Settembre 2021 - Paesi Etnei Oggi

SALUTE SPECIALE PREVENZIONE ONCOLOGICA. (INSERTO STACCABILE) Settembre 2021 Anno XXVII - n° 293 | Free press

Settembre 2021 - Anno XXVII / n. 293

Fondato da Carmelo Pitrolino

CULTURA LINGUAGLOSSA, I CAMMINI DI SANT’EGIDIO

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cultura

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Sulle orme di Sant’Egidio 38 di Andrea Giuseppe Cerra Giorni da astronauta 40 di Salvatore Massimo Fazio

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peopagine SALUTE SPECIALE PREVENZIONE ONCOLOGICA. (INSERTO STACCABILE) Settembre 2021 Anno XXVII - n° 293 | Free press

Fondato da Carmelo Pitrolino

Dopo il vaccino il calvario 42 di Claudia Mirabella La gara mito è tornata 44 di Francesco Ricca

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CULTURA LINGUAGLOSSA, I CAMMINI DI SANT’EGIDIO

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_42 Rubriche

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11 Il Direttore di Fernando Massimo Adonia 15 Blowindow di Isidoro Pennisi 16 La foto di Francesco Lo Bianco

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cultura

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Paesi Etnei Oggi Free Press Settembre 2021 - Anno XXVII / n. 293

Registrazione Tribunale di Catania N. 7/95 del 22/03/1995 Iscrizione ROC n.36980 Redazione Via Principato di Monaco, snc - 95030 Gravina di Catania T. 095 7189899 - M. 340 6091442 334 924 3912 Distaccamento acese-jonico Via Nicolò Tommaseo, 61 - 95014 Giarre Mobile. 340 6080612 www.paesietneioggi.it redazione@paesietneioggi.it - paesietneioggi@pec.it Paesi Etnei Oggi è organo del

Numero chiuso il 16/09/2021 Direttore Responsabile Fernando Massimo Adonia Collaborano Roberta Fuschi, Nunzio Condorelli Caff, Agata Amantia, Carmelo Di Mauro, Thea Giacobbe, Michele Milazzo, Melania Tanteri, Roberto Quartarone, Isidoro Pennisi, Santi Zappalà, Laura Distefano, Francesca Santangelo, Francesco Ricca, Salvo Giuffrida, Salvatore Massimo Fazio, Santo Privitera, Claudia Mirabella, Gabriele Patti, Fiammetta Pessoa Illustrazione in copertina Francesca Mertoli In collaborazione con:

Forniture ospedaliere - Sicilia

EDITORE Andrea Pitrolino editore@paesietneioggi.it Resp. Pubbliche Relazioni Giovanni Leotta Mobile. 340 6080612 Pubblicità Mobile. 095 7189899 commerciale@paesietneioggi.it

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Servizio abbonamenti Mobile. 348 7904214 Progetto grafico Valerio Platania www.valerioplatania.eu Tipografia Grafiche La Rocca Contrada Rovettazzo, sn 95018 Riposto (CT)

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cultura

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IL DIRETTORE

di Fernando Massimo Adonia / direttore@paesietneioggi.it @fernandomadonia / meridianista

TROPPI INTERROGATIVI E FORSE UNA RISPOSTA

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uando la comunità di Trecastagni si è riunita spontaneamente per portare una candela dove è stata allestita la “panchina rossa” come gesto di ribellione contro la crudeltà del femminicidio che ha spazzato via Vanessa Zappalà sono state pronunciate delle parole giuste, persino sante. Ma quella più giusta di tutte è forse quella che non si è potuta dire perché certi sentimenti non conoscono suono.

Appunto perché è praticamente impossibile farli venire fuori. Sarà la frustrazione. Sarà la rabbia. Oppure l’angoscia. Ma quanto è successo ad una ragazza come Vanessa, una tra le altre, con un lavoro normalissimo e delle aspettative altrettanto normalissime, lascia atterriti.

Quanto è successo a Vanessa è una sconfitta per tutti. Perché Vanessa aveva denunciato, non era rimasta in silenzio a subire per non urtare quella mentalità sbagliata, ma ancora dominante che intende sempre giustificare la gelosia morbosa quale reazione a chissà quale colpa. Sappiamo che i carabinieri erano a disposizione di Vanessa anche oltre i turni di lavoro per poterla proteggere. Sappiamo pure che la macchina giudiziaria era stata attivata, ma con un esito che ha lasciato tutti sgomenti. Per carità: i giudici fanno il loro mestiere e tirano avanti con gli strumenti che hanno.

Poi però è arrivata una verità che ci imbarazza un bel po’: non ci sono abbastanza braccialetti elettronici a disposizione. Lo ha Spesso ci illudiamo detto al quotidiano che talune tragedie Il Dubbio Nunzio possano essere Sarpietro, presidente semplicemente dell’ufficio gip di evitate. Talvolta però Catania. Lo ha detto non è così. Siamo con la massima abbastanza adulti chiarezza, con la per comprendere – massima onestà. Ed ci scusiamo per la è qui che tutto crolla. crudezza di questo Certo, forse neanche ragionamento – che quello strumento le tra la volontà del avrebbe salvato la carnefice e la sua vita. È chiaro che non vittima spesso non possano essere poste barriere. Ma siamo anche lo sapremo mai e che nessuno di noi è in grado di riavvolgere il abbastanza maturi per comprendere che al netto di un sano bagno nastro degli eventi. Ma sapere di essere sguarniti rende tutto ancor di realtà, qualcosa la si possa comunque fare per impedire che certe più insopportabile. cose accadano. Anche a costo di un fallimento.

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Questo editoriale non vuole presentare alcuna tesi ben definita.

Forse è soltanto uno sfogo (sicuramente amaro). In questi anni ci siamo messi a disposizione come giornale nella battaglia contro la violenza di genere. Abbiamo organizzato presentazioni editoriali, abbiamo dato puntualmente notizia dei processi riguardanti le morti di Giordana Distefano e Lalla. Ci siamo mobilitati quando è arrivata la notizia dolorosa che tre ragazzi catanesi hanno violentato una giovane statunitense. Lo abbiamo fatto insieme a tantissimi compagni di strada, nella consapevolezza che ci sono persone ben più qualificate e motivate di noi che da anni operano con determinazione sul campo.

Più volte abbiamo qui ribadito una posizione che non ha nulla di ideologico, ma pratico. Aiutare le donne a parlare, a rivolgersi ai centri antiviolenza e rassicurarle circa un dato: dinnanzi a un amore ossessivo e violento non vi sono giustificazioni che tengano. Talvolta ci chiediamo se tutto questo sia servito a qualcosa. La risposta è però, ancora una volta, in quella piazza di Trecastagni. È quella gente tanto commossa quanto arrabbiata a dirci che il lavoro dei tanti volontari (ma anche dei professionisti, delle forze dell’ordine, delle associazioni e persino della politica o dei tanto vituperati giornali) in questi anni è valso pur a qualcosa. Altrimenti nessuno si sarebbe mosso da casa.

Probabilmente non arriveremo mai a quota zero nella classifica annuale dei femminicidi.

Ma sapere che le comunità non sono disposte a rimanere inermi, e che possono agire se ben preparate da rete di protezione sociale, vale già tantissimo. Su di loro bisogna ancora puntare.

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BLOWINDOW

Isidoro Pennisi Opinionista de “Il Quotidiano del Sud” twitter@sognadoro23 / i.pennisi@tiscali.it

MARIA GRAZIA CUTULI GIORNALISTA DI SANTA VENERINA CADUTA IN AFGHANISTAN

S

i può essere dei ribelli, senza dover organizzare alcuna ribellione, ma semplicemente inchinandosi al compito scelto nella vita, tenendo conto della sua storia, dei suoi protagonisti, e non tradendone la fiducia. La vita è un’eredità che non ha testamento: è di chi la conquista, la strappa all’oblio, la tiene accesa. Nascere non basta per vivere. Maria Grazia Cutuli è una ribelle, perché, come dice Junger: «Ribelle è il singolo, l’uomo e la donna concreta, che agiscono nel caso pratico. Per sapere che cosa sia giusto, non gli servono teorie, né leggi. Il Ribelle attinge alle fonti della moralità eterne ancora non disperse nei canali delle istituzioni». Lo è come lo fu Antigone, che senza avere in animo d’esserlo, nel momento cruciale, si batté e agì per un principio che preesisteva a quello dettato da una Legge della Città, e che sarebbe sopravvissuto alla fine di quella Città. Lo è come lo fu Gerda Taro, che radicalizzò finanche ciò che gli fu confidato: «Se una fotografia non è venuta bene vuol dire che non si era abbastanza vicino al soggetto da». E lei andò così vicino alla realtà, che dei cingoli di un carro armato le sconvolsero le ossa e le strapparono la carne. Maria Grazia Cutuli è questo: una donna che ha un profondo, nativo rapporto con la libertà, che si esprime nell’intenzione di contrapporsi all’automatismo e nel rifiuto di trarne la conseguenza etica, che è il fatalismo. Una volta scelto il da farsi, esso non si reinventa a uso e costume dei tempi, non si rende più adatto alle convenienze del momento, ma si carica sulle spalle così com’è. Il ribelle è ubbidiente, e di fronte al richiamo degli avi, alle richieste di una sovra biografia, si assume una responsabilità genealogica, accantona la propria biografia, e dice solo una cosa: eccomi. E’ questa sua obbedienza, a qualche cosa verso cui nessuno è ubbidiente, che lo fa essere un punto di flesso del conformismo, comunque si manifesti e in qualsiasi tempo. Come si diventa una ribelle? Nessuno al mondo è farina del proprio sacco e chi lo crede coltiva delle illusioni.

Ognuno è soprattutto il risultato di condizioni generali, storiche e sociali, e d’incontri personali, anche indiretti, che in alcuni casi sono il contrario di ciò che s’intende per cattive compagnie.

Maria Grazia Cutuli è della classe 1962, è Siciliana di Santa

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Venerina e, soprattutto, figlia di un’antropologia etnea con un’originale vocazione a intendere gli accadimenti non personali come un fatto proprio. L’elenco dei personaggi, soprattutto nelle tre ultime grandi fasi della storia italica (quella dello Statuto Albertino e quella Repubblicana, passando per quella Fascista) messisi al servizio del nostro Paese è così lunga e caratterizzata da meritare un volume dedicato, in cui analizzare le glorie come le miserie, ma rilevando un’indiscussa propensione a prendersi la questione, come si dice solo a Catania. Una maniera di dire, un’espressione, che definisce chi intende come privato qualsiasi fatto, anche pubblico, tanto da prenderlo, farsene carico, portarlo sino alle estreme conseguenze, non semplicemente per servizio o altruismo ma come fatto personale, che caratterizza e identifica lo stesso concetto di dignità umana. Maria Grazia Cutuli cresce dentro questo habitat culturale, dove operano, nel pieno della sua formazione umana, un manipolo di ragazze e ragazzi (carusi) che guidati da un cattivo maestro (come allora si definiva Giuseppe Fava, e come oggi si torna a definire chiunque osi non conformarsi) si erano messi in testa di testimoniare, attraverso il lavoro del giornalismo, la realtà per com’era, compresa la mafia che a quel tempo i più negavano l’esistenza. Poi è ovvio che ognuno fa le sue scelte, e non è detto che siano sempre le stesse, di fronte agli stessi eventi, allo stesso habitat culturale. Potrei anche fare degli esempi, di persone della stessa classe 1962, che sono ben altro di meno di Maria Grazia Cutuli. Molto di meno.

Anche tra coloro, catanesi e non, che condividono il mestiere che aveva scelto per vivere ed essere utile agli altri, sino a morirne.

Devo dire che provo imbarazzo, oltre che a scrivere di lei, a pensare che a Novembre si andrà a ricordare la sua morte dentro le condizioni che viviamo, in cui il giornalismo e i giornalisti (tutti, con diverse sfumature, con differenti consapevolezze) altro ormai non sono, che dei portavoce, inutili e dannosi. Sarà come spararla nuovamente alla schiena, solo che questa volta, invece dei Talebani Afghani, saranno gli Integralisti dell’Informazione, purtroppo avallati finanche dalla più alta carica dello Stato, ad abbatterla, parlando di lei senza averne vergogna, come adesso ne provo io.

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cultura

Il progetto fotografico di Francesco Lo Bianco contro la violenza di genere Make up artist/ Sonia Sangiorgio Mode/ Silvia Falco

L’idea della bocca cucita nasce dal senso di frustrazione che una donna prova quando è vittima di violenza.

Il percorso che porta una donna a denunciare la sua condizione spesso è impervio, frutto di una società che non depone in suo favore. Molte donne sono costrette così a lottare due volte , una contro il loro persecutore, l’altra con il “mostro” di una società che non accetta la loro condizione.

In questa ottica ho voluto con le mie foto provocare una reazione che faccia da monito verso una indifferenza generale; chi costringe al silenzio una donna “vittima di violenza” siamo noi con il nostro atteggiamento privo di una azione concreta e troppo spesso retorico.

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PER LA PREVENZIONE DELLA SALUTE

SCREENING ONCOLOGICI: QUANDO, COME E PERCHÈ a cura di Thea Giacobbe esperta in Diritti Umani

CENTRO CULTURALE RICREATIVO TERZA ETÀ

REGIONE SICILIA Assessorato Regionale della Salute

Ufficio Speciale Comunicazione per la Salute

pagine Introduzione

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Guardiamo al futuro con maggiore ottimismo

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Salute, comunicare per prevenire

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L’ Asp in prima linea per la prevenzione

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L’importanza degli screening oncologici

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Conoscere e prevenire

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INTRODUZIONE

di Thea Giacobbe esperta in Diritti Umani uesto mese, il nostro magazine dedica un inserto speciale inerente alla prevenzione della Salute con l’obiettivo di far conoscere, in particolare, le campagne di prevenzione e di screening oncologici presenti nel nostro territorio.

Nelle pagine che seguono, partendo dal concetto fondamentale di “promozione della Salute”, attraverso le parole dei vertici dell’Assessorato alla Salute della Regione Sicilia e dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catania, verranno fornite indicazioni concrete su cosa significa “screening”, su quali sono e quando è necessario farli, sulle modalità di adesione ad uno screening organizzato ed esente da pagamento, sulla sicurezza e affidabilità dell’accertamento, su cosa accade se si è rilevato qualcosa di anomalo. Lo screening è un percorso, quindi, ed è, soprattutto, un’opportunità che può salvare la vita.

Uno dei requisiti fondamentali del successo di un programma di screening è la partecipazione e il coinvolgimento della “popolazione bersaglio”. Per Paesi Etnei Oggi essere presenti sul territorio, catanese ed etneo in particolare, significa anche questo: condividere con la comunità, approfondimenti di conoscenza sui problemi di salute con l’intento di trasmettere la cultura del benessere attraverso la prevenzione.

Obiettivo di questo inserto di 16 pagine è sensibilizza-

re i nostri lettori sulle attività di prevenzione oncologica, informarli e motivarli perché la comprensione di elementi utili possa farli aderire in modo consapevole ai programmi di screening organizzati ai piedi dell’etna. E siccome per agire efficacemente sono necessarie alleanze e sinergie intersettoriali tra forze diverse - scopriremo in queste pagine che questo è il punto cardine del principio della “Salute in tutte le Politiche” (Health in all Policies) - questo approfondimento si concluderà con un convegno che lo stesso magazine ha in programma giorno 21 settembre presso Masseria Carminello di Valverde (CT) dove ovviamente, nel rispetto delle norme di sicurezza covid, la cittadinanza è invitata a partecipare. Un momento di confronto sul tema fra i cittadini e la comunità scientifica alla presenza, necessaria per fare squadra, dei rappresentanti degli enti locali.

Perché la salute non deve essere considerata un “bene individuale” ma un “bene comune” che chiama tutti, cittadini e amministratori al prendersi cura di sé, dell’altro e dell’ambiente in cui si vive attraverso un’azione collettiva, con la messa in comune dei saperi medici e la condivisione di stili di vita sostenibili.

Se c’è un insegnamento che dobbiamo riconoscere a questa terribile pandemia, è proprio questo: possiamo stare bene solo se stanno bene anche gli altri, ma tutto dipende dai comportamenti di ciascuno di noi, nessuno escluso.

SANITÀ SICI LIANA

GUARDIAMO AL FUTURO CON MAGGIORE OTTIMISMO

PAESI ETNEI OGGI PER LA PREVENZIONE DELLA SALUTE

A

circa quattro anni dall’avvio di questa esperienza, vorremmo poter analizzare le tappe salienti di un percorso molto complesso (e tutto in salita) che, tuttavia, permetterà alla sanità siciliana di guardare al futuro con maggiore ottimismo. Potrà sembrare retorica, ma sono le certezze provenienti dagli investimenti effettuati in risorse umane, infrastrutture e programmazione a consegnare un quadro assai diverso dall’istantanea del 2017, quando cioè il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci raccolse la pesante eredità di una Sicilia relegata ai margini.

All’epoca, solo per fare un esempio, la nostra sanità poteva contare su poco più di trecento posti di terapia intensiva: oggi in via ordinaria saranno più di settecento. Alle grandi opere come l’ospedale San Marco di Catania o il San Giovanni Paolo II di Ragusa, entrambi operativi già da alcuni anni e risultati fondamentali nella emergenza pandemica - sono stati associati interventi di riqualificazione in ogni struttura sanitaria siciliana. E altri sono stati programmati ex novo per rendere l’offerta più omogenea su tutto il territorio. Parallelamente, sul fronte delle risorse umane, tra stabilizzazioni e nuovi concorsi, circa novemila professionisti hanno sottoscritto un contratto a tempo indeterminato, ai quali vanno aggiunti oltre seimila lavoratori (tra sanitari ed amministrativi) impegnati nella lotta al Coronavirus.

A queste misure, fondamentali per recuperare un gap significativo rispetto ad altre aree del Paese, abbiamo provato ad infondere una nuova cultura della prevenzione per invertire un trend che, proprio sulle adesioni alle campagne di prevenzione, ci vedeva indietro. E’ stato fondamentale il coinvolgimento di tutte le professioni: da qui è nato un protocollo con i medici di medicina generale, con le farmacie e la partecipazione del volontariato sociale a tante attività che ci hanno permesso di raggiungere target più ampi. Abbiamo ridefinito alcune campagne avendo la consapevolezza che viviamo in una regione in cui ci sarà una popolazione sempre più anziana, senza mai distogliere però lo sguardo dal futuro e dalle opportunità che possiamo cogliere. Ad esempio, ai processi di digitalizzazione, alla capacità attrattiva che può avere la Sicilia anche in ambito sanitario. Così ci piace ricordare, l’esperienza del Cefapas di Caltanissetta dove è in atto il potenziamento del Cemedis: un’esperienza unica nel Sud-Italia che con simulatori ad alta fedeltà consentirà di preparare al meglio le prossime generazioni di medici e operatori della salute.

In mezzo - come è noto - la gestione della più grave crisi sanitaria della storia recente, anni difficili da cui tutti abbiamo comunque appreso il valore di piccoli gesti che, anche in queste ore, possono fare la differenza.

Ruggero Razza Assessore regionale della Salute

L’assessore Ruggero Razza e il presidente Nello Musumeci.

PROMOZIONE DELLA SALUTE

SALUTE, COMUNICARE PER PREVENIRE

DOTTORESSA DANIELA SEGRETO, RESPONSABILE UFFICIO ALLA COMUNICAZIONE PER LA SALUTE DELLA REGIONE SICILIANA

I

l concetto di “salute” è un elemento imprescindibile per il benessere di una società e non si riferisce semplicemente alla sopravvivenza fisica o all’assenza di malattia, ma comprende anche gli aspetti psicologici, le condizioni naturali, ambientali, climatiche e abitative, la vita lavorativa, economica, sociale e culturale di ciascuno di noi - così come definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Fino a pochi decenni fa, però, la “salute” era intesa ancora come assenza di malattia e la risposta sanitaria organizzata consisteva esclusivamente nel garantire cure ospedaliere.

Oggi, una sanità ospedalocentrica non potrebbe funzionare perché non sarebbe in grado di sopportare il peso delle malattie cronico - degenerative, prevalenti ed in crescita. La salute va colta, quindi, in tutta la sua complessità, come valore universale fondamentale, come risorsa per la vita quotidiana, una risorsa di cui prendersi cura dall’inizio fino al suo termine. È noto infatti che dalla sanità dipende solo il 15-20% della salute di una comunità, per il 40-50% dipende dai fattori socio-economici e dagli stili di vita, per il 20-30% dalle condizioni dell’ambiente, per il 20-30% dall’eredità genetica.

PAESI ETNEI OGGI PER LA PREVENZIONE DELLA SALUTE

L’obiettivo principale del nostro sistema sanitario nazionale è, fin dai suoi albori, quello di promuovere la salute di tutti gli individui presenti sul territorio. Ma cosa significa allora “promuovere la salute”?

alimentare appropriata, attraverso programmi dietetici mirati, prevenendo l’obesità, le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2, migliorare l’accesso alle pratiche sportive e motorie per tutti i cittadini, favorendo lo sviluppo psicofisico dei giovani».

«La promozione della salute si è sviluppata come movimento scientifico, professionale, culturale, sociale e politico a partire dalla Carta di Ottawa redatta nel lontano 1986. È definita come un “processo sociale e politico diretto non solo a rafforzare le abilità e le capacità degli individui, ma anche ad una azione comunitaria e culturale per il miglioramento delle condizioni di salute del singolo e della collettività” - spiega la dottoressa Daniela Segreto, dirigente responsabile dell’Ufficio Speciale “Comunicazione per la Salute” della Regione Siciliana - una definizione che oggi si inserisce in una cornice molto più ampia, sovranazionale, in un approccio “One Health”, che vede la salute come risultato di uno sviluppo armonico e sostenibile dell’essere umano, della natura e dell’ambiente e riconosce che la salute delle persone, degli animali e degli ecosistemi sono interconnesse, promuovendo l’applicazione di un approccio multidisciplinare, intersettoriale e coordinato.

Per agire efficacemente su tutte le condizioni che incidono sulla salute sono necessarie alleanze e sinergie intersettoriali tra forze diverse, secondo il principio della “Salute in tutte le Politiche” (Health in all Policies)».

L’educazione alla salute rappresenta uno dei pilastri dell’azione di promozione della salute: «La Scuola è il setting privilegiato per l’educazione alla salute. La Scuola, oltre alle forme di comunicazione finalizzate a migliorare l’alfabetizzazione alla salute (health literacy), consente lo sviluppo dell’autonomia, promuovendo non solo specifiche competenze disciplinari, ma soprattutto conoscenze e abilità che conducono allo sviluppo di competenze personali (life skills) indispensabili per prendere decisioni corrette e resistere ad influenze e suggestioni che possano indurre scelte comportamentali non salutari. Un intervento che potenzia le life-skill, si pensi ad esempio alla prevenzione dell’uso di sostanze, ha maggiore efficacia rispetto alla trasmissione di sole informazioni».

Diventa così cruciale la sinergia tra istituzioni e stakeholder per promuovere la salute della popolazione generale, intersettorialità che è stata fondamentale anche nell’esperienza covid e nell’affrontare le complesse conseguenze dell’epidemia, come l’impatto economico, sociale e psicologico della crisi e del lockdown.

In tale contesto, quindi, la promozione della salute è chiamata a caratterizzare le politiche sanitarie non solo nell’obiettivo di prevenire una o un limitato numero di condizioni patologiche, ma anche a creare nella comunità e nei suoi membri un livello di competenza e capacità di controllo (empowerment) che mantenga o migliori il capitale di salute. Questo si può realizzare ponendo innanzitutto la “persona” e la “comunità” al centro della programmazione sanitaria e sociosanitaria.

«Per mettere in grado tutte le persone di raggiungere appieno il loro potenziale di salute, le attività di promozione della salute assolvono all’obiettivo di ridurre le differenze, di assicurare pari opportunità di accesso e di mettere a disposizione risorse, anche in termini di conoscenze e informazioni. Per ottenere ciò è necessario realizzare un ambiente favorevole, rendere disponibili informazioni, sviluppare abilità personali e opportunità che consentano di fare scelte sane. Un mandato, per il nostro sistema sanitario, certamente più ampio rispetto a quello di garantire servizi clinici e terapeutici» sostiene la dottoressa Daniela Segreto.

«La promozione della salute e dell’equità nella salute continua il dirigente dell’Ufficio Speciale Comunicazione per la Salute ha maggiore efficacia quando gli interventi si affiancano lungo tutto il corso della vita, secondo un approccio “life course”come gli interventi di prevenzione già prima della gravidanza, i sistemi di protezione della maternità e delle nuove famiglie, la promozione dell’allattamento al seno, la prevenzione di comportamenti non salutari già durante l’infanzia e l’adolescenza per ridurre il rischio di insorgenza di malattie croniche nell’adulto favorendo un invecchiamento sano e attivo. La promozione della salute significa così esortare ad una cultura

In questo processo di promozione della salute gioca un ruolo importante anche la comunicazione: «Comunicare la salute vuol dire far circolare, all’interno della comunità, informazioni sui problemi di salute socialmente rilevanti e attivare flussi di comunicazione tra i cittadini, le istituzioni pubbliche e il sistema dei media. L’obiettivo è informare, influenzare e motivare gli individui, le istituzioni e la società nel suo complesso, su temi inerenti la salute. E, soprattutto, avvicinare la sanità ai cittadini».

Gli obiettivi di tipo informativo sono più facilmente raggiungibili, mentre gli altri sono certamente più ambiziosi perché implicano un coinvolgimento più profondo dei destinatari che spesso sono chiamati a sradicare convinzioni e a modificare comportamenti consolidati. «È certamente una presa di posizione da parte dei singoli proattiva – asserisce Segreto - I singoli devono essere “educati”.

Tutto ciò funziona solo ricollocando al centro dell’intero sistema Paese la persona nella sua interezza, parte di una collettività di individui responsabili perché la salute non deve essere considerata un “bene individuale” ma un “bene comune” che chiama tutti i cittadini all’etica e all’osservanza delle regole di convivenza civile».

Anche noi cittadini, dunque, giochiamo la nostra parte accrescendo la capacità di agire per la nostra salute e per quella della collettività e interagendo con il sistema sanitario attraverso relazioni basate sulla fiducia. Migliorare la salute richiede la modificazione degli stili di vita delle persone, attraverso interventi rivolti non solo al singolo individuo, ma anche al cambiamento di condizioni sociali e degli ambienti in cui si vive e si lavora. Proprio per questo, come evidenziato, è necessaria un’azione intersettoriale e trasversale, che veda coinvolte le amministrazioni locali, la scuola, l’industria, le associazioni affinché concorrano per la creazione di un ambiente favorevole per produrre salute.

Politiche di salute, ambienti favorevoli, partecipazione attiva delle comunità e dei singoli, ri-orientamento dei servizi sanitari verso la “persona” sono dunque la chiave di volta di un sistema sanitario che funziona e che promuove salute.

SCREENI NG ONCOLOGICI

L’IMPEGNO DEL DOTT. ANTONINO RAPISARDA, DIRETTORE SANITARIO DELL’AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI CATANIA

«L’ASP IN PRIMA LINEA PER LA PREVENZIONE»

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a diagnosi precoce ha lo scopo di impedire che una malattia, appena agli inizi o ancora sconosciuta, possa evolvere in qualcosa di più grave. Le patologie tumorali, seconda causa di morte anche in Sicilia con una media di circa 12.700 decessi l’anno, costituiscono un problema rilevante di salute pubblica, specie per alcune categorie diagnostiche prevenibili con efficaci programmi di prevenzione. Gli screening oncologici rappresentano un classico esempio di prevenzione secondaria: il loro scopo è quello di individuare alcuni tumori prima che diano sintomi, consentendo di intervenire precocemente, migliorando la riuscita delle terapie, riducendo la possibilità di progressione.

Gli screening oncologici riconosciuti universalmente efficaci nel ridurre la mortalità per tumore sono: lo screening del tumore del seno (mammografia alle donne fra i 50 e i 69 anni); lo screening del tumore dell’utero (PAP test alle donne fra i 25 e i 64 anni); lo screening del tumore del colon (test del sangue occulto nelle feci a uomini e donne fra i 50 e i 69 anni). Lo screening è un percorso a tappe, un programma organizzato che prende in carico il paziente fino all’eventuale terapia: la positività al primo test, infatti, non significa necessariamente che si ha la malattia, ma che necessitano degli approfondimenti per stabilire la corretta diagnosi.

PAESI ETNEI OGGI PER LA PREVENZIONE DELLA SALUTE

EFFETTUATE PIU’ DI 45.000 PRESTAZIONI IN QUESTO PRIMO PERIODO DELL’ANNO NELL’AMBITO DELLE ATTIVITÀ DI PREVENZIONE DEI TUMORI

Fondamentale, quindi, è migliorare l’accessibilità agli screening da parte della popolazione “bersaglio”, incrementando il numero effettivo delle persone che vi aderiscono.

Nel 2020, l’attività di screening oncologico ha subìto un rallentamento nell’intera Regione Siciliana. La riduzione della partecipazione alle attività di screening riflette una tendenza nazionale, messa in evidenza anche dall’Osservatorio Nazionale Screening del Ministero della Salute.

La Direzione dell’Asp di Catania ha ultimamente potenziato l’offerta dei servizi dedicati, grazie anche ad un’azione sinergica con l’Assessorato regionale della Salute, per permettere la partecipazione anche a chi, a causa dell’emergenza Covid-19, ha preferito rimandare le prestazioni di prevenzione oncologica nell’anno 2020. L’Asp di Catania ha continuato ad assicurare l’offerta delle prestazioni di screening ottenendo un buon livello di coinvolgimento della popolazione target.

«In questo primo periodo dell’anno 2021 nell’ambito delle attività di prevenzione dei tumori sono state già effettuate complessivamente circa 45.000 prestazioni e sono stati invitati a partecipare gli utenti che non era stato possibile coinvolgere nell’anno 2020 a causa della pandemia – spiega Antonino Rapisarda, direttore Sanitario dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catania –. Un risultato che si deve grazie alla sinergia con i medici di medicina generale, le Farmacie e al lavoro di squadra di tutti i professionisti operanti nei consultori familiari, negli ambulatori di mammografia, nei laboratori di analisi di riferimento, negli ambulatori di gastroenterologia e al front office telefonico, tutti impegnati ad offrire la

massima disponibilità, in orari alternativi a quelli istituzionali».

presso il Laboratorio Analisi di Tremestieri Etneo.

In particolare, queste attività sono gestite e coordinate dal punto di vista clinico dai Responsabili clinici dei tre screening: la dottoressa Anna Maria Rumeo per lo screening del tumore del colon retto; la dottoressa Mauro La Rosa per lo screening mammografico e la dottoressa Giuseppa Spampinato per lo screening ginecologico.

«Nel primo semestre del 2021 l’adesione allo screening del tumore del colon retto è di molto cresciuta, grazie proprio all’intervento e alla professionalità di Federfarma e delle Farmacie presenti nel territorio. Nei casi in cui è necessario eseguire ulteriori accertamenti dopo il test di primo livello, gli esami di approfondimento e le eventuali terapie (sempre gratuite) vengono erogate presso strutture dell’Asp o presso le Aziende Sanitarie Ospedaliere della provincia di Catania. Nell’ambito dello screening mammografico, alcuni esami di approfondimento e le terapie vengono effettuate presso le Breast Unit della Rete senologica della Regione Siciliana, individuate presso le Aziende Ospedaliere Cannizzaro, Garibaldi, Policlinico e presso l’Humanitas Istituto Clinico Catanese».

«Da un punto di vista organizzativo – continua Rapisarda – i test di screening di primo livello vengono erogati presso 35 consultori familiari e 11 ambulatori di mammografia distribuiti sull’intero territorio della Provincia. I test di primo livello dello screening ginecologico vengono analizzati presso i laboratori di citologia (pap test) e biologia molecolare (HPV test) del P.O. di Acireale. Le mammografie vengono sempre lette da due differenti radiologi e, in caso di letture discordanti, da un terzo medico radiologo, assicurando gli standard di qualità richiesti dall’Osservatorio Nazionale Screening».

Il test HPV, offerto alla popolazione femminile di età compresa tra 34 e 64 anni, è stato da poco tempo introdotto come test di primo livello. Viene eseguito con le stesse modalità del pap test.

Il materiale prelevato viene sottoposto a un esame di laboratorio per la ricerca del DNA del virus. Questo test serve a identificare i virus HPV ad alto rischio che possono provocare tumori del collo dell’utero. I kit per l’esecuzione del FOBT possono invece essere ritirati presso una delle farmacie del Comune di residenza presso le quali gli utenti ricevono le istruzioni per eseguire l’esame e riconsegnare il kit. Tutti i campioni accettati vengono analizzati

È importante evidenziare che tutti gli ambulatori dell’Asp sono stati organizzati per permettere agli utenti di accedervi in assoluta sicurezza, nel rispetto delle misure per la prevenzione dell’infezione da Virus Sars-Cov-2.

«Accogliere l’invito dell’Asp a partecipare alle attività di screening oncologico – conclude Rapisarda – è importante per la salvaguardia della salute di ciascuno di noi. Ed è ancora più importante che la comunità percepisca il valore di essere e restare sani attraverso la prevenzione. I vantaggi di una diagnosi precoce ai fini del mantenimento di una buona salute sono davvero molti e possono essere ottenuti attraverso un servizio, quale è lo screening, affidabile, dalla semplice adesione e gratuito».

ASP DI CATANIA, IL FATTORE STRATEGICO DI CUI NESSUNO PARLA: IL FRONT OFFICE

RENATO SCILLIERI

«L’IMPORTANZA DEGLI SCREENING ONCOLOGICI» La parola al direttore della U.O.C. Prevenzione delle malattie cronicodegenerative - Screening oncologici del dipartimento di prevenzione dell’ASP di Catania

In foto il dott.

Renato Scillieri e le operatrici del front office: Carmela Barchitta, Maria Giuffrida e Daniela Viola.

PAESI ETNEI OGGI PER LA PREVENZIONE DELLA SALUTE

S

ulla base delle indicazioni del Ministero della Salute, gli esami di screening di provata efficacia vengono offerti alla popolazione target ogni 2 anni (mammografia bilaterale e FOBT per la ricerca del sangue occulto nelle feci) ogni 3 anni (pap test alle donne da 25 a 33 anni) ed ogni 5 anni (test HPV alle donne da 34 a 64 anni). Nel caso in cui il test di primo livello risultasse positivo, viene offerta gratuitamente l’esecuzione degli esami di approfondimento (colposcopia, ecografia o RMN della mammella, biopsia, colonscopia in prima istanza e ogni altro esame che si ritenesse necessario) e degli eventuali trattamenti. Con il termine screening non si intende pertanto un singolo esame, ma un percorso diagnostico terapeutico che prevede la presa in carico dell’utente dal momento in cui effettua il primo esame fino agli eventuali accertamenti e trattamenti di cui dovesse necessitare. Il percorso suddetto è gratuito in tutte le sue fasi per i residenti in fascia di età target del territorio servito dall’Azienda Sanitaria di pertinenza e non occorre la richiesta del medico di famiglia per eseguire gli esami.

«In Provincia di Catania – sottolinea Renato Scillieri, Direttore della U.O.C. Prevenzione delle malattie cronicodegenerative - Screening oncologici del Dipartimento di prevenzione dell’ASP di Catania – la popolazione target è ogni anno di circa 145.000 uomini e donne di età compresa tra 50 e 69 anni per lo screening del colon retto, circa 75.000 donne di età compresa tra 50 e 69 anni per lo screening del tumore

della mammella e circa 100.000 donne di età compresa tra 25 e 64 anni per lo screening del tumore della cervice uterina. A causa dell’emergenza connessa all’epidemia da virus Sars-CoV-2, in atto nella lettera di invito non è presente un appuntamento fissato, ma solo l’indicazione a contattare il numero verde 800 894 007 per prenotare gli esami (mammografia, HPV test e pap test) o a recarsi in Farmacia per ritirare il kit per la ricerca del sangue occulto nelle feci.

Ciò è necessario per garantire l’attuazione delle misure di distanziamento e di prevenzione della diffusione del virus Sars-CoV-2 presso gli ambulatori e i consultori».

«Grazie all’azione coordinata dei diversi professionisti coinvolti nelle attività di screening, tra cui i Dipartimenti di Scienze radiologiche e Materno Infantile – prosegue Renato Scillieri - nel periodo dal 2017 al 2019 è stato possibile invitare la quasi totalità della popolazione target e ottenere un aumento dell’adesione, soprattutto per quanto riguarda lo screening del tumore della mammella e della cervice uterina. Tali attività hanno permesso di individuare, dal 2017 al 2019, circa 275 lesioni della cervice uterina (lesioni pretumorali e cancri), circa 215 tumori maligni della mammella e oltre 670 lesioni del tumore del colon retto (lesioni pre tumorali e cancri) e di intervenire precocemente, con maggiori possibilità di guarigione e una buona qualità della vita».

Nell’anno 2020, a causa dell’imprevedibile pandemia si è registrata anche in Sicilia, come nel resto d’Italia, una sen-

sibile riduzione della partecipazione alle attività di prevenzione oncologica, riferibile in massima parte alle remore manifestate dagli utenti ad eseguire l’esame per il timore del contagio, nonostante le rassicurazioni fornite sulle misure di prevenzione della diffusione del covid attuate nei diversi ambulatori.

«In tale ambito, uno strumento di fondamentale importanza ai fini del coinvolgimento della popolazione target è rappresentato dal front office telefonico dedicato agli screening (numero verde 800 894 007), presso cui opera personale sanitario opportunamente formato, che gestisce le prenotazioni

OGNI ANNO VENGONO GESTITE CIRCA 50.000 RICHIESTE DI UTENTI, LA MAGGIOR PARTE DELLE QUALI RELATIVE A PRENOTAZIONI DI ESAMI O SPOSTAMENTI DI APPUNTAMENTI

SCREENI NG ONCOLOGICI

degli esami e si occupa di fornire informazioni sulle attività di screening oncologico. Il numero verde è attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 8.30 alle ore 13.00 e il lunedì pomeriggio dalle ore 15.00 alle ore 17.30. Le chiamate sono gratuite sia da rete fissa che da cellulare ed, qualora le linee fossero occupate, è possibile lasciare un messaggio in segreteria indicando il proprio recapito telefonico per essere ricontattati.»

Ogni anno vengono gestite circa 50.000 richieste di utenti, la maggior parte delle quali relative a prenotazioni di esami o spostamenti di appuntamenti. Le operatrici del front office raccolgono anche le segnalazioni di

disservizi nell’ambito delle attività di screening oncologico da parte degli utenti, al fine di favorire il miglioramento della qualità dei servizi offerti. Il front office gestisce inoltre le richieste che pervengono all’indirizzo di posta elettronica screening@aspct.it.

«L’attivazione di questo canale di accesso alle prenotazioni e alle informazioni sugli screening oncologici – sottolinea Scillieri – riscuote consenso da parte dell’utenza per via della semplificazione dei processi e della celerità con cui le richieste vengono evase. È attivo anche un sito web dedicato agli screening oncologici (www.screening.aspct. it) recentemente aggiornato, con con-

tenuti e grafiche più fruibili, dal quale è possibile scaricare anche le brochure utili ad acquisire ulteriori informazioni.»

«La pandemia – conclude Scillieri – purtroppo ha accentrato le attenzioni e le preoccupazioni della popolazione sul suo andamento, distogliendo l’attenzione su patologie altrettanto temibili quali i tumori e ritardandone la diagnosi. E’ importante quindi lavorare in sinergia per favorire una rinnovata consapevolezza e fiducia nelle attività di prevenzione oncologica, strumento fondamentale per la tutela della salute.»

Collana editoriale a cura di Ufficio Speciale Comunicazione per la Salute Dirigente responsabile dott.ssa Daniela Segreto

cultura

Sai che…

• I tumori della mammella, della cervice uterina (o collo dell’utero) e del colon retto possono dare sintomi dopo molto tempo?

• Se scoperti quando sono in fase avanzata, le possibilità di guarigione sono molto più basse?

• Gli screening oncologici di popolazione sono efficaci nella diagnosi precoce di tali tumori?

• Fare diagnosi precoce dei tumori significa migliore guarigione, qualità di vita e sopravvivenza?

In Italia • Le donne che soffrono di tumore al seno sono almeno il 30%, mentre quelle affette da tumore del colon retto sono oltre l’11%. Si stima che il 4% delle donne sotto i 50 anni di età può sviluppare il tumore al collo dell’utero.

• Il terzo tumore più frequente negli uomini è il tumore del colon retto.

Cosa sono gli screening oncologici di popolazione ?

Sono strumenti efficaci per la prevenzione secondaria dei tumori nelle persone apparentemente sane, cioè che ancora non hanno i sintomi di tumore, il cui obiettivo è individuare tumori allo stadio iniziale nelle fasce d’età considerate ad alto rischio. Ciò significa che possono rilevare tumori di piccole dimensioni, che le attuali terapie riescono a eradicarle più facilmente. Per tale ragione, è importante partecipare agli screening oncologici organizzati, che sono esenti da pagamento.

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Quali sono?

• PAP test per il tumore al collo dell’utero • Mammografia per il tumore alla mammella • SOF test per il tumore al colon retto Quando si fanno gli screening oncologici di popolazione?

Donne: • dai 25 anni in poi si raccomanda il PAP test per il tumore al collo dell’utero, che va ripetuto a distanza di 3 anni fino al compimento dei 64 anni d’età, mentre il test dell’HPV è raccomandato dopo i 30 anni; • a partire dai 50 anni, la mammografia e il SOF test sono eseguiti biennalmente a tutte le donne di età non oltre i 69 anni che accettano a tali screening.

Uomini: • si consiglia fortemente di sottoporsi al SOF Test (Sangue occulto fecale) a cadenza biennale, come nelle donne.

Come si partecipa agli screening oncologici di popolazione?

Un invito alla partecipazione agli screening oncologici è recapitato a domicilio, in cui è già fissato un appuntamento per l’esame di screening.

Quanto sono sicuri questi screening oncologici di popolazione?

Questi test di screening (PAP test, mammografia e SOF test) sono estrememente sicuri.

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REGIONE SICILIANA

Cosa succede se è rilevato qualcosa di anomalo?

Uno specifico percorso diagnostico-terapeutico sarà avviato in caso di alterazioni patologiche, al fine di analizzarle con maggiore dettaglio.

TUTTI GLI SCREENING SONO GRATUITI E POSSONO SALVARTI LA VITA

Per ogni ulteriore informazione contatta il medico di famiglia o la tua ASP di riferimento.

Hanno partecipato alla redazione della presente brochure Valentina Botta e Giuseppa Minutolo

“Tutte le chiese di Cristo vi salutano”.

(Romani1 6:16)

Supponiamo che un giovane regalasse alla fidanzata un anello con una pietra preziosa di enorme valore, ad esempio di 10mila euro, contenuto in una piccola scatoletta graziosa. L’involucro e la confezione sono attraenti, degni di contenere quella pietra preziosa, ma di modesto valore. Potete immaginare lo stato d’animo del giovane: l’attesa di vedere apparire nel volto della donna amata l’esplosione di una gioia incontenibile. Quanto rimarrebbe deluso se, al momento della consegna del regalo, la fidanzata mostrerebbe di non tenerlo in nessuna considerazione, né facesse alcun cenno di apprezzamento del prezioso contenuto di quella piccola scatola. Mentre rimarrebbe grandemente sorpreso se essa esclamasse, piena di entusiasmo: “Caro, che bella scatola mi hai regalato!. Per conservarla bene e non sciuparla

ho deciso di tenerla bene incartata e in un posto sicuro”.

Essa preferisce la scatolina di pochi centesimi al diamante di grandissimo valore. Una cosa simile non è semplicemente ridicola e senza senso?

Questo è ciò che molti fanno trascorrendo tutta la loro vita curando solo i loro corpi senza rendersi conto che questi non sono altro che involucri del loro vero essere di incommensurabile valore, cioè della loro anima.

Molti curano eccessivamente il loro aspetto esteriore, altri sono estremamente apprensivi per la loro salute, altri ancora, per la loro forma ottimale, sottopongono il loro corpo a grandi sacrifici, altri sono ricercati nel vestire e, infine, tutti cercano il benesse-

re della loro vita, perché il loro corpo viva negli agi e nelle comodità, senza che ad esso manchi nulla, dal cibo a tutte le altre cose e sensazioni che il mondo può offrire.

Ma ci dimentichiamo che Dio ci ha donato un bene prezioso di inestimabile valore: il nostro “essere interiore” e lo ha rivestito di un magnifico involucro funzionale, ma di modesto valore rispetto al suo prezioso contenuto. Infatti la Bibbia ci dice che questo nostro essere esisterà per sempre, mentre il nostro corpo fisico, materiale, ritornerà alla polvere: Marco 8:36 E che giova all’uomo se guadagna tutto il mondo e perde l’anima sua?

Gesù non ci ha insegnato a disprezzare il nostro corpo e la nostra vita materiale Matteo 6:25b Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito?

Tuttavia la Bibbia ci educa a dare un valore relativo all’importanza del nostro corpo, perché….

1Pietro 1:24 (Is.40:6-8) «ogni carne è come l’erba, e ogni sua gloria come il fiore dell’erba. L’erba diventa secca e il fiore cade».

Ce lo insegna la Parabola del Ricco stolto; di quel ricco che aveva un attaccamento sproporzionato alla vita cfr. Lc.12:19 Come giudichereste il comportamento della ragazza della nostra storiella?

SENZA SENNO perché non è in grado di apprezzare quello che, nella mentalità generale della gente comune, ha valore, quello che è stato sempre creduto da molte generazioni, prima di noi, fin dalle più antiche civiltà, nelle religioni e nelle filosofie umane.

E’ il caso di tutta la gente atea e materialista, che non crede nell’esistenza dell’anima e pensa che tutto finisce con la morte dell’uomo. La Bibbia chiama queste persone, stolte.

Proverbi 12:15 “La via dello stolto è diritta (giusta) ai suoi occhi, ma chi ascolta i consigli è saggio”.

Lo stolto è colui che, nella parabola

di Gesù, ha fondato la sua casa sulla sabbia Matteo 7:26 “E chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica sarà paragonato a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia”.

Molti di questi stolti vivono senza problemi come se non dovessero morire mai.

IGNORANTE perché non conosce, non si rende conto del valore di quella pietra preziosa e la svaluta. Questa tipologia di persone è quella che crede solo in quello che vede con i propri occhi e che tocca con le proprie mani. E’ brutto essere vittima dell’ignoranza. Gli ignoranti sono quelli che calpestano ciò che é santo e non v’è giustificazione per loro, perché Dio è passato sopra i “tempi dell’ignoranza” e vuole che gli uomini prendano coscienza della Verità At.17:30.

CAPRICCIOSA E IGNORANTE Conosce bene il valore di quel regalo; però lo sottovaluta; non gli dà l’importanza che esso merita. Ha tante cose che la soddisfano e questo regalo è solo un accessorio fra i tanti: Molti cristiani danno poco valore a questo grande bene che possiedono. La religiosità è una cosa tra le altre per sentire appaga-

to il loro animo e vivono come gli altri, come se non avessero fede.

A sostegno di quanto abbiamo, fin qui, detto, per incoraggiare coloro che vogliono dare valore a questo bene cosi prezioso voglio riportare quello che scrive Martin Luther King nel suo libro, “La forza di amare”: Un saggio vecchio predicatore si recò in un collegio universitario per pronunziare un sermone di baccalaureato. Terminato il suo messaggio, egli si trattenne, sul campo, per parlare con i membri delle classi dei diplomati. Parlò con un brillante giovane diplomato di nome Robert.

La sua prima domanda a Robert fu: «Quali sono i vostri progetti per il futuro?».

«Ho intenzione di entrare, immediatamente, nella facoltà di legge», disse Robert.

«E poi Robert?», insisté il predicatore.

«Bene - rispose Robert - ho intenzione di sposarmi, di mettere su famiglia e di farmi una posizione sicura nell’esercizio della mia professione legale».

«E poi, Robert?», continuò il predicatore.

E Robert: «Devo dire, francamente, che spero di fare mucchi di denaro con la mia professione e, perciò, spero di ritirarmi piuttosto presto e di passare una gran quantità di tempo viaggiando in vari paesi del mondo, una cosa che ho sempre desiderato di fare».

«E poi Robert?», aggiunse il predicatore, con un’insistenza quasi noiosa.

«Bene - disse Robert - questi sono tutti i miei progetti».

Guardandolo con un atteggiamento che esprimeva pietà, il predicatore disse: «Giovanotto, i vostri piani sono davvero troppo ristretti. Essi possono estendersi solo per settantacinque o cento anni, al più. Voi dovete fare i vostri piani, grandi abbastanza, da includere Dio e, ampi abbastanza, da includere l’eternità».

Questo è un saggio consiglio. Io temo, veramente, che troppi di noi si agitino a fare progetti grandi per quantità, ma piccoli per qualità, progetti che si muovono sul piano orizzontale del tempo, piuttosto che sul piano verticale dell’eternità. Date la vostra vita – tutto ciò che avete e siete – al Dio dell’universo, le cui intenzioni non mutano”.

E, per voi, quali sono i progetti per il vostro futuro? Includono l’eternità?

Matteo 13:44 «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo, che un uomo, dopo averlo trovato, nasconde; e per la gioia che ne ha, va e vende tutto quello che ha, e compra quel campo».

Matteo 13:45-46

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«Il regno dei cieli è anche simile a un mercante che va in cerca di belle perle; e, trovata una perla di gran valore, se n’è andato, ha venduto tutto quello che aveva, e l’ha comperata».

Colui che è alla ricerca del “tesoro nascosto”, deve prima individuare dove trovarlo; raccoglie tutte le informazioni necessarie per stabilire DOVE. Alla stessa maniera, colui che è alla ricerca della Verità, fissata da Dio, stabilisce in cuor suo che la Bibbia è l’unico posto in cui poterla trovare.

Il mercante alla ricerca della perla di gran valore, conosce le caratteristiche di essa in confronto alle perle false, perché ha imparato a riconoscerle. Alla stesso modo, l’uomo alla ricerca di Dio, diventa un conoscitore della Verità Rivelata. Ed è in grado di distinguere la Verità dall’errore.

Egli la deve esaminare profondamente e, soltanto così, ne trarrà beneficio in questa terra e nel mondo a venire.

Facciamo appello ai nostri lettori perché riconoscano nella Bibbia (in particolare il Nuovo Testamento) la fonte della Verità e di approfondirne il contenuto per comprendere la Volontà di Dio. Noi, della Chiesa di Cristo, siamo a loro completa disposizione per aiutarli in questa ricerca.

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cultura

«N

ato in Grecia da genitori di stirpe regale, Egidio alla loro morte distribuisce i suoi beni e si reca in Provenza, prima da S. Cesario di Arles, poi da un eremita di nome Veredemio. Dopo essere rimasto qualche tempo con lui, Egidio cerca un luogo dove vivere in solitudine la propria vocazione». (Vita S. Aegidii, II, 11-14).

Incerte sono le notizie sulla vita del Santo che abbandonò la vocazione eremitica per fondare un monastero; quel che invece è certo, è che la grande venerazione per Egidio travalicò presto le Alpi, ed il suo culto iniziò a radicarsi in Italia tra l’XI e il XII secolo ad opera dei Normanni, proprio

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di Andrea Giuseppe Cerra nel momento in cui in Francia il santuario di Saint-Gilles du Gard, dove si conserva la tomba dell’Abate, godeva il momento di massimo splendore.

Scendendo nella Penisola, i racconti dei miracoli di Egidio arrivarono sino in Sicilia e nella cittadina etnea di Linguaglossa che lo proclamò Santo Patrono chiedendogli protezione verso tutti i mali più uno: la lava.

E Sant’Egidio non mancò mai di esaudire le preghiere dei devoti cittadini fermando col suo pastorale d’argento le lingue di fuoco che hanno minacciato più volte l’abitato.

Negli ultimi anni nella cittadina si è riscoperto un sentimento di appartenenza alla devozione egidiana, grazie agli studi

condotti e all’impegno dell’arciprete Orazio Barbarino, canonico della Chiesa Madre linguaglossese. Ultima pubblicazione sul mondo egidiano è di Salvatore Puglisi (I cammini di Sant’Egidio.

Tra turismo religioso, pubblica amministrazione e cultura ecclesiale, Historica-Giubilei Regnani 2021, pp. 155, € 14,00) che condensa in questo volume le riflessioni su un progetto scaturito in circostanze quasi fortuite: Salvatore Puglisi dal 2017 è sindaco di Linguaglossa e ha modo di conoscere il sindaco di Latronico; tra le due comunità molti sono i punti di contatto, ma in particolare sono accomunate dalla stessa devozione al Santo Patrono. Nasce così l’idea di mettere in rete tutti i Paesi d’Italia che condividono

il culto di Sant’Egidio Abate all’interno di un progetto di turismo religioso.

Questo, dunque, il tema del volume che, nella parte iniziale, ricostruisce il percorso evolutivo che ha condotto il viaggio a trasformarsi in turismo e come questo processo abbia conosciuto, nel corso del Novecento, una prima crescita di massa, e, successivamente, una scomposizione sempre maggiore in segmenti di nicchia caratterizzati da personalizzazione ed esclusività.

Puglisi sottolinea come in questa evoluzione la motivazione religiosa, il viaggio per fede, sia rimasto nel tempo una costante che, subendo però un processo di secolarizzazione, ha portato alla separazione – almeno in linea teorica – tra il pellegrinaggio e il turismo religioso.

L’analisi delle differenze esistenti tra le due accezioni è stata al centro della riflessione sviluppata nel prosieguo del libro, nella quale appunto, mettendo in risalto la molteplicità di attrattori e attrazioni che il turismo spirituale chiama in causa, si pone l’accento sulla necessità che Stato e Chiesa collaborino maggiormente per la valorizzazione dell’immenso patrimonio italiano capace di costituire un volano di sviluppo per molti territori, anche quelli più lontani dai grandi centri religiosi.

Le potenzialità di questa collaborazione sono raccontate nella terza parte di questo lavoro, poiché si concretizzano nell’esperienza del progetto I Cammini di Sant’Egidio che ha preso il via nel 2018 ed è tuttora in divenire. In esso la fede, il culto del Santo Patrono, la cura del territorio insieme alla sua valorizzazione e promozione, i valori etici e morali che la Comunità di Sant’Egidio vi ha posto a sigillo prendendo parte all’iniziativa, la speranza di poter generare lavoro e prosperità, hanno permesso di far nascere la rete dei comuni egidiani.

Questo percorso di fede è stato di recente

PUGLISI SOTTOLINEA COME IN QUESTA EVOLUZIONE LA MOTIVAZIONE RELIGIOSA, IL VIAGGIO PER FEDE, SIA RIMASTO NEL TEMPO UNA COSTANTE CHE, SUBENDO PERÒ UN PROCESSO DI SECOLARIZZAZIONE, HA PORTATO ALLA SEPARAZIONE – ALMENO IN LINEA TEORICA – TRA IL PELLEGRINAGGIO E IL TURISMO RELIGIOSO. suggellato da un accordo di collaborazione che lega i 27 comuni italiani aventi come Santo patrono Egidio Abate. Il 7 marzo 2021 a Linguaglossa, presso il Collegio San Tommaso, si è svolta invece la prima Conferenza dei Comuni egidiani con il Patrocinio della Conferenza Episcopale Siciliana.

Il volume, impreziosito dai contributi di personalità legate al culto del Santo (Salvatore Castorina Governatore Confraternita di Sant’ Egidio Abate, Marco Impagliazzo Presidente della Comunità di Sant’Egidio, Emiliano Abramo Presidente della Comunità di Sant’Egidio di Catania e Fausto De Maria Sindaco di Latronico), si pone come strumento di divulgazione per sostenere l’impegno delle comunità egidiane, coinvolgendo associazioni ed enti, in modo da attivare la promozione turistica non di un luogo, ma di un’esperienza, di un pacchetto di tradizioni e valori connessi al mondo egidiano.

Un patrimonio importante da non disperdere, così come sostiene Antonino Raspanti, vescovo di Acireale: «Un patrimonio che continua a palpitare anche oggi, tra le pagine, le menti e le labbra oranti di un popolo che non si stanca di esprimere la propria devozione al Santo Patrono e Protettore.

Un patrimonio così prezioso che merita di essere valorizzato, dando ad esso la giusta e più consona esposizione» (tratto dalla prefazione al volume di Luigi Frudà, Inni liturgici in onore di Sant’Egidio Abate dal X al XX secolo, Linguaglossa 2020).

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cultura

INTERVISTA A RICCARDO MARRA

di Salvatore Massimo Fazio

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C

atanese di 39 anni, legato dalla famiglia, dagli amici di sempre e forse anche un po’ dal chiaroscuro al capoluogo dell’Etna. Vive a Roma dal 2006 e, al chiedergli, come mai?, replica «ho scelto l’anno della vittoria del mondiale», ma «in realtà ho concluso lì i miei studi di editoria e giornalismo». E come si è mosso Riccardo Marra, autore del distopico “Giorni da astronauta” (Augh!

Edizioni, pp. 161, € 14) uscito a fine luglio 2021, negli anni in cui decide di rimanere a Roma, lo racconta con entusiasmo: «Nel 2011 uno stage a Radio1 Rai ha aperto le porte al mio attuale lavoro. Da dieci anni, infatti, collaboro con la Rai per programmi

televisivi in qualità di autore, soprattutto di sport». E lì conosciamo bene le mani del giovane concittadino perché appare ad esempio, nel mitico “Novantesimo Minuto”. «Ma non solo» incalza Marra, «lo scorso febbraio ho scritto, insieme all’amico Davide Venturi, “L’Atlante che non c’è”: un programma di letteratura andato in onda in 4 puntate su Rai5. In mezzo a tutto questo continuo a scrivere di musica, la mia vera prima passione».

Riccardo Marra nel 2017 debutta nell’editoria con la raccolta di racconti “Sento doppio”, ma è quest’anno che approda al romanzo: «È il mio esordio nel “lungo” – spiega - “Giorni da astronauta” è un romanzo che riflette sul concetto di normalità».

E cosa c’entra la figura da protagonista di Fausto Cutugno astronauta?

«L’astronauta, in questo senso, è una metafora perfetta. Cos’è normale? Chi decide qual è il modo più giusto di vivere?

Di fronte ai diversi guai che gli capitano in quei pochi giorni che torna a casa, lui si dimena: “Sulla stazione spaziale ci sono i protocolli per gestire le crisi, io li conosco bene, li ho usati, li ho insegnati, ho contribuito a svilupparli. Ma sulla Terra? Cosa si fa?”. La storia, insomma, è di un astronauta che si ritrova a passare i tre giorni prima del suo nuovo viaggio nello spazio, nella sua città di provincia.

Tra quelle strade pensa di essere una specie di eroe... ne verrà fuori invece con le ossa rotte».

Cosa ti ha ispirato questa metafora?

«L’ispirazione mi è venuta da un episodio che nulla ha a che vedere con cosmonauti o robe così. Un’estate ero in barca con mio fratello che di mestiere fa l’anestesista.

Aveva passato una notte di inferno in ospedale e ora, di mattina presto, stava con me in costume sulla barchetta. Io pensavo di avere una vita a-normale, venendo da

Roma con il mio lavoro in TV, ma lui era decisamente più a-normale di me.

Straordinario. Una specie di astronauta».

Dovessi consigliarlo alla lettura cosa racconteresti a chi non sa che sei tu?

«Che un astronauta lontano dallo spazio, che gira per la sua città, non è un superuomo, ma è invece il più debole degli uomini. È un supereroe disinnescato, senza tuta e senza casco, gravato di criptonite.

Alla fine diventa il più normale degli individui e questo non gli piacerà. Tolta la metafora e l’ispirazione, cosa ti ha spinto a scrivere l’argomento in questione, che dalla lettura si evince divertente, con ritmo incalzante, ma con diversi finali nell’interpretazione del lettore, che lasciano l’amaro in bocca. In sintesi la vita di tutti i giorni di un normale cittadino che non riesce però ad adeguarsi e scrollarsi forse di dosso quel ruolo di astronauta? «Mi piacciono i paradossi. Un astronauta in una città di provincia è un paradosso.

Uno che è capace di aggiustare bracci meccanici sulla stazione spaziale ma che ha dimenticato come si rimette la catena di una bicicletta, è un paradosso. E poi i finali non mi sono mai piaciuti, tutto ciò che ha da dire un libro, a mio parere, è nel cuore non alla fine». Perché e per chi lo hai scritto? «Per curiosità, per vedere dove mi avrebbe portato questo personaggio che è a metà tra un superman e un perdente. Altro paradosso, vedi?».

Una curiosità: ha attinenze con te o con qualche episodio che ti è accaduto?

«Mi colpì molto il film francese “Il condominio dei cuori infranti” di Samuel Benchetrit. Uno dei protagonisti è un astronauta che, in avaria, finisce accidentalmente sulla terrazza di un palazzo in una cittadina della provincia francese. In attesa che la Nasa lo venga a

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«MI PIACCIONO I PARADOSSI. UN ASTRONAUTA IN UNA CITTÀ DI PROVINCIA È UN PARADOSSO. UNO CHE È CAPACE DI AGGIUSTARE BRACCI MECCANICI SULLA STAZIONE SPAZIALE MA CHE HA DIMENTICATO COME SI RIMETTE LA CATENA DI UNA BICICLETTA, È UN PARADOSSO. E POI I FINALI NON MI SONO MAI PIACIUTI, TUTTO CIÒ CHE HA DA DIRE UN LIBRO, A MIO PARERE, È NEL CUORE NON ALLA FINE» recuperare deve restare per qualche giorno recluso a casa di questa signora che lo tratta come il figlio che ha perso. Dunque, quanto ad attinenze con me, potrei dirti tutto e niente, più niente che tutto».

Quanto ti ha aiutato la professione di giornalista, o ispirato a passare da un servizio ad una raccolta di racconti a un romanzo?

«Mi hanno aiutato i film che ho visto, i libri che ho letto e il dischi che ho ascoltato. Sono quelli che creano un immaginario a mio parere».

Da una decade sentiamo sempre dire che un romanzo è distopico o di formazione.

Finalmente ne abbiamo uno vero e ci piace ricordare che chi lo ha scritto è un bravissimo collega giornalista etneo.

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at tualità

DOPO IL VACCINO, IL CALVARIO MA NESSUNA DIAGNOSI PER I SUOI SINTOMI di Cludia Mirabella

«S

ì, il suo caso è strano e andrebbe studiato, ma non da me». Se a dirlo un medico è lecito sentirsi crollare il mondo addosso. Salvo studia giurisprudenza, catanese doc. Ama viaggiare e ama la vita. Da otto mesi a questa parte è cambiata, da quando ciò ha deciso di vaccinarsi. Ma nessuno è in grado di dire se la sua odissea è connessa in qualche modo al siero anti Covid-19. Ed è proprio qui il punto Perché hai scelto di vaccinarti?

«Ho scelto di vaccinarmi perché credevo che sarebbe stato l’unico modo per tornare alla normalità. Per tornare a studiare, a viaggiare, per riprendere in mano la nostra vita. L’ho fatto per proteggere i miei cari e per sfuggire ai danni che causa il Covid, a breve e a lungo termine».

muscolari, la sensazione di sentirsi la testa piena d’acqua, acufeni, lividi alle gambe immotivati, dolore alla schiena, nausea.

O ancora la sensazione di un dolore che si sposta all’interno del corpo: prima le gambe, poi la testa, poi la pancia. E non scompare.

Oltre questo accuso sempre un grande senso di stanchezza, di spossatezza e di affaticamento, ho anche perso sei chili».

Quindi?

«Sono stato in ospedale a Vilnius due volte: mi fanno le analisi del sangue e una tac negativa. Mi hanno indirizzato verso una clinica privata dove mi hanno fatto diverse analisi ma il neurologo, dopo avermi fatto un controllo completo, mi ha imbottito di antidolorifici giustificando i miei sintomi come “ansia”».

Quando è cominciato tutto?

«Ho fatto la prima dose e non ho avuto nessun sintomo, solamente dolore al braccio. La seconda dose, dopo 28 giorni, su indicazione della casa farmaceutica Moderna, l’ho fatta il 29 giugno. Ho accusato i primi dolori dopo quattro o cinque ore: febbre, dolore al braccio e fortissimi dolori alle gambe.

Il mio calvario è iniziato a tre giorni dal vaccino: mi sono svegliato con un fortissimo fischio alle orecchie che mi ha stordito e da lì è stato tutto un peggiorare dei sintomi».

Ansia?

«Decido di recarmi in uno dei migliori ospedali al mondo: il General Hospital di Vienna. Al pronto soccorso mi hanno semplicemente fatto delle analisi per capire se avessi in corso una trombosi. Risultando negativa, il medico mi disse che non vi era alcuna soluzione immediata: non avevano un reparto dedicato e non vi erano abbastanza studi su questo vaccino.

Quindi mi sono recato a Parigi, al Salpietrere.

Dopo tutte le varie analisi, mi dicono che la causa di tutti i questi sintomi era, ancora una volta, l’ansia. Mi danno degli antidepressivi e mi rimandano a casa».

Qual è stato il percorso medico di questi mesi?

«In due mesi i sintomi si sono evoluti, sono cambiati: mal di testa lancinanti, dolori

Che succede al rientro?

«Non potendo prendere l’aereo a causa dei problemi alle orecchie, torno col treno e mi fermo a Milano, al policlinico, dove

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la dottoressa che mi ha visitato mi guarda e mi dice che innanzitutto avrei dovuto ringraziare Dio perché avevo un numero elevatissimo (addirittura di gran lunga sopra la norma) di anticorpi. Seccata perché mi lamentavo dei miei sintomi anziché essere grato a Dio per avermi dato il vaccino, mi sottopone nuovamente alle analisi per la trombosi, nuovamente negativa. E mi trascrive nuovamente i famosi antidepressivi di Parigi. Una volta rivelatasi anche Milano fallimentare, torno a Catania».

E che succede?

Anche qui, solite analisi e solite risposte.

Il mio medico di famiglia mi dice che i sintomi non potevano assolutamente essere legati al vaccino.

Quali sono stati gli effetti di questo periodo dal punto di vista psicologico?

«Dal punto di vista psicologico, mi sento estremamente stressato, in primis per il fatto di ricevere continuamente dei “no, non può essere”.

In secondo luogo, è molto stressante anche

«IN DUE MESI I SINTOMI SI SONO EVOLUTI, SONO CAMBIATI: MAL DI TESTA LANCINANTI, DOLORI MUSCOLARI, LA SENSAZIONE DI SENTIRSI LA TESTA PIENA D’ACQUA, ACUFENI, LIVIDI ALLE GAMBE IMMOTIVATI, DOLORE ALLA SCHIENA, NAUSEA»

il fatto di non poter raccontare quello che sto vivendo perché tanti, soprattutto sui social networks mi danno del “No vax”.

Ma non è così: io ho scelto di vaccinarmi perché credo nella scienza e credo anche che su novecentonovantanove vaccinati, non si abbiano effetti avversi. Io sono quel millesimo che ha avuto delle conseguenze ed è normale, perché accade anche con altri farmaci con i quali – anche se raramente – si hanno delle conseguenze.

Ho segnalato più volte i miei sintomi alla casa farmaceutica ma non ho mai ricevuto risposta».

«IO HO SCELTO DI VACCINARMI PERCHÉ CREDO NELLA SCIENZA E CREDO ANCHE CHE SU NOVECENTONOVANTANOVE VACCINATI, NON SI ABBIANO EFFETTI AVVERSI. IO SONO QUEL MILLESIMO CHE HA AVUTO DELLE CONSEGUENZE ED È NORMALE» E quali effetti ha avuto sulla tua vita personale?

«Per quanto riguarda la mia vita, ho messo tutto in pausa. Avrei dovuto svolgere un altro periodo di studi all’estero.

Non posso continuare nemmeno il mio percorso di studi qui a Catania perché nella maggior parte del tempo durante la giornata mi sento stanchissimo, mi è veramente difficile concentrarmi. Non ho potuto rivedere i miei amici, fare una passeggiata, fare sport, non ho più appetito, non posso nemmeno leggere i miei libri, non guido più, non sono stato in spiaggia nemmeno una volta».

Se potessi, cosa chiederesti alle istituzioni?

«Alle istituzioni, alla sanità, chiedo solamente di essere studiato, attenzionato.

Perché potrei essere utile ad altri. Non bisogna ignorare gli effetti collaterali, ma studiarli, attenzionarli, perché ci sono altre persone che stanno vivendo quello che sto vivendo io. Studiare anche gli effetti collaterali davvero potrebbe contribuire in positivo alla campagna vaccinale. Adesso quello che spero è che questo periodo passi, che finalmente qualcuno voglia prendersi carico del mio caso e seguirlo, così da poter raccontare questa storia solamente come un brutto ricordo».

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sport

di Francesco Ricca

L’

adrenalina che traspare incrociando gli occhi dei piloti, quella voglia matta di tornare a disegnare traiettorie perfette tra i tornanti etnei. E la massima concentrazione che anticipa l’attimo in cui si dà tutto, dando gas senza (quasi) mai togliere il piede dall’acceleratore.

Mentre il naso pizzica, scontrandosi con l’odore del particolare racing fuel utilizzato per le auto del motorpsort. Sono le immediate sensazioni carpite a contatto con i partecipanti della 46ª edizione della Catania-Etna, tornata protagonista dopo 11 anni sotto il suggestivo scenario del vulcano più alto d’Europa, peraltro in piena attività durante le fasi della cronoscalata.

Un vero e proprio ritorno “col botto”!

Il tempo tra le strade dell’Etna si era fermato al tragico impatto del 2010 su uno dei tornati caratteristici del percorso: perse la vita uno spettatore, a seguito di un comune incidente di gara che non poteva e non doveva conoscere quell’epilogo. Da quel momento, inevitabilmente, la strada si fece ancor più in salita, mai come in questa circostanza è proprio il caso di dirlo!

L’allora Provincia di Catania, pochi giorni dopo l’accaduto, emanò una determina che riscriveva completamente le misure di sicurezza da adottare e rivedeva ex novo la concessione delle strade provinciali per eventi sportivi di tal genere. In sintesi, da lì in avanti si richiedevano specifiche e misure obbligatorie realizzabili solo all’interno di veri e propri circuiti di gara: tribune per il pubblico, recinzioni sull’intero percorso di gara, strade secondarie d’accesso e d’uscita differenti rispetto al tracciato. Sostanzialmente qualcosa di irrealizzabile concretamente,

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sia in termini economici ma anche strutturali, se si pensa soprattutto allo scenario lavico dell’Etna per il solo impatto sull’aspetto naturale e paesaggistico. E pur vero che in questi anni l’Aci di Catania, storico promotore della manifestazione, ha sempre presentato il progetto per l’organizzazione della gara, senza mai, purtroppo, “soddisfare” le misure dettate dalla determina provinciale.

UNA STORIA QUASI CENTENARIA Poi arrivò il Covid-19, quindi evento da organizzare in assenza di pubblico: quest’anno, dopo un lungo tira e molla,

IL TEMPO TRA LE STRADE DELL’ETNA SI ERA FERMATO AL TRAGICO IMPATTO DEL 2010 SU UNO DEI TORNATI CARATTERISTICI DEL PERCORSO: PERSE LA VITA UNO SPETTATORE, A SEGUITO DI UN COMUNE INCIDENTE DI GARA CHE NON POTEVA E NON DOVEVA CONOSCERE QUELL’EPILOGO. è arrivata - finalmente - la concessione tanto agognata. Il mito della cronoscalata Catania-Etna è tornato dopo una lunga ed estenuante attesa! 97 anni di storia, da quel lontano 1924 in cui si svolse la prima edizione della gara tanto amata non solo dai protagonisti del motorsport.

In quasi 100 anni, dunque, sono state disputate 46 edizioni della manifestazione che ha anche cambiato denominazione in “Corsa dell’Etna” nel 1969, per poi tornare alla denominazione originaria nel 2004.

Fino all’edizione del 1963 il tracciato non subì molte modifiche rispetto alle prime edizioni, ma la partenza era stata spostata per ragioni logistiche da piazza Duomo a piazza Cavour. Nel 1969, per ragioni di sicurezza, la partenza venne fissata a Nicolosi, quando assunse, appunto, il nome di Corsa dell’Etna, sulla distanza di 18 km.

Dal 1973 e fino al 1977 ci fu la parentesi Pergusa, dove la gara fu ospitata a causa del diniego da parte della commissione di vigilanza del circuito originale. Nel

IN QUASI 100 ANNI, DUNQUE, SONO STATE DISPUTATE 46 EDIZIONI DELLA MANIFESTAZIONE CHE HA ANCHE CAMBIATO DENOMINAZIONE IN “CORSA DELL’ETNA” NEL 1969, PER POI TORNARE ALLA DENOMINAZIONE ORIGINARIA NEL 2004.

1980 l’impegno delle scuderie catanesi, Scuderia Etna, Catania Corse e Puntese Corse riportò, tra mille difficoltà, la gara nel suo ambiente naturale: si partiva da Piano Bottara, su una distanza di 10,2 km, ma quel periodo entusiasmante durò solo tre anni perché la maestosa eruzione del 1983 interruppe in molti punti la Strada provinciale 92 sulla quale si disputava la gara, che portò a una sosta forzata di ben 13 anni.

Nel frattempo, però, era nato il “Parco dell’Etna” e la parte sommitale del percorso non poteva più essere utilizzata: la partenza fu quindi fissata in pieno centro a Nicolosi.

NUOVA ORGANIZZAZIONE E CAMBIO PERCORSO Il percorso della ritrovata Catania-Etna è stato ridotto a 4,7 km con partenza fissata molto più in alto rispetto al passato, questo per “scoraggiare” i più temerari ad assistere comunque alla cronoscalata, chiusa appunto al pubblico. È cambiato anche l’asset organizzativo della corsa: l’Acisport Catania, pur sempre promotore e patrocinante della manifestazione, ha siglato un accordo pluriennale con la “Street Racers”, presieduta da Mike Cannizzaro. Ciò fa pensare che si andrà verso la strada della continuità organizzativa anche nei prossimi anni, come confermato anche dalle parole di Max Lo Verde, presidente della scuderia Catania Corse: “Non è stato semplice organizzare nuovamente dopo ben 11 anni questa splendida manifestazione, ma ci siamo riusciti e siamo certi che si ripartirà da questa edizione 2021 per tornare ai fasti di un tempo.

In linea col progetto dell’Aci Catania, vorremmo riportare nel medio termine la partenza della gara alla pineta dei Monti Rossi di Nicolosi, area suggestiva e certamente maggiormente confacente alle necessità d’organizzazione. Ma soprattutto per la storia e la tradizione che la CataniaEtna rappresenta”.

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libri

LETTO, RILETTO

RECENSITO

di Salvatore Massimo Fazio È il filosofo che ha fondato la corrente del nichilismo cognitivo. Poco avvezzo alla mondanità, vive a fasi alterne tra Sant’Agata Li Battiati, dove mantiene la residenza, Roma e Torino.

Titolo: Eco dell’essere dalla preistoria ai giorni nostri Autore: Cinzia Maria Corsaro Edizioni: Carthago Numero pagine: 372 Prezzo di copertina: € 18,00

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C

hi è MIA? Un soprannome?

Un’entità reale? Una bellezza stupefacente? Il ritorno al vissuto?

Un fantasma? Carthago con Cinzia Maria Corsaro nel 2020 ha piazzato un colpaccio editoriale che è tornato ad essere sulla cresta dell’onda. “Eco dell’essere” è un romanzo che raccoglie diverse avventure con diversi protagonisti. È un turbine di emozioni e risate che escavano nell’intimo e profondo recesso dell’animo della super protagonista Margaret. Giunta a un momento della propria vita, Margaret non ha più entusiasmi, ne botte di vita. Ogni cosa è andata, tutto finisce, nulla c’è! Insomma momenti che diverse persone provano, sono sempre più i sofferenti di depressione che hanno smesso anche di godere di un possibile cibo. È in quel crollare sempre più nel vuoto senza fine che il cipiglio della risalita inizia. Accadimenti, emozioni, sopravvivenza, il tutto condito da uno stile molto gradevole e da contenuti che in diversi tratti sono esilaranti.

Esce Margaret e incontra una caterva di

persone compresa la propria nonna, non si ferma un attimo. L’exploit sicuramente sta nelle serate al pub, ancora risate... ma attenzione, non siamo nel comico quanto nell’ottimismo di riprendere la propria vita. E riprendendo questa cosa succede? Che d’improvviso nel romanzo appare Mia. E chi è Mia? Lo abbiamo scritto in overture, ma certamente avrete intuito che è la magnifica sberla che si da al credere del ‘non possibile’. Un libro quello della Corsaro che ci pone innanzi ai limiti: se cristallizziamo le azioni e i pensieri siamo finiti, e ci sta! Ma se, sempre, improvvisamente nel turbine di novità che non hai vissuto per una vita spunta Mia? Ecco che l’autrice, tra fiction e realtà, auspichiamo noi, rilancia un aiuto importantissimo per le persone: non fermarsi mai a terrori, anzi indagarli, seguirli e anche produrli: e come?

E qui il mistero di questo stupendo romanzo tornato in auge e che i tipi di Carthago hanno fatto bene a pubblicare. Ricordarsi non esistono solo psicologi... c’è altro che può ribaltare le situazioni e potrebbe non avere nome. Libro consigliato anche per fine estate e riprendere la routine del lavoro.

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cultura