il 20% in meno per lanciare un messaggio ai meno abbienti. È l'iniziativa dell'amministrazione guidata da Roberto Barbagallo, che così ha ridotto le indennità dell'intera giunta. La decisione è stata presentata come un segnale importante, dopo che l'anno scorso erano stati i consiglieri a ritoccare i loro compensi, in seguito alle polemiche del caso gettonopoli. Tuttavia non sono pochi coloro che hanno ricordato come la promessa fatta agli elettori, in occasione delle amministrative, sia stata ben diversa: l'allora candidato Barbagallo, infatti, aveva garantito un taglio del 50% nel caso fosse stato eletto. Una misura che poi, indossata la fascia tricolore, è stata dimenticata. In più di un'occasione, inoltre, sia Barbagallo che gli assessori avevano sottolineato come le retribuzione prevista dalla legge fosse quantomeno proporzionata al carico di lavoro che spetta agli amministratori di un Comune.

ni». A difendere la scelta del sindaco Barbagallo, il deputato regionale Nicola D’Agostino: «La scelta della commissione toponomastica, avallata certamente dall'Amministrazione, di dedicare una via a Rino Nicolosi, è stata accolta dalla stragrande maggioranza degli acesi in maniera positiva. A distanza di quasi 20 anni dalla sua scomparsa lo rimpiangono amici ed avversari anche acerrimi; lo trattano invece da nemico coloro che hanno provato a prenderne il posto, lasciando però un ricordo sbiadito, soprattutto il nulla politico. Forse per questo rancorosi».

di emanare, l'11 febbraio, l'ordinanza di divieto di utilizzo per scopi potabili le risorse dell'acquedotto comunale. I tecnici dell'Asp hanno rilevato che l’acqua destinata al consumo domestico contiene la presenza di batteri fecali del tipo Escherichia Coli. «In data 11 febbraio – dichiara il sindaco Ignazio Puglisi – è pervenuta una nota dell’ASP, con la quale mi è stato richiesto, per motivi precauzionali, di emettere l’ordinanza di divieto di utilizzo per scopi potabili della nostra acqua, cosa che ho fatto immediatamente, dandone comunicazione mediante distribuzione di volantini e attraverso i social network». (cp)

Giustificazione che era stata attaccata non tanto nel merito, quanto nel metodo da chi ricordava che una figura istituzionale dovrebbe onorare le promesse. Quelle critiche sono ritornate negli scorsi giorni, specialmente sui social: «Il problema – ha scritto la consigliera comunale di maggioranza Sabrina Renna, che negli ultimi mesi più di una volta ha preso le distanze dall'amministrazione – sta nel fatto che ciò che si promette poi si deve mantenere». Il tema dei costi della politica divide i cittadini. Se c'è chi ritiene che, promessa o meno, gli amministratori ricevono compensi più che invidiabili, come nel caso di Milva che in merito alla decurtazione scrive su Facebook: «Troppo poco per quello che guadagnano e rispetto al lavoro che fanno», non manca chi invece suggerisce di guardare ai risultati: «Troppo poco il guadagnano rispetto al lavoro che fanno», replica Pierpaolo.

PAESI ETNEI OGGI

RADIO IL GRUPPO RMB PRONTO PER IL SALTO HI-TECH Una storia nata nel lontano 1976 inaugurando quella che inizialmente si chiamava Radio Belpasso

FIUMEFREDDO VOLANO PAROLE E STRACCI «Non vorrei che le querele facili diventino uno strumento per zittire gli avversari politici» In foto, Giuseppe Caudo

NICOLOSI MATTEO SCIUTO: «NON SARÒ SINDACO»

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l Gruppo Radiofonico siciliano RMB di Mimmo e Giuseppe Russo festeggia 40 anni di radio in Sicilia. La famiglia Russo è stata pioniere della radiofonia in Sicilia Orientale, inaugurando nel lontano 1976 le trasmissioni di quella che era inizialmente “Radio Belpasso”, una stazione sperimentale locale che a distanza di tempo s’è evoluta in “Rmb”, una delle realtà editoriali più importanti del sud Italia, che gestisce i circuiti radiofonici di “Radio Cuore”, “Radio Fantastica”, “Radio Ricordi”, “Radio Juke Box”, “Radio Sportiva” e "Radio News 24".

Per l’occasione questo importante traguardo è stato celebrato nel corso di un incontro conviviale nel quale lo storico direttore responsabile di testata, prof. Vito Sapienza, ha anche ricordato l’intraprendenza di Mimmo Russo nel voler scommettere nel fenomeno della radiofonia privata al tempo di quelle che erano ancora le prime “radio libere”. Al centro dell’analisi storica di Sapienza

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il coraggio di Russo nel voler puntare sul mondo della comunicazione come fonte di sviluppo per il territorio etneo, ma anche di informazione locale.

Oggi la scommessa della famiglia Russo è una certezza consolidata nell’informazione del meridione d’Italia e continua con la freschezza e la voglia giovane del fare di Giuseppe Russo, che ha condiviso il progetto del padre, portando avanti l’attività radiofonica con dedizione e impegno, strizzando l’occhio alle mutazioni tecnologiche del presente.

Fiumefreddo di Sicilia la giunta del sindaco Marco Alosi ha querelato per diffamazione il coordinatore provinciale del Megafono, Giuseppe Caudo, il quale, commentando i sequestri della Guardia di Finanza in merito ai lavori di piazza Botteghelle, aveva definito Fiumefreddo «una città governata con superficialità se non addirittura come sembra emergere in totale illegalità». Frasi che sono state ritenute inopportune dai componenti del governo cittadino. «La gravità inaudita di queste affermazioni – ha spiegato in consiglio comunale l’assessore ai lavori pubblici, Claudio Fiume – ci obbliga a chiedere l'intervento dell'autorità giudiziaria soprattutto alla luce del fatto che l'amministrazione non è nemmeno sfiorata dall'indagine, e anche i tecnici comunali coinvolti hanno ricevuto solo provvedimenti di

sequestro». Caudo subito dopo la notifica della querela ha convocato una conferenza stampa per difendersi: «Ritengo preoccupante questo episodio perché significa che nessuno può più esprimere un giudizio politico. Non vorrei che le querele facili diventassero strumento per zittire gli avversari politici». L'esponente del Megafono sostiene di «avere espresso solo preoccupazione da cittadino fiumefreddese. Una comunità è rimasta scossa vedendo la Finanza perquisire le abitazioni di dipendenti comunali e gli stessi uffici municipali. Da due anni Fiumefreddo è senza piazza centrale ed è questo che danneggia l'immagine della città. È chiaro che con le mie parole non metto in dubbio l'onesta del sindaco e degli assessori ma chiedo solo loro uno scatto d'orgoglio». (cp)

Il sottoscritto non ha intenzione di avanzare candidatura alcuna, né tale candidatura gli è stata proposta dal movimento che, ricordo, sceglie i propri canditati con votazione on line a cui partecipano tutti gli attivisti fra i quali io non figuro». Così Matteo Sciuto, avvocato nicolosita simpatizzante grillino rigetta la possibilità di correre per la poltrona di primo cittadino. Sciuto figura nel meetup di Mascalucia ed è stato in prima linea per l’elezione di Agata Montesanto. «Da qualche anno non sono più attivista in senso stretto perché la mia professione mi impediva di partecipare alle scelte del movimento».

Solo lavoro?

Sì certo. Condivido la maggior parte dei principi e delle iniziative del Movimento; l’onestà come requisito fondamentale per la candidablità. La filosofia del movimento però crea qualche problematica nella competizione elettorale.

Quale?

La scelta, necessaria, di non fare alleanze con nessuno è penalizzante.

Eppure nell’hinterland la presenza grillina è in crescita.

Il processo è inarrestabile. I personaggi che si ripropongono da decenni vanno congedati. Mentre Agata Montesanto e Giusi Rannone, invece, stanno facendo un lavoro egregio.

Il suo giudizio complessivo sul decennio Borzì qual è? È stato un buon sindaco, anche se avrebbe dovuto trovare le soluzioni per evitare la perdita di centralità di Nicolosi in relazione alla fruizione dell’Etna per turismo e sport. L’economia della zona ne ha risentito.

Della diatriba Comune-Funivia dell’Etna cosa pensa?

Che la battaglia dell’amministrazione è condivisibile. L’ente pubblico deve intervenire per tutelare gli interessi della collettività. Le posizioni di monopolio non sono certo auspicabili. (cp)

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CRONACA

IL PROFILO DEI VICERÈ IL SOSTITUTO PROCURATORE DI CATANIA PASQUALE PACIFICO E IL GIORNALISTA DELLA RAI VALTER RIZZO TRACCIANO PUNTI DI FORZA E CARATTERISTICHE DEL CLAN LAUDANI di Maria Bella

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sterno a Cosa Nostra ma, storicamente, secondo clan operante nella provincia di Catania, dopo i Santapaola–Ercolano. Non a caso prende il nome di “Viceré”, l’operazione che ha di fatto smantellato la cosca dei Laudani alle falde dell’Etna. «La scelta deriva anche dal fatto che i Vicerè tendenzialmente erano quelli che occupavano le zone della provincia, proprio come i Laudani, radicati soprattutto nella parte alta di Catania, quindi a Canalicchio, e poi in modo molto capillare in tutta la cintura dei paesi etnei». A parlare è il sostituto procuratore di Catania Pasquale Pacifico, uno dei quattro magistrati titolari della maxi inchiesta. I “Mussi di ficurinia” (bocca di fico d’India), così soprannominati per la folta e pungente peluria al labbro superiore di una vecchia zia del super

In foto, il sostituto procuratore Pasquale Pacifico.

Nella pagina a fianco, il giornalista RAI Valter Rizzo

pentito Pippo Laudani, non si sono mai sentiti inferiori a nessuno. «Questo anche perché il gruppo dei Santapaola ha spesso avuto bisogno militarmente dei Laudani – spiega Pacifico –. Pur non essendo un’organizzazione direttamente collegata a Cosa Nostra, hanno sempre intrattenuto dei rapporti abbastanza intensi con il clan Santapaola-Ercolano e quasi mai di aperta conflittualità». Un rapporto derivante da una pax siglata in carcere nel 1997 da Giuseppe Di Giacomo, allora reggente del clan. «Questo è un dato molto importante

MAFIA, L’INDUSTRIA DELLA VIOLENZA di Thea Giacobbe Esperta in scienze criminologiche e penitenziarie

La mafia ha un volto polivalente: presenta i caratteri di un'organizzazione criminale, è una struttura di potere con un proprio codice e apparato simbolico-culturale, è oggi un'impresa economica e anche un soggetto politico che convive, s’intreccia o si contrappone ai poteri dello Stato.

L'esibizione permanente del suo potere fa sì che la violenza sia la sua risorsa PAESI ETNEI OGGI

– sottolinea il magistrato - perché spiega il motivo per cui, tra i vari gruppi collegati alla famiglia Laudani, quello che poi tradizionalmente è rimasto molto più legato ai Santapaola-Ercolano, con cui ha mantenuto rapporti molto stretti, è proprio il gruppo acese. Il gruppo che una volta faceva capo a Di Giacomo». Con Di Giacomo alla guida, il clan, fino a quel momento restìo alla commissione di atti eclatanti, cambia fisionomia. Sono gli anni dell’attentato alla Caserma dei carabinieri di Gravina di Catania e dell’omicidio dell’avvocato Serafino Famà. «Bisogna considerare che in quella fase i Laudani, grazie al Di Giacomo, erano collegati molto strettamente con l’ala cosiddetta oltranzista di Cosa Nostra, che faceva riferimento a Brusca e Riina – ricostruisce Pasquale Pacifico –. Queste attività rientravano nell’ottica di una destabilizzazione, in qualche modo, dei rapporti interni a Cosa Nostra».

SI TORNA A SPARARE FIUMEFREDDO. SONO TRE GLI OMICIDI CHE, DAL ’96 AD OGGI, HANNO INSANGUINATO IL COMUNE IONICO

Nessuna ritualità nell’affiliazione, né simbolismi particolari. Le caratteristiche predominanti del clan Laudani sono sempre state una grande forza militare ed economica. «Hanno sempre avuto ottimi canali per la fornitura di armi, lo ha dichiarato Di Giacomo – spiega ancora Pacifico –. Negli anni ’90 potevano contare su un arsenale molto ricco, con la disponibilità addirittura di lanciafiamme e bazooka. Ma è un clan che ha saputo, in qualche modo, anche farsi imprenditoriale. È stato capace di investire i proventi delle attività illecite, tanto quanto il clan Santapaola. Hanno cominciato presto questo processo, a differenza dei Cappello per esempio. C’è una senten-

za che ne accerta i rapporti con l’imprenditore Scuto. Ma già ai tempi di Di Giacomo – conclude il pm – avevano il loro imprenditore di riferimento nel settore delle costruzioni, che era Carmelo Rizzo, poi ucciso dagli stessi Laudani perché si temeva, quando fu arrestato, che potesse collaborare con la giustizia. Nel settore dell’edilizia hanno sempre avuto grossi interessi».

A tracciare un profilo del vecchio boss, Sebastiano Laudani, è Valter Rizzo, attualmente giornalista Rai e blogger del Fatto Quotidiano, ma a lungo cronista a Catania.

«La figura del vecchio patriarca, il fondatore del clan, era molto autorevole e carismatica – spiega Rizzo –. Al contrario di altre organizzazioni criminali, i Laudani sono sempre rimasti molto stretti alla famiglia di sangue, che poi si è allargata con i matrimoni. Tutti però in qualche modo legati da qualche rapporto di parentela. Questo, sotto certi punti di vista, li ha messi a lungo un po’ al riparo da eventuali collaborazioni. Una volta venuta meno la figura del vecchio Laudani – conclude – prendono il potere una serie di personaggi governati da una sorta di follia. Una seconda generazione, protagonista dell’omicidio dell’avvocato Famà e dell’attentato alla Caserma dei carabinieri, che cambia il volto del clan».

principale.

Dai tempi delle “fratellanze”, i mafiosi esercitano un'autorità sociale fondata sul prestigio acquisito attraverso la capacità di utilizzare la violenza. La “mafia dei giardini” era fatta di pizzi sui raccolti e sulle attività agricole, di mediazioni nella compravendita di terreni da parte di campieri e gabelloti, di abigeati, di macellazione clandestina. Nel primo dopoguerra è uno Stato nello Stato, un’organizzazione interprovinciale occulta con tentacoli che affiorano in tutti gli strati, testimoniando la sua capacità di inserirsi nei processi di cambiamento proprio come era quello della transizione al regime democratico. Alla fine degli anni Sessanta, la mafia si trasferisce dall’aria colonica alla città, aderendo anch’essa, a suo modo, al progresso. Lo strumento del potere mafioso è ora politico clientelare, l’appropriazione di risorse pubbliche.

Ma è solo un ricambio di elités violente.

Scoppia la prima guerra di mafia, sanguinosa, fra i La Barbera e i Greco. Sull’onda dell’indignazione generale, la commissione parlamentare antimafia inizia la sua attività. Poi ci sono i sequestri di persona, il contrabbando di tabacchi, riconvertito in traffico di stupefacenti. Ed ecco la seconda guerra di mafia, una mattanza. I Liggio-Riina, alleati dei Greco, fanno fuori uno dopo l'altro i capi dello schieramento Badalamenti-Bontate-Inzerillo. Il nuovo gruppo dirigente deve dimostrare la sua forza all'“altro Stato” e manifesta la sua violenta logica di dominio: Dalla Chiesa, La Torre, Montalto, Montana, Cassarà, e tutte le persone che si trovavano al loro fianco, cadono.

Ed ecco Buscetta, il pentito per eccellenza, che si dipinge come un mafioso “buono”, un uomo d'onore; ma per la commissione parlamentare di quegli anni è uno dei più violenti. Nell' 87 si conclude il maxiproces-

LAUDANI, FIUTO NEGLI AFFARI E FORZA MILITARE

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a mafia torna ad uccidere a Fiumefreddo di Sicilia. L’omicidio del pluripregiudicato Leonardo Previti, raggiunto nel proprio garage da tre colpi di pistola calibro 7,65, ha fatto ripiombare nel sangue, lo scorso febbraio, il comune ionico.

Un agguato in piena regola sulla cui matrice gli investigatori non hanno dubbi. Si è tornati a sparare, quindi, otto anni dopo il barbaro omicidio del 22enne Salvatore Vadalà. Il corpo del giovane manovale, svanito nel nulla il 27 novembre del 2008, venne rinvenuto undici giorni dopo in un fondo agricolo di Mascali, sotto pochi centimetri di terra. Ad ucciderlo due proiettili, uno alla testa e l’altro all’addome. Il suo viso, colpito più volte con un corpo contundente, fu trovato del tutto sfigurato.

Un omicidio efferato i cui autori e mandanti, a 8 anni di distanza, non hanno ancora un nome e un volto.

E restano impuniti anche i componenti del commando che il 3 gennaio del 1996 uccise a colpi di pistola e di fucile l’imprenditore Giuseppe Puglisi, 60 anni. L’uomo, titolare di un caseificio, venne freddato nella propria automobile. (mb)

so: 2500 anni inflitti di reclusione. Risposta: il giudice che si apprestava a presiedere l'appello, Saetta, è ucciso. Ventiquattro ore dopo tocca al giornalista Rostagno. E di seguito chiunque si frapponga al ventre oscuro: Bonsignore, Livatino, Grassi. Falcone e Borsellino. Il beato don Pino Puglisi.

E poi la sommersione: vestita di perbenismo, pervade con i suoi gangli il tessuto civile. Secondo il rapporto annuale della Dia, la mafia oggi è una holding che accumula enormi capitali e predilige la corruzione alla violenza, facendo leva su “relazioni sociali flessibili, aperte al mondo politico, imprenditoriale ed istituzionale”.

Ma la capacità di reperire e impiegare capitale sociale, puntando ancora su un'ermetica reticenza, su un muro di silenzio e sulla consapevolezza che le vittime non denunzieranno, è ancora la violenza più grande. La certezza dell’impunità.

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POLITICA

BERLUSCONI E MICCICHÈ IN PRESSING SUL PD

LO SFORZA ITALIA

LA RISCOSSA DEL CENTRODESTRA IN SICILIA PARTE DAL SOGGIORNO PALERMITANO DI SILVIO BERLUSCONI. UN PREDELLINO IN SALSA SICULA CHE MIRA A RIASSEMBLARE I COCCI DELLA COALIZIONE FAUTRICE DELLA BATOSTA ELETTORALE DEL CELEBRE 61 A 0 di Roberta Fuschi

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a allora, però di acqua sotto i ponti ne è passata e il quadro complessivo è mutato. C’è da ricompattare il blocco del centrodestra dopo la diaspora che ha portato alla nascita dell'Ncd di Alfano, Castiglione e Schifani.

Qualcun altro tra gli ex Pdl è addirittura salpato verso il lido del Pd, come Nello Di Pasquale ex colonnello del centrodestra ragusano. C’è poi un altro strappo da ricucire: il divorzio tra Gianfranco Miccichè e Nello Musumeci che su fronti opposti corsero alle ultime regionali regalando la Sicilia al centrosinistra. La mossa di Berlusconi, insomma, spariglia le carte e dà il via libera al lavoro del coordinatore azzurro, il fedelissimo Gianfranco Miccichè, pronto a reclutare vecchie e nuove leve (tra queste spicca l’adesione di Francantonio Genovese, ex serbatoio di voti del Pd messinese). Miccichè sarebbe ben consapevole che non ci sono le condizioni per replicare il celeberrimo sessantuno a zero, l’obiettivo semmai sarebbe riunire i moderati sotto un unico vessillo e lanciare la sfida al Pd. Una coalizione ampia senza chiusure né al fronte lepenista, né al gruppo di Musumeci. «Gianfranco è un buon mediatore: ricucirà tutti gli strappi» dicono i bene informati. E, in effetti, le prime reazioni alla kermesse isolana del Cavaliere sembrano confermare i rumors. «Sapete dell'amore che da sempre mi lega alla vostra terra e da qui, dalla Sicilia deve venire la riscossa di libertà e democrazia di tutta l'Italia. La Sicilia ha la maggioranza liberale. Abbiamo commesso molti errori, ma siamo ancora in tempo di rinnovarci: dobbiamo resuscitare la Sicilia», ha tuonato Berlusconi davanti a una platea di sostenitori ed ex alleati.

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IL CAV SPARIGLIA LE CARTE La chiamata alle armi ha scatenato un fiume di comunicati stampa da parte degli alleati pronti a tendere la mano, ma anche a mettere qualche paletto. Come ha fatto Nello Musumeci, presente in platea. «Condivido l'auspicio del presidente Berlusconi: in Sicilia le forze politiche alternative al Pd possono, se tornano unite, strappare la Regione al crocettismo. Nessuno più di me può sapere quanto siano sacrosante queste parole. Vorrei però augurarmi che la coalizione alternativa a Crocetta non sia solo una somma aritmetica ma anche una solida intesa su valori e obiettivi», ha detto Musumeci, che da mesi prepara il terreno per una sua candidatura alla presidenza della Regione. L’ex missino catanese, forte del sondaggio che ha fatto commissionare per l’occasione, sembrerebbe non voler fare un passo indietro. Ma il nuovo orizzonte costruito da Berlusconi potrebbe fargli cambiare idea. Sono soprattutto le aperture nate nel campo di Area Popolare a mettere di buon umore gli uomini del Cavaliere nonostante la palese schizofrenia di chi a Roma e a Palermo governa con il centrosinistra, ma milita in un partito che si chiama Nuovo centro destra. È questo il vero nodo da sciogliere. Per il momento i centristi sono alle prese con la politica dei due forni nel solco della migliore tradizione democristiana. «L’organizzazione di una destra di stampo lepenista rende ancora più assurda la balcanizzazione dell’area moderata. Credo che le parole di Berlusconi siano un segnale positivo», ha commentato il presidente nazionale dell’Udc Gianpiero D’Alia. «Lavorare ad un’aggregazione di stampo popolare e liberale nel solco del Ppe è un obiettivo non più differibile, ma è chiaro che questo percorso necessita di metodi ed energie nuove», ha argomentato il centrista. Nella stessa direzione il sottosegretario Giuseppe Castiglione: «Noi stiamo lavorando a un nuovo soggetto politico moderato, aperto anche a Forza Italia. La nostra posizione è chiara, quando parliamo di FI, parliamo di moderati. E sarebbe un bel segnale politico se Berlusconi confluisse in questo soggetto», ha detto. Tra le altre cose anche Renato Schifani avrebbe fatto intendere di essere disponibile a ricucire con gli ex compagni di partito.

Il nodo sulla presenza del fronte lepenista in Sicilia potrebbe sciogliersi con più facilità e dare vita a un laboratorio dove il blocco classico del centrodestra si ricompatta mentre a Roma scorre sangue per la leadership. Lo schema potrebbe saltare soltanto se il Pd, come si inizia a vociferare da giorni, decidesse di affidare a un uomo di Ncd/Ap lo scranno più alto di Palazzo d’Orleans: ipotesi da prendere con le pinze.

In foto, Salvo Pogliese e Nello Musumeci

REGIONALI: IPOTESI IN CAMPO Di certo i centristi saranno l’ago della bilancia e non c’è da escludere una candidatura forte per la presidenza della Regione di Area Popolare. Dirigenti molto vicini a Miccichè non smentiscono questo scenario, anzi. L’asso nella manica potrebbe essere l’eurodeputato Giovanni La Via. Nome abbastanza gradito PAESI ETNEI OGGI

LA MOSSA DI BERLUSCONI SPARIGLIA LE CARTE E DÀ IL VIA LIBERA AL LAVORO DEL COORDINATORE AZZURRO, IL FEDELISSIMO GIANFRANCO MICCICHÈ, PRONTO A RECLUTARE VECCHIE E NUOVE LEVE ANCHE IN CAMPO DEM in casa azzurra dove si dà La Via in pole position per una corsa che tenga insieme i popolari europei e non urterebbe la sensibilità autonomista. Gli altri nomi che circolano nei palazzi che contano rimandano sempre alla terra etnea: Nello Musumeci e Salvo Pogliese. Il primo lanciando il movimento #SaràBellissima nei fatti ha già dato la propria disponibilità a correre, il secondo sembrerebbe meno deciso ma è forte del paracadute fornito dallo scranno al parlamento europeo e della stima del gruppo dirigente azzurro.

Senza contare che i due nomi, nati in area ex An, potrebbero agevolare il lavoro di mediazione con il fronte lepenista.

CATANIA CAPUT MUNDI La città etnea giocherà un ruolo cruciale con buone possibilità di esprimere il nome del candidato alla presidenza della Regione. Eppure lo stato di salute della leadership azzurra di Vincenzo Gibiino sembra cagionevole. Molto più spazio sembrerebbe avere il duo Basilio Catanoso-Salvo Pogliese che avrebbe maturato la possibilità di esprimere più di una candidatura di cordata. I nomi che circolano con maggiore insistenza sono quelli dell’ex consigliere comunale etneo Letterio Daidone e di Antonio Bonanno già sfidante di Gaudioso nella corsa a primo cittadino di Biancavilla. Tra i forzisti sembrerebbe certa l’intenzione di Marco Falcone a correre per la riconferma in consiglio regionale.

Lo stesso vale per l’ex firrarelliano Alfio Papale, subentrato in seconda battuta a Pogliese dopo le Europee. Infine c’è il nodo Trecastagni. La comunità del paese vorrebbe tornare nel giro della politica che conta dopo la fine della lunga parentesi di Giovanni Barbagallo a Strasburgo e una candidatura solida potrebbe nascere attorno al nome di Edmondo Pappalardo, ex consigliere provinciale del Pdl. Nel frattempo nelle stanze dei bottoni forziste il ritornello più ricorrente è sempre lo stesso: «prima si farà la squadra poi si penserà alle candidature». I tempi sono prematuri ma c’è già una tabella di marcia per i colonnelli di Miccichè e Berlusconi: il via libera arriverà subito dopo l’estate.

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POLITICA

Ecco gli azzurri rimasti ai piedi del Vulcano di Carmelo Puglisi

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ono un po’ come gli ultimi soldati a difendere una trincea un tempo occupata da folte milizie e adesso rimasta un tantino sguarnita. Forza Italia nel territorio della Città Metropolitana di Catania, nonostante il centrodestra non occupi più gli spazi di potere di un decennio fa, mantiene ancora una discreta pattuglia di amministratori comunali. La maggior parte sono collocati all’opposizione con l’obiettivo minimo di tentare di contrastare le giunte filo dem che vanno per la maggiore in questo preciso momento storico.

LE ECCEZIONI Ci sono due casi in cui i gruppi che arrivano da Forza Italia invece sono stati promotori di grandi coalizioni. Il caso più eclatante è quello di Pedara dove l’attuale vice sindaco Francesco Laudani, già consigliere provinciale, alle ultime amministrative ha allestito la lista Pedara Responsabile che ancora oggi esprime quattro consiglieri comunali Bruno Spitaleri, Davide Russo, Carmelo Pappalardo e Tiziana Laudani. Dopo averlo sfidato nel 2010, Laudani ha stretto un patto di ferro con Anthony Barbagallo e con il suo successore Antonio Fallica, attuale primo cittadino. Pedara è forse l’unico vero prototipo di Grosse koalizion. Pd, Forza Italia e Ncd amministrano insieme senza grossi patemi. Esempio speculare se pur meno eclatante è quello di San Gregorio di Catania dove Forza Italia esprime tre consiglieri, due dei quali, Giovanni Zappalà e Daniele Sgroi hanno sostenuto dall’inizio l’amministrazione Corsaro, mentre Rino Emanuele si è aggregato alla maggioranza in un secondo momento, dopo aver appoggiato nel 2013 il candidato sindaco Nico Balsamo.

CASA BASILIO Il Comune dove Forza Italia è più presente è, e non potrebbe essere altrimenti, Acireale, città del coordinatore provinciale

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e deputato nazionale, Basilio Catanoso.

Nonostante abbia dovuto cedere quasi due anni fa il governo della città all’odiato rivale, Nicola D’Agostino, Catanoso ha mantenuto il suo plotone di 5 consiglieri (Stefano Pennisi, Milly Grasso, Francesco D’Ambra, Valentina Pulvirenti e Antonio Pio Castro). A livello giovanile, subito dopo le elezioni del 2014, tutti i ragazzi della segreteria di Catanoso hanno organizzato un movimento denominato Officina Acireale, con cui prendono le distanze da Forza Italia come partito, pur finendo per riconoscere comunque la leadership del parlamentare acese. Il coordinatore provinciale FI gode di una piccola ma potente enclave ad Aci Catena con il vice sindaco Giovanni Grasso e il consigliere comunale Giuseppe Aleo, che negli anni sono riusciti a ritagliarsi il loro spazio politico nonostante la figura preponderante del primo cittadino, Ascenzio Maesano. Altro centro importante dove la presenza di Forza Italia è solida è Belpasso, terra del deputato regionale ed ex sindaco Alfio Papale, che mantiene un drappello di consiglieri con cui contrapporsi all’attuale sindaco Carlo Caputo, che un tempo fu suo delfino.

RIFERIMENTI STORICI In consiglio comunale a Catania invece sono tre i riferimenti forzisti, Santi Bosco, Riccardo Pellegrino e Francesco Saglimbene. Quest’ultimo vicino all’ex Ministro e ora deputato, Saverio Romano. Ufficialmente sono quattro i consiglieri di municipalità: alla prima Dario Bussolari (che fa riferimento al consigliere comunale Pellegrino), alla terza Fabio Currò, alla quarta Erio Bu-

In foto, Edmondo Pappalardo.

Sotto, Basilio Catanoso

ceti e alla sesta Angelo Scuderi. «A Catania – spiega il coordinatore cittadino di Forza Italia, Dario Daidone, proiettato verso la candidatura all’Ars l’anno prossimo con la benedizione di tutto il gotha del partito etneo – deputati, amministratori e simpatizzanti stanno facendo fronte comune per costruire progetti politici alternativi sia alla Regione che nei Comuni». Poi vestono la casacca azzurra, tra gli altri, riferimenti storici della destra nelle rispettive comunità come Giuseppe Bertolo a San Giovanni la Punta, Francesco Cardillo a Giarre e Pietro Amantia a Mascalucia. Tra gli altri outsider in ottica Regionali 2017 oltre al biancavillese Antonio Bonanno, già candidato sindaco e leader di un gruppo di tre consiglieri comunali, anche l’ex consigliere provinciale Edmondo Pappalardo.

IL CASO TRECASTAGNI Gli ultimi anni a Trecastagni per il centro-destra sono stati piuttosto burrascosi.

Nel 2013 la vecchia maggioranza dell’ex sindaco Giuseppe Messina si divide, anche Pappalardo si candida a primo cittadino e la spaccatura dell’allora Pdl, spiana la strada a Giovanni Barbagallo e al Pd per la vittoria.

«Già dal giorno dopo le elezioni –commenta Pappalardo – ci siamo resi conto di aver sbagliato ad andare divisi». Nel gruppo di Edmondo Pappalardo, anche il consigliere Alfio Pittera spererebbe per un posto nella lista di Forza Italia nella corsa all’Ars. «Devo dire – confessa l’ex consigliere provinciale – che sono in corso dei ragionamenti in tutto il centro-destra a Trecastagni. La nostra città deve esprimere una candidatura unitaria e competitiva alle prossime Regionali e per questo stiamo lavorando perché Trecastagni è sempre il Comune capofila del collegio politico».

PAESI ETNEI OGGI

S. Agata li Battiati, intervista al presidente del consiglio comunale Salvo Mavilla

IO, LA COSCIENZA CRITICA DELLA MAGGIORANZA

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alvo Mavilla, decano del consiglio comunale, nella vita professionale riveste il ruolo di funzionario del Comune di Catania. Ma la sua vera passione è la politica per Sant’Agata li Battiati dove è stato sempre molto attivo e presente sin da quando si è candidato alla carica di consigliere comunale nel lontano 1992.

Mavilla, come valuta l’operato dell’amministrazione Galati? È un bilancio tutto sommato positivo, ma con qualche nota stonata. Nel senso che alcuni progetti sono stati portati a termine, altri invece no per mancanza di risorse. Nel complesso si poteva fare meglio, per questo motivo non ho potuto esimermi dall’evidenziare alcune criticità dell’amministrazione con manifestazioni di aperto dissenso.

Quindi il suo è un dissenso interno?

Io sono la coscienza critica della maggioranza. Ma ciò va fatto sempre nell’interesse dei cittadini, che poi alla fine sono quelli che ti eleggono. Per questo motivo ho ritenuto di non votare gli ultimi due bilanci del Comune, approvati invece dal In foto, Salvo Mavilla

di Patrizio Nicolosi

resto dell’Aula. Mi sono infatti dichiarato sempre contrario ad ogni tipo di aumento delle imposte e delle tasse comunali.

Quanto deve ancora essere realizzato?

Il miglioramento del piano viario e la mancata riorganizzazione del personale dipendente del Comune.

Qual è stato il suo contributo?

I documenti, le registrazioni delle sedute consiliari, gli articoli di cronaca dimostrano che quasi il 70% dell’attività del civico consesso è composto da mie proposte interrogazioni e mozioni approvate dai consiglieri all’unanimità.

Rammarichi?

L’esclusione del Comune di Battiati dalla metropolitana provinciale, ma qui l’amministrazione Galati non c’entra, le responsabilità amministrative hanno origine verso la metà degli anni novanta.

Ci spiega perché da un po’ di tempo a questa parte convoca il Consiglio di mattina?

Ma è evidente. Da più parti ci chiedono di risparmiare soldi pubblici e così facendo risparmiamo luce, lo straordinario dei vigili urbani, che è pure bloccato per motivi di spending review.

Manca un anno e un mese alle elezioni.

Lei come la vede? “È ancora presto per parlare di campagna elettorale, preferisco investire tempo e risorse sulle cose da completare. E se Galati proprio vorrà decidere di sostenere qualcuno, spero che terrà nella dovuta considerazione l’esperienza e l’impegno profuso per il bene dei cittadini.

Si candiderà?

Sono tanti gli amici che mi incoraggiano a intraprendere questa nuova avventura ed io ritengo di avere le qualità e l’esperienza per poter svolgere al meglio la carica di sindaco di Sant’Agata li Battiati.

Cosa farebbe per prima cosa?

Adotterei il bilancio partecipato e non solo nella misura del 2% come prevede la legge.

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POLITICA

LA “GIARRE CONTEMPORANEA” AFFONDA.

BONACCORSI: «È UNA SCONFITTA DELLA SPERANZA» L’EX SINDACO DI GIARRE, DIMESSOSI DOPO UN LUNGO BRACCIO DI FERRO CON ARTICOLO 4, SPIEGA I MOTIVI DEL SEPPUKU di Maria Bella

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’è un sottofondo di amarezza nelle parole di Roberto Bonaccorsi, neo dimissionario sindaco di Giarre, per quella fine di mandato inaspettatamente anticipata. Per lui, abituato a rimanere in campo fino al triplice fischio finale, non si tratta comunque di un fallimento personale. «È una sconfitta della speranza, del cambiamento», dice scansando via da sé quello che è un vocabolo in cui non si rispecchia. «Questi tre anni – prosegue Bonaccorsi – hanno segnato in maniera determinante la storia di questa città.

Alcuni gesti e comportamenti difficilmente l’elettore li accetterà. Nonostante ci sia il tentativo, la città non avrà più il ruolo di colonia, come è stato negli ultimi dieci anni, un luogo in cui piantare una bandierina nel Risiko del potere della provincia».

ARTICOLISTI Il riferimento, per nulla casuale, è a Luca Sammartino e al suo Articolo 4.

Il tentativo dell’ormai ex primo cittadino di costruire una maggioranza alternativa in consiglio comunale, dopo il voto in aula del consuntivo, si è subito arenato sullo scoglio della nuova giunta.

«L’idea era quella di condividere insieme un programma – spiega ancora – attraverso la scelta di soggetti che non provenissero dalla politica, quella operativa. Un tentativo, durato un mese, che si era quasi concretizzato. Poi non so cosa sia successo

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dall’altra parte, ma c’è stato un cambio improvviso di rotta.

Quando ho capito che non c’era più speranza, che c’era un muro davanti a me, ho deciso di dimettermi. Ad una giunta politica si può arrivare, secondo me, solo con il voto. Qui c’è stata la rottura».

Per qualcuno, non solo i suoi detrattori, avrebbe dovuto gettare la spugna già un anno fa.

«Avevamo ancora otto consiglieri comunali – dice l’ex sindaco – . Avevamo quindi almeno la possibilità di aprire una seduta consiliare in seconda convocazione.

Oggi non c’era più nemmeno quella, la situazione era totalmente cambiata. Un tentativo andava fatto».

AMARCORD Tre anni ricchi di fascino ma anche di stanchezza, tanta stanchezza. Due i momenti duri, quelli in cui ti viene voglia di mollare. «Il primo episodio – racconta Bonaccorsi – è avvenuto il giorno dell’insediamento del civico consesso, quando due consiglieri hanno cercato di renderlo nullo falsificando le schede. Secondo me quello è stato il momento più brutto di questi tre anni. Non gli si è dato il giusto peso, neanche dal punto di vista giudiziario, e questo mi dispiace perché è una cosa di una gravità inaudita. È chiaro che un consiglio comunale che si è aperto in quel modo, non poteva che finire nel modo in cui si è concluso. Quella è stata la cartina tornasole di questi tre anni.

Se fossero stati uomini si sarebbero alzati.

Invece, questi manipolatori di schede sono rimasti lì dentro e hanno inquinato il pozzo».

Il secondo episodio riguarda più la sfera personale. «È stato quando hanno lanciato un proiettile nel giardino del mio studio – dice con un po’ di emozione – Un episodio che non ho raccontato per un anno e mezzo. E la cosa che mi ha fatto specie è che quando l’ho resa pubblica ho ricevuto

IL PROIETTILE NEL GIARDINO DEL MIO STUDIO MI FA CAPIRE COME QUESTA CITTÀ SIA DIVENUTA AMORFA solo un attestato di solidarietà. Questo mi ha fatto pensare a come questa città in parte sia divenuta amorfa».

Difficile, quasi impossibile trovare dei punti di contatto con quella che per Bonaccorsi resta, come sottolineato più volte nel corso di questi ultimi anni, l’esperienza più esaltante, la vice sindacatura nell’amministrazione Stancanelli a Catania. «Lì è stato entusiasmante, c’era un obiettivo da perseguire – dichiara Bonaccorsi –. È chiaro che in consiglio comunale si è vissuto lo stesso sfilacciamento che c’è stato qua. Però davanti agli atti determinanti il consiglio comunale si compattava, si trovava una soluzione per raggiungere il voto. Il senso dell’interesse per la città veniva sentito di più. A Giarre stiamo correndo il rischio di perdere – spiega – e non so se lo abbiamo già perso, il contributo per l’asilo nido. In consiglio comunale si sono persi quasi due mesi per fare strategia politica, non per fare gli interessi della città. Bisognava far prevalere la logica dei numeri. È prevalsa ancora una volta la politica muscolare, non quella della ragione».

LA SFIDA La forza è quella dei numeri, quelli messi in campo a Giarre da Luca Sammartino.

Per Bonaccorsi non è un problema di PAESI ETNEI OGGI

soggetti ma di merito. «Sammartino interpreta il suo ruolo, cerca di aumentare il proprio consenso a livello provinciale – dice ancora Bonaccorsi –. Mi dispiace per il giarrese che non pensa in autonomia. Contesto la logica che il potere decisionale venga demandato a chi non conosce i problemi della città». È ancora presto, così dice l’ex primo cittadino, per parlare di ricandidatura. «Oggi ho una consapevolezza diversa rispetto a tre anni fa, quando non conoscevo uomini e cose.

Quindi adesso farò altre valutazioni. Vedremo – conclude Roberto Bonaccorsi – se ci saranno le condizioni. Il concetto di sfida ce l’ho dentro. Non mi sarei candidato altrimenti nemmeno la prima volta».

QUANDO BONACCORSI SCOPRÌ IL MANUALE STANCANELLI

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il “politico” – si dice di area firrarelliana, anche se lui ha sempre smentito – della seconda Giunta, quella tecnica, di Raffaele Stancanelli. Dottore commercialista, viene nominato dall’ex sindaco etneo nel 2010 assessore al Bilancio, al posto di Gaetano Riva, e poi, alla morte del professor Luigi Arcidiacono anche vicesindaco, Roberto Bonaccorsi ha lasciato un segno da amministratore.

Si deve a lui, principalmente, e all’allora Ragioniere generale dell’epoca, l’attuale Direttore generale dell’Ospedale Garibaldi, Giorgio Santonocito, l’elaborazione e la stesura del Piano di riequilibrio economico e finanziario che, nel 2013, ha salvato Palazzo degli Elefanti dal default imminente. Il rigore con cui porta avanti il non facile compito gli viene riconosciuto da sodali e avversari ancora oggi. Forse anche per questo Bonaccorsi sopravvive al successiovo rimpasto dell’ex primo cittadino, al quale rimane molto legato, tanto da dedicargli la vittoria alle elezioni del 2013.

Ma, l’oggi chiacchierato sindaco dimissionario di Giarre, è anche investito, da amministratore del comune di Catania, dallo scandalo dell’inchiesta del 2014 sui bilanci truccati ed è accusato, insieme ad altri, di falso ideologico nei documenti contabili dell’Ente tra il 2009 e il 2011. Secondo gli inquirenti, tutti gli indagati avrebbero dissimulato la reale situazione economico-finanziaria del Comune di Catania. A vario titolo, avrebbero alterato alcune poste dei bilanci degli anni 2009, 2010 e 2011, per evitare la dichiarazione dello stato di dissesto finanziario e lo scioglimento del Consiglio comunale.

Accuse dalle quali l’ex sindaco si difende immediatamente, convocando una conferenza stampa nella quale afferma di avere piena fiducia nella magistratura, evidenziando come il rendiconto contestato abbia ottenuto prima il parere positivo dei revisori dei conti e, dopo, «pur con le evidenziazioni di criticità», lo stesso parere da parte della magistratura contabile.

Melania Tanteri

In foto, Roberto Bonaccorsi e Raffaele Stancanelli

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POLITICA

GIARRE, LE TAPPE DELLA CRISI ECCO PERCHÉ BONACCORSI HA STACCATO LA SPINA di Carmelo Puglisi

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E INASPETTATE, MA FORSE INEVITABILI, DIMISSIONI DI ROBERTO BONACCORSI DA SINDACO DI GIARRE HANNO APERTO UN PROFONDO QUADRO DI INCERTEZZA POLITICO AMMINISTRATIVA NEL COMUNE CAPOFILA IONICO. NEL GIRO DI POCHI GIORNI SI È PASSATI DALLA POSSIBILITÀ DI REALIZZARE UNA GIUNTA DI SALUTE PUBBLICA CHE COINVOLGESSE PIÙ DI DUE TERZI DEL CONSIGLIO COMUNALE AL REPEN-

tino ritorno alle urne, che a tutta la classe politica fa paura da morire non fosse altro perché gli scranni in consiglio comunale si sono ridotti da 20 a 16. Ma come si è arrivati a questo impetuoso ribaltamento di prospettiva.

MESI DI GUERRA La sera del 15 febbraio il consiglio comunale è chiamato a votare il conto consuntivo 2014. Articolo 4 con le sue quasi dieci unità consiliari tiene a bagnomaria lo strumento finanziario da settimane, lasciando Roberto Bonaccorsi e la sua attività amministrativa in sospeso. A ridosso del voto sul rendiconto, Bonaccorsi trova l’accordo con i consiglieri che fanno riferimento a Luca Sammartino, due dei quali entrando in aula, garantendo il numero legale insieme a Tania Spitaleri (Pd), così passa lo strumento finanziario. Iniziano trattative che durano più di un mese per nominare una giunta di larga condivisione con degli obiettivi da raggiungere fino alla conclusione naturale della consiliatura. Una collaborazione era necessaria: a Bonaccorsi erano rimasti solo sette consiglieri, non sufficienti nemmeno per aprire una seduta consiliare in seconda convocazione, mentre Articolo 4, pur avendo quasi la maggioranza relativa del civico consesso giarrese, a dicembre aveva dovuto prendere atto che non sussistevano i numeri per la mozione di sfiducia. Pd, Articolo 4, Per Un’altra Giarre e Città Viva avevano avallato la mozione ma a mancare è stata la quattordicesima firma, quella del presidente del consiglio comunale, Francesco Longo. Dopo l’approvazione del consuntivo 2014 sono seguiti 36 giorni di montagne russe: prima Articolo 4 chiede due assessori “tecnici”, poi riesce ad ottenerne addirittura tre fino a che la richiesta ufficiale diventa due posti in giunta ma “politici” con la doppia carica per giunta. Roberto Bonaccorsi non regge la pressione, nonostante il supporto dei due senatori, Pino Firrarello e Pippo Pagano, si chiama fuori. Alle 10.01 del 22 marzo il sindaco di Giarre rassegna le dimissioni. C’è più di un sospetto che la decisione sia stata concordata tra il sindaco e i vertici Ncd. DOPO LE DIMISSIONI Consumato il passo indietro del sindaco, si sono susseguite tante voci e qualche colpo di scena, come quello del

consiglio del 31 marzo con la spaccatura ufficiale del gruppo di Articolo 4 con tre consiglieri, Gabriele Di Grazia, Vincenzo Mangano e Gianni Gulisano che formano il gruppo misto per marcare la distanza dal capogruppo Raffaele Musumeci, con il quale la spaccatura sussisteva anche prima. Secondo i tre, Musumeci sarebbe il principale responsabile per il mancato completamento dell’accordo con il sindaco Bonaccorsi. Ad uscire allo scoperto con una conferenza stampa, anche il gruppo dell’ex Ministro, Salvo Andò e dell’ex assessore Salvo Vitale di Per Un’Altra Giarre. «Questa città ha un deficit di classe dirigente impressionante. Bonaccorsi ha lasciato l’ente in balia di se stesso» hanno affermato Andò e Vitale. Nonostante varie precisazioni e smentite d un inequivocabile «mai dire mai», Per Un’Altra Giarre sembra allontanarsi da Articolo 4 e sempre più avvicinarsi al movimento civico Città Viva e al suo leader Angelo D’Anna, che ritenterà la corsa a sindaco dopo il buon risultato del 2013, cercando di aggregare quei pezzi di centro-sinistra che non andranno con Articolo 4. Intanto da qui alle elezioni il consiglio sarà chiamato a votare rendiconto 2015 e bilancio 2016. Entro il 30 giugno la Corte dei Conti vuole uno screening completo dei conti del Comune. Intanto, di certo, c’è che il 5 giugno si voterà.

MOVIMENTI AL CENTRO

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ronto a correre anche a Giarre. Il Centro democratico si organizza per le prossime amministrative. In attesa di prendere forma al Comune di Catania e via via nei vari comuni della provincia, il gruppo che a livello nazionale fa riferimento a Bruno Tabacci e, a livello regionale, è coordinato dall’ex sindaco etneo, Francesco Attaguitle, è pronto a scendere in campo nei comuni al voto prossimo, in particolare in quello ionico, la cui poltrona di primo cittadino è vacante dalle dimissioni di Roberto Bonaccorsi, oltre che a Caltagirone, altro grande e importante centro al voto. Lo conferma lo stesso Attaguile. «Non vogliamo affrontare tutte le realtà territoriali, improvvisando o mettendo

dentro chiunque ci capiti per le mani – afferma. Ma è chiaro che, avendo fatto una scelta di far ripartire la politica dal basso, ci preoccupiamo di essere presenti alle elezioni che si terranno a Caltagirone, a Grammichele a Ramacca e, se si arriverà, a Giarre».

Dove qualcosa sembra già muoversi. «Io ho già preso contatti con alcuni nostri alleati qualificati, per esempio con Salvo Andò, per coordinare i movimenti. Non dobbiamo essere presenti per forza come Centro democratico ma in una rete civica che cinsenta appunto di lanciare volti nuovi che non siano improvvisati. Ho anche – continua – una bellissima carta acese ma non la posso ancora svelare».

Melania Tanteri

PAESI ETNEI OGGI

Museo del carretto.

POLEMICA SULL’INTITOLAZIONE AL MAESTRO MIMMO DI MAURO CUTULI: «LUI NON SI IMPEGNÒ PER LA NASCITA»

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otta senza esclusione di colpi – compresi quelli bassi – attorno al museo del carretto di Aci Sant’Antonio. Dopo l’intervento dell’ex consigliere provinciale Enzo D’Agata, il quale, sulle pagine del nostro mensile, ha riportato l’attenzione sulle condizioni in cui versa un sito costato quasi un milione di euro, a entrare nel dibattito è l’ex sindaco Pippo Cutuli. Tema dello scontro, stavolta, la possibilità di intitolare il museo a Domenico Di Mauro, il maestro pittore di carretti siciliani recentemente scomparso all’età di 103 anni. A fare la proposta è stata l’associazione culturale Terra di Aci. Secondo Cutuli, però, prima di associare ufficialmente il nome di Di Mauro all’esposizione permanente bisognerebbe rifletterci: «Nulla da togliere al valore dell’artista – dichiara l’ex primo cittadino a Paesi Etnei Oggi – ma credo che andrebbero considerati anche altri nomi».

E la questione qui diventa rovente. Il riferimento dell’ex sindaco va al presunto mancato impegno dell’artista nei confronti del museo. «Se bisogna dire la verità, allora va sottolineato che Di Mauro non si è mai battuto affinché la sua città avesse un museo del carretto», prosegue. E a tal proposito, Cutuli tira in ballo lo stesso D’Agata, accusato di aver rivendicato successi che non gli appartengono: «Ho letto che si sarebbe speso per l’apertura del museo – attacca l’ex sindaco – e devo dire che rimango stupito». Per Cutuli, infatti, nonostante l’apertura del sito sia avvenuta soltanto nel 2014, ciò che conta è quello che venne fatto prima del 2008, ovvero quando terminò la sua esperienza alla Provincia, in concomitanza con l’elezione a consigliere di D’Agata: «Se la città oggi ha un museo lo si deve ad altre persone. Senza l’impegno dei presidenti della Provincia, Nello Musumeci e Raffaele Lombardo, e del sottoscritto, quando fu assessore alla Cultura, nulla di tutto ciò ci sarebbe stato».

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Nella querelle si registra anche il commento dell’attuale sindaco, Santo Caruso.

«Cosa penso delle parole di Cutuli? Si commentano da sé – replica – . Le trovo inopportune nei tempi e nei contenuti».

Per il primo cittadino, intitolare il museo a Di Mauro sarebbe tutto fuorché incoerente: «Parliamo di un santantonese che ha fatto conoscere, con la sua arte, la città in tutta l’Italia e oltre – continua – . Che senso ha ragionare su quanto possa essersi speso per la nascita del museo. I musei si intitolano agli artisti, di certo non ai politici, che – conclude – anche quando si siano impegnati per il proprio territorio non avrebbero fatto altro che il proprio dovere».

In foto, Enzo D'Agata e Mimmo Di Mauro.

Sopra, il sindaco di Aci San'Antonio Santo Caruso e Pippo Cutuli

Caro direttore, l'estate scorsa, all'ingresso della Contrada Ragala, parte Pedara, hanno installato delle indicazioni stradali completamente sbagliate. Dopo aver telefonato ai Vigili, hanno girato l'indicazione per "Catania" e "Tangenziale Autostade" (come si trova in questo momento).

Speravo poi che avrebbero provveduto alla sistemazione di tutti i cartelli. Non tanto per chi vi abita ma per gli “estranei” . Ho approcciato anche i tecnici del Comune di Nicolosi, ma senza risultati. Mi sento in dovere di farlo presente a voi, per cercare di capire il perché di questi svarioni.

Grazie. Francesco Burgio.

CITTÀ METROPOLITANA

Mascalucia,

PARCO MONTE CERAULO CHIUSO E ABBANDONATO AL VANDALISMO E L’ASSESORE AL VERDE SONIA GRASSO PROMETTE: «LA SITUAZIONE CAMBIERÀ PRESTO» di Mattia Gangi

UN PARCO PUBBLICO, VITTIMA DEL VANDALISMO E DELLA CATTIVA EDUCAZIONE DEI CITTADINI, RIACCENDE LA QUESTIONE SPAZI PUBBLICI. INTANTO LA GIUNTA LEONARDI E IL CONSIGLIO COMUNALE HANNO IN CANTIERE LA MODIFICA DEL REGOLAMENTO DI GESTIONE

Q

uella che stiamo per raccontare è la storia di un parco, ma non solo. Si tratta del modello di gestione di un bene pubblico, vasto e dalle infinite risorse, lasciato all'incuria da parte degli enti che dovrebbero preservarlo. Una storia già sentita altre volte, in altri comuni, ma che nel caso di Monte Ceraulo appare macroscopica perché riguarda un polmone verde dalle dimensioni più che considerevoli, con all'interno percorsi naturali, piante protette e aree giochi per i più piccoli.

Fortemente voluto da tutte le Amministrazioni di Mascalucia – come è possibile leggere sul sito istituzionale –, alla sua realizzazione hanno contribuito attraverso il Por Sicilia 2000-2006, la Regione e l'Unione Europea. Il Parco è connnesso funzionalmente alla Delegazione Comunale di Massannunziata dove si trova la biblioteca comunale e un antico Palmento, recuperato per poter ospitare manifestazioni ed eventi.

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Il parco è accessibile da un cancello in legno ultimamente sfondato dai vandali.

Facendo un breve tour all'interno del parco, incantevole nelle belle giornate, è possibile infatti notare sacchi di spazzatura e rifiuti di ogni genere, soprattutto nella zona all'ingresso. Percorrendo i viali costruiti e sistemati nel 2006, è oggi difficile farsi spazio tra l'erba alta, e laddove una volta era possibile identificare le piante una volta segnalate, si assiste ad un cimitero di cartelli divelti e lattine di birra accatastate. Un vero peccato se si considera che all'interno, in passato – come è possibile leggere sul sito istituzionale – era possibile trovare un «itinerario escursionistico, in cui sono presenti diversi endemismi fra le specie vegetali e gli insetti a cominciare dal raro Orussus Taorminensis, che lo rendono interessantissimo sotto l’aspetto scientifico».

La situazione di stallo attuale, come spiega l'assessore al Verde pubblico Sonia Grasso, è dovuta sostanzialmente all'iter di approvazione di alcune modifiche al regolamento di gestione del parco, attual-

In foto, Sonia Grasso

Foto di, Mattia Gangi

mente al vaglio del consiglio comunale.

«Il regolamento è stato inviato in aula, e sarà sicuramente pronto nelle prossime settimane. Io stessa sto spingendo per la riapertura immediata, ma la nostra intenzione è quella di tenere aperto il parco ogni giorno».

Sull'attuale situazione d’incuria, l'assessore però rassicura: «Interverremo subito su episodi singoli, però l'unica cosa da fare per evitare questo problema è quello di aprirlo. Proveremo intanto nei fine settimana con l'aiuto della Protezione Civile».

Ma quali sono le modifiche previste e quando si tornerà alla normalità? «Stiamo studiando un progetto con il quale si potrà scegliere di avere una gestione pubblica, una gestione privata o una gestione mista. Il parco – conclude l'assessore Grasso – deve essere fruito perché altrimenti muore. Mi impegno personalmente perché tutto l'iter venga accellerato e poi fare una scelta politica».

PAESI ETNEI OGGI

STORIA

DON GIAMBATTISTA BARBAGALLO E LA COSTRUZIONE DELLA CHIESA MADRE DI VIAGRANDE LA CHIESA MADRE DI VIAGRANDE, È SENZA DUBBIO IL MONUMENTO PIÙ IMPORTANTE DELL’INTERA CITTADINA ETNEA. DEDICATA ALLA MADONNA DELL’IDRIA, FU RIEDIFICATA DOPO IL TERREMOTO DELL’11 GENNAIO 1693 LADDOVE SI STAGLIA IMPONENTE ANCORA OGGI. NON TUTTI SANNO PERÒ CHE LA COSTRUZIONE DELL’EDIFICIO ATTUALE È LEGATA A UN PERSONAGGIO CHE AI PIÙ È QUASI DEL TUTTO SCONOSCIUTO: DON GIAMBATTISTA BARBAGALLO

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ato nel 1668, fu ordinato sacerdote nel 1692 e nominato cappellano della Matrice di Viagrande nel 1696.

Salvatore Mirone – nella Monografia Storica dei comuni di Nicolosi, Trecastagni, Pedara e Viagrande – parla di un «sacerdote dai costumi illibati e di grande mansuetudine e benignità verso i difetti della umana natura». Si distinse per il carattere deciso, l’intelligenza e la preparazione, tanto che nel 1738 monsignor Pietro Galletti, vescovo di Catania e presidente del Supremo Tribunale dell’Inquisizione di Sicilia, lo volle al suo fianco.

Ma Giambattista Barbagallo è passato alla storia perché ha contribuito soprattutto a scrivere una delle più belle pagine della storia viagrandese, quella della costruzione della chiesa madre. L’antico tempio maggiore, edificato nel 1574 e crollato interamente nel terremoto del 1693, era stato riedificato ed accomodato già nel 1695 anche se nel cuore di una parte di quella popolazione iniziava a farsi strada l’idea di edificare una chiesa più bella e più grande da realizzare, ubicata in un posto più centrale. Sin dal suo sorgere, la contrada della «Via Grande» si era sviluppata a sud della colata lavica del 1408 e la sua prima chiesa madre era stata edificata proprio a ridosso di questa. La successiva colonizzazione e bonifica delle aride sciare determinò un ampliamento dell’agglome-

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rato urbano verso nord. Dopo il terremoto sorse quindi il dubbio se continuare la ricostruzione della chiesa nello stesso luogo o in uno più centrale rispetto al nucleo che si era oramai determinato.

Questa seconda soluzione fu fortemente sostenuta dal Barbagallo. La questione fu molto accesa e dibattuta. L’alluvione del 12 dicembre 1708 e la furia delle acque del torrente Indirizzo – che causò la morte di tre persone e devastò la fragile struttura del ricostruendo tempio – fu il pretesto che portò alla decisione di abbandonare definitivamente la ricostruzione nel luogo primigenio.

La posa della prima pietra è del 6 gennaio 1712. I fondi per la realizzazione provenivano dalle casse di tre realtà diverse: le due confraternite, quella del SS. Sacramento e quella della Penitenza da sempre in contrasto tra di loro, e la chiesa madre.

Con queste premesse era naturale pensare che la gestione delle risorse avrebbe comportato non pochi problemi.

Per ovviare a tali spinose questioni monsignor Andrea Riggio, vescovo di Catania, si affidò all’equilibrio e al carattere di Barbagallo, nominandolo commissario straordinario per le fabbriche. Al compimento di quest’opera il presule profuse uno sforzo notevole ma la maestosità del progetto, ben al di sopra delle possibilità economiche di un casale che contava poco più di 2000 abitanti, ne ritardò i sui tempi.

Il Barbagallo purtroppo non arrivò a contemplare il frutto dei suoi sacrifici: morì il 18 dicembre 1737 e la chiesa fu aperta al culto il 12 gennaio 1744. La sua effigie è scolpita sulla lapide sepolcrale che un tempo era ubicata al centro della navata maggiore e che oggi trova posto nel Palazzo Mirone-Deodato. A eterna memoria sta inciso: «Heu mihi post annos cecidi sub funeris arcu improbatu saltem contege facta lapis. Rev. hic jacet D. Joannes Battista Barbagallo huius Matricis Ecclesiae cappellanus ac Tribu. SS. Inq. Comm. ejusdem ecclesiae fabbricae munifice et indefesse curator. Obit die 18 dec. 1737.

Aetatis suae annis 75».

AMBIENTE

La rinascita del CAMPANARAZZU di Melania Tanteri

NON È SOLO UN TESORO SEPOLTO PER SECOLI CHE, FINALMENTE, È STATO RICONSEGNATO ALLA COLLETTIVITÀ.

TIRATO FUORI DA DODICI METRI DI PIETRA LAVICA DURISSIMA GRAZIE ALLA CAPARBIETÀ DEI CITTADINI MISTERBIANCHESI E DELLA FONDAZIONE MONASTERIUM ALBUM. È UN SEGNALE DI SPERANZA, CHE RACCONTA LE MOLTEPLICI POTENZIALITÀ DI UN’ISOLA DA CUI, DI TANTO IN TANTO, ARRIVANO BUONE NOTIZIE

Foto di Etnanatura Michele Torrisi Salvo Nicotra

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LA CHIESA MADRE In questo caso da Misterbianco dove l’antica chiesa di quella che una volta era la cittadina etnea, prima che fosse sepolta dall’eruzione del 1669, è stata riportata alla luce grazie a uno straordinario lavoro archeologico, senza eguali in Europa. La Chiesa Madre del Campanarazzu, o più semplicemente il Campanarazzu, come lo chiamano da queste parti – del sito era rimasto appena il campanile, da cui il nome dell’intera contrada – è tornata alla luce in tutto il suo splendore. Lunga circa 40 metri, ricca di altari e di circa 13 cripte, come per l’anfiteatro romano di piazza Stesicoro, gli archeologi hanno dovuto scavare dodici metri di durissimi basalti per portare alla luce il bene che oggi si mostra ai cittadini e agli appassionati, in tutto il suo splendore.

I LAVORI Dopo anni di promesse mancate e di tentativi falliti, all’inizio del 2000 si concretizza la possibilità di veder risorgere l’antico bene, con l’avvio dei cantieri: prima viene riportato alla luce il campanile e la scalinata e successivamente, grazie all’arrivo dei primi fondi europei, anche la navata principale e gli altari laterali, oltre all’arco di ingresso e al pavimento. In seguito, nella terza fase degli scavi, viene portata alla luce una cappella risalente al periodo Gotico, probabilmente nucleo originale dell’edificio religioso. I lavori subiscono uno stop, per via di una frana, per poi ricominciare grazie a un secondo finanziamento dell'Assessorato regionale alle Attività culturali, retto dal compianto Lino Leanza, misterbianchese doc, per altre 500 mila euro, che permette il recupero della cappella Gotica e del pavimento originario.

Attualmente, si lavora al rifacimento del tetto e dell’impianto elettrico, per permettere l’illuminazione del sito. Per non lasciare l’opera incompleta, la Parrocchia e la Fondazione Monasterium Album hanno lanciato una raccolta di fondi per

eseguire le opere necessarie a rendere fruibile la chiesa che riaprirà i battenti in occasione dei festeggiamenti in onore della Madonna degli Ammalati.

UN CAPOLAVORO Dalla terra alla luce, dal silenzio alla eco nazionale. È un capolavoro di arte ma anche di archeologia quello che sta accadendo a Misterbianco: i lavori di recupero dell’antica chiesa Madre della vecchia città, sommersa dall’eruzione dle 1669, è molto di più di qualcosa di cui andare orgogliosi. Lo sa bene padre Giovanni Condorelli, presidente della Fondazione Monasterim Album, che si batte per la conoscenza e la restituzione del Campanarazzu. «Parlare di questo luogo significa entrare nella storia non solo di Misterbianco ma di tutta la Sicilia orientale – afferma. Testimonia il rinascimento siciliano e la lava ha permesso che questo luogo nel suo insieme rimanesse quasi intatto. Un miracolo che forse non ci meritiamo». Un dono per tutti, ma soprattutto un’opera che ha permesso il recupero della memoria collettiva di una comunità che ha ritrovato una parte del suo passato. «Per noi misterbianchesi è stato importante riscoprire questo luogo - continua. Eravamo abituati a vedere due muri e un campanile, ma ci siamo chiesti cosa ci fosse sotto. Quando abbiamo cominciato gli scavi con la sovrintendenza, e per la prima volta siamo scesi dal campanile, e ho visto il pavimento in cotto ho provato un'emozione che non potrò mai dimenticare. La prima pietra, il primo altare. Questo è un sogno di tanti misterbianchesi, Un patrimonio comune, nostro, che ci dice chi siamo, a cosa apparteniamo, che da un senso di comunità».

Ma che ha bisogno di sostegno concreto, che va fatto conoscere. Portare avanti la difficile opera di recupero passa anche dal coinvolgimento civico di singoli e non.

LA MOBILITAZIONE Nasce a Campanarazzu, sito archeologico di Misterbianco, la Cultural Farm

PAESI ETNEI OGGI

di Fondazione Italiana Sommelier Sicilia. Nel 2016 raccoglierà fondi per il completamento degli scavi dell’Antica Chiesa Madre. «Per tutto l'anno dedicheremo una raccolta di fondi chiedendo a tutti quelli che parteciperanno un euro in più ai corsi e alle degustazioni – spiega il presidente della Fondazione Sommelier Sicilia orientale, Paolo Di Caro.

La somma sarà donata interamente alla fondazione. La presenza di questa chiesa e un grande mistero – prosegue – e io ho pensato come potessi rendermi utile. Il legame con la terra mi ha fatto pensare al vino, al nostro vino. Questa realtà deve sconfinare il confine di misterbianco – sottolinea: questo patrimonio e di una comunità molto più ampia. Questo luogo non ha eguali». Occorrono 65 mila euro per completare gli scavi – completare il tetto, l’impianto elettrico e quello di sorveglianza, oltre alla sistemazione dei cupolini – al momento ne sono stati raccolti 21 mila. Padre Condorelli chiama

PAROLA A MAURIZIO CROCE

Rischio idrogeologico in zona etna IL PUNTO DELL' ASSESSORE REGIONALE ALL’AMBIENTE

a raccolta tutti, anche solo per percepire qualche euro. «Quest'anno arriveranno duecentomila persone al porto di Catania – dice: se intercettassimo solo l'1 per cento sarebbe già un grande successo».

L’idea è piaciuta all’assessore regionale al Turismo, Anthony Barbagallo, «Si tratta dell'unico caso al mondo – spiega – di scavi archeologici effettuati sotto il basalto lavico, dagli 8 ai 12 metri di altezza (a Pompei e Ercolano per esempio si è scavato sotto la cenere e non sotto il basalto) e quindi il sito suscita una forte attrazione turistica per la sua particolarità.

A ciò va aggiunto che dista soli 8 km dal porto e può quindi intercettare il turismo crocieristico e rappresentare un volano per il rilancio del territorio. Proprio per questo – conclude – ho intenzione di concordare con l'assessore ai Beni Culturali, Carlo Vermiglio, con cui c'è già in atto una proficua collaborazione, una serie di interventi urgenti per rendere fruibile il sito ai turisti».

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a messinese, probabilmente, sa bene che cosa significa la fragilità del territorio. E cosa possa significare avere un efficiente sistema di protezione civile in caso di emergenza o non averlo. Maurizio Croce, assessore regionale al Terriorio e Ambiente conosce la situazione, affatto buona, della Sicilia in generale e della provincia di Catania in particolare dove, negli ultimi si sono moltiplicati i casi di dissesto, alcuni dei quali hanno fatto anche vittime.

E allora?

«La provincia di Catania da un punto di vista idrogeologico si colloca in una condizione intermedia rispetto il resto della regione, tuttavia il territorio catanese risulta caratterizzato anche da aree particolarmente complesse e vulnerabili rispetto una fragilità geomorfologica coinvolgendo infrastrutture, abitazioni e zone anche economicamente rilevanti perché a vocazione turistica, quali la timpa di Acireale e la collina di Vampolieri nei territori di Acicatena e Acicastello, mentre i centri abitati che sono coinvolti da dissesti risultano essere soprattutto i Comuni di Randazzo, Bronte, Adrano, Palagonia, Ramacca, Raddusa».

Ci dica di più.

«Da un punto di vista idraulico, si deve evidenziare l’urgente problematica relativa alla gestione di tutte le acque che ruscellano dall’Etna verso l’interland catanese utilizzando le strade quali vie di scorrimento, oltre alla gestione del territorio dell’area industriale che comprende l’ex Pantano d’Arci e quella relativa all’aeroporto di Fontanarossa».

Che ci dice della frana che interessa la zona del parco del Sieli, in territorio di Misterbianco, nell’area adiacente la discarica e nella quale dovrebbe sorgere il canale di gronda? Che farà la Regione?

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RETTIFICA In merito all'articolo «L’ultimo feudo del Firrarellismo» pubblicato a febbraio a firma di Carmelo Puglisi, il consigliere comunale di Gravina di Catania Rosario Condorelli, iscritto al gruppo di opposizione Uniti per Cambiare, chiede che il passaggio che lo riguarda, in cui è scritto che «potrebbe concedere un appoggio esterno» sia così rettificato: «Nulla però al momento è dato sapere in ordine alle scelte politiche dello stesso».

«Relativamente al Comune di Misterbianco, siamo informati sul dissesto che coinvolge l’area del depuratore. Il fenomeno ha interessato un movimento di terra pari a 12.000 mc. Come Assessorato siamo coinvolti esclusivamente in quanto a monte dell’area si è innescata una frana e pertanto il dissesto è stato inserito nell’ultimo aggiornamento del PAI del 2014, con una valutazione della pericolosità P3 ed un rischio R3, in quanto coinvolge il depuratore, ed è chiaro che, il progetto di completamento del depuratore dovrà prevedere gli interventi necessari al contenimento del dissesto».

Il torrente Lavinaio ha già fatto vittime.

Che idee avete per la messa in sicurezza?

«Il tratto del Lavinaio con maggiori problemi di natura idraulica è iquello compreso tra la zona del Cimitero di Aci Catena e la foce situata a Capo Mulini frazione del comune di Acireale. Qui, il PAI vigente individua diverse zone censite a rischio elevato e molto elevato».

Quindi?

«Per quanto attiene alle opere di messa in sicurezza, attualmente sono stati finanziati tre interventi: i lavori di consolidamento per il rischio idrogeologico nel centro abitato di aci Catena, finanziati dal Ministero dell’Ambiente per un importo di un milione di euro; interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico nel comune di Acireale, per un tratto di circa 1,2 chilometri, finanziati dall’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente per un importo di 2.467.394,89 euro; infine, interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico nel Torrente Lavinaio Platani nel comune di Acireale nella frazione di Capo Mulini, finanziato dal Ministero per un importo di un altro milione di euro». (mt)

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COSTUMI E SPETTACOLI

ANTONIO MACRÌ DA VIOLINISTA IN JEANS A PROVETTO MORRICONE

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na nuova sfida per Antonio Macrì, noto al grande pubblico come componente del duo “Violinisti in jeans”,che questa volta si è cimentato nella realizzazione della colonna sonora di un cortometraggio, con la direzione artistica dell’attore Adriano Chiaramida. L’iniziativa nasce da un progetto dell’ex sindaco Andrea Messina che l’attuale Amministrazione puntese ha realizzato, reclutando giovani studenti dalle scuole secondarie presenti sul territorio comunale.

“FIORE… TUTTO A POSTO” UN LIBRO CHE PROFUMA DI LIBERTÀ

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alvatore Fiore è riuscito mentre stava annegando a prendere la cima di una barca e saltarvi dentro. Alcune volte ancora oggi non si sente al sicuro, ma la sua vita ha ritrovato la rotta da quando ha avuto il coraggio di denunciare. Il belpassese Salvatore Fiore è stato vittima di una ventina di usurai.

Per anni ha pagato 20 mila euro al mese agli strozzini. I racconti che compongono la pubblicazione sono nati mangiando una pizza.

Anna Milazzo scorge la voglia di confidarsi.

Sente scorrere in Salvatore il desiderio di liberarsi. Con pazienza arriva a toccare le corde intime dell’imprenditore che decide di affidare ad Anna il suo incubo. La scrittrice spiega al lettore il perché decide di scommettersi in un’avventura letteraria. Sente che quanto stava ascoltando doveva essere portato a conoscenza del pubblico affinché si sapesse che si può vincere contro i criminali, anche quelli della peggior specie. La scrittura è semplice, quasi colloquiale e a tratti ridondante. In alcuni passaggi anche impacciata. Senza contorsioni auliche, Fiore affida all’inchiostro i suoi sogni di bambino, le sue ansie da adulto e le sue debolezze da imprenditore. È caduto in una trappola il belpassese, un vortice che lo ha travolto mese dopo mese. Già dalle prime pagine si percepisce il mea culpa. Andando avanti, capitolo dopo capitolo, si sente il sapore amaro della sconfitta. Quell’adolescen-

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te pieno di ambizioni e pronto a sbracciarsi le maniche diventa un manichino nelle mani degli usurai. Si percepisce la paura mentre si va avanti nella storia. Gli usurai contavano proprio su questo. È il tallone di Achille che non permette di uscire dalle sabbie mobili.

Salvatore Fiore oltre che un imprenditore è anche un marito e un padre. Le minacce, prima velate e poi esplicite, fanno tremare i polsi al pensiero che possa succedere qualcosa solamente perché non è riuscito a trovare i soldi per pagare. Solo dopo pagina 90 ci sarà la svolta. Passo dopo passo, anche grazie a un amico coraggioso che aveva già affidato alla Squadra Mobile la sua prigione, decide di cambiare vita. Perché scegliere di denunciare trasforma la propria vita. Ecco, questo libro vuole spingere alla denuncia. di Laura Distefano

IN LIBRERIA

Come è nata l’idea della colonna sonora?

«Ho conosciuto casualmente il noto attore Chiaramida e poiché lui ha un legame molto forte con questi luoghi mi ha proposto di creare delle musiche originali piuttosto che cover per il suo cortometraggio».

Quindi?

«Io ho accettato con entusiasmo perché realizzare colonne sonore è sempre stato per me un sogno nel cassetto, anzi mi sono già cimentato altre volte nella composizione di alcuni inni ispirati a luoghi sacri o icone religiose del paese, come alla chiesa della Madonna di Ravanusa, San Giovanni Evangelista, Padre Gabriele Allegra etc. Sono anche autore dell’inno regionale della polizia municipale che potrebbe essere proposto anche a livello nazionale».

L’ispirazione?

«La musica doveva descrivere una passeggiata per le vie del paese ed io ho dato al brano un tocco di sicilianità in chiave moderna. L’ho intitolato appunto “Camminata siciliana” utilizzando uno strumento tipico delle nostre parti,il mandolino. Il commento di Chiaramida è stato: “Ciò che io ti ho suggerito sei riuscito a tradurlo in musica!”».

Come è nato il vostro duo musicale?

«Ci siamo conosciuti da bambini, al conservatorio, ma l’idea di suonare insieme è nata molti anni dopo. Mentre suonavamo un pezzo di Brahms abbiamo provato a riarrangiarlo, inventando qualcosa di diverso dal solito, una combinazione di musica classica, leggera, folk, blues eseguita con il violino».

Quali sono state le tappe più importanti del vostro percorso artistico?

«A farci conoscere al grande pubblico fu la trasmissione “Insieme” condotta da Salvo La Rosa. Poi segui il tour che portò in giro per il mondo lo spettacolo “Panta Rei”, le cui tappe più importanti furono al Metropolitan di Catania, al Parioli di Roma e al Royal Meridien di Dubai, richiamando l’attenzione della stampa nazionale. Un altro spettacolo importante è stato quello al Cilea di Reggio Calabria. Inoltre abbiamo pubblicato due cd dal titolo “Sviolinando” e ”Le 8 stagioni” che contengono tutti i brani dei nostri spettacoli».

Che tipo di pubblico è il vostro?

«Eterogeneo, non un pubblico di nicchia. È la musica classica che diventa “popolare”».

Agata Amantia

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LA PSICOLOGA PER PRIMA COSA NON SI DOVREBBE MAI LITIGARE PER COSE VECCHIE E DI CUI SI È GIÀ DISCUSSO

QUANDO LA COPPIA SCOPPIA? LE REGOLE PER NON FAR MORIRE UNA RELAZIONE l'intervento della Dr.ssa Grazia Razza

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’amore arriva all’improvviso nelle nostre vite e di solito non chiede permesso! Ci travolge e qualche volta ci cambia.

Durante i primi mesi di fidanzamento siamo pronti a fare qualsiasi cosa per il nostro amato. Chi non ha mai preso la macchina in piena notte? Dilapidato tutte le proprie finanze per un regalo? Chi non si è mai reso ridicolo in pubblico o ha accettato qualcosa che (prima di incontrare quegli occhi) sembrava impossibile? Poi, giorno dopo giorno, le cose cambiano. Le pazzie lasciano il posto alle abitudini, le parole dolci diventano sempre meno frequenti e i litigi cominciano a trasformarsi in muri. Che si urli o si rimanga in silenzio il risultato è sempre lo stesso: non comunicare. Non a caso molte delle coppie che vedo ripetono testualmente «non comunichiamo più» (frase che si alterna di frequente a «non è più quello/a di prima»).

Condividere emozioni, esperienze, spazi e tempi non è cosa semplice.

Noi donne siamo pronte ad aprir bocca su tutto, a vomitare fiumi e fiumi di parole. E questi uomini sempre troppo pratici e lapidari, incapaci di leggere dietro i nostri problemi, non tanto il bisogno di una soluzione (facciamo comunque di testa nostra!) ma la necessità di essere accolte e supportate. Finiamo così col trasformare banali discorsi in litigi epocali, in questioni che per risolversi richiedono l’intervento di forze aliene! Certo i litigi non possono e non devono essere evitati ma vanno affrontati con intelligenza. Per prima cosa non si dovrebbe mai litigare per cose vecchie e di cui si è già discusso.

Pensiamoci bene: a cosa serve? Ne abbiamo già parlato! Quindi mai rievocare eventi che risalgono all’acquisto delle bomboniere o al Natale del ’92. Se riuscissimo a seguire questa semplice regola saremmo anche costretti a esprime i nostri dissapori quando questi si presentano (senza sorvolare o sopportare) e non esplodere a distanza

di tempo dopo aver accumulato tensioni e malumori. Seconda regola: parlare in prima persona. È ben diverso dire “io mi sento stupida” dal “tu mi fai sentire stupida ” soprattutto quando l’altro non ha nessuna intenzione di farci sentire in quel modo. Ed infine terza e sacrosanta regola: non coinvolgere terzi. Il litigio riguarda i due coniugi e non tutta la stirpe di ciascuno. Nessuno dei due patner può cambiare gli altri, ciò che possiamo cambiare siamo noi e i nostri comportamenti rispetto agli altri. Inutile, quindi, litigare per la battuta della zia o per il regalo riciclato dalla cognata. Ogni cosa ha un suo posto.

Per chiedere consigli, grazia.r@live.it

L’ANGOLO di CARMELO DI MAURO

POETA, SCRITTORE E GIORNALISTA COLLABORA CON IL QUOTIDIANO “LA SICILIA” E CON ALCUNE RIVISTE REGIONALI E NAZIONALI. APPASSIONATO DI LETTERATURA, HA PUBBLICATO DIVERSE RECENSIONI E CRITICHE PER POETI E SCRITTORI ITALIANI CON LO PSEUDONIMO DI GABRIELE ROMAUDI. HA ORGANIZZATO PREMI LETTERARI, DIRETTO E COORDINATO IMPORTANTI MANIFESTAZIONI CULTURALI.

«QUESTE CE LE RISPARMIAMO, TANTO...

CON TUTTO IL RISPETTO...».

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uanto è vero! Eppure sono trascorsi quasi mille anni da quella frase, attribuita a Dante Alighieri, che pesa come un editto: “Il bel tacer non fu mai scritto”. Ci si chiede, specie dopo gli ultimi fatti di terrorismo, se tacere sia un privilegio o un pregio che permette di pensare… o se tacere è vile segno di codardia. Insomma, ancora oggi, non sappiamo se stare zitti sia cosa buona e giusta.

Spiace andare su questo argomento, ma bisogna farlo. Già perché dopo ogni lutto, dopo ogni tragedia, dopo ogni orrore si moltiplicano i “mai più morti come questi” oppure “è una morte annunciata che si poteva evitare”, come se con le frasi fatte e di circostanza potessero risolvere qualcosa, o tacitare gli animi.

Chissà cosa avrà spinto quel povero cristo di Enrico Mentana, in studio, in diretta su La7, nell'edizione speciale del suo Tg, per commentare e raccontare i fatti di Bruxelles, in cui sono morte 34 persone in diversi attentati terroristici rivendicati dall'Isis, ad oscurare il pensiero del presidente della Camera Laura Boldrini!? La sua giornalista stava leggendo le dichiarazioni di cordoglio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Subito dopo avrebbe voluto leggere quelle della Boldrini, ma a quel punto Mentana: “Passiamo oltre, queste ce le risparmiamo, tanto... con tutto il rispetto...".

La verità è che Mentana voleva passare oltre le solite parole di circostanza che, al di là del giusto rispetto per le cariche dello Stato, non aggiungevano proprio nulla alla vicenda. Insomma, come dire: “Quando non si ha nulla di intelligente da dire sarebbe meglio starsene in silenzio."

C’è da chiedersi se il meccanismo delle frasi di circostanza – da non confondersi con la solidarietà vera – siano veramente quelle più adatte a lenire le sofferenze. Forse per onorare davvero le vittime del terrorismo o – rientrando in Sicilia – della mafia ci vorrebbero meno parole, meno celebrazioni e più verità. Dobbiamo colmare una grande sete di giustizia e di verità in modo concreto, senza retorica.

La nostra solidarietà deve essere una dichiarazione d’amore per la nostra Europa, di unità d’intenti e non un vocabolario di frasi fatte e, a volte, senza senso. In una situazione così drammatica è facile parlare alle viscere e speculare sulle legittime preoccupazioni dei cittadini. Quello che serve è creare un ponte fra il cuore e il cervello. Il solo cuore non basta per cercare le soluzioni più adatte ai problemi. E neppure il solo cervello.

Bisognerà mettere d'accordo entrambi. Altrimenti è meglio restare zitti.