3 minute read

bellicoGli Anni Venti: la risposta di Chanel al contesto post04

O4. Gli Anni Venti: la risposta di Chanel al contesto post-bellico

Il decennio degli anni ‘20 fu caratterizzato dall’inizio del proibizionismo, dalla progressiva chiusura dei mercati internazionali e da una situazione di crisi generale che colpì anche il settore della moda. Di fatto, nel corso degli anni ’20, i Salon realizzarono solamente il 50% del profitto che registrarono . nel periodo prebellico (molte donne francesi, ad esempio, ridussero la frequenza di acquisto presso le sarte di alta moda). In questo contesto emerse una nuova generazione di designer, che cercò di rispondere alle sfide economiche e culturali ormai evidenti, riducendo al massimo i costi, limitando gli sprechi di tessuto sulle fodere, eliminando i pizzi ed utilizzando ricami più convenienti. Sin dalle origini, Chanel aveva fatto della semplicità un pilastro importante del suo stile e, in questo contesto, riuscì a creare capi più profittevoli rispetto ai suoi competitor. Si adattò sì ai vincoli imposti dal contesto post-bellico, ma fece in modo che il concetto di “semplicità” non venisse mai concepito come sinonimo di “banalità”, tant’è che il suo stile d’avanguardia arrivò ad influenzare importanti donne d’élite francesi. Le sue creazioni conferivano un'aria di lusso agli articoli precedentemente considerati di bassa classe o inadatti all'abbigliamento formale. Grazie a Chanel, le perle divennero un accessorio indispensabile per arricchire gli abiti; un altro adorno che non poteva mancare per dare un tocco di classe al look era il cappello. Fu nel corso degli anni ’20 che nacque poi una vera e propria innovazione di prodotto: la Petite robe noire, un tubino nero che fu definito dalla rivista Vogue «The Chanel Ford, l’abito che tutto il mondo indosserà». “La prima guerra mi ha creato. Nel 1919 mi sono svegliata famosa”. - Coco Chanel

Advertisement

BOX: La garçonne

La fine della Prima guerra mondiale diede origine alla figura di una nuova donna moderna, affermatasi in modo molto evidente nel corso degli anni ‘20: la garçonne (chiamata "flapper" negli Stati Uniti), donna distaccata e disinvolta. La garçonne, perfetta incarnazione dello stile Chanel, era sportiva ma glamour, con una silhouette snella, abito sopra il ginocchio e capelli tagliati in un caschetto corto.

Petite robe noire - schizzo (1926)

Nel 1921 Chanel promosse una strategia di diversificazione, inserendosi nel business dei profumi. Dopo aver incontrato il chimico Beaux, lanciò l’intramontabile Chanel n°5, che divenne la pietra miliare del suo marchio. Fu il primo profumo realizzato combinando sostanze sintetiche ed essenze floreali (innovazione di processo); il prodotto si faceva portavoce di uno stile moderno di femminilità, legittimato anche dal design innovativo: una boccetta di vetro che ricordava il contenitore di un liquore o di un’acqua di colonia. Il marketing dei profumi richiedeva una certa esperienza e la brand extension avvenne in modo tale da comunicare l’identità del brand Chanel al consumatore, mantenendo quindi molta coerenza con il business originario. Fondamentale fu l’accordo stipulato nel 1924 con Pierre Wertheimer per la fondazione di Parfumes Chanel (1924).

BOX: Chanel N°5 e l’accordo con Pierre Wertheimer

L’immenso potenziale del suo marchio attirò l’attenzione di Pierre Wertheimer che fu presentato a Chanel nel 1922 dal fondatore delle Gallerie Lafayette. Wertheimer offrì ingenti somme per la fondazione di Parfumes Chanel (1924): si trattava di una società distinta rispetto alla Maison, dedicata alla commercializzazione del suo profumo iconico (Chanel n°5) e delle altre fragranze che Chanel ideò progressivamente. La stilista, sebbene fosse proprietaria della società per un solo 10% (70% apparteneva a Wertheimer e il restante a Bader), poteva commercializzare i profumi con il suo nome, in quanto ritenuto un asset insostituibile. Proprio la sproporzione nei rapporti societari portò Chanel a maturare la convinzione che le fossero stati sottratti i diritti di proprietà sul profumo per una cifra inferiore al valore intrinseco del brand, motivo per cui iniziò una lunga disputa che si concluse solo dopo la Seconda Guerra Mondiale.

This article is from: