Panificazione&Pasticceria 181 Luglio/Agosto 2025

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LUGLIO/AGOSTO 2025

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Arriva l’autunno e tante cose … ripartono.

Dopo il rallentamento estivo, settembre è il mese in cui si cominciano a fare i piani per l’anno prossimo e a guardare a come è andato quello in corso.

Per il 2026 dal punto di vista della nostra rivista nulla meria più attenzione di Levante Prof, la fiera presieduta e organizzata dall’editore di P&P: in programma a Bari dall’8 all’11 marzo, Levante Prof ‘apre’ anche questo numero di P&P con informazioni, anticipazioni e programmi ddi quella che si è andata affermando come la più importante manifestazione fieristica dedicata al settore agroalimentare nell’Italia centromeridionale.

Parlando come accennato dell’anno che ha iniziato l’ultimo trimestre, le cose sono in chiaroscuro per il Belpaese. Dati positivi e dati negativi si ritrovano in tutti gli indicatori e se dovessimo interpretare le ‘fotografie’ dell’Istat (come prova a fare l’Osservatorio di Confcommercio) sull’economia italiana saremmo probabilmente anche noi abbastanza perplessi. Autunno che inizia, estate che finisce: il momento migliore per parlare di birra assieme ad Assobirra, l’associazione di categoria che ha colto proprio questa stagione per fotografare lo stato dell’arte (birraia) in Italia.

Ma siamo anche a dare un’occhiata ai pani tradizionali dell’Emilia Romagna, con l’aiuto della regione, visto che il turismo del pane diventa sempre più popolare mentre da Milano arriva la presentazione ddi Re Panettone, quest’anno con la novità di un premio letterario dedicato appunto al panettone.

Questi sono solo alcuni degli argomenti che (speriamo) rendono particolarmente appetitosa P&P e noi ci fermiamo qui, sperando di avervi incuriositi abbastanza da andare a scoprire anche tutti gli altri argomenti di cui trattiamo nelle nostre pagine.

Buona Lettura a Tutti!

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sommario

rubriche

ATTUALITÀ

PANE

PASTICCERIA

PASTA

ENOGASTRONOMIA

In mezzo, ma in mezzo a cosa?

Dicevano ai miei tempi che nella vitta ci vuole coerenza, tenacia, perseveranza. E tanta, tanta pazienza.

Peccato che con il passare del tempo siamo finiti in un presente in cui la vita è la stessa, nel bene e nel male, ma in cui pretendiamo e ci vengono offerte soluzioni ‘per subito’ a ogni cosa. L’impazienza e le bacchette magiche in testa a tutto. Intanto siamo nel bel mezzo di cosa? Guerre più vicine, sanguinose e pericolose (per i nostri interessi) che da anni dovrebbero finire domani, ma continuano; la crescente consapevolezza che un buon pezzo di mondo non la pensa come noi, e potrebbe cominciare a chiedercene conto; le problematiche del clima in cui un ‘evento estremo’ che per definizione (scientifica) è qualcosa che si verifica una volta ogni 10, 50 o 100 anni, ma solo in Italia ce ne sono statti 22 in due anni.

Ecco, siamo nel mezzo di un grande perturbazione e stiamo rischiando grosso, temo, perché nel mezzo di tutto questo non sembra che le parole d’ordine siano appunto quelle antiche e concrete di coerenza, tenacia, perseveranza … sembra che le parole d’ordine siano invece impazienza, bacchetta magica, soluzioni subito e possibilmente senza fatica.

Lasciate fare a me che ci penso io, sembrano dire tanti, forse troppi leaders in Italia e all’estero, mentre a noi che siamo (purtroppo) in là con gli anni viene in mente la promessa di Winston Churchill di lacrime, sangue, ma di farcela tutti assieme.

Buon Lavoro a Tutti!

Levante Prof: scelta strategica

“LevanteProfserveproprioaquesto:adarevisibilitàaquestestoriedisuccessoeadimostrare che la qualità del nostro artigianato non è solo un patrimonio da conservare, ma un asset competitivo straordinario per il futuro”, dice il Presidente della manifestazione Ezio Amendola. Levante Prof tornerà a Bari dall'8 all'11 marzo 2026.

La decisione di spostare Levante Prof agli anni pari, a partire dal 2026, non è stata presa alla leggera, ma rappresenta una mossa strategica ponderata per il futuro del settore agroalimentare nel Mezzogiorno. "Si è trattato di una riflessione profonda e di una decisione non facile per noi organizzatori, ma assolutamente necessaria per assicurare il continuo sviluppo di Levante Prof come l'evento fieristico di riferimento per l'intera filiera agroalimentare, dolciaria e dell'ospitalità professionale dell'Italia centromeridionale", ha spiegato con chiarezza il Presidente Ezio Amendola. Questo cambiamento strategico mira a inserire la fiera in un calendario internazionale meno affollato, offrendo una visibilità più esclusiva e rendendola un'alternativa ancora più appetibile e imperdibile per le migliaia di aziende che considerano il bacino del Mediterraneo, e in particolare l'Italia centro-meridionale, un mercato cruciale per la propria espansione. Amendola ha poi ampliato la sua visione, sottolineando il contesto più ampio: "Non stiamo semplicemente riposizionando una data in calendario. Stiamo costruendo una piattaforma di business ancora più potente, in grado di attrarre investimenti e di valorizzare le eccellenze di un territorio che ha un potenziale inespresso enorme. Il nostro obiettivo è fare di Levante Prof non solo una fiera, ma il motore di un vero e proprio 'sistema Sud' dell'agroalimentare, un ecosistema dove produzione, trasformazione, innovazione e ospitalità dialogano per competere sui mercati globali. Vogliamo che

ogni due anni Bari diventi il luogo dove si decidono le strategie, si presentano le innovazioni e si celebrano i successi di tutto il comparto". Il settore agroalimentare rappresenta una delle colonne portanti dell'economia del Sud Italia, un mosaico di produzioni di altissima qualità che affondano le radici in secoli di storia e tradizione. Dal grano duro della Puglia e della Sicilia, materia prima per la pasta famosa in tutto il mondo, agli agrumi calabresi e siciliani, passando per l'olio extra vergine d'oliva, vero e proprio "oro verde" di regioni come la Puglia, la Calabria e la Campania, il Mezzogiorno è un giacimento di biodiversità e sapori.

A questi si aggiungono le produzioni ortofrutticole, i prodotti caseari come la mozzarella di bufala campana Dop e il pecorino, e una filiera vitivinicola in costante crescita, con vitigni autoctoni che stanno conquistando i palati internazionali.

Negli ultimi anni, l'industria agrifood meridionale ha mostrato segnali di forte dinamismo, con un incremento significativo delle esportazioni. Secondo i dati più recenti, il valore dell'export agroalimentare del Mezzogiorno ha superato i 10 miliardi di euro, con una crescita trainata principalmente da prodotti trasformati, conserve, vino e olio. Le certificazioni di qualità come Dop (Denominazione di Origine Protetta) e Igp (Indicazione Geografica Protetta) giocano un ruolo fondamentale in questo successo, garantendo l'autenticità e il legame indissolubile con il territorio. Tuttavia, il settore affronta ancora sfide importanti: la frammentazione delle aziende, le carenze infrastrutturali e logistiche, e l'impatto sempre più tangibile del cambiamento climatico. In questo scenario, eventi come Levante Prof assumono un ruolo cruciale, agendo da catalizzatori per l'innovazione, la creazione di reti d'impresa e la promozione di un'immagine unitaria e

forte del "Made in Southern Italy".

"La vera forza del nostro Sud risiede nella capacità di unire la sapienza artigiana con le più moderne tecnologie", ha aggiunto Ezio Amendola. "In fiera vediamo piccole aziende familiari che, pur mantenendo ricette e metodi tradizionali, investono in packaging sostenibile, in digitalizzazione e in tracciabilità di filiera. Questo è il modello vincente che dobbiamo sostenere. Levante Prof serve proprio a questo: a dare visibilità a queste storie di successo e a dimostrare che la qualità del nostro artigianato non è solo un patrimonio da conservare, ma un asset competitivo straordinario per il futuro".

La nona edizione di Levante Prof, svoltasi nel marzo scorso, ha superato ogni più rosea aspettativa, consolidando la sua posizione di leadership con quattro giorni da record. La fiera ha registrato un'affluenza straordinaria con oltre ventimila visitatori complessivi, di cui ben settemila concentrati nel solo giorno inaugurale, a dimostrazione di una capacità attrattiva eccezionale. Il successo non è stato solo fisico, ma ha avuto un'eco digitale potentissima, con circa 370mila visualizzazioni totalizzate sulle pagine ufficiali Instagram e Facebook,

segno di una community attiva e coinvolta. L'evento ha ospitato 500 aziende, tra dirette e rappresentate, distribuite in oltre 250 stand finemente allestiti su una superficie espositiva di quasi ventimila metri quadrati. Gli espositori hanno espresso piena e unanime soddisfazione per l'elevato afflusso e, soprattutto, per l'altissima qualità dei visitatori, in larga parte operatori specializzati del settore Ho.Re.Ca. (Hotellerie, Restaurant, Café). Un dato particolarmente significativo è stata la crescente e qualificata presenza internazionale, con delegazioni provenienti non solo dai Balcani, ma da tutto il bacino del Mediterraneo. Ezio Amendola ha commentato con entusiasmo questi risultati: "Siamo estremamente soddisfatti e orgogliosi del risultato ottenuto. Questi numeri non sono solo cifre, ma la prova tangibile che la nostra strategia è corretta. L'aumento del 20-25% di espositori e visitatori rispetto all'edizione precedente ci conferma che la cadenza biennale è la formula vincente. Dà alle aziende il tempo necessario per ricercare, sviluppare e presentare innovazioni reali. Ora, con il passaggio agli anni pari, siamo pronti per un ulteriore salto di qualità. Siamo già al lavoro per rendere la prossima edizione ancora più completa, rispondendo sempre meglio alle esigenze degli espositori e migliorando continuamente l’esperienza di chi visita Levante Prof".

Il successo di Levante Prof è stato riconosciuto e applaudito anche dalle istituzioni. Gaetano Frulli, presidente della Nuova Fiera del Levante, ha sottolineato l'importanza strategica dell'evento: "Levante Prof è una fiera specializzata del settore Ho.Re.Ca che vede la presenza delle migliori aziende del territorio e nazionali. Si sta sviluppando molto e questo trend positivo è testimoniato dai numeri eccezionali di questa edizione". Ha poi ribadito l'impegno della Fiera del Levante nel sostenere gli organizzatori, offrendo spazi sempre nuovi, moderni e performanti. All'inaugurazione, il Sindaco di Bari, Vito Leccese, ha commentato: "Bari è una città dal fascino straordinario, e gran parte di questo fascino risiede

nel settore della ristorazione e dell'intrattenimento. Levante Prof è la vetrina che celebra e alimenta questo mondo". Ancora più incisivo il Senatore Giorgio Salvitti, che ha evidenziato come, grazie all'evento, "Bari diventa per alcuni giorni la capitale dell’agroalimentare italiano. Una manifestazione che rappresenta una vetrina d’eccellenza per un settore che costituisce un patrimonio unico, che il mondo ci invidia". Infine, Rocco De Franchi, direttore della comunicazione della Regione Puglia, ha ribadito che "Levante Prof si è affermata come la terza fiera verticale in Italia per il settore Horeca", confermando l'importanza strategica della manifestazione per l'intera economia regionale.

Levante Prof non è solo un'esposizione commerciale, ma un vero e proprio incubatore di talento, un luogo di confronto e formazione. Il ricco programma di concorsi, masterclass e seminari professionali ha trasformato i padiglioni in un'arena vibrante di creatività.

Nel settore della gelateria, il "Trofeo PuntoIT" ha visto i maestri sfidarsi sul tema “Le Creme Tradizionali alla base dei prodotti Tipici Pugliesi”. A trionfare è stato Marco Bettini della Gelateria La Veneta di Castiglioncello (LI), seguito da Riccardo Ciaccio (LI) e Annarita Bruna di Castellana Grotte (BA). I primi due si sono guadagnati l'accesso alle finali della Coppa Italia di Gelateria 2025, mentre il vincitore assoluto potrà competere per il titolo di Gelatiere dell'Anno a Sigep 2026. Claudio Pica, vice Presidente Vicario Fiepet Confesercenti Nazionale, ha sottolineato come il trofeo sia "una vetrina straordinaria per il gelato artigianale italiano".

L'eccellenza della pasticceria è stata celebrata con il concorso Divina Colomba, organizzato da Goloasi. I vincitori della settima edizione sono stati: Giacomo Balestra (Panificio Azzurro Margiù, Piano di Sorrento) per la Colomba Tradizionale; Antonio Masulli (Caffè Masulli 1927, Somma Vesuviana) per quella al Cioccolato; e Luigi Avallone (Pasticceria F.lli Avallone, Quarto) per la

versione Salata.

Ezio Amendola ha concluso sottolineando l'importanza di questi eventi: "È un onore e un punto di orgoglio per noi ospitare concorsi nazionali di tale prestigio. Essi valorizzano l'essenza dell'artigianalità Made in Italy. La partecipazione di maestri di altissimo livello e l'incredibile afflusso di pubblico dimostrano la crescente centralità di Levante Prof nel panorama delle fiere internazionali. Questi non sono eventi collaterali, ma il cuore pulsante della fiera, il luogo dove la materia prima eccellente del nostro territorio viene trasformata in arte".

Di grande rilievo anche il convegno promosso dall'Associazione Italiana Panificatori - Fippa in collaborazione con la Lilt, dedicato al ruolo dell'alimentazione nella salute, a testimonianza dell'attenzione della fiera verso la responsabilità sociale. Infine, l'area "Splash - Beverage & Hospitality", con 120 stand e 80 masterclass, ha confermato il dinamismo del settore beverage, creando un evento nell'evento di grande successo.

“Tutto parte dal biologico”

Demeter Italia sostiene Futuro Bio, la campagna che invita a scegliere benessere, consapevolezza e rispetto della terra e dell’uomo, a partire dal cibo. Il cibo, quando nasce da un’agricoltura etica, può essere molto più di nutrimento. Può essere cultura, responsabilità, futuro.

Ogni giorno facciamo scelte che parlano di noi. Scelte che compiamo senza pensarci troppo – cosa mangiare, cosa acquistare, cosa offrire alla nostra famiglia – e che invece possono fare la differenza.

Da questa consapevolezza nasce Futuro Bio, la campagna di sensibilizzazione lanciata da Demeter Italia, Associazione per la tutela della qualità biodinamica, con il sostegno del Masaf – Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste.

Il cuore della campagna è “semplice” e potente: scegliere biologico significa scegliere cibo genuino, sano, prodotto nel rispetto della terra, degli animali e delle

persone. Significa prendersi cura del proprio benessere – e di quello collettivo – attraverso gesti quotidiani. Il cibo, quando nasce da un’agricoltura etica, può essere molto più di nutrimento. Può essere cultura, responsabilità, futuro.

Futuro Bio racconta proprio questo: storie vere, immagini e volti di imprenditori agricoli che ogni giorno scelgono di coltivare valore.

Molti di loro praticano l’agricoltura biodinamica, che porta ai massimi livelli i principi del biologico. Tutti, però, condividono una visione: quella di un’agricoltura fondata su quattro pilastri fondamentali:

Benessere: dell’uomo, degli animali, del suolo.

Ecologia: agire in equilibrio con la natura e i suoi ritmi.

Equità: tutelare il lavoro, i territori, le comunità.

Precauzione: scegliere pratiche sostenibili, oggi e per il domani.

Futuro Bio si svilupperà ancora nei prossimi mesi con iniziative online e offline, eventi, materiali divulgativi e incontri sul territorio, con un’attenzione particolare al dialogo con le giovani generazioni.

Perché – come si legge sul sito www.futuro-bio.it “Ci sono gesti che sembrano piccoli, ma racchiudono un significato profondo. Le scelte che facciamo portano con sé un valore, un'idea, un modo di vedere il mondo. E per davvero la nostra traccia è molto di più che vogliamo diventare. La consapevolezza che dietro ogni esperienza possiamo riscrivere il futuro, il rispetto di chi, ogni giorno, partecipa a un cambiamento già in atto. Le scelte che facciamo ogni giorno sono ciò che ci permettono di vivere l'agricoltura al meglio, migliorando non solo il nostro benessere ma trasformando il presente verso un futuro ricco di possibilità, che appartiene a chi decide di non rimanere fermo. È in questa agricoltura, portata avanti con passione e amore, che si moltiplicano i frutti delle nostre decisioni, raccolti con cura e dedizione. La nostra etica è fare della natura la nostra natura”. Futuro Bio è anche su Instagram e Facebook.

Foto: Piero Martinello & Nicolò Degiorgis

Fonte: Zedcomm

Agroalimentare: le richieste di Cna

È essenziale distinguere tra comportamenti dolosi e mere irregolarità formali. Senza adeguati correttivi, il nuovo impianto normativo rischia di colpire indiscriminatamente anche operatori in buona fede, esponendo le piccole realtà produttive a gravi conseguenze economiche, reputazionali e operative.

Cna condivide le finalità del disegno di legge in materia di disposizioni sanzionatorie a tutela dei prodotti alimentari italiani che punta a rafforzare la tutela del Made in Italy agroalimentare e a contrastare in modo più incisivo frodi e pratiche sleali. Tuttavia, segnala la necessità di calibrare meglio l’apparato sanzionatorio, per evitare impatti sproporzionati sulle micro e piccole imprese, che rappresentano la grande maggioranza del tessuto produttivo nazionale.

L’introduzione di nuovi reati, come la frode alimentare e l’agropirateria, l’inasprimento delle sanzioni amministrative e strumenti come il blocco temporaneo delle attività rischiano, senza correttivi, di colpire anche violazioni formali prive di offensività reale. Cna chiede che le sanzioni siano proporzionate alla gravità del fatto, all’intenzionalità e alle dimensioni dell’impresa coinvolta.

“Apprezziamo il disegno di legge volto a garantire la trasparenza e la concorrenza del mercato agroalimenta-

re, perno del Made in Italy, e a tutelare gli imprenditori virtuosi del settore, soprattutto quelli più piccoli. Abbiamo evidenziato nel corso dell’audizione alcune criticità relative all’apparato sanzionatorio introdotto che, se non adeguatamente calibrato, rischia di avere un impatto sproporzionato sulle micro e piccole imprese, che costituiscono oltre il 97% del tessuto produttivo nazionale”, commenta Francesca Petrini presidente nazionale Cna Agroalimentare.

In particolare, il disegno di legge prevede: l’introduzione di nuove fattispecie penali, come il reato di frode alimentare e di agropirateria; l’inasprimento delle sanzioni amministrative; l’introduzione di misure come il blocco temporaneo delle attività in caso di irregolarità.

Tra le proposte avanzate dalla Confederazione ci sono quelle di limitare l’ambito penale ai soli casi dolosi con danno concreto e vantaggio economico rilevante; introdurre soglie minime sotto le quali le violazioni siano solo amministrative; prevedere riduzioni fino a un terzo delle sanzioni per le microimprese; consentire la regolarizzazione spontanea delle irregolarità formali entro 15 giorni; evitare il blocco delle attività per infrazioni lievi.

Cna sottolinea che è essenziale distinguere tra comportamenti dolosi e mere irregolarità formali. Senza adeguati correttivi, il nuovo impianto normativo rischia di colpire indiscriminatamente anche operatori in buona fede, esponendo le piccole realtà produttive a gravi conseguenze economiche, reputazionali e operative.

Fonte: Cna

Autunno incerto

L’economia italiana nel corso dell’estate ha fatto registrare segnali contrastanti, ad esempio con il calo dell’inflazione, positivo, e quello del Pil, negativo, mentre sono ancora tutti da valutare gli effetti dei dazi americani. Continua ad aumentare, secondo Confcommercio, il costo degli alimentari.

Nonostante il clima caldo, agosto ha portato una bella ventata di fresco sull'inflazione: secondo le stime preliminari dell’Istat, l'indice è infatti aumentato di appena lo 0,1% mensile e dell’1,6% sullo stesso mese dello scorso anno (a luglio era a +1,7%). Da segnalare l’aumento da +3,2 a 3,5% dei prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona (che compongono il cosiddetto 'carrello della spesa'), così come dei prodotti ad alta frequenza d'acquisto (da +2,3% a +2,4%).

La frenata si deve principalmente ai beni energetici regolamentati (da +17,1% a +12,9%) e non regolamentati (da -5,2% a -5,9%) e, in misura minore, ai servizi relativi alle comunicazioni (da +0,5% a +0,2%). In accelerazione, invece, beni alimentari non lavorati (da +5,1% a +5,6%) e lavorati (da +2,8% a +3%), servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +2,7% a +2,9%) e servizi relativi ai trasporti (+3,3% a +3,5%).

La "inflazione di fondo", al netto degli energetici e degli alimentari freschi, passa da +2% a +2,1%, il medesimo incremento percentuale di quella al netto dei soli beni energetici (da +2,2% a +2,3%). La crescita tendenziale dei prezzi dei beni rallenta di poco (da +0,8% a +0,6%), mentre quella dei servizi accelera leggermente (da +2,6% a +2,7%).

L'inflazione acquisita per il 2025 è pari a +1,7% per l'indice generale e a +2,1% per la componente di fondo. L'indice armonizzato dei prezzi al consumo cala dello 0,2% su base mensile e aumenta dell’1,7% su base annua.

Secondo il direttore dell'Ufficio Studi di Confcommercio, Mariano Bella, "la stabilizzazione dell’inflazione non contribuisce a migliorare l’atteggiamento delle famiglie nei confronti della spesa per consumi. Stando alle

prime stime, ad agosto il tasso di variazione tendenziale si è attestato all’1,6%, in lieve rallentamento su luglio. La variazione dei prezzi al consumo ormai può essere schematizzata in tre parti: crescita dei prezzi degli alimentari, riduzione di quelli energetici, contributo prossimo a zero di tutto il resto, inclusi i servizi ricettivi e di ristorazione che appaiono in deflazione ad agosto. Non può consolare che il fenomeno della crescita dei prezzi dell’alimentazione domestica sia un processo

comune a tutta l’area euro. Anzi, ciò testimonia che le filiere internazionali delle materie prime alimentari sono da tempo sotto tensione, fenomeno che non dovrebbe migliorare nei prossimi mesi".

È rimasta invece purtroppo ben al di sotto delle attese di Confcommercio la stima preliminare della variazione del Pil nel secondo trimestre dell’anno in corso. Troppo brutta per essere vera, si potrebbe azzardare, dice Confcommercio, atteso che i dati della bilancia commerciale non appaiono talmente negativi da supportare la suggestione che sia stata la componente estera netta a contrarre l’attività economica.

Tuttavia, c’è il fondato sospetto che il turismo in entrata sia stato meno dinamico del previsto sia in maggio sia in giugno. Resta il fatto che la domanda interna dovrebbe aver tenuto, probabilmente meglio nella componente dei consumi. Dati i buoni fondamentali dell’economia italiana, tanto in termini di reddito disponibile reale

crescente, quanto di inflazione sotto controllo e di occupazione ai massimi, Confcommercio cconferma una visione moderatamente positiva per la seconda parte dell’anno, contando anche sul fatto che i nostri produttori ed esportatori sapranno gestire al meglio la difficile sfida dei dazi. D’altra parte, seppure statisticamente poco significativo, l’incremento del numero di occupati a giugno conferma che l’economia italiana è ancora attraversata da importanti spunti di vivacità anche se bisogna prendere atto che l’incertezza internazionale e un non brillante clima di fiducia interno non permettono, almeno per adesso, di trasformare i buoni fondamentali in soddisfacenti risultati di crescita, come la stima del Pil del secondo trimestre ha dolorosamente ricordato.

L’occupazione, costantemente sopra i 24 milioni di lavoratori ormai da un anno, prosegue nel processo di sviluppo: dal primo semestre del 2021 al primo semestre del 2025 gli occupati sono aumentati di oltre 1,9 milioni di unità, grazie alle variazioni dei dipendenti permanenti a cui si sta associando, di recente, un positivo contributo degli autonomi.

Questi dati supportano le attese di un recupero della domanda delle famiglie nella seconda parte dell’anno, fenomeno che potrebbe essere agevolato dalla stabilizzazione dell’inflazione che si conferma anche a luglio su valori contenuti. La crescita registrata nel mese, di poco superiore alle nostre attese, oltre a risentire di alcuni andamenti stagionali riflette anche una dinamica meno favorevole per il comparto degli alimentari freschi, la cui riduzione è stata meno intensa rispetto a quanto registrato lo scorso anno. Al netto di questi fattori le dinamiche di fondo dei prezzi si confermano contenute e non preludono a repentine accelerazioni nei prossimi mesi.

Fonte: Confcommercio

I consumi delle famiglie negli ultimi 30 anni

Ad eccezione del comparto tecnologico e del tempo libero, poche altre voci mostrano segnali strutturali di espansione, spiega un studio di Confcommercio Le spese per viaggi e vacanze (+18%) e ristorazione (+25,7%) – sebbene in ripresa – non hanno ancora recuperato completamente le perdite post-pandemiche.

Sprint per tecnologia e tempo libero, in calo cibo ed energia: secondo le analisi di Confcommercio, la spesa delle famiglie è in aumento (+239€ pro capite rispetto al 2024), ma ancora lontana dai massimi del 2007. Ristorazione e turismo sotto i livelli pre-pandemici, ma restano fondamentali per spinta alla crescita

Nel 2025 la spesa pro capite reale sul territorio economico ha raggiunto i 22.114 euro (era 19.322 € nel 1995) con un aumento di 239 euro rispetto al 2024 ma ancora inferiore ai picchi del 2007 (-220 euro). La rivoluzione tecnologica ha lasciato il segno nei comportamenti di spesa degli italiani: negli ultimi tre decenni la spesa pro capite per informatica e telefoni ha registrato una crescita vertiginosa di quasi il 3.000%. In parallelo, anche i consumi legati alla fruizione del tempo libero – in particolare i servizi culturali e ricreativi – hanno mostrato un progresso significativo, con un aumento

reale di oltre il 120%.

Ad eccezione del comparto tecnologico e del tempo libero, poche altre voci mostrano segnali strutturali di espansione. Le spese per viaggi e vacanze (+18%) e ristorazione (+25,7%) – sebbene in ripresa – non hanno ancora recuperato completamente le perdite post-pandemiche. Al contrario, il contenimento della domanda di beni tradizionali continua a consolidarsi anche nel 2025, segno di una prudenza che riflette sia scelte culturali che incertezze percepite. Calano, invece, le categorie più consolidate: alimentari e bevande segnano un calo del 5,1% rispetto al 1995, l’abbigliamento perde lo 0,5% e i mobili ed elettrodomestici restano sostanzialmente stabili (+0,8%). In contrazione anche il consumo reale di energia domestica (-35,1%), dovuto principalmente alla crescente attenzione al risparmio e all’efficienza energetica, sebbene il

prezzo unitario dell’energia sia cresciuto notevolmente. Questi, in sintesi, i principali risultati che emergono da un’analisi dell’Ufficio Studi ddi Confcommercio sui consumi delle famiglie italiane 1995-2025.

I fondamentali dell’economia italiana, almeno nell’ottica di breve termine, sono indubbiamente solidi: reddito disponibile reale delle famiglie superiore ai livelli prepandemici, occupazione ai massimi, la valutazione del nostro debito pubblico da parte dei mercati finanziari è lusinghiera (lo spread rispetto al decennale tedesco è sotto i novanta punti base), inflazione intorno al 2% con prevedibile chiusura in media d’anno all’1,5% (o 1,7% per tenere conto di “imprevedibili” tensioni).

L’aspetto di debolezza dell’attuale scenario è costituito dal profilo dei consumi delle famiglie. Gli italiani sottostimano grandemente e più degli altri concittadini europei

la variazione del proprio reddito reale: ci percepiamo peggio di come siamo e, quindi, spendiamo meno di quanto potremmo. Tuttavia, in assenza di ulteriori shock avversi, è probabile che nei prossimi mesi si assista a un rasserenamento dell’orizzonte della fiducia, causato da un più realistico apprezzamento delle condizioni di reddito crescente e inflazione costante o decrescente. Ciò porterebbe a una variazione positiva dei consumi attorno all’1% e al raggiungimento di una variazione del PIL nell’anno in corso dello 0,7%.

La spesa per consumi ha sì ben recuperato i livelli pre-pandemici ma è ancora al di sotto dei livelli di massimo del 2007 (-220 euro reali). L’auspicato rasserenamento dell’orizzonte della fiducia, accennato sopra, comporta, dunque, una variazione positiva dei consumi attorno all’1%, una performance certo non disprezzabile, almeno in ottica di breve periodo. In ipotesi di svolgimento favorevole dello scenario macroeconomico è possibile recuperare i massimi del 2007 già alla fine del 2026. La composizione dei consumi cambia secondo trend consolidati. Più tecnologia e comunicazioni, più servizi legati alla fruizione del tempo libero. E questo si verifica anche in un contesto di crescita modesta. È un indice di resilienza da parte delle famiglie.

La spesa totale pro capite in termini reali, fatto cento il 1995, è oggi pari a 114,4. Più che raddoppiati rispetto a trent’anni fa anche le spese per i servizi ricreativi e culturali.

Per quanto riguarda i pasti fuori casa-pubblici esercizi e i servizi di alloggio-viaggi e vacanze la lettura è più complessa. La Contabilità nazionale dice con chiarezza che il lungo termine sposta risorse su queste voci di spesa legate anche al turismo, ma che nel complesso in termini reali non si sono recuperati i livelli pre-pandemici. Da questi consumi, anche correlati all’incoming, passa una potenziale importante spinta alla crescita del PIL italiano nel prossimo biennio.

Male, invece, abbigliamento e calzature, su cui pesa una variazione strutturale della domanda, orientata oggi verso capi a minore valore intrinseco rispetto a una volta. È importante sottolineare il ruolo del risparmio energetico dovuto alle innovazioni tecnologiche. Il consumo reale di elettricità, gas e altri combustibili si è ridotto del

35% circa. Ma, come noto, il prezzo unitario dell’energia è molto cresciuto.

La riduzione della spesa reale per l’alimentazione domestica ha radici note: demografia e servizi fuori casa comprimono questi consumi.

L’;importanza delle quote di spesa a prezzi correnti è data, al di là degli aspetti di costume sui cambiamenti della composizione sugli atteggiamenti di acquisto e consumo, dal fatto che indica il peso effettivo delle diverse voci sul budget di spesa corrente che mediamente una famiglia deve, può e vuole sostenere durante un anno. Si deve considerare che dentro le spese a prezzi correnti ci sono gli effetti delle variazioni assolute e relative dei prezzi di vendita.

La prima considerazione riguarda l’energia: a fronte di una riduzione della spesa del 35% la quota corrente scende in trent’anni “solo” del 15%, cioè di sette decimi di punto percentuale assoluto. I prezzi sono cresciuti, come è noto. Aggiungendo affitti effettivi e imputati e il resto della gestione domestica si capisce che passare

in trent’anni dal 25,8% a quasi un terzo della quota di spesa per l’abitazione costituisce il principale limite al pieno dispiego del benessere che le famiglie possono ritrarre dai consumi: queste spese sono infatti prevalentemente obbligate. La cura del sé resta un capitolo di spesa fondamentale ma le vicissitudini dell’importante voce abbigliamento e calzature ne comprime la dinamica.

D’altro canto, le novità confortanti provengono dai servizi legati al tempo libero. Nell’ultimo biennio crescono le quote di spesa per i consumi fuori casa, per viaggi e vacanze e servizi di trasporto.

“Gli italiani tornano a spendere ma con cautela, privilegiando soprattutto il comparto tecnologico. Preoccupa e genera incertezza l’impatto dei dazi. Servono segnali di fiducia, a cominciare dalla riforma fiscale, per far ripartire consumi e investimenti”: questo il commento del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli.

Fonte: Confcommercio

Pensione vs vita lavorativa

In Italia, nelle microimprese in particolare, vale a dire nelle imprese con meno di dieci addetti, il 22,4% dei dipendenti ha meno di trent’anni. Rappresenta la quota più elevata tra le imprese suddivise per dimensione, dove la presenza di giovani è via via calante, tanto da raggiungere appena il 12% degli occupati nelle grandi imprese.

La durata media della vita lavorativa italiana è tra le più basse d’Europa. Di peggio fa solo la Romania. Ed è questa la mina che, a dispetto di trent’anni di riforme pensionistiche, rimane innescata sotto i conti della previdenza pubblica nazionale. A rilevarlo una indagine dedicata a “Demografia, occupazione e previdenza – L’Italia nel contesto europeo” realizzata da CNA Area Studi e Ricerche.

Per la precisione, la durata media della vita lavorativa nel nostro Paese è di 32,8 anni. All’opposto della graduatoria l’Olanda (43,8 anni), la più ‘virtuosa’ su questo fronte, con Svezia (43 anni) e Danimarca (42,5 anni) a comporre il podio. A fronte di una media di 37,2 anni di vita lavorativa nell’Europa a ventisette Paesi, tra i nostri ‘pari taglia’ la Germania arriva a 40 anni, la Francia a

37,2 anni (in perfetta media, quindi) e la Spagna un poco sotto, a 36,5 anni.

D’altronde, se si considera la composizione dell’occupazione per fasce di età nelle quattro principali economie continentali, emerge che nel 2024 la quota di posti di lavoro occupati da giovani di età compresa tra 15 e 24 anni in Italia toccava appena il 4,7% del totale contro il 10,1% della Germania, il 9,1% della Francia, il 6% della Spagna.

È indispensabile quindi invertire tale tendenza non solo per garantire la sostenibilità del sistema previdenziale ma anche per evitare la disgregazione di un sistema produttivo in difficoltà per mancanza di ricambio generazionale. E per invertire tale tendenza non si può prescindere dalle micro e piccole imprese. Anzi, ci si deve puntare con forza. Numeri alla mano, infatti, micro e piccole imprese rappresentano il segmento del nostro sistema produttivo maggiormente orientato all’inserimento e alla crescita professionale dei più giovani. In Italia, nelle microimprese in particolare, vale a dire nelle imprese con meno di dieci addetti, il 22,4% dei dipendenti ha meno di trent’anni. Rappresenta la quota più elevata tra le imprese suddivise per dimensione, dove la presenza di giovani è via via calante, tanto da raggiungere appena il 12% degli occupati nelle grandi imprese, che contano più di 250 addetti.

USA: nessuna intesa sul vino

Aliquota tariffaria del 15% per la stragrande maggioranza dell'export Ue negli USA ma nessuna intesa su una delle voci maggiori dell’export italiano, il vino. Ecco il dettaglio il nuovo regime tariffario statunitense nei confronti dell'Ue, con un'aliquota tariffaria massima e onnicomprensiva del 15% per la stragrande maggioranza delle esportazioni

L'annuncio è arrivato dalla Commissione Ue e spiega dove e come si applica il nuovo regime tariffario. L’accordo stabilisce che i prodotti già soggetti a dazi della nazione più favorita ('Npf') pari o superiori al 15% non subiranno ulteriori aggravi. Per le automobili e i componenti correlati, l'applicazione del tetto del 15% scatterà parallelamente all'avvio da parte di Bruxelles delle riduzioni tariffarie sui prodotti americani, si precisa. Dal 1° settembre, inoltre, diversi gruppi di beni, tra cui il sughero, gli aeromobili e le loro parti, i farmaci generici e i precursori chimici, saranno sottoposti alle sole tariffe Npf, nell'ambito di un regime speciale che l'Ue punta ad estendere ad altre categorie merceologiche.

La dichiarazione congiunta di inizio agosto affronta anche la questione dell'acciaio e

dell'alluminio, impegnando le due sponde dell'Atlantico "a difendere le proprie economie dalla sovracapacità globale e a rafforzare la sicurezza delle catene di approvvigionamento, anche tramite un sistema di contingentamento tariffario per i metalli e i loro derivati". Nell'annunciare l'accordo sulla dichiarazione congiunta la Commissione europea sottolinea che "entrambe le parti concordano di continuare a lavorare con ambizione per estendere questo regime ad altre categorie di prodotti, un obiettivo fondamentale per l'Ue".

Una nota dolente arriva direttamente dalle parole del commissario Ue al commercio Maros Sefcovic che ha detto: "le regole digitali Ue sono rimaste fuori dal negoziato sui dazi. Purtroppo non c'è accordo sul vino".

Su Digital Market Act e Digital Service Act, spiega Sefcovic, "abbiamo tenuto queste questioni fuori dai negoziati commerciali, concentrandoci su ciò che era chiaramente la priorità, e quindi non troverete alcun

riferimento ad esse nella dichiarazione congiunta. Ci saranno molte questioni che saranno discusse, ma per essere molto chiari: l'autonomia normativa è assolutamente importante. Questa è stata la nostra posizione dall'inizio alla fine di questa dichiarazione congiunta". "I dazi su vino, alcolici e birra”, prosegue Sefcovic, “erano uno degli interessi più importanti dell'Unione Europea. Purtroppo, non siamo riusciti a ottenere questo settore e questa categoria tra i settori che continuerebbero a essere a livello della 'nazione più favorita. Entrambe le parti, gli Stati Uniti e l'UE, sono pronte a prendere in considerazione altri settori: le porte non sono chiuse per sempre". Come Commissione europea, conclude Sefcovic, "lavoreremo il più duramente possibile per spandere i settori" anche a vino e liquori, oltre ad acciaio e alluminio.

L'accordo ha sospeso le contromisure europee decise il 24 luglio: la nuova intesa sarà tradotta in atti concreti dalla Commissione in stretta collaborazione con gli Stati membri e il Parlamento europeo. La Commissione Ue ricorda che il partenariato transatlantico resta la relazione economica più significativa al mondo, segnala la nota dell'esecutivo a Bruxelles: nel 2024 gli scambi di beni e servizi hanno superato i 1.600 miliardi di euro, con oltre 4,2 miliardi che attraversano ogni giorno l'Atlantico, a sostegno di milioni di posti di lavoro su entrambe le sponde.

Dopo la firma della dichiarazione congiunta, la presi-

dente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha commentato: "prevedibilità per le nostre aziende e per i nostri consumatori, stabilità nella più grande partnership commerciale del mondo e sicurezza per i posti di lavoro e la crescita economica in Europa nel lungo termine: questo accordo commerciale tra Ue e Usa apporta benefici ai nostri cittadini e alle nostre aziende e rafforza le relazioni transatlantiche".

Nella sua nota ufficiale, Palazzo Chigi riporta: sui dazi finalmente un quadro chiaro alle imprese. La dichiarazione congiunta UE - USA che ha formalizzato l'intesa politica raggiunta lo scorso 27 luglio in Scozia tra la Presidente Von der Leyen e il presidente Trump fornisce finalmente al mondo imprenditoriale un quadro chiaro del nuovo contesto delle relazioni commerciali transatlantiche. Non si tratta ancora di un punto di arrivo ideale o finale, ma alcuni punti fermi importanti sono stati già raggiunti, a partire dall'aver evitato una guerra commerciale e dall'aver posto le basi per relazioni commerciali mutualmente vantaggiose. Il Governo resta impegnato, insieme alla Commissione Europea e agli altri Stati membri UE, per incrementare ulteriormente nei prossimi mesi, come previsto dalla dichiarazione congiunta, i settori merceologici esenti, a partire dal settore agroalimentare".

Fonte: EFA News

Il gusto per lo sport

EUC 3x3 Salerno 2025: quando lo sport parla il linguaggio del gusto. Tutti pazzi per la cucina italiana: sfornati oltre 300 metri di pizza. In cinque giorni di gare, lo staff della mensa universitaria – composto da 4 chef, un pizzaiolo e una squadra di 30 persone tra sala e cucina – ha servito circa 4.000 pasti tra pranzi, cene e colazioni.

Dietro ogni grande evento sportivo c’è una sfida silenziosa che non si gioca sul campo, ma… ai fornelli. L’European Universities 3x3 Basketball Championship 2025, ospitata all’Università di Salerno – Campus di Fisciano, è stata anche un torneo di sapori, tra cucina mediterranea, specialità internazionali e numeri da record.

In cinque giorni di gare, lo staff della mensa universitaria – composto da 4 chef, un pizzaiolo e una squadra di 30 persone tra sala e cucina – ha servito circa 4.000 pasti tra pranzi, cene e colazioni.

I protagonisti della squadra gastronomica: Antonio Fezza, Salvatore Santitoro, Prisco Maiorino, Giovanni Ingino e il pizzaiolo Tommaso Di Napoli, che ha sfornato centinaia di piatti per atleti, tecnici e volontari. Nonostante un menù internazionale, studiato per accogliere le tradizioni culinarie dei diversi Paesi partecipanti – dalla paella valenciana al goulash ungherese, fino ai chili di carne messicani – il podio del gusto ha parlato italiano: sono stati sfornati infatti, oltre 300 metri di pizza che hanno decretato il piatto italiano più apprezzato, cui sono seguiti gnocchi alla sorrentina, lasagne

al ragù con prosciutto e mozzarella (perfettamente bilanciata tra carboidrati e proteine), mozzarella di bufala campana e contorni di verdure fresche.

La mensa universitaria del campus di Fisciano, nota per la sua attenzione alla Dieta Mediterranea, ha proposto ogni giorno piatti equilibrati e stagionali, senza dimenticare le esigenze di tutti, con angoli dedicati a diete vegane e vegetariane.

“Nutrire un evento internazionale significa raccontare il territorio anche attraverso il cibo. Volevamo che ogni atleta tornasse a casa con il ricordo di una partita… ma anche di un piatto indimenticabile”, sottolinea coralmente lo staff della mensa, soddisfatto per aver trasformato la ristorazione universitaria in un vero punto d’incontro multiculturale.

“Mens sana in corpore sano”, attraverso un regime alimentare che si fonda sui principi della Dieta Mediterranea, riconosciuta dall’Unesco come Patrimonio Culturale Immateriale dell'umanità. Non semplicemente uno schema alimentare, ma uno stile di vita che gli antichi “contadini custodi” della Campania definiscono il “cibo della salute”.

L’Adisurc, l’Azienda per il diritto allo studio universitario della Regione Campania, che gestisce le mense universitarie, utilizza prodotti tipici a km zero e promuove uno stile di vita sano e naturale per la sua utenza. A dimostrare come una corretta alimentazione e una regolare attività sportiva realizzata presso gli impianti sportivi dell’Ateneo salernitano possano migliorare le performance di studio e di lavoro.

Fonte: SEC & partner

Consumatori online

E-commerce 2025, l'Osservatorio Trovaprezzi.it fotografa il primo semestre: calano smartphone ed elettrodomestici, crescono benessere e tempo libero. Il consumatore digitale italiano appare sempre più maturo, orientato a salute, convivialità e vita quotidiana

Il 2025 segna un punto di svolta per i consumi digitali degli italiani. L'analisi del primo semestre condotta da Trovaprezzi.it, il comparatore di prezzi leader in Italia, mostra come l'e-commerce stia progressivamente uscendo da una fase "tech-centrica" per aprirsi a un paniere di acquisti diversificato, dove la salute, il benessere, la casa e il tempo libero stanno assumendo un ruolo sempre più rilevante.

Se le categorie legate al benessere si confermano centrali, con la categoria Integratori e vitamine che guida la classifica con il 10,95% delle ricerche totali e una crescita del 14,2% rispetto al 2024, non meno significativo è il risultato dei prodotti per la salute, che registrano un incremento dell'11,6%. A questi trend consolidati si affiancano anche nuove dinamiche: l'exploit della categoria Accessori e ricambi auto, cresciuta dell'89%, mentre la sorprendente performance di Tè, caffè e solubili (+46,6%) evidenzia come anche il food & beverage, storicamente poco rappresentato nell'e-commerce, stia conquistando uno spazio di primo piano.

Il profilo del consumatore digitale italiano, invece, si conferma variegato ma con caratteristiche precise. La fascia d'età più attiva è quella 35-44 anni (23,23%), seguita dai 45-54enni (22,12%) e dai 25-34enni (21,05%), delineando un pubblico maturo, consapevole e con buona capacità di spesa. Sul fronte del genere si registra un sostanziale equilibrio, con una leggera prevalenza maschile (50,59% contro 49,41% di donne). Geograficamente, la Lombardia resta il cuore dell'ecommerce con il 32,32% delle ricerche totali, seguita da Lazio (13,87%), Campania (8,06%) ed Emilia-Romagna (6,85%), a conferma di un mercato che continua a concentrarsi nelle aree più popolose e digitalmente attive. ”La dinamica dell'e-commerce italiano nel primo semestre 2025 mette in evidenza un consumatore che evolve verso scelte d'acquisto più consapevoli e orientate al benessere personale e domestico. L'espansione delle categorie legate alla salute e al benessere, food & beverage e articoli per la cura della casa riflette un mercato in crescita e diversificato, capace di rispondere a nuove esigenze di qualità della vita. Allo stesso tempo, la flessione nelle ricerche di grandi elettrodomestici e tecnologia suggerisce una fase di maturazione e stabilizzazione del mercato, con cicli di sostituzione meno frequenti. Il profilo del consumatore digitale, maturo, equilibrato nei generi e concentrato nelle aree più popolate e digitalmente avanzate, conferma un settore in trasformazione ma solido, pronto ad adattarsi alle nuove priorità degli italiani”, conclude Dario Rigamonti, Ceo di Trovaprezzi.it

Fonte: Seigradi

Retail data e advertising digitale

La forza dei dati retail risiede nella loro qualità: informazioni raccolte con il consenso degli utenti, spesso attraverso i programmi fedeltà, e basate su comportamenti di acquisto concreti, sia online che offline. I dati dei retailer offrono una fotografia autentica, dinamica e aggiornata delle preferenze dei consumatori.

Il digital advertising europeo sta attraversando una fase di profonda trasformazione, trainata da due fenomeni che si stanno rafforzando a vicenda: il retail media e la Connected TV (Ctv). È una rivoluzione che riscrive le regole per i brand, ridefinendo il modo in cui si costruiscono relazioni con i consumatori e si misura il ritorno sugli investimenti pubblicitari.

Al cuore di questo cambiamento ci sono i dati di prima parte dei retailer, che oggi rappresentano una risorsa strategica per chiunque voglia realizzare campagne realmente omnicanale, capaci di intercettare i consumatori lungo tutto il loro percorso d'acquisto — dal punto vendita fisico allo streaming TV. Non sorprende che, secondo IAB Europe, la spesa in retail media nel nostro continente possa toccare i 31 miliardi di euro entro il 2028, crescendo quasi quattro volte più velocemente rispetto al resto del digital advertising.

La forza dei dati retail risiede nella loro qualità: informazioni raccolte con il consenso degli utenti, spesso attraverso i programmi fedeltà, e basate su comportamenti di acquisto concreti, sia online che offline. A differenza di altre fonti di dati, quelli dei retailer offrono una fotografia autentica, dinamica e aggiornata delle preferenze dei consumatori.

Questi dati possono attivare campagne personalizzate non solo sui canali proprietari dei retailer, ma anche su media esterni — come la Ctv o l'audio digitale — grazie a soluzioni di identity avanzate e rispettose della privacy, come lo European Unified ID (EUID). In mercati maturi come il Regno Unito e la Germania, la collaborazione con retailer come Tesco e Lidl mostra tutto il potenziale di questa integrazione. Sapere che un cliente ha appena acquistato dei pannolini può, ad esempio, ispirare una campagna su Ctv per promuovere un'auto familiare, creando un legame naturale tra rilevanza e contesto. Non si tratta di teoria: esempi concreti come quello di un brand in Germania, che ha utilizzato i segmenti di pubblico di Lidl incrementando del 54% gli abbonamenti premium e abbattendo del 37% il costo di acquisizio-

ne, dimostrano quanto una strategia basata sui dati retail sia efficace in ottica omnicanale.

Un altro esempio significativo arriva da Ferrero Rocher, che in Germania ha collaborato con The Trade Desk ed il retailer REWE per attivare una campagna programmatica su Connected TV e video online. Grazie all'uso intelligente dei dati retail — combinati con una gestione efficace della frequenza tra dispositivi — il brand ha aumentato del 50% la copertura delle famiglie raggiunte, migliorando sensibilmente anche tutti gli indicatori di brand lift: dal ricordo dell'annuncio alla considerazione d'acquisto. Un caso che mostra con chiarezza come i dati di prima parte possano connettere media e messaggi in modo rilevante, efficiente e misurabile.

Con la progressiva scomparsa dei cookie di terza parte — già limitati su browser come Safari e Firefox — i dati di prima parte diventano il nuovo pilastro su cui costruire ogni strategia pubblicitaria. I programmi di retail media, fondati su dati raccolti con consenso esplicito, garantiscono livelli di trasparenza e controllo superiori, sia per i brand che per i consumatori, sempre più sensibili alla gestione della propria privacy.

Inoltre, l'integrazione di tecniche di misurazione avanzate e intelligenza artificiale permette oggi ai marketer di acquistare le impression più efficaci al prezzo più giusto, raggiungendo il target ideale nel momento migliore. È un'evoluzione che supera la tradizionale distinzione tra upper e lower funnel: i dati retail consentono infatti di unire brand marketing e shopper marketing, instaurando un dialogo continuo e coerente con il consumatore.

Il retail media non è più solo uno strumento di vendita diretta: è diventato una leva potente di brand building, capace di colmare il divario storico tra investimento pubblicitario e impatto sulle vendite. La possibilità di misurare in tempo reale l'efficacia di una campagna — sia online che in-store — apre la strada a un marketing più scientifico, dove ogni touchpoint lungo il customer journey può essere valutato e ottimizzato.

In Europa i casi d'uso più avanzati sono già realtà, ma il potenziale resta ancora in gran parte da esplorare. La collaborazione tra retailer, brand e piattaforme tecnologiche sarà decisiva per sfruttare appieno questa opportunità. Perché i dati retail sono la chiave di un advertising più rilevante, trasparente e sostenibile — per i consumatori e per il mercato.

Fonte: Seigradi

La nuova estate della birra

In occasione della Giornata Internazionale della Birra, AssoBirra presenta la nuova edizione del Centro Informazione Birra (CIB) che mette in evidenza l'evoluzione dei consumi di birra nei momenti di socialità estiva, tra consapevolezza, nuovi formati e contesti d’uso.

Un consumo sempre più consapevole. Anche nel mondo della birra cresce l’attenzione verso scelte responsabili, condivise da tutte le generazioni, ma interpretate in modo diverso a seconda dell’età e della sensibilità individuale. A trainare questo cambiamento è soprattutto la Gen Z, che amplia il concetto di responsabilità includendo anche dimensioni valoriali e sociali, come il rispetto dei contesti e il consumo moderato. Durante l’estate, la birra si inserisce infatti in un ventaglio di scelte più attente al benessere, alla leggerezza e alla moderazione, con una crescente apertura verso alternative analcoliche e driver di scelta legati alla sostenibilità, con attenzione particolare al packaging e a pratiche rispettose dell’ambiente, spinte soprattutto dalle nuove generazioni. Sono queste le principali evidenze emerse dall’ultima

indagine realizzata da BVA Doxa per il Centro Informazione Birra (CIB) di AssoBirra, la fotografia periodica del mondo birrario italiano, osservato dal punto di vista dei consumatori, dei principali attori della filiera e della stessa AssoBirra, che in questa nuova edizione - presentata in vista della Giornata Internazionale della Birra - accende i riflettori sulle abitudini estive e sulla consapevolezza del consumo di birra nei mesi più caldi. Spazio anche ad un approfondimento dedicato alla visione del settore Horeca, con il coinvolgimento del Direttore Generale di Italgrob Dino Di Marino. Il bere responsabile è un principio condiviso trasversalmente da tutte le generazioni, come conferma la quasi totalità degli intervistati che dichiara di adottare sempre o spesso comportamenti consapevoli (89% del

campione totale). A distinguersi in particolare è la Gen X, con un 62% che afferma di farlo sempre, contro il 57% del totale. Tra i comportamenti più diffusi associati al consumo responsabile emerge l’evitare di bere prima di guidare o lavorare, indicato dal 65% del campione, con un picco del 70% ancora una volta tra la Gen X. Seguono l’attenzione alla lucidità mentale (52%) e il rispetto dei propri limiti psico-fisici (48%).

Se la Gen Z mostra una particolare attenzione al benessere psicofisico, all’autocontrollo e alla sostenibilità, i Millennials si distinguono per un approccio più funzionale e orientato alla qualità, mentre la Gen X collega il consumo responsabile soprattutto a lucidità e senso del dovere.

La Gen Z, inoltre, interpreta il bere responsabile in modo più ampio,

includendo anche aspetti valoriali e relazionali: l’influenza del contesto sociale (32% contro il 18% del totale), il bere solo in situazioni percepite come sicure (25%) e la coerenza con il proprio stile di vita (30%) sono, per i più giovani, componenti importanti del proprio rapporto con il consumo di alcol.

Tra le scelte di consumo emergono anche quella di alternare alcolici e bevande analcoliche o acqua (16%) e la preferenza per bevande alcoliche sostenibili (12%), segnali di una crescente attenzione anche all’impatto ambientale e culturale delle proprie scelte. Un comportamento che si inserisce perfettamente nel trend definito “zebra striping”: l’alternanza consapevole tra drink alcolici e opzioni low/no alcol, che consente di vivere momenti di socialità in modo più attento e responsabile, senza rinunciare al piacere. Una tendenza in crescita soprattutto tra i più giovani, in particolare nella Gen Z, anche nei contesti estivi.

“I dati confermano un cambiamento culturale in atto: oggi il consumo di birra si lega sempre più a scelte

consapevoli, che riflettono nuovi stili di vita, varietà dell’offerta e una maggiore attenzione al contesto”, commenta Andrea Bagnolini, Direttore generale di AssoBirra. “Un approccio che coinvolge tutte le generazioni e che rende la birra protagonista di una socialità estiva più responsabile, leggera e attenta ai valori. Del resto, la birra è già di per sé tra le bevande alcoliche con la più bassa gradazione in assoluto e il settore offre oggi un’ampia gamma di alternative low e no alcol, capaci di rispondere alle nuove esigenze di consumo”. Con l’arrivo dell’estate, le preferenze dei consumatori si orientano prevalentemente verso birre leggere, scelte dal 31% del campione totale durante le giornate molto calde. A distinguersi sono i Millennials (38%), seguiti da Gen Z (30%) e Gen X (25%). Allo stesso modo, la birra dal gusto fresco e dissetante è la qualità più ricercata nel periodo estivo, indicata come “molto importante” dal 65% del campione, con un picco del 69% nella Gen X. Tra gli altri elementi più apprezzati emergono infatti il gusto delicato, non invadente e piacevole anche per chi non è abituato a sapori forti (44%), la bassa gradazione

alcolica (29%) e il basso contenuto calorico (26%), segnali di un consumo che coniuga piacere e leggerezza. In questi contesti emerge anche la birra analcolica come alternativa valida alla classica per circa la metà del campione: il 25% della Gen Z la sceglie sempre, contro il 19% dei Millennials e il 18% della Gen X, mentre oltre la metà degli intervistati (53%) ne valuta il consumo a seconda dell’occasione.

Durante gli eventi estivi all’aperto, le preferenze si orientano con decisione verso le birre locali. Un intervistato su tre (34%) ne considera molto importante la disponibilità, con punte del 36% nella Gen Z e del 35% tra i Millennials. Nel complesso, il 78% del campione le indica tra le opzioni più apprezzate. A confermare questa tendenza, il 54% del totale dichiara di scegliere più volentieri birre locali in occasione di eventi all’aperto, con un picco tra i Millennials (59%). Quando si parla di formati preferiti, la birra alla spina si conferma in assoluto la più scelta (48%), con picchi tra Gen X (53%) e Millennials (51%). Anche la birra in bottiglia mantiene una buona rilevanza (34% totale), risultando particolar-

mente apprezzata dalla Gen Z (34%) e dalla Gen X (36%).

Nel periodo estivo, la birra si conferma protagonista dei momenti di socialità e convivialità, soprattutto nel fuori casa. Dai festival musicali alle sagre di paese, dai locali stagionali agli eventi in spiaggia, cresce la rilevanza del canale Horeca, che svolge un ruolo chiave nell’evoluzione delle abitudini di consumo, tra nuovi formati, attenzione all’esperienza e un approccio più consapevole. A rendere possibile tutto questo è una filiera distributiva che, oltre al servizio, inizia a farsi portavoce di buone pratiche e nuovi standard di consumo estivo.

A offrire una lettura più ampia sulla visione e sul ruolo del mondo Horeca è Dino Di Marino, Direttore generale di Italgrob, che sottolinea come sia ormai evidente la crescente attenzione del consumatore verso una fruizione della birra sempre più ponderata e consapevole.

“L’Horeca si è sempre dimostrata pronta a intercettare i cambiamenti in atto, a partire dai distributori, che stanno già adattando assortimenti e strategie per rispondere alla crescente domanda di scelte più consapevoli e a basso contenuto alcolico”, spiega Di Marino. “È fondamentale, come operatori del settore, accompagnare il cambiamento in atto con proposte e servizi concreti. Perché - come ha ben evidenziato il Rapporto

Italgrob-Censis - il mercato Horeca non è solo un luogo di business, ma un luogo di relazioni, indispensabile alla crescita sociale del nostro Paese”. Un approccio, quello della filiera Horeca, sempre più attento non solo alla qualità del servizio e al ruolo sociale del fuori casa, ma anche all’impatto ambientale. La sostenibilità entra progressivamente nelle scelte di consumo e nei modelli organizzativi, riflettendo un cambiamento culturale più ampio che coinvolge anche altri ambiti del tempo libero. In questo scenario, ad esempio anche il mondo dei viaggi offre spunti interessanti: si diffonde la filosofia del mindscape - fusione di “mindful” e “landscape” - che promuove esperienze autentiche, lente e a basso impatto, come il viaggio in treno. Una tendenza che ben si inserisce nel più ampio cambiamento valoriale in atto, che tocca anche il settore brassicolo e le abitudini di consumo della birra.

“La sensibilità verso i temi della sostenibilità sta crescendo anche nel settore Horeca, grazie anche all’impegno dei distributori nel promuovere una cultura del bere responsabile” spiega Dino Di Marino. “La nostra missione è diventare un anello attivo nella diffusione di buone pratiche, valorizzando il rispetto dell’ambiente lungo tutta la filiera: dalla logistica all’utilizzo di packaging sostenibili, fino alla gestione dei rifiuti e alla riduzione degli sprechi”.

Una visione che trova riscontro anche nei dati della ricerca, da cui emergono segnali significativi di attenzione ambientale nei contesti estivi, soprattutto nella generazione più giovane: il 52% della Gen Z, ad esempio, dichiara di trovare spesso o sempre contenitori per il riciclo, contro il 46% dei Millennials e il 41% della Gen X. Inoltre, la presenza di contenitori per la raccolta differenziata nei luoghi di consumo all’aperto è considerata “molto importante” da due intervistati su tre nella Gen X (65%), a conferma di una sensibilità trasversale tra le generazioni.

“Sostenibilità e consapevolezza rappresentano oggi driver fondamentali per accompagnare l’evoluzione dei consumi e rafforzare il legame tra la birra e i suoi contesti

di fruizione. Con questa seconda edizione del CIB vogliamo contribuire a valorizzare le scelte responsabili dei consumatori e l’impegno di tutta la filiera, soprattutto in una stagione come l’estate in cui il consumo di birra, legato alle opportunità di convivialità, aumenta in modo trasversale”, conclude Andrea Bagnolini. L’indagine è stata condotta da BVA Doxa per AssoBirra tramite interviste online Cawi su un campione di 600 individui di età compresa tra i 18 e i 65 anni.

Fonte: Connexia

Piante per il clima

Uno studio internazionale, al quale ha contribuito anche il Cnr-Isafom, ha rivelato come varia, su scala globale, l’efficienza con cui le piante trasformano il carbonio atmosferico in biomassa. Pubblicata su Nature Ecology and Evolution, la ricerca offre una nuova prospettiva sul ruolo cruciale della vegetazione nella lotta al cambiamento climatico.

Capire non solo quanta CO2 atmosferica assorbono le piante con la fotosintesi, ma anche quanta ne riescono a trattenere o trasformare in carbonio organico, è cruciale per contrastare il cambiamento climatico. Un team internazionale, di cui fa parte anche Alessio Collalti, primo ricercatore dell’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del mediterraneo (Cnr-Isafom), ha creato il più ampio database sull’“efficienza d’uso del carbonio” (Carbon Use Efficiency - CUE) nella vegetazione. “Due grossi flussi di carbonio sono controllati dalle piante”, spiega Collalti “la fotosintesi che sottrae CO2 e la respirazione

che la restituisce all’atmosfera, la CUE rappresenta il rapporto tra quanto carbonio viene assorbito e quanto non viene riemesso perché trasformato e trattenuto sotto forma di carbonio organico, ossia biomassa, zuccheri, e altre molecole stabili, invece di essere rilasciata di nuovo in atmosfera”.

Lo studio, pubblicato su Nature Ecology and Evolution, colma una lacuna storica producendo oltre 2.700 stime di CUE su scala globale, un numero dieci volte superiore rispetto ai dati finora disponibili. “Per decenni abbiamo studiato quanto carbonio assorbono le piante mediante la fotosintesi, sotto forma di CO2”, afferma Alessio Collalti, responsabile del Laboratorio di Modellistica Forestale del Cnr-Isafom di Perugia, “ma con questo studio spostiamo l’attenzione su quanto bene riescano a utilizzarlo o a trattenerlo. Un aspetto altrettanto cruciale per comprendere l’equilibrio del carbonio sulla Terra”.

Lo studio evidenzia come l’efficienza di utilizzo del carbonio non è costante, ma vari significativamente tra differenti regioni del mondo caratterizzate da diverse forme dominanti di piante e clima. Le foreste decidue, ad esempio, mostrano una efficienza più elevata rispetto alle foreste sempreverdi, mentre praterie e colture agricole risultano generalmente più efficienti delle foreste. Gli ecosistemi di savana dominati da graminacee, invece, presentano alcuni dei valori di CUE più bassi osservati. Lo studio è importante perché la CUE è una componente fondamentale del ciclo del carbonio terrestre, ma a causa delle difficoltà nel misurare direttamente la respirazione delle piante e la loro capacità di trattenere in composti organici non climalteranti il carbonio, è spesso trattata come una costante nei modelli dei sistemi terrestri, introducendo incertezze significative nelle proiezioni climatiche e di carbonio.

“Capire dove e quando le piante sono più efficienti nell’uso del carbonio è fondamentale per progettare strategie più efficaci di mitigazione climatica”, sottolinea Collalti, “soprattutto in vista degli investimenti su riforestazione e soluzioni basate sulla natura”.

Fonte: CNR

Milano: Pane in Piazza

L’Associazione Italiana dell’Industria Olearia partecipa al grande evento di beneficenza milanese, organizzando per giovedì 28 agosto un’intera giornata di degustazioni e talk incentrata sul senso storico e sociale dei due alimenti simbolo della nostra cultura alimentare.

L’abbinamento tra pane e l’olio d’oliva è la metafora perfetta della solidarietà ed è su questo rapporto speciale che Assitol, l’Associazione Italiana dell’Industria olearia, intende costruire la sua partecipazione a Pane in Piazza, il grande evento benefico organizzato a Milano in Piazza Duomo dalle Missioni estere dei Cappuccini e dalla Famiglia Marinoni dal 24 agosto al 1° settembre.

L’Associazione ha coinvolto le aziende associate nella fornitura di materie prime utili alla preparazione di pane e prodotti da forno, proposti al pubblico per finanziare un panificio e una scuola per panificatori in Camerun. Assitol ha anche organizzato momenti di assaggio e riflessione intorno agli aspetti non solo salutistici, ma simbolici e storici di Pane&Olio, la merenda all’italiana, concentrandosi così sul significato profondo di questi alimenti emblematici della Dieta Mediterranea, sempre presenti nelle cucine degli italiani.

“Quella tra il pane fresco e l’olio extra vergine di oliva è la storia di due protagonisti della nostra tradizione che, quando si incontrano, danno vita ad un’amicizia stretta, ad un vero rapporto di solidarietà”, spiega Anna Cane, presidente del gruppo olio di oliva di Assitol. “Questo

abbinamento, da sempre, è sinonimo di convivialità, benessere, vicinanza tra le persone”. Il che spiega perché l’Associazione ha aderito a Pane in Piazza. “Sono tutti temi che, in un questo particolare momento, Assitol e le sue aziende vogliono mettere in luce”, precisa il presidente Palmino Poli, “fare impresa non ha soltanto una ricaduta economica, significa aprirsi al mondo aiutando i più fragili”. Palmino Poli, presidente dell’Associazione, ha introdotto “Il pane dialoga con l’olio d’oliva: conversazioni con Assitol”, sessione di dibattito articolata in due talk. Il primo, “Pane&Olio: gusto e salute dall’alba al tramonto”, si è soffermato sulla necessità di ritornare alla Dieta Mediterranea, sempre meno seguita dagli italiani, con una particolare attenzione per il pane e per l’extra vergine. A discuterne è stata Elisabetta Bernardi, esperta di alimentazione, già autrice di Superquark di Piero Angela e ora di “Noos”, programma scientifico della Rai, e del libro “Mangiare secondo la scienza”. Il dibattito si è spostato poi sul ruolo del pane e dell’olio nel mondo contemporaneo. L’incontro “Pane&Olio: una storia di solidarietà” ha raccontato l’unione tra “diversi” che mette insieme due storie e, al tempo stesso, due simboli che si integrano e sostengono a vicenda, in linea con il messaggio francescano di fratellanza e pace. Ad analizzare questo connubio è stato Luca Monti, antropologo e docente incaricato di Marketing territoriale dell’Università Cattolica di Milano, dialogando con Anna Cane, presidente del Gruppo olio d’oliva di Assitol e Alberto Molinari, presidente di Aibi.

Fonte:Assitol

Un viaggio tra sapori unici

Il turismo del pane sta diventando sempre più popolare in tutto il mondo e l’Italia anche da questo punto di vista offre tantissimo. La Regione Emilia Romagna attraverso i propri siti istituzionali ha sviluppato questo approccio individuando una serie di specialità da (ri) scoprire.

L'Emilia-Romagna, celebre per salumi, formaggi e aceto balsamico, vanta anche una profonda e variegata tradizione di prodotti da forno che affonda le radici nella sua storia di "granaio d'Italia". La panificazione nel corso dei secoli ha assunto forme e sapori diversi in ogni provincia, da Piacenza a Rimini, testimoniando una ricchezza gastronomica straordinaria. Il pane è un pilastro della tavola emiliano-romagnola, compagno insostituibile dei salumi e formaggi tipici della regione e protagonista indiscusso della classica "scarpetta" nel ragù.

Questa cultura del forno ha dato vita a una moltitudine di specialità, ognuna legata a un territorio specifico e a usanze antiche. Esplorare questi prodotti, dice il sito istituzionale della Regione Emilia Romagna, significa intraprendere un viaggio attraverso le tradizioni contadine e le comunità locali che hanno saputo trasformare ingredienti semplici in autentiche prelibatezze. È un viaggio che nasce davvero dalla terra, dato che in Emilia-Romagna, la produzione di grano (sia duro che tenero) è significativa, concentrata nel quadrilatero delle province di Bologna, Ferrara, Modena e Ravenna anche se negli ultimi anni la regione ha avuto un calo delle

rese, influenzato da fattori climatici come le alluvioni del 2023, e la coltivazione è diventata meno redditizia, portando a una riduzione della superficie coltivata e della produzione lorda vendibile. Nonostante il calo, la qualità del grano emiliano è riconosciuta come eccellente.

Le rese nel 2025 si sono attestate mediamente sui 50-60 quintali a ettaro, registrando un calo percentuale complessivo del 20%, con l'Emilia che è andata peggio della Romagna e la coltivazione del grano non dà reddito: la Plv regionale è scesa ulteriormente, seguendo il trend negativo già registrato nel 2024: - 8,9% per il tenero; - 8,3% per il duro. Scendono di conseguenza le semine: solo nell'ultimo anno, infatti, gli ettari investiti a grano tenero in regione sono diminuiti dell'11,5%.

La Regione propone poi un elenco delle principali specialità da scoprire.

Batarö

Piccole focaccine schiacciate tipiche della Val Tidone (PC), in particolare di Nibbiano, realizzate con un impasto misto di farina di grano e di mais. Vengono farcite tradizionalmente con salumi locali, ma sono ottime anche in versione dolce con creme spalmabili o marmellate.

Borlengo (o Zampanella)

Specialità delle province di Modena e Bologna, il Borlengo è una crêpe sottilissima e croccante, con un diametro di circa 40 cm. L'impasto liquido, detto "colla", è a base di farina, acqua e sale. Viene farcito con la cunza, un pesto montanaro di lardo, aglio e rosmarino, e completato da una spolverata di Parmigiano Reggiano. Le sue origini sono antiche, risalenti al XIII-XIV secolo.

Bortellina

Originaria del piacentino, la bortellina (burtlena) è una sorta di frittatina povera a base di acqua, farina e uova. Storicamente sostituiva il pane sulle tavole delle classi meno abbienti. Oggi si gusta calda, accompagnata dai salumi DOP piacentini (Coppa, Pancetta, Salame) e da formaggi morbidi.

Chisola e Chisolini

La Chisola è una focaccia con i ciccioli di maiale, tipica di Borgonovo Val Tidone e riconosciuta con il marchio De.Co. Un tempo era il pasto dei contadini. Da non confondere con i chisolini, specialità di Fiorenzuola d’Arda: piccole focacce non lievitate e fritte nello strutto, perfette per accompagnare salumi e formaggi.

Coppia Ferrarese

Icona di Ferrara, la ciupeta è un pane IGP dalla forma inconfondibile a "X", con un corpo centrale morbido e quattro "crostini" arrotolati e croccanti. La sua ricetta, a base di farina, acqua, strutto, olio Evo, lievito madre, sale e malto, risale all'epoca della corte Estense.

Crescente Bolognese

La Crescente (carsènt) è una focaccia saporita tipica di Bologna. Nata come ricetta di recupero per utilizzare gli avanzi dell'impasto del pane, veniva arricchita con strutto e cubetti di gambuccio di prosciutto. La ricetta originale è oggi depositata presso la Camera di Commercio.

Crescentine (o Tigelle)

Focaccine tipiche dell'Appennino Modenese, il cui nome più noto, "tigelle", deriva dai dischi di pietra refrattaria usati per la cottura nel camino. Preparate con un impasto di farina, acqua e sale, vengono servite calde e farcite con il pesto montanaro e Parmigiano, oppure con salumi e formaggi.

Gnocco Fritto (o crescentina, torta fritta, pinzino)

Emblema della gastronomia regionale, assume nomi diversi: gnocco fritto a Modena e Reggio Emilia, torta fritta a Parma, crescentina fritta a Bologna e pinzino a Ferrara. Si tratta di losanghe di pasta lievitata fritte nello strutto, che si gonfiano diventando leggere e cave. Si servono calde con salumi, formaggi morbidi e sottoli.

Pane col bollo

Tipico di Ponte dell’Olio (PC), questo pane si distingue per una pallina di pasta posta al centro, come un sigillo. La sua storia risale al Quattrocento, quando il "bollo" serviva a identificare le pagnotte destinate ai pellegrini in transito sulla Via Francigena.

Pane di Busseto

Conosciuto anche come "Miseria" o "Pane della Misericordia", è un prodotto tipico della provincia di Parma. È un pane povero di farina di grano tenero, dalla forma oblunga a farfalla, insaporito con strutto e sale. Nella Pianura Padana è conosciuto come "micca".

Pane di San Petronio

Pane di Pavullo (o di Verica)

Sulle colline modenesi, in particolare nella frazione di Verica, si produce questo pane rinomato per consistenza e alta digeribilità. Le sue caratteristiche derivano dall'uso di farine locali, lievito madre rinfrescato frequentemente, una piccola quantità di strutto e l'assenza di sale.

Sfogliata o Torta degli Ebrei (Tibùia)

Nata nel '600 nella comunità ebraica di Finale Emilia, la sfogliata (Tibùia) è una "torta grassa" composta da strati di un impasto a base di farina, strutto (nella versione moderna) e formaggio. Si consuma calda nei mesi invernali, tradizionalmente accompagnata da un bicchierino di anicione.

Preparato a Bologna in occasione della festa del patrono, San Petronio (4 ottobre), è un pane dall'impasto morbido e saporito, arricchito con Prosciutto crudo e Parmigiano Reggiano. La ricetta ufficiale è stata depositata dall'Accademia Italiana della Cucina.

Piadina e Cassone/Crescione

Simbolo della Romagna, la piadina è conosciuta in tutto il mondo. Sottile nel riminese, diventa più spessa salendo verso Forlì e Ravenna. Si consuma in sostituzione del pane o farcita con salumi, formaggi e verdure. La sua versione chiusa si chiama Cassone (Rimini) o Crescione (Forlì-Ravenna) e viene farcita tradizionalmente con erbe di campo. Nella Valle del Santerno esiste anche la Piadina fritta.

Tirotta con cipolla (Tiratta ala zivola)

Focaccia ferrarese che unisce l'impasto del pane locale all'aggiunta di cipolla fresca durante l'ultima lievitazione. È un prodotto dal sapore deciso, la cui origine sembra risalire al periodo Estense, quando si apprezzavano i sapori forti di erbe e condimenti.

Fonte: Emilia Romagna Turismo

La pizza in estate

Con la stagione calda, il piatto iconico del Made in Italy si conferma versatile, dimostrando di adattarsi a tutte le modalità di consumo. Vince la tipologia tradizionale, ma la pinsa piace sempre di più. Fondamentale la scelta degli ingredienti e l’artigianalità del prodotto.

Classica, gourmet o rivisitata, a vincere è sempre lei, la pizza che, anche nell’estate 2025, sarà protagonista. Il piatto iconico del Made in Italy si consuma per tutto l’arco della giornata: dalla colazione all’aperitivo, dalla merenda al pasto più tradizionale. A sottolineare la passione nazionale per la pizza è Aibi, l’Associazione Italiana Bakery Ingredients, che rappresenta le aziende produttrici di ingredienti per pane, pizza e pasticceria all’interno di Assitol.

“La pizza va bene con tutto, per tutti, a tutte le ore”, osserva il presidente Alberto Molinari. “È un prodotto multitasking, che si adatta a tutte le situazioni, e che ha il vantaggio della flessibilità, una caratteristica che d’estate si apprezza ancora di più. In tal senso, possiamo parlare di ‘evoluzione’ della pizza, che, pur mantenendo il suo legame con la tradizione, sperimenta nuovi abbinamenti”.

In media, il consumo pro-capite è di quasi 8 kg ogni anno. In pratica, gli italiani mangiano pizza almeno una volta a settimana, nei momenti più disparati. Secondo i dati Aibi, l’impasto più amato resta ancora quello classico napoletano, prediletto dalla maggioranza dei consumatori, seguito a distanza da quello romano (20%), e poi dalla pizza in teglia. In costante ascesa è la pinsa, più leggera rispetto alla pizza tradizionale e apprezzata per la capacità, praticamente infinita, di accostamento con qualsiasi ingrediente.

“Con la pizza emerge con forza l’importanza della scelta degli ingredienti”, sottolinea Molinari. “Per questa ragione, l’artigiano pone grande attenzione alle materie prime e spesso valorizza i prodotti del territorio, per dare maggiore personalità al suo prodotto”. Questa selezione accurata è fondamentale anche per le pizze gourmet. La ricetta vecchio stile si trasforma e

diventa multicereali, integrale, con miglio, farro e kamut, con semi di canapa e grani antichi.

A questa pietanza, secondo i dati Aibi, gli italiani chiedono croccantezza, sapore e artigianalità. “Anche in questo ambito, pesa l’attenzione al benessere”, afferma Molinari. “Oltre al free from, pensato per chi soffre di intolleranze, infatti, il consumatore chiede digeribilità e masticabilità”.

Oltre alla classica pizzeria e al ristorante, i panificatori hanno introdotto questo piatto nelle loro proposte quotidiane. Ormai il 40% del fatturato di un panificio si deve al reparto pizzeria-focacceria. L’asporto vede al primo posto proprio la pizza tra gli alimenti portati a domicilio. E per l’estate 2025, la pizza si reinventa ancora, mostrando la sua anima più vacanziera con l’aperitivo, in abbinamento con vino rosé o bollicine italiane.

Fonte: Assitol

Croccantelle Breaty (Impasto diretto)

Ho realizzato le nostre “Croccantelle Breaty” con il Breaty, un mix appositamente formulato per prodotti rustici dalle calde tonalità cromatiche, con aromi intensi dal sentore maltato, arricchiti dalle sofisticate note del cacao. Il suo sapore evoca atmosfere tipicamente britanniche, ispirate all’artigianalità delle birre maltate che si sorseggiano nei pub inglesi. Il nome croccantelle è ispirato dal “cranck” che si provoca mordendole, una “focaccina” arricchita dal sapore del rosmarino fresco che invoglia a degustare una birra ghiacciata assieme alle nostre croccantelle.

Procedimento

Iniziare l'impasto in planetaria con gancio o impastatrice a spirale inserendo il Breaty, il Pater e il lievito di birra, ossigenando le polveri per 2 minuti circa a bassa velocità. Di seguito inserire l’acqua fredda a piccole dosi fino a g 500. Non appena l’impasto ha assorbito tutta l’acqua inserire l’olio a piccole dosi fino al completo assorbimento. Proseguire inserendo il sale e gli ultimi 100 grammi di acqua innescando la 2° velocità o aumentando la velocità per circa 3 minuti. Quando l'impasto risulta liscio e omogeneo deporre il composto ottenuto in un mastello precedentemente oliato e procedere a una maturazione in frigo a 4°C per circa 2 ore, coprendo con telo in plastica per alimenti non a contatto. Girare sul banco da lavoro infarinato, stendere in un rettangolo la nostra pasta e tagliare a forma rettangolari del peso desiderato e porre nelle teglie da infornamento foderate con carta da forno per procedere a una fermentazione in cella a 32°C 78% di umidità per ottenere una alveolatura regolare per circa 1 ora e 30 minuti non coperti oppure a temperatura ambiente coperti con telo in plastica sino al raddoppio del volume iniziale aggiungendo olio in superficie. Maneggiando con cura in modo da non far perdere la lievitazione acquisita schiacciare le strisce di pasta con i polpastrelli formando delle ‘celle’’ partendo dai bordi per poi pigiare sulla parte centrale e allungare. Farcire con abbondante olio, sale e rosmarino fresco.

Cuocere a 230°C direttamente su pietra per 15 minuti circa senza vapore e a valvola chiusa fino ad avere un colore dorato.

Potete conservare le croccantelle per 1 giorno in frigorifero in un contenitore ermetico e scaldare al bisogno oppure appena cotte abbattere direttamente o congelare in freezer ancora calde.

Ingredienti

Breaty Granaio delle Idee kg 1

Pater Pizza Granaio delle Idee g 300

Lievito di birra fresco compresso g 25

Acqua g 600

Olio extravergine di oliva g 70

Sale marino fino g 25

*Farcitura: Sale, Olio evo, Rosmarino fresco

Focaccia con impasto alla curcuma

La focaccia è la merenda per eccellenza in tutta la Puglia. Per mangiare la focaccia non esiste un solo momento della giornata, la si può gustare in ogni momento della giornata. Ho voluto “rivisitare” la nostra ricetta di focaccia aggiungendo il Nucleo Curcuma dell’Azienda Il Granaio delle Idee e non utilizzando volutamente la patata. Realizzate con semola rimacinata di grano duro, farina di grano tenero, il nucleo curcuma e alta idratazione otterremo un impasto morbido, fragrante al palato, colorato ed altamente digeribile. La semola rimacinata di grano duro dell’Azienda Molino Dallagiovanna l’ho utilizzata per rendere omaggio alla mia terra, la splendida Puglia e perché con il suo elevato contenuto in proteine e in sostanze antiossidanti gli conferiscono caratteristiche peculiari di tipo tecnologico e nutrizionale rispetto agli sfarinati ottenibili da altri cereali. La farina tipo 00 è una farina nata dalla scelta di utilizzo di grani teneri italiani, europei e canadesi. Semplice da utilizzare, questa farina è ideale per la focaccia pugliese, focaccia genovese ed è proposta in due varianti: la prima, un pò più debole, è da privilegiarsi nelle lavorazioni dirette, quindi la nostra; la seconda, con forza maggiore, è ottima anche nella produzione di focaccia "di Recco" e per lavorazioni che richiedono riposi lunghi, anche oltre le quattro ore. Il Pater pizza è una miscela che contiene i fermenti lattici vivi e i lieviti tipici della microflora originale del lievito madre. E’ una formulazione unica ed innovativa, che permette per la prima volta di racchiudere tutte le caratteristiche e le funzionalità del lievito madre in pasta in una miscela disidratata. Pater pizza è una miscela clean label formulata per la produzione di tantissimi tipi di pizze e focacce come pizza classica, pizza napoletana, focaccia pugliese, focaccia ligure e focaccia romana. L’ingrediente più particolare di questa gustosa ricetta è il nucleo a base di curcuma, spezia proveniente dall’Asia Meridionale e ricca di attestate proprietà benefiche: antiossidante, antinfiammatorio, depurativa, digestiva Nucleo Curcuma conferisce alla nostra focaccia un tipico colore giallo ocra, caratterizzandoli con un sapore lievemente speziato. La curcuma è una spezia ricca di benefici per la salute, grazie alla sua composizione chimica. I suoi componenti principali, i curcuminoidi, e l'olio essenziale, sono noti per le proprietà antiossidanti, antinfiammatorie, epatoprotettive, ipolipemiche e potenzialmente antitumorali. La curcuma può aiutare nella prevenzione e nel trattamento di diverse condizioni, inclusi problemi digestivi, infiammazioni articolari, e malattie neurodegenerative.

Ingredienti

Semola rimacinata di grano duro g 500

Farina Tipo 00 linea “Far Focaccia” La Ligure

Debole g 500

Nucleo Curcuma Granaio delle Idee kg 1

Pater Pizza Granaio delle Idee g 60

Lievito di birra fresco compresso g 50

Acqua (80% sul peso totale delle farine) kg 1,6

Olio extra vergine di oliva g 100

Sale marino fino g 50

* Farcitura: Pomodorini, olive con nocciolo, olio, sale marino fino e origano essicato in foglie

tritare in un

e 900 g

una tasca da

di birra, ossigenare gli

seguito inseamalgamare. Inserire

seguito l'olio

Impastare prima il sale e gli pasta per

fino a lievitazione acquisita.

Spennellare dolcemente con uovo e cuocere a 220°C per circa 20 minuti con abbondante vapore pre e post infornamento.

Procedimento

Iniziare l’impasto in planetaria con gancio o impastatrice a spirale inserendo la semola, la farina, il pater, il nucleo curcuma e il lievito di birra lasciando miscelare e ossigenare le polveri per 2 minuti circa. Inserire lt 1,5. di acqua poco per volta fino a creare una buona maglia glutina. Una volta creata la maglia glutinica inserire l’olio in 2 step e lasciare assorbire dall’impasto. Questa operazione dovrebbe durare in totale circa 6 minuti in prima velocità o a velocità moderata. Innescare la seconda velocità o aumentare la velocità e inserire il sale e i restanti 100 grammi di acqua fino al completo assorbimento e fino a che l’impasto risulti liscio e omogeneo. Avremo circa 11

minuti di impasto totale.

Portare il pastone ottenuto sul banco da lavoro leggermente infarinato e lasciare puntare per 15 minuti coperto con telo in plastica a temperatura ambiente.

Di seguito tagliare in pastelle da g 350 (per teglie in alluminio usa e getta di diametro 32 cm) o del peso desiderato, che ovviamente ne pregiudicherà anche l’altezza finale della nostra focaccia, e riporre nelle teglie precedentemente oliate generosamente.

Procedere alla lievitazione in ambiente (22,4°C con il 40% u.r.) per circa 2-4 ore o fino al raddoppio del volume iniziale. Farcire a proprio piacimento o con gli ingredienti per la farcitura in ricetta, pomodorini (200 grammi circa), olive con nocciolo (g 60 circa), 12 olive circa), olio evo, sale marino fino.

Cuocere a 250°C per circa 12/14 minuti senza vapore a valvola chiusa fino ad avere un colore dorato. Per la focaccia bianca la cottura sarà di 7 minuti a 250°C. In cottura la focaccia perde circa 85 grammi sul peso iniziale, invece la focaccia bianca perde in cottura circa 68 grammi sul peso iniziale. Per conservarla fragrante a lungo avvolgetela in pellicola alimentare e mettetela in frigorifero. Al momento di gustarla scaldatela per pochi minuti in forno.

un g da gli

Pane Vitaminic

Ingredienti

Impasto

Farina tipo 0 kg 2

Lievito di birra fresco compresso g 50

Zucchero semolato g 40

Malto ad alto potere diastatico g 20

Acqua g 600

Latte intero g 500

Strutto g 100

Olio di oliva g 100

Sale marino fino g 40

Philadelphia g 900

Tritato di carote g 30

Tritato di prezzemolo g 30

2 Uova

4 minuti totali.

Lasciare riposare l'impasto per circa 20 minuti su tavolo da lavoro precedentemente infarinato, coprendo con telo in cotone. Spezzare in pezzi da 100 g circa e lasciare riposare sul banco da lavoro coperti con telo in cotone per una decina di minuti.

Ho pensato di realizzare un pane che facciano del bene al nostro organismo e che sia adatto agli sportivi e non ma soprattutto che sia buono e funzionale. Ottimo per arricchire dei cesti di pane in ristorazione e per accompagnare le portate degli Chef con gusto, sapore e colore. Per realizzare i nostro pane Vitaminic ho utilizzato il nucleo dell’Azienda Granaio delle Idee, più che un pane, ho ottenuto un concentrato di vitalità, grazie al ricercato blend di semi e farine tostate. Vitaminic è un mix concentrato per panificazione con Fermenti Lattici Vivi, semi di girasole, semi di lino, farina di soia e malto d’orzo, per la produzione di un ottimo pane nero con semi. Ho semplicemente aggiunto Vitaminic alla mia farina di Tipo 1 del Molino Dallagiovanna linea Uniqua Gialla per realizzare un gustoso e speciale pane scuro con semi misti. Questo mix per panificazione è la scelta ideale per chi ricerca il gusto deciso del pane scuro, abbinato alla raffinatezza della tradizione italiana. Grazie ai fermenti lattici vivi, il pane sarà caratterizzato da un’impareggiabile scioglievolezza, un’ottima masticabilità e una fragranza che si mantiene a lungo. Un pane realizzato con impasto diretto a lievitazione mista e con maturazione inziale in frigo. Ad alta idratazione il nostro pane risulta alveolato, leggero e digeribile. Ottimo per accompagnare salumi tipici del territorio sia per la sua cromia sia per il suo gusto, sposa il suo gusto con un ottimo calice di vino rosso.

Con l'ausilio di un mattarello schiacciare leggermente e farcire con circa 20 g di Philadelphia aromatizzato, chiudere ermeticamente sul fondo i panini e pirlare.

Riporre in teglie 60x40 foderate con carta da forno e lasciare lievitare in cella di lievitazione a 28°C con il 75% u.r. per circa 60 minuti, o a temperatura ambiente coprendo con telo in cotone e telo in plastica per circa 80 minuti o comunque fino a lievitazione acquisita.

Spennellare dolcemente con uovo e cuocere a 220°C per circa 20 minuti con abbondante vapore pre e post infornamento.

Ingredienti

Farina Tipo 1 W 300 kg 1,4

Nucleo Vitamin Granaio delle Idee g 600

Lievito di birra fresco compresso g 50

Acqua kg 1,6

Sale marino fino g 50

* Farina di mais bramato, semi di papavero e semi di sesamo per decorazione

Procedimento

Iniziare l’impasto in planetaria con gancio o impastatrice a spirale inserendo la farina tipo 1 Molino Dallagiovanna, il nucleo vitaminic Granaio delle Idee e il lievito di birra facendo mescolare per 2 minuti le polveri così da miscelare e ossigenare gli ingredienti. Inserire g 1500 di acqua fredda nell’impasto a filo e lasciare impastare in 1° velocità o velocità moderata. Tutta questa operazione dovrebbe durare circa 10 minuti. Innescare la seconda velocità o aumentare la velocità, inserire il sale assieme agli ultimi 100 grammi di acqua di ricetta e attendere che l’impasto sia incordato e liscio. Questa operazione dovrebbe durare circa 4 minuti e comunque sino a che il composto non si sarà attorcigliato attorno al gancio e staccato completamente dalle pareti della ciotola. Riporre il nostro impasto in un recipiente coprendolo con telo in plastica per alimenti non a contatto o con il tappo, lasciare maturare per 1 ora circa o sino al raddoppio del volume iniziale in frigo a 4°. Una volta raddoppiato rovesciare l’impasto sul piano da lavoro precedentemente infarinato, tagliare del peso desiderato (g 400 in questo caso) e pirlare (arrotolare) formando delle palline, o allungare. Riporre negli appositi cesti per fermentazione precedentemente spolverati con farina di mais bramato, semi di papavero e semi di sesamo

bianco o su telo da infornamento professionale. Lasciare fermentare a temperatura ambiente (29,5°C con il 48% di u.r.) coperti con telo in cotone e telo in plastica per alimenti o in cella di fermentazione a temperatura controllata per circa 2 ore o sino al raddoppio del volume iniziale. Quando fermentato cuocere a 230°C per circa 35 minuti in forno preriscaldato con abbondante vapore iniziale e dopo aver inserito. Aprire la valvola negli ultimi 5 minuti di cottura per avere un pane croccante. I tempi di cottura variano in base alla tipologia del forno utilizzato, dell'azienda produttrice e soprattutto dalla pezzatura quindi anche se di poco i tempi sono indicativi. Una volta pronti porli su una gratella e lasciarli raffreddare; è preferibile consumarli presto, se invece da conservare utilizzate delle apposite buste di carta per alimenti per al massimo 1 -2 gironi. Si può abbattere da caldo o eventualmente, da freddo, conservare in freezer casalingo. Si può eventualmente pre-cuocere il nostro pane sino al 70% di cottura e abbattere in abbattitore professionale in negativo a -25°C per avere un prodotto sempre pronto e facile da “rinvenire” e vendere caldo come appena realizzato.

Dopo cottura il nostro pane perderà in totale circa 680 grammi, cioè il 18,47% del peso iniziale, singolarmente invece perde circa 80 grammi, cioè il 20% circa del peso iniziale.

Petra Molino Quaglia main partner di Bob Fest 2025

Il 29 giugno, Chiara Quaglia e Piero Gabrieli hanno presentato sul palco di Bob Fest il capitolo calabro di “Neogranìa”, il progetto che ha rivoluzionato il modo di pensare e lavorare il grano. Bob Fest è uno dei maggiori festival enogastronomici della Calabria.

Petra Molino Quaglia è stato main partner di Bob Fest 2025, il festival che si è tenuto a fine giugno a Roccella Jonica tra il Porto delle Grazie, lo storico Castello Cara e la panoramica Tenuta Torre Vèdera, e che si è confermato il più importante evento enogastronomico regionale, capace di trasformare la Calabria in una destinazione internazionale per chi cerca il senso profondo del cibo. L’azienda di Vighizzolo d’Este (PD) - unico molino italiano certificato Equiplanet - ha presentato ufficialmente, domenica 29 giugno Neogranìa, il nuovo progetto agricolo, culturale e gastronomico che ha cambiato il modo di pensare e lavorare il grano.

A presentare Neogranìa, Chiara Quaglia (Amministratore Delegato di Petra Molino Quaglia) e Piero Gabrieli (Direttore Marketing di Petra Molino Quaglia), in dialogo con professionisti e protagonisti del progetto. Neo-

granìa nasce all’interno del percorso Petra Evolutiva e rappresenta una delle innovazioni più radicali dell’ultimo decennio nel settore della farina: al centro ci sono le popolazioni evolutive di grano, miscugli genetici che si adattano anno dopo anno al territorio in cui crescono, senza varietà predefinite. Un grano che si evolve, si trasforma, racconta il clima, la terra e il lavoro di chi lo coltiva. Attraverso il progetto “Adotta un Raccolto per Petra Evolutiva”, panificatori, pizzaioli, cuochi e pasticceri possono adottare un raccolto prima della sua semina, ricevendo una farina lavorata in purezza, senza mescolanze, con la tracciabilità completa della sua origine. Una rivoluzione che ricostruisce il legame diretto tra terra, artigiani e consumatori. Neogranìa è infatti un progetto sostenibile su più livelli: ambientale, economico e sociale. Il Bob Fest è stato il punto di partenza per portare Neogranìa in Calabria e diffondere un nuovo modo di produrre, raccontare e trasformare il grano. “Con Neogranìa portiamo in Calabria un’idea nuova di grano: non una varietà, ma una comunità vivente che cresce con il territorio e racconta chi lo coltiva. È un atto agricolo, culturale e artigianale insieme, che restituisce valore alla biodiversità e dignità al lavoro di chi trasforma la terra in pane. Neogranìa è un ritorno alla terra, ma con lo sguardo rivolto avanti. È un modo per dare voce al grano, farlo crescere libero, in dialogo con chi lo coltiva e con chi lo impasta ogni giorno. Portarlo in Calabria significa seminare futuro in una terra che ha ancora tanto da raccontar”, dichiarano Chiara Quaglia e Piero Gabrieli, ideatori di Neogranìa.

L’intelligenza artificiale nella panificazione

Assipan di Pistoia e Christophe Carlo, tecnico del Baking Center™ Manager di Lesaffre Italia hanno organizzato l’incontro dal titolo “AI Pane. Innovare la gamma dei prodotti con l’intelligenza artificiale” per esplorare come l’AI possa supportare i panificatori nell’evoluzione del prodotto.

L’intelligenza artificiale è un grandissimo aiuto per innovare, ottimizzare i processi produttivi e rispondere in modo sempre più preciso alle esigenze del mercato e dei consumatori, scrive online Assipan, il sindacato panificatori aderente a Confcommercio. Ma ancora non tutti sanno come l’AI potrà influenzare il processo produttivo nel settore della panificazione e in che modo potrà influenzare il lavoro del panificatore.

Assipan di Pistoia ha quindi deciso di organizzare assieme all’ideatore Christophe Carlo, tecnico del Baking Center™ Manager di Lesaffre Italia l’incontro dal titolo “AI Pane. Innovare la gamma dei prodotti con l’intelligenza artificiale”

L’evento, svolto in collaborazione con Agenzia Formativa Omnia, si è tenuto a metà settembre presso l’Istituto Professionale Alberghiero di Montecatini Terme, con l’obiettivo di esplorare come l’AI possa supportare i panificatori nell’evoluzione del prodotto, nella riduzione degli sprechi e nella valorizzazione del sapere artigiano attraverso la tecnologia.

Assipan ha rivolto qualche domanda a Christophe Carlo, ideatore dell’evento lo stato dell’arte dell’AI nel settore della panificazione ed eventuali cambiamenti che l’intelligenza artificiale potrà portare.

Com’è venuta l’idea di questo corso/evento?

Durante il Sigep 2025, diversi associati mi hanno chiesto se avessimo dei contenuti e se c’era la possibilità di fare un corso su questo tema

Con quali obiettivi?

Fare vedere una parte delle potenzialità dell’IA che può portare al nostro mestiere di panificatore.

In quali aspetti della produzione del pane l’intelligenza artificiale può fare la differenza?

Possono essere tantissimi gli aspetti, ma mi sono concentrato su la creatività e l’aspetto marketing (nomi, storytelling, argomenti di vendita…)

Puoi fare un esempio pratico di come l’AI può ottimizzare una ricetta o un processo produttivo?

L’IA può bilanciare una ricetta per esempio, può anche suggerire con una base di partenza di creare diversi, tanti prodotti sia dolci che salati

Intelligenza artificiale a parte quali competenze deve acquisire un panificatore per restare competitivi domani?

Per rimanere competitivi deve seguire le tendenze, anticipare i bisogni dei clienti e puntare sempre di più sull’alta qualità

C’è il rischio che l’intelligenza artificiale possa sostituire la creatività e l’abilità del panificatore?

Non credo! Può aiutare per la creatività, ma l’abilità rimarrà sempre legata al panificatore.

Fiaf acquisisce gruppo Santangelo

L'investimento nel Gruppo Santangelo segna la quinta operazione da parte del Fondo Italiano Agroalimentare (Fiaf) negli ultimi 18 mesi. Fiaf ha dichiarato di voler "rafforzare la posizione di Santangelo come punto di riferimento nel segmento dei prodotti da forno lievitati premium".

Fondo Italiano d'Investimento ha acquisito una partecipazione del 70% nel Gruppo Santangelo, azienda italiana di prodotti da forno. Secondo la società di investimento italiana, l'operazione è la quinta completata negli ultimi 18 mesi tramite la sua controllata Fondo Italiano Agri&Food Fund (Fiaf).

Fondo Italiano d'Investimento ha dichiarato in una nota che la restante quota del 30% in Santangelo è detenuta dall'amministratore delegato dell'azienda di prodotti da forno, Gianluigi Formichetti, che manterrà tale ruolo e guiderà l'azienda anche in futuro.

I termini finanziari dell'accordo, la cui conclusione è prevista per questo mese, non sono stati resi noti.

Fondata nel 1968, Santangelo produce prodotti da forno per la colazione, sia a marchio proprio che a marchio del distributore, per il canale retail, tra cui croissant e il panettone. Opera in uno stabilimento di 5.000 metri quadrati a Terni, in Umbria, e impiega circa 180 persone.

Tra il 2020 e il 2024, Santangelo ha più che raddoppiato il suo fatturato, raggiungendo i 32 milioni di euro (37 milioni di dollari) nell'ultimo anno fiscale, con un export che ha rappresentato oltre il 25% del fatturato totale, secondo il comunicato.

Fiaf ha dichiarato di voler "rafforzare la posizione di Santangelo come punto di riferimento nel segmento dei prodotti da forno lievitati premium".

Marco Pellegrino, Senior Partner del Fondo Italiano d'Investimento, ha dichiarato: "Siamo particolarmente lieti di supportare Gianluigi Formichetti e tutto il suo team nella prossima fase di crescita di Santangelo. Oltre alla solida performance finanziaria dell'azienda, apprezziamo molto la qualità dei suoi prodotti, la natura artigianale della sua produzione e il suo posizionamento come marchio leader nel segmento dei lievitati premium per la colazione". Formichetti ha aggiunto: "Santangelo ha dimostrato la sua capacità di espandersi anche in un contesto di consumi fluttuante. Gli investimenti delineati nel business plan condiviso con Fiaf ci forniranno gli strumenti e le risorse per sviluppare ulteriormente la nostra offerta di prodotti premium di alta qualità, genuini e deliziosi, sia sul mercato nazionale che sui principali mercati internazionali".

Lo scorso anno, Fondo Italiano d'Investimento ha acquisito una quota di maggioranza del produttore locale di salumi Trinità Spa Industria Salumi. Ha inoltre partecipato a un investimento in Casa della Piada, un produttore italiano di prodotti da forno, e ha acquisito una quota di maggioranza nel produttore di pasta Pasta Berruto.

Re Panettone® 2025

L’edizione 2025 dell’evento creato da Stanislao Porzio, la diciottesima, avrà luogo nei giorni 29 e 30 novembre presso il Parco Esposizioni Novegro, come negli scorsi due anni. La maggiore età della manifestazione sarà celebrata in diversi modi, il primo dei quali è l’istituzione di un nuovo premio, un premio letterario.

Il panettone non è solo un dolce. Sinonimo del Natale, metafora della sua Milano, ha assunto e può assumere i significati più vari, come hanno dimostrato i racconti di Dino Buzzati (Il panettone non bastò), di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (La gioia e la legge), di Alberto Moravia (Er picche nicche).

Non c’è da stupirsi, perciò, se Re Panettone® in occasione della sua diciottesima edizione si regala il Premio Le pagine di Re Panettone®, per un racconto breve inedito, tra le 4000 e le 8000 battute, scritto in italiano o in milanese, la lingua del panettone. Tema della prima edizione: Il panettone e la musica. In giuria nomi noti nell’ambito della critica musicale e della ricerca musicologica, come Guido Barbieri, Sandro Cappelletto, Giuseppina Manin e Danilo Prefumo, un’antropologa, Silvia Romani, una dialettologa e storica della lingua italiana,

Silvia Morgana, e Stanislao Porzio, il fondatore di Re Panettone®. Al vincitore, una targa e un altro riconoscimento; i primi racconti in classifica saranno pubblicati sul sito repanettone.it. I racconti sono da inviare entro il 30 settembre 2025 secondo i canoni indicati nel bando, che è sul sito repanettone.it, insieme ai profili dei giurati La cerimonia di premiazione avverrà il 29 novembre nella sede della manifestazione. Il Premio Le pagine di Re Panettone® ha ottenuto il Patrocinio della Famiglia Meneghina Società del Giardino, associazione culturale fondata nel 1924 con lo scopo di promuovere e divulgare la storia, i costumi, l’arte e la cultura milanesi. Seconda novità è il Premio Panettone Partenope. L’appellativo non si riferisce solo alla città di Napoli, ma anche alla sua dea protettrice, la sirena che portava il nome che poi passò alla città. Questo premio intende

essere un omaggio di Milano e del suo interprete Re Panettone® alla città di Napoli, di cui quest’anno ricorre il duemilacinquecentesimo anniversario della fondazione. Inoltre è anche un omaggio a Ennio Morricone, il grande musicista romano scomparso nel 2020, di cui quest’anno verrà rappresentata in prima assoluta al San Carlo di Napoli l’unica opera lirica, appunto Partenope, il cui libretto è stato composto da due dei giurati del premio letterario, Guido Barbieri e Sandro Cappelletto. Cambia qualcosa anche nel Premio Re Panettone® Milano 2025. La prima categoria resta il “Panettone”, che si riferisce all’unico dolce che secondo il DM del 22-07-2005, possa fregiarsi di questo nome senza altri attributi, cioè il tradizionale milanese, detto anche classico: sulla cima niente glassa e taglio a croce; all’interno in sospensione agrumi canditi e uvette. Seconda categoria il “Panettone da 5 kg”, cioè un panettone tradizionale

milanese di una pezzatura particolare e difficile da preparare. Oggi è poco diffusa, ma in passato era molto amata a Milano, perché consentiva di servire un numero molto alto di invitati a feste con grande partecipazione. Re Panettone, con questo premio, vuole promuoverla.

E a questo scopo, il panettone vincitore della categoria sarà il premio che il primo classificato del già citato Premio Le pagine di Re Panettone® otterrà insieme alla targa. Il “Panettone salato” è l’ultima categoria del Premio, molto invocata dai giurati delle ultime edizioni. Si tratta di un lievitato con almeno il 50% dell’impasto del panettone e per il resto ingredienti che gli diano una caratterizzazione salata, dai pomodori al formaggio, dai salumi alle verdure. Farciti di ingredienti molto più delicati di quelli dei panettoni dolci, i panettoni salati hanno una vita molto breve, a volte di una sola settimana, cosa che il pubblico deve tenere bene a mente nei suoi acquisti. La vita dei panettoni che si assaggiano e si acquistano a Re Panettone®, comunque, è in generale relativamente breve, perché il suo organizzatore, Stanislao Porzio, chiede ai pasticcieri partecipanti di non utilizzare ingredienti di sintesi, che prolungano la vita dei lievitati a scapito della loro digeribilità, e di evitare anche lieviti naturali disidratati o mix, che li rendono prodotti standardizzati. Una prima Giuria Tecnica valuterà le categorie “Panettone” e “Panettone da 5 kg”. L’altra esaminerà i dolci della categoria “Panettone salato” e decreterà i vincitori del “Premio Panettone Partenope”. La Giuria Popolare, per la quale sono previste novità tecniche che ne renderanno ancor più interessante la partecipazione, assegnerà i suoi premi per due categorie: “Panettone” e “Panettone salato”.

Come di consueto, Re Panettone ha come main sponsor il Molino Dallagiovanna, che sostiene la manifestazione sin dalla sua prima edizione.

Fonte: Re Panettone

"Il sole bianco della speranza" di Federico Prodon

Un’opera monumentale del maestro pasticcere Federico Prodon per la chiusura del Giubileo dei Giovani: nel cuore di un evento che celebra la luce, la speranza e la fede dei giovani del mondo, si compie un gesto d’arte e spiritualità attraverso la mano di uno dei più raffinati interpreti della pasticceria italiana: Federico Prodon.

Il pasticcere Federico Prodon è stato il protagonista dell’evento di chiusura del Giubileo dei Giovani, domenica 3 agosto presso la Vela di Calatrava, al termine della Messa Conclusiva presieduta da Papa Leone XIV. Prodon ha svelato “Il sole bianco della speranza”, un’opera monumentale, unica, effimera quanto potente montata in diretta al campo messa: una torta alta oltre due metri, pensata come dono collettivo, come segno di luce, come sintesi di un cammino spirituale. Non è una semplice torta. È un simbolo scolpito nel gusto, nella materia viva degli ingredienti e nella visione poetica di un artista che ha scelto, ancora una volta, di parlare non solo alla bocca, ma al cuore.

Federico Prodon ha immaginato la torta come un sole bianco, stilizzato nei suoi raggi: puro, luminoso, vestito di luce come il Papa la domenica mattina, portatore di speranza e verità. Un sole che non brucia, ma illumina.

La torta è stata montata all’interno della Vela di Calatrava in diretta, luogo carico di significato: un’architettura visionaria, ora finalmente viva, rinata per accogliere i giovani del mondo e diventare culla di un futuro nuovo.

All’interno della torta, un viaggio nel gusto che riflette l’armonia dell’anima: Pan di Spagna soffice, bagnato con bagna alle fragole aromatizzato con crema di limoncello, Chantilly all’italiana con panna e crema pasticcera alla vaniglia e fragole fresche, Bignè ripieni di chantilly alla vaniglia e gelée di fragole. Sulla torta, gelée di fragole, chantilly francese (panna e vaniglia).

Il risultato è una struttura esterna ispirata alla Saint-Honoré, con bignè rossi e craquelin. Oltre 50 kg di torta, preparata per essere condivisa con più di 500 volontari e pellegrini: un gesto concreto, collettivo. Un dono, come la fede.

Con questa opera, Federico Prodon conferma la sua vicinanza profonda al mondo della spiritualità. Non è nuovo a questo tipo di creazioni dal valore simbolico: sua è anche la celebre Mont Blanc realizzata in occasione dei 10 anni di pontificato di Papa Francesco, un dolce pensato con la forma della cupola di San Pietro e della Domus Sanctae Marthae. È un percorso coerente, silenzioso ma potente, fatto di scelte che parlano di rispetto, di ascolto, di servizio. Prodon non cerca visibilità: cerca verità. E la trova dove la materia incontra lo spirito, dove la dolcezza diventa linguaggio di speranza.

La torta montata alla Vela di Calatrava in diretta ci ricorda che anche nel nostro tempo c’è spazio per la bellezza disinteressata, per la generosità d’animo, per un sole bianco che ci indichi la strada.

Unicredit con Forno Bonomi

Unicredit supporta il riassetto societario e i piani di crescita di Bonomi spa.Dalla banca risorse finanziarie per 18 milioni di euro a sostegno del family buy out che ridefinisce la governance dell’azienda dolciaria veronese Forno Bonomi e il supporto agli investimenti per implementare la crescita della capacità produttiva.

UniCredit sostiene i piani di sviluppo di Bonomi Spa, storica azienda dolciaria veronese, nata nel 1850 e di proprietà della famiglia Bonomi, specializzata nella produzione di sfogliatine, frolle al burro, amaretti, Tortafrolla a marchio Forno Bonomi e maggior produttore al mondo di savoiardi.

Più nello specifico la nuova linea di credito da 18 milioni di euro strutturata dalla banca andrà a supportare, da una parte, il riassetto societario della holding di controllo del gruppo, con l’uscita del ramo familiare afferente a Dario Bonomi e il passaggio della partecipazione ai figli dei fratelli Renato e Fausto.

Parallelamente i fondi ottenuti andranno a finanziare la costruzione di una nuova linea produttiva per far fronte alla crescente domanda di savoiardi, in particolar modo sui mercati esteri, con un peso dell’export pari al 70% del suo fatturato.

Forno Bonomi ha chiuso il 2024 con un fatturato di 80 milioni, occupa 220 dipendenti, di cui il 90% locali, producendo ogni giorno 900 quintali di prodotto finito, grazie a un ciclo produttivo continuo, alimentato da fonti 100% rinnovabili e totalmente automatizzato.

“Un’operazione importante per la nostra azienda”, affermano Fausto e Renato Bonomi, Presidente e AD di Forno Bonomi, “che consente alla nostra famiglia di continuare a pensare in grande e costruire un nuovo futuro che punta all’espansione internazionale e una crescente affermazione sul mercato italiano, a beneficio dei nostri dipendenti e di tutte le aziende locali di filiera che lavorano con noi da sempre, contribuendo all’eccellenza delle nostre specialità veronesi, amate oggi in tutto il mondo”.

Commenta Francesco Iannella, Regional Manager Nord Est di UniCredit: “Con questa operazione dall’alto valore simbolico andiamo a sostenere i piani di sviluppo di un marchio di eccellenza e qualità del Made in Italy nel mondo. Una storica realtà imprenditoriale che ha saputo innovarsi senza perdere mai il contatto con il proprio territorio d’appartenenza, in un percorso virtuoso che noi di UniCredit cerchiamo di replicare, nei fatti, con la nostra attività quotidiana a favore delle comunità in cui operiamo”.

Forno Bonomi, di Roverè Veronese sull’altopiano dei Monti Lessini, è una family company e vanta il primato mondiale nella produzione del savoiardo. Forno Bonomi occupa 220 dipendenti, di cui il 90% locali, producendo ogni giorno 900 quintali di prodotto finito, grazie a un ciclo produttivo continuo, alimentato da fonti 100% rinnovabili e totalmente automatizzato. Su un fatturato di 80 milioni di euro (2024), la quota export mondiale è del 60%.

Sigep World 2026: tutte le novità in arrivo

La manifestazione di Italian Exhibition Group torna alla Fiera di Rimini dal 16 al 20 gennaio 2026, con una strategia mirata all’attrazione di top buyer esteri. Il gelato entra nei menu globali con “Gelato Meets Chains”, mentre la filiera pizza si consolida con “Pizza (R) evolution” accanto alle altre filiere.

Crescita costante e respiro internazionale: Sigep World non è solo una fiera B2B. È il punto d’incontro per chi fa business, anticipa i trend e costruisce il futuro del foodservice d’eccellenza.

Si apre il percorso verso Sigep World 2026 – The World Expo for Foodservice Excellence firmato Italian Exhibition Group: l’appuntamento internazionale con il meglio di gelato, pasticceria, cioccolato, caffè, panificazione e pizza tornerà alla Fiera di Rimini dal 16 al 20 gennaio con una nuova agenda di apertura, da venerdì a martedì. Nel 2025 la fiera ha ospitato in 30 padiglioni 1.300 brand espositori da 33 Paesi accogliendo una platea di operatori professionali da ben 160 nazioni.

Per il 2026 viene ulteriormente rafforzata la strategia di internazionalizzazione, con un focus sull’ingaggio di grandi catene globali e buyer ad alto potenziale e una strategia pensata per attrarre i grandi decision maker del settore. Si parte da Madrid dove il 6 novembre, nell’Ambasciata d’Italia, andrà in scena il roadshow Sigep World rivolto alla business community spagnola del foodservice.

Protagonista sarà poi l’India, Guest Country dell’edizione 2026: una qualificata delegazione di buyer, media e rappresentanti istituzionali prenderà parte alla manifestazione, contribuendo a sviluppare relazioni strategiche con l’intera filiera espositiva.

Il gelato diventa protagonista di un progetto strategico: Gelato Meets Chains. Prima della fiera, buyer selezionati parteciperanno a webinar e incontri digitali per conoscere le opportunità del gelato nel foodservice moderno. Dopo il debutto della filiera della pizza a Sigep World 2025, il comparto tornerà al centro della scena nell’edi-

zione 2026 con Pizza (R)evolution, progetto capace di raccontare nuove sinergie tra ingredienti, tecnologie e format di consumo.

Tra le novità più stimolanti dell’edizione 2026 spicca un’attenzione speciale al mondo dell’hôtellerie di alta gamma e al bar del futuro. Nasce così la Luxury Hotel Food Experience, un progetto che mette in scena l’eccellenza del tableware, un’esperienza pensata per creare un dialogo diretto con i top buyer delle più importanti catene alberghiere internazionali.

Sigep World 2026 riporta in scena due appuntamenti che richiamano l’attenzione della business community internazionale: la Gelato World Cup, l’unica competizione al mondo che mette in gara i migliori maestri gelatieri e la Juniores Pastry World Cup, dove le giovani promesse della pasticceria si confrontano in una gara che unisce formazione, passione e visibilità globale.

Fonte: Mind the Pop

Ar.pa Lieviti bontà al cucchiaio

Ideali per il mondo professionale ma perfetti anche a casa, i preparati Ar.pa Lieviti per il budino alla vaniglia o al cacao garantiscono velocità nella preparazione, una consistenza perfetta e un gusto inconfondibile, grazie alla particolare formulazione.

Ar.pa Lieviti, azienda emiliana con lunga esperienza nella produzione di lieviti e preparati per dolci e salati, propone nella propria gamma-dessert due prodotti pensati per offrire praticità senza rinunciare al gusto: il Preparato per Budino Dessert al Cioccolato e il Preparato per Budino Dessert alla Vaniglia. Entrambe le referenze sono studiate per garantire risultati eccellenti in pochi minuti. Con la semplice aggiunta di mezzo litro di latte per ogni bustina si ottengono infatti quattro porzioni di budino cremoso e dal sapore au-

tentico. Il procedimento è rapido e intuitivo: è sufficiente versare il contenuto della busta in un pentolino, unire il latte freddo, mescolare fino a ottenere un composto omogeneo e portare a bollore per circa tre minuti. Dopo il raffreddamento in frigorifero, il dessert è pronto da servire.

Il preparato al cioccolato si distingue per l’intensità del gusto, grazie alla presenza di cacao in polvere di alta qualità, perfetto per chi cerca una coccola golosa e avvolgente. Il cacao 22/24 utilizzato dall’azienda infatti è a bassa acidità e contiene burro di cacao, ideale per essere gustato al naturale o con una spolverata di cocco rapè o granella di nocciola in superficie. La variante alla vaniglia, invece, conquista con la sua delicatezza e la consistenza vellutata, ideale sia da gustare al naturale che da arricchire con frutta fresca, caramello (per esempio quello di Ar.pa Lieviti già pronto per l’uso nell’apposito flacone dosatore) oppure liquori.

Entrambe le varianti sono confezionate in pratici astucci da dieci buste doppie (85 g l’una) oppure in cartone da 10 sacchetti da 1 kg, e sono pensate sia per l’uso professionale ma anche per chi, in ambito domestico, desidera realizzare dolci al cucchiaio in modo semplice e veloce.

Senza glutine, come tutti i prodotti Ar.pa, anche questi budini nascono all’interno di uno stabilimento certificato ISO 9001:2015, a garanzia di alti standard qualitativi, sicurezza alimentare e tracciabilità. La preparazione artigianale con ingredienti di alta qualità e la varietà nei formati di confezione, incontrano tutte le esigenze di consumo: da quello domestico ai professionisti dell’Horeca, passando per industria, GDO e rivendita specializzata.

Fabio Tuccillo celebra il cioccolato

Il Bakery chef celebra la Giornata Mondiale del Cioccolato, lo scorso 7 luglio, data in cui nel 1847 ‘’nacque’ la tavoletta di cioccolato, con i suoi bomboloni e la ricetta da un milione e mezzo di visualizzazioni e svela i segreti per preparare un impasto per la graffa morbidissimo.

In occasione della Giornata Mondiale del Cioccolato, che ricorre il 7 luglio, il Bakery Chef Fabio Tuccillo svela una delle sue specialità più amate: i bomboloni, ripieni di crema spalmabile al cioccolato e nocciole. Questo dolce, un vero e proprio peccato di gola, simbolo di spensieratezza e vacanza, è l’ideale per una colazione estiva, una merenda da spiaggia o una dolce conclusione delle serate calde.

Fabio Tuccillo ha deciso di onorare la storica data in cui nel 1847 Joseph Fry ideò le tavolette di cioccolato, portando i suoi bomboloni ad un nuovo livello di golosità. "La mia proposta per questa giornata speciale è pensata per esaltare il cioccolato, che unisce tutti in un momento di piacere”, afferma Tuccillo. “I nostri bomboloni non sono solo dolci, ma un'esperienza sensoriale che invita a gustare ogni morso".

La ricetta di partenza è quella delle graffe morbidissime del Bakery chef, che ha spopolato sui social con oltre un milione e mezzo di visualizzazioni, sul suo seguitissimo profilo Tik Tok. Il segreto dello chef? Spolverare leggermente le graffe di zucchero con le mani pulite ed asciutte, per una glassatura leggera e senza grumi.

Nella trasformazione delle graffe in bomboloni il Bakery chef mostra tutta la sua creatività, introducendo ingredienti come farina Manitoba, panna, vanillina, limone e arancia grattugiati e creando un impasto alveolato e spumoso. Una volta cotti, i bomboloni vengono poi farciti con la Tuccitella, una crema spalmabile al cacao e nocciole realizzata dallo chef stesso, senza grassi idrogenati e con almeno il 15% di nocciole tostate, con una consistenza morbida e vellutata, perfetta per la farcitura.

La Giornata Mondiale del Cioccolato diventa così l’occasione perfetta per concedersi un attimo di dolcezza e festeggiare il piacere del buon cioccolato, assaporando una delizia unica, disponibile nel punto vendita Tuccillo

Bakery.

Il Bakery chef Fabio Tuccillo è titolare della Tuccillo Bakery, che gestisce insieme a suo fratello Gianfranco, socio dell’attività e ideatore del progetto insieme al padre Antonio. Sono in particolare i lievitati a consolidare il successo del Bakery Chef Tuccillo che nel 2021 ha vinto la medaglia d’argento al concorso Miglior Colomba d'Italia FIPGC Federazione Internazionale di Pasticceria

Gelateria Cioccolateria, nel 2022 si è classificato tra i finalisti della Coppa del Mondo del Panettone, il concorso internazionale ideato dai Maestri Giuseppe Piffaretti, Pierpaolo Magni ed Angelo Musolino e nel 2024 al quarto posto, per la categoria Miglior Pandoro Artigianale, all’ottava edizione di Mastro Panettone, concorso organizzato da Goloasi.

Fonte: Brandmaker

Ciambella morbida

Ingredienti

Farina tipo 1 kg 1

Zucchero semolato g 400

Burro a pezzi g 300

Yogurt magro naturale g 150

Latte freddo g 200

9 uova (5 intere 4 tuorli)

Amido di mais g 50

Lievito in polvere per dolci g 40

Scorza di 1 limone grattugiata

Sale g 3

Vaniglia g 3

Aroma limone concentrato 4-5 gocce

Farcitura: marmellata di albicocche

Procedimento

Con planetaria e utensile a gancio lavorare per circa 10 minuti totali, 7-8 in prima velocità e 1-2 in seconda velocità. È necessario far attenzione a non scaldare il composto, e a impastare bene ma non arrivando mai ad avere una crema liquida: il composto dovrà rimanere abbastanza sostenuto, ma comunque morbido. Iniziare l’impasto unendo uova, zucchero, yogurt magro e i primi 120 grammi di latte. Dopo 3-4 minuti continuare ad aggiungere lentamente il latte restante a filo, operazione da effettuare sempre a più riprese (al fine di tenere sotto controllo la consistenza dell’impasto) e tutto il sale.

Iniziare ad aggiungere la farina precedentemente amalgamata con l’amido di mais e il lievito in polvere (operazione da effettuare sempre con delicatezza, come le aggiunte del latte, così facendo tutti gli ingredienti principali si incorporeranno bene e in modo uniforme). Verso la fine della fase di impasto, aggiungere la vaniglia, la scorza di limone grattugiato, e il concentrato di aroma al limone in gocce. formatura.

Dopo 5 minuti dalla fine dell’impasto, disporre il composto in maniera ordinata negli stampi precedentemente foderati con la carta da forno (oppure unti ed infarinati accuratamente), aiutandosi con la sac-à-poche con bocchetta larga e depositando uno strato di composto di circa 2 cm. Aiutandosi con una seconda sac-à-poche distribuire abbondantemente la marmellata su tutta l’area dello stampo, rimanendo sempre leggermente distanti dalla circonferenza. Terminata questa operazione, effettuare la copertura della ciambella utilizzando la prima sac-à-poche carica del composto. Cuocere in forno elettrico a 180°C regolando la camera di cottura con intensità 15% di piastra e 40% di cielo per 38 minuti (tempo variabile sempre in base alle pezzature effettuate), di cui gli ultimi 3-4 con valvola aperta. decorazione. Prima della cottura, spennellare con grande delicatezza la superficie con una miscela di battuto di uova e guarnire con zucchero in polvere.

II Canelés de Bordeaux

I Canelés de Bordeaux sono una vera e propria icona della pasticceria francese, piccoli gioielli di dolcezza e consistenza che racchiudono in sé una storia affascinante. Questi dolcetti, a forma di piccolo cilindro scanalato, sono noti per il loro contrasto unico: una crosta esterna scura, spessa e croccante, che nasconde un interno morbido, umido e quasi budinoso, dal sapore inconfondibile di vaniglia e rum.

Le origini del Canelé (o Canelé, secondo l'ortografia tradizionale) si perdono nei secoli, ma la loro nascita è strettamente legata alla città di Bordeaux. La leggenda narra che siano stati creati dalle suore del convento dell'Annunciazione nel XVII o XVIII secolo. A quel tempo, i facchini del porto di Bordeaux, i dockers, trasportavano merci da tutto il mondo, tra cui la vaniglia e il rum. Poiché i mercanti che chiarificavano il vino bianco usavano gli albumi d'uovo, i tuorli venivano spesso scartati. Le suore li raccoglievano per creare questi dolcetti, in un atto di carità e ingegnosità. La ricetta originale, tuttavia, differisce da quella attuale.

La forma scanalata è un tratto distintivo. Le prime versioni erano cotte in stampi di rame, che ancora oggi sono considerati i migliori per ottenere la caratteristica crosta caramellata e la forma perfetta. Nonostante un periodo di quasi oblio nel XX secolo, il Canelé ha vissuto una rinascita negli anni '80, diventando un simbolo della città di Bordeaux e una prelibatezza amata in tutta la Francia e nel mondo.

Ingredienti

Latte intero ml 500

Burro g 50

Farina g 125

Zucchero g 250

Uova intere 2 + 2 tuorli

Rum scuro ml 50-60

1 baccello di vaniglia Bourbon

Un pizzico di sale

Procedimento

Scaldare il latte in un pentolino con il burro.

Tagliare il baccello di vaniglia a metà, raschiare i semi e aggiungere sia i semi che il baccello al latte, portare il composto quasi a ebollizione, poi togliere dal fuoco e lasciar raffreddare completamente per far infondere la vaniglia. In una ciotola, mescolare la farina con lo zucchero e il sale e in una seconda ciotola, sbattere le uova intere e i tuorli.

Unire il composto di uova alla farina e mescolare con una frusta fino a ottenere una pastella liscia.

Rimuovere il baccello di vaniglia dal latte e versare il latte a filo nella pastella, mescolando continuamente, aggiungere il rum e amalgamare bene.

Coprire la ciotola e far riposare in frigorifero per almeno 12 ore. Questo passaggio è fondamentale per la riuscita del dolce

Preriscaldare il forno a 230°C. Imburrare con cura e infarinare gli stampi per canelés, riempiendoli per circa tre quarti.

Infornare per 10-15 minuti a 230° quindi abbassare la temperatura del forno a 180°C e proseguire la cottura per altri 45-55 minuti.

Controllare che i canelés abbiano una crosta ben scura e croccante.

Sfornare e, dopo pochi minuti, capovolgere gli stampi per sformarli e far raffreddare su una griglia.

I Canelés sono migliori se gustati il giorno stesso, quando la loro crosta è al massimo della sua croccantezza.

Pasticceria in evoluzione

Con un valore economico complessivo stimato intorno ai 9,5 miliardi di euro, il settore è un asse portante dell'economia di prossimità e del patrimonio culturale italiano. La sua forza risiede nella straordinaria varietà dell'offerta. Tuttavia, il mercato è in continua evoluzione e impone un'attenzione costante alle nuove abitudini di consumo.

Il settore della pasticceria e gelateria in Italia non è semplicemente un comparto economico, ma un vero e proprio simbolo culturale, un pilastro dell'eccellenza del made in Italy che accompagna la vita quotidiana e le celebrazioni degli italiani. Oggi, questo mondo di tradizione e sapore sta attraversando una fase di profonda trasformazione, stretta tra le difficoltà economiche e la necessità di innovarsi. La concorrenza aggressiva di bar e grande distribuzione, unita a sfide gestionali interne, impone una riflessione sul futuro di queste attività, a partire da un approccio più strategico e moderno al marketing.

I numeri ufficiali, elaborati da Confartigianato Imprese, delineano un quadro solido e capillare: in Italia sono attive 17.514 imprese artigiane specializzate in pasticceria e gelateria, un tessuto produttivo che garantisce occupazione a circa 65.000 addetti, tra maestri pasticceri, banconisti e apprendisti. Questo segmento rappresenta una quota significativa, pari al 20,2%, delle 86.000 im-

prese dell'artigianato alimentare nazionale, e incide per l'1,3% sul totale dell'artigianato italiano. Un dato sociologico particolarmente interessante è la spiccata vocazione all'imprenditorialità femminile: ben un terzo delle attività (33,0%) è guidato da donne, una percentuale che supera di quasi 11 punti la media nazionale (22,6%), testimoniando un settore dove competenza e passione femminile trovano terreno fertile.

La distribuzione geografica di queste imprese riflette la ricchezza e la diversità delle tradizioni dolciarie regionali. La Lombardia si conferma la regione con la maggiore densità, contando 2.266 imprese, dove il panettone regna sovrano. Segue a ruota la Sicilia con 1.803 attività, patria della cassata e del cannolo, e la Campania con 1.694 imprese, celebre per il babà e la pastiera. Anche il Veneto, con 1.482 botteghe, e l'Emilia-Romagna, con 1.408, dimostrano una presenza robusta e radicata. Analizzando le province, le grandi aree metropolitane guidano la classifica: Roma ospita 888 attività, Napoli ne

conta 794 e Torino 695.

Con un valore economico complessivo stimato intorno ai 9,5 miliardi di euro, il settore è un asse portante dell'economia di prossimità e del patrimonio culturale italiano. La sua forza risiede nella straordinaria varietà dell'offerta. Accanto alle piccole botteghe a conduzione familiare, che custodiscono ricette tramandate da generazioni, convivono realtà più strutturate e grandi aziende industriali. Tuttavia, il mercato è in continua evoluzione e impone un'attenzione costante alle nuove abitudini di consumo. Da un lato, cresce la domanda di prodotti salutistici: molte pasticcerie hanno intelligentemente ampliato la loro gamma con dolci senza glutine, senza lattosio, vegani o a ridotto contenuto di zuccheri. Dall'altro, si afferma una tendenza verso l'indulgenza di lusso, con consumatori disposti a spendere di più per un prodotto eccezionale, realizzato con materie prime di altissima qualità e presentato in modo impeccabile. Le sfide attuali, però, mettono a dura prova la resilienza di questi artigiani. Dati recenti della FIPE (Federazione

Italiana Pubblici Esercizi) sono preoccupanti: la vita media di una pasticceria in Italia è di appena cinque anni. La stessa ricerca evidenzia che l'87% delle attività avverte l'urgenza di dotarsi di nuovi strumenti per rispondere efficacemente alle mutate esigenze del pubblico. La liberalizzazione del mercato ha esposto le botteghe tradizionali a una competizione serrata. La principale minaccia proviene dall'aumento dei costi operativi. L'impennata dei prezzi delle materie prime essenziali – con rincari che hanno superato il 30-40% per burro, zucchero, uova e cioccolato – insieme al caro bollette per l'energia e agli oneri crescenti per il personale qualificato, sta erodendo i margini di profitto, costringendo molti a scelte difficili come aumentare i prezzi al pubblico o, peggio, ridurre la qualità degli ingredienti. A questo si aggiunge la difficoltà, sempre più sentita, nel reperire personale specializzato. In questo scenario complesso, la qualità del prodotto, pur rimanendo un prerequisito fondamentale, non è più l'unica variabile per il successo. Diventa cruciale la capacità di valorizzare la propria offerta attraverso un marketing efficace. Per molte realtà artigianali, spesso a gestione familiare, questo rappresenta un ostacolo culturale. Il marketing viene ancora percepito come un costo superfluo o un'attività estranea alla propria identità artigiana, piuttosto che come un investimento strategico per la crescita. Senza una comunicazione adeguata, anche la creazione migliore rischia di rimanere sconosciuta al grande pubblico.

Il pasticcere del nuovo millennio deve quindi indossare i panni dell'imprenditore. Ciò significa non solo eccellere nell'arte dolciaria, ma anche sviluppare competenze manageriali. È necessario definire un'identità chiara e distintiva (il "brand"), curare la propria presenza digitale con immagini accattivanti sui social media e un sito web funzionale, e trasformare il punto vendita in un'esperienza memorabile per il cliente. La chiave per prosperare non è più solo creare dolci buoni, ma realizzare prodotti unici, che raccontino una storia e si posizionino in modo chiaro e desiderabile nella mente dei consumatori.

L'artigiano che saprà unire la sapienza della tradizione con gli strumenti dell'innovazione, sia nel laboratorio che nella strategia di vendita, sarà quello che vincerà le sfide del futuro.

Prezzi, sos speculazioni sul grano

Sos speculazioni sul grano che viene pagato agli agricoltori quasi venti euro in meno a tonnellata rispetto allo scorso anno nonostante una produzione sotto la media, con l’Ismea che ha confermato le previsioni fatte da Coldiretti e Cai – Consorzi Agrari d’Italia a inizio trebbiatura.

La campagna frumentifera ha portato un raccolto atteso di circa 3,7 milioni di tonnellate con una quantità nettamente inferiore rispetto alle stime ottimistiche diffuse da industriali e realtà ad essi collegate.

La provincia di Foggia, che detiene il primato nazionale per superficie coltivata a cereali e contribuisce con circa il 20% alla produzione italiana di grano duro, è tra le aree che hanno registrato i risultati più deludenti. Le condizioni di siccità hanno infatti determinato un calo produttivo di almeno il 20% rispetto al consueto potenziale.

Nonostante risultati al di sotto delle aspettative, i prezzi pagati agli agricoltori restano bassi, con le quotazioni del grano duro che a luglio hanno perso un altro 6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e 15% rispetto a febbraio 2025, secondo l’analisi Coldiretti su dati Ismea relativi alla borsa di Foggia, punto di riferimento per i prezzi dei cereali.

Dall’altra parte i costi di produzione aumentano e a tali

condizioni si mettono a rischio le prossime semine autunnali del grano. A pesare è ancora una volta il fenomeno delle importazioni selvagge, con i primi quattro mesi del 2025 che hanno visto un incremento degli arrivi del 28%, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat, con l’effetto di far crollare il prezzo di quello nazionale. Le importazioni di grano canadese sono addirittura raddoppiate nello stesso periodo rispetto alla campagna commerciale precedente. Dall’estero grano trattato con sostanze vietate in Europa

Si tratta di una vera e propria invasione, che conferma un trend ormai consolidato: negli ultimi anni diversi Paesi, dal Canada alla Turchia fino alla Russia, si sono alternati nell’inondare il mercato italiano di grano. Gli arrivi aumentano proprio in prossimità del periodo di raccolta nazionale, contribuendo al crollo dei prezzi. Tutti questi fattori hanno generato un sos perr possibili speculazioni sul grano che viene pagato agli agricoltori quasi venti euro in meno a tonnellata rispetto allo scorso anno nonostante la produzione sotto la media, con l’Ismea che ha confermato le previsioni fatte da Coldiretti e Cai – Consorzi Agrari d’Italia a inizio trebbiatura.

Fonte: Coldiretti

Cacio e pepe all’estero

Più di un turista italiano su due (51%) che ha viaggiato all’estero nell’ultimo anno si è imbattuto in versioni distorte delle ricette italiane più famose, preparate con ingredienti sbagliati o addirittura falsificati. È quanto emerge da un’indagine Coldiretti/Ixè, diffusa in seguito al caso della cacio e pepe “fake” realizzata dalla BBC.

La cacio e pepe modificata dalla TV britannica è solo l’ultimo episodio di una lunga serie di stravolgimenti delle ricette italiane. Tra le vittime più note c’è la carbonara: in Belgio si usa la panna al posto del pecorino, nei paesi anglosassoni il guanciale viene sostituito con il bacon, mentre in Francia, circa dieci anni fa, un video di una versione “creativa” della carbonara ha dato vita al famoso “carbonara gate”.

Negli Stati Uniti, spesso si utilizza il “Romano cheese” – prodotto con latte di mucca – invece del vero Pecorino Romano, fatto con latte di pecora. Una tendenza che potrebbe crescere ulteriormente a causa dei dazi imposti dall’amministrazione Trump. La ridotta presenza di prodotti autentici italiani sugli scaffali internazionali favorisce l’industria del falso, già stimata in un giro d’affari di 40 miliardi di euro.

Secondo Coldiretti, tra le ricette più spesso alterate spiccano:

Pesto: proposto con noci, mandorle o pistacchi invece dei pinoli, e formaggi generici al posto del Parmigiano Reggiano o del Pecorino Romano.

Cotoletta alla milanese: spesso preparata con carne di pollo o maiale, e fritta in olio di semi, anziché con vitello, uova, pangrattato grosso e burro chiarificato.

Caprese: servita con formaggi industriali al posto della mozzarella di bufala o del fiordilatte.

Pasta alla Norma: frequentemente priva della tradizionale ricotta salata.

Tiramisù: realizzato con ingredienti lontani dalla ricetta originale a base di savoiardi e mascarpone.

Un caso a parte è rappresentato dagli spaghetti alla Bolognese, un piatto praticamente sconosciuto nella tradizione gastronomica italiana ma molto popolare all’estero, specialmente nel Regno Unito e nei ristoranti turistici in Italia. Negli Stati Uniti, invece, è diffusa la “Pasta with Meatballs”, ovvero pasta con polpette, anch’essa lontana dalle vere ricette regionali italiane.

La confusione sulle ricette autentiche alimenta la diffusione di prodotti contraffatti, danneggiando non solo l’immagine dell’Italia, ma anche l’intera economia agroalimentare nazionale. Secondo Coldiretti, fermare la falsificazione dei prodotti italiani potrebbe triplicare le esportazioni. La diffusione di piatti “sbagliati” nel mondo apre le porte all’agropirateria, un fenomeno in forte crescita, con un valore stimato di 120 miliardi di euro.

La pasta è sempre la pasta

Consumi in crescita e nuovi trend per la pasta secca, fresca e ripiena. Indirizzo dei processi di innovazione di prodotto nel settore. L’analisi della rivista Mark Up basata sui dati diffusi, tra gli altri, da Unione Italiana Food, mostrano un consumo individuale superiore ai 23 kg/ anno.

La pasta è da sempre uno degli alimenti simbolo dell'Italia, pilastro della dieta mediterranea e prodotto chiave per godo e horeca. Secondo i dati di Unione Italiana Food, nel 2023 il consumo pro capite di pasta in Italia è stato di circa 23,5 kg annui, con una preferenza ancora netta per la pasta secca (75% del mercato), seguita dalla fresca (15%) e dalla ripiena (10%). Tuttavia, l’innovazione sta ridisegnando il settore, spingendo sempre più consumatori verso varianti premium, biologiche e a base di ingredienti alternativi.

Se la pasta secca è il simbolo della praticità e dell'export (il 60% della produzione italiana finisce all'estero – fonte Aidepi/Associazione dei produttori di dolci e pasta), la pasta fresca e ripiena rappresenta un legame più territoriale e artigianale. Attualmente le richieste dei consumatori, attenti alla salute e alla sostenibilità, stanno indirizzando i processi di innovazione di prodotto nel settore della pasta.

Anche le ricerche di mercato evidenziano una crescente attenzione per la pasta funzionale (arricchita cioè con fibre, Omega-3 o ingredienti superfood), per intercettare un pubblico sempre più orientato al benessere. La pasta diventa quindi un prodotto ibrido: da comfort food ad alleato della salute, senza perdere il suo valore simbolico e gustativo.

L’innovazione, oltre che nel prodotto, si riscontra anche nella filiera produttiva: sempre più aziende, infatti, investono in packaging compostabili, riduzione dell’uso di acqua ed energia, e tracciabilità delle materie prime attraverso il blockchain. Per il canale Horeca, invece, la domanda si concentra su formati innovativi e soluzioni premium, con un’attenzione particolare alla pasta fresca e ripiena, sempre più valorizzata nelle cucine dei ristoranti.

Le grandi marche dei produttori artigianali puntano su narrazioni autentiche, che raccontano il territorio e i metodi di lavorazione, mentre la sostenibilità (packaging riciclabili, filiere controllate, certificazioni bio) è ormai un must per conquistare il consumatore moderno. Non

mancano iniziative di gamification e digital engagement: dai social ai chatbot per consigliare ricette su misura, fino alle collaborazioni con chef e influencer che rendono la pasta sempre più protagonista, sia nel piatto che nella comunicazione.

In questo scenario, la pasta continua ad essere un punto fermo della cultura gastronomica italiana, ma il modo di produrla, venderla e comunicarla è in continua evoluzione.

La gdo gioca un ruolo centrale nel determinare le tendenze di consumo della pasta in Italia. Negli ultimi anni, gli scaffali dei supermercati si sono arricchiti con

referenze sempre più diversificate: oltre alla classica pasta di semola, si è registrata una crescita delle vendite di pasta biologica (+8%), senza glutine (+12%) e di varietà a base di legumi (+15%) (dati NielsenIQ 2023). Le marche private delle insegne Gdo stanno contribuendo a questa espansione, puntando su prodotti premium e sostenibili, rispondendo così alla crescente richiesta di qualità e benessere da parte dei consumatori. Anche il canale horeca sta innovando l’offerta, con un'attenzione crescente alla pasta fresca e ripiena di alta qualità, spesso legata al territorio e prodotta con ingredienti Dop e Igp. Il comparto della ristorazione collettiva e commerciale è sempre più orientato a proposte gourmet, con formati speciali e ricette che valorizzano la tradizione locale, adattandosi però alle nuove esigenze

nutrizionali, come il ridotto contenuto di carboidrati o l’aumento delle proteine vegetali.

La filiera della pasta sta accelerando il proprio percorso verso la sostenibilità. Molti pastifici hanno investito in sistemi produttivi a basso impatto ambientale, e che immettono sul mercato referenze che rispecchiano anche nel packaging il rispetto per l’ambiente.

Un esempio è il progetto “Filiera Grano Duro 100% Italiano”, promosso da diverse aziende per garantire la tracciabilità e la qualità del prodotto finito, sostenendo gli agricoltori locali.

Inoltre, le nuove tecnologie stanno trasformando il settore. Un esempio è la blockchain (il meccanismo di database avanzato che permette la condivisione trasparente di informazioni) che permette di certificare l’origine delle materie prime, mentre la stampa 3D alimentare permette di sperimentare formati di pasta personalizzati.

Pur essendo un prodotto dalla tradizione secolare, il mercato della pasta italiana è in continua evoluzione. Per la gdo, la sfida sarà probabilmente quella di mantenere alta la qualità e diversificare l’offerta con proposte sempre più orientate al benessere e alla sostenibilità. Per l’Horeca, invece, la chiave sarà valorizzare la pasta fresca e ripiena attraverso proposte gastronomiche originali e ingredienti di eccellenza.

L’Italia è il primo produttore ed esportatore mondiale di pasta. Nel 2023, secondo ICE e ISMEA, il nostro Paese ha esportato oltre 2,4 milioni di tonnellate di pasta, con un valore superiore ai 7,3 miliardi di euro, registrando una crescita del 6% rispetto all'anno precedente. Tra i mercati principali figurano Germania, Francia, Regno Unito e Stati Uniti, con un notevole incremento anche in Asia, soprattutto in Cina e Corea del Sud. La pasta italiana domina grazie alla qualità delle materie prime e a disciplinari produttivi rigorosi, che garantiscono un prodotto riconosciuto a livello globale.

Il Merano WineFestival numero 34

Dal 7 all’11 novembre, Merano WineFestival torna nel Kurhaus con la sua 34^ edizione in una fase di profondi cambiamenti che scuotono il mondo enogastronomico, tra calo dei consumi di vino, nuovi stili di vita, sfide ambientali e la necessità di competere sui mercati globali.

La 34ª edizione di Merano WineFestival, in scena dal 7 all’11 novembre, si conferma crocevia di visioni e lancia l’appello a produttori, esperti e stakeholder ad affrontare insieme le criticità ed elaborare soluzioni per riscrivere il presente e il futuro del comparto. A fronte del trend che vede il calo a livello mondiale dei consumi di vino, con il nuovo minimo storico di 21,4 miliardi di litri segnato nell’anno 2024 (secondo i dati dell’OIV) e della parallela crescita del segmento no-alcol e low-alcol, Merano WineFestival invita tutti gli attori del comparto enologico a guardare al futuro.

“Fin dal 1992 il nostro obiettivo non è mai stato quello di rincorrere le mode, ma di anticipare le trasformazioni che interessano il mondo del vino e del gusto”, afferma Helmuth Köcher, fondatore di Merano WineFestival, ricordandone la storia: “Nel 1997 abbiamo ampliato la nostra visione includendo una selezione delle eccellenze gastronomiche italiane, istituendo tre commissioni: una dedicata alle prelibatezze gastronomiche, una focalizzata su distillati e la terza mirata alle birre artigianali. Proprio da questa evoluzione sono nate le aree Culinaria, Beer Passion e Aquavitae, un passo fondamentale per valorizzare il dialogo tra vino e gastronomia. Nel 2005 con “bio&dynamica” abbiamo portato al centro dell’attenzione la viticoltura biologica e biodinamica, anticipando una sensibilità oggi sempre più diffusa. Dodici anni dopo, nel 2017, abbiamo puntato i riflettori sui vini no e low alcol, aprendo un confronto su un cambiamento culturale nei consumi, ad oggi estremamente attuale. Nel 2018 è stata la volta del cambiamento climatico, tema affrontato con un approccio

sempre più etico e orientato alla sostenibilità”. Prosegue Köcher: “Oggi più che mai, il mondo enogastronomico deve mettersi in discussione: se vuole evolversi, deve cambiare passo e affrontare con consapevolezza le sfide contemporanee, dai nuovi stili di consumo all’internazionalizzazione. Con lo sguardo rivolto al futuro, Merano WineFestival si conferma luogo di confronto e ispirazione per scrivere insieme la nuova era del vino e del cibo”. In risposta a un contesto sempre più complesso e competitivo, Merano WineFestival propone di valorizzare maggiormente il legame tra vino e territorio attraverso una mappatura che racconti in modo chiaro e distintivo l’identità dei vini italiani: “Solo rafforzando il legame tra prodotto e territorio e valorizzando le identità locali, il vino italiano potrà distinguersi su mercati sempre più affollati e frammentati”, spiega Köcher. “L’obiettivo è costruire una narrazione condivisa, che aiuti produttori,

buyer e consumatori a riconoscere nel vino non solo un prodotto, ma un’espressione autentica del territorio d’origine”. Tra le proposte, anche quella di valorizzare in etichetta con un’indicazione apposita i vini che provengono almeno per il 60% da viti storiche con più di 50 anni di età, per dare riconoscibilità e valore a un patrimonio ampelografico unico al mondo, che resiste anche di fronte ai cambiamenti climatici.

Confermato il format dell’evento in cinque giornate all’insegna della qualità con i migliori prodotti food, wine, beer e spirits selezionati da Helmuth Köcher e dalle commissioni della guida The WineHunter, e con un ricco programma di ospiti d’eccezione. Si parte con venerdì 7 novembre con TasteTerroir - bio&dynamica, giornata dedicata alla viticoltura biologica e biodinamica, ai vitigni Piwi, ai vini underwater e in anfora e, più in generale, a una visione etica e sostenibile dell’agricoltura. Da venerdì 7 a lunedì 10 novembre sarà protagonista la GourmetArena, con eccellenze food, spirits e birre artigianali accompagnate da una serie di live showcooking. Durante la serata inaugurale l’elegante Teatro Puccini accoglierà la cerimonia di premiazione dei WineHunter Award Platinum, seguita dalla premiazione delle WineHunter Stars, le personalità che, con la loro competenza e passione, danno luce al mondo enogastronomico. Tra sabato 8 e lunedì 10 va in scena The Festival, con produttori vitivinicoli italiani e internazionali. Martedì 11, con Catwalk Champagne&more, si chiude in bellezza con i migliori

metodo classico nazionali, internazionali e non solo. Dal 1996, Merano WineFestival ha dato spazio anche al mondo della gastronomia con una selezione dei migliori prodotti food provenienti da tutta Italia. Le commissioni The WineHunter Award operano tutto l’anno per individuare le eccellenze del gusto, attraverso degustazioni e valutazioni rigorose. Una commissione è interamente dedicata ai prodotti gastronomici, dai salumi ai formaggi, dai prodotti dolciari a quelli innovativi, un’altra seleziona i migliori distillati e la terza dedicata alla selezione delle birre artigianali italiane ed estere. Il risultato è una proposta gastronomica di altissimo livello che affianca il vino e ne arricchisce l’esperienza, creando un dialogo sensoriale tra territori, materie prime e artigianalità. I produttori presenti al Merano WineFestival sono selezionati da Helmuth Köcher insieme alle commissioni d’assaggio della guida The WineHunter. L’edizione 2025 della guida sarà disponibile online a partire dal 18 agosto, data in cui verranno svelati i WineHunter Award Rosso (punteggio tra 90 e 92.99/100) e Gold (tra 93 e 95.99/100) nelle quattro categorie: wine, food, spirits e beer. Per conoscere i vincitori del prestigioso WineHunter Award Platinum (sopra i 96/100), l’appuntamento è per la cerimonia ufficiale di premiazione in programma venerdì 7 novembre.

Fonte: Merano Wine Festival

La mixology è sempre più donna

Aperte le iscrizioni al “Premio Lady Amarena Italia 2025-2026”, che vede protagoniste le barladies provenienti da tutto il Paese e ne celebra lo stile, la creatività e la capacità di superare ostacoli e sfide di un settore – quello della mixology – dove la presenza maschile è ancora preponderante.

Al via il “Premio Lady Amarena Italia 2025” che inaugura l’ottava edizione del concorso internazionale “Lady Amarena International” nato nel 2015 in occasione del centenario di Amarena Fabbri. Ad annunciarlo ufficialmente, Carlotta Fabbri, in occasione di un incontro istituzionale con il Ministro Francesco Lollobrigida presso il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (MASAF) che ha visto protagoniste alcune aziende italiane d’eccellenza.

Come di consueto, in concomitanza con l’edizione italiana si svolgeranno quelle nazionali previste nei vari Paesi del Mondo, che incoroneranno le proprie “regine della miscelazione”, poi protagoniste della finale internazionale del 2026 prevista in Italia. Dalla sua nascita, il Premio Lady Amarena ha visto la partecipazione di centinaia di professioniste della mixology: solo 94 finaliste, provenienti da 24 Paesi, sono riuscite a conquistare un posto in finale, sfidandosi a colpi di ghiaccio e shaker.

“Il Premio Lady Amarena”, ha dichiarato Nicola Fabbri, AD dell’azienda e patron del concorso, “nasce con

l’intento di valorizzare la parità di genere e sostenere l'autonomia e la visibilità delle donne nel settore della mixology. Riconoscere i loro traguardi e dare risalto al loro contributo è il primo passo per superare gli stereotipi e mettere in discussione le convenzioni consolidate. Allo stesso tempo”, ha continuato Fabbri, “l’iniziativa promuove una cultura del bere consapevole, evidenziando l’importanza della qualità nella creazione di un cocktail d’eccellenza, alternativo agli eccessi ed espressione di una sensibilità tipicamente femminile”. Barladies e bariste professioniste potranno quindi caricare le loro ricette alcoliche o analcoliche realizzate con uno o più dei seguenti ingredienti: Gin Fabbri, Marendry Fabbri, Ratafià Fabbri, frutto e/o sciroppo Amarena Fabbri, sciroppo Fabbri Mixybar Amarena nella pagina online creata ad hoc https://en.fabbri1905.com/initiatives-and-awards/lady-amarena/lady-amarena.kl. Dieci le finaliste che saranno selezionate per ogni Paese partecipante e che concorreranno al titolo nella finale locale, dove una giuria sceglierà la migliore ricetta, proclaman-

do la vincitrice nazionale del Premio Lady Amarena. Novità importanti nell’edizione di quest’anno, a partire dalla finale (organizzata in collaborazione con AIBES - Associazione Italiana Barmen e Sostenitori), che si svolgerà a bordo di una nave Costa Crociere, in viaggio dal 26 al 30 ottobre (Genova, Barcellona, Marsiglia e ritorno): in diretta e in italiano, le aspiranti vincitrici dovranno dimostrare non solo la loro abilità nel miscelare, ma anche nel creare un racconto accattivante che accompagni la creazione del proprio signature drink. Un’altra grande novità riguarda i “premi speciali”: il “Premio Marendry”, il “Premio Gin Fabbri”, il “Premio Analcolico”, ai quali quest’anno si aggiungono il “Premio Ratafià Fabbri” e il “Premio Speciale Coffee Signature”. Quest’ultimo apre ufficialmente le porte del concorso al mondo della caffetteria e alle bariste in grado di interpretare in chiave originale e contemporanea la gamma Mixybar e Mixybar Plus, sottolineando la presenza e il successo sempre più rilevanti del caffè e, in generale, delle bevande low e no alcol nel mercato del beverage. Anche il premio intitolato al Ratafià, ultimo nato nella linea Premiata Distilleria Fabbri 1905, è una new entry di peso: in quello che l’azienda definisce un “vero e proprio elisir di Amarena Fabbri”, il succo purissimo del frutto si fonde con un pregiato Sangiovese Superiore Romagna DOP, creando un liquore unico nel suo genere, dall’aroma intenso, corposo e avvolgente.

Nel 2024, inoltre, è nata “The Lady Amarena Community”, uno spazio digitale di ispirazione e crescita, in cui barladies, bariste e bartender appassionati e talentuosi si incontrano e confrontano per migliorare le proprie competenze. L’obiettivo di questa comunità è quello di promuovere l’innovazione e la creatività nel settore della miscelazione e di dare visibilità internazionale a professioniste e professionisti di talento, valorizzandone le competenze e contribuendo a superare stereotipi e disparità ancora presenti nel mondo del bar. Per entrare a far parte della Community, è possibile compilare il form di iscrizione disponibile al seguente link: https://zfrmz.eu/ F5WYdr3cKxF8L57qr0Kn. L’ultima finale nazionale, tenutasi nel 2023, ha visto la partecipazione di 10 Ladies e incoronato la sarda Francesca Aste, con il cocktail “Bloved Martini” a base di Marendry Fabbri e Sciroppo Italiano Fabbri, dalla bassa gradazione alcolica. Le aspiranti “Lady Amarena Italia 2025” avranno tempo fino al 15 settembre per inviare le loro ricette corredate da video e foto e partecipare alla selezione, ad opera di un team dedicato Fabbri 1905, delle 10 finaliste.

Fonte: Lead Communication

Cuochi per un giorno, piccoli

Cucinarecoinvolgeicinquesensi,miglioraconcentrazione,manualitàeprecisione,arricchisce il vocabolario e allena al rispetto delle regole e alla pazienza, ecco perché vale la pena iniziare da bambini. Torna a ottobre “Cuochi per un giorno” (www.cuochiperungiorno.it), il Festival nazionale di cucina per bambini, un’occasione per tutti gli under 12.

Tredici anni, un grande successo: per il 2025 l’appuntamento con ‘Cuochi per un giorno’ è sabato 4 e domenica 5 ottobre a Modena, presso il club la Meridiana: una villa settecentesca e un parco secolare faranno da sfondo alle creazioni culinarie dei piccoli cuochi. Lo scorso anno oltre 7.000 partecipanti con grembiulino e cappello d’ordinanza hanno messo le mani in pasta per realizzare altrettante ricette, pensate apposta per loro. L’evento è ideato da Laura Scapinelli e dallo staff de “La Bottega di Merlino”, libreria per ragazzi e laboratori creativi di Modena.

Due giornate, decine di appuntamenti e laboratori in cui gli chef in erba potranno annusare, toccare, dosare, impastare, miscelare, modellare, cuocere e mettersi alla prova, imparando tante cose nuove. Non mancheranno vere e proprie lezioni di cucina con chef da tutta Italia, per incuriosire anche mamma e papà; tra i primi a rispondere alla chiamata del festival alcuni nomi dalla carriera stellata: Luca Marchini, chef del ristorante L’Erba del Re e Trattoria Al Re Gras di Modena e i pastry chef Ascanio Brozzetti della pasticceria Giotto di Padova, ideatore del progetto Soup Experience e Franco Aliberti, recentemente tornato nella sua Salerno; a loro si affiancano la chef modenese d’adozione Alessia Morabito, che ama definirsi “cuciniera”, Piergiorgio Siviero, chef del Ristorante Lazzaro 1915, Pontelongo (Padova) e Galileo Reposo, corporate pastry chef di D.ream International, azienda con sede a Londra specializzata nell'avvio e nella gestione di ristoranti in tutto il mondo. Ogni piccolo partecipante potrà cimentarsi in fantasiose ricette con la supervisione degli studenti dell’Istituto

alberghiero Spallanzani di Castelfranco Emilia, vivendo un’esperienza ludica ma allo stesso tempo formativa e con la possibilità di imparare le regole del mangiar sano. Inoltre, attraverso la loro partecipazione, i bambini aiutano altri bambini: parte del ricavato della manifestazione verrà infatti devoluto all’Associazione CuraRE Onlus, impegnata nella realizzazione del progetto Mire Maternità Infanzia Reggio Emilia. Charity partner del festival sono anche i clown di corsia dell’associazione Vip Modena Onlus (Viviamo in Positivo Modena Onlus), che portano il sorriso ai piccoli pazienti ricoverati in ospedale e incidono positivamente sui tempi di guarigione. I clown saranno anche al festival con il loro strano abbigliamento, il modo un po’ buffo di camminare e muoversi e la loro energia per strappare un sorriso a tutti i presenti.

Fonte: MediaMente

Tendenze latte

Italia al secondo posto tra gli esportatori mondiali di formaggi e latticini. Storico sorpasso su Paesi Bassi e Francia nel 2024. Record di oltre 5,4 miliardi di euro a fronte di 658 mila tonnellate di prodotto. In forte espansione le vendite verso USA e UK. Le esportazioni del comparto hanno continuato a crescere nel primo trimestre 2025.

Molto bene le esportazioni, i consumi interni e la dinamica dei prezzi all'origine, qualche segnale di rallentamento sul fronte produttivo. Sono queste, in estrema sintesi, le principali evidenze messe in luce dall'ultimo "Tendenze Latte" di Ismea, che analizza l'andamento del comparto lattiero-caseario nel primo scorcio del 2025. A livello europeo, nei primi quattro mesi del 2025 la produzione di latte vaccino ha registrato una contrazione dell'1% rispetto allo stesso periodo del 2024, con cali riscontrati in Germania, Francia, Paesi Bassi e Spagna. I prezzi alla stalla si mantengono elevati, con una media di 53 euro/100 kg a maggio (+15,4% su base annua).In Italia, dopo la crescita del 2024 (+1,9%), la produzione ha subito una flessione dell'1% nel primo quadrimestre 2025.

Nei primi cinque mesi del 2025 i prezzi del latte alla stalla sono aumentati mediamente del 16%, sostenuti dalla buona performance dei formaggi Dop come Grana

Padano e Parmigiano Reggiano, che hanno toccato a giugno rispettivamente 11 e 13,3 euro/kg (+14% e +21% rispetto a giugno 2024).Sul fronte del commercio estero, nel 2024 l'Italia si è resa protagonista di uno storico sorpasso divenendo il secondo esportatore mondiale in valore di formaggi e latticini, dietro Germania e avanti a Paesi Bassi e Francia, con un record di oltre 5,4 miliardi di euro a fronte di 658 mila tonnellate di prodotto. In forte espansione le vendite verso USA e Regno Unito. Le esportazioni del comparto hanno continuato a crescere nel primo trimestre 2025: +13,8% in valore e +3,4% in volume.

Anche i consumi domestici registrano segnali positivi: nel periodo gennaio-aprile 2025 la spesa delle famiglie per prodotti lattiero-caseari è aumentata del 7,7%, con una crescita nei volumi (+0,8%) trainata da formaggi (+4,1%) e yogurt (+5,4%), mentre prosegue il calo degli acquisti di latte alimentare.Riguardo alle prospettive, si rileva una maggiore fiducia tra gli allevatori, sostenuta dalla dinamica dei prezzi. Più cauta invece l'industria di trasformazione, che segnala un lieve calo degli ordini e preoccupazioni legate alla domanda estera e al contesto geopolitico.

Fonte: Ismea

Slow Food e i formaggi a latte crudo

Si sta costruendo una impalcatura di controlli costosissimi e difficili da sostenere da parte dei piccoli produttori artigianali. Puntiamo invece sulla formazione di produttori, allevatori e consumatori e sulla consapevolezza del valore delle produzioni a latte crudo.

All’indomani della pubblicazione delle linee guida da parte del Ministero della Salute per il controllo del rischio Stec (microrganismi patogeni capaci di produrre tossine di Shiga, responsabili di gravi forme di gastroenterite emorragica) nel latte crudo e nelle produzioni casearie, Slow Food Italia esprime preoccupazione per il futuro di molte aziende casearie italiane che producono formaggi a latte crudo. Le soluzioni individuate e consigliate dal Ministero prevedono controlli gravosi che vanno al di là delle possibilità economiche di molti produttori e sono spesso inattuabili per chi produce, in particolare, in alpeggio.

Slow Food Italia ha messo a punto un documento che prende posizione sul tema, consapevole della ricchezza incommensurabile che le produzioni a latte crudo rappresentano in termini di biodiversità, ecosistemi, razze animali, conoscenze e tradizioni, oltre che la loro importanza nella gestione ambientale delle aree interne già a rischio spopolamento. Il documento invita i decisori politici a valutare con attenzione e sensibilità le ragioni dei produttori artigianali a latte crudo che si sono sentiti chiamati in causa complessivamente, laddove le responsabilità sono da ricondurre a singole responsabilità. Questo documento chiede che sia difesa la dignità e il futuro dei formaggi a latte crudo e di tante economie montane, legate indissolubilmente alla conservazione dei territori, garantita dagli allevatori e dai produttori caseari. Siamo coscienti che l’Escherichia coli Stec può generare – in casi rarissimi – problemi gravi

ad alcune categorie di consumatori fragili, ma questo batterio si trova anche nelle carni crude, nei salumi, negli ortaggi, nelle farine, perfino nell’acqua che beviamo, eppure l’iniziativa del Ministero si concentra solo sui formaggi a latte crudo.

Gli stessi dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità al Centro Europeo di Controllo delle Malattie (Ecdc) mostrano come il numero dei casi di infezione da Stec riportato in Italia sia molto inferiore rispetto a quello di numerosi altri Paesi europei. Nel 2023 i casi di contaminazione da Stec accertati in Italia sono stati 96, pari a un’incidenza sulla popolazione dello 0,0001%, nessun decesso fortunatamente in quell’anno in Italia. In Europa i casi sono stati 10.217, in 31 casi fatali.

La Listeria – che si ritrova anche nei formaggi a latte

pastorizzato e la cui letalità è di gran lunga maggiore, superiore al 20%, nello stesso anno ha visto 231 casi in Italia e 2952 in Europa (fatali per 335 persone).

Secondo Slow Food, riguardo al tema degli Stec, anziché costruire un’impalcatura di controlli complessi e costosissimi, in un paese che già prevede controlli sanitari attentissimi e veterinari solerti, sarebbe opportuno prevedere un piano di formazione per i produttori, per gli allevatori e anche per i consumatori. Forse non è troppo tardi per ristabilire un’informazione equilibrata che non generi allarmismi inutili e dannosi, che tenga in considerazione anche il valore delle produzioni a latte crudo, non solo dal punto di vista organolettico, ma anche sotto il profilo nutrizionale, aspetto a cui in questi mesi non si è mai fatto cenno.

Anche volendo lasciare da parte il danno qualitativo e culturale causato dalla perdita di formaggi tradizionali a latte crudo, la pastorizzazione implicherebbe la diminuzione dei prezzi di mercato dei prodotti (un formaggio a latte pastorizzato può subire un calo del prezzo anche del 30%), i costi dell’energia necessaria per far funzionare i pastorizzatori triplicherebbero, servirebbe il doppio di acqua per raffreddare il latte, e di acqua ce n’è sempre meno. I produttori stanno traendo le ovvie deduzioni e moltissimi lasciano, o lasceranno a breve, questo mestiere. Lo stiamo già riscontrando. Ma il danno di immagine è già stato fatto ed è tutto da recuperare.

Slow Food ha cominciato a lavorare sul latte crudo quasi 30 anni fa, nel 1997, con la prima edizione di Cheese, a Bra (Cn), la manifestazione internazionale sui formaggi a latte crudo che riunisce nella piccola cittadina piemontese oltre 250.000 visitatori da tutto il mondo. Allora nei ristoranti non esistevano i carrelli dei formaggi. Quando si scriveva di formaggi di eccellenza, si citava la Francia. Sulle etichette non era obbligatorio – come lo è oggi –scrivere “a latte crudo”, mentre in Francia, per l’appunto, le eccellenze casearie esponevano con orgoglio l’indicazione “fermier” e “lait cru”. Poi tutto è cambiato. Poco per volta abbiamo raccontato e valorizzato una biodiversità straordinaria di tecniche, di saperi caseari, ma anche di pascoli, le cui erbe cambiano se si passa dalle Alpi agli Appennini, alla Sila, ai Nebrodi, oppure in collina o nelle pianure dove sopravvivono, anche se sono sempre più rari, prati stabili e marcite. Una biodiversità che è alla base delle diversità casearie che rendono l’Italia, insieme alla Francia, uno dei paesi più ricchi di formaggi tradizionali: oltre 600 documentati dai Pat, 80 Presìdi Slow Food, ben 56 Dop/Igp (di cui la metà prevede l’obbligo di produrre a latte crudo), questi dati si limitano solo alle tipologie di cui esiste documentazione.

Fonte: Slow Food

Vino: settore strategico

Coldiretti ha presentato una serie di proposte concrete per sostenere il settore, tra cui finanziare in modo equo e immediato la distillazione straordinaria; rafforzare i fondi per l’internazionalizzazione attraverso la valorizzazione delle agenzie italiane all’estero; valutare l’opportunità di una moratoria sui finanziamenti per le imprese in difficoltà.

“Bene l’incontro promosso dalla Presidenza del Consiglio, che ha riconosciuto il valore strategico della filiera vitivinicola e ribadito la sua centralità all’interno dell’intero sistema enogastronomico nazionale. La partecipazione del premier Meloni è un segnale importante in un momento complesso per il comparto, che necessita di misure tempestive e strutturate”, commenta il presidente di Coldiretti Ettore Prandini a margine del Tavolo vino convocato ai primi di agosto dal Governo a Palazzo Chigi, alla presenza del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, dei rappresentanti del Ministero delle Imprese e della Salute e della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Coldiretti ha presentato al tavolo una serie di proposte concrete per sostenere il settore: finanziare in modo equo e immediato la distillazione straordinaria; rafforzare i fondi per l’internazionalizzazione attraverso la valorizzazione delle agenzie italiane all’estero; valutare l’opportunità di una moratoria sui finanziamenti per le imprese in difficoltà; prevedere sgravi fiscali per gli investimenti in sostenibilità; includere misure a sostegno dell’enoturismo e istituire un tavolo permanente presso il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste dedicato alla promozione e comunicazione.

Il confronto si inserisce in un contesto di forte preoccupazione per il futuro del comparto vitivinicolo italiano, che, nonostante una vendemmia 2025 promettente – con circa 45 milioni di quintali di uva e una qualità elevata grazie a condizioni climatiche favorevoli – si trova a fare i conti con scorte ai massimi storici, pari a oltre 46 milio-

ni di ettolitri, e con consumi in crescente diminuzione. Una situazione che, secondo Coldiretti, rischia di compromettere la stabilità del mercato, deprimere i prezzi e disincentivare gli investimenti futuri, frenando la crescita e la qualità che il settore ha saputo costruire nel tempo. L’ultima campagna di investimenti e ristrutturazione dei vigneti ha registrato oltre 8.500 domande per un totale di più di 220 milioni di euro richiesti, segno di un comparto ancora vitale, ma oggi esposto a rischi senza precedenti.

Preoccupano inoltre i fattori esterni: dall’esclusione del vino dal premio accoppiato nella proposta di riforma della PAC – che lo equipara a prodotti nocivi – alla crescente demonizzazione mediatica del vino come alimento nocivo, fino all’annunciato aumento dei dazi statunitensi sulle importazioni, che potrebbe causare un danno stimato di oltre 317 milioni di euro sull’export italiano, con gravi ripercussioni sulle produzioni di nicchia e sulle piccole imprese.

“Siamo di fronte a un momento spartiacque per il futuro del vino italiano”, ha dichiarato il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, accompagnato al tavolo dai delegati di Giunta Francesco Ferreri e Dominga Cotarella, “e servono misure straordinarie, rapide e coordinate per evitare che una difficoltà congiunturale si trasformi in una crisi strutturale. Chiediamo di finanziare in modo equo la distillazione straordinaria per ridurre le giacenze e ristabilire l’equilibrio di mercato, e di rafforzare i fondi per l’internazionalizzazione, valorizzando il ruolo delle agenzie italiane che operano all’estero.”

“È fondamentale introdurre sgravi fiscali per gli investimenti in sostenibilità ambientale e valutare una moratoria sui finanziamenti per le aziende vitivinicole in difficoltà, affinché possano superare questa fase critica senza rinunciare a progetti di crescita e innovazione. Serve inoltre un sostegno concreto all’enoturismo, che rappresenta una leva strategica per la promozione del vino nei territori, favorisce un consumo consapevole e crea valore aggiunto per le imprese e per l’intero sistema Paese”.

“Un altro tema cruciale è quello della sburocratizzazione: le procedure per la produzione, la promozione e, soprattutto, per l’export del vino possono essere notevolmente semplificate, affidando un ruolo centrale a un unico ente pubblico di riferimento, capace di ridurre tempi, costi e incertezze per le imprese”.

Prandini ha infine posto l’accento sulla necessità di rilanciare l’immagine del vino attraverso una narrazione positiva, legata alla cultura e alla tradizione italiana: “È inaccettabile che il vino venga assimilato a prodotti nocivi per la salute. Il vino, consumato in modo responsabile, è parte integrante della Dieta mediterranea, riconosciuta dall’Unesco come patrimonio immateriale dell’umanità. È un alimento simbolico, che unisce convivialità, paesaggio e benessere. Riavvicinare le nuove generazioni al vino significa educarle al gusto, alla responsabilità, alla conoscenza del territorio. Difendere il vino”, ha concluso, “significa difendere milioni di imprese, famiglie e una cultura millenaria che ha fatto grande l’Italia nel mondo”.

Fonte: Coldiretti

Le valutazioni del rischio alimentare

La sicurezza alimentare è un pilastro fondamentale della salute pubblica e una preoccupazione costantenellavitadiogniindividuo.Inunmondocaratterizzatodacatenediapprovvigionamento globali, innovazioni tecnologiche e una crescente varietà di prodotti, la fiducia dei consumatori nel cibo che portano in tavola è essenziale.

Chi ha il compito di valutare cosa è sicuro da mangiare e cosa non lo è? E, soprattutto, quali sono i principi e le metodologie scientifiche su cui si fondano le loro decisioni, che hanno un impatto diretto sulla nostra salute e sulle nostre scelte quotidiane? Una risposta chiara e articolata può essere trovata osservando più da vicino i processi sistematici e rigorosi di valutazione del rischio alimentare, un campo multidisciplinare che unisce tossicologia, epidemiologia, chimica e statistica per proteggere i cittadini.

La valutazione del rischio applicata a un alimento, a un suo ingrediente o a un contaminante è un processo scientifico strutturato in quattro fasi interconnesse: l'identificazione del pericolo, la caratterizzazione del pericolo, la valutazione dell'esposizione e, infine, la caratterizzazione del rischio. Questo percorso metodologico, sistematico e basato sull'evidenza, è progettato per fornire una base scientifica solida ai decisori politici.

L'esito di questa analisi approfondita porta a una decisione informata in merito all'opportunità, e alla necessità, di adottare specifiche misure normative e legali. Tali misure possono variare ampiamente, dalla definizione di limiti massimi di residui per un pesticida all'approvazione di un nuovo additivo alimentare, fino al divieto di commercializzazione di un prodotto, con l'obiettivo ultimo di prevenire o mitigare qualsiasi potenziale danno per la salute pubblica causato da tale alimento o ingrediente. Le organizzazioni preposte alla sicurezza alimentare, a livello globale, regionale e nazionale, svolgono un'attività di sorveglianza e valutazione continua, esaminando se alimenti di nuova introduzione o quelli già consolidati sul mercato siano effettivamente sicuri per il consumo umano. Il loro campo d'azione è vastissimo: possono analizzare intere categorie di alimenti, come ad esempio la carne lavorata o i prodotti ittici, oppure concentrarsi su singoli componenti, come additivi alimentari (coloranti,

conservanti, edulcoranti), enzimi, aromi o contaminanti ambientali. A livello globale, due organismi spiccano per la loro autorevolezza: il Codex Alimentarius, un insieme di standard, linee guida e codici di condotta riconosciuti a livello internazionale, e il Comitato Congiunto di Esperti FAO/OMS sugli Additivi Alimentari (JECFA), che fornisce pareri scientifici indipendenti. A un livello sovranazionale, ma con un focus regionale, opera l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), il cui parere scientifico costituisce la base della legislazione alimentare dell'Unione Europea.

Nel complesso sistema di garanzia della sicurezza del cibo, è fondamentale comprendere la netta distinzione funzionale e operativa tra i valutatori del rischio e i gestori del rischio. In sintesi, i valutatori forniscono la scienza, un'analisi dettagliata dei pericoli e delle probabilità. I gestori del rischio utilizzano questa scienza come

elemento cruciale, ma la integrano con altre considerazioni (sociali, economiche, etiche, politiche) per decidere se e come regolamentare un prodotto, ad esempio approvandone l'uso, limitandone le concentrazioni o imponendo specifiche etichettature. Questo principio di separazione garantisce che la scienza rimanga libera da pressioni politiche ed economiche, pur informando direttamente le decisioni che proteggono i consumatori. Il flusso di lavoro nell'Unione Europea illustra perfettamente questa interazione. Generalmente, un gestore del rischio (ad esempio, la Commissione Europea, su richiesta di uno Stato membro o di un'azienda che intende immettere sul mercato un nuovo prodotto, come un innovativo additivo alimentare) presenta un mandato formale a un valutatore del rischio, tipicamente l'EFSA, richiedendo un parere scientifico sulla sicurezza e sull'uso proposto di un determinato alimento o ingrediente. Solo dopo aver considerato tutti i feedback, l'EFSA finalizza e pubblica il proprio parere scientifico, che viene trasmesso al gestore del rischio. Quest'ultimo integra il parere con altri fattori rilevanti – come la fattibilità economica, l'impatto sul commercio, le percezioni dei consumatori o le implicazioni politiche – per deliberare sulle misure legislative finali. In questo modo, la valutazione scientifica e la decisione politica rimangono formalmente separate, ma intrinsecamente e funzionalmente collegate.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel definire le linee guida per una valutazione del rischio completa e affidabile, sottolinea la necessità di esaminare con rigore sia i pericoli sia i rischi. Sebbene nel linguaggio comune questi due termini siano spesso usati in modo errato e intercambiabile, nel contesto della tossicologia e della sicurezza alimentare essi descrivono concetti nettamente distinti. Un pericolo è una proprietà intrinseca di un agente (chimico, fisico o biologico) che ha il potenziale di causare un danno. Un fulmine è un pericolo; una sostanza chimica tossica è un pericolo. Il rischio, invece, è la probabilità che questo pericolo si traduca effettivamente in un danno in una data situazione, e dipende in modo cruciale dall'esposizione. Per continuare con l'esempio, se ci si trova al riparo in

casa durante un temporale, il pericolo (il fulmine) esiste, ma il rischio di essere colpiti è estremamente basso. Se, al contrario, ci si trova in un campo aperto brandendo un ombrello di metallo, il rischio diventa significativamente più alto. In altre parole, il rischio è una funzione che lega il pericolo all'esposizione: minore è l'esposizione (in termini di dose e/o durata) a un determinato pericolo, minore sarà il rischio che ne deriva. Durante il processo di valutazione del rischio, gli scienziati seguono una sequenza logica di passaggi per analizzare in modo strutturato i pericoli e i rischi associati a un alimento o a un suo componente.

1° passo - Identificazione del pericolo: La domanda fondamentale è: "Questo alimento o qualcosa in esso contenuto ha il potenziale intrinseco di essere dannoso?". In questa fase qualitativa, i valutatori del rischio raccolgono e analizzano criticamente l'intera letteratura scientifica disponibile (studi epidemiologici sull'uomo, studi tossicologici su animali da laboratorio, test in vitro) per identificare pericoli di natura biologica (es. Salmonella), chimica (es. mercurio)

o fisica presenti negli alimenti.

2° passo - Caratterizzazione del pericolo: Una volta identificato un pericolo, la domanda successiva è: "Quali sono gli effetti specifici che questo pericolo provoca e a quale dose?". Questa è una fase quantitativa (dose-risposta). I valutatori esaminano i dati scientifici per determinare la natura degli effetti avversi sulla salute e stabilire una relazione tra la quantità di sostanza assunta e la gravità dell'effetto. Ove possibile, calcolano un livello di esposizione considerato sicuro, come la Dose Giornaliera Accettabile (DGA), ossia la quantità di una sostanza che può essere ingerita quotidianamente per tutta la vita senza un rischio apprezzabile per la salute.

3° passo - Valutazione dell'esposizione: La domanda chiave qui è: "Chi potrebbe essere esposto a questo pericolo, attraverso quali alimenti, e in quale quantità?". Gli esperti stimano, utilizzando dati sui consumi alimentari nazionali e dati sulla concentrazione della sostanza negli alimenti, a quale quantità di un ingrediente o contaminante i consumatori saranno realisticamente esposti. Questa

analisi considera non solo la popolazione generale, ma anche gruppi specifici e potenzialmente vulnerabili (neonati, bambini, anziani) o sottopopolazioni con diete particolari (vegetariani, vegani), tenendo conto sia della dose che della durata dell'esposizione. 4° passo - Caratterizzazione del rischio: La domanda finale che sintetizza tutto il processo è: "Qual è la probabilità che, nella vita reale, le persone siano sottoposte a un livello di esposizione tale da causare un danno?".

In quest'ultimo passaggio, si integrano i risultati delle tre fasi precedenti. Il livello di esposizione stimato (passo 3) viene confrontato con il livello di esposizione sicuro stabilito durante la caratterizzazione del pericolo (passo 2). Se l'esposizione reale è significativamente inferiore al livello di sicurezza, il rischio è considerato controllato o trascurabile. Se invece si avvicina o supera tale soglia, potrebbe sussistere un problema di sicurezza che richiede l'intervento dei gestori del rischio. È di fondamentale importanza ricordare la distinzione concettuale tra la caratterizzazione del pericolo (passo 2) e l'intera valutazione del rischio. La caratterizzazione del pericolo si limita a esaminare la forza delle prove scientifiche a sostegno del fatto che una sostanza possa, in determinate circostanze, essere dannosa. Un esempio

emblematico è il Programma Monografie dell'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), che classifica gli agenti in base alla loro capacità di causare il cancro, senza però considerare il livello di esposizione necessario per aumentare effettivamente il rischio nella vita reale. La IARC svolge brillantemente il passo di caratterizzazione del pericolo, classificando gli agenti in gruppi da 1 a 4. La collocazione nel Gruppo 1 (es. carne lavorata, alcol, fumo di sigaretta, luce solare) indica che esistono prove scientifiche molto forti sulla cancerogenicità di un agente, ma non dice nulla sulla potenza di tale effetto o sul rischio associato a un'esposizione tipica. La collocazione nel Gruppo 4 indica che l'agente è probabilmente non cancerogeno. Se le prove sono limitate o non conclusive, l'agente viene inserito nei Gruppi 2A, 2B o 3. Pertanto, due agenti presenti nello stesso gruppo, come la carne lavorata e il plutonio (entrambi nel Gruppo 1), non possono essere confrontati basandosi solo su questa classificazione. I loro rispettivi rischi e le conseguenze nella vita reale sono enormemente diversi, poiché il rischio dipende dall'esposizione (passo 3), un fattore che la IARC, per suo mandato, non valuta.

Il gorgonzola piccante

Una ricetta di Arrigoni Battista e AICI - Associazione Insegnanti di Cucina Italiana: Risotto alla barbabietola con salsa ai Gorgonzola con Gorgonzola Dop Piccante e Dolce Arrigoni Battista. La ricetta è stata curata da Romana e Giada Bosco.

ll Gorgonzola DOP di Arrigoni Battista è un formaggio erborinato, molle, a pasta cruda, prodotto con latte di vacca intero. La versione Piccante presenta accentuate venature blu/verdastre, una pasta friabile e asciutta con un sapore deciso e intenso dovuto sia alla tipologia di muffe che alla stagionatura prolungata di almeno 80 giorni.

Ideale da assaporare da solo con pane caldo o crostoni per aperitivo, oppure per insaporire primi piatti come gnocchi “alla Romana” o i risotti particolarmente dolci, come quelli a base di zucca, barbabietole o carote. Il Gorgonzola Dop Piccante è il formaggio che più ha contribuito ad arricchire il palmares di Arrigoni Battista con ben 32 medaglie (sulle 121 totali dell’azienda bergamasca). Ultima, in termini di tempo, la medaglia d’Oro conquistata agli International Cheese & Dairy Awards 2025 di Stafforshire Country in Inghilterra, cui si aggiungono quattro argenti nella stessa competizione.

Una ricetta di Arrigoni Battista e AICI - Associazione

Insegnanti di Cucina Italiana: il risotto alla barbabietola con salsa ai Gorgonzola con Gorgonzola DOP Piccante e Dolce Arrigoni Battista. La ricetta è stata curata da Romana e Giada Bosco.

Ingredienti (per 4 persone)

Riso superfino g 300

Brodo vegetale l 1,5 1 scalogno

Barbabietola frullata g 200

Burro

Sale q.b.

Gorgonzola Dop Dolce Arrigoni Battista g 50

Gorgonzola Dop Piccante Arrigoni Battista g 50

latte q.b.

Preparazione

Preparare la salsa mettendo i due tipi di Gorgonzola tagliati a pezzetti in una casseruola con alcuni cucchiai di latte. A fiamma dolce far fondere i formaggi. Dare la giusta consistenza alla salsa con altro latte caldo, controllare la salatura e frullarla per avere una salsa omogenea. In un tegame da risotto far stufare dolcemente lo scalogno. Unire il riso tostato, bagnare con abbondante brodo caldo e tirare a cottura il risotto. Al termine, fuori dal fuoco aggiungere la barbabietola frullata e scaldata e mantecare il risotto con una noce di burro e due cucchiai di salsa ai Gorgonzola. Versare il risotto nel piatto da portata, coprirlo per pochi minuti con un tovagliolo e, prima di servirlo, rifinirlo con la restante salsa ai Gorgonzola.

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