Carnefici - Estratto

Page 1


Alice Bianchi CARNEFICI

Ombre e volti oscuri

nella Bibbia

Per le citazioni bibliche tratte da La Sacra Bibbia nella versione ufficiale a cura della Conferenza Episcopale Italiana © 2008, Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena

Motivo grafico di copertina e dell’interno: © Chinch / Shutterstock

PAOLINE Editoriale Libri

© FIGLIE DI SAN PAOLO, 2025

Via Francesco Albani, 21 - 20149 Milano www.paoline.it • www.paolinestore.it edlibri.mi@paoline.it

Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (MI)

ISBN 978-88-315-5725-2

«Spezzare l’avversario oppure. Oppure farne un alleato».
(Mariangela Gualtieri, Caino. Il buio era me stesso)

Tutta carne viva

Carnefice è davvero un termine violento. Lo usiamo poche volte nelle nostre conversazioni quotidiane perché richiama una crudeltà e un’efferatezza che ci sembrano abitare solo le pagine più oscure della storia umana. D’altronde, la parola viene dal latino carnem facere, “fare carne”, fare a pezzi.

Ma i nostri corpi sono carne – nervi, sangue, muscoli, grasso, viscere e pelle. In questo la Scrittura non è mai ingenua: i suoi personaggi, donne e uomini, sono alle prese con la vulnerabilità del corpo, la morte e il dolore reciprocamente inflitto, fin dal capitolo 3 di Genesi. È tutta carne viva quella che si incontra nelle storie della Bibbia; l’umanità è lì come una ferita aperta, esposta, che brucia. Vittime e carnefici sono i due lembi della stessa ferita: c’è carne viva tra l’egiziano picchiato a morte da Mosè e lui che scappa, sudato, col fiatone. O tra un bimbo che sta per essere tagliato a metà e le due prostitute che se lo contendono davanti al re Salomone.

Quando si tratta di violenza siamo tutti fatti a pezzi, in qualche maniera. Non è nemmeno necessario che scorra sangue. Ci sono molti modi “carnefici” di stare al mondo e di spaccare la solidarietà tra i viventi senza stringere tra le mani un coltello. Per mettere in pericolo persone e relazioni bastano l’arroganza dei potenti come Anania, i pregiudizi di Lisia, l’indifferenza di Agrippa e Berenice, i pettegolezzi dei nazareni. A volte ci si illude che il male sia relegato a singole azioni brutali, ma anche gli atti più gravi si nutrono di molti piccoli assensi e silenzi, quotidiano cinismo, autoassoluzioni.

Esistono, però, una serie di personaggi della Scrittura “carnefici innocenti” che fanno del male senza colpa. Giuditta e l’assassina di Abimèlec, che agiscono per legittima difesa di un popolo, e ancor di più Beniamino, la cui madre muore dandolo alla luce – un dolore che lui non voleva, non poteva volere. Sembra un paradosso inserire storie così nella selezione di questo libro, ma in fondo è una condizione dell’esistenza: si può provocare sofferenza senza volerlo e fare a pezzi chi ci è intorno nostro malgrado, a volte senza nemmeno aver avuto il tempo di scegliere. Così, spesso, le figure dell’aguzzino e della vittima si confondono: Ester, Iefte, le figlie di Lot… Non so-

no pochi i personaggi che si collocano in questa zona grigia, attraversandola ora dall’uno ora dall’altro capo. Ma mentre ci si scontra con la complessità di questi variegati carnefici, si deve prestare attenzione a non far sparire coloro che non hanno potuto essere altro che vittime. Per non relegarli a semplici comparse delle loro stesse storie, in qualche titolo i loro nomi compaiono accanto a quelli dei loro oppressori, con un “contro” a dividerli: almeno nella narrazione, si cerca di rendere loro giustizia. Spesso si tratta di donne. Anche se nella Bibbia non mancano personaggi femminili violenti (Atalia, la moglie di Potifar, Erodiade e altre), la percentuale dei maschi feroci è generosamente più ampia. Gli uomini sono più frequentemente nella posizione di commettere soprusi per il “semplice” (ma non scontato) fatto che detengono un potere. Potere e violenza sono strettissimamente connessi – anche le donne spietate sono quasi sempre regine –, e a partire da questa equivalenza c’è il rischio di narrare anche Dio come l’onnipotente-oppressore. Ma leggere la Scrittura attraverso gli occhi dei carnefici non può giustificare un Dio feroce come loro. Serve invece fare un altro esercizio, cioè prestare attenzione di volta in volta a come si disegnano i vettori di potere su ogni scena. Chi ha il

privilegio di imporsi e chi subisce. Agli occhi di Dio, infatti, è diversa la violenza dei poveri che cercano una via d’uscita, pur in modi riprovevoli, rispetto a quella dei potenti che non si fanno scrupoli nei confronti di nessuno. Custodire chi è in posizione di debolezza impegna Dio a ogni passo della storia della salvezza, e con lui il suo popolo e l’umanità intera.

È il motivo per cui in questa raccolta compare anche una figura come Giuseppe, che carnefice non è affatto: andava raccontata almeno una storia di sofferenza evitata del tutto. La sua è la vicenda di chi, potendo fare del male, e addirittura avendone l’autorizzazione, si è fidato di sogni, intuizioni e mezze parole pur di trovare un’altra opzione. È una speranza: si può essere carnefici mancati. L’ombra lunga della violenza resta ancora lì come qualcosa che si può materializzare a ogni momento, ma, almeno per stavolta, è schivata. Più di tutti realizza questa assurda possibilità di bene Gesù di Nazaret, la vittima sacrificale per eccellenza, intorno alla quale non a caso si raccolgono quasi tutti i carnefici dei Vangeli (alcuni anche per essere perdonati). D’altronde, i cristiani professano che il Figlio si è «fatto carne»: incarnandosi, certo, ma anche offrendosi agli aguzzini che di nuovo ne hanno esposto il corpo su una croce.

Lui è l’unico fatto a pezzi che è rimasto tutto intero. E che è tornato «in carne e ossa» (Lc 24,39). Come a dire: anche davanti alle storie più scabrose bisogna affidarsi alla pagina successiva, che c’è , anche quando non è (ancora) raccontata. La Bibbia è infatti, in maniera non molto diversa dalle nostre esistenze, una storia e un insieme di storie, dove il tempo procede, le persone possono riscattarsi, le comunità si raccolgono, piangono, si ricostruiscono. E, con Gesù Cristo, perfino i morti risorgono.

Va da sé che questo libro non vuole essere una cella affollata di mostri sanguinari. I personaggi della Scrittura qui raccolti, una cinquantina, offrono piuttosto uno spaccato del mondo così com’è, ovunque, ogni giorno. Tutti e tutte loro, come noi, sono in grado di fare del male: c’è chi lo compie per qualche ragione, chi per nessuna, e un esiguo numero si sfila dall’elenco per un pelo. I loro ritratti sono appena abbozzati, perché chi legge possa riconoscerci dentro altre vicende, vicine o lontane, personali o comuni. Come per le storie narrate nei libri precedenti di questa serie, Sconosciute e Manchevoli (2024), bastano poche righe per ogni personaggio, come uno schizzo fatto a penna a margine di un libro. Chi vuole approfondire deve invece affidarsi

agli studi, preziosissimi, di bibliste ed esegeti (alcuni sono riportati nella bibliografia finale), i quali hanno permesso anche a questo volume di proporsi come fondato scientificamente, verificato sulla lingua ebraica e greca e pertinente con il contesto. Quelli che seguono, però, sono bozzetti per disegnatrici e disegnatori non professionisti. Anche i dialoghi tra i personaggi biblici a volte sono letterali e a volte invece sono resi con la libertà delle conversazioni quotidiane, come fa chi, mentre ascolta certe pagine della Bibbia, completa il racconto a spanne con i ricordi che ha. Lettori e lettrici che sopprimono senza colpa alcuni dettagli e ne rianimano altri, e di tanto in tanto, rileggendo qualche brano della Scrittura “perché capita”, si ritrovano davanti a pagine difficili, a scontrarsi con il mistero del male. Sentirsi un po’ legati nell’inquietudine dei carnefici è già un buon unguento per quest’umanità ferita e martoriata: in fondo la nostra è, sì, carne, ma carne viva, mentre cerchiamo di rimarginarci, ricucirci, riappacificarci.

• Questo libro raccoglie, adattati e integrati, articoli comparsi tra il 2023 e il 2025 nella rubrica La Bibbia racconta del settimanale diocesano di Brescia La Voce del Popolo. Un sincero ringraziamento va dunque al direttore, Luciano Zanardini, per avermi dato occasione di ristudiare, rinarrare, e oggi rilanciare, le storie di molti personaggi biblici.

Caino contro Abele

Dio non abbandona i carnefici

[Gen 4]

In molti dialetti c’è un’espressione, ormai poco usata, per dire che una donna ha avuto un figlio: «Ha comprato un bambino». Innanzitutto, è perché la vita “si paga”: mettere al mondo un altro essere umano non è un’operazione a costo zero (in termini economici, sociali, emotivi…), e il nuovo nato si accorgerà da solo del prezzo dell’esistenza. E poi, perché il bimbo è “di qualcuno”, così come si direbbe di una proprietà: appartiene a una famiglia, a una madre, a un padre – ed è facile, qui, diventare possessivi. Anche la prima nascita narrata nella Bibbia è annunciata così: Eva partorisce e dice: «Ho acquistato un figlio da Dio». Gli dà nome Caino, che in ebraico evoca il verbo “comprare” (qanah), ma anche “essere gelosi” (qana’ ): pure Eva, in fondo, crede che quel figlio sia “suo”.

Caino nasce dunque in un mondo che non è (più) un paradiso. E il desiderio di dominio è già lì ad attenderlo, «accovacciato alla sua porta». Poco dopo si

ritrova ad avere un fratello, un parente insignificante a cui la madre non rivolge nemmeno una parola. Il suo stesso nome, Abele, vuol dire “soffio”, “vapore”. Caino è il figlio per il quale Eva ha ritenuto di voler pagare un prezzo, il figlio che vorrebbe tutto per sé. Abele, invece, non è nulla.

I due diventano adulti. Caino è un agricoltore e offre al Signore le primizie della terra; Abele invece è un allevatore e porta in offerta degli animali. Ora, Dio – che ha sempre una preferenza per i piccoli e gli umiliati – ignora Caino e guarda Abele. Il primogenito s’infuria, accecato dal suo privilegio: a lui (e anche un po’ a noi, suoi discendenti) sembra un’ingiustizia! Finora pensava che tutto gli fosse dovuto, che tutto fosse “suo”, e per la prima volta si rende conto che non c’è solo lui. È faticoso accorgersi, d’un colpo, che il proprio fratello non è solo “un soffio”, non è solo di passaggio, ma esiste agli occhi di Dio. È difficile notare una presenza che si è potuta ignorare fino a un attimo prima! La poetessa Mariangela Gualtieri, nella stessa opera citata in esergo, fa aleggiare intorno a Caino queste parole: «Qualcuno è sempre meglio di te. / Qualcuno è più amato. Sempre. / Qualcuno è più fortunato. / Come si può sopportare?». Sì, il primogenito di

Eva e Adamo si tortura di gelosia. Il Signore coglie subito la sua sofferenza; prova a parlagli, a suggerirgli che il suo dolore non implica violenza, che può scegliere altrimenti... Ma lui tace. Il suo mutismo si trasforma presto in brutalità, e uccide Abele.

Eppure Dio non smette di parlargli: Caino è un assassino ma è anche vittima di sé stesso. Lui che voleva tutto, ora non ha nemmeno più una casa, perché non si può rimanere fermi dove si è commesso un delitto. Perciò Dio dice: «Ramingo e fuggiasco sarai sulla terra»; e lui si ritrova nomade, “di passaggio”, come Abele. Il ricordo della violenza perpetrata sarà per lui una maledizione, il prezzo da pagare. E sarà un prezzo sufficiente, stabilisce il Signore: non sarà versato altro sangue, a Caino non sarà torto un capello. Dio promette che non lo lascerà solo, che lo custodirà dal moltiplicarsi della violenza. Dio non abbandona i carnefici. Dio non ci abbandona.

Balaam e l’asina. Perché maledici? pag. 58

L’assassina di Abimèlec. Da ricordare » 61

Iefte contro sua figlia. Uccidere per principio » 64

Due prostitute. Tagliate il bambino » 67

Atalìa. Figlia d’arte » 71

Giuditta e Oloferne. Una vedova tagliente » 74

Ester e Aman. Vendetta o carnevale » 77

Le belve feroci. Il cosmo intero divora » 81

Osea contro Gomer. Profeti da convertire » 84

Erode il Grande. Modi di essere re » 87

Giuseppe. Il carnefice mancato » 90

Matteo/Levi. Segui il ladro » 93 I nazareni. La presunzione di sapere » 96 I mercanti del Tempio. Spazi da liberare » 99

Beelzebùl. Una parabola sulla forza » 102

La zizzania. Una parabola agricola » 105 Il servo spietato. Una parabola sul perdono » 108

Anna e Caifa. Il controllo » 111

Giuda. Solo i compagni tradiscono » 114

Pilato. Uscirne pulito » 117

Figli e figlie di Gerusalemme. Piangere per tutti » 120

I malfattori. Nessuno si salva da solo » 123

I soldati. La storia va guardata intera pag. 126

Anania e Saffìra. Peccato originale » 129

Saulo. Il persecutore » 132

Simone il mago. Comprare Dio » 135

Giudei di Antiochia. Scuotere la sabbia dai sandali » 138

Lisia. Terrorista! Terrorista! » 141

Anania. Muro imbiancato » 144

Agrippa, Berenice e Festo. Mani legate » 147

Gezabele. Un’idolatria allettante » 150

Il drago e le bestie. Il male cambia forma » 153

Babilonia e Gerusalemme. Città e racconti » 156

Piccola bibliografia » 159

Compra On Line

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.