Maison Chanel: sotto la guida di una stilista senza tempo

SOTTO LA GUIDA DI UNA STILISTA SENZA TEMPO

BUSINESS HISTORY 2020/2021

MAISON

Gruppo 11: Alice Francesca Castagna 3063389 Patrizia Manno 3146083 Matteo Masi 3143967 Francesca Miretti 3061867 Camilla Zaffaroni 3142113

Indice del volume 01.

02.

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04.

05.

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07.

08.

09.

Perché Chanel?....................................................................................p.1 Overview dell’impresa........................................................................p.2 L’espansione del marchio Chanel: imprenditorialità durante la Grande Guerra ..................................................................p.3 Gli Anni Venti: la risposta di Chanel al contesto post-bellico...........p.5 Gli Anni Trenta: Chanel attraverso la Grande Depressione..............p.7 -

Lo sviluppo del copying durante la deglobalizzazione; La strategia di Chanel: dalla minaccia della pirateria all’opportunità; Il settore cinematografico come opportunità di crescita; Il lancio di Bijoux de diamants durante Depressione: un paradosso?

La Seconda guerra Mondiale: the N°5 War......................................p.13 Il ritorno in scena di Coco Chanel (1954).........................................p.15 Take-aways e conclusioni..................................................................p.17 Bibliografia e sitografia....................................................................p.20

01. Perché Chanel?

Le motivazioni che ci hanno spinto ad analizzare questo business case riguardano principalmente alcune caratteristiche distintive che connotano l’imprenditorialità di Coco Chanel. La stilista inizia la sua carriera nel 1909, realizzando cappellini. In un'epoca in cui vigevano cappelli sontuosi, i cappellini di paglia di Chanel, ornati da singole piume, destabilizzarono il pubblico.

Fin dal principio, è possibile dunque notare una peculiarità che distingue la stilista, ovvero la willingness to take risks. La propensione ad assumere rischi è incentrata anche sul fatto che Chanel avvia ed espande il suo business proprio durante la Prima Guerra Mondiale.

La sua capacità di rivoluzionare il settore attraverso innovazioni di prodotto dirompenti e l’adozione di strategie di marketing innovative per l’epoca hanno permesso al brand di attraversare anni turbolenti, di convertire i rischi in opportunità e di affermarsi al giorno d’oggi come uno dei marchi di moda più rinomati.

Chanel riuscì a rendere femminili stili che si trovavano solo in guardaroba maschili e i suoi capi iconici prosperano ancora oggi, insieme alla sua compagnia.

Chanel ebbe anche un importante ruolo dal punto di vista culturale: rivoluzionò il concetto di femminilità e contribuì all’emancipazione femminile, riuscendo a comprendere i cambiamenti socio-culturali in atto.

Coco Chanel risulta essere meritevole di analisi per il suo spirito imprenditoriale e il suo agire dinamico, che la porta a non subire passivamente il contesto, ma ad influire su di esso attraverso l’implementazione di strategie differenti, talvolta anche radicali.

Chanel fu una donna all’avanguardia, una pioniera che con il suo stile di vita e la sua poliedricità ha determinato i valori della Maison che ha fondato, restando ancora oggi un’ispirazione per tutte le donne.

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0.2 Overview dell’impresa: la nascita della Maison Le vicende della Maison Chanel sono strettamente legate alla storia dell’imprenditrice stessa.

Gabrielle Chanel nacque il 19 agosto 1883 a Saumur, Maine-et-Loire, in Francia. Seconda di 6 figlie, dopo la morte della madre, trascorse la sua infanzia in un orfanotrofio dove imparò a cucire. Si cimentò sin da giovane nel design, grazie alle frequenti visite presso una zia che aveva la passione per i cappelli.

Chanel in giovane età

Chanel, mossa da un grande desiderio di abbandonare le sue umili origini, riuscì a costruire un network consolidato, che le permise di entrare in contatto con l’alta società dell’epoca e di ricevere il supporto finanziario necessario per muovere i primi passi della sua carriera. Primo tra tutti, l’amante Étienne Balsan concesse a Chanel di utilizzare un appartamento di sua proprietà a Parigi come studio per i suoi cappelli minimalisti. Nel 1908, Chanel incontrò poi Arthur "Boy" Capel, un ricco amico britannico di Balsan, e tra i due nacque una storia d'amore. Come Balsan, anche Capel si impegnò a sostenere finanziariamente Chanel, aiutandola ad acquistare la sua prima boutique di cappelli nel 1910 al 21 di Rue Cambon a Parigi.

Le difficoltà di un’infanzia da orfana hanno lasciato spazio ai successi di una donna d’affari realizzata, facendo nascere la leggenda di una personalità precorritrice dei tempi. Amicizie profonde, amori appassionati e una concezione di abbigliamento liberata dalle convenzioni e dal superfluo, con degli accenti maschili, hanno dato vita a una figura visionaria, fuori dal tempo, eppure straordinariamente moderna. Tutte queste peculiarità hanno portato oggi Chanel a configurarsi come un impero da quasi cinque miliardi di euro di fatturato che abbraccia diversi rami del fashion business, dominando la moda globale.

Chanel con Balsan e Capel

La prima boutique di Rue Cambon

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03. L’espansione del marchio Chanel: l’imprenditorialità durante la Grande Guerra Il primo contesto turbolento che la stilista dovette affrontare fu quello della Grande Guerra, che scoppiò in concomitanza con l’apertura e con le prime fasi di espansione del marchio Chanel. La guerra ha paradossalmente incoraggiato la creatività e lo spirito imprenditoriale della stilista, nonostante la scarsità dei materiali e il disastroso contesto che colpì la moda europea.

Chanel riuscì ad affermarsi discostandosi dalle tendenze stilistiche del momento; grazie alla sua altertness, si rese conto della trasformazione culturale in atto e contribuì all’emancipazione femminile, attribuendo un nuovo ruolo sociale alla donna. Durante il conflitto, il numero di donne nella forza lavoro era aumentato ed esse iniziarono a ricoprire compiti tendenzialmente maschili. Chanel comprese la loro necessità di maggiore libertà di movimento: scelse di abbandonare i corsetti, gli abiti sgargianti, lunghi e poco pratici, gli accessori superflui della Belle Époque, sostituendoli con vestiti comodi e allo stesso tempo eleganti.

Box: la struttura del settore dell’ haute couture parigina Diversi fattori di contesto hanno contribuito allo sviluppo dell'industria della moda a Parigi.

La vicinanza della corte reale e dei circoli d’arte creò una domanda sostenuta; il turismo permise ai couturier di estendere la propria clientela anche a livello internazionale.

Da ultimo, le amministrazioni nazionali e cittadine supportarono il settore attraverso tagli fiscali sui prodotti di lusso.

Dopo la Prima guerra mondiale, il settore della moda della città ha continuato a strutturarsi come un'industria artigianale, composta principalmente da società a responsabilità limitata di piccole e medie dimensioni.

Al vertice della gerarchia della moda c'erano gli stilisti supportati dalle “premières”, sarte esperte che dirigevano i laboratori specializzati per tipologia di capo. Gli operai erano organizzati secondo una rigida gerarchia, basata sull'esperienza e le capacità.

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La stilista adottò un approccio efficiente alla moda durante la Prima Guerra Mondiale, che le permise di rimanere uno dei pochi negozi di abbigliamento aperti durante il conflitto. La strategia da lei adottata consistette in 3 capisaldi: In primis, concepì un posizionamento strategico verso luoghi il più lontano possibile dal campo di battaglia. Nel 1913, Chanel aprì due nuove boutique a Deauville e Biarritz nella costa sud ovest in Francia, luoghi di villeggiatura dove l’élite parigina si ritirò.

Completo in jersey

1915 –La Maison di moda a Biarritz

La sua concezione di deluxe poverty consisteva in abiti apparentemente semplici, ma di estrema qualità.

Chanel riuscì ad abbattere i costi dei materiali e a fronteggiare la carenza di tessuto utilizzando il jersey: un tessuto economico, dapprima utilizzato solo per biancheria intima e pigiami da uomo, che Chanel trasformò in stoffa di alta moda. La forza di Chanel è stata quindi quella di riuscire a vendere tessuti economici a prezzi elevati, trasformando i suoi abiti in capi di alta moda.

Infine, implementò il concetto di pubblicità umana attraverso strategie di inertia selling e influencer marketing, offrendo gratuitamente i suoi vestiti a donne d’élite.

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O4. Gli Anni Venti: la risposta di Chanel al contesto post-bellico Il decennio degli anni ‘20 fu caratterizzato dall’inizio del proibizionismo, dalla progressiva chiusura dei mercati internazionali e da una situazione di crisi generale che colpì anche il settore della moda. Di fatto, nel corso degli anni ’20, i Salon realizzarono solamente il 50% del profitto che registrarono . nel periodo prebellico (molte donne francesi, ad esempio, ridussero la frequenza di acquisto presso le sarte di alta moda). In questo contesto emerse una nuova generazione di designer, che cercò di rispondere alle sfide economiche e culturali ormai evidenti, riducendo al massimo i costi, limitando gli sprechi di tessuto sulle fodere, eliminando i pizzi ed utilizzando ricami più convenienti.

Sin dalle origini, Chanel aveva fatto della semplicità un pilastro importante del suo stile e, in questo contesto, riuscì a creare capi più profittevoli rispetto ai suoi competitor. Si adattò sì ai vincoli imposti dal contesto post-bellico, ma fece in modo che il concetto di “semplicità” non venisse mai concepito come sinonimo di “banalità”, tant’è che il suo stile d’avanguardia arrivò ad influenzare importanti donne d’élite francesi. Le sue creazioni conferivano un'aria di lusso agli articoli precedentemente considerati di bassa classe o inadatti all'abbigliamento formale.

Grazie a Chanel, le perle divennero un accessorio indispensabile per arricchire gli abiti; un altro adorno che non poteva mancare per dare un tocco di classe al look era il cappello.

Fu nel corso degli anni ’20 che nacque poi una vera e propria innovazione di prodotto: la Petite robe noire, un tubino nero che fu definito dalla rivista Vogue «The Chanel Ford, l’abito che tutto il mondo indosserà».

Petite robe noire - schizzo (1926)

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“La prima guerra mi ha creato. Nel 1919 mi sono svegliata famosa”.

- Coco Chanel

BOX: La garçonne La fine della Prima guerra mondiale diede origine alla figura di una nuova donna moderna, affermatasi in modo molto evidente nel corso degli anni ‘20: la garçonne (chiamata "flapper" negli Stati Uniti), donna distaccata e disinvolta. La garçonne, perfetta incarnazione dello stile Chanel, era sportiva ma glamour, con una silhouette snella, abito sopra il ginocchio e capelli tagliati in un caschetto corto.

Il lancio di Chanel N°5 Nel 1921 Chanel promosse una strategia di diversificazione, inserendosi nel business dei profumi. Dopo aver incontrato il chimico Beaux, lanciò l’intramontabile Chanel n°5, che divenne la pietra miliare del suo marchio. Fu il primo profumo realizzato combinando sostanze sintetiche ed essenze floreali (innovazione di processo); il prodotto si faceva portavoce di uno stile moderno di femminilità, legittimato anche dal design innovativo: una boccetta di vetro che ricordava il contenitore di un liquore o di un’acqua di colonia.

Il marketing dei profumi richiedeva una certa esperienza e la brand extension avvenne in modo tale da comunicare l’identità del brand Chanel al consumatore, mantenendo quindi molta coerenza con il business originario.

Fondamentale fu l’accordo stipulato nel 1924 con Pierre Wertheimer per la fondazione di Parfumes Chanel (1924).

BOX: Chanel N°5 e l’accordo con Pierre Wertheimer L’immenso potenziale del suo marchio attirò l’attenzione di Pierre Wertheimer che fu presentato a Chanel nel 1922 dal fondatore delle Gallerie Lafayette. Wertheimer offrì ingenti somme per la fondazione di Parfumes Chanel (1924): si trattava di una società distinta rispetto alla Maison, dedicata alla commercializzazione del suo profumo iconico (Chanel n°5) e delle altre fragranze che Chanel ideò progressivamente. La stilista, sebbene fosse proprietaria della società per un solo 10% (70% apparteneva a Wertheimer e il restante a Bader), poteva commercializzare i profumi con il suo nome, in quanto ritenuto un asset insostituibile.

Proprio la sproporzione nei rapporti societari portò Chanel a maturare la convinzione che le fossero stati sottratti i diritti di proprietà sul profumo per una cifra inferiore al valore intrinseco del brand, motivo per cui iniziò una lunga disputa che si concluse solo dopo la Seconda Guerra Mondiale. .

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05. Gli anni Trenta: Chanel attraverso la Grande Depressione Il contesto:

Negli anni fra le due guerre l’Europa assunse un atteggiamento di chiusura verso i mercati internazionali. L’Europa era un paese devastato dalla guerra, da ricostruire, motivo per il quale i governi nazionali intervennero massicciamente per proteggere i mercati domestici, adottando politiche protezionistiche.

L’emanazione dello Smoot-Hawley Tariff Act da parte del governo americano, che introdusse tariffe protezionistiche molto elevate (circa 70%) sui beni di lussoprovenienti dalla Francia (pizzi di Calais, tulle, cappelli), danneggiò gravemente i couturier e causò il crollo dell’export francese.

Inoltre si registrò un aumento dei costi dei tessuti naturali e nacquero le fibre sintetiche (nylon, rayon).

Con il crollo di Wall Street nel 1929, la disoccupazione raggiunse percentuali elevate, provocando un crollo del potere di acquisto dei consumatori e squilibri e sociali.

La Grande Depressione completò il processo di deglobalizzazione, iniziato a seguito della Prima Guerra Mondiale: le barriere commerciali e i controlli sui cambi avevano infatti abbassato i livelli di integrazione del mercato. Vi era un forte desiderio di evasione e il l’avvento del cinema hollywoodiano contribuì ad esasperarlo.

Lo sviluppo del copying durante la deglobalizzazione Per avere successo, il settore dell’alta moda parigina richiedeva l’apertura ai mercati internazionali. In particolare, gli Stati Uniti, soprattutto il distretto di New York, in cui le aziende di moda francesi aprirono uffici per facilitare l'esportazione, erano la sede della maggior parte degli acquirenti.

Per superare i vincoli imposti dalle “Rules of the Game” (le tariffe protezionistiche), i couturier parigini iniziarono ad autorizzare gli imprenditori stranieri ad acquistare e riprodurre legalmente i loro modelli a condizioni specifiche. Gli acquirenti stranieri si recavano a Parigi per acquistare capi di alta moda, insieme al diritto di riprodurli. Essi dovevano fornire alla casa di moda un certificato attestante che la merce fosse destinata alla rivendita al di fuori della Francia. Spesso lavoravano attraverso un commissionarie, un agente che rappresentava l'acquirente a Parigi, che si rapportava coi fornitori e supervisionava la spedizione e l'assicurazione della merce. I rivenditori stranieri, per ottenere l’accesso alle sfilate, dovevano richiedere alla Chambre syndicale de la couture parisienne un "diritto di visione».

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Parallelamente al sistema di acquisto e riproduzione legale di mode, durante la Grande Depressione si intensificò a Parigi il fenomeno del copying illegale, una forma di imprenditorialità che Baumol definirebbe entrepreneurship”: “destructive i falsari rappresentavano una sfida per gli stilisti di alta moda che dominavano il design parigino; provocarono perdite per 500 milioni di Franchi.

La risposta dello Stato: interventi protezionistici Lo Stato francese, in linea con le politiche protezionistiche, intervenne con un sistema legislativo per proteggere i diritti d'autore del fashion design e contrastare il copying.

Nello specifico, la legge francese offriva tre tipi di protezione: brevetti per invenzioni, protezione del marchio e copyright di design e marchi.

La Francia concepiva la moda come una vera forma d’arte e per questo offriva una tutela significativa ai designer; l’America invece la considerava come una semplice attività funzionale, tant’è che la legge sul copyright non si estendeva ai designer, i quali dovevano piuttosto ricorrere alle tutele previste dalla legge sui brevetti (molto più lenta e onerosa). Questo dimostra quanto il contesto culturale e sociale possa influire anche sulle scelte di regolamentazione.

Per quanto riguarda le associazioni di professionisti della moda vi erano la Chambre syndicale de la couture parisienne e la Protection artistique des industries saisonnières (PAIS) di Parigi, impegnate nella repressione della pirateria della moda.

BOX: Le copy-house Le copy-house, che nel 1929 erano più di cento, iniziarono ad operare a Parigi per essere vicini alle loro fonti. Essendo la copia un'attività illegale, tutte le transazioni venivano effettuate in contanti e gli indumenti copiati non permanevano mai nelle sedi commerciali per pericolo di sequestro.

Le modalità di copia erano molteplici: il capo, grazie al quale realizzare la copia, poteva essere ottenuto dietro compenso economico mediante la collaborazione di intermediari e clienti. Vi erano anche i noleggiatori di modelli, che acquistavano capi di abbigliamento, tessuti o modelli di alta moda a Parigi, per poi affittarli per la copia. Un'altra opzione era quella di assumere operai dell'alta moda, in modo che potessero replicare i capi cuciti durante il giorno. Infine, si potevano assumere degli “sketchers”, disegnatori che copiavano tramite degli schizzi fatti di nascosto durante le sfilate di moda.

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La strategia di Chanel: dalla minaccia della pirateria all’opportunità Mentre la maggioranza dei couturier francesi (Vionnet, Lanvin,..) si preoccupava del copyright delle loro creazioni e cercò di contrastare la pirateria investendo ingenti capitali e iscrivendosi alla Chambre Syndacale, Chanel riteneva che la pirateria fosse un segno positivo di successo che avrebbe contribuito a diffondere il suo brand.

Per questo motivo decise di adottare una strategia fuori dalle righe, assumendo un atteggiamento propenso alla copia delle sue creazioni. Contrariamente a molti competitor, non aderì alla Chambre Syndacale; dichiarò pubblicamente che la copia era “la più alta forma di sfarfallio” e sfruttò la pirateria come forma di advertisement gratuita.

Nelle sue pubblicità di profumi si definiva come la "couturière più copiata e popolare, ardente sponsor della gioventù”. Chanel, quindi, non investì molto del suo capitale per frenare la pirateria, bensì sfruttò tale ostacolo come strumento per accrescere la sua visibilità e il prestigio del marchio Chanel. La stilista inoltre comprese che la contraffazione aveva una ripercussione molto più negativa sulle piccole case di moda rispetto ai grandi stilisti affermati.

«La copia: la più alta forma di sfarfallio» - Coco

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La risposta di Chanel alla Grande Depressione L’influenza di Hollywood: il settore cinematografico come opportunità di crescita

Il lancio di Bijoux de Diamants durante la Grande Depressione: un paradosso?

Un ulteriore elemento di criticità negli anni ‘30 fu la comparsa in Europa di altri designers concorrenti. Elsa Schiaparelli rappresentava la principale minaccia con il suo “fresh style” eccentrico di stampo surrealista. Al contempo, Hollywood oltre a soddisfare quel bisogno di evasione influenzò le nuove mode e allontanò dai modelli semplicistici favorendo il ritorno alla cosiddetta «glamour lady». Con l’emergere dell’industria cinematografica americana, gli stilisti parigini realizzarono che il cinema sarebbe stato il futuro della moda. Chanel si recò dunque a Hollywood per espandere territorialmente il marchio e disegnare i costumi dalle star americane, abbracciando le nuove tendenze per penetrare nel mercato americano Chanel ideò costumi per diversi film, tra cui Tonight or Never (1931) e The Greeks Had a Word for Them (1932). Chanel tornò però presto in Europa. .

Nel 1932, Coco lanciò la sua prima e unica collezione di alta gioielleria in collaborazione con DeBeer: la Bijoux de Diamants. Chanel, che da sempre si era concentrata sulla bigiotteria, introdusse tale collezione ispirandosi al cielo notturno; rivoluzionò i canoni classici del gioiello semplificandone le forme, allungando le collane ed eliminando le chiusure, creando un nuovo stile totalmente differente dal passato.

L’attrice Ina Claire e Gabrielle Chanel a Hollywood, 1931

Nonostante possa sembrare un paradosso, lanciare una collezione di gioielli durante la Grande Depressione si rivelò una strategia di successo, poiché ben si adattava all’accentuazione della disuguaglianza nella distribuzione dei redditi provocata dalla crisi. La collezione di diamanti si rivolgeva infatti alla élite in cui si era concentrata la ricchezza e che non aveva perso potere di acquisto. La stilista intuì che il crollo di Wall Street aveva portato alla ricerca di maggiore autenticità e il gioiello rappresentava un solido investimento per il pubblico, a differenza della volatilità dei titoli responsabili della crisi del 29. Grazie a ciò, Chanel riuscì a dare lavoro agli atelier orafi e gioiellieri parigini che si trovavano in crisi a causa della Grande Depressione.

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Tensioni interne: lo sciopero in Rue Cambon – 1936

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0.6 La Seconda Guerra Mondiale: the N°5 War Il contesto: gli anni dell’occupazione Nel 1940 la Germania nazista occupò tre quinti della Francia, lasciando il restante sud-est al Governo collaborazionista di Vichy.

La Seconda Guerra Mondiale ebbe un impatto negativo su vari settori, tra cui quello della moda (periodo c.d. “War Time Fashion”). Molte boutique chiusero poiché le case di moda avevano due scelte: lasciare la Francia o collaborare con i tedeschi.

La domanda era calata, i materiali scarseggiavano anche per via delle numerose requisizioni tedesche ed i canali economici tradizionali vennero distrutti. La moda venne influenzata dallo stile militare.

Per quanto riguarda le scelte politiche, vigeva il razionamento: il governo stabiliva le quantità prestabilite di stoffa e molto spesso le case di moda riconvertivano la produzione per esigenze militari.

Durante l’occupazione, i tedeschi cercarono di spostare il centro del design europeo della moda da Parigi a Berlino. Vennero elargiti sussidi per i produttori di abbigliamento tedeschi e il governo tedesco invitò gli stilisti e sarti dell'industria della moda francese in Germania, con la finalità di fondare lì una scuola di sartoria. I nazisti tentarono altresì di appropriarsi degli archivi della Chambre Syndicale de la Haute Couture Parisienne, depositari della memoria storica delle maison parigine.

«Indossavamo cappelli larghi per sollevarci il morale. Il feltro non si trovava più, quindi li abbiamo fatti di chiffon, ma scarseggia, va bene, usiamo la paglia. Niente più paglia? Molto bene, c'è la carta intrecciata... I cappelli sono stati una sorta di contesa tra l'immaginazione francese e la regolamentazione tedesca .... Non saremmo mai sembrati sciatti e logori; dopo tutto, eravamo Parisiennes ".

I designer francesi resistettero e combatterono per proteggere il loro settore che, oltre all’importanza economica (la Fashion Industry francese era la seconda industria nazionale), era anche parte vitale dell’identità culturale nazionale francese. A livello di regolamentazione, Lucien Lelong, presidente della Camera della Moda parigina, iniziò una campagna «persuasiva» per ostacolare il tentativo tedesco di spostare la capitale della Moda da Parigi.

"È a Parigi o non è da nessuna parte"

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- Lucien Lelong

Un lavoratore di Reboux, uno dei più grandi cappellai di Parigi, sull'atteggiamento dell'industria della moda durante l'occupazione tedesca

La strategia di Chanel La chiusura della Maison Per fronteggiare la Seconda Guerra Mondiale e garantire longevità al suo brand, Chanel adottò una strategia radicalmente opposta rispetto a quella implementata durante la Prima Guerra Mondiale.

In particolare, nel 1939 decise di chiudere la Maison di Rue de Cambon e licenziare i 2500 dipendenti, mantenendo unicamente l’attività dei profumi. Vari furono i motivi per cui decise di chiudere: innanzitutto, la stilista non contava in una ripresa nel mondo della moda; in aggiunta a ciò, decise in tal periodo di rivalutare le collezioni in declino per capire come migliorare il proprio brand. Infine, temeva per il danneggiamento degli stabili in caso di rivolte o attacchi.

The n°5 war: i legami con il reich

Chanel strinse legami con il Terzo Reich soprattutto a fini commerciali. Dato che la Commissione nazista stava sequestrando attività commerciali a proprietari ebrei per assegnarle a non ebrei, la stilista ne approfittò, cercando di sfruttare le leggi razziali per riprendere il controllo della sua attività di profumi che era in mano alla famiglia Wertheimer.

Tuttavia, i tentativi di Chanel di rivendicare il controllo di Parfums Chanel non ebbero successo, in quanto i fratelli Wertheimer anticiparono le sue mosse e trasferirono la proprietà dell’azienda a Felix Amiot, la cui produzione di velivoli era fondamentale per la Luftwaffe. Chanel riuscì però ad ottenere un accordo con una royalty del 2% sui prodotti a marchio Chanel. Nel 1944, l’esercito tedesco cedette Parigi ai francesi e Chanel diede gratuitamente le bottiglie di Chanel N°5 ai soldati americani, probabilmente per nascondere i suoi sforzi nazisti.

BOX: Chanel fu una spia nazista?

Chanel ebbe una relazione con l’ufficiale Dincklage della Gestapo, con cui soggiornò all’Hotel Ritz. Inoltre, partecipò a varie missioni con il codice F-712, tra cui l’operazione Modellhut: i tedeschi chiesero a Chanel di utilizzare il suo status per raccogliere informazioni politiche in Spagna. Chanel sfruttò questa opportunità sia per liberare suo nipote, sia per far avanzare i suoi affari migliorando le vendite di Chanel n°5 nel mercato spagnolo.

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0.7 Il ritorno in scena di Coco Chanel

Dopo la guerra, Parigi era tornata ad essere la capitale mondiale della moda, in un contesto in cui l’economia stava rifiorendo.

Il suo ritorno sulla scena internazionale avvenne nel 1945 con la celebre sfilata «Théâtre de la Mode».

Due anni dopo, Christian Dior lanciò la sua prima collezione, soprannominata New Look, incentrata sull’esaltazione della femminilità tramite gonne ampie e a vita stretta. Le creazioni di Dior, realizzate con tessuti sfarzosi e pregiati, erano una rielaborazione in chiave moderna dello stile tardo ottocentesco (ritorno alla Belle Époque).

In questi anni, Chanel lanciò sul mercato alcune innovazioni di prodotto che cambiarono radicalmente il panorama della moda dell’epoca e che ancora oggi possono essere considerate delle icone. Tra queste figurano: • La borsa 2.55, realizzata in materiale trapuntato, caratterizzata dalla tracolla che garantiva la libertà dei movimenti; • Il tailleur in tweed bordato, realizzato in tessuto a trame larghe; • Le scarpe bicolore, che garantivano eleganza e comfort, in linea con l’adattamento al nuovo stile di vita della donna.

Infine, la stilista ampliò anche la propria gamma di prodotti introducendo il profumo da uomo, “accessorio indispensabile per tutti gli uomini eleganti”.

La collezione del Dopoguerra di Chanel attraversò l’oceano ed ebbe un rapido successo negli Stati Uniti, garantendole il ruolo centrale nel mondo della moda che continua a ricoprire ancora oggi.

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BOX: Chanel oggi e la crisi da COVID-19 • Business: haute couture, ready-to-wear (1984), accessori, gioielli, profumi; • Area geografica: worldwide; • N° punti vendita: 310 (CH: Neuilly-Sur-Seine); • Proprietari: Alain Wertheimer, Gérard wertheimer; • CEO: Alain Wertheimer (1974 – oggi); • N° dipendenti: 20.000; • Fatturato: 12b $.

A conclusione dell’analisi effettuata, abbiamo ritenuto opportuno analizzare l’impatto della crisi legata al Covid-19 sulla Maison. Anche in questa occasione, la casa di moda è stata in grado di comprendere il contesto rischioso e sfruttarlo a suo vantaggio attraverso un utilizzo sempre maggiore del canale online e, più precisamente, dei social media. Ciò ha condotto il brand a posizionarsi come secondo nel ranking dei marchi online più popolari (fonte: Google Trend – Luxe Digital).

Chanel: • È il marchio di lusso con il maggior numero di follower sui social media in tutti i canali (81.4M di followers complessivi sulle principali piattaforme).

• Ha lanciato per la prima volta una presentazione in formato digitale della sua collezione estiva del 2020 'Balade en Méditerranée’.

• Ha ampliato le vendite online delle sue collezioni di occhiali su chanel.com negli Stati Uniti e in Europa.

• Nel febbraio 2021, ha lanciato un'applicazione di bellezza chiamata Lipscanne, alimentata dalla realtà aumentata e dal riconoscimento facciale, permettendo ai clienti di provare virtualmente i rossetti del marchio.

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0.8 Take-aways e conclusioni • Coco Chanel può essere considerata un emblema della creative force à la Schumpeter: il tubino, la borsa 2.55, il tailleur in Tweed e le scarpe bicolore rappresentano delle vere e proprie innovazioni di prodotto in linea con il «the doing of new things»; l’introduzione del tessuto Jersey nell’alta moda e l’innovazione di processo per la realizzazione dei suoi capi (ideati direttamente sulle modelle) sono invece esempi di «the doing of things that are already being done in a new way».

• Durante le due guerre Chanel è stata in grado di cogliere le opportunità offerte dal contesto (Drucker) e di sfruttare l’incertezza ed il rischio a suo vantaggio. (Knight); lo spirito imprenditoriale e la sua dinamicità le hanno permesso di adottare una strategia attiva, anticipando i trend in atto e rivoluzionando il concetto di femminilità (Penrose).

• Chanel è riuscita a superare il periodo di crisi avvalendosi di un network articolato, costituito da: • Legami forti per il sostegno finanziario (Balsan, A. Capel, Wertheimer); • Legami deboli che stimolano l’innovazione, grazie a prospettive differenti (élite aristocratica, tra cui il secondo duca di Westminster, Winston Churchill e il Duca di Windsor; artisti come Picasso e Stravinskij; letterati e militari).

• Tramite un’analisi ex post possiamo attribuire a Chanel delle Dynamic Capabilities (Teece), in quanto è stata in grado di reagire al contesto e, a differenza dei suoi rivali come E. Schiaparelli, è riuscita, anche nel Dopoguerra, ad affermare il suo successo.

• Coco Chanel ha saputo rivoluzionare il settore della moda attraverso le sue creazioni e la capacità di comunicarle in modo opportuno (sfruttando tecniche come influencer marketing, inertia selling). Il successo si deve altresì all’importante legittimazione che ha sempre ricevuto da parte del contesto, nonostante le iniziali resistenze culturali.

• Chanel è anche stata anche un simbolo dell'emancipazione femminile e della libertà delle donne, sostenendola con i suoi prodotti innovativi, che hanno dominato la scena mondiale e che ancora oggi vengono definiti iconici: ecco perché Coco Chanel può essere definita come una STILISTA SENZA TEMPO.

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0.9 Bibliografia e sitografia • “Creating fashion for the modern woman” - Mukti Khaire, Kerry (Harvard business case); • “Coco Chanel : Une couturière à contre-courant” - Sandrine Papleux; • “Coco Chanel: From Fashion Icon to Nazi Agent” - Geoffrey G. Jones; Emily Grandjean (Harvard business case); • “Design Piracy in the Fashion Industries of Paris and New York in the Interwar Years” - Véronique Pouillard; • “Fashion under the occupation” - Dominique Veillon; • “Fifty Years of Change: Societal Attitudes and Women's Fashions, 1900-1950.” The Historian, vol. 60, no. 2, 1998, pp. 307–324, Presley, Ann Beth; • "'Fighting the Corsetless Evil': Shaping Corsets and Culture, 1900-1930." Journal of Social History 33, no. 2 (1999): 355-84, Fields, Jill.

• “Globalization and Beauty: A Historical and Firm Perspective” - Geoffrey Jones; • “La Francia ambigua. 1940-1944: il governo di Vichy” - Michael Curtis; • “Learning leadership: cases and commentaries on abuses of power in organizations” - Zaleznik A. • “L’ultima rivale di Coco Chanel” - Jeanne Mackin; • “Mademoiselle: Coco Chanel and the Pulse of History” - Rhonda K. Garelick; • “Managing fashion and fashion styles: Elsa Schiaparelli and Coco Chanel” - Tesi di Laurea Università Bocconi; • “Paris Fashion: a Cultural History” - Valerie Steele; • “The Fashion Business: Theory; Practice, image” - Nicola White, Ian Griffiths; • “Samson and Delilah Revisited: The Politics of Women’s Fashion in 1920s France,” American Historical Review, vol. 98, no. 3 (June 1993): 657-684, Roberts, Mary Louise.

• “Sleeping with the enemy: Coco Chanel’s secret war” - Hal Vaughan;

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www.chanel.com; https://www.biography.com/news/coco-chanel-nazi-agent; http://pochestorie.corriere.it/2017/04/26/abusi-e-refusi-storici1-coco-chanel-da-spianazista-a-patriota-ue/; https://www.corriere.it/cultura/libri/12_gennaio_09/belardelli-due-destre-etavichy_69f60f32-3ac8-11e1-8a43-34573d1838c1.shtml https://www.newyorker.com/books/page-turner/the-exchange-coco-chanel-and-the-naziparty; https://www.emerald.com/insight/content/doi/10.1108/SBR-12-20120054/full/pdf?title=woman-in-love-artist-or-entrepreneur-the-edifying-mystifying-life-ofcoco-chanel; https://www.academia.edu/7305149/COCO_CHANEL_The_Entrepreneur.

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Film: Coco chanel - Regia di C. Duguay (2008)

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Conteggio parole (esclusi box e titoli): 3324

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MAISON

SOTTO LA GUIDA DI UNA STILISTA SENZA TEMPO