Pantheon 110 - Massimo, un guerriero contro il Covid-19

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PREZZO €3,50 COPIA GRATUITA

EDIZIONE MAGGIO 2020

ANNO 12 - NUMERO 4

NUMERO CENTODIECI

PANTHEON LA LINGUA DEL VIRUS

TURISMO

e le parole del dopo

L'ACCOGLIENZA SOSPESA CHE TORNERÀ A VIVERE

COME IL COVID CI HA CAMBIATI secondo il sociologo Migliorati

A CASA VOSTRA

Il diario veronese dell'isolamento

UN GUERRIERO CONTRO IL COVID-19 Biostatistico, 48 anni, veronese. È lui, Massimo Guerriero, ad aver ideato un’indagine statistica, unica in Italia, che ci permetterà di conoscere molto di quello che ancora non sappiamo sul Coronavirus 1


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MAGGIO 2020

DI MATTEO

SCOLARI

EDITORIALE

Si riparte. Acciaccati, tramortiti, in qualche caso con le ossa rotte, ma speranzosi. Due mesi di chiusura totale, o quasi, delle attività – che prosegue purtroppo per alcuni – ci hanno messo di fronte a uno scenario imprevedibile e imprevisto, di sicuro inedito. Sono tanti gli interrogativi che ci stiamo ponendo in queste settimane e in questi giorni di inizio della cosiddetta Fase due. Domande che non trovano al momento risposte, se non in modo parziale, ed è così per tutti, ci ritroviamo nella stessa condizione, a livello mondiale.

ingredienti di questa ricostruzione. Siamo e saremo chiamati a una grande prova di maturità e di forza mentale, più che fisica. Chi deciderà di essere protagonista di questo nuovo umanesimo avrà gli strumenti necessari per guardare al futuro con fiducia, anche in un contesto generale sfidante e completamente diverso da quello a cui eravamo abituati. Di certo indietro non si torna. Scegliere le priorità individuali, ma nell’interesse anche degli altri. Questo il mantra. Senso di comunità, comunicazione diretta, possibilmente sincera. Non c’è più tempo per girarci attorno. Il rapporto tra di noi deve essere biunivoco, senza interferenze o sovrastrutture.

Non conta chi sei, cosa fai o che posizione sociale tu stia occupando. L’incertezza, i dubbi, le perplessità sono le medesime per te e per le persone che stanno attorno a te. Il Covid-19 ha allineato ognuno di noi sulla griglia di partenza, anzi, come dicevamo all’inizio, della ri-partenza.

Abbiamo una grande opportunità. Questo ci lascia il Covid-19, oltre purtroppo alle vittime e ai loro famigliari a cui va il nostro pensiero. Ci lascia l’opportunità di rivedere noi stessi, di ripensare a chi siamo, cosa vogliamo, perché e come viviamo le nostre giornate. Molti di noi avevano dimenticato di farlo in un mondo in continua e assordante accelerazione. Un virus, però, ha tirato il freno a mano. Non c’è più nemmeno l’inerzia. Fatica, muscoli, sacrifico. Questo serve adesso.

Anche se il periodo di emergenza acuta, in cui abbiamo sperimentato la quarantena e la privazione del diritto fondamentale della libertà, è stato tutto sommato breve, l’effetto è e sarà in alcuni casi, lacerante. Cambiano le regole, morali ed economiche. Non sarà più la stessa corsa, non sarà più la stessa cosa. C’è il grande richiamo alla responsabilità individuale. Basterà? Certo sarebbe un buon viatico. Ipocrisia? Mah. È chiaro che bisogna rifondare la nostra società, rivedere e rivalutare le relazioni sociali, distinguere ognuno con la propria coscienza ciò che è giusto e ciò che non lo è. Non sarà più permessa la spavalderia, l’individualismo sarà ridimensionato dalle condizioni sociali che condizioneranno in maniera diretta o indiretta la nostra quotidianità.

Possiamo fare la storia. Non gettiamo questa occasione.

Ci si dovrà dare una mano, e anche bella grande. Io vedo empatia, solidarietà, generosità, altruismo, propositività, tenacia, costanza e tanto altro tra gli

QUANDO TUTTO È PERDUTO, TUTTO È POSSIBILE.

matteo.scolari@veronanetwork.it @ScolariMatteo

(ROBERT INMAN)

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REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI VERONA N.1792 DEL 5/4/2008 - NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE IL 5/5/2020

Indice

74

LA BELLA VERONA SECONDO

76

IL FIORE

77

PILLOLE

82

RUBRICA PET

28

VIOLENZA TRA LE MURA DOMESTICHE

84

STORIE DI STORIA

30

IL NUOVO RESPIRO DELLA SCUOLA

6 11 20

32 36 38 58

IN COPERTINA

MASSIMO GUERRIERO, IL BIOSTATISTICO CONTRO IL COVID

IL VIRUS COME È STATO COMUNICATO?

SALMON MAGAZINE

DELL'ARTE

NE PARLIAMO CON DUE PROFESSORI DELL’ATENEO SCALIGERO

LE VOSTRE STORIE E LE VOSTRE GIORNATE

DI MAMMA

IL DIARIO VERONESE DELLA QUARANTENA

I NUMERI DA CHIAMARE

SECONDO UNA PRESIDE, UN’INSEGNANTE E UNA STUDENTESSA

85

LA CULTURA DIMENTICATA?

BELLEZZA

AL NATURALE

DUE PAROLE CON L’ASSESSORE BRIANI

LA LESSINIA RIPARTE DAI GIOVANI

88

L’E-COMMERCE CHE SALVA LE BOTTEGHE

90

MASCHERINE SOLIDALI

92

ALTRO CHE TERZA

ETÀ

TRE IMPRESE NATE AI TEMPI DEL COVID

IN CUCINA

CON NICOLE

LA STORIA DI AD UN METRO

DALL’ASSOCIAZIONE AD MAIORA A LA CURA SONO IO

40

CHE ARIA TIRA

NEL FUTURO

SPECIALE TURISMO

L'ACCOGLIENZA SOSPESA CHE TORNERÀ A VIVERE

REDAZIONE E COLLABORATORI ERRORI O SEGNALAZIONI: WHATSAPP 320 9346052 - REDAZIONE@VERONANETWORK.IT

DIRETTORE RESPONSABILE MATTEO SCOLARI DIREZIONE EDITORIALE MIRYAM SCANDOLA REDAZIONE MATTEO SCOLARI, MIRYAM SCANDOLA, GIORGIA PRETI, ALESSANDRO BONFANTE, SAMANTHA DE BORTOLI, CAMILLA FACCINI HANNO COLLABORATO AL NUMERO DI MAGGIO 2020 SARA AVESANI, CARLO BATTISTELLA, MATTEO BELLAMOLI, MARTA BICEGO, CHIARA BONI, CLAUDIA BUCCOLA, DANIELA CAVALLO, EMILIANO GALATI, IMPACTSCOOL, MATTEO LERCO, SALMON MAGAZINE, MARCO MENINI, ANDREA NALE, DAVIDE PERETTI, ERIKA PRANDI, NICOLE SCEVAROLI, ALESSANDRA SCOLARI, INGRID SOMMACAMPAGNA, GIOVANNA TONDINI, GIULIA ZAMPIERI, SIMONE ZAMPIERI, MARCO ZANONI. FOTO DI COPERTINA ANGELO SARTORI ILLUSTRAZIONI PAOLA SPOLON SOCIETÀ EDITRICE INFOVAL S.R.L. REDAZIONE VIA TORRICELLI, 37 (ZAI-VERONA) - P.IVA: 03755460239 - TEL. 045.8650746 - FAX. 045.8762601 MAIL: REDAZIONE@VERONANETWORK.IT - WEB: WWW.VERONANETWORK.IT FACEBOOK: /PANTHEONVERONANETWORK - TWITTER: @PANTHEONVERONA - INSTAGRAM: PANTHEONMAGAZINE UFFICIO COMMERCIALE: 045 8650746

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IN COPERTINA MASSIMO GUERRIERO

LA STATISTICA? PRENDE IL TORO PER LE CORNA Ha avuto inizio venerdì 24 aprile la fase operativa dello studio epidemiologico “Comune di Verona 2020”, la prima indagine in Italia che ha come obiettivo quello di valutare la distribuzione del virus SARS CoV2 in una città. A ideare lo studio, proposto al dottor Carlo Pomari, responsabile della Pneumologia di Negrar, è stato il biostatistico Massimo Guerriero.

L

Carlo Pomari, a sinistra, e Massimo Guerriero, a destra, presentano l'indagine al sindaco Sboarina

a politica dei tamponi ha mostrato un’ottima efficacia per conoscere un po’ di più, e meglio, il Covid-19, questo nuovo tipo di Coronavirus che ci ha messi di fronte a una crisi sanitaria ed economica mai così grave dal secondo Dopoguerra. Tuttavia, sono ancora molte le persone, le cosiddette asintomatiche positive, che, senza essersene accorte, hanno superato la malattia in forma lieve, oppure non hanno mostrato sintomi particolari. Ma quante sono? Saperlo è importante, anche perché attraverso di loro corre il rischio di nuovi potenziali contagi. Per dare una risposta attendibile, nell’impossibilità attuale di effettuare, in Italia, più di sessanta milioni di tamponi, si ricorre alla statistica. In particolare a un biostatistico come Massimo Guerriero, 48 anni, di Bussolengo, consulente

senior e bio statistician Scientist per enti pubblici e privati nazionali ed internazionali con una laurea in Scienze Statistiche Demografiche e Sociali conseguita presso l’Università degli Studi di Padova e un dottorato di ricerca in Epidemiologia e Biostatistica conseguito presso l’Università degli Studi Milano Bicocca. È lui ad aver ideato l’indagine rinominata “Comune di Verona 2020”, prima in Italia a valutare la distribuzione del virus SARS CoV2 in una città. Il 24 aprile scorso, al Centro Diagnostico Terapeutico di via San Marco 121 a Verona, è iniziata la fase operativa che terminerà tra qualche settimana con l’elaborazione dei dati che avranno ricadute sulla gestione della Fase 2 nella nostra città. L’indagine coordinata dal dottor Carlo Pomari, responsabile della Pneumologia dell’Ospedale Sa6

DI MATTEO SCOLARI


cro Cuore Don Calabria di Negrar, e che vede la collaborazione del Comune di Verona, dell’Ulss 9, della Pneumologia dell’Azienda ospedaliera e del Dipartimento di Diagnostica e Sanità pubblica dell’Università di Verona, viene fatta su un campione statisticamente rappresentativo della popolazione veronese: 2061 persone (di almeno 10 anni di età, per non sottoporre bambini piccoli a esami invasivi come il tampone oro nasofaringeo) scelte casualmente dall’elenco dell’Anagrafe. Servirà per stimare anche il numero delle persone sane e non solo quelle asintomatiche o positive. Dott. Guerriero, prima di tutto ci spieghi cos’è un biostatistico e di cosa si occupa… Il biostatistico è uno statistico. Si occupa dell’applicazione di questa importantissima scienza in ambito “bio”. In modo particolare io mi applico in ambito medico e la mia specializzazione, oltre ad essere costituita da una laurea scienze statistiche, è costituita anche da un dottorato in epidemiologia e biostatistica. Il nostro lavoro è cercare di capire se ci sono delle relazioni tra le variabili che misuriamo in ambito medico, ad esempio se un farmaco funziona bene in un determinato contesto oppure se una tecnica chirurgica, piuttosto che è un device, può portare a un miglioramento per i pazienti. Lei ha ideato questo studio, condiviso poi col dott. Pomari. Da quale intuizione è partito? Dal metodo scientifico che ci ha lasciato Galileo Galilei cinquecento anni fa. L’obiettivo è fare chiarezza riguardo a ciò che non capiamo, dai fenomeni naturali alla - come in questo caso - medicina. Conosco il dottor Pomari da diversi anni e dal 2006 collaboriamo a livello professionale. Ho proposto a lui l’idea di realizzare uno studio epidemiologico che, su basi scientifiche, permettesse di mappare per Verona, città nella quale io vivo, la distribuzione del virus Covid-19. Quali sono gli elementi caratterizzanti dello studio “Comune di Verona 2020” rispetto ad altri studi, ad esempio quello che sta portando avanti il professor Andrea Crisanti a Vò Euganeo? lo studio di Crisanti coinvolge tutte le unità statistiche, cioè tutte le persone che vanno a comporre la popolazione del paese padovano. È chiaro che quello è potrebbe essere considerato l'ottimo per noi statistici, però questo ottimo non lo possiamo applicare a una grande città come Verona, che conta per il solo Comune più di 230 mila persone. Per realizzare uno studio su numeri elevati, abbiamo a disposizione “un’arma” che si chiama indagine campionaria, cioè quell’indagine che facendo osservazioni su un piccolo sottogruppo di unità statistica

Imagoeconomica2020

ci permette di tratteggiare delle considerazioni riguardo all'intera popolazione da cui queste unità sono state sono state ricavate. E come si fanno ad ottenere queste poche unità rappresentative del totale? Abbiamo costruito un campione di 2061 unità rappresentative delle 235000 persone residenti nel Comune di Verona di età superiore ai 10 anni. L’indagine prevede l'esecuzione di un tampone oro nasofaringeo e il prelievo di un campione di sangue. I soggetti che sono stati selezionati e invitati a partecipare all'indagine sono stati scelti con criterio casuale per costituire il cosiddetto campione probabilistico e quindi rappresentativo della collettività che vogliamo studiare. Quali caratteristiche deve avere il campione probabilistico? La prima è che sia nota a priori la probabilità con la quale ogni soggetto venga estratto e che questa probabilità grosso modo sia uguale per tutti, ovvero ogni unità che va a formare la popolazione deve avere la stessa chance di poter entrare nel campione oggetto di studio. La seconda, non meno importante, che tutte le persone che entrano a far parte del campione non abbiano una caratteristica in comune. Cioè? Se noi prendessimo 2061 agenti polizia veronesi, ammesso che ci siano, sarebbero ugualmente tanti al numero di soggetti selezionato per il nostro studio, ma non ugualmente rappresentativi proprio perché avrebbero la caratteristica di essere tutti colleghi. 7


VERSO IL 10 DI MAGGIO NOI DOVREMMO AVERE UN CALO DRASTICO DELLE MORTI PER CORONAVIRUS. SPINGERSI TROPPO AVANTI, IMMAGINANDO SE IL VIRUS TORNERÀ O MENO, È MOLTO RISCHIOSO E, SOPRATTUTTO, RISCHIAMO DI DARE DELLE INFORMAZIONI PERICOLOSE ANCHE A CHI DEVE COMPIERE DELLE SCELTE IMPORTANTI Cosa ci permetterà di capire questo studio? Ci permetterà di capire tante cose. L’obiettivo principale di questa di questa indagine è quello di andare a stimare qual è la quota di soggetti asintomatici positivi al Covid-19, cioè le persone che si sono ammalate, che sono ammalate tuttora o sono guarite senza essersi rese conto del passaggio del virus. Allo stesso tempo ci interessa capire qual è la quota di soggetti sani perché sono quelli che potenzialmente potrebbero ammalarsi in futuro se il virus dovesse tornare. Queste sono le due informazioni che oggi ci mancano, non solo a Verona, ma anche in Italia e in Europa. Ecco l’importanza dello studio. Quello che conosciamo è grazie ai tamponi. Esatto, ma è la punta dell'iceberg. Col tampone conosciamo il numero di malati di Covid-19 accertati, ma non sappiamo nulla della parte sottostante all'iceberg. L’indagine statistica serve per stimare con buona approssimazione la parte che sta sotto, invisibile. GUARDA L’INTERVISTA

Il Presidente della Regione Veneto Luca parla spesso di “modelli”. Sono quelli di cui si avvale anche lei per il suo lavoro? Si possono fare pre-

Imagoeconomica2020

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visioni a lungo termine? Certo, la modellistica è lo strumento principale che noi utilizziamo per fare per fare il nostro mestiere. Previsioni a lungo termine sono sempre difficili da fare, io utilizzo sempre il paragone con le previsioni metereologiche, a beve termine sono attendibili, a lungo termine un po’ meno. Riuscite a fare delle previsioni a breve termine sul Covid-19? Verso il 10 di maggio noi dovremmo avere un calo drastico delle morti per Coronavirus. Spingersi troppo avanti, immaginando se il virus tornerà o meno, è molto rischioso e, soprattutto, rischiamo di dare delle informazioni pericolose anche a chi deve compiere delle scelte importanti. In conclusione, potremmo dire che la statistica è una scienza attendibile? A me piace dire che la statistica ci permette di prendere decisioni in un contesto di incertezza. È questo un po' il cuore pulsante di questa materia che cerca di prendere per le corna il toro dell’imprevedibilità e dell’incertezza. ■


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A TU PER TU CON IL SOCIOLOGO MIGLIORATI

COME IL COVID CI HA CAMBIATI La solitudine del morire, la paura liquida che avvolge le nostre giornate, le distanze imposte. Le nostre vite si sono trasformate senza preavviso, esponendoci ad una imprevista, in fondo così umana, fragilità. Nel cuore del dramma, a Bergamo, Lorenzo Migliorati, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi al dipartimento di Scienze umane dell’ateneo veronese, ha vissuto i giorni più duri dell’emergenza e ne ha tracciato un quadro che è memoriale e insieme ricerca.

P

er mettere a sistema «quella specie di concentrato temporale di un terremoto globale», Lorenzo Migliorati ci ha vissuto dentro. E ha abitato il suo epicentro come suggerisce il titolo del suo libro: Un sociologo nella zona rossa. Rischio, paura, morte e creatività ai tempi del Covid-19. Da casa, nella Bergamo flagellata, Migliorati ha cercato di analizzare gli effetti della pandemia sulle persone. Il volume, edito da Franco Angeli e scaricabile gratuitamente, è nato «in questa curvatura della mia vita». Uno l’intento, che è pure il fine ultimo della sociologia stessa, «un perfezionamento delle categorie che ognuno di noi adopera nel mondo della propria vita quotidiana». Attraverso una rilettura della terminologia coniata dai grandi maestri del pensiero sociologico Migliorati ha tentato una stesura di quello che ci è capitato. Come la morte da Covid è entrata così, con prepotenza, nelle settimane di isolamento. «Un giorno ero affacciato alla finestra. Ho notato un’ambulanza sotto casa e tre operatori, chiusi nei loro scafandri bianchi – non avrei saputo dire se fossero giovani o vecchi, maschi o femmine – che, senza troppa fretta si cospargevano l’un l’altro di una sostanza disinfettante, letteralmente da capo a piedi, fin sotto le suole delle scarpe. Nulla di interessante, voyeuristicamente parlando. Me ne sono andato. Qualche ora dopo è comparso un altro marziano, sigillato nella sua tuta bianca: ha scambiato una parola con qualcuno al citofono ed è poi scivolato dentro al cortile. A sera, al cancello era appeso uno stendardo funebre».

Lorenzo Migliorati

QUESTO TRAUMA COLLETTIVO COME CI HA LASCIATI, COSA RESTA DI NOI? Prendiamo il rischio globale che si è fatto ad un tratto locale, vicino. «Chi o che cosa ha trasformato il virus che aleggiava nell’aria per tutti nel virus per noi? Se ci facciamo caso, tra le mille risorse che abbiamo avuto a disposizione, abbiamo spesso optato per quelle a più diretto contatto con la nostra esperienza concreta: l’immagine di un’infermiera che si addormenta stremata sopra la tastiera del computer dopo un turno massacrante, il sinistro sottofondo delle sirene delle ambulanze che hanno percorso notte e giorno per settimane le nostre strade». E poi la paura liquida, un’ombra lunga che non se ne andrà. Migliorati dedica un intenso paragrafo anche al morire, al suo significato. Espropriati della gestione del tempo della morte, con i funerali resi impossibili, le bare per la cremazione in viaggio sui convogli militari, non abbiamo potuto ammansirla. «Siamo stati privati della possibilità di tornare a ricondurre la morte alla sua dimensione simbolica, travolti, come eravamo, dalla necessità di gestirne la componente biologica». I numeri immensi, così insistenti dei decessi sono tornati ad esibire la nostra paura più antica e «noi ci siamo dovuti misurare con la rimozione collettiva che la nostra civiltà ci aveva insegnato». Sono ferite in parte lenite dal bisogno dell’uomo di superarsi. L’ultimo capitolo è dedicato alla creatività come perenne possibilità di rinascita. «La caduta della mia comunità nella Gorgone di Covid-19 è andata di pari passo alla disordinata, spasmodica, irrequieta ricerca di come sarebbe stato il dopo». ■ 10

GUARDA L’INTERVISTA

DI MIRYAM SCANDOLA IL LIBRO PUÒ ESSERE SCARICATO GRATUITAMENTE A QUESTO LINK


UNA RIFLESSIONE SULLA COMUNICAZIONE IN EMERGENZA

LA LINGUA DEL VIRUS

DI MIRYAM SCANDOLA Dagli slogan che ci hanno riunito sotto l’hashtag di una comunità ancora possibile alle dirette Facebook del Premier per elencare misure e chiedere sempre un nuovo coraggio. E poi i neologismi che abbiamo fatto entrare nel nostro lessico da coronabond a coronafake. Tutte le parole che si sono rinnovate. Il tempo, la casa, il virtuale sono concetti riempiti di un nuovo significato. Non può e non deve essere secondaria la riflessione sulle parole, sul racconto e sulla mediazione dei contenuti. La comunicazione non è mai neutrale perché è sempre una scelta. Tutto ciò che esiste, esiste perché è stato nominato. Per capire di quale linguaggio avremo bisogno nel post Covid, tracciamo un quadro della comunicazione di questi mesi con due docenti dell’Università di Verona, Denis Delfitto, professore ordinario di Linguistica e Glottologia e Simona Brunetti, ricercatrice in Discipline dello Spettacolo al Dipartimento di Cultura e Civiltà dell’ateneo scaligero. 11


TRA L’ETIMOLOGIA DEL VIRUS E L’EROISMO CHE TORNA AL SUO SIGNIFICATO IDEALE Professore Delfitto, partiamo dall’etimologia. Da dove nasce la parola virus? In latino virus equivale a ‘veleno’. Identificati tra fine ‘800 e inizio ‘900, i virus hanno contribuito allo sviluppo delle nostre conoscenze in biologia molecolare e biologia evoluzionistica. Un libro che consiglierei è quello del virologo E.C. Holmes, The Evolution and Emergence of RNA Viruses, Oxford University Press. Il passaggio, sancito dall’Oms, dal termine epidemia a pandemia ha contribuito a far percepire il problema, a farlo diventare reale? Se fosse stato usato un altro termine, l’allarme sarebbe stato lo stesso? Non credo che il termine ‘pandemia’ abbia giocato un ruolo importante. Invece di giocare con il presunto valore ‘evocativo’ delle parole, l’OMS avrebbe fatto meglio a prescrivere ai servizi sanitari nazionali di concentrarsi sui sintomi del COVID, in modo da poter identificare già a gennaio i primi casi. Invece abbiamo avuto indicazioni vaghe e un grave ritardo prima che si lanciasse l’allarme e si prendessero provvedimenti. Il contenimento del Coronavirus è spesso assimilato ad una guerra. Si combatte in corsia, i medici e gli infermieri sono, per eccellenza, “gli eroi”. L’utilizzo del lessico bellicoso, con tutte le implicazioni che si porta dietro, in questo contesto è corretto? Del tutto appropriata la parola ‘eroi’ per il personale medico e paramedico in prima linea. Come già suggeriva Albert Camus nella Peste, ci hanno in effetti restituito il senso vero della parola, quello di un sacrificio spesso invisibile. Non possiamo diventare santi e risolvere le contraddizioni dell’esistenza o le diseguaglianze di fronte alla malattia, ma possiamo cercare di salvare ogni singola vita anche a prezzo di seri rischi personali. L’eroismo è questo. Il periodo di lockdown ci ha consegnato nuovi significati? Parole come “casa”, “tempo”, “virtuale” si sono trasformate? Più che il significato di queste parole, si è trasformata la nostra percezione degli

oggetti che ad esse corrispondono. Abbiamo rivolto loro uno sguardo nuovo. In particolare la comunicazione telematica a distanza si è arricchita di un valore profondamente umano di ricerca del contatto. Il Coronavirus ha contribuito ad un mutamento linguistico in breve tempo? Ha forse portato un po’ più di attenzione per la natura del lessico della scienza. Ha fatto capire che le parole ci servono soprattutto per comprendere il mondo, non solo per sedurre e ingannare gli altri con vaghe allusioni e vaghe promesse. Ma se questo effetto c’è stato, non mi farei purtroppo illusioni sugli effetti a lungo termine. Questa “lingua del virus” che si nutre di neologismi (coronabond, coronafake) come di parole riempite di nuovo significato (quarantena, autocertificazione, servizi essenziali, congiunti) ci ha permesso di accettare meglio le restrizioni? Non credo proprio. Ma ha forse contribuito, almeno in qualche momento, ad alimentare un po’ le nostre paure e i nostri stati di apprensione e, nelle persone più positive, ha innescato una utile spinta all’umorismo e all’ironia, che sono stati importanti per evitare abbattimento e depressione. Covid, virus, coronavirus: l’utilizzo costante e forse esagerato di questi termini nella comunicazione dei media e della politica che effetti avrà a lungo termine? Spero che questi termini restino a lungo nel dibattito pubblico, se non altro per tenere vivo il senso di allarme per i pericoli di nuove pandemie, che in questo mondo globalizzato sono più che mai reali e sono stati a lungo completamente trascurati da governi e istituzioni internazionali. Di che parole avremo bisogno per il dopo? Avremo bisogno di consapevolezza, responsabilità e impegno. E che non siano solo parole. 12

Denis Delfitto, professore ordinario Glottologia e Linguistica


I DPCM SU FACEBOOK, LE BOZZE DEI DECRETI ANTICIPATE DAI GIORNALI E GLI HASHTAG CHE CI HANNO ABBRACCIATO Frammentata, sovrabbondante e spesso percepita come confusionaria dai fruitori. La comunicazione dei media è stata all’altezza dell’emergenza? Direi di sì, anche se credo che il modo di trasmettere le notizie sia stato per certi versi specchio del nostro temperamento nazionale: inizialmente emotivo ed empatico, quindi più coerente e pragmatico. Dopo un’incertezza iniziale, si è subito percepito un cambio di passo. Soprattutto relativamente alle prime fasi del lockdown, è stata molto criticata la scelta di alcuni media nazionali di pubblicare in anteprime le bozze dei Dpcm, contribuendo a creare allarme (come l’assalto ai treni per tornare al Sud). I media hanno sbagliato? Non parlerei di errori. Forse sarebbe meglio chiedersi perché sia stato fatto, ma non ho una risposta precisa a questa domanda. Dal mio punto di vista la comunicazione avvia sempre un rapporto di interdipendenza e diffondere una notizia in anticipo sui tempi dovuti non può essere considerato un atto ingenuo. Gli annunci ufficiali del governo, tra cui le conferenze in cui il Presidente del Consiglio ha presentato i contenuti dei vari Dpcm, sono state veicolate come dirette Facebook direttamente dal profilo del Premier e, solo in seconda battuta, sulle piattaforme governative. Perché questa scelta? Quali scenari si porta dietro? La scelta potrebbe essere stata dettata dal voler raggiungere velocemente e in modo apparentemente più informale il maggior numero di persone possibile. Difficile ipotizzare scenari futuri, ma ritengo che l’esperienza possa avviare una riflessione e un rinnovamento dei canali di comunicazione istituzionale degli organi dello Stato. Da #MilanoNonsiferma ad #Andràtuttobene. Perché gli slogan, in questo caso gli hashtag, esercitano su di noi un fascino continuo anche se ne constatiamo la scarsa durevolezza? Perché con un messaggio diretto, elaborato in modo sintetico ed efficace, sono ca-

paci di eludere il quotidiano scetticismo, per far vibrare le nostre corde più nascoste, gli ideali, i valori o le emozioni che in modi diversi ci caratterizzano.

Simona Brunetti, ricercatrice in Discipline dello Spettacolo al Dipartimento di Cultura e Civiltà

IL RACCONTO DEL VIRUS, VISSUTO DAI GIOVANI Abbiamo scambiato due parole con una studentessa di Giurisprudenza dell’ateneo scaligero. Da fruitrice, come hai vissuto la comunicazione sul Coronavirus, spesso giudicata confusionaria e frammentata? Tutti i social di noi giovani sono pieni di contenuti, i più svariati, dove la parola virus è associata alla pandemia che stiamo vivendo...come se in passato i virus non fossero esistiti o comunque questo virus fosse diverso dagli altri. Ma diverso è solo il modo in cui comunichiamo tra noi di questi problemi, che ci sono sempre stati. Virus, parola maggiormente usata da qualche mese, deriva dal greco e significa veleno, ma in realtà si tratta di un frammento di vita. La vita, per come la conosciamo, non può esserci senza i virus. Cosa pensi del ricorso sempre più insistito al lessico bellicoso, quella che combattiamo contro il Covid è spesso definita da politici e rappresentanti delle istituzioni una guerra… Noi giovani che non abbiamo vissuto sulla nostra pelle una vera guerra, forse non avremmo titolo per parlare. Paragonare un ragazzo soldato che viene catapultato al fronte, a un giovane medico o infermiere che si trova in prima linea in un pronto soccorso, in una rianimazione, in corsia o nel proprio ambulatorio, non so se possa essere la stessa cosa. So che tanti medici e infermieri non si vantano di quello che stanno facendo per tutti noi, perché lo ritengono semplicemente il loro lavoro. Sarebbe giusto continuare a ringraziarli ora, ma soprattutto rivalutarli e gratificarli a partire dal prossimo futuro, senza dimenticarci di loro. Pensi che il periodo di lockdown abbia dato un nuovo significato a parole come "casa", "tempo", "virtuale"? La casa, a volte trattata da noi giovani come un albergo, è diventata il nostro unico nido da preservare con attenzione e cura. Il tempo, per noi giovani sempre dilatato quasi infinito, ha ripreso improvvisamente a essere scandito dai ritmi obbligati di una giornata da gestire al meglio, costretti a riprogrammare dall’oggi al domani le nostre abitudini. Il virtuale ci apparteneva già e per alcuni ha rappresentato un rischio di isolamento, un problema di carente socializzazione, quasi una aberrazione dell’esistenza. Abbiamo imparato a usare meglio questi mezzi tecnologici che sono diventati improvvisamente insostituibili, proprio come unico modo di rapportarsi con gli altri da remoto.

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L’UMANISTA VERONESE PASSAMONTI E LA GUIDA PER IL NOSTRO DOPO

GUARDA L’INTERVISTA

«TUTTE È CAMBIATO, NIENTE È DAVVERO CAMBIATO» «Sta emergendo un nuovo umanesimo» ne è certa Gaia Passamonti, esperta di comunicazione e fondatrice dell’agenzia Pensiero Visibile. Mentre si affrettano soluzioni e si assiste alla lenta liturgia dei decreti, Passamonti insieme ad altre 43 voci di giornalisti, comunicatori e umanisti ha redatto un catalogo di idee per entrare, consapevoli di cosa ci è successo, nella nuova normalità.

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DI MIRYAM SCANDOLA

bbiamo vissuto due mesi di sottrazioni. Chi ha attraversato laceranti perdite ma anche chi ha solo sofferto nel guardare le panchine sequestrate dalle ordinanze. Ogni cosa è stata scompaginata, la sceneggiatura del prima non esiste più. Servono bussole per avventurarsi nel dopo. Back to the future è un ebook scaricabile gratuitamente che contiene tutte le esperienze, difformi ma amalgamate, di ciò che ci è accaduto. Un vademecum senza intenti prescrittivi, solo riflessivi, che spinge a ragionare sulla nuova normalità, portandoci tutto quello che ha senso portarci, come faceva Calvino con le sue parole (e le sue Lezioni Americane). Per esempio, la credibilità che è «legata al sapersi mostrare vulnerabili: ti credo se riconosci gli errori e non nascondi i tuoi limiti». Ma pure, finalmente, l’autenticità. A questo dedica il suo contributo la veronese Passamonti che, insieme ad Alessandro Garofalo, è l’unica veneta presente nel progetto firmato da Be Unsocial. «Un ruotare vorticoso in cui le cose essenziali sono ferme» così la cofondatrice dell’agenzia di comunicazione Pensiero Visibile tratteggia le settimane che abbiamo attraversato. L’eredità? «Abbiamo ca14

pito finalmente che non c’è altro modo di fare comunicazione, ma forse nemmeno di vivere, che quello in cui l’essere umano è l’unico riferimento di senso, e da lì tutto il resto segue». Addio al marketing aggressivo che tradisce tutto il suo nulla. Chi compra, chi sceglie, chi clicca è una persona e, in quanto tale, merita una comunicazione autentica. C’è anche altro in questo volume a 44 voci. Ci sono dichiarazioni di interdipendenza da Internet, l’urbanistica post-pandemica immaginata come una barriera corallina dove persone, acqua, energia, cibo e natura hanno imparato a cooperare. Ci siamo noi che compreremo tante pantofole ma leggeremo solo poesie. E poi altre speranze ancora. Tra le domande formulate come slogan e le risposte pronte, forse impareremo ad introdurre l’incertezza che chiede complessità e dialogo. «Ma non aspettatevi troppo dalla fine del mondo» chiosa un altro scritto della raccolta. I disastri, come la pandemia, nella loro portata radicale estremizzano ciò che era già in atto. Nel male certo, ma per fortuna anche nel bene. «Chi viveva di idee e del proprio coraggio, vivrà magari il migliore dei momenti». ■


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OZONO: POSSIBILE ALLEATO NELLA BATTAGLIA AI CORONAVIRUS ? GAE: Procedura ambulatoriale che ossigena il sangue e i tessuti, potenziando il nostro sistema immunitario e bloccando la riproduzione del virus.

L’Ozono (formula chimica O3) è una forma arricchita dell’Ossigeno (O2). Una molecola di Ozono è infatti formata da tre atomi di ossigeno ed ha moltissime proprietà benefiche, antidolorifiche ed antinfiammatorie. A livello medico, migliora il metabolismo cellulare, la circolazione sanguigna, soprattutto il microcircolo dei capillari, aiuta a sciogliere i grassi corporei e agisce contro i muscoli tesi e contratti. Oggi l’Ozonoterapia è una modalità di cura medica riconosciuta ed applicata; si tratta di una tecnica dolce che sfrutta la capacità dell’ozono di stimolare i meccanismi naturali di protezione dell’organismo.Il Prof. Muzhi, docente alla Tokyo Keizai University, ha così intitolato un articolo: “Ozono: un’arma potente per combattere l’epidemia di Covid-19”. Spiega che «l’Ozono è benefico per l’uomo e per la natura sia nella troposfera che nella stratosfera».Riflettendo sul rapporto tra l’Ozono e la diffusione di virus e batteri, il Professore si domanda come mai la Sars, che ha imperversato dall’inverno 2002 alla primavera del 2003, è improvvisamente scomparsa tra maggio e giugno. La maggior parte dei virus dispersi nell’aria, come il virus dell’influenza, esplodono in autunno e in inverno e scompaiono nella stagione primaverile. Gli esperimenti hanno

dimostrato che i cambiamenti di temperatura non influiscono in modo significativo sui virus, anche se l’aumento di umidità può effettivamente determinare una crescita del tasso di mortalità. In questo contesto, il Prof. Zhang Yue ha scoperto che la maggior concentrazione di Ozono in primavera/estate allontana le epidemie.Se l’ipotesi è esatta, l’epidemia causata dal nuovo coronavirus, al pari della Sars e dell’influenza, dovrebbe svanire in coincidenza dell’aumento stagionale dell’Ozono. Per più di 100 anni, l’Ozono, considerato un “killer” naturale dei virus, è stato ampiamente utilizzato per disinfezione, sterilizzazione e disintossicazione. Il Prof. Franzini, Presidente Internazionale SIOOT (Società Scientifica di Ossigeno Ozono Terapia) ha dichiarato:“L’Ozono uccide gli organismi parassitari per lisi cellulare attaccandone, con meccanismo ossidativo, le membrane protettive, senza lasciare residui chimici. Cioè, i virus prima vengono inattivati e poi fisicamente distrutti.Questo impedisce la riproduzione virale a livello della sua prima fase di invasione della cellula. Sinora non è stato osservato nessun batterio o virus resistente all’Ozono. L’Ozonoterapia può combattere o prevenire virus altamente contagiosi poichè i Coronavirus

rispondono esattamente allo stesso modo degli altri virus al meccanismo d’azione dell’Ozono”.Un esperimento condotto in Cina dal Professor Li Zelin, ha dimostrato che l’Ozono è efficace nell’uccidere il virus Sars inoculato su cellule renali di scimmia verde, realizzando un tasso di uccisione del 99,22%. Il virus scoperto a Wuhan e il virus Sars appartengono entrambi al ceppo coronavirus. E’ stato scoperto che il Covid-19 è simile per l’80% al virus Sars. E’ dimostrato che il nostro sistema immunitario produce Ozono attraverso gli anticorpi per attivare la loro capacità battericida; ulteriori studi dimostrano la potente funzione anti-patogena verso batteri e virus dell’ozono. Per quanto riguarda i virus, l’Ozono danneggia e interrompe il ciclo riproduttivo virale, impedendo il contatto tra virus e cellula. Pertanto, si può sostenere che l’Ozono potrebbe funzionare esercitando quattro fasi: 1. Inattivazione del virus 2. Attivazione dell’immunità cellulare e umorale 3. Riduzione dei processi di infiammazione 4. Risoluzione in tempi brevi dell’insufficienza di ossigenazione del sangue e dei tessuti (ipossia)I pazienti cronici in condizioni di immunodepressione, antibiotico-resistenza, diabete mellito, ipertensione,


cardiopatia, obesità, pneumopatia, insufficienza d’organo, neoplasia, ed i pazienti anziani che si sottopongono ad Ozonoterapia sono più resistenti alle infezioni. Grazie alle sue attività biochimiche, l’Ozono incrementa la produzione di ATP (Adenosintrifosfato) ovvero il trasportatore universale di energia metabolica. L’Ozonoterapia non è alternativa all’uso dei farmaci, anzi è un potenziatore del farmaco. Sono circa 3 mila le pubblicazioni scientifiche censite da PubMed che documentano questi effetti. I trattamenti con Ozono possono essere adottati anche in via preventiva poichè, come confermato da SIOOT, l’Ozono funge anche da supporto immunitario, aumentando e rinforzando le difese del sistema immunitario stesso. Le persone colpite da influenza, nell’eventualità di difficoltà respiratorie, febbre e polmonite, possono essere trattate quotidianamente secondo il protocollo SIOOT di Ossigeno-ozono, senza interrompere le terapie già in atto. Molti di questi pazienti

sono stati curati con Ozonoterapia e i risultati sono stati eccellenti, sono guariti riducendo i tempi della malattia. L’Ozono ha risolto i problemi di ipossiemia (carenza di ossigeno nel sangue) e il quadro radiologico ha mostrato un ritorno alla normalità. Grazie alla sua potente azione, l’Ozono iniettato direttamente nel circolo sanguigno va ad ossigenare tutti i tessuti fino ai capillari, attraverso una terapia definita GAE (Grande AutoEmoinfusione). Questa procedura consiste nel prelievo di una modica quantità di sangue venoso (circa 150/200 cc) a cui fa seguito l’arricchimento con una miscela gassosa di Ossigeno-ozono all’interno dell’apposita sacca di prelievo (a circuito chiuso), contemporaneamente avviene la miscelazione del sangue ed infine la reinfusione nel paziente. Il trattamento GAE ha una durata di circa 30 minuti e non ha alcun effetto collaterale.Sulla base di numerose evidenze scientifiche, che dimostrano le differenti proprietà dell’Ozono (revisione in Scassellati et al.,

2020), c’è un consolidato supporto scientifico che la terapia dell’Ossigeno-ozono potrebbe rappresentare un trattamento preventivo e di supporto efficace contro il COVID-19. MD Clinic Verona annovera tra i suoi specialisti due medici formati e abilitati secondo i protocolli SIOOT per eseguire i trattamenti e le terapie con Ossigeno-ozono. Il Poliambulatorio è operativo solamente per i trattamenti di Ozonoterapia e le prestazioni sanitarie urgenti, previo appuntamento telefonico (tel. 045 2456283) rispettando le norme (DPCM del 9/3/2020) di contrasto alla diffusione del virus COVID-19.

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LE PROSPETTIVE DEL POST COVID

SARÀ ESTATE ANCHE PER I PARCHI DEL GARDA Venerdì 24 aprile la tavola rotonda virtuale che ha messo a confronto i principali Parchi del Lago di Garda e ha consegnato le istanze all'onorevole Mattia Fantinati, deputato del M5S.

C

i sarà un’estate anche per i grandi Parchi di intrattenimento, divertimento e didattica del Lago di Garda. Nonostante l’emergenza Covid-19 abbia fatto saltare l’inizio di stagione e abbia creato un ammanco importante di liquidità nelle loro casse, Parco Natura Viva, CanevaWorld, Parco Giardino Sigurtà e Gardaland si stanno organizzando per riaprire appena questo diventi possibile. Venerdì 24 aprile, alle 18, in diretta sulle pagine Facebook di Verona Network TV, di Pantheon (quasi 90 mila visualizzazioni), sul sito Veronadaily.it e su Network TV canale 872 del digitale terrestre, il nostro studio virtuale ha ospitato il direttore scientifico e CEO di Parco Natura Viva Cesare Avesani Zaborra, il general manager e CEO di Canevaworld Fabio Amicabile, il proprietario del Parco Giardino Sigurtà Giuseppe Inga Sigurtà e il direttore Salute, Ambiente e Sicurezza di Gardaland Antonio Bono. Assieme agli ospiti anche l’onorevole Mattia Fantinati, veronese, già Sottosegretario per la Pubblica Amministrazione e ora componente della X Commissione alla Camera, dedicata alle Attività produttive e del Turismo. Dopo l’inizio in cui tutti gli ospiti hanno sottolineato la grave situazione che sta creando conseguenze negative anche dal punto di vista finanziario, è emersa la chiara volontà tra la parti di condividere idee, soluzioni, strategie e iniziative (come quella proposta da Sigurtà di creare un biglietto unico per tutti i parchi in questa stagione “particolare”) che possano aiutare le singole realtà ad uscire dalla situazione di emergenza, ma in un’ottica di sistema. COME APRIRE? I quattro Parchi, insieme, mettono insieme quasi 5 milioni di presenze ogni anno e fatturano circa la metà dell’indotto dei parchi di intrattenimento d’Italia. Danno lavoro a quasi due mila persone in modo diretto e generano un indotto sul territorio gardesano che amplia di molto i numeri appena ricordati. Parco Natura Viva ha “in consegna” 1200 animali di 250 specie diverse e anche per il loro mantenimento (circa 15 mila euro al giorno) ha chiesto una mano ai cittadini creando una raccolta fondi sul proprio sito istituzionale. Parco Giardino Sigurtà avrebbe in questo momento una della fioriture di tulipano più belle d’Europa, ma non la può mostrare al pubblico. Conta di farlo il prima

Imagoeconomica2020

possibile visto che in 600 mila metri di Parco ci sono gli spazi necessari per un distanziamento sociale imposto dal Covid-19. CanevaWorld è sia parco acquatico con Caneva, che asciutto con Movieland. Proprio nel primo parco d’Italia dedicato al cinema è stato fatto un grande investimento nel 2020 per una nuova attrazione. Il confronto con le banche che sta proseguendo dovrebbe garantire la tranquillità alla famiglia Amicabile che nel 1965, per prima, aprì l’attività sulle sponde del Garda. Gardaland, infine, è pronta ad aprire, avendo già “in tasca” – pur mancando le linee guida del Governo – un piano sicurezza che potrebbe garantire il divertimento nonostante le restrizioni post Coronavirus che necessariamente ci saranno nei prossimi mesi. Fantinati, già Sottosegretario alla Pubblica Amministrazione, si è messo a disposizione degli ospiti per cercare di portare all’attenzione della Commissione di cui fa parte alla Camera (Attività produttive e Turismo), del Governo e del premier Conte, le istanze raccolte, sollecitato da parte dei protagonisti della puntata per avere un regolamento ad hoc per i parchi con la finalità di riaprire il prima possibile. ■ 18

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DI MATTEO SCOLARI


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IL DIARIO VERONESE DELLA QUARANTENA

A CASA VOSTRA Le vostre giornate, in questo tempo rivoluzionato, trasformate in racconto da Giovanna Tondini e Sara Avesani.

ANNA, LA DONNA AQUILONE Forse dopotutto dovremo imparare da questo. A sfoltire le nostre vite, a creare routine che siano vere routine, e non miscugli confusi di frenesie incontrollabili. Se avessi pensato a ridisegnare la mia vita, non avrei mai scelto questa. Io sono una di quelle che questa situazione non la regge. Non tanto per l'obbligo di stare a casa, ma per quello contrario, di lavorare! E neanche tanto di lavorare, che di per sé mi piace, ma di lavorare in questo modo. Ho un'azienda di famiglia, io mi occupo, anzi mi dovrei occupare degli aspetti informatici, e invece sono sempre a fare altro. Altro, altro, che altrimenti non potrei! Ora sarebbe stato un tempo perfetto per riordinare, riorganizzare, imprimere all'azienda, magari, o addirittura, una linea diversa. E invece sono costretta a fare altro. A occupare la scrivania delle amministrative, a guidare muletti, a risolvere i mille bagoli burocratici che in questo momento rischiano di bloccare tutto. La nostra è una di quelle aziende che in questo momento potresti chiudere, ma non puoi. Forniamo pezzi alla filiera farmaceutica e alimentare. Cerchiamo di mantenere gli ordini necessari per sopravvivere. Alcuni dei nostri dipendenti sono a casa. Chi lavora è messo in totale sicurezza, come secondo ordinanza. Ci tocca stare con mascherine, attenti a dove metti le mani...e tutto diventa ancora più difficile. Ci provo a stare a casa a lavorare. Ma qui la situazione, come dire, non è poi così rilassante! Ho due bimbi, che per carità finalmente, costretti alla perenne convivenza, vanno d'amore e d'accordo, ma quando siamo sulla scrivania sembriamo la Trinità. O meglio, le tre croci sul Golgota. Io al centro, quella sacrificata, ai lati Gaia, che ogni tot minuti mi dice "mamma non ho capito", e dall'altra Alessandro che ormai è diventato un hacker da strapazzo, a

caccia di disegni da stampare e colorare. Andrea, mio marito, è sempre sotto, al piano di sotto intendo, che fa il suo lavoro, quello di musicista. Che invidia! Per lui non è cambiato molto. Come al solito appare e scompare durante la giornata. La differenza è che ora è sempre a casa, anziché in tournée. Se qualcosa a casa è cambiato, forse in positivo, è la completa assenza di toni da Rottermeir sclerata con i miei figli. Non c'è più quel dai veloce, dai di qua dai di là, che scandiva la prima ora del giorno, facendoti uscire di casa già stanca. Sono l'unica a casa che si alza alla stessa ora della vita precedente. Gli altri fanno con calma, così ho più di un'ora per fare la mia colazione tranquilla e aprire le email del lavoro che già bastano per farmi tornare i nervi bollenti. Ma ci pensano Gaia e Alessandro a farmi dimenticare tutto, con le prime coccole ancora assonnate. Con loro mi perdo a giocare, a fare ginnastica, a preparare i tre pasti della giornata (ecco questi sono troppi però!), e tutto è così lineare, così lineare, senza sovrapposizioni di impegni, di incastri arzigogolati e pindarici. Adesso abbiamo gli appuntamenti fissi, come il venerdì sera pizza e film, il martedì pizza e film. No dai, qualche giorno cambiamo! Film e pizza il giovedì. Insomma, tutto fila regolare. Forse dopotutto dovremo imparare da questo. A sfoltire le nostre vite, a creare routine che siano vere routine, e non miscugli confusi di frenesie incontrollabili. Ecco, a fuggire in chissà quale luogo sperduto ci penserò domani. Per il momento la mia vita imparo a disegnarla così, e ne faccio tesoro. 20

DI GIOVANNA TONDINI


ANDREA, IL GRAFICO SOGNATORE Ho dovuto selezionare gli impegni, dire di no ad alcuni lavori. Ma per il momento va bene così. So cosa stiamo passando. Chi ha un familiare che lavora nella sanità ha la dura realtà davanti agli occhi. Non semplice percezione. Ha la barba e gli occhiali? No, papà! Il tuo ha i capelli rossi? Sì, bravo Zeno! Sono le 23, le luci della nostra casa sono ancora accese. Olivia dove corri? Dai andiamo a leggere il libretto. Ore 23.30. Finalmente siamo tranquilli, davanti ad un tablet è l'unica ora della giornata in cui possiamo dedicarci alla visione di una serie tv. Tanto domani mattina la sveglia non suona. Tutto è slittato di almeno 2 ore. E il mio lavoro è diminuito. Sto a casa con i bimbi quando Erica è in ospedale, altrimenti... sto a casa con i bimbi, e in qualche parentesi della giornata vado in ufficio. Ho dovuto selezionare gli impegni, dire di no ad alcuni lavori. Ma per il momento va bene così. So cosa stiamo passando. Chi ha un familiare che lavora nella sanità ha la dura realtà davanti agli occhi. Non semplice percezione. E allora rinuncio volentieri anche alle ore di piscina settimanali. Anzi, per compensare mi gusto pure i dolcetti preparati in casa. Quando sarà si riprenderà. Qui tra le quattro mura riesco a trovare comunque un po' di spazio per dedicarmi al mio progetto creativo. In un anno è cresciuto parecchio, e mi piace stargli dietro. Come tante cose è iniziato un po' per caso, che poi chissà se è il caso o è la combinazione perfetta tra il momento giusto e quell'idea che avevi in testa da tempo. Ad ogni modo quel giorno di quasi un anno fa mi trovo nel solito bar a prendere il solito caffè. Ma i pensieri non sono i soliti. Ho come una visione. John Travolta e Uma Thurman nella scena di Pulp fiction, al bancone del Fast Food più cult della storia del cinema, fuori la caddillac più cult, e...E se fossero stati qui, in questo bar? Non faccio in tempo a pronunciare l'abc della mia idea che Giovanni sentenzia subito: faremo qui la prima esposizione! Sì, ma. Niente ma. Pulp Fiction al bar Ongarine di Quinzano. Beh, ma…E va bene. E Queenz comincia a prendere forma. Forrest Gump alla fermata dell'autobus, In to the Wild nella roulotte abitata da quel signore proprio dietro l'angolo di casa mia, a 50 m dal-

la civiltà, e poi ET... Tutta una serie di set cinematografici nel mio paesino. Un cortocircuito tra scena iconica e nuovo scenario. La mia passione per il cinema cult che incontra il disegno grafico, dando origine a vere e proprie opere. Pochi colori, personaggi senza occhi sacrificati allo sfondo, vero protagonista dell'immagine. Quanto è piaciuta alla gente questa celebrazione del quartiere. Ho stretto le mani (bei ricordi!) a tanti compaesani che avevo solo visto di sfuggita in 10 anni che abito qui. Assolutamente ne voglio uno, mi dicevano. E a loro si sono aggiunti curiosi, cinefili, perfino turisti. Allora vai di stampa. Che poi ho dovuto imparare tutto quel mondo a me sconosciuto, della stampa. Fine Arts, edizioni limitate, copie autografate, per dare la giusta dignità all'opera. Ora ho iniziato con la 'seconda stagione' (mi fa un po' ridere questa cosa, ma effettivamente è così). Ho allargato l'orizzonte a tutta Verona, cercando quei luoghi dove ho vissuto un'esperienza. Deve scattare un certo feeling tra me, il luogo e la scena di un film. L'unico svantaggio è che ora non posso più fare il sopralluogo, anche se ci pensa la tecnologia a risolvere la distanza. Mi basta uno streeview e il gioco è fatto. A proposito di gioco. Dai Zeno, porto fuori Nelson (povero, non ce la fa più con questi nuovi orari) e poi stiamo insieme. Gli è passato un po' l'entusiasmo a mio figlio più grande. Lo spazio in casa è quello che è, non c'è più il giretto fuori per correre o andare in bici. Guarda nella prossima vita meglio essere lungimiranti… villa con piscina! In compenso Olivia ha raggiunto l'apice di benessere. Genitori presenti? Bene, allora comincio a dormire di notte. Grazie piccola! E noi finalmente a vivere! Mi chiedo, in questo ribaltamento di equilibri e di logiche familiari, come ambienterei la situazione di oggi in una mia opera. Chissà, forse a casa mia con un film che deve essere ancora scritto... 21


NICOLA, L'ALPINISTA TRA LAVORO E SPIRITO Abbiamo letteralmente colto l'occasione, di mettere ordine al disordine lasciato in sospeso, ora che siamo noi a essere in sospeso

DI GIOVANNA TONDINI

Ho preso tutto? Aspetta che ricontrollo. 10 rinvii, 5 fettucce, 8 friends, meglio prendere anche quello più grande che pesa di più, set completo di nut. Beh, a questo punto aggiungo anche l'imbrago, 4 moschettoni, poi ci sono le corde, ne prendo 3 valà. A posto. Chiudo tutto e...Ora posso iniziare la telefonata. Avanti e indietro per il prato, su e giù dalla rampa del garage, intorno a me qualche muro artificiale, sopra il cielo blu. Allora ciao Miriam, ci risentiamo nei prossimi giorni. Ora chiamo Diego... Vai di un'altra chiamata. Poi mi siederò al pc, le mie solite tre ore mattutine, e altrettante pomeridiane, in cui mi metto a contatto con i miei mondi lavorativi. Se tutto si è fermato, King Rock compreso, noi ci stiamo muovendo più di prima, ma lentamente. Abbiamo letteralmente colto l'occasione, di mettere ordine al disordine lasciato in sospeso, ora che siamo noi a essere in sospeso. Facciamo ragionamenti sul dopo, prendiamo respiro e lasciamo decantare. Prima era un continuo correre frenetico, un accumularsi di tensioni. E ora quelle tensioni si stanno sciogliendo. Quando sono iniziati i primi divieti, per due settimane ho occupato la mente a capire come ci potevamo muovere, sia come struttura di arrampicata, sia come associazione sportiva, sia come guide alpine. Poi altre due settimane a capire come salvare il salvabile, bloccare mutui, i leasing, attivare casse integrazioni e distribuire il cibo avanzato. Fantastico, grazie! Ha detto subito la coordinatrice della Caritas. Proprio oggi non sapeva22

mo cosa preparare! Ma tra i proclami tv e la realtà passa un mondo, fatto di incertezza, e di preoccupazione. Lavoravamo per il 120%, perché il giro di persone al King Rock era aumentato molto negli ultimi 5 anni, e con esso il personale a servizio. E dopo come sarà? Intanto i nostri istruttori non si perdono d'animo. Allenamenti online tutti i giorni con gli allievi, di tutti i corsi, di tutte le età, di tutti i livelli. Tutto volontario, e tutto assolutamente partecipato. E le nostre guide? A casa a fare allenamento, a collegarsi in zoom per pensare al dopo. Si devono intersecare due problematiche, il come fare attività rispettando le norme, e con chi, pensando alle più disparate situazioni economiche dei clienti, tutte rimescolate. Uscite in gruppo? Sì, sempre gli stessi gruppi però, di persone che si conoscono. Niente rifugi? Si va in tenda. I clienti personali? Quelli non mancano. Già ricevo richieste per l'estate. Nicola, preparati perché sarò più carico che mai! Sì, lo sarò pure io. Ma in maniera diversa. Prima era sempre una toccata e fuga. Dopo la mole di lavoro non sarà la stessa. Magari mi fermerò qualche giorno di fila, usando meno la macchina, stando. Papà è pronto da mangiare! Stefi è diventato un ottimo cuoco. Era più entusiasta all'inizio. Ora da bravo adolescente che si rispetti, comincia a essere scarico. Marina è appena rientrata a casa. È tornata dall'ospedale. Manteniamo una certa distanza per sicurezza, ma siamo sereni. È una sfida per tutti. La frase del papa mi si ripete nella testa, noi pensavamo di vivere sani in un mondo malato. Ora è il momento di capire come scegliere di stare al mondo. Rifletto. Medito, tutte le mattine. Sto in silenzio a dialogare con lo spirito. Ecco l'appiglio! Sì, eccolo lì. Sfodero un friend, lo incastro bene nella fessura, do un tirone. Perfetto, tiene. Alzo lo sguardo. Sopra di me la parete è ancora un viaggio infinito. A me i viaggi verticali piacciono. Allora appoggio delicatamente il piede nel piccolo davanzale lì sotto, allungo il braccio ad afferrare quel minuscolo speroncino di roccia lì sopra. L'appiglio. Prendo fiato. Mi concentro. E via, si va!


ANDREA, IL FARMACISTA SPAZIALE Mi piace pensare, e lo dico con un po' di orgoglio, che questa piccola farmacia di un paesino della provincia si sia trovata subito pronta di fronte all'emergenza. I guanti di lattice aderiscono perfettamente alla pelle, il camice mi copre il corpo, mi porto la mascherina alla bocca, aggiungo i manicotti alle braccia, afferro gli occhiali. Li faccio risalire al volto. Sto un solo attimo fermo. Mi sembra di essere dentro un film. Fuori cosa mi aspetta? No, non lo spazio, nemmeno matrix, ma un mondo irrealmente reale. Prendo i medicinali. Ce ne sono parecchi. Da più di un mese faccio due giri al giorno per le case dei clienti. Per fortuna ad aiutarci ci sono i volontari della Protezione civile di Pressana. E per fortuna la consegna a domicilio è un servizio che avevamo attivato già da un po', in tempi non sospetti, con il supporto di una App e del sito di prenotazione. Ora che le cose sono cambiate, fondamentale è stata collaborazione con i medici di base, unita all'avvio da qualche mese della prescrizione delle ricette dematerializzate. In questo modo, senza troppi passaggi, gli ordini arrivano direttamente da noi in farmacia. Mi piace pensare, e lo dico con un po' di orgoglio, che questa piccola farmacia di un paesino della provincia si sia trovata subito pronta di fronte all'emergenza. Anche i nostri locali, che avevamo ampliato proprio l'agosto scorso, sono risultati adatti alla nuova situazione. Abbiamo aggiunto i divisori in plexiglass. Ogni ora e mezza sanifichiamo gli spazi. E mentre il telefono impazza di chiamate, scusi le sono rimaste mascherine? Scusi, il dottore non risponde, potrei chiederle...? Scusi? … Arrivano i clienti in negozio. Chi tutto bardato come secondo ordinanza, chi ancora a lamentarsi perché dai lè solo un'influenza, poi l'immancabile complottista, e quello che ha seriamente bisogno di un sostegno psicologico. In generale comunque tutti rispettosi. Scusi, avete un termometro? Ecco, no quello no. Ed è una cosa bizzarra. Prima non ce l'aveva nessuno in casa? Mah. Certo è che molti altri prodotti hanno cominciato a scarseggiare. Molte aziende hanno destinato tutto al mercato cinese. Poi, quando ci sono stati i primi casi a Codogno e a Vo',

tutti hanno cominciato a usare il gel di Amuchina. Nel giro di pochi giorni é diventata introvabile e le farmacie dotate di laboratorio galenico, come la nostra, hanno cominciato a produrre gel mani su base alcolica utilizzando le ultime scorte di etanolo a disposizione. Ma non è stato sufficiente e questo mi ha portato ad aprire nuovi canali con le aziende. Prima era tutto più automatico e immediato. Finivi un farmaco, facevi l'ordine tramite i grossisti, per lo più, e il giorno dopo ti trovavi tutto pronto. Adesso sei tu che devi cercare. Siamo passati dal B2C (business to client), come le normali attività commerciali, al B2B (business to business). E questa cosa, che ha il sapore della sfida, mi garba molto, perché costringe il farmacista ad uscire dalla figura ingessata in cui si trovava, ad aprirsi anche nei confronti dei colleghi, cosa per nulla scontata, in un settore che solitamente preferiva pensare solo alla propria piazza. Ci si aiuta a reperire prodotti, soprattutto ora che persone come gli operatori delle case di riposo ti chiamano anche per avere camici usa e getta. Disponibilità e sinergia, due aspetti che mi stimolano a continuare a lavorare dalle 8 della mattina alle 9 della sera. E a volte sabati e domeniche comprese, quando devo andare in farmacia per sbrigare tutta la parte gestionale del mestiere. Sì, non mi rimane un gran tempo libero per me. La sera sono parecchio stanco e se andassi sui rulli per fare allenamento rischierei di trovarmi fiondato nella casa del vicino. In qualche spazio di relax però sento gli amici, soprattutto quelli all'estero. Con Ale, la mia compagna, il sabato sera abbiamo sperimentato pure La cena con delitto in streaming. Da provare! Ecco signor Gianni, questi sono per lei. Come sta? Eh si tira avanti! Fa seguire due colpi di tosse, ha da poco finito la quarantena, ma deve stare in casa, solo. Il comune le ha portato la spesa? Sì, sì, tutto a posto. Chiude la porta, io me ne vado pensieroso, portandomi a casa un po' degli sguardi di chi ho incontrato nella giornata. Penso tra me e me a quale sarà il mio prossimo giro in bicicletta. Chissà se si potranno varcare i confini provinciali, o quelli regionali, o quelli nazionali, chissà. Intanto faccio un giro nel mio paesino, ad aiutare le persone. E questo per ora mi basta. 23


SIMONE, IL FORNAIO INSTANCABILE Le consegne a domicilio che facevamo già prima per alcune persone anziane o in difficoltà, sono diventate il pane quotidiano (perdonate il gioco di parole da fornaio). Era il 1969 quando i miei genitori, poco più che ventenni, intrapresero questa attività che poi sarebbe diventata la loro vita. La nostra è stata riconosciuta, con tanto di targa, una bottega storica, siamo un forno ma anche un generi alimentari in cui non manca praticamente nulla e, tutti in zona lo sanno. Il cavalcavia della Biondella non esisteva nemmeno quando il negozio ha aperto, era un “piccolo mondo antico” pieno di speranze, di voglia di fare con entusiasmo e impegno. Io ormai sono qui da diversi anni, il mio è un lavoro di fatica e pazienza e, in questo periodo di quarantena, è diventato ancora più duro. Le attività sono aumentate notevolmente, come anche le richieste dei nostri clienti. Le consegne a domicilio che facevamo già prima per alcune persone anziane o in difficoltà, sono diventate il pane quotidiano (perdonate il gioco di parole da fornaio).

e così accumula alimenti senza senso. Insomma, un vero e proprio sperpero. Sono spaventati, prima venivano da noi anche per fare due chiacchiere adesso invece devono fare in fretta e, appena circola la voce che qualcuno di conosciuto nel quartiere si è ammalato di Covid, apriti cielo…d’altra parte come possiamo dargli torto? Coraggio, supereremo anche questa. DI SARA AVESANI

Subito, ai primi di marzo, non avevamo ancora intuito la gravità della situazione e si conversava con spensieratezza, come al solito, quando si viene a fare la spesa qui. Poi, all’improvviso, abbiamo dovuto renderci conto che era necessario attrezzarsi ai massimi livelli di sicurezza, per tutelare noi e i clienti. Abbiamo affisso i cartelli fuori dalla porta d’ingresso con scritto “obbligo di guanti e mascherina e rispetto della distanza”. Anche il mio orario di lavoro è cambiato: ieri sera mi sono alzato all’una di notte e, fino alle due e mezza del pomeriggio non mi sono mai fermato. Sono ritmi incalzanti che speriamo finiscano presto ma si sentono ancora troppe tragedie legate al virus. La gente poi si è fatta prendere la mano, compra quantità assurde di ogni cosa, soprattutto chi è solo. Ha il panico di non avere nulla da mangiare 24


MARA, LA CASSIERA CHE SI SENTE FORTUNATA I clienti vogliono solo parlare, ricevere una parola di conforto. E allora sono fortunata perché farlo mi riempie di gioia Appena è iniziata la quarantena, ho subito pensato a quanto sono fortunata. È strano, lo so, ma se lavorassi ancora nella ristorazione ora sarei a casa senza stipendio e con due figli e uno marito che, ahimè, deve finire la chemio: sarebbe veramente dura. Per natura, sono una persona ottimista, vedo sempre il bicchiere mezzo pieno. Lavoro da pochissimo in questa realtà e ogni giorno faccio circa 60 km per arrivare. Dovranno aprire una nuova filiale nella mia città e “sono in formazione”. Non mi ha mai fermato nessuno: io comunque ho l’autocertificazione. L’azienda ci procura tutti i documenti per poterci muovere in tranquillità. Sono fortunata. Lo sono perché ho guanti, mascherine, Amuchina e, soprattutto, dei colleghi con cui sto proprio bene. Forse questo momento ci ha unito ancor di più. Sono fortunata perché ho la possibilità di aiutare chi ha bisogno con un cambio turno, con una torta (io adoro cucinare) per festeggiare il compleanno di un’amica – anche lei qui in prima fila tutti i giorni come me – per farla sentire meno sola. Sono fortunata perché i miei ragazzi sono grandi e molto indipendenti: sanno quello che c’è da fare e si sono organizzati, non pesano mai sulla famiglia. “Il cliente ha sempre ragione” è il nostro mantra aziendale e con questa tensione a volte è difficile avere a che fare con loro, con voi, ma con l’atteggiamento giusto, educato e rispettoso anche quelli presi da un’ansia incredibile si aprono, si sfogano, annebbiando gli occhiali per la mascherina. Vogliono solo parlare, ricevere una parola di conforto. E allora sono fortunata perché farlo mi riempie di gioia. Penso ad ogni scontrino che batto, ad ogni codice a barre che suona, ad ogni prodotto che mi scivola fra le mani con i guanti e prego che tutto finisca presto.

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ELISA, LA FUTURA MAMMA Cerco di resistere e di farmi forza, il mio pensiero principale è quello di non trasmettere alcun tipo di angoscia alla mia creatura e anche al mio figlio più grande, costretto in casa a vivere questa impaziente attesa doppiamente Mancano dieci giorni esatti. Il virus c’è ancora, pare che il picco salirà proprio nel giorno del termine. Nei miei sogni, pochi, perché ormai dormo malissimo, mi aveva promesso di andarsene ma non lo ha fatto. Quando ho scoperto che aspettavo una bimba, non riuscivo a contenere la gioia che ancora ho, nonostante nella mia mente si accavallino pensieri tristi, di preoccupazione, una vena incontrollata di paura. Cerco di resistere e di farmi forza, il mio pensiero principale è quello di non trasmettere alcun tipo di angoscia alla mia creatura e anche al mio figlio più grande, costretto in casa a vivere questa impaziente attesa doppiamente. Mai avrei pensato potesse succedere una cosa del genere. La mia ginecologa mi è stata vicina, mi ha chiamato più volte per cercare di fare meno visite possibili, e mi ha raccomandato di ridurre al minimo le ecografie in ospedale. Essendo alla fine, però questa settimana sono dovuta andare, e mio marito non è potuto nemmeno entrare, immaginate il dispiacere di questi papà e (il mio). Devo dire che il personale mi ha accolto con estrema gentilezza, spiegandomi in dettaglio le procedure per porre la massima attenzione verso di me e la mia futura figlia, fugando anche ogni mio dubbio, e vi assicuro, stavolta erano tantissimi. La situazione era surreale. Eravamo pochissime in sala d’attesa, tre, tutte bardate con mascherina, guanti e ben distanti.

faccia sentire meno sole e impaurite. La verità è che mi sarebbe piaciuto partorire in un altro momento, senza questo sciagurato Covid-19. Avrei voluto offrire più serenità alla mia piccolina e, aver fatto vivere al mio primogenito con più allegria questa attesa. Se il destino ha voluto così, un motivo ci sarà e, probabilmente, scoprirlo si rivelerà il regalo più grande. Andrà tutto bene.

Ogni momento di condivisione con altre mamme, tipico di questo momento della vita, è stato ridotto al minimo. Con la mascherina si può scambiare giusto qualche parola per tirarsi su il morale a vicenda ma, sono gli occhi che parlano. La loro espressione, l’unica che sono riuscita veramente a catturare, credo ci

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DI SARA AVESANI


AUGUSTA, LA NONNA NOSTALGICA Le me manca, le manca tanto le me neodine. Sono abituata a vederle quasi tutti giorni e stare senza di loro in questo periodo, l’è dura E poi, dobbiamo stare a casa noi anziani over-65, il rischio di essere contagiati è molto alto. Io non mi muovo dal 3 marzo e non lo farò fino a quando non sarà sicuro farlo. Il pensiero di vedere la mia famiglia e, i miei nipoti mi fa sopportare ogni quarantena senza tanti problemi. Quando mio genero ci porta la spesa noi, in cambio consegniamo quel che si può: lasagnette fatte in casa, spezzatino, verdure e ragù. Così li aiutiamo “’sti pori genitori”, perché sapete, con due “butini” piccoli in casa è difficile lavorare. Con la mia vecchia Singer mi diletto a cucire mascherine in tessuto, anche se non ho mai abbastanza elastico e, confeziono anche qualche vestitino semplice per le mie piccoline: con qualche scampolo che avevo, sono riuscita a fare qualcosa per fortuna. Così mi passo via e il tempo scorre. Mio marito legge tanto e seguiamo ogni programma d’informazione con interesse, ogni tanto brontoliamo un po’, certo, siamo stufi di stare sempre in casa ma bisogna avere pazienza… c’è di peggio, lo leggiamo e sentiamo tutti i giorni purtroppo. Non ho vissuto la

guerra, mi ricordo un momento simile solo quando c’è stata l’asiatica, verso la fine degli anni ‘50 ma era tutto diverso, ero diversa anch’io: quando si è bambini si vede tutto con altri occhi! Nel nostro piccolo non abbiamo niente di cui lamentarci. Soff riamo a sentire queste terribili notizie. Medici ed infermieri straziati, molti hanno perso la vita per aiutare gli altri, famiglie spezzate dal dolore per la perdita di una persona cara. Non è facile sopportare tanta angoscia. Vogliamo essere fiduciosi e pieni di speranza, il nostro ruolo di nonni ce lo impone: presto tutto tornerà alla normalità.

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LA SITUAZIONE A VERONA E I NUMERI DA CHIAMARE

LA VIOLENZA DOMESTICA NON VA IN QUARANTENA Restare a casa per molte donne non è sinonimo di sicurezza: abbiamo raccolto le cose che si possono fare in caso di necessità.

«È DI CHIARA BONI

altamente probabile che il livello della già diffusa violenza domestica aumenti, come suggerito dalle indicazioni preliminari di polizia e operatori. Per troppe donne e bambini la casa può essere un luogo di paura e abuso. Una situazione che si aggrava considerevolmente in casi di isolamento come il lockdown imposto nell’emergenza Covid-19». La relatrice per la violenza contro le donne delle Nazioni Unite, Dubravka Simonovic, riassume così quella che, nel corso delle ultime settimane, è diventata 28

un’emergenza nell’emergenza. La quarantena forzata imposta dalla pandemia globale di Coronavirus rischia infatti di aggravare la situazione per le donne che sono vittime di violenza di genere: restare in casa e condividere lo spazio con i propri aggressori non solo non è un’opzione sicura per loro, ma rischia di comprometterne ulteriormente l’incolumità. DATI ALLARMANTI Il primo campanello d’allarme in Italia è arrivato dalla rete D.i.Re, che riunisce 80 cen-


LE COSE DA FARE se sei vittima di violenza, o se conosci qualcuno che lo è • Il numero nazionale antiviolenza e stalking 1522 è sempre attivo, 24 ore su 24. Dal sito (www.1522.eu) è possibile chattare direttamente con un’operatrice, in italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo.

dalle 11 alle 13, martedì e giovedì dalle 15 alle 17, venerdì dalle 9 alle 11. • Si può contattare il Telefono Rosa Verona al numero 045 8015831, per email trverona@gmail.com, con il modulo di contatto sul sito telefonorosaverona. it, o attraverso la pagina Facebook (facebook.com/ telefonorosa.verona)

• L’app per telefoni YOUPOL della Polizia di Stato ora raccoglie anche le denunce di violenze domestiche, rilevando la posizione della chiamante e inviando le coordinate alla Questura più vicina.

• Lo sportello gestito da Non Una di Meno Verona si può contattare a questa email: sportellonudmverona@gmail.com e altre info sono disponibili sul sito internet del movimento.

• A Verona si può contattare il Centro Petra al numero verde 800392722 o per email: petra. antiviolenza@comune.verona.it. Gli orari per parlare con un’operatrice sono i seguenti: lunedì e mercoledì

tri antiviolenza non istituzionali. Ad aprile l’associazione ha diffuso alcuni dati sulle richieste di aiuto ricevute da donne vittime di violenza tra il 2 marzo e il 5 aprile: sono state 2.867, il 74,5 per cento in più rispetto alla media mensile del 2018, l’ultima rilevata. Ma qual è la situazione a Verona? Lo abbiamo chiesto al Centro antiviolenza Petra, gestito dal Comune di Verona: «Il servizio è attivo sempre con le stesse modalità e con gli stessi orari per quanto riguarda l’ascolto telefonico, mentre sono temporaneamente sospese le consulenze psicologiche e legali», ci spiega l’assessore per le Pari Opportunità Francesca Briani. «Ad oggi i colloqui sono stati 580, con 162 nuove chiamate. Noi stiamo monitorando 164 donne in situazioni di difficoltà, di cui 54 nuove. I numeri sono in linea con quelli degli anni scorsi, non abbiamo registrato un incremento: ma è anche vero che in un momento come questo può essere più complesso per le donne vittime di violenza trovare le modalità per chiedere aiuto». Come sottolinea Lorella Don, presidente dell’associazione Telefono Rosa Verona: «Pur comprendendo la gravissima situazione che colpisce il nostro Paese, non possiamo dimenticare che la violenza sulle donne era e resta un’emergenza nazionale e come tale va affrontata anche in momenti di crisi». Proprio per questo motivo il Telefono Rosa resta attivo nel rispetto delle norme di contenimento del Covid-19: «Per adeguarsi alla normativa, garantiamo esclusivamente l’ascolto, l’accoglienza telefonica e la gestione dei casi più urgenti, con possibilità di consulenze telefoniche con le professioniste. È sempre possibile scrivere una email a trverona@gmail.com o contattare il Centro attraverso la pagina Facebook o il modulo di contatto sul sito internet». “IO TI CREDO”, UNO SPORTELLO CHE OFFRE AIUTO Anche le attiviste di Non Una Di Meno Vero-

na sono attive sul territorio, in primo luogo con lo sportello “Io ti credo” che offre ascolto, supporto e consulenza legale gratuita, ma non solo: «A livello nazionale e locale Non Una Di Meno ha lanciato diverse campagne per sostenere e incoraggiare chi si trova in difficoltà a chiedere aiuto: lasciando ad esempio cartelli ai cassonetti con i numeri da contattare, o appendendo striscioni alle finestre. Ora più che mai è necessario ricordare quotidianamente che non si è sole. A Verona, sebbene il nostro sportello sia attivo da poco, stiamo ricevendo varie richieste di aiuto, a conferma dell’incremento del bisogno urgente dato dalle circostanze», ci spiegano, e aggiungono: «Vogliamo precisare che lo sportello si occupa di tutte le violenze contro le donne, ma anche delle violenze omolesbotransfobiche, contro le persone migranti, e di discriminazioni sul lavoro. La peculiarità, al di là dell’ambito legale dello sportello, sta nell’affiancare al supporto iniziale, alla consulenza e all’assistenza legale gratuita, i saperi e le pratiche femministe relazionali; una rete solidale collettiva, per stare accanto anche a chi si trova in quella “zona grigia” della violenza». Le attiviste di Non Una Di Meno Verona hanno condiviso con noi anche una serie di consigli per chi sta affrontando una situazione di violenza domestica: «Si possono contattare i numeri dedicati, per esempio approfittando del momento in cui si va a fare la spesa o quando si va a buttare la spazzatura. Si possono salvare i vari numeri in rubrica usando nomi di fantasia e, dopo aver chiamato, si consiglia di cancellare la cronologia del telefono. Importante, poi, salvare e mettere al sicuro elementi utili per un eventuale iter giudiziario: fotografie con i segni della violenza, audio, sms, chat o email che contengano minacce, offese e umiliazioni, da inviare a qualcuno di cui ci si fida e cancellandole dal proprio telefono». ■ 29


LA PAROLA AD UNA PRESIDE,UN’INSEGNANTE E UNA STUDENTESSA

ABBIAMO RISCOPERTO IL RESPIRO PROFONDO DELLA SCUOLA Una delle prime a chiudere, una delle ultime, forse, a riaprire le porte per accogliere nuovamente disordinate ma vitali orde di studenti tra i banchi. Più che una chiusura un trasferimento, repentino e inaspettato, che ha colto tutti un po’ alla sprovvista, con un mestiere da reinventare dall’oggi al domani per studenti, insegnanti e dirigenti. Vi restituiamo questo cambiamento attraverso lo sguardo di chi lo sta vivendo perché, se è vero che di scuola ora si parla spesso, soprattutto delle innumerevoli difficoltà ad essa correlate, è giusto ammettere che quest’emergenza ha messo in luce un patrimonio di esperienze da cui è necessario ripartire.

«I DI CAMILLA FACCINI

n questi mesi di emergenza Covid-19 – racconta Mariangela Icarelli, dirigente scolastico del Liceo Artistico di Verona – il mio lavoro è cambiato rapidamente e profondamente. Sono cambiati i ritmi, con la necessità di interpretare una situazione in continuo mutamento, quasi in tempo reale, anche dal punto di vista normativo e organizzativo; si è reso necessario trovare soluzioni nuove per nuovi problemi, condividerle con docenti, studenti, famiglie, in modo da muoverci tutti in modo armonico, all'unisono». Uno sforzo “corale”, come lo definisce Mariangela Icarelli, in cui tutti 30

sono cresciuti. «Dobbiamo ringraziare i dirigenti e i loro collaboratori per essersi attivati immediatamente – esordisce Veronica Poltronieri, docente di storia al liceo coreutico dell'Educandato Statale agli Angeli –. Anche per noi insegnanti il lavoro è mutato notevolmente: mi trovo ogni giorno a stare almeno sei ore davanti al PC, compresi sabato e domenica, per preparare e fare le lezioni, interrogare, correggere. Ci siamo dovuti reinventare anche nelle modalità di svolgimento delle prove. Ad avvertire il più grande cambiamento, però, penso siano stati gli alunni».


Mariangela Icarelli, dirigente scolastico Liceo Artistico di Verona

Veronica Poltronieri, docente di storia presso il liceo coreutico dell'Educandato Statale agli Angeli

L’HOMESCHOOLING SECONDO GLI STUDENTI Concorda Giulia Ghingo, studentessa del quinto anno all’ITS Marco Polo. «Stando a casa, siamo stati chiamati ad avere maggiore responsabilità: la costanza di partecipare regolarmente alle video-lezioni, una maggiore collaborazione tra compagni, una gestione migliore del tempo, maggiore autodeterminazione. Il non essere più fisicamente a scuola, però, ha fatto si che sia venuta a mancare la relazione con i compagni e professori». Cara scuola, serviva quest’emergenza per far capire la necessità del ritrovarsi tra le tue mura? Serviva allontanarsi per vedere con lucidità che nelle tue aule la vita accade? «L’ostacolo più grande che sto riscontrando – prosegue Veronica Poltronieri – è più di carattere “psicologico”. Ogni volta che entro in classe, mi ritengo prima di tutto un’educatrice. Cerco sempre di avere un rapporto umano con i miei alunni e se qualcuno di loro ha un problema sa che la mia porta è sempre aperta. Ora è come se si fosse creata una sorta di distacco tra me e loro. Per questo, anche durante le video-lezioni, dedico del tempo ad ascoltare quello che provano in questo momento; cerco di dare

Giulia Ghingo, studentessa al quinto anno dell'ITS Marco Polo

uno spiraglio di normalità in un periodo che è per tutti di assoluta a-normalità». Una mancanza sofferta anche dagli studenti, conferma Giulia. «Anche se ho avuto modo di riscoprire piacevolmente molti professori – ci rivela – i quali si sono subito dati da fare per rendere più piacevole l'interazione e la collaborazione». COSA CI RESTERA’? Cara scuola, ora ci è chiaro che l’innovazione potrà arricchire la didattica, mai sostituirla. Ci è chiaro che se vogliamo ripensare al come fare scuola non dobbiamo mai dimenticare il senso profondo di essere scuola. Ma cosa ci resterà di tutto questo? «Una buona immagine della scuola e della sua forza educativa – conclude Mariangela Icarelli –. Resterà la meravigliosa prova che molti docenti e studenti stanno dando di sé, con impegno e dedizione. Resterà il loro desiderio di incontrarsi, di insegnare e di apprendere nonostante tutto. Resterà la consapevolezza individuale e collettiva che la scuola è importante, che i ragazzi la desiderano, che per loro è un punto di riferimento insostituibile». ■

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LA NOSTRA CHIACCHIERATA CON L’ASSESSORE BRIANI E IL DIRETTORE MANGOLINI

AMATA CULTURA CHE NE SARÀ DI TE?

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Ritorno alla normalità. Quanto ci vorrà ancora? Per il momento abbiamo capito che il ritorno alla vita di prima si scandirà per fasi, nel rispetto di misure e accortezze via via meno complesse da gestire. Torneremo a respirare l’aria senza il filtro della mascherina, ma ora dobbiamo ripartire consapevoli che, ancora per un po’, la convivenza con questi dispositivi è necessaria. Stiamo risalendo i gradini che da un’oscurità ctonia ci conducono, passo dopo passo, alla luce che attraversa la serratura della porta aperta sul mondo. Eppure, sembra che la scalinata non abbia la stessa lunghezza per tutti: si pensi, in questo caso, a quella della salita che sta percorrendo il comparto culturale, strettamente correlato anche al settore turistico. Abbiamo voluto fare il punto della situazione a Verona, focalizzandoci sugli obiettivi a lungo termine, con l’Assessore alla Cultura e Turismo Francesca Briani e il direttore artistico Carlo Mangolini.

«S

DI SAMANTHA DE BORTOLI

tiamo vivendo un momento drammatico - sottolinea l’Assessore Briani - sia dal punto di vista sanitario sia economico: una crisi che ha colpito duramente il settore della cultura e dello spettacolo. Lo spettacolo dal vivo, per natura intrinseca, si svolge in uno spazio, spesso al chiuso, che coinvolge un grande numero di astanti e che comporta una vicinanza sia degli artisti sul palcoscenico sia appunto del pubblico seduto in sala o all’aperto. Non disponiamo di una sfera di cristallo, quindi in una situazione come questa davvero non possiamo sapere cosa ci attende all’orizzonte e farne una valutazione precisa. Probabilmente, quando sarà possibile la riapertura, in un primo periodo bisognerà pensare a una riorganizzazione della fruizione degli spettacoli, occupando gli spazi con cautela e, soprattutto, nel rispetto delle misure di sicurezza, adeguando le distanze fra i presenti, utilizzando i presidi sanitari e così via». IL SETTORE DELLO SPETTACOLO PER FAR RIPARTIRE IL TURISMO Carlo Mangolini, direttore artistico del settore 32

spettacolo del Comune di Verona, ha evidenziato i punti chiave del programma culturale: «I ragionamenti che abbiamo portato avanti per rafforzare il Festival shakespeariano, anche nei prossimi anni, riguardano la penetrazione nella città, con la volontà di coinvolgere l’intera comunità, dai giovani agli anziani, ma anche categorie specifiche, come le scuole di teatro e danza. Per quanto concerne invece gli spettacoli, vogliamo sicuramente continuare con la tradizione e i grandi artisti della scena nazionale, ma rivolgendo l’attenzione anche a proposte contemporanee, riletture e attualizzazioni. Non ci dimentichiamo, naturalmente, del panorama internazionale, a cui abbiamo guardato sia per quanto riguarda la musica, con il Rumors e il Jazz Festival, sia per la danza, linguaggio che si presta a essere fruito anche da un pubblico linguisticamente eterogeneo, e infine per il teatro: l’inglese è la lingua madre di Shakespeare, quindi, come è già accaduto in passato, vorremmo proporre appuntamenti in lingua con grandi compagnie e artisti internazionali». Un comparto, quello della cultura e dello spettacolo, che risulta essere una vera e propria industria, e non


un semplice insieme di attività voluttuarie: ogni anno, infatti, il sistema musei-monumenti e le altre iniziative attivate portano in città 1 milione e 700mila persone. «Il settore dello spettacolo riveste una grossa importanza per il comparto turistico - spiega Mangolini - vanno pensate, infatti, sinergie con gli operatori del turismo per fare in modo che le proposte culturali intercettino le persone che ogni anno ci scelgono come meta per le loro vacanze, mettendo a disposizione dei turisti pacchetti di materiali, nuove formule di accesso e molte altre attività necessarie all’audience development, senza dimenticare però il pubblico fidelizzato, zoccolo duro nel nostro settore».«Gli obiettivi fissati con il direttore artistico - specifica l’Assessore Briani - sono volti anche al rafforzamento delle collaborazioni con altre realtà quali Università di Verona, Ufficio Scolastico Territoriale e scuole di teatro che coinvolgano soprattutto i giovani. A tal proposito vorrei ricordare la nostra costante attenzione nei loro confronti perché coltivino la loro passione per il teatro sia come attori sia come spettatori. Loro sono il nostro nuovo pubblico e il nostro futuro». IL TURISMO, PROVE DI RIPARTENZA Tornando invece alla voce “turismo”, abbiamo chiesto all’Assessore quali sono i piani su cui si sta lavorando in vista dei prossimi mesi: «Abbiamo partecipato ai tavoli promossi dalla Regione

Carlo Mangolini

Veneto con l’Assessore Caner, insieme alle altre destinazioni turistiche regionali, operatori e tecnici. L’idea emersa è, naturalmente, quella di una ripartenza lenta: primo obiettivo sarà quello di un’offerta diretta a un mercato domestico, di visitatori italiani, perché non sappiamo ancora quando saranno riaperti i confini. A livello locale, il sindaco sta predisponendo un’unità di crisi con tavoli tematici, tra cui ovviamente anche quello turistico. Inoltre, in collaborazione con Regione del Veneto, la destinazione turistica Verona (OGD), coordinata dal Comune di Verona, sta lavorando da tempo alla realizzazione di un portale di destinazione, collegato all’indirizzo VisitVerona e realizzato utilizzando il Destiantion Management System (DMS) messo a disposizione dalla Regione, che potrà informare, promuovere e commercializzare la destinazione Verona. Confidiamo di poterlo presentare entro l’estate». ■

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Francesca Briani


L’IDEA E IL PORTALE CREATO DA TRE RAGAZZI VERONESI

POI VORREI ABBRACCIARTI Un esercizio che facciamo in attesa di domani, per ripensare alle piccole cose che fanno stare bene. Poivorrei è un portale creato da Elena e Sofia Caricasole assieme a Lorenzo Ballarini e raccoglie i sogni delle persone costrette a casa ai tempi del lockdown. Una selezione di frasi, non solo romantiche, viene poi pubblicata sulla pagina Instagram dedicata.

«N

DI MARCO MENINI

on ci credevo. La mia coinquilina mi ha svegliato gridando di gioia». Quando realizzi che un’idea è vincente, le vibrazioni, come in questo caso, non le dimentichi. Soprattutto se è un periodo in cui sei apatico, che cerchi di capire il momento e quello che puoi e vuoi fare grazie a tutte queste nuove privazioni. Perché Elena aveva ancora gli occhi assonnati e Cesare Cremonini aveva ricondiviso un post del suo freschissimo progetto, su Instagram: Poivorrei. Un’idea che tocca, involontariamente, un tema molto caro al frontman degli allora Lunapop: il “vorrei”. Una canzone dolcissima, uscita nel 2001, nell’album “Squerez”. Una canzone che comunque non ha niente a che fare con il progetto. Anche se potrebbe sembrare un incubatore di frasi romantiche, 34

mai dette, azzardate poche volte di fronte agli occhi del destinatario. Una ballata nel mezzo di una piazza che normalmente ti provocherebbe imbarazzo, un giorno potrebbe esserlo meno. Questo è quanto ha promesso nel suo primo “poivorrei” Elena Caricasole, che assieme alla sorella Sofia, 25 anni e vive a Stoccolma, e a Lorenzo Ballarini, collega di Mezzopieno Studio, ha lanciato il progetto a fine marzo, un po’ ad occhi chiusi. «È un esercizio - dice l’ideatrice – che facciamo in attesa di domani» Per ripensare alle piccole cose che fanno stare bene, anche se non ce ne accorgiamo. «Un esercizio che dovremmo abituarci a fare più spesso, per essere più consapevoli di quello che viviamo», anche non in regime di quarantena. Così Poivorrei su Instagram ha superato i 50 mila fan nel giro di dieci giorni (e più di 300


mila a fine aprile). Raccogliendo nello stesso periodo oltre settemila frasi: sogni, speranze, che si sarebbero volute tradurre in azioni concrete. Desideri accumulati con così tanta fatica che solo le parole potevano armonizzare i nervi di chi le esprimeva.

followers (dovuta certo anche alla sua spintarella). E allora stiamo qui a leggere frasi come «vorrei venire a prenderti in stazione», o «viaggiare per tutta Italia in macchina» e riflettiamo sulle cose che ci capitano, per apprezzarle e rendere onore alla vita. ■

TRA PATATINE NELLE SAGRE ESTIVE E LE RISATE A DOMICILIO Tormentati dalla domanda “Cosa sarà”, per citare Lucio Dalla e Francesco De Gregori, abbiamo fatto “come uccelli in volo che si fermano, e guardano giù.” Abbiamo riscoperto che «poi potremmo organizzare i nostri vuoti ordinando risate a domicilio, rincorrendo evasioni in centimetri di labbra», per citare uno dei messaggi inviati sul portale, o che «poivorrei tenere un metro di distanza ugualmente». C’è anche chi ardeva dal pensiero del «ketchup sulle patatine come alle sagre». L’intensità forse mai provata, ci ha dato lo spunto per mettere in discussione tutto: dalla corsetta all’abbraccio con gli amici, dal suonare al campanello della persona che ami e non vive con te, al respirare l’odore dei pini in mezzo al bosco. «Il bello di questo progetto – secondo Elena – è che è malleabile. Si è auto alimentato e si è trasformato con lo scorrere delle idee della gente, l’interazione, i commenti, o anche il solo l’ascoltare i desideri degli altri. Tutto questo ci ha fatto capire di avere le stesse speranze, e questo ci ha unito». «Continuo a ridere ancora oggi se leggo il poivorrei di Pier, che ha detto che prima del 2021 vuole leggere i termini e condizioni», racconta Elena. Eppure ce ne sono di cose che l’ideatrice non dimenticherà: il balzo di Cremonini nella vita di Elena, per esempio. Che non è stato solo una toccata e fuga. Cesare continua a seguire la pagina, e si è anche stupito apertamente, con un messaggio su Instagram, per la crescita inarrestabile dei 35

Elena e Lorenzo


TRE STORIE DI GIOVANI E DI SPERANZA

LESSINIA, DOMANI RICOMINCIO DA QUI Andrà tutto bene. Continuiamo a ripeterlo, scriverlo, evidenziarlo con la brillantezza dei colori nelle giornate che si sommano l’una all’altra da quando l’emergenza Covid ha cambiato la nostra quotidianità. C’è chi questa frase la sussurra appena, con una sorta di rispettoso timore. Perché, di fatto, quello che succederà dopo è una grande incognita nelle pieghe del futuro che attende ognuno di noi. Forse l’essere stati costretti entro determinati confini (anche domestici) ha permesso di capire che, alcune risposte per affrontare un domani che non sarà certamente facile, non sono poi così lontane dall’orizzonte verso cui guardiamo. Queste storie di ripartenza dalle difficoltà, di resistenza alla paura, di resilienza per inseguire le proprie passioni che abbiamo raccolto in Lessinia ne sono dimostrazione.

TECLA ZENARI SARTA E STILISTA È stata una quarantena creativa quella di Tecla Zenari. Trascorsa con ago, filo, stoffe nella sua casa-atelier a San Rocco di Piegara. Perché se la pandemia ha (com’è inevitabile) scombussolato alcuni progetti, non ha fermato la sua passione per moda e sartoria. «Un’arte», la definisce la 29enne, che pretende dedizione. Perciò, qualche anno dopo la maturità, non potendo imparare a bottega (nessuno più insegna così il mestiere) ha frequentato corsi di formazione diventando sarta, modellista, stilista. Dai bozzetti su carta agli abiti da indossare con l’etichetta “Forbici e seta”: «Pezzi unici, realizzati su misura della cliente valorizzandone le caratteristiche perché si possa sentire a proprio agio. Li creo scegliendo attentamente le materie prime di aziende italiane», spiega. Alla ricerca di qualità si aggiunge la cura dei dettagli: un’asola cucita a mano, il ricamo con filo di seta e perline, la rifilatura di una giacca. Segreti e tecniche di un “Made in Italy” che è patrimonio da custodire e, si augura, questa pausa obbligata aiuterà a riscoprire.

DI MARTA BICEGO

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RACHELE EDERLE APICOLTRICE La quarantena non è stata un ostacolo alla realizzazione del sogno di Rachele Ederle: produrre miele con un’azienda propria. «I primi vasetti saranno pronti tra giugno e luglio», anticipa con una punta di orgoglio la 27enne che abita a San Francesco di Roverè. Lì, in contrada Sartori, ha posizionato un apiario; l’altro ha trovato dimora a San Rocco di Piegara. Sono in tutto 60 le arnie della neonata apicoltura La contea, il cui nome prende spunto dalla grande mappa che nei Musei Vaticani segnala la Lessinia e la “contea” Sartori. Il legame con il territorio è forte, per questo Rachele ha deciso di trasformare quello che per lei, perito agrario, era un solo hobby in impresa. La partenza è stata in salita, ammette: «Era la prima settimana di blocco, le api dovevano arrivare da Padova e c’è stato qualche ritardo», ricorda. Piccoli intoppi, per fortuna superati. A confermarlo sono pure le api: complici le temperature favorevoli, svolazzano instancabilmente da un fiore all’altro.

DANIELE ISEPPI IMPRENDITORE Dal mercatino a km zero… alla dispensa di casa. Ecco che miele, uova, funghi, frutta, verdura arrivano direttamente a domicilio, per rendere l’isolamento meno complicato. Una piccola attenzione «nata quasi per caso, appena hanno interrotto i mercati a causa dell’epidemia», confessa Daniele Iseppi di Cerro, titolare di Apicoltura Falasco e produttore di dolce nettare delle api che a metà marzo ha fatto squadra con Loris Faccincani, Daniela Castagna e Antonello Miglioranza. Insieme, in un’associazione temporanea di aziende agricole, sono “I ragazzi del mercato”. Per raggiungerli, il cliente compila una scheda online e sceglie tra i diversi prodotti a disposizione. «Ogni mattina ci troviamo per mettere insieme la merce e ci dedichiamo alle consegne in varie zone del Veronese. La risposta da parte della clientela è stata al di sopra delle nostre aspettative», evidenzia. Chissà quindi che, coi dovuti aggiustamenti e in base a come evolveranno le cose, questa modalità non possa avere seguito, anche una volta riconquistata la normalità. 37


L’E-COMMERCE ANTI AMAZON CHE SALVA LE BOTTEGHE

AD UN METRO: LA NUOVA MISURA DELLA NOSTRA VICINANZA

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In tempi di “distanziamento sociale”, Ad un metro, la piattaforma e-commerce gratuita a sostegno del commercio locale, ci incoraggia a pensare che, con nuovi strumenti, dai limiti possono nascere anche nuove possibilità.

I

n questo tempo con cui stiamo imparando a convivere, c’è una nuova iniziativa, nata per Verona e già arrivata anche fuori città, a dimostrarci che questo metro di distanza imposto da quell’imprecisa espressione, “distanziamento sociale”, può diventare la nuova misura di una nuova vicinanza. Tra le tante iniziative meritevoli nate per aiutare, Ad un metro è la piattaforma e-commerce per la spesa online creata per sostenere le botteghe di quartiere, e tutte quelle piccole attività commerciali costrette a chiudere le porte al pubblico in questi tempi. Il servizio, ci racconta Nicola Rocca, cofondatore dell’agenzia web Webmotion creatrice di Ad un metro, «è nato proprio all’inizio della quarantena, quando abbiamo osservato che tanti commercianti spostavano per forza di cose le vendite dal reale al digitale, trovandosi a dover gestire, spesso per la prima volta, anche molti ordini tramite Whatsapp o per e-mail».

DI GIULIA ZAMPIERI

OLTRE 200 BOTTEGHE Lanciato lo scorso 18 marzo, dopo giorni e notti di lavoro da parte di Nicola e del suo team, questo progetto è stato accolto con grande interesse dagli esercenti che hanno aderito, oggi più di 200 solo a Verona, perché ha saputo risponde38

re ad esigenze reali, e richieste dirette, in modo semplice ed efficace. Senza inutili complicazioni. Per cominciare, il servizio è offerto gratuitamente, nel pieno spirito della nuova solidarietà digitale, e lo sarà al momento fino al 2 giugno. Sbirciando sul sito, adunmetro.it, tutto è spiegato in modo chiaro e semplice: qual è lo spirito che sostiene il servizio, come si può attivare gratuitamente passo dopo passo se sei un esercente, e anche cosa vedrà sul suo PC il cliente quando si troverà a fare la spesa davanti allo schermo. Non mancano poi le “Domande frequenti” (che, meno male, una volta tanto non sono FAQ, ndr) a sciogliere gli eventuali dubbi rimasti. Tutto è presentato come dovrebbe essere raccontato ogni servizio pensato per la comunità: se è un servizio per tutti, allora non può che essere chiaro per tutti. NUOVE COLLABORAZIONI TRA ESERCENTI «Di fronte a questo stravolgimento», ci racconta Nicola, «molti esercenti erano spaventati dal mondo delle vendite online e dalla necessaria digitalizzazione. Per questo ci siamo sforzati di rendere le cose più semplici possibili. Questa piattaforma per molti è solo uno strumento in più, ma per tanti altri è l’unico modo, adesso,


«QUESTA PIATTAFORMA PER MOLTI È SOLO UNO STRUMENTO IN PIÙ, MA PER TANTI ALTRI È L’UNICO MODO, ADESSO, PER ANDARE AVANTI IN MEZZO A TUTTE LE DIFFICOLTÀ. NON SONO POCHI I MESSAGGI DI CHI CI RINGRAZIA DICENDOCI CHE È CON QUESTO NUOVO STRUMENTO CHE STANNO RIUSCENDO A PAGARE L’AFFITTO» per andare avanti in mezzo a tutte le difficoltà. Non sono pochi i messaggi di chi ci ringrazia dicendoci che è con questo nuovo strumento che stanno riuscendo a pagare l’affitto». Oltre a questo, come ci racconta Nicola, «in quasi due mesi di attività, grazie a questo progetto che accomuna realtà diverse, abbiamo riscontrato che sono nate anche nuove collaborazioni: molti esercenti ci dicono di aver scoperto, e sostenuto, realtà locali che non conoscevano prima. Anche questo è un aspetto che non avevamo previsto e che non può che renderci ulteriormente entusiasti». Sul dopo e sul futuro di Ad un metro, Nicola ci anticipa che assieme a chi ha aderito, Webmotion sta già pensando agli sviluppi futuri, «per esempio alla possibilità di attivare e amministrare anche una rete per le consegne a domicilio, ora gestite autonomamente dalle singole attività». I possibili sviluppi futuri sono tanti e diversi. Lo sono per questo progetto. Per il nostro nuovo giorno-dopo-giorno. Per il nostro futuro rallentato. Per noi. Se però ci sforziamo, tutti insieme, di smettere di chiamarlo “distanziamento sociale”, al-

VAI AL SITO

lora sì che questo dannato metro di distanza potrà davvero ridursi a quel preferibile “distanziamento fisico”. È vero che saremo ancora ad un metro gli uni dagli altri, ma forse così andrà tutto un po’ meglio. ■

SPAZIO PUBBLICITARIO

CORONAVIRUS, TEMPI DI RINVII E DI SOSPENSIONI Con i vari Decreti emanati dal Governo dal mese di marzo in poi per far fronte alle esigenze dei cittadini nella attuale situazione di pandemia, moltissimi adempimenti fiscali, tributari, contributivi e giudiziari sono stati rinviati ed i relativi termini in scadenza sono stati prorogati o sospesi. Tra gli adempimenti sospesi è ricompresa la presentazione delle dichiarazioni di successione scadenti fra l’8 marzo ed il 31 maggio 2020 le quali possono essere presentate entro il 30 giugno 2020. Pertanto l’erede che doveva presentare una dichiarazione di successione scadente entro detto termine, potrà presentarla, e pagare le relative imposte, all’Agenzia delle Entrate entro il 30 giugno 2020 senza incorrere in sanzioni per il ritardo. Tuttavia se l’erede presenta la successione entro il termine ordinario di scadenza (dall’8 marzo 2020 al 31 maggio 2020), egli è tenuto comunque a pagare an-

che le imposte relative. Non è consentito cioè presentare la successione entro i termini ed avvalersi della proroga per il solo pagamento delle imposte. Così ha chiarito la Circolare n.8 dell’Agenzia delle Entrate del 17 marzo 2020. Così pure i termini di registrazione degli atti notarili privati e pubblici sia in modalità cartacea che telematica sono sospesi. Tra questi la sospensione dei termini dal 23 febbraio 2020 al 31 dicembre 2020 previsti dalla normativa in tema di agevolazioni prima casa. Di conseguenza il termine non corre nel periodo di sospensione e il periodo decorso prima della sospensione si somma a quello rimanente che decorrerà dal 1 gennaio 2021. Nei casi di trasferimento di residenza entro i 18 mesi che decorre dal rogito di compravendita, se alla data del 1 aprile 2020 erano decorsi 15 mesi, gli ulteriori tre mesi decorreranno dal 1 gennaio 2021 e quindi l’interessato potrà trasferire la residenza entro il 31 marzo

2021. Egualmente nel caso di alienazione della precedente casa di abitazione preposseduta o di riacquisto di nuova prima casa entro l’anno dalla vendita della precedente prima casa per la quale non erano decorsi i termini di decadenza dei cinque anni, viene concesso ulteriore tempo che decorre dal 1 gennaio 2021. Se la vendita dell’abitazione viene stipulata dal 23 febbraio al 31 dicembre 2020, i termini decorreranno dal 1 gennaio 2021.

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Speciale

TURISMO

Turismo di prossimitĂ Da dove ripartire dopo la quarantena

Albergatori le voci dal veronese

Strade del vino

Un turismo a km zero

Musei

Anche a Verona i tuor sono virtuali

a cura di Camilla Faccini 40

Lago e Lessinia Al centro dell’estate 2020


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Un turismo che evolve, per rispondere al virus

tanze vuote, nessuna valigia trascinata negli ascensori. Il telefono non squilla e non arrivano email che chiedono se la colazione sia inclusa o meno. È questo il panorama negli alberghi, bed&breakfast e strutture ricettive in genere. Molti aspetti della nostra vita sono rimasti sospesi, alcune attività hanno subito un rallentamento: turismo e ospitalità si sono semplicemente azzerati, e saranno fra gli ultimi a ripartire. Le prenotazioni annullate sono un dato oggettivo. «Ad aprile c’è stato un cento per cento di cancellazioni» registra Ivan De Beni, presidente di Federalberghi Garda Veneto. Per il lago di solito è l’avvio della stagione, un mese da tutto esaurito. «Pasqua per noi è come Ferragosto. Abbiamo perso anche il Vinitaly e il ponte del 25 aprile». Per il mese di maggio le cancellazioni sono quasi totali e per giugno già almeno la metà. Il turismo del Garda vive per circa l’80 per cento di mercato internazionale, che sarà azzerato per diversi mesi, ma anche altrove la situazione è simile. «Le cancellazioni arrivavano già a metà febbraio» conferma il presidente dell’Associazione albergatori di Verona e provincia Giulio Cavara.

LE SCORSE SETTIMANE DOVEVANO ESSERE L’AVVIO IN POMPA MAGNA DELLA STAGIONE TURISTICA, MA L’EMERGENZA SANITARIA HA BLOCCATO TUTTO. TRA STANZE VUOTE E PAURA DEL TRACOLLO, IL VIRUS HA COSTRETTO ALBERGATORI DIVERSI A VISIONI SIMILI: DAL LAGO ALLA CITTÀ, DAGLI ALBERGHI DEL CENTRO AI B&B DI CAMPAGNA, SI RIPARTIRÀ ACCANTONANDO I GRANDI PORTALI DI PRENOTAZIONE. DI ALESSANDRO BONFANTE

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TRA SANIFICAZIONI E UN TURISMO NUOVO Con l’azzeramento del fatturato, emerge il problema dei costi fissi e del pagamento dei dipendenti. «Abbiamo portato a casa alcune settimane di cassa integrazione in deroga, ma rischiano di essere una misura insufficiente. Per ora dalle istituzioni non abbiamo avuto le giuste reazioni» afferma Cavara. Sul lago la forza lavoro è formata in gran parte da stagionali. «Sono persone di spessore e competenza – dice De Beni –, sui quali abbiamo investito anche in formazione: con molti di loro c’è un rapporto che dura da anni. A livello nazionale con Federalberghi abbiamo proposto di assumerli per poi metterli in cassa integrazione, in modo da garantire un minimo salariale e aiutarli a sopportare questi mesi di blocco». Da sempre divisi per natura e filosofia diverse, hotel e bed&breakfast si trovano oggi uniti dalla stessa difficoltà. «Temo che molti colleghi chiuderanno, o si sposteranno sull’affitto a medio-lungo termine» è la previsione di Andrea Campolongo, titolare del Romeo Giulietta Rooms & Apartments di Verona. «Con le stanze vuote, noi abbiamo colto l’occasione per rinnovarci. Il turismo nei prossimi mesi cambierà, ci sarà un ritorno degli italiani e le esigenze cambieranno. Dovremo garantire la sanificazione degli ambienti e potenziare gli strumenti, anche tecnologici, per mettere l’ospite nelle condizioni di avere informazioni e accessi senza scambio fisico». Per strutture a carattere famigliare come quella di Campolongo è una sofferenza, ma anche un’evoluzione dettata dalla necessità. «Ci siamo fatti aiutare da amici e anche da ragazzi giovani, per rinnovare il nostro modo di comunicare».

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ADDIO AI GRANDI PORTALI, SERVE UN CANALE DIRETTO CON IL CLIENTE L’obiettivo è riprendere il filo diretto con i clienti, rinunciando alle lusinghe di portali come Booking, Expedia, AirBnb. Al momento della crisi hanno spesso imposto il rimborso per le cancellazioni ai clienti, mentre questi sarebbero anche stati disponibili a riprogrammare la prenotazione. «Sono strumenti che alcuni colleghi hanno usato in maniera spregiudicata» ammette De Beni. «Consiglio di non cedere alle loro lusinghe quando si riaprirà il mercato». Sulla stessa linea Cavara: «Sono sbilanciati a favore del cliente, e le commissioni dal 18 per cento arrivano fino al 30 con certe promozioni». In attesa di direttive chiare sui protocolli di sicurezza, rimangono altri interrogativi sul futuro. «Sarà un processo molto lungo. In tempi così duri per tutti, quanti avranno davvero le risorse per viaggiare?» si chiede Cavara. Stessi dubbi per De Beni: «Sul lago mancheranno gli stranieri, mentre gli italiani preferiscono altre destinazioni. Per la ripresa dei flussi ci vorranno almeno 2 o 3 anni».Per tanti albergatori in crisi e che pensano anche a chiudere, c’è invece chi apre proprio adesso. «Io e mia moglie avevamo da tempo l’idea di aprire un b&b. I certificati erano già pronti» afferma Andrea, titolare del B&b Villa Verona Bike a Buttapietra. «Con questa situazione abbiamo capito di dover puntare sulla bicicletta. Oltre a essere una mia passione, è l’unico mezzo che garantisce sicurezza e distanziamento». Tutta l’attenzione è rivolta a soddisfare le esigenze del cliente. «Il nuovo turismo chiederà spazi da gestire in autonomia, il contatto con la natura, vorrà “entrare nel territorio”. Abbiamo preferito agenzie specializzate, reti dedicate ai cicloturisti e la creazione di un sito

nostro». Torna quindi il tema del canale diretto verso il cliente, evitando i grandi portali e riconquistando il controllo della comunicazione. Il Covid-19, che tante difficoltà e divisioni ha creato, è riuscito a unire almeno in parte le visioni di alberghi e b&b, di vecchi e nuovi operatori. Un’altra novità, decisamente meno tragica, portata da questo virus.

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articolo pubbliredazionale

#TORNEREMO A VIAGGIARE È questo l’hashtag più ricorrente sui social ed è con questo messaggio che desideriamo farvi sognare nuovamente. In queste settimane abbiamo imparato a cambiare i nostri ritmi di vita, ma non abbiamo mai perso la voglia di viaggiare, di preparare la valigia e di sentirci vivi come quando un nuovo timbro compare sul nostro passaporto. La voglia di evadere, di alimentare le nostre curiosità è lampante in tutti i social, in fondo i sogni non hanno né limiti né restrizioni. Questa stagione dettata dal pensiero “mi muovo, ma a breve raggio”, vedrà come protagonista il nostro meraviglioso Paese. Le previsioni indicano un calo importante di turisti stranieri, questa sarà un’occasione per “sostituirci” a loro e riscoprire la nostra Italia. Apprezzeremo nuovamente le spiagge, i borghi, le nostre città d’origine, le regioni… insomma un Paese, che non sappiamo se sia il più bello del mondo (rimandiamo il verdetto alla soggettività di ciascuno), ma è sicuramente uno dei Paesi più densi di meraviglie, ricco di straordinarie incoerenze, un mosaico composto da tessere diverse, ognuna delle quali è un’opera d’arte a sé stante.

Una terra capace di portarci lontano percorrendo pochi chilometri, che chiede a gran voce di essere esplorata da chi la vive, e non soltanto da chi la visita. Certo ci si muoverà con le dovute precauzioni, ma questo non ci impedirà di godere di una passeggiata sulla spiaggia o di un meritato bagno nelle acque cristalline dei nostri mari. Con i Tour Operator più lungimiranti stiamo investendo tempo e risorse per offrirvi un ventaglio di idee e di vacanze nuove. In queste settimane di chiusura forzata, non ci siamo mai fermati, webinar di formazione on line e momenti di incontri virtuali ci trovano pronti alla ripartenza con rinnovata fiducia ed ancora più sensibili alla sicurezza dei nostri clienti viaggiatori. Di sicuro saremo protagonisti di un’estate che rimarrà indelebile nella memoria, l’Italia ci aspetta. Siamo un Paese con una forte reattività e non ci manca la fantasia, ci ritroveremo prestissimo con tanta voglia di vacanza e noi vi aspettiamo con la nostra professionalità ed entusiasmo per realizzare nuovamente i vostri sogni.

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ncora nulla di certo, al momento, ma la grande macchina del turismo è già in moto per adattarsi alle diverse misure necessarie per affrontare la stagione estiva. Un settore, quello turistico, che risulta tra i più colpiti dal Coronavirus, come fanno sapere ConfturismoConfcommercio con l’ultimo aggiornamento del quadro dei danni: dal primo marzo alla fine di maggio nelle strutture ricettive ci sarà un calo di oltre 31,6 milioni di presenze con una perdita stimata di 7,4 miliardi. A seconda della durata dell’epidemia, le imprese della filiera potrebbero addirittura perdere tra i 29 e i 64 miliardi di fatturato nel 2020-21, con impatti diversificati a livello regionale.

Turismo, un piano speciale per il Coronavirus

«Un progetto ad hoc per il turismo con regole chiare» la richiesta del governatore del Veneto Luca Zaia, consapevole che ciò che serve agli operatori turistici non sempre può coincidere con le misure definite per aziende, fabbriche o negozi. La risposta potrebbe arrivare con la campagna “Viaggio in Italia” che il governo intende mettere in campo. Misure che andrebbero a favorire il turismo in Italia con sostengo alle imprese del settore e incentivi per fare vacanze nel nostro paese.

«LE VACANZE SI FARANNO». A DIRLO, AI MICROFONI DI RAINEWS24 LO SCORSO 13 APRILE, È STATA LORENZA BONACCORSI, SOTTOSEGRETARIO AL MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO.

Tra l’ipotesi di un’estate al mare tra pareti di plexiglas, l’obbligo di mantenere le distanze e la possibilità di un “holiday bond” abbiamo sentito alcune voci del settore turistico del nostro territorio per capire come si potrà affrontare la stagione estiva e abbiamo raccolto alcuni spunti per un turismo a km zero come risposta ai vincoli sugli spostamenti.

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Lessinia LA NATURA COME RISPOSTA ALLE DISTANZE SOCIALI

È difficile parlare della prospettiva futura del turismo in un momento in cui gli spostamenti sono ridotti alle più strette necessità e i viaggi sembrano un lontano ricordo. La preoccupazione di tutti gli operatori turistici nell’affrontare questo momento critico, però, è vinta dalla voglia di ripartire e di reinventarsi, cercando nuove vie per continuare ad offrire il meglio del territorio. Così sta accadendo in Lessinia, dove si è già al lavoro per studiare un piano di riapertura nel rispetto delle nuove regole sanitarie indicate. TURISMO DOMESTICO E NUOVO SITO INTERNET «Gli esperti – ci racconta Alice Ferrari, membro del progetto Destinazione Lessinia – parlano di un trend futuro di turismo domestico, di prossimità, una tipologia di “fare turismo” già nota al territorio della Lessinia dove la maggior parte dei turisti proviene dalla città di Verona o da città limitrofe. Nel breve termine sicuramente attività all’aria aperta come escursioni a piedi, in bici o a cavallo vedranno ridurre il numero dei partecipanti, ma sarà pur sempre possibile mantenere le distanze necessarie percorrendo i numerosi sentieri e strade sterrate. Ora più che mai risulterà essenziale usufruire di App o siti internet dove poter seguire un percorso autonomamente o 48

ascoltare in diretta una guida, senza dover fermare l’intero gruppo». A tal proposito Destinazione Lessinia sta lavorando anche alla realizzazione di un nuovo sito internet (www.visitlessinia. eu, online prossimamente) dove si potranno trovare tutte le informazioni utili per vivere al meglio la Lessinia, incluse nuove brochure scaricabili su percorsi da fare a piedi o in mountain bike. Inoltre, sono stati realizzati anche dei webinar dedicati agli operatori del settore turistico per reinventare il prossimo futuro, seguendo i consigli di importanti esperti di marketing. «Nelle strutture alberghiere – suggerisce Alice – si potranno ad esempio stabilire orari specifici per i pasti di ciascun cliente offrendo la possibilità di consumarli nella propria camera o ancora predisporre un check-in automatizzato. Sarà sicuramente una sfida far trasparire quel calore famigliare che caratterizza la nostra accoglienza, ma attraverso piccole forme di attenzione si potrà far vivere lo stesso al turista indimenticabili emozioni. La Lessinia saprà ancora una volta far riscoprire la forza di ripartire, di fare rete e di credere sempre più in un territorio che ha tutte le carte in regola per far fronte a questa sfida».


Lago

TURISMO DI PROSSIMITÀ PER L’ESTATE 2020

C’è preoccupazione tra gli esponenti del turismo legato al lago di Garda, ma anche tanta voglia di ripartire. E in attesa delle ultime indicazioni in campo normativo, le strutture ricettive si stanno già organizzando e attrezzando per la riapertura, munendosi di tutto il necessario: dalle mascherine ai guanti, dal gel disinfettante a rilevatori di temperatura corporea a distanza. «Noi non vediamo l’ora di riaprire e di ripartire – ci racconta Giacomo Ballerini, direttore di Gardalanding, azienda che gestisce lo IAT di Lazise e l’Info Point di Peschiera del Garda –. La situazione è critica perché noi nel 90% dei casi viviamo di turismo. Siamo in attesa di riaprire, anche se con poco, e rimetterci a lavorare». Una riapertura prevista tra l’inizio e la fine di giugno, anche se le variazioni potrebbero essere all’ordine del giorno. Altra grande sfida sarà colmare la probabile mancanza di turismo straniero puntando invece sul target italiano. CAMBIA LA COMUNICAZIONE «A cambiare sarà tutta la comunicazione e l’attività di promozione – spiega Ballerini –. Prima il grosso del lavoro era concentrato

sulla commercializzazione estera, grazie agli accordi con tour operator stranieri, specialmente danesi, olandesi, tedeschi, inglesi e israeliani. Questi flussi turistici sono bloccati fino alla riapertura del traffico aereo che sembra possa avvenire da luglio. Questo significa che il lago dovrà puntare su un turismo di prossimità e attirare turisti da luoghi limitrofi». Un turismo che già avveniva precedentemente e che sarà probabilmente incentivato nei prossimi mesi se dovessero persistere misure restrittive circa gli spostamenti. «La vera difficoltà – rivela Ballerini – sarà capire non tanto come attrarre i turisti nei comuni ma come farli dormire nelle strutture ricettive. Sicuramente la creazione di pacchetti, coupon con data aperta oppure delle policy di cancellazione molto tranquille e molto semplici potrebbero agevolare le cose. I comuni, poi, stanno già studiando la riorganizzazione di tutti i luoghi di assembramento frequentati soprattutto dalla popolazione veronese. Cercheranno tutti di riaprire: la motivazione c’è, restano da capire i tempi».

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S

Le strade del vino

arà difficile tornare alla normalità dopo questi mesi, così come sarà problematico, almeno per i primi tempi, tornare a viaggiare per il mondo in assoluta libertà. Perché non prendere quindi questo stop come una possibilità per riscoprire il proprio territorio e godere di ciò che si può trovare a pochi km da casa? L’enoturismo è una di queste possibilità, soprattutto in terre venete. Un’esperienza personale di esplorazione e scoperta, oltre che di degustazione, con tanti e diversi itinerari proposti dalle associazioni di riferimento. Ecco qualche spunto da cui partire per semplici escursioni giornaliere o per un weekend alternativo.

UN TURISMO A KM ZERO DOPO LA QUARANTENA 50


ASTRADA DEL VINO SOAVE A est della provincia scaligera, a soli 20 Km da Verona, la zona collinare del Soave è una terra generosa, caratterizzata da suoli vulcanici e lunghe distese di vigneti. La Strada del vino Soave nasce nel 1999 e conta oggi circa 130 soci tra cantine, associazioni, strutture ricettive e aziende locali. Un percorso di 50 km lungo il quale è possibile ammirare il paesaggio, visitare cantine e degustare il vino e altri prodotti tipici. Sono 13 i comuni che vi aderiscono, dislocati in Val di Mezzane, Val d’Illasi, Val Tramigna e Val d’Alpone. STRADA DEL VINO VALPOLICELLA Città d’arte patrimonio dell’Unesco, la Valpolicella si contraddistingue per gli splendidi paesaggi in cui i vigneti si alternano a bellezze naturali e architettoniche. Racchiusa tra la Valdadige, la Lessinia e la pianura veronese, è culla dei vini più rappresentativi del nostro territorio. La Strada del

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vino Valpolicella promuovere e valorizzare il territorio legato alla produzione del vino Valpolicella in cui le diverse categorie degli operatori lavorano insieme per la valorizzazione di tutto il territorio, attraverso i numerosi prodotti tipici. I comuni che vi aderiscono sono 19 e si estendono da Dolcè a Montecchia di Crosara. STRADA DEL VINO BARDOLINO La zona di produzione del vino Bardolino Doc occupa il settore veneto dell’anfiteatro morenico del lago di Garda, un’area che si estende per circa 80 km e che è ricca di scorci paesaggistici, bellezze architettoniche e produzioni enogastronomiche. 16 i comuni della sponda orientale del Lago di Garda che ne fanno parte, da Bardolino alle colline di Costermano, scendendo per Garda e Torri del Benaco fino a Sommacampagna, e ancora la possibilità di inoltrarsi sul monte Baldo salendo verso Caprino Veronese e Rivoli Veronese.


Speciale San Valentino

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Turisti per casa

ssere bloccati in casa ed esplorare il nostro territorio scoprendone angoli nascosti? L’impossibile diventa realtà. Perché nonostante gli spostamenti vietati c’è chi può farci viaggiare stando comodamente seduti sul divano.

SU INSTAGRAM UN TOUR VIRTUALE DEL TERRITORIO VERONESE 52


Nasce proprio dall’impossibilità di muoversi “Turisti per casa”, la rubrica che l’associazione Salmon Magazine tiene ogni martedì, alle 17:00, sul proprio canale Instagram @salmonmagazine. Un viaggio virtuale, dunque, che offre prospettive inedite del territorio veronese raccontate da chi il territorio lo conosce e lo ama profondamente. Nulla di nuovo, si è solo trattato di riadattare la missione che da sempre i ragazzi di Salmon portano avanti: riqualificare, far conoscere e rivalutare il territorio in cui viviamo. «Dobbiamo ricominciare ad apprezzare ciò che abbiamo sotto il naso – racconta Matteo Zamboni di Salmon Magazine – perché viviamo in una delle città, delle province, più belle al mondo. Non ci rendiamo conto di quanto siamo fortunati, tant’è che troppo spesso ce ne lamentiamo. Aprire gli occhi sui luoghi in cui viviamo ci porta anche a sviluppare una responsabilità e un senso civico che permetterebbero di averne più cura sempre».

Alle spalle il grande progetto delle mappe dei quartieri realizzate con chi i luoghi li vive e li abita in prima persona. Diversi gli incontri già tenuti, muovendosi da Borgo Venezia al Saval, dal Centro storico alla Lessinia, e ancora San Zeno, Avesa, Borgo Milano, Borgo Nuovo. E così scopriamo, ad esempio, che a Santa Maria in Stelle c’è un Ipogeo del IV secolo d.C. che attira turisti da ogni parte del mondo ma che noi, forse, ancora ignoriamo. «Abbiamo provato a viaggiare da casa – conclude Matteo – augurandoci che durante l’estate in arrivo, dove probabilmente non arriveranno molti turisti stranieri, saremo noi veronesi in primis a scoprire il nostro territorio, a praticare un nuovo turismo a km zero. Con la speranza, quando si potrà, di tradurre queste dirette in trekking urbani guidati da chi, in questo periodo, ci ha fatto viaggiare da casa».

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Tour virtuale nei musei: L’ arte più forte del virus e più forte anche delle restrizioni sugli spostamenti. E così, se i visitatori non possono viaggiare e recarsi nei musei, sono gli stessi musei ad offrire tour virtuali fruibili in comodità da casa.

ANCHE VERONA PARTECIPA ALL’INIZIATIVA

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A partecipare sono in tanti, da ogni parte del mondo: il Louvre a Parigi, Il Van Gogh Museum e il Rijksmuseum ad Amsterdam, il British Museum e la National Gallery a Londra. E ancora il museo Magritte a Bruxelles, il Prado e il Reina Sofia a Madrid, il Guggenheim Museum a New York. L’Italia non si è ovviamente tirata indietro e sono numerose le strutture museali che hanno risposto alla chiamata virtuale. E così, anche dal nostro divano, possiamo ammirare i capolavori della Pinacoteca di Brera, del Museo Egizio di Torino, della Galleria degli Uffizi di Firenze e persino dei Musei Vaticani, con libero accesso alla Cappella Sistina. Anche I musei civici di Verona si inseriscono nelle campagne di sensibilizzazione #iorestoacasa e rispondono con l’iniziativa “Visti da vicino, visti sul web” all’emergenza Covid-19. Un’idea per far entrare nelle case dei cittadini, nella sua versione online, il ciclo di visite “Visti da vicino, visti con te” che dal 2019 ha preso vita nei musei.

I primi appuntamenti sono stati dedicati al museo di Castelvecchio e al Museo di Storia Naturale con mini pillole video che si possono trovare sui canali social o sui siti internet. E così scopriamo che il Museo di Storia Naturale di Verona conserva reperti di uno dei primi prototipi di musei di storia naturale del mondo, possiamo comprendere come siano cambiate nel tempo le modalità espositive all’interno dei musei e cosa sia un erbario, possiamo imparare cose nuove sulle diverse collezioni di animali conservati nel nostro museo cittadino. E ancora, spostandoci a Castelvecchio, possiamo conoscere più nel dettaglio la figura di Carlo Scarpa, vedere opere del Mantegna, di Joachim Beuckelaer o farci guidare dal Vasari alla scoperta di pittori veronesi. Quale occasione migliore, anche da casa, per riscoprire la nostra città e il suo immenso patrimonio artistico.

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GIORGIA Quando finirà la quarantena, il primo posto in cui voglio andare è “dovunque”. Ciò che mi manca è visitare quei piccoli angoli del cuore con le persone che amo. Tuttavia se dovessi sceglierne proprio uno credo che sarebbe piazza Bra. Ma non la distesa ciottolata tra l’Arena e il Liston, bensì il suo prolungamento, tra via Dietro Anfiteatro e via Leoncino...lì dove tante volte mi sono fermata ad osservare la bellezza di quel lato “meno celebre” dell’Arena che i turisti scoprono solo d’estate, perché è lì che le scenografie più imponenti vengono ammassate in vista dello spettacolo. Lì dove il profumo della pizza appena sfornata ti riempie le narici e ogni volta ti dici “prima o poi mi fermo e me ne compro un trancio”, ma poi desisti e torni a camminare (un po’ più affamato di prima). Lì, dove la città scompare e ti puoi nascondere dalla sua grandezza e maestosità, ho lasciato un pezzetto del mio cuore.

I luoghi del cuore della redazione di Pantheon UN VIAGGIO VIRTUALE IN ATTESA DELLA FINE DELL’EMERGENZA

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iste dei desideri, conti alla rovescia, grandi piani rivoluzionari, semplici abitudini da ripristinare. Tutti stiamo pensando a quello che faremo non appena finirà quest’emergenza. Una quarantena, quella che stiamo vivendo, che implica in primo luogo la rinuncia e la distanza da alcuni luoghi che prima scandivano la nostra quotidianità. Per questo, abbiamo chiesto alla redazione di Pantheon il primo luogo in cui vorranno andare non appena sarà possibile tornare, rubando dei versi a Neruda, a calpestare pietre e zolle. In un momento in cui non si può essere turisti se non tra le proprie mura domestiche, vi proponiamo un breve viaggio tra ricordi e fermoimmagine scolpiti nella memoria. 56

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ALESSANDRO Finita l’emergenza vorrei tornare sulla ciclabile del Mincio. Non l’ho mai percorsa interamente, dai laghi di Mantova a Peschiera del Garda. Il bello è che, oltre a consumare le energie accumulate in questi mesi di reclusione, si scavalla il confine fra Veneto e Lombardia più volte, senza neanche farci caso. Dimenticare i confini, per un po’, farà bene.

SAMANTHA Non sono veronese, ma vivo a Verona da quasi tre anni. Da due mesi sono rientrata stabilmente a casa dalla mia famiglia, in un piccolo paese della marca trevigiana. Eppure, penso tutti i giorni alla città che ho iniziato a conoscere prima come studentessa e poi come collaboratrice giornalistica. Ripercorro il tragitto da casa a lavoro, e vedo la Veronetta degli studenti, della “movida”, della voglia di rinnovarsi; vedo Ponte Navi e San Fermo, con la visuale sul Lungadige che mi meraviglia ogni volta, soprattutto la sera, quando sull’acqua si riflettono le luci dei lampioni, come tante candele accese sopra il fiume. Ciò che mi manca di più, però, è camminare lungo le vie del centro, sbucando all’improvviso davanti alla maestosità dell’Arena. Il centro storico era il luogo che frequentavo di più, per lavoro e nel tempo libero, quindi non vedo l’ora di poterlo vedere di nuovo.

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MASCHERINE BELLE E BUONE

CUCIRE: VOCE DEL VERBO SOLIDARIETÀ Due storie germogliate nell’emergenza a dimostrazione che la pausa obbligata dalla pandemia ha avuto risvolti positivi e d’inaspettata creatività grazie ad ago e filo, stoffe e fantasia. L’impegno e i risultati raggiunti (anche in termini di migliaia di pezzi) dalle associazioni Ad Maiora e La cura sono io ne sono una tangibile dimostrazione

Maria Teresa Ferrari

M DI MARTA BICEGO

etri di stoffe, cuciti assieme con il sottile (ma resistente) filo della solidarietà. La pausa forzata imposta dall’epidemia non ha rallentato la creatività nella sua declinazione più solidale. Così mani operose si sono dedicate a tagliare tessuti, a muovere con abilità macchine da cucire, a rifinire nei dettagli quei presidi con i quali ognuno di noi è stato costretto a familiarizzare. È un farsi prossimo che ha avuto come risultato concreto la produzione di migliaia di mascherine: utili sì per preservare dal contagio, ma non solo. Perché questi pezzi unici e 58

colorati di altruismo sono stati destinati a sostenere innumerevoli progetti di solidarietà: sono stati distribuiti nelle carceri e tra gli anziani nelle case di riposo; regalati a volontari e senzatetto; a indossarli oggi sono i pazienti, sia adulti che bambini, nei luoghi di cura. Era il 17 marzo quando le appassionate di arte tessile dell’associazione Ad Maiora hanno iniziato a declinare il verbo cucire con uno stile solidale. Cosa che, peraltro, già sapevano fare bene se si guarda alle iniziative benefiche che portano avanti dalla nascita. «Siccome sappiamo cucire, allora aiutiamo attraverso ciò


che sappiamo fare», riassume la presidente Maria Teresa Sansotta. Tutto è nato per caso: «La richiesta d’aiuto da parte di una realtà consorella che in Calabria ha iniziato a realizzare mascherine da distribuire gratis», rivela. Ai primi 400 pezzi inviati al Sud se ne sono sommati altri per rispondere alle necessità del Veronese, arrivando a sfiorare a fine aprile quota 12mila. «È stata una bellissima esperienza che ha coinvolto con spirito di gruppo una cinquantina di persone, tra associati e non. Ciascuno a casa propria, motivato dalla gioia di essere utile», prosegue. Esauriti i materiali di scorta delle socie, sono intervenute aziende sensibili che hanno donato materiali ed elastici alle intraprendenti maestre del cucito. «Solo cose belle, solo cose buone e niente altro: è una frase che avevamo in mente da tempo e che – chiosa – quest’iniziativa ha contribuito a rafforzare nel significato. Insieme si può e il risultato finale è dato dal contributo, grande o piccolo, dato da ognuna di noi. Il valore non cambia». Cuci e cura: può essere il modo per ristabilire l’ordine delle cose. Per Maria Teresa Ferrari, fondatrice dell’associazione no profit La cura sono io, è stato quando si è trattato di creare una linea di cappelli per le donne impegnate nel percorso della chemioterapia. Nella sua seconda quarantena (la prima l’ha trascorsa combattendo contro una malattia) ha declinato nel confezionare mascherine questo pensiero, condividendolo con l’amica imprenditrice Anna Tosi del laboratorio artigiano Pagliani&Brasseur che ha messo a disposizione kit di stoffe ed elastici. «Abbiamo lanciato un appello a sarte e appassionate di cucito: la risposta è stata sorprendente», rivela, come il bisogno da parte delle persone di mettersi a servizio del prossimo. Questa mobilitazione dettata dal cuore ha coinvolto i volontari di Fevoss Santa Toscana che sui pulmini associativi raggiungevano a domicilio le esperte di ago e filo per consegnare i kit e ritirare le mascherine “usa e lava” realizzate. Con la staf-

fetta sono stati distribuiti gratuitamente oltre 15mila pezzi. «La mascherina non è un accessorio, ma un elemento essenziale del nostro abbigliamento perché serve a proteggerci», rimarca. E a fare ulteriore bene: i ricavati di una linea confezionata nel laboratorio de La cura sono io saranno destinati a raccogliere fondi per far nascere uno spazio benessere nell’Oncologia degli ospedali scaligeri. Cuci e cura, appunto. ■

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Le mascherine di Ad Maiora

Anna Tosi


NICOLA DUSI CUCINA PASTI GRATIS PER GLI OSPEDALI

LO CHEF VERONESE CHE AIUTA L'AUSTRALIA Il giovane ristoratore veronese prepara ogni giorno nella cucina del suo locale a Melbourne circa 500 pasti gratis per il personale medico impegnato contro il Covid-19.

L GUARDA L’INTERVISTA

DI MIRYAM SCANDOLA

o chiamiamo all’ora di cena, quando i suoi 500 piatti, anche oggi, sono già arrivati a destinazione, tra le corsie di ospedale dove si combatte il virus. Nicola Dusi è partito dieci anni fa da Grezzana e l’Australia con il tempo è diventata il luogo che chiama casa e dove ha costruito la sua famiglia. «Qui le restrizioni sono partite dopo, allentate rispetto all’Italia ma anche noi abbiamo dovuto chiudere il locale». Il suo ristorante nel cuore di Melbourne, The Harware Club, si è trovato da un giorno all’altro svuotato di clienti e di significato. Nicola però non si è lasciato abbattere da questa stasi temporanea. Il locale, aperto da poco, ricercato nelle finiture come nei piatti che sono un po’ il resoconto della sua Italia, si è trasformato in una delle mete della solidarietà australiana. UN PROGETTO NAZIONALE Il progetto a livello nazionale si chiama Alex Makes Meals e l’ha avviato uno studente 20enne, Alex Dekker. Tutto è nato da una telefonata con la sorella, medico in un ospedale australiano e dal suo muesli, unico sostegno in un 60

turno di 15 ore. Alex le ha preparato delle lasagne e poi ha pensato ai tantissimi medici, infermieri e operatori sanitari esausti dal lavoro che hanno bisogno del conforto di pasti nutrienti e, perché no, anche buonissimi. Prima l’appello sui social e poi la campagna di crowdfunding su gofundme.com. Infinite le donazioni per comprare materie prime. A trasformarle in pietanze perfette gli chef rimasti temporaneamente senza lavoro. In breve tempo, tanti cuochi hanno detto sì. Tra loro anche Nicola, «al momento noi prepariamo da mangiare per il personale di due ospedali della zona. Piatti semplici ma curati: dalla pastasciutta allo spezzatino». Alla distribuzione fisica ci pensa una rete di volontari. A Nicola il compito di far capire quanto cucinare sia davvero amore che si può assaggiare. E per ora funziona. «Non abbiamo ricevuto nessuna recensione da una stella su Tripadvisor» spiega, ridendo. «Credo che aldilà del cibo, questo sia un gesto confortante». C’è qualcuno che pensa a te e che ti ringrazia per quello che fai in ospedale, 15 ore al giorno, nella lotta a quel virus che temiamo tutti. In Italia, come dall’altra parte del mondo. ■


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A TU PER TU CON PIETRO, ALFIERE DELLA REPUBBLICA

DISEGNO IL MONDO PER COME LO VORREI Il 23 aprile 2020, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha conferito 25 attestati d’onore di Alfiere della Repubblica a «giovani che rappresentano modelli positivi di cittadinanza e che sono esempi dei molti ragazzi meritevoli presenti nel nostro Paese». Tra di loro un giovane ragazzo di Peschiera del Garda, 18 anni, all’ultimo anno dell’Istituto Salesiano San Zeno. I suoi disegni hanno conquistato anche l’Unione Europea. miei disegni sulla sicurezza stradale, in particolare sull’uso del cellulare alla guida, problema ancora irrisolto nonostante le tantissime iniziative in merito e la comprovata pericolosità. Il valore della solidarietà è molto presente nel tuo percorso. Chi ti ha ispirato? Mio padre mi ha insegnato che, con le cose che si ama fare, con le proprie passioni come la mia per il disegno (tutti mi dicono che sono nato con la matita in mano), si possono aiutare gli altri e creare progetti utili per tutta la comunità e per l’ambiente, tema a me molto caro. Anche il mio gruppo di amici, davvero affiatato, mi sostiene da sempre.

U

n titolo importante e carico di significato, quello ricevuto da Pietro Zuccotti, che si è distinto «per il talento e la dedizione offerta alla sua comunità al fine di promuovere il territorio, di rispettare l’ambiente e di far crescere il senso civico fra i giovani». A causa del Covid-19, Pietro sarà ospite del Presidente al Quirinale per la consegna del diploma alla prossima occasione utile. Fare centro del resto per lui non è mai stato un problema, visti i numerosi titoli a livello nazionale per la disciplina della carabina olimpica ma stavolta si tratta di una cosa diversa. Lo raggiungiamo al telefono per sapere come è andata. Pietro, come hai ricevuto la notizia? La notizia è arrivata a casa la chiamata del mio preside, subito ho pensato di aver combinato qualcosa di male ma poi ho realizzato la bellissima sorpresa e ne sono stato molto onorato, così anche la mia famiglia.

DI SARA AVESANI

Sei, già da qualche anno, impegnato nel volontariato sociale, con particolare attenzione alla promozione del territorio e dell’ambiente. La tua capacità di fare sintesi con il disegno è stata la tua forza, giusto? Sì, lo scorso anno con l'alternanza scuola-lavoro, ho collaborato insieme alla Polizia Stradale di Verona alla creazione di un opuscolo con i 62

Hai realizzato qualcosa di particolare per l'ambiente? Ho partecipato con entusiasmo perché riguardava proprio il mio paese, Peschiera, con una serie di tavole a fumetti che sono state collocate sul lungolago gardesano, per invitare i turisti al rispetto della natura, in buona sostanza dei cartelli sulla raccolta differenziata. Sono cartelli che sono già tutti in distribuzioni e anche altri Comuni ne possono fare richiesta. Anche all’Unione Europea ti sei distinto? Sì, nell’ambito di un progetto dell’Unione Europea, coordinato dalla Regione Lombardia, ho disegnato la mascotte simbolo di una campagna per la conservazione ambientale. A me bastano carta e matita per fare uno schizzo che poi digitalizzo con diversi applicativi che ho imparato ad usare. Progetti per il futuro? Continuare così, cercare di dare una mano approfondendo gli studi in Comunicazione. C’è un consiglio che ti senti di dare, soprattutto ai ragazzi della tua età? Di avere costanza e pazienza. Fare le cose a piccoli passi è la strada giusta per raggiungere le proprie soddisfazioni. Se si crea una buona base fin da quando si è piccoli, una volta adulti sarà più facile affrontare la vita e le difficoltà. ■


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I

l sistema di incentivi statali ai quali accederà la Lucense 1923 prevede che tutta l’energia prodotta sia ritirata dal GSE (Gestore dei Servizi Energetici) e utilizzata per la collettività. Questo modello di contributi consente di produrre energia elettrica a favore del territorio, ma al tempo stesso permette a chi partecipa al progetto di ricevere un incentivo economi co che va a ripagare il suo investimento .

La centrale mini-idroelettrica sfrutta l’energia dell’acqua che cade dal ramo più alto a quello più basso del fiume Fibbio che, nel tratto in cui si trova la Lucense 1923, si dirama in 2 tronchi. A monte della centrale si trova una iniziale vasca di carico, dove l’acqua del fiume si raccoglie accumulando energia prima di entrare nelle camere delle turbine. Nel momento in

1. potenza Potenza nominale nominale di di

112 kW

2.

cui entra nelle camere, muovendosi velocemente verso il basso grazie al salto presente, l’acqua passa attraverso le giranti delle 2 tur bine Kaplan installate, prima di fuoriuscire nuovamente nei 2 diversi corsi del fiume Fibbio da cui proviene. Il movimento rotatorio delle giranti delle turbine attiva in questo modo 2 generatori a magneti permanenti che trasformano l’energia di moto prodotta dal flusso dell’acqua in energia elettrica. Con l’inserimento delle due nuove ed efficienti mini turbine, si ottiene una potenza di circa 112 kW e una produzione media annua di 475.000 chilowattora di energia pulita , originando ricavi per 95.000 € all'anno.

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Lanominale centralediha unaedpotenza 112 kW è alinominale kW ed è alimentata di da 112 2 turbine Kaplan monoregolanti in camera limentata da 2 turbine Kaplan bera di potenzain pari a 56 kWlimonoregolanti camera ciascuna, con accoppiamento bera di potenza pari a 56 kW diretto all’albero generatore. ciascuna, con accoppiamento diretto all’albero generatore.

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L’IMPRESA DI CINQUE SORELLE

PICCOLE DONNE (DEL RISO)

Le sorelle Tovo

Amiche, socie e molto di più: sorelle. Sono le fondatrici di “Meracinque”, giovane azienda veronese che produce riso. A gestirla sono le cinque sorelle Tovo che, nonostante le lontananze geografiche, le difficoltà iniziali e, per ultima, l’emergenza sanitaria da Coronavirus, sono riuscite a realizzare il loro sogno: creare qualcosa tutte insieme.

S

DI GIORGIA PRETI

e condividere le proprie radici e origini con un fratello o una sorella può sembrare scontato, condividerci un sogno è una rara circostanza. Eppure è proprio questa l’essenza delle sorelle Tovo: Margherita, Benedetta, Silvia, Anna e Maria Vittoria. Cinque donne determinate e intraprendenti che da un paio di anni hanno fondato insieme “Meracinque”, un’azienda produttrice di riso (esclusivamente Carnaroli classico) con sede a Borgo Libero, a Villafranca. Tutto è partito da Benedetta, la seconda delle sorelle, che dopo aver studiato economia tra l’Italia e la Francia, si è trasferita a Londra per lavorare nel settore della moda: «Lavoravo in una grossa azienda dove mi occupavo di sviluppo prodotto e produzione, ma nella testa ho sempre avuto l'idea di fare qualcosa con le mie sorelle» ci spiega Benedetta. La svolta è arrivata verso la fine del 2017 e con essa la decisione di fondare una “riseria”: «Abbiamo scelto di lavorare nel settore riso perché è un cereale senza glutine molto versatile e abbiamo trovato a Roncoferraro, tra Verona e Mantova, un terreno franco-argilloso molto adatto per la varietà “carnaroli”. Così abbiamo messo insieme le nostre esperienze e ci siamo lanciate in questo progetto». SORELLE E COLLEGHE Pochi dubbi sulla scelta del brand, che rispecchia una profonda unione d’intenti e d’affetto: 66

«Il nome “Mera” viene da meraviglia, che è il soprannome con cui ci siamo sempre chiamate anche da piccole e “cinque” perché siamo in cinque» ci spiega Benedetta. Ma a fare parte di questo sogno ci sono ben più persone: in primis papà Paolo, agronomo con oltre 40 anni di esperienza, che rappresenta un punto di riferimento per le sorelle: «Con lui ci confrontiamo spesso e ci aiuta nella parte più tecnica della produzione, che è 100% sostenibile e realizzata con un innovativo metodo giapponese denominato “micronaturale”». E così a ognuno il suo: chi marketing, chi contabilità, chi strategia…e chi stage: «La più piccola, Maria Vittoria, si sta laureando ed è partita per l’estero e diciamo che è un po' il jolly: per il momento la usiamo come stagista (ride, ndr)». Ora a lavorare a tempo pieno in azienda sono Benedetta e Silvia, la prima occupandosi della parte di sviluppo prodotto e marketing branding da Berlino e la seconda della parte commerciale e di vendite da Milano, e periodicamente si fa il punto della situazione, tutte insieme, tutte e cinque. Certo, non sempre tra sorelle è tutto rose e fiori, ma è giusto così: «Siamo molto vicine d’età: tra la prima e l’ultima ci sono 10 anni di differenza – ci dice Benedetta – e da piccole si tendeva a giocare insieme. Io ho sempre pensato che con gli amici si può “fare business” ma è complesso. In famiglia non è mancato chi ci ha detto: “Voi siete pazze, siete


tutte donne, tutte sorelle, chissà che litigate che vi farete”. Sì è vero, succede, ma è vero anche che si trova sempre una soluzione. Ci sono dei momenti in cui ci si manda a quel paese però poi nel giro di poco si risolve e devo dire che dopo un paio d’anni sono contenta perché stiamo mettendo le basi per qualcosa di duraturo». E dalle altre città, dagli altri Paesi, alla fine si ritorna sempre alla base: «Due mesi fa ho deciso di trasferirmi a Berlino per questioni personali ma mi manca

l’Italia e Verona. – ci confida Benedetta – Io torno spesso a Villafranca per lavoro, ma ora che sono bloccata qui per l’emergenza Coronavirus e non so quando potrò rientrare mi manca tutto: lo stile di vita degli italiani, la facilità dei contatti e la semplicità delle persone. Ma anche cose banalissime come mangiare bene ovunque. Mi sono resa conto, stando all'estero in grandi città, di quanto Verona sia pazzesca. E chi lo sa, magari al momento giusto tornerò definitivamente». ■

GUARDA IL VIDEO A Verona contro il Covid Anche “Meracinque” ha fatto la sua parte durante l’emergenza Coronavirus: ha donato infatti 500 kg di riso alla Croce Rossa di Bergamo, grazie all’intermediazione dello chef stellato Umberto De Martino, che aveva messo a disposizione il suo ristorante per dar da mangiare ai volontari impegnati in prima linea nella lotta al Covid-19.

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IL VIAGGIO A PIEDI DI DAMIANO

ELEGIA DI UN CAMMINATORE Damiano Menegolo, di Badia Calavena, ha attraversato l’Italia a piedi, da Roncà a Roma. Un viaggio fatto di incertezza, paesaggi, conoscenze che gli ha permesso di riflettere su se stesso e sulla nostra frenetica esistenza da un differente punto di vista.

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amiano Menegolo, classe 1986, potrebbe quasi essere definito un cantastorie. Laureato in Editoria e Giornalismo, originario di Badia Calavena, ha scoperto la profondità del cammino nel 2013, in Spagna, sul Cammino di Santiago di Compostela, un’esperienza che lo ha toccato nel profondo tanto da portarlo a scriverne anche un libro: La Vita in Breve: Le cose che ho raccolto lungo il cammino (di Santiago) (2018). Proprio dopo quella importante esperienza, lo scorso anno Damiano ha affrontato il secondo cammino più importante della cristianità, quello che porta a Roma, decidendo però di partire direttamente da Roncà, dove viveva in quel periodo, per raggiungere la capitale a piedi. E così il 9 settembre 2019 si è avventurato in quelli che sono stati 30 giorni, per un totale di 850 chilometri di panorami, conoscenze ed esperienze. Damiano parte direttamente da casa, zaino in spalla, con l’obiettivo di raggiungere Roma che, ci confida, prima di allora non aveva mai visto. Nella prima settimana di cammino è accompagnato da un’amica, ma poi rimane solo per i restanti 20 giorni seppure sulla ben più frequentata Via Francigena. Decide di raggiungere la Via

Francigena anche se, dal Veneto, non è facile e occorre scavalcare gli Appennini e prepara un piccolo piano di viaggio che però non sempre riuscirà a seguire. Nel primo tratto, quello forse più impegnativo, segue la via Romea Strata, un percorso curato nella sua diffusione dalla Diocesi di Vicenza ancora poco frequentato. La Romea Strata, nella sua interezza, collega Lienz con Fucecchio, in Toscana, attraversando il Polesine e appunto gli Appennini. CON L’ANDATURA DEI PENSIERI «Nella prima parte del viaggio, soprattutto nel Polesine, la sensazione è quella del disorientamento – racconta Damiano. – Spesso mi sono ritrovato a camminare lungo gli argini dei canali, in un settembre che sembrava Ferragosto, senza una fontana, una casa, un segno di presenza dell’uomo. Sono dei momenti non facili, dove ti poni delle domande profonde, dove scopri aspetti di te stesso che magari non avevi nemmeno considerato». Ma lungo il cammino, non c’è solo solitudine. «Ero nei pressi di Modena, nella campagna, senza acqua. Le case erano molto isolate e gli abitanti molto diffidenti, non 68

DI MATTEO BELLAMOLI


«UN CAMMINO, QUALUNQUE ESSO SIA, VA VISSUTO PASSO DOPO PASSO, MOMENTO DOPO MOMENTO. NON TI DEVI FISSARE SULLA META, ALTRIMENTI IL RISCHIO È QUELLO DI VIVERE TUTTO CON AFFANNO» certo abituati al via vai di pellegrini come avrei poi trovato in Toscana e nel Lazio. Mi sono fermato presso un casolare con due anziani a chiedere un po’ d’acqua, ma avevano solo vino, il “Vino dei Marinai” l’hanno chiamato, perché i canali lì intorno un tempo ero persino navigabili e vi arrivavano barconi direttamente da Venezia». «Ho scoperto che più ci si avvicina a Roma, più c’è un grande senso di comunità lungo il cammino, e non parlo solo a livello religioso – prosegue Damiano. – A Spilamberto mi hanno ospitato gratis in un B&B, a Campo Tizzoro (Pistoia), un signore mi ha offerto la cena e mi ha donato una Gru della Pace da portare a Roma. In alcuni momenti ho dimenticato di essere solo». Dopo 30 giorni, con una media di 20/26 chilometri al giorno, Damiano giunge finalmente in vista di Roma. «La via arriva in città dall’alto, attraverso i colli, quindi si distinguono prima le forme, poi le cupole che solo dopo appaiono come tetti di case e chiese. Per me è stata una sensazione di grande svuotamento, come se tutte le fatiche fisiche e mentali, i ricordi e le emozioni si andassero

a scaricare in un momento. Un carico troppo importante per poterlo rielaborare in un momento solo» «Un cammino, qualunque esso sia, va vissuto passo dopo passo, momento dopo momento. Non ti devi fissare sulla meta, altrimenti il rischio è quello di vivere tutto con affanno. Quando ho deciso di fare questa esperienza, lasciandomi alle spalle la porta di casa e partendo a piedi, l’ho fatto per vivere un’esperienza prima di tutto con me stesso. Roma è stata la destinazione, ma dopo tutti quei giorni da solo, non posso nascondere che l’arrivo in una metropoli trafficata, piena di gente indaffarata e di turisti, mi ha un po’ confuso. Da una parte avevo desiderato quel momento in tutti i giorni di solitudine – ha concluso Damiano, – dall’altra una volta raggiunto, avrei desiderato essere ancora da solo, lungo gli argini del Polesine». Un viaggio fatto al ritmo dei passi, un’esperienza lenta, un tipo di scoperta che avvantaggia i centri più piccoli, permette di apprezzare paesi e luoghi al di fuori delle convenzionali rotte turistiche. Questa è forse l’essenza vera del cammino. ■

L'arrivo a Roma di Damiano

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DA CALCIATORE A CAMPIONE DI PARATRIATHLON

LA VITA È TROPPO BREVE NON C’È TEMPO PER ABBATTERSI Promessa del calcio veronese, prima le giovanili del Brescia e poi l’Hellas Verona, la vita di Manuel Marson cambia improvvisamente quando gli viene diagnosticata una malattia neurodegenerativa del nervo ottico che lo rende ipovedente.

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bbiamo bisogno di eroi? Se lo domandava Bertold Brecht, poeta e drammaturgo tedesco vissuto nella prima parte del ‘900, attraverso l’opera teatrale Vita di Galileo ha regalato al mondo una frase che si è prestata a moltissime interpretazioni. Sventurata la terra che ha bisogno di eroi, mantra che si è tramandato nelle generazioni, assumendo una rinnovata attualità in un periodo colmo di difficoltà come quello che stiamo attraversando. È normale o anormale una società che necessita di modelli di riferimento da seguire? Mai come in questo periodo storico abbiamo il dovere di pianificare il nostro «domani» facendo affidamento su testimonianze di valore, coraggio e determinazione. La storia di Manuel Marson è un concentrato di tutte queste virtù. Manuel da giovanissimo è stato una promessa del panorama calcisti-

A destra Manuel impegnato in una gara

co veronese, cresciuto nelle giovanili del Brescia e successivamente dell’Hellas Verona, ha addirittura cullato il sogno di diventare un giocatore professionista, allenandosi con la prima squadra della Sambonifacese. LA DIAGNOSI CHE CAMBIA LA VITA Ad una visita medico sportiva una scure si è abbattuta pesantemente sulla sua esistenza: gli viene diagnosticata la neuropatia di Leber, malattia neurodegenerativa del nervo ottico che lo rende ipovedente. Manuel, però, dopo un periodo di sconforto decide di indossare un mantello, diventando l’eroe della sua esistenza. Alle piscine Monte Bianco fa la conoscenza di Michele Ferrarin e di sua moglie Isabella Zamboni, un incontro che rappresenta un passepartout che gli permette di entrare nel mondo del paratriathlon, disciplina di cui diventa in breve 70

DI MATTEO LERCO


«IN QUESTI MOMENTI DOBBIAMO ALLENARCI A VEDERE LE COSE IN UNA MANIERA DIVERSA, SENZA FARCI CONDIZIONARE DAGLI AVVENIMENTI ESTERNI. VE LO DICO PERCHÉ CI SONO PASSATO ANCHE IO. HO VENTISEI ANNI E SONO IPOVEDENTE DA OTTO. NELLE DIFFICOLTÀ NON MI SONO MAI PERSO D’ANIMO, VIVENDO LA MIA ESISTENZA COME UNA CONTINUA SFIDA»

tempo protagonista assoluto, conquistando il titolo di campione italiano nel 2015, 2016 e 2019, laureandosi addirittura vicecampione del Mondo nel 2016. Proprio come Batman, eroe di Gotham City, Manuel è caduto e ha imparato a rimettersi in piedi. «Sono sicuro che verremo fuori da questa situazione – spiega – il mio primo pensiero va alle persone che hanno passato mesi isolate in un letto di ospedale o chiuse in casa tra sofferenze e solitudine. In questi momenti dobbiamo allenarci a vedere le cose in una maniera diversa, senza farci condizionare dagli avvenimenti esterni. Ve lo dico perché ci sono passato anche io. Ho ventisei anni e sono ipovedente da otto. Nelle difficoltà non mi sono mai perso d’animo, vivendo la mia esistenza come una continua sfida e cercando di dare sempre il meglio di me stesso, anche se sarebbe stato più semplice fare la vittima e farmi compatire. Per questo dico che in questa quarantena dobbiamo essere positivi, traendo il massimo dalla nostra quotidianità».

LA SPERANZA DENTRO LE DIFFICOLTA’ Perché secondo Manuel il Covid-19 è un’opportunità di crescita che non possiamo farci sfuggire. «Se ci relazioniamo al virus come ad una possibilità di riscoperta di noi stessi, questo tempo di “pausa” non sarà stato vano. La voglia di tornare a coltivare le nostre passioni, il nostro lavoro, i nostri interessi è tanta, ma dobbiamo tenere duro, tenendo costantemente accesa la fiamma che conserviamo dentro di noi». La vita è una corsa senza alcuna linea di arrivo: chi si ferma è perduto. «Mi sto tenendo in costante contatto coi miei compagni della Verona Triathlon, ci sentiamo all’incirca quattro volte a settimana – conclude – riesco anche a fare qualche corsetta grazie all’aiuto di mio fratello, oltre alla classica palestra. Dovremo convivere per diverso tempo con questo virus, quindi lo spirito di adattamento sarà una componente fondamentale: abbattersi è un verbo che non deve mai essere contemplato». ■ 71


IL MONDO DEI MOTORI CRONACHE, IDEE, SOLUZIONI

LE QUATTRO RUOTE CONTRO LA PANDEMIA Tante le iniziative del mondo automotive che hanno riconvertito parzialmente alcuni comparti produttivi per aiutare nel contrasto all’emergenza sanitaria mondiale causata dal Covid-19. Da Ferrari a Lamborghini e non solo, fino a Verona.

I

n un periodo di forte recessione per il mercato dell’automobile, che in alcuni casi è arrivato a sfiorare cali del 100% a febbraio e marzo, il mondo automotive ha risposto però con particolare slancio all’emergenza sanitaria da Covid-19. Alcuni dei brand più prestigiosi hanno infatti riconvertito parte delle loro linee produttive per la realizzazione di strumentazioni atte a contrastare la diffusione del virus o ad aiutare chi è già stato colpito. In Italia Lamborghini, in collaborazione con l’Università di Bologna, ha iniziato a realizzare mascherine e visiere protettive per il Policlinico Sant’Orsola-Malpighi. Il reparto R&D è invece al lavoro per la creazione di 200 visiere in policarbonato, realizzate con tecnologie di stampa 3D. FERRARI, MERCEDES E TESLA Piuttosto emotivo invece l’effetto suscitato dalle foto diffuse da Ferrari. Il marchio di Maranello ha infatti avviato la produzione di valvole per respiratori polmonari e raccordi per maschere di protezione che portano con orgoglio il cavallino rampante su tutti i pezzi. In Gran Bretagna, dove ha sede, il Mercedes-AMG Petronas Formula One Team, insieme all’University

La mascherina confezionata da Giesse Scampoli

College di Londra, ha sviluppato un innovativo sistema denominato CPAP (Continuous Positive Airway Pressure), ancora sperimentale, che permette la respirazione artificiale senza strumenti invasivi che obbligano alla sedazione del paziente. Altre iniziative sono state attivate dalla General Motors, da Ford e da Tesla, che produce respiratori da fornire agli ospedali di tutto il mondo. ■

L'impegno della famiglia del rally Nella nostra città, la Giesse Scampoli degli Scandola, famiglia impegnata nei rally da ormai tre generazioni, assieme alla Freem di Treviso ha iniziato la produzione di una mascherina protettiva certificata riutilizzabile. L’attività prevede la realizzazione di circa 15.000 pezzi completamente “Made in Italy” ogni giorno. Le prime forniture sono state donate a sostegno di chi opera in prima linea. Chi è interessato può contattare il negozio più vicino che troverà sul sito www.giessescampoli.com

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DI MATTEO BELLAMOLI


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QUATTRO SPAZI E 15 PARTNER Il progetto prenderà vita, una volta che l’emergenza sarà finita, in quattro spazi a San Martino Buon Albergo, Dossobuono, S. Massimo e S. Lucia di Verona. Si

chiameranno SPAZI ABBRACCI: qui si ascolteranno bisogni e desideri del territorio, in particolare per le fasce di anziani, minori, persone con disabilità e le loro famiglie. L’intento è sia di rispondere professionalmente con servizi specifici, sia di valorizzare e connettere le risorse presenti sul territorio, attivando logiche di sussidiarietà. Il titolo è significativo: ABBRACCI intende passare dall’idea di “curare” all’idea di “prendersi cura”. Nell’abbraccio è rappresentato il sostegno reciproco, che permette di entrare in empatia con l’altro, e in questo progetto ciò avverrà connettendo professionalità, competenza e risorse della comunità. Sono 15 i partner che si sono messi in gioco: L’Alveare Coop. Soc.; Mag Mutua per l’Autogestione Coop. Soc; Ass. AGOR; Ass. GiveMe5; Ass. Il Germoglio Onlus; Ass. Il Melograno; Ass. La Strada Casa Laboriosa; Ass. Le Fate Onlus; OMNIA Impresa Soc.; Ass. UgualmenteSociale; Coop. Soc. L’Infanzia; Coop. Soc. Tangram; Fond. la Piletta Onlus; Fond. Piccola Fraternità Onlus; Coop. Soc. Multiforme. ■

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ato in co-progettazione e sostenuto da Fondazione Cariverona, ABBRACCI intende rivitalizzare alcuni spazi, poco sfruttati, per farli diventare luoghi dedicati all’incontro e alla socialità, agevolando attività ludico-ricreative e di incontro tra generazioni diverse. Gli spazi diverranno punti di riferimento dove, oltre alla socialità, verranno offerti servizi di sollievo, di supporto e sostegno psicologico. Non solo: sarà possibile trovarvi servizi educativi e di supporto all’apprendimento, serate e corsi di formazione aperti alla cittadinanza e agli operatori. Il tutto avverrà secondo una logica di approccio integrato e intergenerazionale che porterà a rinsaldare le relazioni della rete territoriale. ABBRACCI punta a rendere gli spazi autosostenibili e autogestiti, contribuendo a creare un welfare generativo e mutualistico.

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Sta partendo ABBRACCI: un progetto dalla forte valenza educativa che fonda le proprie radici nel rafforzamento della comunità, per favorire l’incontro tra persone e contrastare l’accentuarsi delle solitudini e dell’isolamento.

DI SALMON LEBON


FORZA BELLEZZA RIFLESSIONI ARCHITETTONICHE

BELLISSIMA VERONA RIPARTIAMO DA TE Da Verona può partire un messaggio forte per tutta l’Italia, unita da un male che vogliamo cercare di trasformare in bene, bene comune: la nostra storia, la nostra arte, la nostra letteratura sono più forti di un virus, sono schermi, scudi dove scrivere un nuovo motto per una nuova impresa. Così un modo per combattere questo virus oltre a mascherine, distanze e guanti sarà usare altri schermi, quelli dei telefonini, dei computer, dei tablet, quelli dove proiettare parole immagini, frasi e disegni per recuperare il potere della cultura che nel nostro paese ha sempre vinto ogni battaglia, un Ri-rinascimento nel quale siamo i migliori da sempre. Proteggerci con la cultura.

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olti artisti, pittori, scrittori, nei secoli hanno raccontato l’Italia attraverso i viaggi nel Belpaese, da Goethe a Piovene, passando ancor prima da Dante per arrivare a Pasolini, Hesse e tanti altri, tutti sono riusciti a cogliere lo spirito dei luoghi italiani, che ha una forza invincibile e ci rende il paese della bellezza, ogni giorno, ognuno di noi, tutti insieme. E può partire da Verona questo Viaggio in Italia, da quell’Indovinello veronese che è l’inizio della lingua italiana, manoscritto del IX secolo, anonimo, conservato nella Biblioteca Capitolare di Verona; un viaggio, che comincia con una metafora tra cultura e coltura, là dove la cultura è il territorio da raccontare. E in quella stessa biblioteca, tre secoli dopo, ci è stato a lungo Dante Alighieri autore di quel viaggio per eccellenza che è la Divina Commedia e che nel Canto XXXIV, ultimo de la prima cantica, narra come uscire dall’inferno, attraverso la conoscenza: «E quindi uscimmo a riveder le stelle». L’ITALIA, CAPITALE DEL MONDO SECONDO GOETHE Per arrivare ai Grand Tour del XVIII e XIX se-

colo, dove l’Italia è meta preferita per indossare bellezza e conoscenza; tra tutti Goethe e il suo Viaggio in Italia, che passando da Verona la descrive lungamente, e appella l’Italia come Capitale del mondo. Nel 1904 Hermann Hesse nel suo Camminare scrive sul viaggiare come esperienza di vita, e non può che fermarsi lungamente a descrivere i paesaggi italiani come un unicum con le persone che li abitano, ed è dall’esperienza con gli abitanti che trae senso il viaggio. Infine Guido Piovene sarà per sempre legato al Viaggio in Italia, un reportage nell'Italia del secondo dopoguerra, un viaggio da Bolzano alla Sicilia passando attraverso i molteplici paesaggi, territori e genti della nostra penisola. Per tre anni Piovene ha portato gli italiani alla scoperta, regione dopo regione, di città, borghi, piazze, caratteri, dai più noti a quelli sconosciuti, una vera impresa, e l’Italia raccontata è quella della ricostruzione che fino a qualche mese fa sembrava così lontana. Oggi ripercorrendo questi viaggi possiamo far emergere il carattere nazionale, la nostra forza dalla nostra cultura, e rinascere ancora. Si faccia Verona stazione di partenza. ■ 75

DI DANIELA CAVALLO


IL FIORE DELL’ARTE OGNI MESE UN PETALO E UNO SCORCIO

IL PODESTÀ DI VERONA CHE NE ERESSE LE BELLEZZE Guglielmo da Castelbarco fu podestà di Verona, Signore della Vallagarina, consigliere della famiglia Della Scala e finanziatore di due importanti chiese: Santa Anastasia e San Fermo Maggiore. Guardando bene, in città si possono ammirare affreschi e monumenti che ricordano un personaggio importante vissuto tra la seconda metà del XIII secolo e gli inizi di quello successivo.

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robabilmente senza di lui la chiesa di San Fermo Maggiore non avrebbe lo splendido soffitto ligneo pentalobato e le decorazioni ad affresco, e pure la chiesa di Santa Anastasia non avrebbe l’aspetto attuale se Guglielmo non fosse intervenuto con ingenti donazioni. Visitando le due chiese sono aspetti che non emergono in confronto a ciò che conservano, ma guardando bene si notano particolari che rivelano informazioni ben precise. Di Guglielmo sappiamo che era imparentato con gli Scaligeri e che negli anni Ottanta fu podestà di Verona. Aveva possedimenti nella Vallagarina, nell’attuale Trentino, di cui rimane il castello di Avio, ora gestito dal Fai. IL SUO, UNO DEI PRIMI RITRATTI DELLA STORIA VERONESE Di lui possiamo anche avere un’idea del suo aspetto fisico dall’affresco che lo rappresenta, conservato nella chiesa superiore di San Fermo Maggiore. Proprio sull’arco trionfale è raffigurato inginocchiato con indosso un abito purpureo sfoderato di pelliccia e dai

bordi dorati, mentre un vistoso copricapo è posto sotto una tipica cuffietta medievale. Dal ritratto che ne ha fatto il Maestro del Redentore, probabile allievo di Giotto, sappiamo che aveva un naso importante, il labbro inferiore pronunciato, delle folte sopracciglia e un evidente neo sulla guancia sinistra. È questo uno dei primi ritratti della storia dell’arte veronese. Guardando meglio si nota che sorregge il modellino della chiesa, segno che fu proprio lui a favorirne la costruzione. Alle sue spalle lo stemma: il leone d’argento in maestà su sfondo rosso. È un simbolo che ricorre spesso a San Fermo e che troviamo pure sul suo monumento funebre, accanto alla chiesa di Santa Anastasia. Un modello per le future arche scaligere, tra cui quella di Cangrande che morì nove anni dopo, nel 1329. Con uno sforzo di immaginazione si può credere che il suo ritratto sia presente nel catino absidale di San Fermo dando così le sembianze alla figura di uno dei due santi martiri a cui è intitolata la chiesa. Particolari suggestivi che aiutano a comprendere la storia del luogo. ■ 76

DI ERIKA PRANDI


PILLOLE DI MAMMA CON UN PO’ DI AMOREVOLE IRONIA

Elenco semiserio di questi giorni

Fase 1, fase 2, fase 3… fante, cavallo e re! Scusate ma comincio a non capirci più nulla, l’unica cosa chiara è che, se a settembre non riapriranno le scuole, i nostri figli resteranno a casa. E sapete con chi?

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ì, con noi genitori, 24h su 24h, 7 giorni su 7, senza pausa alcuna. Sicuramente non con i nonni. Come ci spiegano gli illustrissimi virologi Mantovani, Capua, Burioni: «è ancora troppo elevato il rischio che gli anziani possano essere infettati, poiché i pazienti più a rischio restano sempre loro». La nostra Costituzione riconosce alla famiglia una posizione fondamentale all’interno della società ma senza l’aiuto dei nonni, in termini di accudimento, tempo e anche di spese in certi casi, la tanto osannata “famiglia” di cui tutti si preoccupano (e per la quale però nessuno fa niente), potrebbe avere dei cedimenti importanti e non ditemi che in questa quarantena non ve ne siete accorti. Spesso mi faccio guidare dal motto “mal comune, mezzo gaudio”. La consolazione ma soprattutto la consapevolezza che i problemi sono condivisi, credo ci faccia sentire meno soli. Quindi, care mamme, non sentitevi in colpa se in questi mesi di “reclusione”:

DI SARA AVESANI

• Avete, almeno una volta sperato che Santa Apollonia, invece di portarsi via il dentino, si portasse via anche i vostri piccoli mostricciatoli, per un giorno, forse due, facciamo tre? • Avete provato a lievitare il pane ma più di un sasso colorato di bianco di farina sopra, non siete riuscite a fare; • Avete buttato via una serie di disegni sparsi in giro per la casa in un impulso irrefrenabile e schizofrenico di fare ordine, cercando di non farvi vedere ma avete fallito e vi siete sentite tremendamente in colpa; • Avete giocato a nascondino in casa, barando sulla conta per avere il tempo di bere un caffè in santa pace o per fare pipì da sole; 77

• Avete fatto la pasta e non va bene, la minestra e non va bene, il riso e non va bene e avete capito che l’unica cosa che va bene NON esiste; • Avete sbottato (si può dire?) all’ennesima mamma “perfetta” che manda in chat o posta sui social la foto dell’arcobaleno di “Andrà tutto bene”, con vicino un sorriso a trentaseimila denti, quando a casa vostra, l’unica cosa che va bene è l’abbonamento a Disney +; • Avete tirato in ballo tutti i santi, quando dopo lunghe e attente riflessioni, la ceretta comprata su Amazon (cosa alquanto poco etica, lo so), è stata spalmata dai vostri nani sul copriletto matrimoniale; • Vi siete versate qualche bicchiere di vino in più, facendo credere fosse Coca-Cola o di vino bianco spacciandolo per tè (scegliete voi); • Avete fatto fare un giro nella lavatrice a Cicciobello, l’unico che può farlo fra l’altro, secondo l’ultimo decreto, o il penultimo? o il terzultimo? o il primo? Non mi ricordo; • Quell’“accipicchia” di intruglio di tempere e lievito (esaurito ovunque), essenziale per riprodurre i lavoretti proposti dalle maestre, non vi si gonfia mai e le vostre figlie ve lo fanno sempre notare (vedi anche il punto 2); • Avete fatto finta di capire come funzionano le nuove disposizione dei registri elettronici della scuola, salvo poi inanellare una serie di figuracce con gli altri genitori;

Ecco, se è capitato anche voi, non preoccupatevi perché capiterà ancora. P.S. Come si dice, in ogni scherzo, c’è un briciolo di verità. ■


DUE LIBRI & QUALCHE VERSO

Pagine per i grandi

Titolo: Vite che non sono la mia Autore: Emmanuel Carrère Traduzione: Federica Di Lella, Maria Laura Vanorio Edizione: Adelphi Pagine: 347

IL LIBRO. Quale spazio ha diritto di prendersi un dolore individuale in mezzo ad una tragedia collettiva? In Vite che non sono la mia c’è lo tsunami che nel 2004 travolse lo Sri Lanka come la stanza di ospedale dove una giovane mamma muore di cancro immaginando l’estate delle sue bambine, la prima senza di lei. L’onda immensa che ricordiamo tutti e sullo sfondo di questo orizzonte sciagurato le vite dei turisti che sulle coste del Pacifico sono andati per salvare un matrimonio e improvvisare una qualche felicità. C’è anche Carrère, testimone casuale di una devastazione che ora nella memoria di tutti si assomma alle tante tragedie esibite nella danza sempre uguale e sempre diversa del disastro che ci sovrasta. Nell’impotenza troviamo una metodologia per vivere con più significato: è questa la lacerante, e sempre sul punto di contraddirsi, verità che ci consegna lo scrittore francese. L’AUTORE. Afflitto dal realismo ossessivo di cui finge di lamentarsi, è diventato l’icona di una letteratura unica. Considerato uno dei più importanti scrittori francesi del momento, Carrère ha esordito con questo suo stile radicale che prevede sempre la sua voce, ora narratore ora attento documentatore, nel

a cura di Miryam Scandola

2000 con L’Avversario. Poi Limonov, Il Regno, Romanzo Russo. «Paccottaglia intimista» è stata definita così questa sua letteratura da qualcuno di certo incapace di intravedere la fatica immensa che implica darsi con onestà e senza pietà. La sofferenza ragionata che distingue ogni sfogo da un’opera d’arte: la capacità di morire dentro le proprie pagine. NOTE A MARGINE. «Sono uomo e niente di ciò che è umano mi è estraneo» scrive Carrère e a questo si attiene quando racconta la solidarietà singolare che nasce sempre nell’emergenza e che dice in fondo molto della dolcezza dell’umanità. Ma pure quando indugia, in pagine bellissime, sulla biografia della sorella malata della sua compagna, in «quella sua piccola vita tranquilla» vissuta con integrità e ardore ma spezzata da un cancro. Nel vedere lei approssimarsi alla morte ma anche nell’aiutare due connazionali che hanno perso la figlia di quattro anni nello tsunami, Carrère scende nelle stanze più segrete delle paure di tutti. Ci convince con la tecnica che usa sempre nei suoi libri, ovvero quella persuasione che nasce dall’onestà di un dolore privato e sempre provato. Il resoconto delle sue sofferenze per renderci comprensibili tutte le nostre.

Pagine per i più piccoli

Titolo: Emergency Zoo Autrice: Miriam Halahm Traduttrice: Lucia Feoli Casa Editrice: Einaudi Ragazzi 2018 Pagine: 218 Età: dai 10 anni

IL LIBRO. Ambientato a Londra, racconta la reazione di Rosy e Tilly (Matilda), quando scoprono la sorte a cui sono destinati i loro amici, un gatto e un cagnolino. In Gran Bretagna alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale decisero di abbattere tutti gli animali da compagnia, perché non avrebbero sopportato le bombe. Le due dodicenni sono compagne di scuola e sono legate dall’amore per i loro animali - Rosy non si separa mai dalla gattina Tinkerbell e Tilly sa che senza la cagnolina Bonny la sua vita sarebbe cambiata. Per salvare i cuccioli bisogna nasconderli nella baracca del bosco, dove loro vanno spesso con la bicicletta a giocare. Ai loro genitori avrebbero detto che Bonny e Tinkerbell erano scappati. Ripuliscono la capanna e sistemano i loro amici. Anche i loro compagni di quartiere portano nel nascondiglio conigli, criceti, un altro cane, una vipera, un pappagallo e altri animali. Quindi, il ripostiglio di attrezzi agricoli si trasforma in uno zoo. I ragazzi ogni giorno vanno nel bosco, portano cibo e accudiscono gli animali. Presto arriva però il giorno in cui tutti i bambini delle scuole di Londra devono essere portati al sicuro, in campagna. Chi si prenderà cura dello zoo? A Tilly, diventata leader del gruppo, viene un’idea che metterà al sicuro gli animali.

a cura di Alessandra Scolari

L'AUTRICE. Miriam Halahmy di Brighton è sposata, ha due figli e ha insegnato per 25 anni nella scuola primaria di Kent. Poetessa e scrittrice di libri per ragazzi, ama anche suonare il piano e la chitarra. Il suo primo romanzo Hidden ha avuto la nomination per la Carnegie Medal, ed è diventato il Libro per l’Infanzia della Settimana inglese, messo in scena in un teatro a Parigi. In questo libro è partita da una storia vera, lo racconta in appendice. CURIOSITÀ. Questo romanzo è una toccante storia di coraggio, intraprendenza e amicizia in tempi tragici. Gli animali spesso colmano le esigenze affettive dei bambini. Come separarsene a causa di un’inutile guerra? Fortuna che qualche adulto, zia Edith, ad esempio, ha lottato per metterli in salvo e si è presa cura anche dello zoo dei bambini. Tilly e Rosy dimostrano coraggio e capacità di tenere unita la situazione anche in momenti difficili. Amiche nell’anima, acquisiscono un senso di responsabilità che né la famiglia (pur lodevole come quella di Tilly), né la sorella di Rosy (aveva perso la mamma) riescono a trasmettere loro. Ritengo questo libro un grande elogio alla capacità dei ragazzini, quando cercano un mondo migliore, di riuscire a costruirlo.

Se vi serve un po' di poesia Nel distacco è racchiuso un alto senso: quanto che s'ami, un secolo od un giorno, l'amore è sogno, e il sogno è un solo istante. Segua il risveglio preso o tardi, ma finalmente l'uomo ha da destarsi...

(Fëdor Tjut¢ev) 78


TRA TV, CINEMA E NETFLIX I NOSTRI CONSIGLI

COSA GUARDARE QUESTO MESE (SECONDO NOI) CINEMA: THE GENTLEMEN Data di uscita: 7 maggio 2020 | Regia: Guy Ritchie | Paese: USA

È l'ultimo film del regista inglese Guy Ritchie, noto soprattutto per aver diretto Snatch e i due Sherlock Holmes con Robert Downey Jr. The Gentlemen, tratto da un soggetto originale, racconta la storia di un americano, Mickey Pearson, che ha fatto fortuna a Londra mettendo in piedi un autentico impero basato sullo smercio illegale di marijuana. Quando Pearson decide di vendere tutto ciò che gli è rimasto e ritirarsi per sempre dal settore, però, la situazione degenera: in tanti aspirano a sostituir-

lo e a impadronirsi di tutto ciò che è suo. Con The Gentlemen Guy Ritchie torna alle origini e sceglie il registro del crime, con la sua immancabile ironia, trame complesse e personaggi farseschi. La recitazione sopra le righe degli interpreti - dal compiaciuto Matthew McConaughey all’inaspettato Colin Farrell, dal duetto efficace Hugh Grant-Charlie Hunnam, fino all’impeccabile Michelle Dockery, unica donna in un cast tutto maschile - rende il film una delle opere più distintive del regista.

NETFLIX & CO: BETTER CALL SAUL Creato da Vince Gilligan e Peter Gould | In streaming su Netflix | Paese: USA | 2020

Quello che avrebbe dovuto essere solo uno spin-off comico di Breaking Bad, un modo per riavvicinare i fan di una delle serie tv più apprezzate della tv degli ultimi anni, è invece evoluto in qualcosa di molto, molto meglio. Attenzione maniacale della fotografia, dialoghi impeccabili, recitazione di un livello ben più alto di quello che ci saremmo aspettati: non è di certo un caso se su Rotten Tomato-

es, severissimo sito di recensioni, la media di Better Call Saul oscilla tra il 95% e il 100%. Ora giunto alla quinta stagione, disponibile su Netflix, la serie segue la storia dell’avvocato Saul Goodman, interpretato da Bob Odenkirk, prima che tutte le vicende già conosciute dagli appassionati di Breaking Bad ne forgino il carattere e, soprattutto, il senso dell’umorismo.

TELEVISIONE: 65° EDIZIONE DEI PREMI 8 maggio 2020 | In onda su Rai1, ore 21.00

La sessantacinquesima edizione dei prestigiosi David di Donatello avrebbe dovuto andare in onda lo scorso 3 aprile, ma già a marzo l’Accademia del cinema italiano aveva comunicato di avere rinviato la cerimonia a seguito delle recenti disposizioni governative per l'emergenza da Coronavirus. La nuova data è venerdì 8 maggio, sempre in diretta su Rai1, e con la conduzione affidata sempre a Carlo Conti: gli autori sono al lavoro per realizzare un'edizione

DAVID DI DONATELLO

che tiene presente le esigenze e le difficoltà del momento, ha comunicato Piera Detassis, Presidente e Direttore Artistico dell'Accademia del Cinema Italiano – Premi David di Donatello. A guidare le candidature di quest’anno c’è l’acclamato film di Marco Bellocchio Il traditore, che racconta la storia del latitante Tommaso Buscetta, interpretato da Pierfrancesco Favino, seguito poi da Il primo re, di Matteo Rovere, e Pinocchio di Matteo Garrone.

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DI CHIARA BONI


articolo pubbliredazionale

www.agsmperte.it Tel. 045 2212123 Numero Verde 800 552866

Agsm ai vertici del mercato grazie all’offerta chiara. A breve il lancio di un gruppo di acquisto per I veronesi AGSM va incontro ai veronesi. Grazie allo sconto applicato alla componente energia, l’offerta Chiara si allinea a quelle dei maggiori operatori nazionali, e consente ai clienti di risparmiare sulla bolletta di energia elettrica. In più, consapevole del periodo di forte emergenza sanitaria ed economica dovuta al coronavirus, la multiutility veronese sta pensando a un grande gruppo di acquisto per consentire ai propri clienti di ottenere l’energia ai prezzi di costo. Per conoscere nei dettagli l’iniziativa, abbiamo chiesto alcune domande a Floriano Ceschi, direttore generale di AGSM Energia. Ingegner Ceschi, partiamo da Chiara, l’offerta che vi posiziona ai vertici del mercato nazionale. È vero che il prezzo dell’energia lo scontate del 53%? Devo fare una premessa, la bolletta dell’energia è un contenitore di numerose componenti che non dipendono né dall’operatore e neppure dal mercato reale dell’energia. Si tratta di voci “passanti” che AGSM incassa per conto di terzi e le versa integralmente. La componente energia pesa per circa il 40% dell’importo complessivo ed è su questa fetta che noi abbiamo applicato in automatico una riduzione del 53% oltre al 5% di default sull’offerta. In sostanza, sul prezzo totale di una bolletta, per il cliente c’è un risparmio effettivo di circa il 20%.

Ci sono tante offerte da decine di operatori nel mercato, qual è l’elemento distintivo di AGSM? La nostra filosofia è non promettere ciò che non si può mantenere e chiedere di pagare il giusto prezzo, senza regalare nulla. L’offerta Chiara AGSM Energia, scelta già da oltre 100 mila veronesi, è stata portata di recente come caso virtuoso in una tesi del Master al Politecnico di Milano sul tema della liberalizzazione del mercato elettrico in Italia per il segmento domestico. Riuscirete a mantenere queste condizioni anche con le conseguenze dell’emergenza Covid-19? A causa delle turbolenze del mercato, correlate anche alla riduzione della produzione per effetto del coronavirus - il prezzo di riferimento della maggior tutela (che ricordiamo avrebbe dovuto finire a luglio 2020) sarà sempre meno rappresentativo del costo reale dell’energia. Tuttavia ci sono indici di prezzo più affidabili, su cui ci basiamo noi, come il prezzo all’ingrosso della Borsa Elettrica Nazionale, il cosiddetto PUN - Prezzo Unico Nazionale, che riflette il valore dell’energia minuto per minuto su tutto il Paese. AGSM farà qualcosa per agevolare i clienti in questo momento di difficoltà economica? A breve presenteremo un nuovo prodotto, riservato ai clienti di Verona,

Floriano Ceschi, direttore generale di AGSM Energia. che consente anche ad un privato cittadino di acquistare proprio al Prezzo Unico Nazionale. Vorremmo inaugurare una sorta di “Gruppo d’acquisto” in cui AGSM fa da aggregatore dei consumi di decine di migliaia di cittadini, piccoli consumatori. Ma se il PUN è il prezzo per l’operatore, cosa ci guadagna AGSM? La voce del servizio di gestione sarà esposta in bolletta e sarà trasparente per il cliente finale, il quale saprà che il costo del servizio di AGSM è di 5 euro al mese e tutto il resto sono componenti i cui prezzi sono stabiliti dall’Autorità per l’energia, comprese quelle che AGSM versa integralmente ad altri soggetti. È un prodotto che finora abbiamo riservato ai clienti Impresa, con consumi rilevanti; oggi ci stiamo attrezzando per metterlo a disposizione anche dei piccoli consumatori.



ANGOLO PET CANI, MICI&CO

QUEI GIORNI DI ISOLAMENTO CON VOI Raccogliendo testimonianze di quarantena si scoprono percorsi di vita, sogni di speranza e paure. Grazie ai nostri amici a quattrozampe i timori vengono alleviati nell'attesa della rinascita di noi stessi e dell’Italia.

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a paura del futuro, l'impotenza di fronte a qualcosa di più grande e la mancanza di libertà. Come affrontare tutto questo senza venir catapultati in un turbine di depressione? La risposta la troviamo nella nuova routine, in cui ora abbiamo il tempo per conoscere meglio noi stessi e il nostro animale, dove è sicuro che «sono io il primo a giovarne e l'intera famiglia. Il nostro Hunter, uno Staffordshire Bull Terrier, ci fa un sacco di compagnia e, a livello psicologico, in questi momenti, in cui ogni tanto si hanno delle cadute emotive, lui è molto importante. Ora che non possiamo neanche stringerci la mano, abbracciare il nostro cane è fonte di benessere, tranquillità, conforto e sostegno psicologico e, viceversa, ci sono benefici anche per lui, visto che siamo a casa. È molto curativo, soprattutto per chi come mia mamma sta passando la quarantena da sola ma ha con sé il suo cagnolino», spiega Roberto, di Verona. Per chi, come Sigrid che ha due Rottweiler lo spazio ha giocato un ruolo fondamentale «la nostra fortuna è stata trasferirci a gennaio in un appartamento con un giardinetto. Nel nostro complesso residenziale è compreso un spazioso campo per cani dove andiamo a giocare ogni mattina. Ci mancano le lunghe passeggiate, la corsa e la montagna, ma per il resto sono felici e rilassati», racconta Sigrid, che abita a Lugagnano, assieme a Xena e Kratos. Ci sono anche difficoltà, soprattutto per chi ha un maneggio come Lorenzo, di Soave, che ogni giorno condivide video e foto su Facebook per raccontare le sue giornate: «Sono fermo da due mesi con i tour e ora affronto la quotidianità con diverse attività. Il mio cane maremmano Johnny e il pony Victor distraggono i cavalli giocando con la palla. Le spese sono tante perché gli animali mangiano tre volte al giorno e questa situazione surreale la percepiscono. Vorrei che la Regione e lo Stato capissero le problematiche di chi come noi ha animali che costano e vanno mantenuti e ora per limare le spese di fieno e paglia, li porto nel campo vicino. I cavalli ci aiutano per problemi psicologici, sono compagni di vita, ma sono loro ora ad avere bisogno di noi e questo è preoccupante. C'è tanta voglia di venire nei nostri centri, penso a tutti quei ragazzi con varie disabilità che svolgevano da me i percorsi terapeutici e ora ne risente la loro salute psico-fisica», conclude Lorenzo.

Giuseppe Mazzi, titolare del Dog Club scaligero con una collaboratrice

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Lorenzo Costa

L'AIUTO DEI PROFESSIONISTI Per tenersi compagnia e per dare consigli c’è una ricca gamma di video tutorial e di sfide lanciate sui social. Costituiscono l'aiuto utile ai padroni di animali alle prese con la quarantena. Tra questi, quelli di Lorenzo Fois, istruttore cinofilo: «A inizio marzo ho pensato al problema che sorgerà quando torneremo alla normalità, perché i nostri cani erano abituati a una routine diversa, dove noi stavamo via molte ore e adesso che ci vedono sempre a casa, non sanno spiegarsi il motivo. Ho pubblicato così dei tutorial dal nome “Mobility Dog Indoor” sul mio profilo Facebook, realizzati con le mie Muffy e Margot, per suggerire degli esercizi utili in modo da evitare possibili ansie da separazione o disturbi dell'attaccamento», spiega Lorenzo. Per esempio, bisogna cercare di creare situazioni nelle quali non calcoliamo il nostro cane, facendo finta che non ci sia, posizionando la cuccia in un luogo strategico, non vicino alle porte, dove le spalle siano vicino al muro per farli sentire protetti dietro e poter controllare davanti. Lo step successivo è quello di lasciare il cane nella sua cuccia mentre noi riusciamo a spostarci liberamente per casa; «la distanza creata è positiva, psicologica ma soprattutto fisica e, nel caso andasse in ansia, mi faccio vedere ma non lo guardo, poi lo premio e gli dico “bravo”, per riportare la situazione alla calma», conclude Fois. Sulla pagina Facebook del Dog Club Scaligero è partita una Challenge (#dogclubchallenge) proposta dal titolare del centro di educazione cinofila, Giuseppe Mazzi, attraverso dei video realizzati con la sua Fanny, un Pastore tedesco Grigione, dove mostra ai DI INGRID SOMMACAMPAGNA soci, come mantenere in allenamento i propri cani, invitandoli ad accettare la sfida e condividerla. «L'idea nasce dal fatto che chi frequenta il Dog Club ha cani da lavoro, che a seconda della 83

razza hanno una determinata indole ed essendo abituati a un certo tipo di mansione, devono essere stimolati, soprattutto a livello mentale, per non perdere le facoltà apprese da noi nel periodo precedente la quarantena; inoltre, gli esercizi, sono un modo per spendere del tempo di qualità con il proprio cane. In modo diverso, un’occasione anche per cominciare a sottoporre i cuccioli ad alcune attività di base. Insomma un’opportunità per confrontarsi, tenendo alto il morale», racconta Sissi Baratella, collaboratrice del Dog Club. ■ Lorenzo Fois


STORIE DI STORIA LIBERAMENTE ROMANZATE

HELLAS, LA STORIA DEL PRIMO GOAL C'era un tempo in cui le trasferte si facevano in bicicletta: calciatori e tifosi insieme. I giocatori, prima di scendere in campo, si infilavano al braccio una fascia colorata per distinguersi dagli avversari sul rettangolo di gioco. In quel tempo, le squadre si chiamavano Giarina, Enotria, Santa Lucia, Borgo Pancrazio.

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li studenti del Maffei però volevano qualcosa di diverso, ambivano ad una squadra che avesse l'impronta di quel Genoa che già faceva appassionare il Belpaese. Sognavano una squadra che si elevasse rispetto ai “dilettantismi operaistici” che fino a quel momento avevano contraddistinto il calcio veronese. Fu così, che il professor Carubolo, un tipo austero e gioviale, consigliò di chiamare quella squadra Hellas, prendendo spunto dal suo insegnar il greco ai ragazzi. Nell'ottobre del 1903 nacque così l'Hellas, una società che godeva di un patrimonio iniziale di ben 32 Lire e che vedeva al suo vertice, come presidente, Fratta Pasini. A VICENZA, UNA DOMENICA DI APRILE Bisogna attendere però il 1906 prima di vedere

l'Hellas scontrarsi contro altre realtà cittadine: un triangolare a Vicenza. La prima partita, contro il Treviso, finì a reti inviolate. Poi, senza nemmeno il tempo di bere un goccio di vino, iniziò la sfida al Vicenza. La pioggia che aveva smesso da un po' ricominciò a picchiare sul campo, le linee erano pressoché scomparse e più volte i giocatori si ritrovarono a contendersi il pallone al di fuori del campo regolamentare. Con il risultato ancora fermo sullo zero a zero la palla arrivò a Crespi, attaccante gialloblù che con una finta mise a sedere il portiere avversario (alcuni osservatori dell'epoca riportarono che il portiere in realtà “scivolò in una pozzanghera”) e insaccò il pallone nella rete vicentina. Quello di Crespi, in quella domenica di aprile del 1906, fu il primo goal della storia dell'Hellas Verona. ■ 84

DI MARCO ZANONI


BELLEZZA AL NATURALE SÌ, QUESTA RUBRICA NON CONTIENE PARABENI

I FANGHI FAI DA TE (A CASA) Nei giorni di quarantena in molti hanno riscoperto il piacere di dedicarsi all’autoproduzione: pane, pizze, dolci, ma anche ricette di bellezza e preparazioni fai da te come maschere e impacchi per coccolarsi un po’. E nella speranza di una vacanza al mare nei prossimi mesi perché non cimentarsi nella preparazione di fanghi fai da te da applicare su gambe e glutei? Anche a casa, scegliendo il giusto tipo di argilla, si possono ottenere ottimi risultati. Vediamo come.

1. La scelta dell’argilla. Si consiglia di optare per un’argilla verde, indicata per combattere la cellulite. Ad avere buone proprietà drenanti è anche l’argilla bianca, detta anche caolino. Oggi è facile reperire l’argilla, si trova sia in erboristeria che online: per fare i fanghi è consigliato averne a disposizione almeno un chilo. 2. L’acqua. Preparare i fanghi è molto semplice: basta miscelare argilla e acqua calda (non bollente). Meglio però se si tratta di acqua salata - preparata semplicemente mescolato 500 ml d’acqua e un cucchiaio di sale. Una variante è rappresentata anche dai fanghi preparati con il tè verde: l’infusione di tè infatti potenzia l’azione drenante dei fanghi. 3. Aggiunte extra: Sono noti per essere molto efficaci contro la cellulite anche i fondi di caffè, che si possono utilizzare mescolati a sale o zucchero per uno scrub, ma anche semplicemente aggiunti all’acqua e all’argilla nel composto per preparare i fanghi. Per dare profumo e aggiungere un’azione specifica al tutto è possibile aggiungere anche qualche goccia di olio essenziale. Quelli consigliati sono: arancio amaro, cipresso, rosmarino e betulla.

Procedimento

Preparare i fanghi è un’operazione davvero semplice: basta mescolare all’acqua calda l’argilla, avendo cura di mescolare bene in modo da avere come risultato un composto omogeneo, senza grumi e non troppo liquido. L’applicazione su gambe e glutei va fatta immediatamente, quando i fanghi sono ancora tiepidi, coprendo tutto con della pellicola trasparente. Dopo il tempo di posa - che si consiglia di almeno 30 minuti - si rimuove il tutto sotto la doccia. Per un’azione ottimale preparatoria in vista dell’estate l’ideale sarebbe concedersi i fanghi un paio di volte alla settimana: l’azione drenante è garantita. 85

DI CLAUDIA BUCCOLA


IL GLOSSARIO DEL LAVORO UNA PAROLA PER VOLTA

MONDO DELLO SPORT, ECCO IL BONUS Il Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze di concerto con il Ministro per le Politiche Giovanili e dello Sport definisce le modalità e i requisiti di accesso al bonus di 600€ previsto per i collaboratori sportivi.

D

estinatari dell'assegno sono i titolari di rapporto con Federazioni Sportive Nazionali, Enti di Promozione Sportiva, Discipline Sportive Associate nonché con Società e Associazioni Sportive Dilettantistiche iscritte, alla data di entrata in vigore del Decreto Legge “Cura Italia”, nel Registro delle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche tenuto dal CONI. Gli organismi sportivi devono essere riconosciuti dal Coni. Potranno accedere al beneficio i collaboratori con un contratto in essere alla data del 23 febbraio scorso e ancora attivi al 17 marzo, che: • non possono accedere al bonus di € 600 erogato dal Decreto in favore di collabo-

ratori coordinati e continuativi e titolari di partita iva; • non hanno percepito altri redditi da lavoro nel mese di marzo; • non sono titolari di Reddito di Cittadinanza; • non possono cumulare l’indennità con le altre prestazioni e indennità di cui agli articoli 19, 20, 21, 22, 27, 28, 29, 30, 38 e 44 del Decreto.“

Sarà data priorità a coloro che abbiano conseguito nell'anno 2019, compensi inferiori ad € 10.000. La domanda dovrà essere presentata direttamente sulla piattaforma www.sportesalute.eu ■ 86

DI EMILIANO GALATI SEGRETARIO FELSA CISL VENETO


CONSIGLI E RIFLESSIONI TARGATI ADICONSUM

OCCHIO AL BILANCIO FAMILIARE

PER MAGGIORI INFORMAZIONI

Un efficace strumento per monitorare la propria situazione economica e gestire al meglio le risorse disponibili. Non solo in tempi di pandemia…

A

bbiamo visto, può capitare di dover affrontare momenti di disagio economico legati ad avvenimenti imprevedibili. Come ciò che è recentemente accaduto, in ragione del Coronavirus, a milioni di famiglie che non potendo lavorare hanno patito una drastica riduzione del reddito.Ma non solo. Anche in assenza di eventi eccezionali, anche in assenza di comportamenti poco responsabili, stati di crisi della finanza personale possono generarsi dalla somma di tanti piccoli eventi che nell’insieme finiscono per intaccare la stabilità economica di un individuo o di una famiglia. Sebbene l’esperienza insegni che solitamente è possibile superare questi momenti di crisi senza particolari difficoltà, al fine di evitare che il problema si aggravi, è opportuno cercare di individuare e analizzare le cause che hanno portato a tali criticità. Ecco che entra in gioco il bilancio familiare. IL BILANCIO FAMILIARE, SPIEGATO Il bilancio familiare altro non è che un semplice prospetto costruito sulle entrate e uscite effettive che permette di valutare la sostenibilità delle proprie spese in relazione al reddito disponibile. Serve per analizzare la si-

tuazione ed eventualmente apportare alcuni correttivi. Per costruire il proprio rendiconto economico si dovrà, innanzitutto, conservare i documenti relativi alle uscite raggruppando quest’ultime in macroaree: vitto e spese di base, abbigliamento, trasporti, salute, vacanze, ecc. Raccolte e suddivise le uscite per un periodo di tempo determinato, le stesse dovranno essere inserite nello schema di bilancio assieme alle entrate. In questo modo si potranno raccogliere i risultati della gestione domestica per valutarne la sostenibilità. Infatti, già dopo alcuni mesi di monitoraggio sarà ben chiaro l’andamento dell’economia domestica e sarà altresì possibile intervenire con le correzioni necessarie. Ben oltre queste indicazioni di base, una guida dettagliata e un decalogo riassuntivo dedicati al bilancio familiare sono stati creati da Adiconsum Verona nell’ambito del progetto IncubAZIONI Solidali, iniziativa promossa dall’Associazione di carità San Zeno Onlus e dalla Caritas Diocesana Veronese che vede, appunto, tra gli altri partner la partecipazione di Adiconsum Verona per l’attività di formazione, informazione e accompagnamento dei soggetti a rischio sovraindebitamento. ■ 87

DI CARLO BATTISTELLA DI ADICONSUM VERONA


ALTRO CHE TERZA ETÀ STORIE E RITRATTI DI RIVOLUZIONI ARGENTATE

VI ABBIAMO PERSI In molti oggi piangono genitori e nonni scomparsi con o per il Covid-19. Sono persone anziane sparite. Decedute durante il lockdown, senza essere accompagnate nel passaggio dalla vita alla morte e poi degnamente ricordate anche con la preghiera.

«L

a vita è un dono, la sua lunghezza un privilegio», ha detto Papa Francesco, incontrando i partecipanti al primo Congresso internazionale di pastorale degli anziani, basato su La ricchezza degli anni. Nella Bibbia la longevità è una benedizione. Dice il salmista (Sal 91,15) «Nella vecchiaia daranno ancora frutti. L’anziano, anche quando è debole, può farsi strumento della storia della salvezza». Gli anziani hanno contribuito allo sviluppo della propria comunità: sono stati ottimi lavoratori, professionisti, amici, coniugi, genitori e splendidi nonni. L’epidemia causata dal Covid-19 ha colpito in particolare queste persone. La loro scomparsa è avvenuta, quasi sempre, senza lasciar traccia e ha reso le comunità orfane delle loro radici. Nel contempo, soprattutto in famiglia, il ruolo degli anziani è stato valorizzato. I nonni, è sempre stato detto, sono fonte di saggezza che, anche inconsapevolmente, testimoniano ai nipoti. LA VENDITA DEGLI AFFETTI, LE VISITE RIMANDATE Papa Francesco nella messa del mercoledì santo dedicata «al tradimento», parlando della vendita degli esseri umani, ha anche com-

mentato «a volte si vendono le cose più care» e ha fatto l’esempio di chi «per comodità è capace di allontanare i genitori e non vederli più. Metterli al sicuro in una casa di riposo e non andare a trovarli: li vende», pensando: «curateli voi». Non manca, d’altro canto, chi fa “commercio” dei bisognosi, approfittando delle gravi necessità che le famiglie a volte devono fronteggiare. Nella maggior parte dei casi la scelta cade su una struttura che offre molte garanzie; in altre situazioni sono poche le alternative (minori costi, vicinanza da casa). In questa circostanza il racconto di molti figli è sempre quello: «Avevamo tanta fiducia nella struttura e negli operatori della RSA. Andava tutto bene, ci dicevano. Poi, improvvisamente, il contagio, la corsa in ospedale, la terapia intensiva e la fine» di una vita, di una storia. Per quella famiglia è scomparso un pezzo di mondo, senza il tempo per riflettere, per somatizzare la dura realtà del ciclo della vita. La sicurezza e tranquillità offerta dalle RSA, Residenze Sanitarie Assistenziali (ex case di riposo), sia all’interno che all’esterno, fin dall’inizio, sono state sovrastimate. Non è bastato sbarrare le porte a parenti e volontari, per sfidare il Covid-19. L’emergenza ha preso il sopravvento su tutto. ■ 88

DI ALESSANDRA SCOLARI


divisione il calore di casa

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In cucina con Nicole Qualche idea sana (e golosa) per le vostre giornate

di Nicole Scevaroli

LA PIADINA INTEGRALE, CON RICOTTA E SPINACI In questo periodo, in cui passiamo più tempo a casa, perché non preparare la piadina con le nostre mani? Ricetta semplicissima, promesso! Ingredienti (per 4-6 piadine) • 200g farina integrale • 200g acqua • sale fino • spinaci (freschi o surgelati) • ricotta • olio extra vergine

La nostra dritta La farina integrale conferisce più sapore di quella tradizionale ed un apporto di fibre che nella farina bianca è andato perso. In questa versione veloce della piadina non c’è lievito, ne olio, ne strutto.

Fate bollire l’acqua in un tegame, aggiungete sale e farina. Mescolate con un cucchiaio e fate raffreddare. Impastate a mano l’impasto, aiutandovi con della farina perché l’impasto risulterà leggermente appiccicoso. Create delle palline di ugual dimensione. Stendetele con il mattarello, sempre aiutandovi con la farina. Ritagliate dei dischi. Cuocete le piadine su entrambi i lati in una padella antiaderente. Farcite le piadine con ricotta fresca e spinaci spadellati con un filo d’olio.

LE CROSTATINE ALLA MARMELLATA Non c’è crostata più saporita di quella con il burro! Ecco la mia versione con farina integrale e poco zucchero aggiunto. Ingredienti (per 4-5 crostatine) 220g farina integrale • 100g burro ammorbidito • 40g zucchero • 1 uovo • un pizzico di sale • marmellata di fragole

La nostra dritta Se avanzate dell’impasto ricavateci dei biscotti con le forme che preferite!

Mescolate farina, zucchero, sale, burro e uovo. Create una palla, avvolgetela nella pellicola e fatela riposare in frigorifero per 30 minuti. Stendete la pasta tra due fogli di carta da forno, se occorre, aiutandovi con della farina. Ritagliate dei dischi, adagiateli negli stampini, farcite con la marmellata e decorate con l’impasto avanzato. Fate cuocere in forno a 180 gradi, statico, per 20-25 minuti.

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CHE ARIA TIRA (NEL FUTURO) TRA INNOVAZIONI, STARTUP E TENDENZE

IL POTERE DEI DATI PER PENSARE AL POST-COVID Cos’è un minuto nell’economia di un’intera giornata? Praticamente nulla. Ma in internet, in quei 60 secondi, accadono un sacco di cose: vengono acquistati prodotti per un valore di 900mila dollari, si scambiano 38 milioni di messaggi Whatsapp, si inviano 187 milioni di mail, ci sono 973mila accessi a Facebook.

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ovimenti digitali che generano una grande quantità di informazioni, tanto che gli studiosi affermano che negli ultimi due o tre anni è stato creato quasi il 90% dei dati disponibili a oggi. Quello che molti ignorano, però, è che quelle informazioni, se utilizzate e sfruttate correttamente, sono un vero e proprio patrimonio, tanto che i dati sono definiti il nuovo petrolio e sono in grado di generare valore per imprese, istituzioni e singoli cittadini. Un esempio? Nella lotta all’emergenza Coronavirus hanno avuto un ruolo fondamentale.

WWW.IMPACTSCOOL.COM

I DATI NON SONO TUTTI UGUALI. Il termine Big Data (grandi dati) indica una raccolta così estesa in termini di volume, velocità e varietà di informazioni da richiedere tecnologie e metodi analitici specifici per l'estrazione di conoscenza. Grazie a particolari strumenti e a sistemi di intelligenza artificiale siamo in grado di studiarli, analizzarli, creare correlazioni e sfruttarli a nostro vantaggio. 92

IL CASO DEL COVID-19. L’emergenza del nuovo Coronavirus ha messo in evidenza il valore dei dati. Sono molte le iniziative nate per acquisire sempre più conoscenze, dal tracciamento degli spostamenti degli infetti fino alla realizzazione di proiezioni sull’evoluzione del contagio nel mondo. Questi dati sono stati molto preziosi per gli scienziati, per studiare il virus e la sua diffusione, e per governi e istituzioni, che li hanno utilizzati per prendere decisioni più consapevoli. ATTENZIONE ALLA PRIVACY. Il grande tema etico e normativo da affrontare quando si parla di dati è quello della privacy. L’Europa è corsa al riparo con l’entrata in vigore del GDPR, Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati, ma in molti Paesi del mondo le normative sulla raccolta e l’utilizzo delle informazioni personali sono molto meno stringenti e definite. Quello che dobbiamo chiederci è: a chi appartengono le informazioni che “spargiamo” in rete? Come vengono utilizzate? ■


articolo pubbliredazionale

www.phoenixcapital.it tel. + 39 045 8032060 e-mail: press@phoenixcapital.it

mozayk Appuntamenti di Finanza, Innovazione e Persone.

a cura di Phoenix Capital

Alessandro Bellato,

Co-founder & Owner di Nethive S.r.l.

ATLANTIS Next, la consociata ICT di Phoenix Group per la sicurezza informatica. Insieme a NETHIVE proteggiamo Reti, dati e privacy di aziende e privati. L’emergenza Coronavirus e la “commutazione” forzata verso smart working ed e-learning hanno portato aziende ed enti a fare scelte “emergenziali”, per garantire il massimo livello di operatività in un tempo estremamente ridotto. Colmare gap tecnici, di processo ed anche “culturali” in ambito aziendale – ma anche personale - in pochi giorni e senza un adeguato supporto consulenziale e tecnologico, ha aperto nuovi fronti sulla sicurezza informatica e la privacy. Che rischio comporta questa repentina rivoluzione digital per la continuità del business e per la confidenzialità dei dati, personali e aziendali? Risponde Alessandro Bellato, Co-founder & Owner di Nethive S.r.l., azienda padovana - partner di Atlantis Next, la consociata tecnologica di Phoenix Group, guidata da Giovanna Saraconi – attiva nei servizi di Cyber Security Gap Assessment, valutazione Cyber risk e

gestione vulnerabilità, protezione perimetrale di nuova generazione, Security Awareness Training e Log Management. «In un passaggio così veloce alla digital transformation aziendale, sono molti i potenziali errori da evitare. Consentire l’uso di dispositivi personali per fini aziendali (mediante accessi VPN) quando l’azienda non può garantire un livello minimo di sicurezza su tali dispositivi; usare con leggerezza soluzioni “consumer” come servizi di cloud storage per lavorare dati aziendali. Sul fronte privacy il detto “se non lo paghi, il prodotto sei tu” è sempre più vero». La Ricerca dell’Osservatorio Information Security & Privacy della School Management del Polimi (Febbraio 2020) attesta, per il terzo anno consecutivo, una crescita del mercato dell’information security in Italia. Nel 2019 il suo valore sale a 1,3 miliardi di euro, in crescita

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dell’11% circa rispetto al 2018. Un traguardo raggiunto, in particolare, dalle grandi aziende. Ma nelle piccole e medie imprese il rischio Cyber non è ancora percepito adeguatamente. «Le PMI devono ancora fare un passo “culturale” di valutazione del rischio cyber. L’imprenditore è focalizzato su rischi tipici del proprio business e mercato. Ho visto PMI devastate da incidenti informatici: ma è più probabile che un cyber attack - un comune attacco ramsonware - impatti sulla business continuity dell’azienda, rispetto a incendi o sismi. Le aziende devono investire in formazione “intelligente” sia su figure specialistiche sia sui propri dipendenti e procedere a forme di verifica del livello di apprendimento. La formazione del proprio personale è il modo più efficace che hanno perché i loro investimenti in cyber security non siano vanificati». (www.nethive.it)


L’oroscopo alla nostra maniera

di Andrea Nale

21 MARZO - 20 APRILE

21 APRILE - 20 MAGGIO

21 MAGGIO - 21 GIUGNO

22 GIUGNO - 22 LUGLIO

Ariete

Toro

Gemelli

Cancro

Ci sono due ritmi paralleli che battono il tempo del vostro vivere: quello della veglia, di quando coscientemente agite nel mondo, e quello dell’inconscio che attraverso i sogni e le fantasticherie guizza nelle profondità del vostro essere rendendovi le persone che siete. Provate ad ascoltare i vostri sogni, a trascriverli, a raccontarli, a farne un racconto per chi vi sta accanto. Pensate che potreste trarne vantaggi?

Una sola convinzione vi ha sempre accompagnato, un solo fondamentale credo: che la cosa più importante fossero gli affetti. E ora, dopo che il mondo è stato capovolto da questo virus, ne avete avuto la dimostrazione lampante: tutto può sparire in un attimo ma alla fine del giorno, quello che conta sono le persone a cui rivolgiamo i nostri pensieri. Avete le prove. Siate portavoci di tutto quello che ci è stato ricordato dal mondo.

Sono certo che questo periodo di quarantena non abbia fatto altro che darvi il tempo esistenziale per ricaricare le energie. Riguardate al periodo di sofferenza come ad un'occasione: a quanti è dato il privilegio di arrestarsi, di fermare tutto e poi, come una seconda chance, di ripartire come un nuovo esordio nel mondo? Solo così, con l'energia dei nuovi inizi, questo momento difficile sarà stato un'opportunità unica.

Quante volte avreste voluto ricominciare da zero? Appianare con un sol colpo tutti gli errori fatti e riprendere da capo consapevoli degli errori da non ripetere? Spesso è stato troppo tardi? Spesso vi siete sentiti troppo "vecchi"? Io credo che per le nostre vite non sia mai esistito un momento migliore per fare questa cosa. E questa cosa vale sia per le vostre relazioni, sia per la vostra vita professionale. Vale per la vostra felicità.

23 LUGLIO - 23 AGOSTO

24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE

23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE

23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE

Leone

Vergine

Bilancia

Scorpione

L'astrologia è nata come un incontro tra il tempo della natura - con i ritmi dell'agricoltura, delle stagioni, della Luna - e il tempo delle nascite. Per ritrovare la vera forza che vi caratterizza vi invito a riprendere contatto con questi ritmi, con il calore del sole che scalda il mondo nei mesi in cui siete nati, con ciò che avviene attorno a voi. Il legame con il tutto è l'arte dell'astrologia, è il vostro posto nel mondo.

L'avete vista la dimostrazione lampante della vostra energia? Di quell'energia che vi ha salvato nelle difficoltà e che sempre vi salverà al momento giusto? Io l'ho vista, nei sorrisi, nelle nuove passioni, nei nuovi modi di dimostrare l'affetto e in tutto quello che in voi si è trasformato per colpa di questo tremendo mese passato in casa. Non è una previsione, è un fatto dimostrato: siete capaci di ogni cosa.

«Le persone che vi stanno accanto trovano in voi un polo attrattivo di bontà e fiducia, un porto sicuro dove far riposare i propri dubbi, le proprie paure». Quanto sono vere queste parole rispetto a ciò che pensate di essere per chi vi sta accanto? Io credo molto, molto vere. E se pensate che non sia così, cogliete al volo l'occasione di diventarlo, un'occasione che, in piccola o grande misura, si perpetua ogni giorno.

Sperimentiamo? Ho un'idea per il futuro prossimo che potrà farvi rifiorire. Provate ad agire in modo sconsiderato e vedere che succede. Sono impazzito? No, sento solo che i grovigli di pensieri che si avvolgono nella vostra mente diventano sempre più spesso delle zavorre che non vi lasciano agire e sfociano in un circolo vizioso che vi paralizza, provate a gettarli al suolo tutti in un colpo solo e a vedere che succede. Pronti?

23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE

22 DICEMBRE - 20 GENNAIO

21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO

20 FEBBRAIO - 20 MARZO

Sagittario

Capricorno

Acquario

Pesci

Quante cose della nostra vita fino a un paio di mesi fa ci sembravano non andare nel modo corretto? Di quante cose ci lamentavamo e non sapevamo apprezzare? Poi è arrivata la quarantena e abbiamo iniziato a rimpiangere ogni piccolo gesto, ogni uscita, ogni cosa data per scontata che non possiamo più fare. Avete un'arma in più adesso, avete quest'esperienza dentro di voi, e sento che vi salverà in tutto il resto della vostra vita.

Ci sono periodi in cui sentite di essere senza una direzione, incapaci di fare chiarezza su quello che volete, su chi volete, su chi siete. Provate ad ascoltare i vostri desideri riecheggiare negli istanti prima di dormire. Che cosa pensate durante gli ultimi gesti della vostra giornata? A quali mondi o esistenze puntate il cuore quando tutti i grovigli del mondo sono lasciati cadere sul pavimento e aspettate di addormentarvi?

Tornate bambini. Sento che la vita sta per darvi l'occasione di aprire le porte alla spensieratezza e l'energia dell'infanzia e l'adolescenza. Quante volte avete pensato che le generazioni più giovani avessero perso i valori e vivessero nell'ozio, nella stupidità, nell'irrazionalità? Provate a capirli invece, ad ascoltare, a far parte di quei mondi. Senza pregiudizi e senza la paura di risultare fuori luogo. Sarà un regalo stupendo…

Come reagireste se vi dicessi che dovete imparare combattere di più contro la prepotenza fatta nei vostri confronti? Che dovete imparare a difendere la vostra integrità e farvi più spavaldi nella certezza di tutti i vostri valori? Qual è la prima cosa che pensereste? Alla difficoltà nel lavoro? A chi vi ha fatto soffrire? Questo lo sapete voi, ma fate di tutto per amarvi di più e combattere per voi stessi.

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