Dialogo e Famiglia - Giugno 2019

Page 1

Dialogo e Famiglia Giornale dell’Unità Pastorale Sacra Famiglia - Padre Marcolini N˚ 3 - Giugno 2019

Il Cristiano e il riposo


Sommario Parola del Parroco Davvero abbiamo diritto alle vacanze? . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 3 Vita della Chiesa Papa Francesco e il riposo estivo. . . . . . " 5 Le vacanze estive negli Angelus di Papa Benedetto XVI. . . . . . . . . . . . " 6 Dieci suggerimenti per un’estate cristiana. . . . . . . . . . . . " 7 Vita dell’Unità Pastorale L’estate nella nostra Unità Pastorale . . Per una rilettura della nostra pastorale giovanile e degli oratori. . . . Questi è il figlio mio, l’amato. (Mc 9, 7) . . . . . . . . . . . . . . Parliamo di emergenza freddo. . . . . . I valori del “Sovvenire alle necessità della Chiesa” . . . . . . . . . . Cronaca dell’Unità Pastorale Più gioco, più mi diverto, più imparo . . Gruppo Sportivo Oratorio Badia . . . . . NotTe con Gogo: musica oltre il tempo! . . . . . . . . . . . Vi darò un cuore nuovo - Le prime confessioni . . . . . . . . . . . . . . . . . Camminando con Gesù - Rinnovo delle promesse battesimali . . . . . . . . . . . Scatti di comunità . . . . . . . . . . . . .

. " 8 . " 9 . " 11 . " 12

Oh padre, creatore di ogni cosa, grazie per l’estate. Grazie per il calore del sole e per le ore di luce che aumentano giorno dopo giorno. Grazie per tutte le cose belle che vedo intorno a me e per l’opportunità di stare all’aria aperta e poter così godere delle bellezze della Creazione. Grazie per l’opportunità che mi dai di passare più tempo con gli amici e la famiglia, e per godere dei momenti di pace e tranquillità che l’estate porta con sè. Dammi la possibilità

di essere sempre più vicino in questo periodo. Insegnami a pregare e non importa dove mi trovi o cosa stia facendo in quel momento. Riscalda la mia anima con la consapevolezza della tua presenza e illumina il mio cammino con la tua Parola ed il tuo Consiglio. E, mentre gioisco per le bellezze del Creato, crea in me un cuore puro che abbia una costante sete di Te. Amen

. " 13 . " 14 . " 14 . " 15 . " 16

Orari S. Messe Unità Pastorale Feriali: da lun a giov ore 8.30: Badia da lun a ven ore 18.00: Violino ven ore 20.00: S.Antonio Sabato: sab ore 8.30: Lodi Mattutine sab ore 18.00: Violino sab ore 18.30: Badia

Domenica: dom ore 8.00: dom ore 9.00: dom ore 10.30: dom ore 11.00:

Badia Violino Badia Violino

Vita dei Quartieri Il centro raccolta missionario Violino: una storia che finisce. . . . . . . . . . . . . " 18

Luglio e Agosto: dom ore 8.00: Badia dom ore 9.00: Mandolossa dom ore 10.00: Violino dom ore 10.30: Badia dom ore 18.00: Violino

Per una rilettura del lutto… . . . . . . . . . " 19 Un ricordo di don Mario, tornato alla sorgente della vita . . . . . . . . . . . " 25

Contatti dei presbiteri della Unità Pastorale

. " 16 . " 17

Per un pugno di libri e di film . . . . . . . . " 26 Anagrafe parrocchiale . . . . . . . . . . . . " 27

Redazione Don Gian Pietro Girelli, Don Fausto Mussinelli, Laura Bellini, Francesco Quaranta, Elena Rubaga, Elena Vighenzi, Carlo Zaniboni.

Per chi volesse scriverci: redazione.dialogoefamiglia@gmail.com

Parrocchia S.Giuseppe Lavoratore: Parrocchia San Giuseppe Lavoratore trav. Ottava, 4 - Villaggio Violino tel. (segreteria parrocchiale) 030 2410316 Parroco (don Gian Pietro Girelli): cell. 335 5866916 e-mail: pierzik@alice.it - www.parrocchiaviolino.it Curato (don Fausto Mussinelli): Parrocchia Madonna del Rosario via Prima, 81 - Villaggio Badia tel. 030 313492 - cell. 328 7322176 e-mail: donmussi80@gmail.com - www.parrocchiabadia.it

Riferimenti per gli oratori: Oratorio San Filippo Neri: via Prima, 83 - Villaggio Badia Oratorio Violino: via Prima, 2 - Villaggio Violino

DIRETTORE RESPONSABILE: DON A. BIANCHI - TRIBUNALE DI BRESCIA - AUTORIZZAZIONE 2/2018 DEL 23 GENNAIO 2018

STAMPATO DA: AGVA ARTI GRAFICHE VANNINI VIA ZAMARA, 31 - BAGNOLO MELLA (BRESCIA)


DialogoeFamiglia

3

Parola del Parroco DAVVERO ABBIAMO DIRITTO ALLE VACANZE?

È

luogo comune pensare che l’estate sia un tempo di riposo in cui normalmente si rallentano o si abbandonano del tutto quelle attività che ci hanno accompagnato nel corso dell’intero anno. Di fatto la realtà è ben altra. Dite a coloro che non hanno da mangiare che possono andare in vacanza, a coloro che vivono nell’inferno dei territori martoriati da conflitti e guerre: Aceh (Indonesia), Afghanistan, Algeria, Burundi, Colombia, Congo R.D., Costa d’Avorio, Egitto, Eritrea, Etiopia, Filippine, Yemen, Israele, Palestina, Libia, Kashmir, Kurdistan, Nepal, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Siria, Somalia, Sudan, Uganda, Ucraina, senza parlare delle guerre economiche delle “superpotenze” e chi più ne ha più ne metta. Ditelo a questi popoli di andare in vacanza. Si! Occorrerebbe una bella vacanza dalla guerra, ma non avviene per miracolo. Quanti sono veramente coloro che oggi si possono permettere una vera vacanza dal loro lavoro? Qualcuno vorrebbe andare in vacanza dalla disoccupazione, cioè trovare un lavoro.

Stranamente forse stiamo ancora troppo bene noi italiani che ci lamentiamo spesso e volentieri. Certo siamo negli anni delle vacche magre, ma se ci guardiamo in giro le vacche dei poveri sono sempre più magre delle vacche dei ricchi. Il sistema sociale a cui ci siamo affidati è un sistema per una parte ingiusto e per un’altra favorisce i disonesti più che gli onesti e questo costa a tutta l’economia comune, come dire che chi paga è sempre Pantalone. Così scimmiottando coloro che possono per grazia, per sorte o per crimine vivere nel beato mondo sospeso del gossip, pensiamo che tutti abbiamo il diritto di vivere le proprie sacrosante ferie, e dunque in estate dobbiamo parlare solo di creme anti sole, corpi scolpiti e pronti per le azioni audaci degli impavidi, itinerari esotici, divertimento. Non vorrei sembrare solo polemico, ma il riposo spesso diventa sinonimo di ozio e di accidia. La nostra società ci ha abituato a seguire ritmi frenetici alternati a momenti di assoluto lassismo nei tempi di vacanza. È proficuo domandarsi qual’è il senso cristiano del

Vacanze come intimità con il Padre


4

DialogoeFamiglia

riposo. Questa domanda, apparentemente banale e scontata, rivela la verità del nostro spirito. Infatti, concepire il riposo come assenza totale di impegni, come rifiuto di pensare ai vari problemi della vita, è una maniera poco rilassante di concepire la pausa estiva. Anche se gli sforzi della propria professione vengono accantonati, per esempio, restano gli impegni della vita familiare. La famiglia non va mai in vacanza: essere madre e padre è un mestiere che non conosce tramonto. Del resto Gesù, durante la sua vita terrena, non si prendeva periodi di vacanza dai suoi discepoli e nemmeno dalle persone che accorrevano a Lui per essere guarite o rincuorate. Gli unici momenti di vero riposo per Gesù erano quelli della preghiera, dove trovava ristoro della propria anima nell’ascolto e nel dialogo con il Padre. Il tempo che dedicava alla preghiera costituiva per Gesù un attingere alla forza spirituale necessaria per essere sempre pronto al servizio del prossimo e poter così adempiere la missione affidatagli dal Padre. L’esempio di Gesù è di grande insegnamento per tutti noi. Mi avvalgo di una riflessione del centro di spiritualità di Asolo (TV) che ho trovato davvero significativa. Il vero riposo cristiano nasce da tre elementi; avere momenti di intimità con il Signore, offrire il servizio della carità al prossimo, vivere la speranza come compimento della promessa di Dio. L’intimità con il Padre è opera dello Spirito Santo che ci vuole condurre dall’arsura del deserto del mondo all’oasi di pace dell’orazione a Dio, perché vuole dissetare le nostre inquietudini con la brezza della sua ispirazione e della sua consolazione. Come il corpo cerca refrigerio durante la calura estiva, così l’anima desidera trovare serenità per essere guidata nelle proprie decisioni e confermata nelle proprie intenzioni. L’altro senso cristiano del riposo è il servizio della carità. Normalmente si pensa che dedicare le proprie energie e spendersi totalmente per gli altri, produca stanchezza e insoddisfazione: non ripaga degli sforzi fatti. Chi ha avuto la fede e il coraggio di rimanere

vicino ad un familiare malato, essere vicino ad un figlio colpito da grave difficoltà motoria o psichica, sopportare con amore le inquietudini di persone deluse, ha sperimentato le parole del Signore Gesù riportate dall’Apostolo Paolo: Vi è più gioia nel dare che nel ricevere (At 20, 35). Tendiamo a spendere tutta una vita per accumulare e consumare sempre più ricchezze, accrescere il potere lavorativo, politico e finanziario, il Vangelo di Gesù ridimensiona queste ambizioni terrene e richiama all’umiltà della carità verso il prossimo. Ultimo elemento del riposo cristiano è il vivere la speranza come compimento della promessa di Dio. La speranza è il motore del riposo cristiano. La stanchezza spirituale nasce spesso dalla sfiducia e dallo scoraggiamento che derivano dalle vicende della propria vita. La precarietà del posto di lavoro, una malattia silente che può aggravarsi con rapidità, l’inquietudine per il venir meno dell’amore e dell’amicizia tra due persone, sono preoccupazioni che affliggono il cuore dell’uomo portando un senso di affaticamento spirituale. Confidare nella speranza che Dio non demorde nel compiere la sua promessa di salvezza attraverso la nostra storia personale, dona grande pace al cuore, perché ripone le proprie agitazioni e le proprie aspirazioni tra le braccia amorose di Dio. Il senso cristiano del riposo sorpassa il significato di assenza di lavoro o del rilassamento fisico e mentale. Il vero riposo è quello che abbraccia l’anima e il corpo nella relazione con Dio, nel servizio al prossimo e nella speranza della realizzazione delle promesse di Dio che vuole donare una pace che supera i travagli di questa vita. Per questo il riposo cristiano trova il suo compimento nella vita eterna, dove nutriamo la speranza di essere invitati al banchetto celeste per essere serviti (Lc 12, 37) e vivere il riposo di stare per sempre con Dio ed intercedere a favore di coloro che sono pellegrini sulla terra. Don Gian Pietro


DialogoeFamiglia

5

Vita della Chiesa Papa Francesco e il riposo estivo

N

el corso del suo pontificato anche Papa Francesco ha spesso dedicato un pensiero al significato del riposo e della vacanza per un cristiano, dando indicazioni sul modo migliore per vivere nella fede anche le fasi meno impegnate della vita quotidiana. “Mentre nei mesi estivi cercheremo un po’ di riposo da ciò che affatica il corpo, non dimentichiamo di trovare il ristoro vero nel Signore”: così raccomandava il Papa all’Angelus nel luglio 2017. E commentando il brano evangelico di Matteo, «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11, 28) invitava tutti i fedeli in vacanza a “tenere lontana la tristezza”». Francesco, di fronte alle delusioni, alle ferite, ai pesi da portare e alle incertezze per il futuro, ci sprona a raccogliere l’invito di Gesù a muoversi e reagire: chiusi dentro noi stessi vediamo tutto nero e si rischia di familiarizzare con la tristezza. La via d’uscita è invece nella relazione con gli altri: proviamo a parlare con qualcuno delle nostre situazioni che ci addolorano, con un amico o un esperto, e soprattutto apriamoci a Gesù, andiamo da Lui. Utilizziamo il tempo libero estivo anche per avvicinarci a un prete, un religioso, qualcuno che ci ascolti e che ci avvicini a Gesù, magari sfruttando la visita ad un santuario o ad un luogo di culto incontrato durante i nostri viaggi. In occasione di un’altra udienza Francesco aveva ricordato che “la persona non è solo lavoro... Dobbiamo pensare anche alla sana cultura dell’ozio, di saper riposare”. La dimensione contemplativa è la vera alternativa alla “desertificazione spirituale” (Evangelii Gaudium, n. 86) ed il riposo è un vero e proprio “ampliamento dello sguardo” (Laudato sii, n. 237). Lavoro e riposo devono andare di pari passo, ma si può riposare solo quando vi è la certezza di un lavoro sicuro che dona dignità o quando si è raggiunto il diritto alla pensione: “Riposo, perché c’è lavoro. Al contrario, non si può riposare”. Durante una catechesi ricorda ancora che “Non dobbiamo mai essere schiavi del lavoro, ma signori”: il tempo della festa e della vacanza sospendono il lavoro professionale, e ciò è sacro, perché ricordano all’uomo e alla donna che sono fatti a immagine di Dio. “Troppi sono oggi gli schiavi del lavoro”, diceva il Papa agli operai dell’Ilva: “Nelle famiglie dove ci sono disoccupati, non è mai veramente domenica e le feste diventano a volte giorni di tristezza perché manca il lavoro del lunedì. Per celebrare la festa, è necessario poter celebrare il lavoro. L’uno scandisce il ritmo dell’altra. Vanno insieme”.

Infine, non si possono non ricordare le parole pronunciata in occasione dell’Angelus per la Festa della Trasfigurazione nell’Agosto 2017, quando Papa Francesco ha voluto ricordare quanti, soprattutto durante il periodo estivo, sono lasciati in disparte, ignorati dalla società. Il Vangelo della Trasfigurazione ci chiama a “riscoprire il silenzio pacificante e rigenerante della meditazione e della lettura, che conducono verso una meta ricca di bellezza, di splendore e di gioia”. E il tempo estivo è momento privilegiato e provvidenziale per accrescere questo “impegno di ricerca e di incontro con il Signore”. Ma la riscoperta di Gesù non deve essere fine a sé stessa: “Trasformati dalla presenza di Cristo e dall’ardore della sua parola, saremo segno concreto dell’amore vivificante di Dio per tutti i nostri fratelli, specialmente per chi soffre, per quanti si trovano nella solitudine e nell’abbandono, per gli ammalati e per la moltitudine di uomini e di donne che, in diverse parti del mondo, sono umiliati dall’ingiustizia, dalla prepotenza e dalla violenza”. Quindi, come ci ricorda sempre il Papa, affidiamo alla Madonna “le vacanze di tutti, perché siano serene e proficue, ma soprattutto l’estate di quanti non possono fare le vacanze perché impediti dall’età, da motivi di salute o di lavoro, da ristrettezze economiche o da altri problemi, affinché sia comunque tempo di distensione, allietato da presenze amiche e da momenti lieti”. Francesco Quaranta

Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi


6

DialogoeFamiglia

Le vacanze estive negli Angelus di Papa Benedetto XVI

I

l 17 luglio 2005 Papa Benedetto XVI, trovandosi in vacanza a Les Combes in Valle d’Aosta, spiegò che significato avessero per lui le ferie estive: «Nel mondo in cui viviamo – spiegò – diventa quasi una necessità potersi ritemprare nel corpo e nello spirito, specialmente per chi abita in città, dove le condizioni di vita, spesso frenetiche, lasciano poco spazio al silenzio, alla riflessione e al distensivo contatto con la natura. Le vacanze sono, inoltre, giorni nei quali ci si può dedicare più a lungo alla preghiera, alla lettura e alla meditazione sui significati profondi della vita, nel contesto sereno della propria famiglia e dei propri cari. Il tempo delle vacanze offre opportunità uniche di sosta davanti agli spettacoli suggestivi della natura, meraviglioso “libro” alla portata di tutti, grandi e piccini. A contatto con la natura, la persona ritrova

la sua giusta dimensione, si riscopre creatura, piccola ma al tempo stesso unica, “capace di Dio” perché interiormente aperta all’Infinito. Sospinta dalla domanda di senso che le urge nel cuore, essa percepisce nel mondo circostante l’impronta della bontà, della bellezza e della provvidenza divina e quasi naturalmente si apre alla lode e alla preghiera». Dunque le vacanze sono un momento per riscoprire Dio attraverso il contatto con la natura. Sono un momento per riscoprire Dio nella lettura, nella preghiera e, soprattutto nel silenzio. Il silenzio, spiegò ancora Benedetto XVI, è un raccoglimento che «dispone alla meditazione», «all’amore per la natura che fiorisce in ringraziamento a Dio». Solo col silenzio è possibile «più facilmente accogliere nel cuore la luce della Verità e praticarla nella libertà e nell’amore».

L’Angelus del 17 luglio 2005 fu la prima occasione nella quale Papa Benedetto XVI parlò del riposo estivo. Successivamente vennero altre occasioni. Tra queste, la recita dell’Angelus il 24 luglio 2007 in piazza San Pietro. Il Santo Padre, pochi giorni prima della partenza per Lorenzago di Cadore, dove fu ospite del Vescovo di Treviso nella casa che già accolse il venerato Giovanni Paolo II, disse che «l’aria di montagna mi farà bene e potrò, così spero, dedicarmi più liberamente alla riflessione e alla preghiera». Il Papa augurò buone vacanze a tutti, e «specialmente a chi ne sente maggiore bisogno». Auspicò che tutti potessero fare «un po’ di vacanza, per ritemprare le energie fisiche e spirituali e recuperare un salutare contatto con la natura». «La montagna, in particolare – disse – evoca l’ascesa dello spirito verso l’alto, l’elevazione verso la “misura alta” della nostra umanità, che purtroppo la vita quotidiana tende ad abbassare». A questo proposito, Benedetto XVI ricordò «il quinto Pellegrinaggio dei giovani alla Croce dell’Adamello, dove il Santo Padre Giovanni Paolo II si recò due volte». Una settimana dopo, sempre in occasione dell’Angelus recitato questa volta da Lorenzago di Cadore, Benedetto XVI ringraziò «il Signore che anche quest’anno mi offre la possibilità di trascorrere alcuni giorni di riposo in montagna, e sono grato a quanti mi hanno accolto qui, a Lorenzago, in questo panorama incantevole a cui fanno da sfondo le cime del Cadore e dove è venuto più volte anche il mio amato Predecessore Papa Giovanni Paolo II». E ancora: «Un ringraziamento speciale rivolgo al Vescovo di Treviso e a quello di Belluno-Feltre, e a tutti coloro che in vario modo contribuiscono ad assicurarmi un soggiorno sereno e proficuo. Davanti a questo spettacolo di prati, di boschi, di vette protese verso il cielo, sale spontaneo nell'animo il desiderio di lodare Dio per le meraviglie delle sue opere, e la nostra ammirazione per queste bellezze naturali si trasforma facilmente in preghiera. Ogni buon cristiano sa che le vacanze sono tempo opportuno per distendere il fisico ed anche per nutrire lo spirito attraverso spazi più ampi di preghiera e di meditazione, per crescere nel rapporto personale con Cristo e conformarsi sempre più ai suoi insegnamenti». Elena V.


DialogoeFamiglia

7

Dieci suggerimenti per un’estate cristiana 1

2

3

4

5

La domenica senza la celebrazione della santa Messa è come un mare senza acqua. Il cristiano trova ristoro nella Parola di Dio, per trovare freschezza nella propria vita, per sbarazzarsi di ciò che ostacola o impedisce di vivere con trasparenza: cerca la messa ovunque tu sia! Il cristiano senza la Parola di Dio è una persona che manca di riferimento per vivere, servire e camminare. Un cristiano senza la Parola di Dio è come un edificio non ammobiliato. Manca qualcosa a cui appoggiarsi e cui affidare la coscienza, le domande, le preoccupazioni. Una estate dedicata esclusivamente al riposo può diventare routine. Il cristianesimo ha lasciato la sua impronta sull’arte, la pittura, la musica... Approfitta di questo tempo per una visita a un santuario, un concerto di musica sacra o semplicemente per ammirare la bellezza dei nostri templi. Un cuore cristiano senza carità cristiana non riposa in pace. La corsa al lavoro, nell’istruzione, negli affari, nella parrocchia, a volte ci impediscono di fermarci e capire chi non può permettersi anche un breve periodo di riposo perché non ne ha i mezzi economici. L’estate è l’occasione per offrirsi come volontari per aiutare i genitori e stare con coloro che nel corso dell’anno sono stati un po’ trascurati.

6

7

8

9

Il sensazionalismo dei mezzi di informazione ci distoglie da una buona lettura. Scegli un libro e se tratta di spiritualità meglio ancora! Ti orienterà alla ricerca di valori che nutrono la vita e fanno innalzare il pensiero al Creatore. Una buona lettura ci rende più equilibrati. Oltre all’esposizione al sole, che non fa sempre bene, non dimenticarti di frequentare la luce che ti offre la Chiesa: la pace del tempio, l’opportuna Parola di Dio, l’azione di grazia, il silenzio o il sacramento della penitenza. Sono raggi di un sole, Gesù, che trasforma e nobilita le nostre anime e noi stessi. Le occupazioni professionali – che sono reali occupazioni – a volte sono scuse per non dedicarsi con generosità alla famiglia. L’estate cristiana è una buona opportunità per avvicinarsi al mondo dei bambini, per riposizionare e rafforzare la vita coniugale, per camminare insieme, per divertirsi insieme e per andare insieme alla Messa domenicale. Consenti, in questo tempo di vacanza, che venga fuori il meglio di te stesso. Esprimi il meglio di te là dove ti trovi, e prodigati nel fare anche quello che gli altri non vogliono o non sanno fare. È meglio che si dica “sta dappertutto”, piuttosto che “si approfitta di tutto”.

10 Infine, rendi grazie a Dio con tutto il cuore. Il rumore e il chiasso del mondo ci impediscono di ascoltare Dio. Se sei in montagna sperimenta una passeggiata da solo. Se sei al mare cammina lungo la riva al tramonto. Di tanto in tanto è necessario lasciare la compagnia per ritrovare sé stessi, guardare il cielo e, nel cielo, scoprire e parlare con Dio.

Prega! Ritagliati lo spazio/tempo per un pellegrinaggio a un santuario vicino al luogo di vacanza. I santuari sono luoghi significativi ed espressioni caratteristiche della pietà popolare. La visita al santuario costituisce un’occasione propizia, spesso ricercata, per accostarsi al sacramento della Penitenza. Francesco Q.


8

DialogoeFamiglia

Vita dell’Unità Pastorale L’estate nella nostra Unità Pastorale

Q

uest’anno pareva non arrivasse più l’estate, visto il mese di maggio così piovoso e, invece, eccola quasi a sorpresa e come spesso avviene, arriva senza una mezza misura! L’estate però non è solo un tempo scandito dal calendario o caratterizzato dal meteo: per certi versi l’estate è un modo diverso ed unico, durante l’anno, per vivere la quotidianità, anche nella vita delle nostre parrocchie. Potremmo chiederci cosa la rende così diversa e poi conoscere un po’ più da vicino la proposta estiva della nostra unità pastorale.

portando frutto nel cammino del resto dell’anno. La nostra unità pastorale ha cercato sempre di rendere fruttuosa l’estate con proposte arricchenti e non un semplice riempitivo. Per questo le attività estive sono pensate per tempo, già al termine dell’estate precedente, cominciando a formare gli animatori del grest, a pensare al luogo più adatto o alle proposte per i ragazzi che partecipano ai campi scuola e così via. La lunga preparazione permette di arrivare in tempo con una proposta precisa, attesa soprattutto dalle famiglie che fin dal mese di gennaio hanno la necessità

Gioco al GREST Nelle nostre comunità la diversità dell’estate rispetto al resto dell’anno anzitutto sta nelle proposte: si passa dal cammino della catechesi di piccoli e grandi, alla proposta di un tempo come il grest dove gioco, riflessione e esperienza si fondono e permettono il confronto tra tutte le età insieme non più distinte ma unite da un unico motivo di fondo; si passa dal vociare dei ragazzi che giocano liberamente o con l’aiuto degli allenatori sui campi da gioco al quasi chiasso dei tanti bambini e ragazzi che assieme agli animatori si divertono nelle giornate del grest. Anche la sera, che durante l’anno appare così fredda e buia, si riempie non solo di luce ma anche di persone che preferiscono godersi un po’ il fresco serale e, magari, mangiare all’aperto in compagnia. Così i nostri oratori diventano un luogo privilegiato dove poter trovare questo clima che apre il cuore e la mente e permette di camminare insieme nella comunione

di programmare il periodo estivo. L’estate nella nostra unità pastorale non è solo grest e campi estivi, ma è anche tempo di festa: l’impegno a tenere aperti i nostri bar alla sera non è facile, ma un segno bello di vita e di accoglienza. Oltre a questo le occasioni di festa, i tornei, il ballo, la musica sono diverse e attraversano i vari momenti della vita estiva degli oratori. È innegabile che basta proprio alzare un poco lo sguardo e portarlo fuori dai confini della propria casa per accorgersi che un po’ tutte le persone in estate nella nostra unità pastorale hanno delle occasioni per stare insieme e crescere nella comunione. Un grazie a tutti coloro che rendono possibile tanto bene che semplicemente viene donato: contiamo che non passi indifferente e anzi produca frutti secondo la Sua Volontà! Don Fausto


DialogoeFamiglia

9

Per una rilettura della nostra pastorale giovanile e degli oratori

F

in dai primi incontri di quest’anno, tra i vari consigli parrocchiali e gruppi, e all’inizio del servizio pastorale del nuovo parroco, è stato più volte sottolineato come la dimensione dell’attenzione pastorale nei confronti dei più giovani, fosse una delle priorità da attuare nelle nostre comunità. Inoltre il riprogettare la ristrutturazione dell’oratorio del Violino, nonché la lettura dei vari spazi delle due comunità, hanno evidenziato come, anche da un punto di vista strutturale, fosse necessario interrogarsi su come riuscire a rendere i nostri ambienti luoghi accoglienti e attenti agli adolescenti e giovani. Dall’insieme di tutte queste sollecitazioni è nata l’idea di un percorso di ripensamento di questa pastorale che avesse due obbiettivi: il primo, ovviamente, il maggior coinvolgimento dei ragazzi nei nostri oratori, il secondo, il rendere partecipi i laici in questo processo, affinché non si proponessero semplicemente delle iniziative, ma si riflettesse per arrivare ad un progetto che possa aiutare nei prossimi anni a “lavorare” su questo aspetto. Per farci aiutare in questo percorso, lo scorso 6 febbraio abbiamo vissuto un incontro di provocazione alla presenza di Johnny Dotti, di cui abbiamo parlato nei numeri precedenti. La provocazione di quella sera non è rimasta inascoltata: si sono raccolte un po’ di disponibilità tra i laici presenti o interessati; è nato un gruppetto di circa 15/20 persone che hanno cominciato ad incontrarsi per riuscire a capire come fare per riprogettare le varie proposte sugli adolescenti e giovani. Dopo alcuni incontri si è pensato di affidarsi all’équipe di Johnny Dotti che ha assegnato il dott. Giovanni Petrini e Veronica Iotti che, come facilitatori del progetto, hanno presentato a grandi linee un metodo di lavoro che vorremmo utilizzare al meglio per riflettere su questa dimensione. L’obbiettivo è che in un anno circa si riesca a raggiungere almeno qualche idea o proposta che aiuti e renda protagonisti i nostri adolescenti all’interno dei nostri oratori, accompagnati dal sostegno della comunità educativa, cioè da ogni singolo volontario o operatore dell’oratorio. Il percorso proposto si articola in alcune fasi che vedranno man mano coinvolti non solo i membri di

questo primo gruppo di lavoro, denominato “Laici critici” (perchè si tratta di coloro che si sono posti per primi il problema in maniera personale), ma tutti coloro che vogliono sognare un oratorio accogliente per tutti e in particolare capace di guardare senza paura al futuro. Lo schema sottostante presenta bene le fasi dell’attivazione comunitaria di questo metodo di lavoro per una rigenerazione della proposta oratoriana. Come si può notare l’idea è quella di accompagnare la comunità educativa, cioè l’insieme delle persone adulte che operano in oratorio, nel cercare di leggere, analizzare, confrontarsi, progettare e proporre percorsi che aiutino i ragazzi a ritrovare fiducia nell’oratorio e a viverlo come un ambiente di crescita verso una vita che trovi, sin dall’adolescenza, la possibilità di orientarsi alla costruzione del proprio futuro. Non ci deve ingannare l’idea che questo progetto abbia la finalità di generare dei processi produttivi o di impresa, tutt’altro, l’idea è quella di aiutare a fare oratorio e a farlo bene, che poi questo possa avere degli sbocchi anche pratici di azione, sarà il frutto della riflessione della comunità educativa dei due oratori. I ragazzi non restano fuori da tutto questo ma ne sono protagonisti, come ben illustra lo schema alla pagina successiva: anche per loro in parallelo con gli adulti si compiranno una serie di attività che li porteranno, con una modalità a loro misura, a confrontarsi con gli adulti e a trovare la strada migliore da percorrere. A inizio del mese di giugno il gruppo del “laici critici” ha deciso che il metodo e la proposta potessero essere utili e quindi ha confermato l’attuazione del progetto. Questo ci porta ormai a considerare le prime tappe riguardanti l’analisi della situazione come necessarie per dare seguito alla progettazione e quindi ecco che sono già state fissate: - i nostri adolescenti e giovani si sono incontrati il 26 giugno; - gli adulti delle comunità educative di entrambi gli oratori si troveranno il mercoledì 4 settembre nell’ambito della festa dell’oratorio Badia con un programma che sarà precisato in seguito ma a cui non è possibile mancare.


10

DialogoeFamiglia

Non ci resta che augurarci tutti insieme un buon cammino! Don Gian Pietro e Don Fausto


DialogoeFamiglia

11

Questi è il figlio mio, l’amato. (Mc 9, 7) La proposta di un percorso in preparazione al Battesimo

S

appiamo che l’affermazione “questi è il figlio mio, l’amato” è riportata nel Vangelo di Marco e viene detta dal Padre in riferimento al Figlio Gesù durante il suo battesimo. É evidentemente collocata durante il battesimo di Gesù con vari significati, non da ultimo come epifania di una relazione intensissima fra Gesù e il Padre. É segno di un sigillo che manifesta un profondo legame che pesca non solo nei connotati della relazione umana, ma che ha ancor più i tratti del legame intimo che solo lo Spirito può creare. Non è un caso infatti

Il battesimo utilizza infatti proprio questo elemento: l’acqua, per infusione o per immersione ha poca importanza, ha il senso di immergere. Il segno dell’acqua è accompagnato dalla parola, ovvero dalla formula trinitaria con cui si viene battezzati. Secondo S. Agostino, il sacramento nasce proprio dall’unione di questi due fattori: l’elemento/ segno e la parola/formula. Che senso ha il battesimo? Perché si usa il termine “immergere”? Immergere in cosa? A cosa si viene chiamati col battesimo?

che nella narrazione del battesimo di Gesù redatta da Marco entri in scena anche la colomba, uno dei segni che raffigurano il Spirito Santo. In qualche modo, il Padre dice le stesse parole anche per ogni persona battezzata: “questi è il figlio mio, l’amato” e questo lo si può comprendere solamente cercando di approfondire il senso del battesimo. βαπτίζω (baptizô), baptizo, è la radice etimologica della parola battesimo, col significato principale di immergere.

Parte proprio da questi – e da altri – interrogativi la proposta rivolta ai genitori che hanno intenzione di chiedere alla Chiesa il Battesimo per i propri figli. Perché in fondo anche per i genitori il figlio è l’amato, e il percorso che faranno è l’entusiasmante viaggio attraverso il cuore di Dio per scoprire la grande vocazione a cui tutti siamo chiamati: l’amore. Ma come si concretizza nella vita di tutti i giorni? Come è possibile viverlo nel tempo attuale?


DialogoeFamiglia

12

Il percorso è certo un impegno, ma indubbiamente entusiasmante. Una serie di incontri che lasciano – o almeno questo è il nostro obiettivo – il gusto di aver assaggiato un buon cibo, non fosse altro perché si cerca di porre l’accento degli incontri anche sul momento conviviale; rimandando ad un altro buon cibo, che nutre e rende veramente felici: l’amore del Padre, di cui tanto e tutti abbiamo un grande bisogno. Solo così scopriremo la vera felicità, insieme, in cammino,

verso il Padre che non si stanca mai di accoglierci con le parole: “questi è il figlio mio, l’amato”. Sembra quasi di riscoprire un certo richiamo alla parabola del Padre Buono di Luca, e forse non è un caso. Buon cammino allora, a tutte le famiglie che hanno già partecipato al percorso e a tutte quelle che in futuro saranno chiamate a parteciparvi. Commissione di Pastorale Familiare

PARLIAMO DI EMERGENZA FREDDO Locali di “Emergenza freddo”

L’

attività del gruppo volontari per “Emergenza freddo” della nostra Unità Pastorale è attiva da qualche anno e si concretizza in un servizio reso a persone senza fissa dimora della città e coinvolge attualmente una quindicina di volontari dell’Unità Pastorale. Le realtà nelle quali viene svolto il servizio sono “Il Rifugio” gestito dalla Caritas Diocesana presso l’Ex Seminario e il Dormitorio di Via Marchetti gestito dalla Cooperativa “Il Calabrone”.

Insieme ad alcuni amici di Borgosatollo si è riusciti a garantire la copertura della serata del sabato per tutte le settimane di apertura in entrambe le realtà. Il Rifugio ha dato ospitalità a 24 persone per il periodo da metà novembre fino a metà giugno, mentre la struttura di Via Marchetti l’ha data a 20 persone da inizio dicembre fino agli inizi di aprile. Al Rifugio i volontari si occupano della sola distribuzione della cena che viene messa a disposizione da Caritas, invece nella struttura di Via Marchetti la cena è preparata e distribuita direttamente dai nostri volontari dell’unità Pastorale utilizzando i viveri raccolti con la cesta esposta nelle chiese parrocchiali e altri ritirati presso la Cauto. Il tempo richiesto è di circa un paio di ore per ciascuna distribuzione cui va aggiunto quello necessario per preparare la cena per gli ospiti di via Marchetti che comunque si suddivide tra i volontari che si sono presi l’impegno per quella serata. Il gruppo è alla ricerca di nuovi amici perché le forze su cui può contare si sono nel tempo assottigliate e servono nuovi volontari per consentire a tutti una turnazione meno frequente. L’assolvimento dell’impegno è legato alla disponibilità personale dei volontari, che prenotano liberamente su un calendario condiviso attraverso un indirizzo mail la copertura delle serate. Per maggiori informazioni potete contattare la segreteria parrocchiale allo 030-2410316. Monica L.


DialogoeFamiglia

13

I valori del “Sovvenire alle necessità della Chiesa”

C

omunione, corresponsabilità, partecipazione dei fedeli, perequazione, solidarietà, trasparenza e libertà: sono alcuni dei pilastri su cui si fonda il sostegno economico alla Chiesa scaturito dalla revisione concordataria del 1984. Sono valori che rendono più ricca spiritualmente l’intera comunità. Insieme, laici e sacerdoti, sono chiamati a testimoniare con la loro vita questi valori e ad amministrare i beni spirituali e materiali che la Chiesa possiede. E sono anche chiamati, corresponsabilmente, al reperimento delle risorse necessarie al sostegno della vita e della missione della Chiesa. Ma da dove deriva il dovere proprio di tutti i battezzati di sostenere economicamente la Chiesa? Deriva da una precisa idea che il Concilio Vaticano II ci ha insegnato: “una Chiesa che è manifestazione concreta del mistero della comunione e strumento per la sua crescita, che riconosce a tutti i battezzati che la compongono una vera uguaglianza nella dignità e chiede a ciascuno l’impegno della corresponsabilità, da vivere in termini di solidarietà non soltanto affettiva ma effettiva, partecipando, secondo la condizione e i compiti propri di ciascuno, all’edificazione storica e concreta della comunità ecclesiale e assumendo con convinzione e con gioia le fatiche e gli oneri che essa comporta” (Sovvenire alle necessità della Chiesa. Comunione e corresponsabilità dei fedeli, Episcopato Italiano, 1988). Il sistema di sostegno economico alla Chiesa cattolica post-concordatario è, dunque, sicuramente ricco di valori e può contribuire, nel tempo, a coinvolgere la comunità dei fedeli ad una partecipazione e corresponsabilità ecclesiale “effettiva” e non solo “affettiva”. Si tratta di una sfida permanente capace, però, di educarci ad essere sempre più quella Chiesa “casa e scuola di comunione” descritta dal Concilio Vaticano II. Una Chiesa nella quale si accantonano piccoli e grandi egoismi, gelosie, provincialismi. Quindi nulla ha inventato o imposto il nuovo “sovvenire” alle necessità della Chiesa avviato dopo il 1894. Piuttosto esso ha contribuito a favorire la realizzazione pratica della Chiesa-comunione dove i fedeli sono chiamati responsabilmente a provvederla del necessario, anche economico, perché abbia tutto quanto le occorre per assolvere alla sua missione di annuncio del Vangelo, di santificazione attraverso i Sacramenti, di assistenza pastorale e caritativa. Una sfida educativa che contribuirà al bene comune dell’intera comunità ecclesiale e civile. Don Gian Pietro

L’esempio di un progetto di impiego delle risorse dell’otto per mille INTERVISTA A DON BRUNO BIGNAMI* Progetto Policoro: “Il futuro dell’occupazione giovanile è l’autoimprenditorialità” “Policoro è un laboratorio di speranza per il Paese”. Don Bruno Bignami guida l’Ufficio nazionale Cei per la pastorale sociale e il lavoro dove 24 anni fa don Mario Operti (1950-2001) “inventò” il piano insieme a Pastorale giovanile e Caritas Italiana. Da allora risponde alla disoccupazione giovanile con l’innovazione. “Policoro responsabilizza le nuove generazioni, le sollecita a scoprire la loro vocazione, ad esprimerla in un percorso unico e personale. È importante chiarire che non dà finanziamenti, anche se in alcune diocesi è associato al microcredito. Facciamo formazione, insegnando ad approdare al mercato – spiega – L’8xmille ci sostiene con 1,7 milioni di euro l’anno. Sono 136 le diocesi aderenti su 225, con oltre 700 imprese. Nelle 400 che hanno identità fiscale, il volume d’affari complessivo supera i 20 milioni di euro ed è tornato a salire dopo la crisi 2012, secondo Infocamere”. Settori prevalenti: sociale, filiera agroalimentare, trasformazione agricola, artigianato e turismo. Su 515 imprese censite nel 2012-18, 430 sono attive, la mortalità riguarda 85 aziende. Il microcredito in 42 diocesi ha generato 432 società, con oltre 750 posti di lavoro. “Contiamo 950 animatori di comunità, di cui 187 coinvolti nei progetti 2019. L’obiettivo è raddoppiarli nelle regioni più popolose” aggiunge don Bignami. Non manca il plauso di Papa Francesco: “Policoro è per i giovani che vogliono mettersi in gioco creando possibilità lavorative per sé e per gli altri” ha detto il pontefice. Che nel 2020 riunirà ad Assisi (26-28 marzo) un summit “per un’economia della fraternità”. Primi invitati i giovani: “perché voi siete già profezia di un’economia attenta alla persona e all’ambiente. Le vostre università, le vostre imprese, le vostre organizzazioni sono cantieri di speranza per costruire altri modi di intendere lo sviluppo, per combattere la cultura dello scarto, per proporre nuovi stili di vita”. Per la Chiesa italiana coinciderà con il 25° anniversario di Policoro. M.L. *Direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la pastorale sociale e il lavoro

Tratto dal sito: https://sovvenire.chiesacattolica.it


14

DialogoeFamiglia

Cronaca dell’Unità Pastorale Più gioco, più mi diverto, più imparo...

C

on la fine del periodo scolastico si concludono anche le attività sportive della nostra associazione e come da prassi ci troviamo a fare il resoconto della stagione appena conclusa. Per i più piccoli nati negli anni 2012/13/14 durante gli allenamenti del sabato mattina si è lavorato per introdurre il gioco del calcio sempre nel rispetto dei tempi di apprendimento di ogni bambino. La squadra miniscarabocchio formata da bambini nati negli anni 2010/11 ha partecipato al campionato Anspi. La squadra scarabocchio big formata da bambini nati negli anni 2007/08/09 ha partecipato fuori classifica al campionato Anspi. La squadra allievi formata da ragazzi nati negli anni 2003/04/05 ha partecipato al campionato Csi. Tutte le nostre categorie hanno inoltre partecipato a tornei primaverili dove hanno ben figurato mostrando sempre un gioco propositivo. Un grazie ai genitori che sempre ci supportano ed a volte ci sopportano, ai nostri educatori-allenatori che

si mettono con passione a disposizione per la crescita dei nostri figli. Complimenti a tutti gli atleti per l’impegno e la partecipazione costante, una nota di merito ai ragazzi della squadra allievi Csi che per il secondo anno consecutivo ha meritato la vittoria della “coppa disciplina” per il fair play mostrato sul campo. La stagione sportiva si è conclusa con il nostro 12° Memorial Stasi, cge quest’anno ha avuto una forma particolare in quanto voleva essere un momento di riflessione per ricordare gli amici che nell’ultimo anno ci hanno lasciato. In previsione dell’inizio dei lavori di ristrutturazione del nostro oratorio ed in vista della prossima stagione sportiva siamo alla ricerca di ragazzi volenterosi che abbiano voglia di mettersi in gioco per affiancare i nostri allenatori e continuare il percorso di crescita, inoltre chiunque voglia attivare nuove iniziative sportive si faccia avanti. Luca A.

Gruppo Sportivo Oratorio Badia UNA STAGIONE VISSUTA INTENSAMENTE

“O

ratorio pieno, palestra Kennedy sempre affollata”: sembrerebbe la sintesi del nostro torneo da poco conclusosi, ed in parte lo è veramente, mentre invece è un dato di fatto che ha caratterizzato tutta la stagione sportiva 2018-2019. I buoni, anzi eccellenti risultati, di partecipazione della stagione sportiva 2017/2018 (vedasi articolo apparso sul bollettino parrocchiale Aprile 2018) si sono ripetuti e per certi versi amplificati. Quasi 150 gli atleti che complessivamente hanno praticato sport tramite il nostro gruppo e di questi i 4/5 sono ragazzi e ragazze tra i 6 ed i 17 anni; sembrano numeri in decisa controtendenza rispetto a quanto accade altrove, dove la forte riduzione del numero dei bambini ed il forte incremento delle “opportunità” offerta dalla società, sta rendendo sempre più difficile proseguire e garantire la presenza sportiva nell’oratorio. Il segreto, probabilmente, sta nelle scelte “educative” che guidano il GSO Badia, dove l’attenzione è sì posta

all’attività “agonistica”, ma privilegiando, in primo luogo, l’attenzione alla crescita dei ragazzi, al coinvolgimento delle loro famiglie, alla formazione di tutti gli addetti ai lavori (allenatori-educatori, dirigenti, ecc.), alla collaborazione con altre realtà simili prima fra tutti l’USO Violino. Siamo convinti che rimanendo “fedeli” ai nostri principi e nello stesso tempo non chiudendoci a riccio, ma aprendoci alle necessità del territorio, l’esperienza sportiva all’interno delle nostre comunità potrà sempre esistere e garantire uno strumento diverso, ma altrettanto efficace, di evangelizzazione. Per quanto sopra non possiamo far altro che ringraziare tutti coloro che a vario titolo (allenatori, aiuto allenatori, accompagnatori, volontari dello stand, genitori, ecc) offrono il loro tempo per permettere al GSO Badia di continuare a “vivere” e promuovere lo sport come veicolo di educazione alla vita e di crescita della persona. Il consiglio Direttivo ASD GSO Badia


DialogoeFamiglia

15

NotTe con Gogo: musica oltre il tempo!

I

l giorno dopo il mio ingresso nelle Parrocchie di S. Giuseppe lavoratore – Violino e della Madonna del Rosario – Badia, di mattino presto sento suonare il telefono. Mi ci è voluto un momento per capire e afferrare una cornetta rossa che non avevo mai visto prima e rispondere. Un’amica, mi saluta e penso, mi farà gli auguri, mi dirà che non può partecipare alla messa. Il saluto è netto, veloce, anzi funereo. È morto “Gogo”, la persona della sua vita. Di notte, quasi senza disturbare se ne è andata una persona che conoscevo da tempo, chitarrista di fama, originario del Violino. Com’è strana la vita, il primo funerale che sono chiamato a celebrare in una nuova parrocchia è per una persona che conosco da anni. In questo anno, la vicinanza di persone che lo conoscevano ha fatto nascere l’idea di ricordare e sentire Gogo presente tramite l’organizzazione di un evento che nell’ambito delle Feste di inizio attività dell’anno di pastorale giovanile, si svolgerà presso l’Oratorio del Violino in via Prima, 2. L’abbiamo chiamato “NotTe con Gogo”, dedicato alla memoria del chitarrista bresciano di fama nazionale Massimo Ghidelli, scomparso appunto nell’ottobre scorso. L’evento si svolgerà nella giornata di sabato 14 settembre 2019 e vedrà la partecipazione di numerosi artisti del panorama musicale bresciano e nazionale che si alterneranno sul palco per omaggiare la memoria del loro amico chitarrista. L’organizzazione di questo evento vede coinvolti il Comune di Brescia, il Comune di Roncadelle e numerose realtà associative del territorio che si stanno prodigando con i mezzi a disposizione per la buona riuscita di questa serata. Questa iniziativa nata dai concittadini di “Gogo” richiede costi e spese di realizzazione che i soggetti coinvolti non sono in grado di coprire per intero; per questo motivo si fa appello alle ditte locali per un eventuale contributo economico. Questo sostegno concreto servirà oltre che alla realizzazione dell’evento anche a finanziare l’ammodernamento e la ristrutturazione dell’attuale sala musica, sita nel seminterrato dell’Orato-

rio, che sarà dedicata appunto a Massimo “Gogo” Ghidelli. La parrocchia S.Giuseppe lavoratore, potrà rilasciare ricevuta per donazione liberale per l’attività pastorale della stessa ai sensi dell’art. 100, c. 2 lett. a del Testo unico delle imposte sui redditi: DPR. Del 22.12.1986 n° 917). Ringrazio sin da ora i volontari che si stanno prodigando per la riuscita della serata che spero lascerà un segno tangibile all’interno delle nostre comunità, soprattutto per la capacità di fare sinergia tra i vari gruppi di volontari che operano al servizio della comunità ecclesiale e civica. L’impegno di tutti permetterà alla nuova sala musica di trasformarsi in un luogo di incontro e di formazione per musicisti di tutte le età: uno spazio intergenerazionale della musica. Agli uomini e a Dio piacendo. Don Gian Pietro Girelli


16

DialogoeFamiglia

Vi darò un cuore nuovo Le prime confessioni

D

omenica 19 Maggio 39 bambini delle nostre parrocchie hanno ricevuto per la prima volta il sacramento della Riconciliazione per riconoscere il perdono di Dio e la forza del suo amore. È stata una bellissima giornata che i bambini attendevano con trepidazione da molte settimane. La celebrazione si è tenuta nella chiesa della Madonna del Rosario al Villaggio Badia. Il primo momento si è svolto alla presenza dei genitori. La lettura dal libro del profeta Ezechiele ha ricordato ai bambini l’essenza del sacramento... “Vi darò un cuore nuovo”... Mentre i bambini con emozione e gioia si accostavano al Sacramento i genitori si ritrovavano in un altro luogo per riflettere sul significato dello stesso. Il cuore citato nella lettura ha accompagnato anche simbolicamente il cammino dei bambini. Hanno infatti scartato un cuore di “pietra” per trovare un cuore “di carne”. Emozione, ansia, senso di liberazione, gioia sono i sentimenti che i bambini hanno dichiarato dopo la celebrazione che si è conclusa con il ringraziamento e la lode a Dio per quanto ricevuto e poi la

festa è proseguita con un piccolo rinfresco organizzato dalle famiglie. È stato bello per i bambini condividere questo momento con i genitori e con la comunità. Quando le realtà educanti si incontrano per vivere il Vangelo guardando verso un unico obiettivo, tutto assume un sapore e un significato diverso. La comunità vivifica, la famiglia cresce, i bambini respirano Amore, quell’amore donato e ricevuto. I Catechisti

Camminando con Gesù rinnovo delle promesse battesimali

I

l viaggio con Gesù del gruppo Nazaret si conclude con la celebrazione del rinnovo delle promesse battesimali. Una valigia contenente dei sandali, un sorriso, la Parola di Dio, ci hanno ricordato per tutto l’anno, che stavamo camminando con Gesù per conoscerlo, ascoltarlo, fare nostri i suoi insegnamenti. Il racconto dal titolo “Arriva Dio” letto a fine anno, ci ha fatto capire che Gesù è con noi, dalla nostra parte, dobbiamo essere capaci di chiamarlo. Il rinnovo delle promesse del battesimo è proprio questo: capire che Gesù è nella nostra vita di tutti i giorni, ci affianca e agisce con il suo Spirito; noi dobbiamo crederci, rinunciando a tutto quello che Gesù non vuole che mettiamo nella valigia, per camminare insieme a lui. Gruppo Nazaret

Rinnovo promesse battesimali Badia


DialogoeFamiglia

Scatti di comunitĂ

17

Anniversari Violino

Pellegrinaggio 2 giugno

Anniversari Badia

Rosario Violino

Rosario Badia

Rinnovo promesse battesimali Violino


DialogoeFamiglia

18

Vita dei Quartieri Il centro raccolta missionario Violino: una storia che finisce

V

enerdì 31 maggio il cancello color verde di via Violino di sotto n. 86 si è chiuso definitivamente. Oltre quel cancello così anonimo c’è un cortile che dai primi anni ’80 ad oggi è stato il luogo di incontro di tante persone e di tante esperienze. Quella del Centro Raccolta è una storia che merita di essere raccontata e ricordata, che ha visto per protagonisti molti volontari della nostra comunità e tantissime persone bisognose, vicine e lontane da noi. Iniziamo dalla fine. Il Centro Raccolta ha essenzialmente cessato la sua storica attività a causa dell’elevato costo dell’affitto, delle difficoltà legate all’applicazione delle normative per la gestione, per l’invecchiamento degli attuali volontari e per la mancanza di nuovi volontari.

Nei primi anni ‘80 i padri antoniani della Chiesa di San Francesco d’Assisi aprirono in via Violino di sotto n. 86 un deposito per la raccolta e la spedizione di vestiario usato, riutilizzabile per le Missioni Cattoliche dell’America Latina. Venne denominato “Centro Raccolta Missionario Terzo Mondo” divenuto poi a fine anni ‘90 “Centro Raccolta Missionario Violino”.

Lo scopo del Centro era la raccolta del vestiario usato che successivamente veniva spedito nelle Missioni dell’America Latina, Uruguay ed Argentina; in seguito e fino agli ultimi tempi in Romania. L’arrivo della merce nei paesi destinatari veniva gestito dai missionari antoniani e distribuito alle popolazioni più disagiate dei rispettivi territori. Alla fine degli anni ‘90 il “Centro” si è aperto: - alla raccolta della carta (il ricavato della vendita è sempre stato devoluto alla Parrocchia del Violino); - alla raccolta del ferro (il ricavato della vendita è stato devoluto alla Congregazione dei Frati di San Francesco); - dei mobili usati che, ceduti, venivano ricompensati con piccole oblazioni che servivano per coprire parte delle spese di affitto ed in parte a sostenere 15 adozioni a distanza in vari Paesi. Tutto questo ha potuto funzionare nel corso degli anni grazie al costante impegno di circa 60 volontari, uomini e donne. Il loro lavoro è stato notevole. Sono state effettuate mediamente tre spedizioni annuali di circa 400 scatoloni ciascuna. Il container per la spedizione veniva depositato in via f.lli Cervi a Roncadelle; successivamente, con l’apertura del sottopasso di Via Re Rotari si è potuto far arrivare il TIR presso la sede del Centro Raccolta. Il trasporto dei cartoni in via f.lli Cervi era molto difficoltoso e gravoso e veniva effettuato tramite un carro agricolo trainato da un trattore. Poi, fortunatamente, questa operazione si è semplificata. Gli anziani volontari porteranno sempre nel cuore le tante ore trascorse in quel cortile e la grande solidarietà della gente del Violino. Grazie! Pasquale Paternostro


DialogoeFamiglia

19

Per una rilettura del lutto…

I

n questi ultimi mesi le nostre comunità sono state segnate da esperienze significative di lutto e distacco: proprio per questo ci pare opportuno accogliere alcune tracce di riflessione per una rielaborazione dell’esperienza del dolore e del distacco all’interno delle nostre famiglie. Per far questo non ci possiamo limitare ad una riflessione ed esperienza personale, ma dobbiamo far tesoro della tradizione della Chiesa. Ci lasciamo aiutare prima da una riflessione di una coppia che presenta l’esperienza del dolore del distacco vissuto all’interno della propria famiglia, e successivamente saremo accompagnati da alcune sollecitazioni che sono state offerte ai fedeli della diocesi di Trento da un sacerdote e teologo locale, don Piero Rattin nel novembre del 2014. VERRÀ LA VITA E AVRÀ I TUOI OCCHI di Nicoletta e Davide Oreglia Lo sguardo passa su di una fotografia che da anni sta nel nostro salotto... Si direbbe un pezzo dell’arredamento come tutti gli altri che oggi guardiamo con attenzione sofferente. Ritrae una scena in cui c’è qualcuno che oggi non c’è

più. Già, la prima sensazione, anche se sono passati anni è di stupore, come è possibile che la morte ci sorprenda così? Ma non è solo la morte, è anche il rendersi conto che a volte non sembra vero che il nostro caro non ci sia più, altre invece non sembra vero che ci sia mai stato. E ci sommergono i sensi di colpa per averlo dimenticato o il rimpianto per il suo non essere più qui con noi. In entrambi i casi siamo un po’ come un pugile che ha preso un sacco di botte e per un momento è incantonato nell’angolo del ring con la testa che scoppia di dolore e di disorientamento. Oggi parliamo spesso di rielaborazione del lutto, come di un percorso che tutti dobbiamo compiere, ma dobbiamo essere attenti a non vedere in questo un calmante del dolore. Rielaborare il lutto per chi ha fede non è chiedere a Dio la forza di dimenticare, neppure di darci buone spiegazioni. Non crediamo ne esistano in una logica umana. È invece chiedere a Dio la forza di non dimenticare il buono che c’è stato e di trarre da esso nutrimento per le nostre giornate ora. È andare al cuore delle nostre Eucaristie in cui facciamo memoriale, cioè non solo ricordiamo un ge-


20

DialogoeFamiglia

sto passato ma crediamo che con la grazia dello Spirito Santo la Sua forza si riproponga qui sul nostro altare come quella sera nel cenacolo. Imparare a chiedere a Dio di non anestetizzare nulla ma di far emergere il bello che è stato per noi incontrare quella persona, conoscerla e amarla. E con la forza dello Spirito Santo scoprire che quell’amore cammina ancora in noi con le sue cose belle e anche con le sue fragilità. Per riuscire a compiere questo passaggio occorre imparare a restare, come Maria ai piedi della croce. Il suo stare presso la croce del figlio aveva un cuore molto vivo, pieno di amore e di desideri verso quel figlio ora appeso in croce, desideri verso il loro rapporto di madre e figlio che così bruscamente si interrompeva. Ma lei è rimasta, ha scelto di dar fede al Signore anche se non capiva. Restare quando si è nell’occhio del ciclone vuol dire non scappare, non stordirsi. Certo avrà avuto nel cuore tante emozioni, ma anche una certezza: il Signore non la avrebbe abbandonata e non avrebbe permesso al dolore di annientarla. Dio non vuole che ci perdiamo, non vuole che nessuno di noi sia strappato dalle sue mani. Anche nel dolore ci resta accanto e ci da la forza per camminare con i nostri tempi e con le nostre forze. La Sua forza ci viene incontro nelle forme che sono più congeniali ad ognuno di noi. C’è chi manifesta

una “forza da leone”, per un certo periodo e poi torna piano piano al suo passo di sempre, c’è chi invece viaggia al minimo consentito per non imballare il motore e poi piano piano riparte. Noi dobbiamo chiedere al Signore occhi per vedere questa forza che Lui ci mette nel cuore e poi la saggezza di servircene. Quando non vediamo nessuna via di uscita, quando il dolore ci paralizza dobbiamo chiedere a Dio la Grazia di accogliere nel nostro cuore una piccolissima luce di speranza: verrà il Signore, verrà nella mia vita a riportare un po’ della Sua vita e avrà gli occhi di chi amiamo e ora non c’è più. Non si perde nulla dell’amore che ci ha unito, mai, né nella vita dell’Aldilà ma neppure già su questa terra così limitata e ferita. La sfida è credere che questo sia vero non solo in noi ma anche in coloro che vivono accanto a noi. Che tutti cammineremo sorretti dalle braccia di Cristo ma ognuno nel suo modo proprio e con i suoi tempi. Misurare il dolore è invece una sottile tentazione che abbiamo in alcuni momenti, per stilare una classifica in cui il primo posto spesso spetta a noi, più sofferenti di tutti, e poi agli altri che ci paiono quando va bene più fortunati, quando va male più superficiali di noi. Tutto ciò è una trappola grande che ci possiamo costruire attorno per mettere noi nella condizione di essere risarciti da chi ci vive accanto per un fatto che


DialogoeFamiglia sì ci ha colpito duramente, ma che spesso non dipendeva da loro. Il dolore ci ha colpito ci ha tolto tutti i punti di riferimento nel presente e nel futuro e noi pensiamo che se stabiliamo un ruolo fisso per noi questo potrebbe aiutare e allora ci tagliamo i panni di chi ha patito di più, di chi ha sofferto di più, di chi non se lo meritava, di chi deve essere risarcito... da tutti. Ora entrare in questo tunnel è eliminare la luce dalle nostre giornate ma anche da coloro che ci vivono accanto. Chi è “vittima per definizione” o per “elezione” non si lascia togliere dal ruolo e per far questo parte a priori nel sostenere non solo che non ci sarà mai niente che potrà far cessare il dolore, e questo in parte è vero, ma anche che nulla le porterà più gioia, nemmeno in minima parte. Chi vive e proietta questo pensiero attorno a sé ha ingabbiato non solo se stesso ma anche gli altri in ruoli che si potranno spezzare solo con la forza dello Spirito. Altra perla preziosa da cogliere nel cammino del lutto è vedere proprio come Dio sostiene ognuno seguendone modi e tempi propri. Questa sapienza di Dio può però essere letta in altro modo e divenire un ostacolo nella condivisione con i fratelli. In certi frangenti, infatti, se vediamo atteggiamenti diversi dal nostro nella modalità di vivere e gestire un dolore condiviso ne restiamo spiazzati. Se per noi sopportare il dolore è restare in silenzio, faremo fatica nello stare accanto a chi ferito come noi trova nella narrazione dell’accaduto una consolazione o chi ha bisogno di essere accolto da altro per non soccombere e cerca in stimoli fuori da sé il coraggio per continuare a camminare. Pensiamo ad una malattia che ci ha toccato, pensiamo a chi vive un male simile al nostro e lo combatte parlandone spesso o non parlandone mai. Ma proviamo ad allargare questo ragionamento quando attorno a noi esorcizzano il nostro dolore non parlandone e noi ci sentiamo soli, oppure cercano di fare lo stesso in modo contrario, parlandone con noi e chiedendoci spesso come stiamo e noi ci sentiamo accerchiati. La grazia della Risurrezione nasce dal sapere che c’è luce in uno e nell’altro modo e se abbiamo la forza di chiedere lo Spirito troveremo un barlume di buono in tutte le modalità restando pur sempre sereni nel dire che preferiremmo altro per essere consolati. Verrà la vita e avrà gli occhi tuoi che avevi promesso di stare con me per sempre e ora non ci sei più, avrà gli occhi della mia salute che mi dava il messaggio di un corpo quasi indistruttibile e che scopro fragile e mortale. E quando lo Spirito ci invaderà con la Sua forza poco a poco sapremo chiedere e scopriremo che verrà la vita dopo la morte, dopo la malattia e avrà i tuoi occhi, dell’amore, della speranza, della fede.

21

DAL DOLORE ALLA SPERANZA don Piero Rattin (la parte in corsivo costituisce la citazione letterale dell’articolo mentre le altre parti i commenti e collegamenti attuali). “Il nostro ultimo atto di obbedienza” – Il cristiano di fronte all’esperienza della morte Un primo dato che occorre riprendere nella sua perenne validità è quello che vede nella morte non un’esperienza inevitabile da subire, ma un atto da compiere in coscienza e libertà. Quest’idea dell’atto da compiere E. Bianchi la riprende – credo – da K. Rahner, il grande teologo del secolo passato. «Per un cristiano la morte non può essere un evento passivo: non è in sintonia con la fede l’idea del lasciarsi morire, ma è possibile fare di quell’evento finale, al quale non si sfugge, un atto personale. Nella fede, forse anche con molti dubbi e nell’angoscia, occorre poter dire al Signore: “Padre, quella vita che tu mi hai dato e per la quale ti ringrazio, te la rendo puntualmente, te la offro in sacrificio vivente (cf.


22

DialogoeFamiglia

Funerale di Papa Paolo VI

Rm 12,1), affidandomi alla tua misericordia”. È così che la morte diventa un atto, è così che si muore nell’obbedienza». San Paolo parla “dell’obbedienza della fede”, cioè di un’adesione a Dio motivata dalla fiducia e quindi liberamente accettata. Ebbene, per un cristiano questa è l’estrema possibilità di «obbedienza della fede» (Rm 1,5; 16,26), in tal modo non solo afferma di credere nella misericordia infinita di Dio ma lo fa, lo attua. «Certo, per far sì che questo sia possibile, occorrerebbe che chi è nella malattia fosse avvertito (se lo vuole), della sua situazione di uomo o donna giunto al termine della vita. Operazione delicata questa, non c’è dubbio: non va fatta sempre, in ogni caso e per tutti; ma se c’è nella persona una certa maturità di fede, e quella persona morente desidera essere consapevole dell’incontro ormai prossimo con il suo Signore, allora sì: va fatta. È in questa fede che l’uomo confessa di non essere proprietario della propria vita, di non decidere lui la propria fine, ma di accoglierla rimettendo a Dio il suo respiro, il suo spirito (cf.Sal 31,6; Lc 23,46)». Va fatta questa operazione delicata (quando ci sono le condizioni che ho appena detto) anche per rispetto alla dignità della persona: non sono qui a vagheggiare le situazioni del passato, quando un genitore morente aveva attorno a sé tutti i suoi figli e faceva loro le ultime raccomandazioni... Ma è comunque questione di dignità potersi congedare dalle persone care con la consapevolezza di ciò che sta accadendo, invece che abbandonarle di soppiatto come chi fugge nella notte per non farsi vedere. E oltre che questione di dignità per chi parte, è anche questione di rispetto, di amore, direi, per chi resta. «Al cristiano che muore non è chiesto di soffrire e tantomeno di accogliere i patimenti fisici come se fossero voluti da Dio. Per questo occorre che le sofferenze fisiche gli siano il più possibile evitate, in modo che possa vivere la malattia e la morte continuando ad amare chi resta e accettando di essere a sua volta amato».

“Parti... Va’ dove sei atteso...” – Il cristiano accompagna nel passaggio il fratello che va verso la pienezza della vita A fare della morte un atto la tradizione cristiana ha contribuito – e tuttora lo fa – invitando chi sta accanto al malato ad un accompagnamento nella preghiera e umano nello stesso tempo. Queste due caratteristiche erano evidenziate bene in quella testimonianza della nipote del Card. Martini, la quale afferma: l’ultima notte del morente era trascorsa con letture dalla Bibbia, mentre i presenti si alternavano nel tenergli la mano. Questo stile di accompagnamento non è affatto monopolio dei cardinali, ma è ciò a cui ogni cristiano ha diritto. Non regge in tal senso la convinzione errata che oggi è difficile trovare un prete o un frate disponibile a intervenire per accompagnare con la preghiera chi muore: per pregare “accanto” non è necessario essere preti o frati, ogni cristiano che crede è abilitato a farlo. “La celebrazione del funerale come segno della Pasqua che si realizza” Il principio fondamentale che sta alla base di qualsiasi celebrazione cristiana, in ogni caso, è la dimensione comunitaria: come il venire alla luce – celebrato nel Battesimo – è evento che coinvolge tutta la Comunità, analogamente anche il morire è un fatto che non può rimanere estraneo alla Comunità: la Fede – che impregna tutte le esperienze della vita – la si vive insieme. Altro riferimento irrinunciabile è quello alla Pasqua del Signore: questo caratterizza tutte le celebrazioni cristiane della morte. Ed è ovvio: se già il Battesimo è partecipazione alla morte e risurrezione di Cristo – e poi tutta la vita nel suo evolversi – anche la morte è da celebrare in questa prospettiva: è partecipazione piena e definitiva alla Pasqua del Signore. La celebrazione del funerale soprattutto deve avere chiaro il contrassegno pasquale: sia nei segni che si compiono, sia


DialogoeFamiglia nelle letture bibliche, nelle preghiere, nei canti. Ogni tanto val la pena richiamare il significato dei gesti: quel segnare il feretro con l’acqua santa (che molti fanno senza sapere cosa voglia dire) è richiamo al battesimo, cioè a quella dignità di figli di Dio che non verrà mai meno, neanche con la morte. L’incenso (che oggi è di moda bruciare anche per profumare il salotto o il soggiorno di casa) sta a dire che quella persona è destinata non a scomparire nel nulla, ma alla risurrezione. È invalsa la consuetudine di far seguire alla celebrazione interventi di saluto e di commiato di vario genere: da parte di familiari, di amici, di colleghi di lavoro... Consuetudine senz’altro da rispettare, perché se è vero che la fede impregna tutto ciò che è umano, è anche giusto che ciò che è autenticamente umano possa entrare nelle celebrazioni della fede. Occorre tuttavia anche saper discernere con atteggiamento critico: interventi di questo genere – nel contesto di una celebrazione cristiana della morte – non devono in alcun modo oscurare la prioritaria importanza della Parola di Dio, dell’annuncio del Vangelo. Se pure è da capire che il tasto dell’emotività oggi sia quello che risuona più facilmente, non si deve dimenticare che mai come al giorno d’oggi proprio le parole dell’emotività passano e si scordano facilmente. Certi interventi ai funerali sono spesso ripetitivi, retorici, pieni di enfasi e interrotti da frequenti singhiozzi che, oltre a non permettere una corretta recezione dal semplice punto di vista uditivo, suscitano nei partecipanti reazioni che ondeggiano tra l’insofferenza e lo strazio. Dare forma corretta ai sentimenti è opera delicata. È anche vero, peraltro, che la nostra liturgia è a volte “anaf-

23

fettiva” e le preghiere che la esprimono non sempre aiutano a dare voce ai sentimenti. Ma che in una celebrazione cristiana si applauda alle parole dell’emotività che, se pure autentiche, passano e si dimenticano presto, a scapito delle parole del Vangelo che invece non passeranno mai, è cosa che suscita quantomeno qualche perplessità. “Cosa si può o si deve fare dopo la morte, da parte di coloro che restano?” Va detto anzitutto che la prima forma di rispetto, di venerazione verso i morti da parte di una Comunità, sta nel prendersi cura dei vivi, di chi è rimasto, soprattutto in certe circostanze, come possono essere quelle provocate da morti improvvise, o che hanno creato situazioni di angosciosa solitudine. Certe morti sono percepite come una liberazione, sia per chi muore, sia per chi rimane (pensiamo, ad esempio, ai casi di sofferenze prolungate senza speranza di guarigione). Chi ha avuto la capacità di stare accanto a una persona cara in tale situazione, non di rado si stupisce lui stesso di essere riuscito a non soccombere; ma non di rado accade anche che il crollo avviene dopo... E per l’esaurimento di energie e per il peso della solitudine. Sono ammirevoli le file interminabili di coloro che si accostano al familiare, o ai familiari, per presentare le condoglianze durante i funerali. Ma che senso ha dire “ti sono vicino” se dopo non ti fai più vedere? È scandaloso il vuoto, l’assenza di solidarietà, di vicinanza umana nei giorni che seguono, i giorni del lutto appunto. Si è soliti dire che l’unica medicina in questi casi è il passare del tempo: “solo il tempo può far rimarginare certe ferite”... ma questa terapia del tempo non è eguale per tutti, e soprattutto non può bastare da sola. È necessaria la relazione, la vicinanza umana, che non è fatta di discorsi consolatori, di “fatti coraggio” detti con faciloneria; è fatta anzitutto di presenza, anche silenziosa, forse perfino imbarazzata certe volte... È fatta di momenti di tempo trascorsi insieme, di due passi fatti insieme (perché non di rado la persona rimasta sola è portata a evitare perfino di uscire di casa, perché il mondo – fuori – non è più quello di prima...). È fatta, questa presenza anche di un contatto telefonico frequente... animato però non dal dovere, o da scrupolo di coscienza, ma da vera gratuità: è, insomma, un prendersi a cuore quella persona. “Quale relazione resta con i morti?” L’altro aspetto sul quale è opportuno dire qualcosa è quello del ricordo, della venerazione, del legame con quelli che sono morti. L’espressione “culto dei morti” è un po’ asettica, forse anche ambigua, ma è a questa che vorrei accennare. Nella visuale cristiana vi sono atteggiamenti da scartare e atteggiamenti da coltivare. Quelli da scartare non sono tali perché “contrari alla fede” punto e basta, ma perché illusori, menzogneri, ingannevoli, e per questo contrari alla fede. Il più noto è il ricorso allo spiritismo, il tentativo di entrare in contatto con i trapassati attraverso tecniche più o meno esoteriche che sconfinano nel paranormale. No, è un altro


24

DialogoeFamiglia

l’atteggiamento che la fede cristiana propone e raccomanda da sempre: si tratta di instaurare una nuova relazione con Cristo e in Cristo con i fratelli nell’Eternità. Il Signore, Gesù Cristo, è la via da percorrere, il tramite ineludibile per un legame di comunione, di relazione se si vuole, con i nostri morti. A volte sento persone che affermano: “Io sento vicini i miei morti... parlo anche con loro...”. Non tocca a me giudicare se dietro a queste espressioni vi è un’esperienza obbiettiva, reale, o se sono semplicemente autosuggestioni. Quello che so, e posso annunciare, è questo dato di fatto che la fede mi offre: se i miei morti sono con Cristo – che è l’unico Signore e nell’aldiqua e nell’aldilà – e anch’io vivo in relazione con Lui, posso pensare che il legame tra me e loro non è affatto interrotto: mi vedono, mi amano, mi ascoltano... perché sono con quel Cristo che mi ama, in cui credo, e con il quale essi vivono. Insomma, anche in questo caso vale la sua affermazione riportata dal Vangelo di Giovanni: “Io sono la porta”, dice Gesù di se stesso (10,9). Quando si vuol far visita a un amico che abita, supponiamo, al 3° o all’ultimo piano di un condominio, ci sono due modalità possibili da seguire: o le scale (o l’ascensore), passando poi per la porta, oppure arrampicarsi lungo la grondaia... ed entrare di soppiatto dal davanzale.

Cimitero monumentale di Brescia

Ma questo è comportarsi da ladri, non da amici: Gesù Cristo è la porta! I miei morti sono con Cristo, ma anch’io vivo in Lui, sono in relazione con Lui: allora tra me e loro vige la logica dei vasi comunicanti (passatemi l’espressione); io posso fare qualcosa per i miei morti: posso pregare per loro, compiere gesti di carità per loro, posso rivolgermi a loro e chiedere che preghino per me, e sono certo che lo fanno, perché continuano a volermi bene e quel Dio che pregano ce l’hanno accanto. Così il celebrare l’Eucaristia per i proprio cari defunti, il pregare per loro facendo visita al camposanto come atto di carità e preghiera sono strumenti importanti che ci mantengono nel legame con i nostri cari e permettono di alimentare la Speranza dentro di noi, così da attendere il compimento della Vita con Dio vivendo appieno la vita da figli nel pellegrinaggio terreno. Sull’argomento potremmo aggiungere ancora tante parole, ma nulla vale come l’esperienza di accompagnamento e vicinanza che possiamo umilmente mettere in atto gli uni per gli altri, unendoci come comunità cristiane nella gioia e nel dolore. a cura di Don Fausto


DialogoeFamiglia

25

Un ricordo di don Mario, tornato alla sorgente della vita

D

on Mario è tornato alla casa del Padre la mattina del 16 maggio, dopo anni di malattia durante i quali non ha mai smesso di abbeverarsi alla sorgente della Parola che tanto amava. Originario del villaggio Violino, assapora nella sua famiglia una fede semplice e profonda; ordinato sacerdote nel 1972, svolge il suo servizio, per citarne alcune, nelle comunità di Travagliato, Gussago, Borgosatollo, Vobarno; nel 2007 diviene direttore dell’ufficio di pastorale sociale della curia e viene nominato presbitero collaboratore alla Badia, a cui si aggiunge la nomina anche per il Villaggio Violino nel 2012. Nelle nostre comunità don Mario è rimasto sino al 2017, quando viene nominato presbitero collaboratore nella parrocchia di Monticelli Brusati, dove vive l’esperienza della vita in comune con il parroco don Daniele, anch’esso legato all’esperienza del movimento dei Focolari. Don Mario era un appassionato studioso della Parola di Dio, la amava nel profondo e, da accanito lettore quale era, non perdeva occasione per approfondirla, per “scavarla” come diceva spesso. Nelle nostre comunità ha incontrato i genitori dell’icfr, stimolandoli con pazienza e originalità alla riflessione, ha spezzato con sapienza la Parola durante le catechesi degli adulti, ha con gioia e con profondità celebrato l’Eucaristia a lui tanto cara, cercando, da sacerdote, di trasmettere il gusto del “bello” e del rispetto che la celebrazione della Santa Messa richiede per essere davvero assaporata nel profondo. Con la sua vita don Mario, che è stato tra i fondatori della scuola di politica diocesana, ha testimoniato una Parola che cerca con passione di farsi concretezza e carne nel mondo; il desiderio di giustizia e di pace sociale sono stati tra i suoi fervori più grandi, di uomo e sacerdote, che guardava il mondo con gli occhi speranzosi e positivi della fede, un uomo che vedeva Dio all’opera. La sua presenza nelle nostre comunità è stata per alcuni di noi occasione per riverdire la fede e stimolare relazioni importanti e profonde e quando il Vescovo Pierantonio, a Monticelli, in occasione dei suoi funerali, in una chiesa gremita e commossa, ha ricordato una riflessione che don Mario ci ha lasciato parlando della sua morte, lo abbiamo riconosciuto, abbiamo rivisto lui e il suo modo di approcciare la vita, un trampolino dal quale accedere a qualcosa di più

grande, che è amore infinito: “Torno alla sorgente della vita, quella eterna e vera, nel cuore della Trinità dove tutto è solo amore”. Questo hai scritto don e ora che sei nella pienezza la tua sete di approfondire, di conoscere si sarà placata e avrà trovato compimento; come dicevi tu don, quando saremo in Dio, sapremo riconoscerci l’un l’altro per l’amore e le relazioni buone che abbiamo saputo intessere nella nostra vita terrena e allora ci incontreremo nuovamente. Prega per noi don Mario, accompagnaci, nel nostro piccolo ti giunga il nostro Grazie, ti ricorderemo nella preghiera, per quello che sei stato nelle nostre comunità, per quello che per alcuni in particolare hai significato, per quello che come uomo hai, nella fatica a volte, ma nella verità, saputo testimoniare. Elena V.


26

DialogoeFamiglia

PER UN PUGNO DI LIBRI E DI FILM Consigli di lettura Per i lettori delle medie: Su un’isoletta del Golfo di Finlandia, l’ultima isola abitata nell’arcipelago finlandese prima del mare aperto, una nonna e la sua nipotina Sofia trascorrono la lunga estate del Nord. Il libro racconta la vita quotidiana della bambina e della nonna, una vita che ha il ritmo senza pressione e impegno della vacanza. Ogni giorno ha la sua piccola avventura: l’avvicinarsi a un crepaccio, la passeggiata nel bosco fantasma, l’arrivo di un’amica, Pipsan, che in realtà complica un po’ le cose, il gatto Mappe, che non si affeziona mai a Sofia… Sullo sfondo di una natura selvaggia e incontaminata, il libro, apparentemente semplice, parla con ironia e leggerezza, senza sentimentalismi, dell’educazione dei bambini, del crescere, della forza e della debolezza dell’umano, della crudeltà della natura che bisogna accettare. Sofia è una bambina curiosa, determinata, che sta crescendo e si confronta con le domande, le speranza e le incertezze di chi diventa grande. Sua nonna cammina a fatica, ha perso i denti, ma non la sua vitalità. Con la saggezza dei nonni, lascia che Sofia faccia le sue esperienze, corra i suoi rischi, in modo che possa imparare la differenza tra l’essere coraggioso e l’essere sconsiderato. Tove Jansson - “Il libro dell’estate” Iperborea 2012 - pag. 164 - Euro 15.00

Laura B.

Consigli di lettura Per i lettori più maturi: Ove è un vecchio misantropo e bisbetico, maniaco del controllo, un uomo pratico, capace di aggiustare tutto, onesto come pochissimi al mondo. Vive in un quartiere residenziale di una cittadina della Svezia e non ha tempo per distrazioni futili: deve pensare a come appendere quel maledetto gancio sul soffitto e comprare una corda per suicidarsi. Perché Ove è stato messo a dura prova dall’ingiustizia della vita: la moglie è morta. Erano uno l’opposto dell’altra: lei era sempre allegra, lui sempre arrabbiato; lei girava con i libri, lui con la cassetta degli attrezzi. Lei appunto era, ma ora non è più e Ove è soltanto stanco. È stato messo in pensione, ma non ha voglia di sentirsi superfluo: senza un lavoro con cui contribuire alla società, senza una moglie da accudire, senza più i piccoli lavori da fare in casa… che senso ha vivere? L’uomo che metteva in ordine il mondo racconta una serie di tentativi di suicidio, divertenti e nello stesso tempo pieni di una malinconia disarmante. La nuova vicina di casa, Parvaneh, e la sua improbabile famiglia irrompono nella casa di Ove, impendendo di volta in volta ogni suo tentativo, e offrendo al vecchio una nuova possibilità: qualcuno per cui sacrificarsi, qualcuno che dia un senso al suo stare al mondo. Un romanzo che ci parla del valore del donarsi agli altri, del senso di comunità e della fratellanza che ci accomuna di fronte alla vita. Fredrik Backman - “L’uomo che metteva in ordine il mondo” Mondadori 2014 - pag. 321 - Euro 18.00

Laura B.

film: GREEN BOOK America anni sessanta. Ispirato alla vera storia di Don Shirley, virtuoso pianista afroamericano colto e impeccabile, e di Tony Lip Villelonga, buttafuori di night club di origini italiane momentaneamente disoccupato che per necessità accetta di fargli da autista in una tourne’ nel razzista sud degli Stati Uniti. Per Don la tourne’è un viaggio pericoloso in territorio ostile, una questione di principio morale, per Tony, improvvisato autista di una splendida Cadillac con in mano il necessario Green Brook ovvero l’elenco dei motel a cui possono accedere i neri, un’opportunità che lo aprirà ad una nuova coscienza.Due personaggi dove nulla sembra unirli, eppure nel lungo e complicato viaggio tra umiliazioni e cattiverie, discussioni e pregiudizi, i due scopriranno una reciproca solidale complicità che nella vita li farà diventare inseparabili amici. Viggo Mortensen e Mahershala Ali ne sono gli straordinari interpreti in un rocambolesco gioco di bravura tra la focosità di Tony e la finezza di Don. Green Brook di Peter Farrelly, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, vincitore di tre premi Oscar tra cui quello più prestigioso del miglior film, è un gran bel film, gustoso, divertente, colmo d’ironia, capace di far riflettere nell’intrattenere. Un film alla Frank Capra, ricordate La vita è meravigliosa, una sana esperienza per godere di un cinema che evita la retorica raccontando la realtà con un linguaggio che parla in positivo. Regia: Peter Farrelly - Interpreti: Viggo Mortensen, Mahershala Ali, Linda Cardellini Origine: Usa 2018 - Durata:125’

Walter S.


ANAGRAFE PARROCCHIALE: Parrocchia Madonna del Rosario - Badia Battesimi

Matrimoni

Bacchiocchi Filippo di Fabio e Di Salvatore Katia Faustini Pietro di Simone e Stabile Alice

Ademosu Adewale Raseheed e Zecchini Hilary

Defunti

Abeni Rosa di anni 93

Massetti Agape di anni 89

Bocchio Elisabetta di anni 91

Falconi Luigi di anni 86

Papetti Alba di anni 81

Paletti Virginia di anni 88

Alberti Palmira di anni 95

Frassine Agostino di anni 89

Cornali Paolo di anni 49

ANAGRAFE PARROCCHIALE: Parrocchia San Giuseppe Lavoratore - VIOLINO Battesimi Laini Noemi di Nicola e Crotti Antonella Laini Sofia di Nicola e Crotti Antonella Lazi Greta di Indrit e Cadei Francesca Capoferri Andreea Miruna Rebecca di Paolo e Benetti Silvia Capoferri Narcis di Paolo e Benetti Sivia Simoncelli Chiara di Michael e Bertoncelli Monica Manno Davide di Giuseppe e Kadillari Brunilda

Pagliuca Alice di Salvatore e Grasso Sara Calabrese Aurora di Calabrese Benedetto Barezzani Maria di Andrea e Calabrese Cristiana Gargano Nicolò di Davide e Marmotizio Cristina

Matrimoni Tregambe Corrado e Facchini Alice

Defunti

Sina Daniele di anni 79

Pini Stefano

Mascoli Mario di anni 54

Remondina Giovanni di anni 50

Aiardi Giuseppe di anni 96

Ronca Giancarlo di anni 88

Mirandola Fulvio di anni 87

Baldini Paolo di anni 79

Di Leo Isabella di anni 89


Grest Violino 2019

Grest Badia 2019


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.