
3 minute read
5 WarLa Seconda guerra Mondiale: the N06
0.6 La Seconda Guerra Mondiale: the N°5 War
Il contesto: gli anni dell’occupazione
Advertisement
Nel 1940 la Germania nazista occupò tre quinti della Francia, lasciando il restante sud-est al Governo collaborazionista di Vichy. La Seconda Guerra Mondiale ebbe un impatto negativo su vari settori, tra cui quello della moda (periodo c.d. “War Time Fashion”). Molte boutique chiusero poiché le case di moda avevano due scelte: lasciare la Francia o collaborare con i tedeschi. La domanda era calata, i materiali scarseggiavano anche per via delle numerose requisizioni tedesche ed i canali economici tradizionali vennero distrutti. La moda venne influenzata dallo stile militare. Per quanto riguarda le scelte politiche, vigeva il razionamento: il governo stabiliva le quantità prestabilite di stoffa e molto spesso le case di moda riconvertivano la produzione per esigenze militari. Durante l’occupazione, i tedeschi cercarono di spostare il centro del design europeo della moda da Parigi a Berlino. Vennero elargiti sussidi per i produttori di abbigliamento tedeschi e il governo tedesco invitò gli stilisti e sarti dell'industria della moda francese in Germania, con la finalità di fondare lì una scuola di sartoria. I nazisti tentarono altresì di appropriarsi degli archivi della Chambre Syndicale de la Haute Couture Parisienne, depositari della memoria storica delle maison parigine. I designer francesi resistettero e combatterono per proteggere il loro settore che, oltre all’importanza economica (la Fashion Industry francese era la seconda industria nazionale), era anche parte vitale dell’identità culturale nazionale francese. A livello di regolamentazione, Lucien Lelong, presidente della Camera della Moda parigina, iniziò una campagna «persuasiva» per ostacolare il tentativo tedesco di spostare la capitale della Moda da Parigi.
«Indossavamo cappelli larghi per sollevarci il morale. Il feltro non si trovava più, quindi li abbiamo fatti di chiffon, ma scarseggia, va bene, usiamo la paglia. Niente più paglia? Molto bene, c'è la carta intrecciata... I cappelli sono stati una sorta di contesa tra l'immaginazione francese e la regolamentazione tedesca .... Non saremmo mai sembrati sciatti e logori; dopo tutto, eravamo Parisiennes ".
Un lavoratore di Reboux, uno dei più grandi cappellai di Parigi, sull'atteggiamento dell'industria della moda durante l'occupazione tedesca
La chiusura della Maison
Per fronteggiare la Seconda Guerra Mondiale e garantire longevità al suo brand, Chanel adottò una strategia radicalmente opposta rispetto a quella implementata durante la Prima Guerra Mondiale. In particolare, nel 1939 decise di chiudere la Maison di Rue de Cambon e licenziare i 2500 dipendenti, mantenendo unicamente l’attività dei profumi. Vari furono i motivi per cui decise di chiudere: innanzitutto, la stilista non contava in una ripresa nel mondo della moda; in aggiunta a ciò, decise in tal periodo di rivalutare le collezioni in declino per capire come migliorare il proprio brand. Infine, temeva per il danneggiamento degli stabili in caso di rivolte o attacchi.
The n°5 war: i legami con il reich
Chanel strinse legami con il Terzo Reich soprattutto a fini commerciali. Dato che la Commissione nazista stava sequestrando attività commerciali a proprietari ebrei per assegnarle a non ebrei, la stilista ne approfittò, cercando di sfruttare le leggi razziali per riprendere il controllo della sua attività di profumi che era in mano alla famiglia Wertheimer. Tuttavia, i tentativi di Chanel di rivendicare il controllo di Parfums Chanel non ebbero successo, in quanto i fratelli Wertheimer anticiparono le sue mosse e trasferirono la proprietà dell’azienda a Felix Amiot, la cui produzione di velivoli era fondamentale per la Luftwaffe. Chanel riuscì però ad ottenere un accordo con una royalty del 2% sui prodotti a marchio Chanel. Nel 1944, l’esercito tedesco cedette Parigi ai francesi e Chanel diede gratuitamente le bottiglie di Chanel N°5 ai soldati americani, probabilmente per nascondere i suoi sforzi nazisti.

BOX: Chanel fu una spia nazista?
Chanel ebbe una relazione con l’ufficiale Dincklage della Gestapo, con cui soggiornò all’Hotel Ritz. Inoltre, partecipò a varie missioni con il codice F-712, tra cui l’operazione Modellhut: i tedeschi chiesero a Chanel di utilizzare il suo status per raccogliere informazioni politiche in Spagna. Chanel sfruttò questa opportunità sia per liberare suo nipote, sia per far avanzare i suoi affari migliorando le vendite di Chanel n°5 nel mercato spagnolo.
