Pantheon 113 Speciale Tocatì

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PREZZO €3,50 COPIA GRATUITA

EDIZIONE AGOSTO 2020

ANNO 12 - NUMERO 7

NUMERO CENTOTREDICI

PANTHEON 17 - 18 - 19 - 20

SETTEMBRE

TO CA 20 20

Festival Internazionale dei Giochi in Strada

Ospite d’onore di quest’anno

LE ITALIE DEI BORGHI IN GIOCO


I GIOCHI DI IERI E DI OGGI

IL VALORE DELLE PERSONE GAL Baldo - Lessinia

PROMUOVIAMO LO SVILUPPO RURALE DEI TERRITORI NEL RISPETTO DELLE LORO TRADIZIONI Contatti via G. Camuzzoni 8 - Soave (VR) tel. 045 6780048 mail: gal@baldolessinia.it *Iniziativa pubblicitaria finanziata dal Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020. Organismo responsabile dell'informazione: GAL Baldo Lessinia Autorità di gestione: Regione del Veneto - Direzione Adg FEASR


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L’editoriale “Veronesità”, ne abbiamo sentito parlare con accezione negativa e con spirito sarcastico nelle ultime settimane. Come sinonimo di provincialismo, ottusità, come causa di spinte retrograde, addirittura nostalgiche, contrarie allo sviluppo di un territorio. Essere veronese, sentirsi veronese, tifare Verona, evidentemente, non è sempre consentito. Di sicuro non in economia, più probabile nello sport. Chi ha provato a difendere un patrimonio storico, finanziario, valoriale come Cattolica Assicurazioni (e ancora prima l’ex Banco Popolare e poi Agsm per citare gli ultimi casi più significativi) è stato deriso, sminuito, accusato, etichettato: “provinciali”. Peccato che quel provincialismo sia stato per decenni uno dei motori di crescita della nostra città. A partire dalla triade, anzi dal triumvirato, Giorgio Zanotto, Renato Gozzi e Carlo Delaini che misero tra gli anni Cinquanta e Sessanta proprio Verona, e il loro sentirsi veronesi, alla base di scelte strategiche e lungimiranti di cui oggi non c’è minima traccia.

Speciale Tocatì

DI MATTEO SCOLARI matteo.scolari@veronanetwork.it @ScolariMatteo

Cosa vuole essere Verona nei prossimi anni? Cosa vuole fare Verona da grande? Ricevere ordini e sottostare a regole di altri, o contribuire a crearle? Sentirsi protagonisti all’interno di un piano complessivo presuppone di avere delle carte buone da giocarsi al momento opportuno, noi le stiamo regalando, svendendo con leggerezza, superficialità, poca trasparenza, nell’interesse di pochi. A settembre ci sarà la diciottesima edizione di Tocatì, ospite d’onore in questo anno condizionato dall’emergenza Covid-19 saranno le Italie dei borghi, tredici splendidi borghi del Bel Paese che, orgogliosamente, collegati dal luogo di origine, presenteranno i giochi e le tradizioni di cui sono custodi. Identità e custodia, per sentirsi unici, per farsi ammirare da tutta Italia, da tanti paesi nel mondo collegati in streaming. Identità e custodia, l’esatto contrario di provincialismo, binomio di cui far tesoro, seriamente, e sinonimo, stavolta sì, di veronesità.

Veronesità non significa escludere, ma preservare per valorizzare. Valutare con attenzione e serietà, riflettere su 124 anni di storia, di intrecci valoriali, di ricadute socio economiche sul territorio scaligero – come nel caso della Società Cattolica di Assicurazione, fondata nel 1896 – non è un tentativo di chiusura su se stessi o un’incapacità di aprirsi al nuovo. Tutt’altro. È il punto di partenza per rafforzare un’identità sempre più necessaria in un contesto fluido, sfidante e globalizzato. Stiamo perdendo punti fermi, punti di riferimento, asset identitari la cui dipartita ci impoverisce non tanto economicamente, ma soprattutto dal punto di vista dell’autostima e dell’autorevolezza.

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Speciale Tocatì

La redazione 6

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CHE TOCATì SARÀ

Direttore Responsabile

Tra sicurezza, distanziamento

Matteo Scolari

e giochi all’aperto

Direzione Editoriale

LE ITALIE DEI BORGHI

Redazione Matteo Scolari Miryam Scandola Giorgia Preti Alessandro Bonfante Camilla Faccini Samantha De Bortoli

Miryam Scandola

L’atto d’amore del Festival al nostro Paese

12 UN PAESE CI VUOLE I borghi di Italia e i loro giochi

22 VERONA RINASCE ANCHE COSÌ

La parola al sindaco Sboarina

24 NEI LUOGHI (E NEI MUSEI) DELLA CITTÀ

La nuova geograf ia del Tocatì

Hanno collaborato allo Speciale Tocatì Sara Avesani Marta Bicego Chiara Boni Emily Bubbio Marco Menini Giulia Zampieri Marco Zanoni Illustrazioni Paola Spolon Sviluppo Commerciale Laura Avanzi

36 LA FILOSOFIA FA

BENE AI BAMBINI Ne è certo il pedagogista

Indice

Marco Dallari

38 TRASFORMARE LA CADUTA IN UN PASSO DI DANZA La scuola del fallimento di Francesca Corrado

40 NEI GIARDINI

DELL’IMMAGINAZIONE L’illustratrice Irene Penazzi e la sua natura disegnata

Registrazione tribunale di Verona n° 1792 del 5 aprile 2008 Numero chiuso in redazione il 29 luglio 2020 Società Editrice Infoval S.r.l.

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IL GIOCO COME PATRIMONIO UNESCO

Redazione Via Torricelli, 37 (Verona) P.iva: 03755460239 - Tel. 045.8650746 - Fax. 045.8762601

La candidatura multi-paese

Email: redazione@veronanetwork.it Web: www.giornalepantheon.it

48 LA GALASSIA DEL

Facebook: /PantheonVerona Twitter: @PantheonVerona Instagram: pantheonmagazine

FESTIVAL

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UN’EDIZIONE IBRIDA TRA ONLINE E OFFLINE

CHE FESTIVAL SARÀ

Un Tocatì diffuso su scala nazionale, in una lontananza solo fisica che vuole far nascere una nuova prossimità. Pratiche ludiche giocate a distanza ma trasmesse in simultanea sui canali del Festival, per raccontare tante Italie minori e immense. DI MIRYAM SCANDOLA

Esserci perché La grande incertezza di tutti, le tante difficoltà nell’inseguire norme di sicurezza ancora e sempre in divenire, un budget ridotto in maniera drastica e la sostenibilità economica dell’evento tutta da ripensare. «Ma non potevamo rinunciare a dare questo segnale di ripresa» spiega Paolo Avigo, presidente della Associazione Giochi Antichi che ha fatto nascere il Festival Tocatì ormai 18 anni fa. Gli fa eco il vicepresidente Giuseppe Giacon «in questi mesi di socialità modificata, tornare a giocare insieme ha un contenuto nuovo, è il ritorno al benessere dell’incontro».

Esserci come Certo «sarà un’edizione diversa, ridotta ovviamente, pensata rigidamente nel rispetto delle norme» chiarisce Avigo. L’imponenza delle scorse 17 edizioni non è nemmeno pensabile in questo anno così particolare. I 250 mila visitatori che erano soliti affollare le piazze di Verona non ci saranno. I giochi in presenza osserveranno in maniera attenta tutte le prescrizioni, le piazze diventeranno i luoghi del deflusso e non più l’epicentro di balli e giochi collettivi, con alcune eccezioni come Piazza Erbe, i giardini del Palazzo delle Poste, il Cortile Mercato Vecchio che, per ampiezza o possibilità di perimetrazione, permettono lo svolgimento delle pratiche ludiche in sicurezza. Si giocherà ma sempre in spazi all’aperto «con-

trollati» dove è possibile assicurare un sistema di entrate e uscite, garantendo accessi contingentati e distanziamento sociale. Per la prima volta nuove aree apriranno le loro porte al festival nel segno di una valorizzazione nuova anche del sistema museale veronese: il Museo degli Affreschi Cavalcaselle, il cortile di Castelvecchio e dell’Arsenale, la Villa romana di Valdonega, l’ex Macello e via così.

Esserci ovunque Dal 17 al 20 settembre, oltre ai luoghi veronesi saranno tante altre le vie e le piazze italiane che si animeranno con i giochi tradizionali. Tredici le comunità ludiche sparse per l’Italia che si collegheranno online mentre lanceranno l’uovo o andranno sui trampoli, intente a rotolare

sugli alpeggi il formaggio o impegnate a remare sulle imbarcazioni della laguna. «Ci sarà il privilegio del proprio contesto» precisa Giacon. Per la prima volta si giocherà a casa propria, nei borghi del Nord come del Sud. Un’attenzione all’Italia minore che sa trattenere gestualità antiche, «perché i giochi li custodiscono i paesi non le grandi città che faticano ad esprimere queste tradizioni impalpabili» spiega Avigo. Nell’anno in cui si parla tanto e a ragione del turismo di prossimità, la riflessione sui borghi è puntuale ma sempre sottesa, anche in passato, alle scelte e all’incedere del Festival. «Sono patrimoni viventi», piccoli paesi dove ancora resiste il significato radicale di essere comunità. Quel condividere il dolore e le risa di chi ci vive accanto. Foto di Stefano Rossin

I volontari del Festival l’anno scorso

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Una struttura ricercata, tra il moderno e il barocco

Situata nel centro storico di Verona, interamente ristrutturata e arredata, dispone di connessione Wi-Fi gratuita in ogni area, riscaldamento, aria condizionata e tv a schermo piatto e le camere sono dotate di bagno privato. L'alloggio si trova in Via Amanti 9, una romanticissima e tranquilla via del centro storico, a 5 minuti a piedi dall'Arena di Verona, a 1 minuto dalla "Casa di Giulietta" e da Piazza delle Erbe, a 1 minuto dalla cattedrale di S.Fermo maggiore e dista 2,2 km dalla stazione Foto di AGA di Verona Porta Nuova, lo scalo piÚ vicino ed ferroviaria è raggiungibile da essa tramite autobus e taxi. Via Amanti 9, Centro storico di Verona, 37121 Verona, Italia / 3881221218 Pagina Facebook: Residenza Elisabetta; Pagina Instagram: @residenzaelisabetta


Speciale Speciale Tocatì Tocatì

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L’OSPITE D’ONORE 2020 VIAGGIO NELLE BELLEZZE MINORI E IMMENSE DEI BORGHI L’Ospite d’onore della 18esima edizione del Festival Internazionale dei Giochi in Strada è l’intimità del nostro Paese. Dal 17 al 20 settembre si giocherà in contemporanea nelle piazze italiane. Un festival diffuso che abbraccia le differenze minime, le identità mai rassegnate, il rumore del vento che tanto ci è mancato nei mesi dell’isolamento.

tutte le nostre ILLUSTRAZIONI DI PAOLA SPOLON

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e italie PANTHEON


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LE PIAZZE DEI BORGHI E I LORO GIOCHI

UN PAESE CI VUOLE

Tornare ai paesi, recuperare lo sguardo attento ai borghi, riscoprire i profili commossi dell’Italia attraverso un linguaggio che attrae tutti: quello del gioco. Il Tocatì quest’anno sarà un dialogo ampio che partirà in contemporanea a Verona e in tante altre piazze italiane. Si giocherà in simultanea, distanti, ma come abbiamo imparato in questi mesi, forse ancora più vicini.

«I

l mondo è fatto così: se non lo allarghi si stringe» scrive Franco Arminio nella sua ultima raccolta di poesie, La cura dello sguardo. Il poeta di Bisaccia, amante dei paesi soprattutto di quelli abitati poco e sempre meno, lo dice che serve estendere quanto abitiamo. La sfida del Tocatì di quest’anno è la promessa grande di ogni gioco: restituire uno scopo, anche temporaneo, alla comunità che siamo. Al nostro stare sulla

terra insieme. E allora mentre nelle piazze di Verona si giocherà a Palota e a Morra, a Monterosso al Mare le strade liguri saranno invase dal Gioco delle noci. In Valle d’Aosta tutti impegnati nel Tsan, il fratello (non proprio gemello) del baseball e poi ancora, a Pienza, gara a suon di forme di cacio. Per far percepire questo flashmob collettivo, molti dei giochi tradizionali saranno registrati oppure trasmessi in diretta sulle piattaforme del Festival.

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Per preparare lo sguardo, iniziamo il viaggio in anteprima tra i borghi delle nostre tante Italie.

DI MIRYAM SCANDOLA


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A Saint Denis, in Valle d’Aosta Neanche 400 anime, Saint Denis è un piccolo paese valdostano attraversato dall’antica via Francigena. Sullo sfondo il castello di Cly e attorno il paesaggio modellato da decenni di allevamento. Piccolo esempio di territorio sostenibile tra investimenti privati e pubblici, Saint Denis con la creazione de L’atelier du monde agricole, un piccolo museo rurale, celebra le tradizioni che non ha mai tradito. Il comune ospita anche il celebre borgo fantasma di Barmaz, svuotato del tutto con il boom economico, attende ancora un progetto di recupero che lo faccia tornare a vivere.

Dove si gioca a Tsan Fratello alla lontana del baseball, lo Tsan ha origini molto antiche come testimonia il suo nome dagli echi franco-provenzali. Significhi “campo” e le partite si svolgono sul terreno erboso dei prati. Ogni anno vengono organizzati due campionati, uno in primavera e uno in autunno,per non danneggiare l’erba necessaria al sostentamento degli animali.

A Farigliano, in Piemonte Ci abitano poco più di 1700 persone in questo paese perso nella terre delle Langhe ammirate per le sue viti e le sue colline ancora in parte selvagge. Ai piedi dei rilievi, con gli occhi sul fiume Tanaro, sorge come una cerniera tra la pianura e l’altezza, Farigliano. Il suo nome è intrecciato al mito come la sua chiesa che sorge su un antico tempio dedicato a Diana. L’eco della storia duecentesca, del Marchesato di Saluzzo rimane nelle rovine del maniero in località Castello. Leggenda vuole che durante un banchetto in onore proprio della Marchesa Isabella Doria un gatto bianco, saltando sul tavolo, si sporcasse di vino. Tutti i gatti che nacquero in seguito furono sempre rossi. Per questo, ma anche per il carattere giocoso e aperto, gli abitanti di Farigliano vengono chiamati I Gatt Ross.

Dove si gioca a Bijè Altro che quote rosa, questo gioco trecentesco prevedeva solo partecipanti donne. Qualcuno parla di origini ancora più antiche legate ai riti propiziatori di fertilità che troverebbe nei birilli tipici del gioco un rimando fallico. Si gioca a coppie e le partecipanti devono abbattere i birilli colpendoli con una boccia di legno detta ‘“ribata”. I birilli sono nove e vengono disposti a cerchio: otto sulla circonferenza e il nono posizionato nel centro del cerchio, protetto dagli altri perché colpirlo dà diritto a nove punti contro l’unico punto dei birilli “gregari”.

A Fossacaprara, Casalmaggiore in Lombardia Frazione del Comune di Casalmaggiore, da sempre il paesino di Fossacaprara ha mantenuto fortissima la sua identità. Prova ne è anche solo la sagra annuale, un evento tutt’altro che banale, dove cultura, gioco e sapori vengono celebrati con un trasporto unico, che si deve all’impegno di tutti e 200 gli abitanti.

Dove si gioca a Sbürla La Rôda I mugnai, un tempo, spingevano con la sola forza delle braccia le macine dei mulini che dovevano essere sostituite. Nel dialetto locale Sbürla La Rôda significa proprio “spingi la ruota”. Ora, per funzioni ludiche, le pesanti macine sono state sostituite da grandi balle di paglia di almeno 250 kg che devono essere trasportate lungo un percorso di almeno 100 metri. L’Associazione Oltrefossa, nel 2002, ha deciso di introdurre questo gioco popolare radunando una settantina di giocatori, tutti uomini, ovviamente, piuttosto forti. PANTHEON


POSSO DIRE DI AVER TROVATO LA MIA “ANIMA ESTETIKA”

Selene Pernigo, giovane titolare del Centro estetico di via Valpantena 20, racconta la sua avventura imprenditoriale nel settore della bellezza e della cura del corpo (e non solo). Determinazione, coraggio, empatia sono le chiavi del suo successo. È un’imprenditrice a tutti gli effetti, anche se per modestia preferisce non definirsi tale. Eppure Selene Pernigo ne ha fatta di strada da quel 2013 quando, dopo cinque anni di liceo psicopedagogico e tre di scuola di Estetica, ha rilevato con una forte dose di intraprendenza un centro di abbronzatura in via Valpantena 20, a Quinto. Una scelta fortemente voluta, all’età di soli 24 anni e con un bambino piccolo a cui pensare. Oggi Anima Estetika - questo il nome dell’attività di Selene - è una realtà consolidata, un punto di riferimento per molte donne, ma anche uomini, che trovano nella titolare e nelle sue collaboratrici professionalità, garbo e tanta simpatia. UN DESIDERIO LATENTE «Ero giovane quando ho colto quest’opportunità. – spiega Selene, originaria di Alcenago, nel Comune di Grezzana - Contro il parere di molti, e tra le perplessità iniziali anche dei miei genitori, sette anni fa ho scelto di iniziare il percorso professionale e lavorativo che in quel momento desideravo di più. Ho sentito che quella sarebbe stata la strada per me, anche se in salita». Un lavoro, ma soprattutto una passione per la giovane imprenditrice che ha sempre coltivato l’interesse nei confronti dell’estetica: «Ricordo quand’ero adolescente e mi trovavo al mare, in spiaggia, assieme alla mia famiglia, – prosegue – mia madre, mio padre…tutti mi chiedevano di applicare la crema solare perché mi riusciva bene, in modo delicato. Un esempio per dire che probabilmente coltivavo in modo latente la curiosità per questo settore, tant’è che poi, in parallelo alla scuola, ho seguito molti corsi individuali per imparare e acquisire conoscenze».


UN CENTRO ALL’AVANGUARDIA

Anima Estetika, con sette cabine a disposizione, tre operatrici (oltre a Selene) e moderni macchinari per la cura del corpo mette a disposizione servizi di estetica di base, quali manicure, pedicure, smalti semi permanenti, ricostruzioni unghie, epilazione con ceretta, trattamenti viso, corpo e massaggi: «A questi si aggiungono anche servizi di estetica avanzata, – sottolinea la titolare – abbiamo macchinari per il dimagrimenti, la tonificazione, la modellazione del corpo, laser epilatorio e strumenti anti età per il viso. E ancora ci occupiamo di pigmentazione, tatuaggi alle sopracciglia, labbra e eyeliner. Possiamo affermare di essere uno dei centri più strutturati del territorio e anche questo aspetto ci premia dal punto di vista della soddisfazione dei nostri clienti.

LAVORO DI SQUADRA

All’avventura iniziata sette anni fa si sono aggiunte via via altre persone che stanno affiancando Selene Pernigo, ognuna con una competenza specifica: «Dopo i primi tempi, in cui ero sola ad affrontare la sfida, ho potuto contare su persone di fiducia alle quali ho potuto delegare e che oggi sono specializzate in settori ben precisi. Morena, ad esempio, è la nostra specialista per la ricostruzione unghie, trattamenti piedi e manicure; Nicole si occupa in particolare di trattamento viso, corpo e massaggi; mia sorella Michela è pigmentista e provvede ai tatuaggi viso. Io seguo il centro e provvedo anche agli aspetti promozionali, fiscali, amministrativi e normativi».

FORMAZIONE

Tutte le dipendenti, compresa la titolare, seguono periodicamente corsi di formazione in modo tale da essere pronte e attente alle novità che il mercato offre e alle tecniche che col tempo si evolvono: «È un aspetto fondamentale. – sottolinea Selene – Per dare un servizio di qualità alla nostra clientela dobbiamo essere sempre al passo. Io stessa provo su di me ogni singolo prodotto di cosmesi o trattamento che poi propongo alle mie clienti. Voglio avere la certezza della qualità e del risultato prima di consigliarlo ad altri».

IL PERIODO DEL COVID E IL CANALE ONLINE

Come ogni attività, anche Anima Estetika ha dovuto chiudere i battenti per alcuni mesi causa Covid-19, ma Selene non è rimasta ferma a guardare: «Dopo un primo grande momento di sconforto – racconta – mi sono affacciata con più frequenza sui social e ho trovato in Facebook uno strumento utile e interessante per tenere vivo il rapporto con i miei clienti. Ho aperto anche il canale di vendita online che mi ha permesso, in parte, di sopperire al periodo duro di chiusura». Oggi il centro estetico di via Valpantena rispetta tutte le normative previste dai protocolli di sicurezza per l’emergenza coronavirus.

SODDISFAZIONI E IL SEGRETO DELLA K

«Ogni tanto mi guardo alle spalle ripensando a quello che ho fatto. – conclude Selene – Avevo 24 anni, non ho mai chiesto nulla a nessuno e ho cercato di farcela sempre da sola. Penso di esserci riuscita proprio perché ci ho creduto e ci credo ancora. A darmi sempre nuove motivazioni ed entusiasmo sono le mie clienti e i miei clienti, alcuni dei quali sono diventati veri e propri amici, ho ricevuto addirittura inviti a matrimoni! Penso che questa sia la soddisfazione più grande, sentire l’affetto, la fiducia, percepire la gioia di persone fino a qualche tempo fa estranee e che ora ti considerano quasi come una di famiglia. Un giorno una ragazza mi ha ringraziato, commossa, dicendomi che era da quattro anni che non indossava un costume da bagno e grazie a noi, e alla sua volontà, è tornata a farlo. Mi ha riempito il cuore». E a chi le chiede come mai il nome dell’azienda contenga la lettera K, Selene Pernigo risponde così: «È l’iniziale del nome di mio figlio Kristian, volevo che ci fosse anche lui in questo piccolo grande sogno chiamato Anima Estetika». Via Valpantena,20 - Verona infoline: 045 550023


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A Sezano, in Veneto Questa frazione sulle colline della Valpantena è un piccolo microcosmo di silenzi e tradizioni. Ogni anno la sagra paesana ne risveglia la forte identità. Altra anima è quella rappresentata dal Monastero del Bene Comune, un antico priorato cinquecentesco dove i monaci olivetani vivevano di preghiera e di lavoro. Oggi è la casa dei padri Stimmatini e ospita incontri e ritiri spirituali.

Dove si gioca al Zugo dell’ovo Difficile trovare informazioni sull’origine di questo gioco amatissimo dai sezanesi che consiste nel tirare un uovo da una distanza sempre maggiore. La coppia che riesce a mantenere l’uovo integro vince la partita (e salva anche la maglietta!).

A Borgo Ponte, Gemona del Friuli in Friuli Venezia Giulia Gemona, alle pendici delle Prealpi Giulie, con il suo centro storico di origine medievale, è un comune dalla grande fascino storico vilipeso dal terremoto del 1976 con due disastrosi episodi, il primo il 6 maggio e il secondo il 15 settembre, che provocarono il crollo di una parte del duomo, punto di riferimento per l’intera città, del castello, e di moltissimi altri edifici. Ora la cittadina è stata riedificata completamente con criteri antisismici.

Dove si gioca alla Pilote Due squadre, attorno, un tempo, gli abiti tradizionali e via a lanciare e rilanciare una palla (la pilote, una sorta di amalgama di crini di cavallo racchiusa in più strati) usando le mani, che a fine partita sono sempre arrossate, a mo’ di racchette. La squadra perdente deve pagare da bere ai vincitori e all’arbitro. Grazie ad alcuni volontari del Borgo Ponte, si disputa da anni un torneo fra borgate con grande agonismo e partecipazione.

A Burano, Venezia Tra le città più colorate del mondo, Burano è una delle isole di Venezia, nota per il merletto e per il fascino cromatico delle case. Le forme geometriche de la Casa di Bepi Suà dipinta con l’utilizzo di moltissimi colori è il riassunto di quest’anima lagunare.

Dove si gioca a Remiere Più che un gioco è un orgoglio. La tecnica della cosiddetta Voga alla Veneta ha origini antiche legate alle condizioni idrogeologiche lagunari. Si voga in piedi per vedere dove c’è abbastanza fondale nel complesso intreccio di canali.

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A Monterosso al Mare in Liguria La sagra del limone tinge ogni maggio di giallo questo antico borgo marinaro. Le colline disegnate da viti e ulivi abbracciano l’abitato che profuma di salsedine. Meno aspro degli altri paesi delle Cinque Terre, Monterosso al Mare è noto per le suggestive scogliere (e spiagge) tra le più scenografiche della riviera.

Dove si gioca al Gioco delle Noci Si gioca in strada, la sera e il prerequisito è l’essere donne. Le noci sono allo stesso tempo strumento e premio del gioco. Un esercizio di mira e precisione, le giocatrici devono colpire con una noce le altre noci disposte per terra.

A Pienza, in Toscana Dal colle sul quale è adagiata, Pienza domina tutta la Val d’Orcia. Nel Rinascimento è stata la città “ideale” a suon di utopie (e investimenti economici) dell’umanista Enea Silvio Piccolomini, diventato poi Papa Pio II. Una città rinascimentale ritratta in un bellissimo dipinto: così la filosofia ha regalato esiti architettonici al borgo toscano. Dal piacere per gli occhi a quello della pancia: Pienza è famosa anche per il suo pecorino, il formaggio molto saporito, più o meno stagionato, fatto con il latte di pecora.

Dove si gioca al Cacio al Fuso Qui si va in deroga con la prescrizione famigliare di “non giocare con il cibo”. La pratica ludica si fonde con il controllo qualità. La forma di cacio, il saporito formaggio locale, deve fermarsi dentro i cerchi concentrici disegnati intorno al fuso al centro della piazza.

A Schieti, nelle Marche Piccola frazione di Urbino, la sua storia si è scritta attraverso la tradizione contadina e lo sviluppo delle attività minerarie. Il castrum fortificato sulla collina è eco dell’epoca medievale, mentre il passato più recente (dalle guerre mondiali alla Resistenza) ha giocato un ruolo nello spopolamento che, nel corso degli anni Sessanta, ha visto la popolazione passare da 1.200 abitanti ai soli 300 attuali.

Dove si gioca con i Trampoli A giugno si tiene il Palio che pare abbia origine dall’abitudine dei carbonai di guadare il fiume Foglia con i trampoli. Il vincitore della gara di velocità e di equilibrismo all’epoca guadagnava una forma di cacio e un bicchiere di vino. Ora i premi possono variare, ma i balli popolari che accompagnano la fine della competizione sono rimasti intatti.

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Ad Arpino, nel Lazio Borgo fondato (come recitano le iscrizioni) dal dio Saturno, patria di Cicerone e pure crocevia di regni e conquiste, Arpino ha un tesoro architettonico di palazzi e chiese tutte da visitare. Nella parte più antica della città, l’Acropoli di Arpino, sorge la torre di Cicerone probabile residenza della famiglia del noto autore.

Dove si gioca alla Corsa con la Cannata La gara, inserita nel grande calderone della manifestazione folkloristica locale Il Gonfalone, è l’unica competizione riservata alle donne. Le concorrenti portano sul capo la “cannata”, un recipiente di terracotta, contenente acqua, simbolo della Città di Arpino e della Ciociaria. Il percorso è di 280 metri e non bisogna far cadere, ovviamente, il vaso.

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A Fossato Jonico, in Calabria Frazione di Montebello Jonico, in provincia di Reggio Calabria, a 600 metri sul mare. Questo piccolo paese di poche case è avvolto dalle meraviglie naturali come la rupe di Pentadattilo e le Rocche di Prestarà. Un passato antico, testimoniato dai tanti ruderi medievali, ma poco interrogato aleggia sul borgo che si raggiunge a termine di una strada tortuosa.

Dove si gioca a Birillo Parato Ha origini babilonesi questo gioco che è arrivato in Italia durante il ventennio fascista. Funziona così: si lancia ad una certa distanza un birillo cercando di abbatterne uno posto in una posizione fissa che ha sulla sommità una pila di monete, una per ogni giocatore. Con il lancio, si vincono una o più monete facendo il modo che, abbattendo il birillo fisso o nel caso esso sia già stato abbattuto da un altro giocatore, il proprio birillo si avvicini alle monete cadute sul terreno più del birillo fisso.

A Novara di Sicilia, in Sicilia Inserito nel circuito dei Borghi più belli d’Italia, questo paese è una gemma medievale, con le piccole case, le viuzze rese preziose dagli archi, le facciate decorate. In provincia di Messina, il borgo è disegnato dall’arenaria locale e dalla maestria antica degli abitanti, molti tra loro sono abili scalpellini, tanto da guadagnarsi il soprannome di Paese di Pietra.

Dove si gioca al Lancio del Maiorchino Anche qui il protagonista è un formaggio locale, il maiorchino o, meglio, nel dialetto locale “a maiurchèa”. Il lancio delle forme di pecorino riale al primo trentennio del 1600. Un gioco di abilità ma soprattutto di fortuna che consiste nel lanciare la “maiorchìna”, facendo leva sul piede di appoggio fermo sul punto segnato, senza alcuna rincorsa, lungo il percorso tradizionale che parte da una via centrale e arriva fino ad un muretto.

A Ollolai, in Sardegna In provincia di Nuoro, è un paese abitato da circa 1.500 persone. Conserva ovunque le tracce del suo imponente passato. Pure nel toponimo che, secondo la leggenda, è da attribuire all’indole ribelle degli antenati ollolaesi (alalè, grido di guerra delle tribù della zona prima della battaglia). Immerso nella macchia mediterranea, oggi è il paese dell’arte dell’intreccio la cui materia prima è l’asfodelo che colora le vicine campagne.

Dove si gioca all’Intrumpa Un’arcaica lotta forse di origine nuragica, tramandata per millenni attraverso la pratica e i racconti che narravano le gesta di personaggi leggendari. Praticata in tutta la Sardegna, ha una discreta rosa di varianti ma la posizione iniziale è sempre uguale. I combattenti si affrontano stando in piedi uno di fronte all’altro, con il busto semiflesso in avanti, un braccio sotto l’ascella dell’avversario, l’altro braccio sopra la spalla per impugnare dietro la schiena.

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Remiere

Gioco delle Noci

Tsan FENT

Corsa con la Cannata

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Pilote

Lancio dell'Uovo

Trampoli Schieti

Cacio al Fuso,

Birillo Parato,

Lancio del Maiorchino,

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LA PAROLA AL SINDACO SBOARINA

VERONA RINASCE ANCHE COSÌ La richiesta di inserimento del Tocatì nel Registro delle buone pratiche di salvaguardia dell’Unesco riempie di orgoglio il sindaco di Verona Federico Sboarina e l’assessore con delega ai Rapporti con l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, Francesca Toffali.

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ome sappiamo, ora è ufficiale. Il dossier per la candidatura del Tocatì a patrimonio immateriale Unesco è stato inviato a Parigi e quel che più conta è che l’iscrizione potrebbe arrivare entro il 2021. Lo scorso 21 luglio, all’interno del Palazzo Grandi Stazioni di Venezia, è stata ufficializzata la presentazione del documento. Un primo obiettivo raggiunto grazie a un gioco di squadra, perché l’Italia è capofila di una candidatura multinazionale che vede schierati anche Belgio, Cipro, Croazia e Francia. Tutti in prima linea per salvaguardare il gioco tradizionale. Si tratta della prima volta che in Italia viene richiesto l’inserimento di una usanza nel Registro della buone pratiche di salvaguardia dell’Unesco. UN BENE PER TUTTI «Verona, già patrimonio mondiale Unesco per l’unicità delle sue mura

magistrali, candida ora anche la sua tradizione immateriale un patrimonio tramandato nei secoli che deve essere custodito. Ma anche valorizzato e fatto conoscere al mondo intero. Il prezioso lavoro fatto negli anni dall’Associazione giochi antichi, con questa candidatura, centra l’obiettivo» spiega il sindaco Sboarina. «Il Tocatì, manifestazione che ha ridato centralità al gioco in strada, e che ha portato a Verona tradizioni da tutti i continenti, è pronto a diventare patrimonio e bene dell’umanità intera. E noi non possiamo che esserne orgogliosi e metterci a disposizione affinché questa manifestazione continui a crescere». VERONA È E SARÀ BENE DELL’UMANITÀ «Assistiamo ad un interscambio di valori materiali e immateriali – ha aggiunto in conclusione Toffali-

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determinato da una eccezionale miscela di opere che l’uomo nel corso di secoli ha ideato. A noi amministratori, così come ai cittadini, la responsabilità di conservare e tutelare da una parte, tramandare e promuovere dall’altra, questo eccezionale patrimonio. Verona è e sarà bene dell’Umanità. Questo però è solo l’inizio, dopo il riconoscimento del “bollino Unesco” servirà costituire un sistema che sappia alimentare questa nostra tradizione, che non deve essere lasciata in balia dell’iniziativa o dell’impegno del singolo, sia esso privato o pubblico».

DI MATTEO SCOLARI


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LE NOVITÀ SPIEGATE DA FRANCESCA BRIANI E FRANCESCA ROSSI

NEI MUSEI PER GIOCO (E PER CREARE RELAZIONI) L’arte, l’archeologia, la natura. A intrecciarle, con il sottile filo rosso della creatività, sarà il Tocatì con un’edizione che coinvolgerà la rete dei musei civici in riva all’Adige.

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l gioco sarà ovviamente il protagonista assoluto, in movimento tra spazi aperti e chiusi (pure inediti), per far riscoprire il patrimonio culturale di Verona da un punto di vista “altro”. Quello della fantasia che riesce, appunto, ad aprire orizzonti nuovi e a rinsaldare i legami. «Verona è una destinazione unica, con collezioni

importantissime che narrano la storia della nostra città. Un racconto che dev’essere approfondito dai veronesi e conosciuto dai non veronesi», esordisce Francesca Briani, assessore alla Cultura del Comune di Verona. «Come settore Cultura anche quest’anno sosteniamo con un contributo importante il Festival: è segno d’attenzione per un evento di

tradizione che negli anni è cresciuto, coniugando al meglio aspetto ludico e culturale», spiega. «In questa edizione sarà dato particolare rilievo alle sedi museali e di questo siamo soddisfatti – aggiunge Briani –: è giusto sottolineare il valore e la forza del nostro sistema di musei e monumenti in un momento in cui le città d’arte sono, per quanto riguarda il turismo, in difficoltà». UNITI PER LA BELLEZZA Oltre la pandemia, c’è un’unione di intenti per valorizzare la bellezza. «Sarà un percorso a tappe tra i musei artistici, archeologici e naturalistici scaligeri. Non senza qualche sorpresa», anticipa Francesca Rossi, direttore dei Musei Civici. L’obiettivo è quello di valorizzare la rete civica, prose- gue, «con sedi appositamente pensate per favorire la frequentazione e la fruizione. Abbiamo lavorato sugli spazi chiusi e aperti, nell’ottica di offrire una proposta integrata per creare un legame tra la

DI MARTA BICEGO

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dimensione del gioco e della tradizione e l’esperienza del museo. Una contaminazione tra i valori immateriali e ciò che un museo racchiude». Le dimensioni ludiche e didattiche non sono così distanti: ad accomunarle è l’esperienza. «Da parte c’è quella artistica, che il visitatore vive nel contatto attraverso i sensi, che crea una parteci- pazione diretta, soggettiva. Nell’arte c’è un coinvolgimento emozionale molto forte, ed è analo- go nel gioco, perché mette in discussione, introduce all’esperienza».

Il gioco e l’arte stimolano la creatività, l’immaginazione, l’intelligenza. «Non ultimo, la relazione tra le persone – conclude Rossi –. Il Tocatì propone giochi di squadra, di comunità. Così l’esperienza nei musei consente queste relazioni: una partecipazione allargata che ha una funzione sociale».


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Osservando tutte le misure di sicurezza necessarie per evitare assembramenti, alcune pratiche ludiche si lasceranno guardare dal vivo, anche quest’anno. Eccovi una sintesi per non perdere il fascino di gesti antichi e sempre nostri.

NEI LUOGHI DELLA CITTÀ I GIOCHI IN PRESENZA

ILLUSTRAZIONI DI PAOLA SPOLON

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S-cianco Antichissimo (la pratica ludica è attestata almeno fino a 4.000 anni fa) e amatissimo lo s-cianco, che è il nome del gioco ma anche del più corto dei due attrezzi con i quali si gioca, è conosciuto nella lingua italiana con il nome di lippa. Patrimonio Unesco, vedrete le sue gestualità ripetersi in Piazza Viviani, sabato 19 settembre e domenica 20 settembre dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30.

Morra La morra ha origini antiche, la si giocava nelle osterie e nelle trincee della Prima Guerra Mondiale. La inventarono (forse) gli egizi, la tramandarono i romani e rivive all’Osteria Carega sabato 19 settembre e domenica 20 settembre dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30.

Cuccagna In cima all’albero (o, meglio, al palo) ci sono premi e leccornie varie. Il problema è il grasso che ricopre tutta la superficie e rende difficile la salita dei concorrenti, ben motivati a raggiungere la cima. Per guardare le arrampicate più varie appuntamento nel cortile ovest dell’Arsenale sabato 19 settembre e domenica 20 settembre dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30.

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Impara ad amare l’inglese (e non solo) con Green School La scuola di via Adriano Cristofoli 28, a Verona, dal 1998 forma studenti e professionisti con metodi di insegnamento efficaci e coinvolgenti. Abbiamo incontrato Richard Dylan, londinese, uno degli oltre trenta docenti madrelingua che insegnano a vedere la lingua straniera come un alleato e non come un nemico. Richard, o per meglio dire “teacher” Richard, a Verona, da 22 anni, l’inglese (e non solo) è con Green School. Quali sono le origini, come nasce la vostra scuola? E perché? Green School nasce nel 1998 con Gary Judge, proveniente da Londra, ancora adesso alla guida della scuola. Rispetto alle origini, Green School ha vissuto un cambiamento radicale, concentrato soprattutto negli ultimi cinque anni. Spinti dalla voglia di innovare senza paura di rischiare, abbiamo intrapreso una strada rivolta quasi esclusivamente ai corsi personalizzati, in cui i bisogni dello studente sono al centro della nostra attenzione. Ci rivolgiamo principalmente a chi ha esigenze particolari e a tutti quelli che hanno provato più volte ad imparare una lingua, ma hanno ormai gettato la spugna: sappiamo che esiste un percorso giusto per ognuno. Il vostro payoff è «Learn As You Like», lo studio di una lingua può essere un’esperienza sartoriale, adattabile ad ogni tipo di esigenza?

Assolutamente, anzi è la soluzione migliore per raggiungere risultati tangibili in un periodo breve e mantenerli a lungo termine. Ciò che fa davvero la differenza è un’approfondita analisi dei bisogni e del background linguistico: basandoci su queste informazioni stabiliamo insieme allo studente gli obiettivi da raggiungere e il percorso da intraprendere. L’anima della nostra scuola sono i 30 insegnanti madrelingua (qualificati e con specializzazioni in diversi settori professionali): siamo sicuri di offrire l’insegnante giusto per ogni studente, dando attenzione ad ogni sua esigenza. Partiamo con l’inglese, se fino a qualche anno fa la conoscenza della lingua straniera per eccellenza era un’opzione (pensiamo ad esempio ad un giovane studente delle scuole medie o superiori), ora sembra essere imprescindibile. Lo stiamo capendo? Sì. Lo conferma il numero dei neo-diplomati che ottengono una certificazione linguistica durante il loro percorso scolastico, ma anche il ruolo di rilievo ricoperto dall’internaziona-

Green School - greenschool.it


lizzazione in moltissime realtà aziendali italiane. L’inglese è molto più di una lingua straniera: è uno strumento di comunicazione e di connessione globale, in ambito privato, lavorativo ma anche accademico. Quali sono i corsi individuali (e le lingue) che proponete? La richiesta principale riguarda l’inglese, ma proponiamo corsi di tutte le lingue, non solo quelle europee, ma anche quelle orientali e più di nicchia. Condividiamo regolarmente sui nostri canali social curiosità e approfondimenti sulle diverse lingue straniere, con cui i nostri follower interagiscono. C’è un’età consigliabile per iniziare un percorso di formazione? No, si può intraprendere un corso a qualsiasi età, anche se generalmente i giovani hanno meno difficoltà grazie alla loro grande flessibilità mentale. Tuttavia, la maggioranza dei nostri studenti sono adulti, ed è proprio questo il campo in cui ci siamo specializzati. Nel corso degli anni abbiamo compreso i loro bisogni ma anche le loro potenzialità, aiutandoli a superare gli ostacoli e il timore iniziale di imparare una lingua non essendo più giovanissimi: molti dei nostri studenti infatti sono over 60! Avete un metodo o più metodi di insegnamento? Ci incuriosisce in particolare il metodo TED Talks. La metodologia varia da studente a studente, questo perché non esiste un metodo unico di apprendimento per tutti: ogni studente è diverso, perciò ognuno ha bisogno di un metodo su misura. Il percorso basato su TED Talks è uno strumento di apprendimento più che un metodo: lo scegliamo soprattutto per le persone che vogliono migliorare le competenze di speaking e listening. I TED Talks sono ottimi per entrare in contatto con una lingua vera e viva, non con i classici audio pre-registrati: si tratta di persone autentiche che parlano di temi di attualità, molto coinvolgenti e utili per dare vita a delle riflessioni. Formate anche professionisti, e non tutti sanno che proponete corsi specializzati per settore, addirittura l’inglese per militari, ma anche per avvocati, produttori vinicoli.

Via Adriano Cristofoli 28, 37138 Verona 045913209 - info@greenschool.it @greenschoolverona #greenschoolverona

In ambito lavorativo le competenze linguistiche richieste sono sempre più specifiche. I nostri percorsi specializzati permettono allo studente di prendere due piccioni con una fava, imparando un inglese sia colloquiale che professionale allo stesso tempo. I corsi che hanno più successo sono: Wine, Legal, Military, Fashion, IT, Logistics, Medical and Healthcare, e Customer Care. Quali sono le principali certificazioni che rilasciate? Da diversi anni ormai siamo l’unico centro esame autorizzato Pearson PTE a Verona. Si tratta una certificazione linguistica inglese riconosciuta a livello internazionale e con validità illimitata, con diverse sessioni d’esame durante il corso dell’anno. Le caratteristiche della certificazione Pearson sono in linea con la nostra visione dell’apprendimento: viene valutata la reale competenza linguistica. Oltre ad essere centro esame Pearson, prepariamo gli studenti anche per le certificazioni IELTS, Trinity, Cambridge, TOEFL e per le sessioni del CLA. Oltre ai corsi di lingua, la scuola offre altri servizi? Offriamo servizi di traduzione ed asseverazione, assieme all’interpretariato durante fiere, eventi aziendali e presentazioni. Ci siamo specializzati anche nel Business Coaching in inglese e l’affiancamento in azienda. La scuola conta oltre 30 professori madrelingua e in tanti anni ha erogato migliaia di ore di formazione. In questo lungo percorso, quali sono le esperienze, le testimonianze, i feedback da parte degli studenti che lasciano il segno? Le testimonianze sono migliaia, ma quelle che saltano più all’occhio sono quelle degli studenti che riescono a superare la propria barriera linguistica dopo anni di tentativi andati a vuoto. La nostra soddisfazione più grande è portare le persone ad amare le lingue straniere, a vederle non più come un nemico ma come un alleato. Un’importante lezione che abbiamo imparato è che, spesso, lo scoglio principale non è legato all’apprendimento della lingua di per sé, ma ad aspetti connessi come l’ansia di dover parlare in pubblico o un mindset sbagliato. Pochi sanno che ci occupiamo anche di soft skills e mindfulness, ma questo meriterebbe un discorso a parte.


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Scacchi Il gioco di strategia per eccellenza che vede sfidarsi intelligenze di ogni epoca. Nati in India, gli scacchi arrivarono in Europa verso l’anno 1000 grazie probabilmente alla mediazione araba. Li vedrete in azione presso la Domus Mercatorum sabato 19 settembre e domenica 20 settembre dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30.

Backgammon Viene chiamato “Tavola reale”, perché il suo primo esemplare fu trovato nella tomba di un re sumero nella città mesopotamica di Ur (attuale Iraq). Lo scopo del gioco è riuscire per primi a rimuovere tutte le proprie pedine dalla tavola. Una pratica così regale non poteva che tenersi a Palazzo Diamanti sabato 19 settembre e domenica 20 settembre dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30.

Carrom Anche qui parliamo di un gioco antico, anche qui è l’India che presta i natali. Chiamato “Biliardo da dita”; lo scopo è imbucare le proprie pedine negli angoli colpendole con una pedina apposita. Una vera danza di precisione per le dita che si potrà ammirare a Corte Sgarzerie sabato 19 settembre e domenica 20 settembre dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30.

giochi da PANTHEON


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Awalè/Wari. Il gioco della semina Si gioca in gran parte dell’Africa con le stesse regole. Della famiglia dei macala, ha come scopo principale quello di catturare più semi dell’avversario. Per scoprire i segreti di questa pratica antica, andate al Parco dei Missionari Comboniani sabato 19 settembre e domenica 20 settembre dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30.

Dama Non serve spiegare le regole di questo gioco da tavola conosciuto in tutto il mondo che deve il suo nome al latino domina (ad indicare il pezzo più pregiato della tavola). A Corte Sgarzerie sabato 19 settembre e domenica 20 settembre dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30, potrete vedere tanti giocatori intenti a mangiare pedine altrui.

tavoliere PANTHEON


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PER UN GOTO DE VIN

IL GIOCO DELLA MORRA SPIEGATO Genesi della morra, il «clamoroso giuco» messo all’indice dalle amministrazioni per il suo carattere turbolento, tra scommesse, risse e trance agonistica.

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no! Tre! Cinque!». Le dita si muovono frenetiche. Tutto il corpo è teso nello sforzo e segue una danza ritmata fatta di urla e qualche intimidazione. Devi ingannare il tuo avversario, non deve prevedere il numero che le tue dita e la tua voce stanno per indicare. Contemporaneamente devi indovinare il suo di numero, non cadere nelle sue trappole. Devi essere scaltro, la posta in gioco è enorme: un goto de vin o addirittura un fiasco intero di rosso. È così che si diventa vincitori, tra un rachetàr e uno smocolàr tuo, suo e degli spettatori che stanno intorno al tavolo. La morra ha origini antiche, la si giocava nelle osterie e nelle trincee della Prima Guerra Mondiale. La inventarono (forse) gli egizi, la tramandarono i romani e oggi rivive, parzialmente, anche grazie alle manifestazioni come il Tocatì.

zioni». Questo si legge in una circolare, datata 15 marzo 1836 e indirizzata alle amministrazioni comunali di Verona. La morra veniva annoverata tra i giochi di azzardo in ragione del fatto che, al di là delle scommesse per qualche lira, la foga del gioco induceva spesso i giocatori, presi dalla trance agonistica, a darsele di santa ragione. Ne andava di mezzo anche il proprietario del locale e quindi da allora (ma soprattutto dopo un’ordinanza simile, durante il periodo fascista), anche i titolari delle osterie vietarono questo gioco nei loro spazi. In questi tempi moderni e nell’immaginario collettivo, la morra rimane comunque uno dei giochi popolari più affascinanti e ricchi di aneddoti da raccontare. Un patrimonio da tutelare, nel rispetto della legge, s’intende!

UN GIOCO ESUBERANTE, CLAMOROSO Parzialmente perché, visto il suo carattere di gioco esuberante, è stata da tempo bandita ufficialmente: «I gravissimi e continui disordini che succedono in causa del clamoroso giuoco così detto della Mora determinano questa Regia Delegazione a prescriverne assolutamente la proibi-

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DI MARCO ZANONI


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LA LESSINIA

IN UN PANINO

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Da anni ai tempi vibranti del gioco si affiancano gli incontri scanditi dai pensieri degli ospiti del Festival. Dalla letteratura per ragazzi ai sogni dei grandi, passando per la poetica delle illustrazioni, l’etica della pedagogia e il significato rivoluzionario che, nella società delle vittorie, mostra il fallimento.

TEMPO DI RIFLESSIONI LENTE

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DUE PAROLE CON MARCO DALLARI

L’ARTE È UN GIOCO, CE LO INSEGNANO I BAMBINI Marco Dallari ci insegna che avvicinare i più piccoli al mondo forse non troppo astruso dell’arte ha molti vantaggi, tanto per i bambini quanto per gli adulti.

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rte e filosofia, formato bambini. Un nuovo orizzonte della didattica che sembra poter dare linfa nuova (e un pizzico di motivazione) al bistrattato mondo della scuola. Ce ne parla al Festival Tocatì Marco Dallari, autore e pedagogista. Dal 1997 Marco Dallari è professore ordinario di Pedagogia generale e sociale all’Università di Trento, dove ha fondato il Laboratorio di Comunicazione e Narratività, che oltre alla funzione formativa e di ricerca relativa alle tecniche di comuni- cazione interpersonale e del pensiero narrativo, attiva momenti di animazione territoriale legati a letture pubbliche, animazione e narrazione multimediale, scelta e uso appropriato di testi di letteratura infantile. Professor Dallari, come è successo che l’arte è diventata un gioco? Ne parlo innanzitutto partendo dal concetto di gioco simbolico, ovvero quella modalità di gioco che si sviluppa nei bambini a partire dal secondo anno di età e che prevede che chi gioca rappresentati mediante simboli qualcosa che non è realmente presente: e allora una sedia diventa un castello, una bambola un vero neonato, e così via. Secondo molti studiosi, si tratta di una specificità dell’essere umano, perché questo comportamento non

è presente in nessun’altra specie. Da questo punto di vista, l’arte funziona esattamente come un gioco, un gioco tra il pubblico e l’artista: solo così il quadro che ammiro smette di essere una tavolozza di colori e diventa un paesaggio, una natura morta, o un ritratto. Da dove arriva questa ispirazione? Il primo a fare questo parallelismo tra arte e gioco è stato un critico d’arte molto apprezzato, Ernst H. Gombrich, nel libro A cavallo di un manico di scopa. Al centro di una delle meditazioni raccolte nel libro c’è un giocattolo, un tradizionale cavallino di legno fatto da un manico di scopa, che l’autore prende come spunto per una riflessione sul concetto di rappresentazione intesa come possibilità di evocare un oggetto attraverso la sua descrizione fino al punto di considerarlo non un simbolo, ma un sostituto dell’oggetto reale stesso.

DI CHIARA BONI

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Perché è importante coinvolgere i più piccoli nell’arte e nella filosofia? Come ci insegna Freud, ciascun bambino cerca il principio di piacere, ovvero quella ricerca istintiva del piacere per soddisfare le esigenze biologiche e psicologiche; crescendo trasformiamo le pulsioni in desideri. Il compito dell’arte e della filosofia è quello di provare a fare quello che la scuola ancora non può fare: ovvero raffinare questo principio di piacere, e creare un desiderio per un modo nuovo di immaginare il mondo. Sappiamo che l’arte è uno strumento impor- tantissimo per formare il nostro modo di immaginare e di pensare, perchè plasma il modo in cui ciascuno di noi conosce il mondo stesso. Familiarizzare i bambini e le bambine con il mondo dell’arte e della filosofia significa offrire concetti e modalità presi in prestito dall’arte, ma utilizzabili per osservare e interpretare il mondo. Durante gli ultimi mesi, il mondo dell’arte ha dovuto reinventarsi e scoprire metodi nuovi e diversi per raggiungere un pubblico che, nel periodo del lockdown, era sempre più lontano. Lei cosa si aspetta dall’arte nel post pandemia? Penso che il mondo dell’arte e della


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«Il compito dell’arte e della filosofia è quello di provare a fare quello che la scuola ancora non può fare: ovvero creare il desiderio per un modo nuovo di immaginare il mondo»

cultura abbiano fatto molte cose buone durante il periodo del lockdown, attraverso nuovi metodi di fruizione e cercando di coinvolgere bambini e ragazzi in attività sempre nuove. È pur sempre vero che queste cose i bambini non le scoprono da soli, e anche per questo motivo alcuni saranno sempre più avvantaggiati di altri. Mi auguro che la lezione imparata durante questa pandemia sia che le scuole e i genitori devono fare il possibile per avvicinare i più piccoli a stimoli nuovi.

studenti e studentesse e trovando modi nuovi per connettersi. Purtroppo si tratta ancora di una minoranza: la maggior parte degli studenti durante il lockdown ha avuto solo una valanga di compiti e una gran rottura di scatole. La scuola per ripartire a settembre avrà bisogno di una visione innovativa, che di certo non si esaurisce comprando un miliardo di banchi nuovi, ma piuttosto mettendo al centro del dibattito i bisogni di tutti gli studenti.

E come pensa se la caverà la scuola? Ci sono state scuole e insegnanti che durante questa pandemia sono riusciti a fare cose straordinarie, coinvolgendo

Dove e quando? Marco Dallari è ospite al Festival Internazionale dei Giochi in Strada domenica 20 settembre alle ore 11 in Biblioteca Civica, Sala Farinati, ingresso Vicolo San Sebastiano. Il programma è soggetto a possibili cambiamenti legati agli sviluppi dell’emergenza sanitaria in corso, per aggiornamenti vi invitiamo a seguire il sito www.tocatì.it. PANTHEON


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DUE PAROLE CON FRANCESCA CORRADO

TRASFORMARE LA CADUTA IN UN PASSO DI DANZA Nella Scuola di Fallimento si impara a fare dell’interruzione un nuovo cammino. Lo sa bene Francesca Corrado che ne è alle redini. Ospite al Tocatì, racconterà il suo metodo per imparare ad osare.

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on sempre si può vincere. Ma soprattutto, nella vita, bisogna saper perdere e ripartire dagli sbagli commessi. Perché il successo è nascosto proprio nelle pieghe delle prove fallite che, invece di nascondere sotto la polvere dell’oblio, dovremmo imparare a rielaborare. Reinventandoci a partire da quell’insuccesso, che pare essere ostacolo insormontabile, ma non lo è, se lo si osserva da una prospettiva differente. Non è un’operazione semplice, certo. È nata (anche) per questo, a Modena, la Scuola di Fallimento: l’unica in Italia nelle cui aule si insegna, in corsi individuali o di gruppo, a declinare una piccola o grande sconfitta per superare le paure e ritrovare la forza di osare. Così è stato per la fondatrice, Francesca Corrado: dagli studi in Economia alla ricerca universitaria fino a diventare imprenditrice di una start-up, in seguito fallita per divergenze tra i soci. Lo spunto, questo, per imparare a tradurre un inciampo in opportunità. Il segreto, insomma, è nel saper perdere? C’è una comune tendenza a etichettare come negative o poco significative le esperienze che non abbiano le caratteristiche del successo

come convenzionalmente accettato dalla società. E c’è una comune sensazione negativa dietro ogni scelta o esperienza che non porti lì, dove ci eravamo immaginati di arrivare. Ma il successo è fatto di tentativi falliti, errori, cantonate, sconfitte. È difficile per noi osare e rischiare, accettare di essere fallibili. Nel gioco, come nella vita, o vinci o impari: allenandoti grazie a questa strategia, i risultati che si ottengono sono inimmaginabili. Un fallimento può trasformarsi in rivincita, ma come? Ogni nostro desiderio si raggiunge per mezzo della conquista. L’errore, se accolto e analizzato, permette di vedere cose nuove. Solo chi va avanti alla cieca compie le stesse scelte sbagliate, quindi inciampa e cade sugli errori; per chi utilizza la giusta prospettiva, quell’errore si trasforma in trampolino di lancio, nuove idee

DI MARTA BICEGO PANTHEON PANTHEON

e risorse. È tutta questione di giusto mindset: capacità di saper accogliere gli errori e volontà di analizzarli per trarne informazioni utili. In fondo il fallimento è un feedback utile a capire se stiamo andando nella giusta direzione o se dobbiamo cambiare rotta per inseguire i nostri reali desideri. La scuola suggerisce un percorso, presuppone un cambio di mentalità nel singolo. E di cultura nell’orizzonte allargato della società? La definizione e sensazione negativa che associamo al fallimento dipende da un fatto culturale. Viviamo nella cultura della colpa, ma un Paese o un’impresa che hanno una sana cultura dell’errore hanno pure una sana cultura del successo. E a noi italiani mancano entrambe. Cultura significa coltivare il rischio, la capacità di ripartire subito e riprovare mettendo a frutto la lezione appresa con l’insuccesso; significa migliorarsi costantemente. Cultura dell’errore significa essere tolleranti con i propri errori e quelli altrui: dare una seconda possibilità. Perché errare è umano, in particolare quando vogliamo innovare o creare qualcosa di davvero unico.


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«Viviamo nella cultura della colpa, ma un Paese o un’impresa che hanno una sana cultura dell’errore hanno pure una sana cultura del successo. E a noi italiani mancano entrambe»

Dove e quando? Francesca Corrado è ospite al Festival Internazionale dei Giochi in Strada sabato 19 settembre alle ore 10.30 in Biblioteca Civica, Sala Farinati, ingresso Vicolo San Sebastiano. Il programma è soggetto a possibili cambiamenti legati agli sviluppi dell’emergenza sanitaria in corso, per aggiornamenti vi invitiamo a seguire il sito www.tocatì.it.

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DUE PAROLE CON IRENE PENAZZI

QUEL GIARDINO ILLUSTRATO CHE LASCIA SENZA PAROLE Illustratrice di libri per bambini e ragazzi presenterà al Festival Nel mio giardino il mondo, l’albo di soli disegni uscito in Italia per Terre di Mezzo editore e in Francia per Maison Eliza con il titolo Dans le jardin.

U

n libro «a cui tengo molto» forse perché racconta il suo immaginario più autentico. Nata a Lugo di Romagna, dove vive ancora, in una casa con un grande giardino e un gatto a Irene Penazzi piace leggere, annusare la carta stampata, fare la punta alle matite, nuotare e usare i colori blu e verde. Ma, soprattutto, le piace disegnare per raccontare storie. Nei suoi disegni si respira la poesia che trova nell’incanto che la circonda. Dopo aver studiato lingue ed economia al liceo, si è iscritta al corso di Illustrazione per l’editoria all’Accademia di Belle Arti di Bologna svolgendo anche un periodo di studi Erasmus ad Amburgo. Ha ricevuto riconoscimenti in concorsi di fumetto e illustrazione a livello nazionale e internazionale, e collabora con la Cineteca di Bologna.

Nel mio giardino il mondo come è nato? Dalla voglia di raccontare un pezzetto della mia infanzia, legata in modo particolare al mio giardino, su cui ancora porgo lo sguardo dalla finestra della mia camera/studio. Teatro di giochi, esplorazioni, laboratorio per le più diverse attività, campo di battaglia e circuito (bici, pattini, carriola), isola, casa e rifugio di moltissimi animali e uccelli, è un mondo sempre vivo

nella mia immaginazione, oltre che nella memoria. Ho voluto provare a rappresentarlo e raccontarlo sotto forma di albo di grande formato, senza parole, durante un anno solare, dalla primavera all’inverno. Per disegnarlo, ho usato matite colorate e acquerelli ed è stato un processo perlopiù silenzioso: i disegni hanno suoni, cinguettii, rumori, fruscii, passi che non hanno bisogno di parole. Ognuno, osservando, può inventare i nomi che preferisce, riprodurre i suoni che vuole e aggiungere le proprie parole. Qual è il processo creativo che sta dietro ad un’illustrazione? Prima vengono i pensieri. Poi degli scarabocchi e delle scritte. A volte più scarabocchi, a volte più scritte. Poi degli scarabocchi fatti meglio. Spesso ho bisogno anche di guardarmi intorno, cercare foto su internet o sugli album di quando ero bambina. Anche osservare fuori dalla finestra, andare al

DI SARA AVESANI

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parco per fare alcuni schizzi e foto. Mi lascio ispirare spesso da una semplice passeggiata. Successivamente cerco di fare un buon disegno a matita. Quando poi, con più fatica, lo coloro, mi pare esca tutta un’altra cosa. O almeno a me sembra così (ride, ndr). L’arte arriva in modo diverso ai bambini e agli adulti? Per quello che riguarda la letteratura per l’infanzia, a mio parere, un libro, composto da una storia e da illustrazioni, può influire moltissimo sui bambini come sugli adulti. Perché un libro può incantare, se viene letto da una persona che sa ascoltare. E per lettura intendo lettura di tutti i tipi, ad alta voce o in silenzio, di un testo o delle figure soltanto. Perché ha scelto questo mestiere? Ho sempre amato molto i libri le illustrazioni dei libri che leggevo da bambina, Bianca Pitzorno e Roald Dahl, tra gli altri. Forse perché, oltre ad essere delle storie divertenti e appassionanti, hanno in comune il mio illustratore preferito: Quentin Blake. Guardando le sue figure, copiandole, ho iniziato a pensare che avrei voluto fare anche io il suo mestiere, da grande: disegnare e raccontare storie.


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«I disegni hanno suoni, cinguettii, rumori, fruscii, passi che non hanno bisogno di parole. Ognuno può inventare i nomi che preferisce, riprodurre i suoni che vuole e aggiungere le proprie parole»

Cosa vuole trasmettere con il suo lavoro? Vorrei raccontare che si può viaggiare in qualsiasi momento e in qualsiasi tempo, con la fantasia. Si possono vivere tantissime vite, grandi avventure, cambiare punto di vista. Mi piace anche avere la possibilità di condividere le mie esperienze, specialmente quelle della mia infanzia e della mia famiglia: la passione per la natura, gli animali e il gioco all’aria aperta. Quali messaggi è importante veicolare e a chi in particolare modo? Questa è una bella domanda. Una storia può colpire un lettore in modi

molto diversi. Ci sono storie di tutti i tipi ma non saprei dare loro un grado di importanza; questo può deciderlo il lettore, che non è mai lo stesso. Per quello che mi riguarda ci sono tante cose che i genitori potrebbero imparare dai libri per bambini e, siccome sono proprio gli adulti ad acquistare i libri, potrebbero sfruttarli per divertirsi, per cambiare prospettiva, per dare il buon esempio. Dalle mie illustrazioni forse si capisce quanto sia importante per me la condivisione e il gioco come lingua universale, ma anche proteggere la natura e coltivare le relazioni. Il Tocatì e Irene Penazzi, ne è contenta? Sono affascinata dai tanti aspetti del

Dove e quando? Irene Penazzi è ospite con il suo laboratorio al Festival Internazionale dei Giochi in Strada sabato 19 settembre alle ore 14.30 in Biblioteca Civica, Aula Studio 1. Il programma è soggetto a possibili cambiamenti legati agli sviluppi dell’emergenza sanitaria in corso, per aggiornamenti vi invitiamo a seguire il sito www.tocatì.it.

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gioco in strada e all’aria aperta, che spesso si ritrova in grande misura nelle mie illustrazioni, ed è per me un grandissimo onore poter partecipare a questo festival, presentando i miei libri e il mio lavoro, che molto ha a che vedere con questa realtà. Partecipare significa condividere la mia esperienza in quella che immagino saprà essere una bellissima occasione di scambio. Inoltre, non credo di essere ancora stata a Verona, e devo assolutamente rimediare!


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Il dossier per la candidatura del Tocatì a patrimonio immateriale Unesco è stato inviato a Parigi. Il 2021 è l’anno che sancirà l’iscrizione. Si tratta di un unicum italiano. È la prima volta che viene richiesto l’inserimento di un’usanza nel Registro delle buone pratiche di salvaguardia Unesco.

IL GIOCO È IL PATRIMONIO DEI NOSTRI IERI E DEI NOSTRI DOMANI

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TOCATÌ NEL REGISTRO UNESCO

DI CORSA VERSO IL 2021 Fra gli sconvolgimenti portati dal Covid-19, che hanno investito anche l’organizzazione del Festival, un punto di riferimento è sempre rimasto: la valorizzazione del gioco tradizionale, delle comunità che lo trasmettono e dei territori di riferimento.

I

l Tocatì, ormai nell’anno della maggiore età, non si propone solo come evento annuale, ma come modello e insieme di attività permanenti. Per questo il percorso di candidatura al Registro delle buone pratiche Unesco per la salvaguardia del patrimonio immateriale è ormai un aspetto fondamentale nell’ecosistema Tocatì, ed è rimasto in cima alle priorità dell’Associazione Giochi Antichi e dei suoi partner. Esiste infatti un folto gruppo di istituzioni e associazioni che sostengono il Tocatì nel perseguire questo obiettivo. Dal Comune di Verona, alla Regione Veneto al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo: a tutti i livelli le istituzioni italiane condividono i valori del festival. Non meno importanti per l’approccio all’Unesco sono i partner esteri: si tratta infatti di una candidatura multinazionale. Oltre all’Italia, capofila, il Tocatì si presenta all’Unesco con il sostegno di partner da Belgio, Cipro, Croazia e Francia. Dall’anno scorso, nel percorso verso l’iscrizione al Registro «abbiamo fatto enormi passi avanti», spiega Valentina Lapiccirella Zingari, antropologa specializzata nella salvaguardia del patrimonio immateriale, che collabora con Aga.

«Abbiamo concluso la scrittura della documentazione con i paesi del partenariato per l’invio del dossier completo, che aveva scadenza lo scorso 31 marzo». Tante le riunioni per costruire una visione globale e comune di Tocatì. «Siamo riusciti a concludere gli incontri appena prima dell’esplosione della pandemia, che ha comunque rallentato il processo. I mesi immediatamente successivi sono stati dedicati alla condivisione con le comunità che sostengono la candidatura e alla raccolta delle lettere di consenso». UN PERCORSO COMUNITARIO PER UN RISULTATO COLLETTIVO

Il dossier si compone infatti di tre parti: un video, un formulario e le lettere, che offrono uno spazio di espressione alle comunità. «È stato un percorso comunitario sia a livello istituzionale per la scrittura, sia per la condivisione e la raccolta dei consensi dei gruppi e delle comunità locali vogliono portare avanti la salvaguardia della ludodiversità». Dopo la pubblicazione online del materiale, ci saranno ancora diversi passi verso l’iscrizione nel registro, prevista per fine 2021. «La candidatura – spiega Zingari – non si esaurisce nell’invio dei documenti. Il prossimo anno è quello della valutazione, quindi il comitato sarà

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molto attento alle nostre attività, che dovremo continuare a rafforzare». Durante il Festival di settembre, a Verona tornerà il convegno Tocatí, un patrimonio condiviso. «Sarà utile per rafforzare il sistema di comunicazione con le comunità della rete a sostegno della candidatura. È una grande opportunità ma anche una grande responsabilità».

Le istituzioni ci credono

Il 21 luglio la candidatura è stata presentata a Venezia, nella sede della Regione Veneto, con il sindaco di Verona, l’assessore regionale alla cultura e i rappresentanti del Mibact. Il patrimonio culturale immateriale

Sono le “tradizioni vive”, trasmesse dai nostri antenati. Per l’Unesco, la sua importanza risiede nella ricchezza di conoscenza e competenze trasmesse da una generazione all’altra.

DI ALESSANDRO BONFANTE


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Dove e quando? Tocatì, un patrimonio condiviso si terrà sabato 19 settembre nella Loggia di Fra Giocondo in Piazza dei Signori, dalle 08.00 alle 19.00.

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UNA CANDIDATURA MULTI-PAESE

GIOCHI LOCALI PER VISIONI (E INCONTRI) GLOBALI Esiste un mondo fuori dalle mura di Verona. Non ce ne voglia il Romeo di Shakespeare, ma il Tocatì, nato e cresciuto fra quelle mura, guarda anche oltre. Con la candidatura al Registro delle buone pratiche Unesco per la salvaguardia del patrimonio immateriale, la condivisione del festival con gruppi di giocatori da altri Paesi diventa imprescindibile.

I

l Festival internazionale dei Giochi in Strada è nato in un luogo ben preciso: Verona. È cresciuto però guardando fin da subito oltre le mura, con un occhio di riguardo alle comunità ludiche di tutto il mondo, che negli anni ha invitato a giocare per le strade della città. Un percorso di incontro e condivisione che viene da lontano e sta portando frutti. A sostenere la candidatura al registro dell’Unesco ci sono infatti partner che arrivano da ben quattro Paesi, oltre all’Italia: Belgio, Cipro, Croazia e Francia. Milivoj Pacenti è il responsabile per le relazioni internazionali della “Istarski Pljokarski Savez”, l’Associazione istriana del gioco delle pljoke. Simile alle bocce, si gioca però con lastre di pietra grandi come il palmo di una mano.

da anni ottimi rapporti con Aga. Con i legami storici tra il Veneto e l’Istria, era normale sostenere la candidatura del Tocatì. Noi stessi pensiamo ai giochi dell’area del Mediterraneo come strumento di connessione, dialogo, amicizia e rispetto nella diversità. Aspetti che caratterizzano il millenario patrimonio di giochi e sport tradizionali.

Quali sono i giochi tradizionali in Istria? Oltre alle pljoke, si gioca a morra, briscola e tressette. Stiamo riscoprendo il pandolo (la versione locale della lippa,ndr); poi prasikanje, simile all’hockey su prato, e il lancio del corno. Molto conosciuta è la corsa ad anello con i cavalli, Trka na prstenac.

Cosa ha pensato del Tocatì la prima volta che l’ha visto? Siamo stati al festival per la prima volta nel 2015 e da allora non abbiamo perso una sola edizione. Abbiamo subito abbracciato l’idea che il modello Tocatì rifletta pienamente i contenuti della Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale.

Perché impegnarsi a valorizzare giochi e sport tradizionali? La nostra organizzazione mantiene

Quindi avete deciso di supportare il Tocatì. Come dicevo, Tocatì è un modello

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per come presentare giochi e sport tradizionali. Dal 2016 organizziamo in Istria un festival dedicato alle pljoke e da sempre ci confrontiamo con Aga. Stiamo lavorando per far crescere il nostro festival, ma in questo campo il Tocatì è senza dubbio al primo posto in Europa. Fra i giochi che ha visto al Tocatì, quale le è piaciuto di più? La bellezza dei giochi e degli sport tradizionali sta nella loro diversità, come riflesso delle diverse relazioni sociali ed economiche. È proprio questo che rende i giochi irresistibili: non posso sceglierne uno.

DI ALESSANDRO BONFANTE


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LA CERTIFICAZIONE ISO 20121 E LA GESTIONE GREEN DELL’EVENTO

SOSTENIBILE TUTTO (E PER DAVVERO)

Quando sentiamo parlare di sostenibilità spesso il primo collegamento che siamo tentati di fare è quello con l’ambiente. La cosiddetta “sostenibilità ambientale”, che sembra andare così di moda, però, non è tutto. Sono sei anni che, ormai, lo dimostra anche il Tocatì, il Festival Internazionale dei Giochi in Strada, che dell’attenzione, sì agli impatti ambientali, ma anche a quelli sociali ed economici, ha fatto uno dei suoi obiettivi primari.

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ccessibilità, inclusività, integrità, eredità e trasparenza. Sono questi i cinque punti chiave attorno ai quali gravita l’universo del Tocatì, il Festival Internazionale dei Giochi in strada, giunto quest’anno alla sua 18° edizione. Il festival, che si terrà dal 17 al 20 settembre 2020, si conferma infatti l’unico evento veronese certificato “sostenibile” secondo la norma ISO 20121 da ormai sei anni. E non stiamo parlando di una sostenibilità meramente ambientale, ma anche (e soprattutto) sociale ed economica. A certificare, per ogni edizione, l’applicazione e il rispetto della norma ISO durante il Tocatì è la “British Standards Institution”. Ma dietro c’è molto di più: il lavoro costante e meticoloso di centinaia di volontari, che ogni anno rendono il Festival dei Giochi in Strada uno degli eventi più seguiti di Verona. Tra questi spicca l’azienda di consulenza strategica LOCOM che, nella persona del dott. Lorenzo Orlandi, si occupa di formare il personale di AGA, raccogliere dati ed evidenze per il conseguimento della certificazione e aggiornare il manuale di gestione. LA CERTIFICAZIONE, SPIEGATA

«La norma ISO 20121 certifica il sistema di gestione sostenibile degli

eventi. Vuol dire essere certificati da un ente terzo, che verifica che vengano rispettati sia i principi che gli obiettivi dello sviluppo sostenibile. – ci ha spiegato Orlandi – Dall’anno scorso abbiamo inoltre inserito anche quelli dell’agenda ONU 2030, che sono internazionali. Abbiamo selezionato gli obiettivi sui quali potevamo dare un contributo e ne abbiamo individuati sei». Dei 17 obiettivi per la promozione dello sviluppo sostenibile segnalati dalle Nazioni Unite, infatti, Tocatì, si è impegnato per il raggiungimento di sei di questi: stile di vita sano, momenti formativi, disponibilità di acqua e servizi igienici gratuiti, recupero e sviluppo di insediamenti urbani inclusivi, proposta di buone pratiche sul consumo e sulla produzione responsabile e, infine, coinvolgimento dei partner per la diffusione della cultura sostenibile sul territorio. «È l’unico evento certificato a Verona e la sostenibilità è una cosa che viene effettivamente fatta e permette la riduzione degli impatti sia economici, che sociali e ambientali. È una certificazione che guarda tutti e tre gli aspetti. Bisogna dare poi visibilità a quali sono i benefici di questa certificazione: non basta dare alle persone un bicchierino di

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carta per certificare che l’evento è sostenibile. Ci sono tanti elementi da considerare: serve a educare, ad analizzare molti più aspetti, capire che la sostenibilità non è solo una moda». Play Smart la sostenibilità invade Piazza Bra A trasmettere questi stessi princìpi, come ogni anno, è poi l’area Play Smart, dove i partner della sostenibilità contribuiscono a creare un momento di “engagement” per il pubblico presente, che può così comprendere e imparare le buone pratiche per un comportamento sostenibile a 360 gradi. E per quanto riguarda il particolare periodo di incertezza, con la pandemia da Coronavirus, Orlandi è ottimista: «Questa situazione potrebbe responsabilizzare di più il pubblico sul comportamento durante gli eventi. In ogni caso i vincoli principali saranno imposti dalla sicurezza, ma responsabilità e sostenibilità spesso vanno pari passo».

DI GIORGIA PRETI


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I volontari che sono l’anima storica del Tocatì e poi il ToFestival, lo scrigno collaterale che racchiude il Tocasa, il Totaxi, il Tobottega, i tre itinerari esperienziali per le vie della città. Non manca la rassegna dedicata ai più piccoli, lo sguardo puro del teatro e gli appuntamenti musicali con tutta l’armonia che, quest’anno, ci è mancata.

LA GALASSIA DEL FESTIVAL

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STORIE DI VOLONTARI E DI GIOCHI

MATILDE E IL SUO PRIMO AMORE, LO S-CIANCO Matilde Anzolin, commessa nella ferramenta di famiglia a Grezzana, inizia a giocare a s-cianco 5 anni fa, nella squadra femminile per Parona, ed entra in contatto con la grande famiglia dell’Associazione Giochi Antichi. Da lì a Tocatì il passo il breve e da quattro anni Matilde aspetta adulti e bambini nei giorni del festival per svelare loro i segreti di questo gioco antico.

M

atilde come ti sei avvicinata allo s-cianco? Merito di un’amicizia! Una ragazza che giocava prima di me mi ha invitata più volte a provarlo, anche se inizialmente continuavo a rimandare. Alla fine ho ceduto e me ne sono innamorata. Mi piace l’atmosfera di assoluta tranquillità che si respira durante le competizioni: è un modo per passare del tempo insieme, è lo spirito del gioco che prevale, non quello sportivo. Non sto dicendo che manca l’agonismo, perché nessuno vuole mai perdere, io per prima, ma è proprio l’atmosfera ad essere diversa. Cos’è che ogni anno ti fa tornare a Tocatì? La mia esperienza a Tocatì è partita dal gioco ma più passano gli anni più il gioco diventa solo una parte del tutto. Conoscere le persone che vi partecipano, entrare in contatto con culture diverse, stare insieme venendo da ambiente e modi di vivere la vita diversi: rivedo lo spirito che mi ha fatto amare lo s-cianco. Personalmente, nel weekend del Tocatì, vedo la stessa Verona in un modo diverso. C’è un episodio divertente vissuto da volontaria che ci vuoi raccontare? Mi è capitato diverse volte di dover tradurre le regole dello s-cianco dal dialetto all’inglese o allo spagnolo. È una sfida far capire lo spirito del gioco, oltre che regole: spiegare che lo s-cianco è anche disturbare l’avversario e non lasciarlo giocare, che è un gioco psicologico, far entrare i visitatori nella giusta atmosfera e vederli appassionati non mi fa sentire il tempo che passa.

DI CAMILLA FACCINI

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La giornata tipo di Matilde a Tocatì «La mattina presto iniziamo a preparare il campo di gioco, accogliamo i giocatori, spieghiamo le regole e insegniamo loro a giocare. Personalmente seguo poi le partite arbitrando o dando una mano sul campo di gioco. A fine giornata apriamo anche il campo prova per eventuali avventori occasionali ma siamo noi a giocare principalmente. A fine turno è immancabile una birra tutti insieme o un ballo in porta San Giorgio».


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STORIE DI VOLONTARI E DI GIOCHI

MARCO, CRESCERE A PANE E TOCATÌ Marco Avigo è cresciuto con Tocatì e volontario lo è da sempre, perché il festival è una questione di famiglia. Prima come semplice giocatore, poi occupandosi dell’area dello s-cianco, degli Infopoint e da tre anni dell’area logistica.

U

n volontario che con Tocatì ci è cresciuto, cosa ha significato per te? In effetti ai tempi della prima edizione avevo dieci anni, ora mi sto per laureare alla magistrale. Sicuramente per me è stato un percorso di crescita e di maturazione, grazie anche ai diversi ruoli che ho affrontato. È qualcosa che ti dà, oltre a prendere, sia dal punto di vista delle relazioni sia per quanto riguarda le competenze pratiche che impari sul campo mettendoti sempre alla prova. Marco, tu che lo frequenti da sempre, cos’è che ogni anno richiama i volontari a partecipare al festival? Io l’ho vissuto in prima persona con il gruppo di amici che da alcuni anni mi affianca nell’area logistica. Li ho coinvolti il primo anno e successivamente non c’è più stato bisogno di chiederlo. Io credo che sia il senso di comunità che si sviluppa tra i volontari: durante i giorni di festival si vive un senso di appartenenza ad una realtà che ti fa entrare in una linea spazio-temporale diversa. È una cosa abbastanza impegnativa ma ti senti sempre ricompensato. Quest’anno non sarà presente la parte internazionale di Tocatì, credi cambierà qualcosa nello spirito del fare comunità?

Sicuramente sarà un’edizione diversa da tutte le altre e ancora non so immaginarmi come sarà. Saremo meno volontari e nella città ci sarà meno presenza del festival ma credo si sentirà fortemente la mancanza del gruppo internazionale: è qualcosa di cui dobbiamo prenderci cura molto ma che ci arricchisce sempre tantissimo.

La giornata tipo di Marco a Tocatì «La giornata inizia molto presto, verso le 7.30. In mattinata solitamente distribuiamo il materiale a tutte le aree gioco, durante la giornata siamo poi a disposizione per altre attività e verso le 18 recuperiamo quanto era stato distribuito. In realtà c’è sempre qualcosa che ci trattiene anche oltre fino alle 21: non si sa mai cosa può capitare a Tocatì!»

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STORIE DI VOLONTARI E DI GIOCHI

LINA E I SUOI CARRETTINI A SFERA Nella vita di tutti i giorni Lina Ferrari lavora come impiegata ma nel tempo libero lo sport è una passione da sempre, così come la vita all’aria aperta, il trekking e i motori. Tramite amici è entrata nell’universo dei carrettini a sfera e da quando Tocatì li ha invitati a partecipare Lina non ha mai perso un’edizione.

L

ina, come è partita questa avventura a Tocatì? Io facevo parte della squadra veronese che pratica lo sport dei carrettini a sfera e partecipavo al campionato che da almeno 18 anni si svolgeva nella provincia di Verona. I carrettini a sfera sono un gioco tradizionale che praticavano anche i nostri nonni e quando Tocatì ci ha chiamati ho voluto subito partecipare per far provare questo sport ai più giovani. Cosa ti ha conquistata di questo sport così particolare? Prima di tutto direi la velocità, tenendo presente che in certe discese raggiungiamo anche i 70 Km/h, e successivamente la guida: anche se è un asse di legno con quattro sfere al posto delle ruote serve intendersi di traiettorie, impostare le curve, inventarsi dei sorpassi. Inoltre, le gare si svolgevano all’aperto, sulle colline di Verona dalla Valpantena alla Val d’Alpone così come sulle Torricelle e si creava un bellissimo clima: il gioco era veicolo per fare comunità. È forse proprio il fare comunità che ti fa tornare ogni anno a Tocatì? Direi proprio di sì. Io credo molto nel 25 divertimento, ma gli anni passati a gareggiare Pe con il carretto a sfera mi hanno fatto capire che dietro il divertimento di qualcuno c’è l’impegno di quanti l’hanno reso possibile. Chi seguiva la chiusura delle strade, chi la sicurezza, chi i punti ristoro o i cronometraggi. Ho deciso di voler essere partecipe del divertimento di altri, di dedicare un po’ del mio tempo per fare il modo che altre persone si possano divertire.

La giornata tipo di Lina a Tocatì «Arrivo la mattina solitamente abbastanza presto perchè sono l’addetta al recupero pass. Partiamo subito con l’allestimento delle postazioni di gioco con i carrettini, la rampa e le protezioni e siamo poi a disposizione di chi li viene a provare per spiegare lo sport e il mezzo che si trovano davanti. Sembra una cosa semplice ma in realtà, dato che si guida con i piedi, non è così automatica».

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TRA LE PIEGHE SEGRETE DELLA CITTÀ Non ci sarà quest’anno nella formula usuale. Le misure di sicurezza non potevano adattarsi alle esigenze dei percorsi esperienziali, dalle visite (letteralmente) a casa degli altri, ai tour “narrativi” in taxi, fino alla scoperta delle botteghe storiche di Verona. Appuntamento dunque per l’anno prossimo con il ToFestival ma intanto ripercorriamo insieme il fascino di questi itinerari intimi nelle pieghe della nostra veronesità che solo per quest’anno vedranno una provvisoria sospensione.

con il tofestival ToCasa

ToTaxi

ToBottega

Un aperitivo, una fetta di formaggio, quattro chiacchiere e il gioco è fatto. Sono questi gli ingredienti del ToCasa, uno dei tre percorsi esperienziali del ToFestival, che anche quest’anno porterà i visitatori, in piccoli gruppi, all’interno delle abitazioni private di alcuni veronesi. Un inno all’accoglienza incondizionata e alla condivisione non solo di una preziosa esperienza, ma di una storia.

Da piazza Bra al cuore pulsante del centro storico di Verona, nelle vie ciottolate ornate di scorci unici, dove la storia della città si intreccia con il suo presente. Ad accompagnare i visitatori in questo speciale tour dal 2016 ci sono i tassisti di Radio Taxi Verona. A loro va il merito di aver inventato il ToTaxi: un modo per far scoprire la città ai più curiosi con una visita di 20 minuti durante la quale si può godere della vista e delle storie di alcune delle zone più intime di Verona, raccontate esclusivamente da guide d’eccezione: i tassisti stessi.

A chiudere idealmente il cerchio delle esperienze del ToFestival è il ToBottega. Un viaggio alla scoperta delle botteghe artigiane di Verona che, anno dopo anno, svelano agli ospiti del Tocatì i segreti del mestiere: dai sarti ai pittori, dai ceramisti ai restauratori. Sono sempre numerose le tappe selezionate in collaborazione con Confartigianato Verona. Una vera e propria occasione per ritrovare la poesia in questi antichi mestieri tramandati di generazione in generazione fino ai giorni nostri.

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DI GIORGIA PRETI

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Persone in rafting



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IL FESTIVAL PER I PICCOLI

INDIETRO, FINO ALL’EPOCA ROMANA L’associazione Archeonaute Onlus per l’edizione 2020 ha ripensato e adattato ai più piccoli un gioco molto popolare durante l’età imperiale che conserva intatto il suo fascino, il Duodecim scripta.

D

a qualche anno il gruppo di Archeonaute gestisce le aree archeologiche del Criptoportico di Corte Sgarzerie e della Villa Romana di Valdonega, con visite guidate, attività didattiche, eventi e manifestazioni volti alla comunicazione e divulgazione del valore storico che tali siti rivestono. Chiacchieriamo con Morena Tramonti e Annarosa Tricomi, rispettivamente presidente e vicepresidente di Archeonaute, per capire meglio come archeologia e gioco possano combinarsi. Nella prossima edizione del Tocatì porterete, nello spazio bambini, Duodecim scripta. Di che cosa si tratta? Il gioco romano denominato Duodecim scripta o Delle dodici lettere corrisponde nelle sue regole essenziali al nostro tric-trac ed era molto praticato dai romani soprattutto in età imperiale. Il gioco si attuava utilizzando una tavola, quasi sempre in marmo, dove erano riportate delle parole di sei lettere ciascuna, affiancate a due a due (ecco perchè dodici lettere, ovvero due parole da sei lettere ciascuna, ndr). Ogni lettera rappresentava una casella del tavoliere da gioco, sul quale due giocatori facevano muovere le

rispettive pedine, lanciando tre dadi. Numerose tavole sono state rinvenute dagli archeologi e sono giunte fino a noi, testimoniando la popolarità di questo gioco. Che valori mette in campo? Questi laboratori di giochi molto antichi, diciamo archeologici, aiutano a trasmettere ai ragazzi la concezione del tempo e dei cambiamenti che avvengono nel corso della storia, ponendo l’attenzione sugli aspetti legati al costume, ai materiali e alla vita quotidiana. Il gioco si propone così come momento di confronto sui temi della storia, sulle differenze

attuali: molti bambini ci dicono che è simile ad alcuni giochi da tavolo che conoscono. Il mondo non è poi cambiato così tanto. Il Tocatì offre una bella occasione di incontro dopo questa quarantena? Senz’altro. Abbiamo già ripreso con le visite guidate alla Villa Romana di Valdonega e in città, ma si sente ancora la difficoltà del ritorno alla normalità, se così si può dire. Il Tocatì, anche se in una versione ridotta, aiuterà a colmare queste lacune. Ma anche, soprattutto, a riappropriarsi del rapporto con i bambini che noi coltiviamo ora con delle modalità nuove: vicini ma in sicurezza.

e similitudini con gli uomini di 2.000 anni fa. Si parla di giochi antichi, e questi lo sono proprio, ma rimangono per certi versi anche DI SARA AVESANI

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U n an ti co m et od o ci ne se pe r un a svolta nella lotta al dolore cr onico

Il signor Mauro (67 anni) di Venezia è scoppiato a ridere quando sua moglie gli ha comprato le solette magnetiche per alleviare i dolori artritici alle ginocchia. Ma quando il dolore acuto l’ha inchiodato al letto...

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ella disperazione ha iniziato ad usarle. Con sua grande sorpresa – il dolore è passato definitivamente! „Ho provato di tutto: compresse, gel, cerotti. Senza risultati. Mia moglie mi ha regalato due paia di solette magnetiche con neodimio (magneti 100 volte più potenti di quelli da frigorifero), che agiscono sulle terminazioni nervose della pianta del piede. Per me erano cose che non stavano né in cielo né in terra, non credevo che potessero alleviare il dolore. All’inizio ho messo una soletta solo nella scarpa sinistra. Volevo vedere se la pressione degli impulsi magnetici sul piede poteva migliorare la mia condizione. Ho lasciato pazientemente la soletta biomagnetica nella scarpa. Di tanto in tanto, facevo qualche passo e ad un certo punto, mi sono reso conto che il dolore stava sparendo. Il ginocchio destro continuava a farmi male, ma avevo già la prova che la soletta biomagnetica aiuta ad eliminare il dolore alle ginocchia”.

„Ho salvato la spina dorsale” Ho sofferto di mal di schiena �in dalla gioventù. Sono stata seguita da tanti medici, �isioterapisti, massaggiatori e ho chiesto aiuto per�ino ad un guaritore. Prendevo tante pillole per il dolore, andavo in piscina, portavo calzature correttive, eppure risultati zero! Ho lottato col dolore per 35 anni e se non fosse stato per gli inserti biomagnetici, starei ancora soffrendo. Mi sentivo come un ferro vecchio. Poi ho provato queste solette fenomenali. In soli 5 giorni il dolore era quasi del tutto scomparso. Oggi fortunatamente il ricordo di tutta quella sofferenza è lontano ed io, è come se fossi rinata.

Eva Bartolomini (72 anni), Pescara

In cosa consiste il nuovo metodo?

Il Dr. Nakagawa, direttore dell’ospedale Isuzu di Tokyo e creatore della magnetoterapia, spiega: „Abbiamo selezionato e seguito per trenta giorni un gruppo di pazienti affetti da dolori cronici. Nell’80% dei casi, attraverso l’uso delle solette biomagnetiche il dolore è scomparso dopo il primo giorno di utilizzo. Dopo due settimane, il 97% degli intervistati ha dichiarato di non sentire più dolore e questo a prescindere dalla sua origine, articolare o relativa a qualche organo come stomaco o reni, etc. I campi magnetici investono i tessuti doloranti, impedendo agli impulsi elettrici del dolore di propagarsi ed è cosı̀ che il dolore si riduce fino a svanire. Le forze magnetiche svolgono inoltre un’altra importante funzione consentendo ai globuli rossi di raggiungere i capillari più sottili. Ciò comporta un aumento dell’ossigenazione del sangue, una migliore nutrizione cellulare dei tessuti ed un’ottimale escrezione delle tossine. La guarigione delle infiammazioni accelera. Edemi, gonfiori e le ipersensibilità scompaiono. Gli effetti positivi connessi all’uso degli inserti biomagnetici vengono ad accumularsi giorno dopo giorno a livello cellulare. Solitamente dopo 30 giorni di trattamento il dolore passa in modo permanente. L’efficacia della magnetoterapia è confermata da altri

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ricercatori: il Dr. Mark Valbona del Baylor College of Medicine è riuscito a ridurre il dolore artritico nel 76% dei soggetti seguiti. Il Dr. Eric Weintraub del New York Medical College ha eliminato il dolore lancinante del piede diabe-

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CINEMA, TEATRO & BURATTINI

INIZIA LO SPETTACOLO Anche quest’anno, siamo tutti attesi in prima fila, davanti a un palcoscenico o al grande schermo. Perché bisogna proprio ammirarlo, questo Tocatì, così ostinato e tenace. E con lui, attori, teatranti, e burattini tutti che lo rendono possibile, ancora una volta.

A

rriva settembre e, almeno per questo, sarà un po’ come ce lo ricordavamo: gli ultimi giorni d’estate e una città più allegra e rumorosa del solito. L’effetto Tocatì non ci abbandona nemmeno quest’anno: di giorno piazze e strade ritorneranno a rianimarsi con i giochi di una volta ma in piena sicurezza, la sera tutti col naso all’insù per gli spettacoli collaterali che ogni anno arricchiscono il programma del festival. Anche per questa imminente ed eroica edizione infatti, non mancherà la consueta rassegna cinematografica curata da Diplomart e Bridge Film Festival: dopo sei anni di appassionata collaborazione, sarà il cinema fatto con cura ad animare le nostre ultime sere d’estate in Cortile Mercato Vecchio. RITORNA ANCHE IL TEATRO tre gli appuntamenti a cura di Bam! Bam! Teatro, previsti per venerdì 18 e sabato 19 settembre a partire dalle ore 21.15, con una replica domenica 20 settembre alle ore 17.00. Dopo la prima messa in scena del 2014, ritorna a distanza di anni La guerra dei bottoni, e sarà «un vero segno di rinascita», come ci confida il regista Lorenzo Bassotto. «Ospitati questa volta nel giardino del Museo di Castelvecchio, proporremo il riadattamento dell’omonimo romanzo di Louis Pergaud che mette in scena il terribile gioco della guerra. Con qualche fragorosa risata ci ritroveremo anche noi a partecipare a questo gioco, e a esorcizzare le nostre paure, allontanando così i demoni della guerra vera».

E PURE I BURATTINI Sarà ancora il cortile del Museo di Castelvecchio a trasformarsi per qualche ora in regni da favola, con le storie narrate da Favolavà. «Quest’anno i nostri immancabili laboratori di burattini non saranno possibili, ma abbiamo voluto esserci comunque, con tutte le nostre forze», così presenta l’iniziativa Marco Scacchetti. «Abbiamo quindi pensato a dei brevi spettacoli, dei momenti per ricominciare insieme». Nel cortile di Castelvecchio, sabato 19 alle ore 11.00 Raperonzolo sarà la prima delle fiabe in valigia a uscire allo scoperto, seguita da Pulcinella e la frittata rubata alle ore 16.00. Per domenica 20 settembre alle ore 11.00 attendiamo Fratellino e sorellina, storia tratta dalla fiaba dei fratelli Grimm, e ancora Pulcinella e la frittata rubata alle ore 16.00. Un volto che si esprime con parole lontane, quel teatro fatto bene che ci fa ridere e pensare, e pure qualche irriverente burattino: è anche questa la sostanza del Tocatì. DI GIULIA ZAMPIERI Sta per iniziare lo spettacolo: adesso manchiamo solo noi.

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L’Accademia Lirica di Verona A.LI.VE. da vent’anni si dedica all’attività didattica nell’ambito musicale, teatrale e artistico rivolta alle giovani generazioni, valorizzando il talento e la personalità degli allievi. In questo delicato periodo di emergenza sanitaria ha saputo reagire tempestivamente garantendo la propria offerta formativa anche durante il lockdown in forma digitale e in seguito riprendendo tutte le attività in presenza nel pieno rispetto delle regole di sicurezza. Questo ha reso possibile la seguente attività concertistica e teatrale dal 15 giugno al 21 luglio: 4 concerti del coro di voci bianche con artisti di fama internazionale, 4 concerti del coro giovanile, 5 concerti con le giovani soliste di canto moderno, 7 spettacoli teatrali in tre diverse produzioni, 4 concerti di musica da camera con artisti di fama internazionale, 2 conferenze tenute da personalità del mondo accademico.

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Speciale Tocatì

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LA MUSICA E I SUONI DEL FESTIVAL

L’ULTIMO CANTORE

Gli episodi di vita quotidiana, il lavoro nei campi e l’amore con toni scherzosi hanno sempre trovato sintesi nei proverbi popolari. Un tesoro tradizionale che il cantastorie veronese Otello Perazzoli, in arte “El Torototela”, utilizza ancora oggi come congiunzioni tra un canto e un altro.

«A

ci nasse sfortunà, ghe piove sul cul anca a star sentà», è forse il proverbio preferito di Otello, proprio per la durezza e la tristezza del significato. Un detto che raccoglie in sé l’eterna condizione umana che spiegata in prosa e così parafrasata «i signori restano signori. E i pitochi... Iè pitochi e basta». Otello anche quest’anno sarà tra i protagonisti del festival Internazionale Tocatì. Canterà e racconterà le tradizioni veronesi e venete. Visto che, citando Gustav Mahler, «la tradizione non è culto della cenere, ma custodia del fuoco», occorrono dei Noè della cultura alle nuove generazioni per tenere accese le braci. Uno di questi è di certo Otello. Sessantanove anni, di Illasi, ex professore di lettere alla scuola di Selva di Progno, da una trentina testimone di un’epoca passata, raccontata ormai da pochi. «Non son mia bon de scrivere, ma son bon de lesare», si giustifica per l’utilizzo di tante citazioni. Otello narra la vita di tutti i giorni dei nostri antenati e per il Tocatì ha già impostato una scaletta, che è comunque pronto a rimpastare in base alla reazione della platea: «canterò le attività di campagna, i proverbi del seminare e del raccogliere, poi sarà il momento della vita matrimoniale.»

Sono detti impregnati di un maschilismo ormai, fortunatamente, superato, come «donna bella e vin bon iè le prime robe che te lasi in abandon», che potrebbe essere tradotto, sempre le utilizzando le parole di Otello, come «la situazione per cui ogni scarpa diventa una ciabatta, con l’andare del tempo». E quindi meglio scegliere bene, fin da subito: «Tolo smarso ma che el sia sior», in modo che ti permetta di fare una vita agiata.

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DI MARCO MENINI


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BENVENUTI ALLE CANARIE! SPLENDIDO ARCIPELAGO SPAGNOLO NELL’OCEANO ATLANTICO Benvenuti nell’arcipelago delle Canarie che un tempo, prima della scoperta dell’America, era l’estremità occidentale del mondo conosciuto. Le Isole si trovano a nord ovest del continente africano ed essendo spagnole non occorre il passaporto per visitarle. L’arcipelago è composto da sette isole vulcaniche molto diverse fra loro: le più conosciute sono Tenerife, Gran Canaria, Fuerteventura e Lanzarote, ma vi sono anche le isole di La Palma, El Hierro, La Gomera e la Graciosa. Il grande punto di forza delle Canarie è il clima mite durante tutto l’anno, sono infatti conosciute come le isole dell’eterna primavera e sono tra le mete più gettonate dai turisti di tutta Europa. TENERIFE Tenerife è l’isola più grande e anche la più turistica dell’arcipelago. L’attrazione principale, è il maestoso vulcano Teide, il più alto d’Europa con la più grande ombra proiettata dal sole (3700 metri). La capitale è Santa Cruz, definita dal quotidiano britannico The Guardian, tra le top five delle miglior città al mondo in cui vivere. Tenerife è il luogo delle mille esperienze in una sola isola. È possibile immergersi nella natura, rilassarsi su una spiaggia, salire sul Teide, fare shopping, vedere uno spettacolo, passeggiare per il centro storico, divertirsi in un parco a tema, giocare a golf e dalla costa sud-ovest è possibile avvistare anche le balene nel loro ambiente naturale.

E’ l’isola perfetta anche per gli amanti del surf, del kitesurf e del windsurf. Proprio per questo è prevalentemente frequentata dai più giovani e da tutti coloro che desiderano praticare questi sport. La zona più animata è Corralejo: base perfetta per visitare l’isola, ma anche per le escursioni verso la vicina Lanzarote o verso la Isla de Lobos, quest’ultima raggiungibile in circa venti minuti di traghetto. LANZAROTE Da molti considerata l’isola più affascinante dell’arcipelago per il suo paesaggio lunare, fatto di terre vulcaniche nere e rossicce che, insieme al silenzio e la pace che vi si respirano, sembra di trovarsi su un altro pianeta. La zona sud tra giugno e fine agosto è molto ventilata, non a caso si tengono i mondiali di windsurf.

FUERTEVENTURA Per una vacanza prettamente di mare, Fuerteventura è una delle scelte migliori! Nella parte nord dell’isola, nei pressi di El Cotillo, ci sono alcune delle spiagge più belle dell’arcipelago, piccole calette o interminabili chilometri di spiagge bagnate da acque cristalline e dai colori unici.

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GRAN CANARIA A Gran Canaria ci si tuffa ogni giorno in una nuova esperienza, avvolti da uno scenario che spazia dal verde dei boschi all'oro delle spiagge. Con quasi 60 km di spiagge, Gran Canaria è la terza isola per superficie dell'arcipelago, l’attrattiva principale sono le magnifiche spiagge, tra le più famose citiamo Maspalomas, Playa del Inglés, che offre un cocktail di movimento e spensieratezza, visti i numerosi locali aperti fino all'alba, o la zona di Pozo Izquierdo e Playa de las Canteras. Grazie all'eterogeneità delle sue caratteristiche ambientali, Gran Canaria appare come un continente in miniatura, che sul proprio territorio accoglie, tra le altre peculiarità, un'area naturalistica riconosciuta come Riserva della Biosfera. LA PALMA Definita “l’isola bella”,sembra sia stata dipinta di colore verde per i suoi boschi frondosi dalla vegetazione preistorica. In essa si entra in contatto con la natura sotto uno dei migliori cieli del mondo per osservare le stelle (a Roque de los Muchachos, a 2.420 m. d’altitudine si trova uno dei più completi osservatori telescopici al mondo), rilassarti in una delle sue accoglienti spiagge o fare un’escursione tra vulcani e canyon. LA GOMERA, EL HIERRO, LA GRACIOSA La Gomera, El Hierro e La Graciosa sono le tre isole più “incontaminate” dell’arcipelago, i turisti qui possono vivere una vacanza all’insegna della pace e del relax. La Gomera è un’isola sorprendente, ricca di scenari naturali pronti a meravigliare i visitatori. Soprannominata “magica”, custodisce specie ormai scomparse in tutto il mondo. Grazie all’agire costante della nebbia bassa, si viene a creare un microclima vitale per la conservazione della foresta pluviale, una delle ultime rimaste in Europa. La terza isola più piccola delle Canarie rappresenta, quindi, il paradiso per gli amanti del trekking: un connubio perfetto di gole scoscese verdeggianti, spiagge di lava nera costellate di palme, antiche foreste e piantagioni di banane. Per raggiungerla bastano 40 minuti di traghetto dalla costa meridionale di Tenerife.

Seconda isola più piccola delle Canarie, El Hierro è famosa nel mondo per i suoi spettacolari paesaggi sottomarini e la fauna selvatica. La Riserva Marina “La Restinga” è un santuario subacqueo di fama internazionale popolato da numerose specie animali. Il luogo è considerato tra i migliori del Pianeta per l’immersione. Qui è possibile avvistare delfini, tartarughe, tonni, razze spinose, barracuda e pacifici squali bianchi. LA GRACIOSA Posta a nord di Lanzarote, La Graciosa è l’isola meno esplorata e più tranquilla delle Canarie. Con soli 700 abitanti e situata nell’area protetta dell’arcipelago di “Chinijo”, non ha registrato nessun caso di Covid-19 dall’inizio della pandemia. Le sue spiagge vergini, di sabbia dorata, sono ora più selvagge che mai. I paesaggi vulcanici sono deserti. Un territorio di straordinaria bellezza naturale e uno degli ultimi angoli, in Europa, senza strade asfaltate. Questa oasi di relax è perfettamente esplorabile a piedi o in bicicletta. A meno di un’ora di cammino da “Caleta de Sebo”, la città principale dell’isola, si trova la spiaggia più popolare: “La Francesa”. Le Isole Canarie sono una delle regioni che hanno registrato il minor numero di contagi, da Covid-19, tanto in Europa quanto nel mondo, rappresenta quindi una delle mete ideali per trascorrere le vacanze, in termini di sicurezza, anche in virtù dei vasti territori incontaminati di cui dispone.

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PANTHEON SPETTACOLI & EVENTI Agos gostto 2020

LA GUIDA DEGLI EVENTI DI AGOSTO


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LA GUIDA DEGLI EVENTI DI AGOSTO

1 Agosto

2 Agosto

Le Stelle dell’Opera - Festival d’Estate Arena di Verona ore 21.30

La mano che crea. Galleria di Ugo Zannoni

3 Agosto

4 Agosto

Fake Shakespeare - Casa Shakespeare Teatro Romano ore 21

È possibile

5 Agosto

6 Agosto

Il misterioso caso dello scrittore dubbioso a Villa Contarini - Gianrico Carofiglio - Sorsi d’autore Podcast ascoltabile sul sito di Fondazione Aida

Cerimonia in ricordo di Hiroshima e Nagasaki

7 Agosto

8 Agosto

Wagner in Arena - Festival d’Estate Arena di Verona ore 21.30

Verdi Gala

- Mostra Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, dalle 11 alle 17

- A Filo d’Arte Corte Ovest ex Arsenale militare ore 21

- Associazione Crea Custoza Parco di Villa Venier, ore 18

- Festival d’Estate Arena di Verona ore 21.30

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Speciale Tocatì


Speciale Tocatì

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LA GUIDA DEGLI EVENTI DI AGOSTO

9 Agosto

10 Agosto

Il circo nelle copertine del Novecento - Mostra di illustrazioni Villa del Bene, Dolcè, dalle 14 alle 19

Post Fata Resurgam

11 Agosto

12 Agosto

La sposa dell’Aldilà. Più di là che di qua - Compagnia dell’Arca Corte Ovest ex Arsenale militare ore 21

La linea sottile del ricordo a Villa Venier - Ema Stokholma Podcast ascoltabile sul sito di Fondazione Aida, Spotify, Apple Podcast, Google Podcast

13 Agosto

14 Agosto

Vivaldi - Le quattro stagioni - Festival d’Estate Arena di Verona ore 21.30

Rossini Gala

15 Agosto

16 Agosto

Non sparate sul postino - Zeropuntoit Corte Ovest ex Arsenale militare ore 21

Custoza: Villa Pignatti, il Tamburino e l’Ossario

- Visita guidata Biblioteca Capitolare, Piazza Duomo 19 Verona ore 11

- Festival d’Estate Arena di Verona ore 21.30

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LA GUIDA DEGLI EVENTI DI AGOSTO

17 Agosto

18 Agosto

Visita al Parco Natura Viva - Località Quercia, Bussolengo dalle 9 alle 18 (prenotazione obbligatoria)

Intorno a Carlo Goldoni

19 Agosto

20 Agosto

Cattive Acque - Proiezione film Cinem(A)teatro Valeggio sul Mincio, Piazza San Rocco, 2 ore 21

Il mistero della spada

21 Agosto

22 Agosto

Puccini - Gianni Schicchi - Festival d’Estate Arena di Verona ore 21.30

Puccini Gala - Festival d’Estate Arena di Verona ore 21.30

23 Agosto

24 Agosto

Fiori d’acciaio - G.T. Einaudi-Galilei Corte Ovest ex Arsenale militare ore 21

Qualunque cosa tu possa fare o sognare di fare, incominciala! L’audacia ha in sé genio, potere e magia (Goethe)

- Compagnia Giorgio Totola Corte Ovest ex Arsenale militare ore 21

- Venier Open Air Cinema VirtusCinema Sommacampagna ore 21

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Speciale Tocatì

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LA GUIDA DEGLI EVENTI DI AGOSTO

25 Agosto

26 Agosto

Il fascino dei vetri romani - Mostra Museo Archeologico, Teatro Romano, dalle 11 alle 17

Che fine ha fatto Bernadette?

27 Agosto

28 Agosto

Se vuoi qualcosa che non hai mai avuto, devi fare qualcosa che non hai mai fatto. (Thomas Jefferson)

L’incantamento della sensibilità Placido Domingo per l’Arena

29 Agosto

30 Agosto

- Proiezione film Cinem(A)teatro Valeggio sul Mincio, Piazza San Rocco, 2 ore 21

- Jasmine Trinca /Festival d’estate Teatro Romano ore 21.30 / Arena di Verona ore 21.30

Milly, un concerto lungo 60 anni

- Gino Franzi Corte Ovest ex Arsenale militare ore 21

Opera in Love - Festival d’Estate Arena di Verona ore 21.30

31 Agosto Se non posso fare grandi cose, posso fare piccole cose in un modo fantastico. (Martin Luther King Jr.)

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