SETTEMBRE/OTTOBRE 2025
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L’Editoriale del nostro Presidente, Ezio Amendola, di solito non lo citiamo in questo Menù perché è un po' come il tavolo da pranzo - senza di lui altro che Menù, ma è talmente scontato che ci sia che appunto non se ne parla.
Eccezion fatta che in questo numero, perché il nostro editore ha voluto fissare 10-punti-10 che danno ancora più significato a Levante Prof, la cui decima edizione (Bari, 8/11 marzo 2026) apre come sempre le pagine di questo numero di P&P con i programmi, le idee, gli espositori, gli eventi che animeranno questa edizione della più importante fiera ‘Ho.Re.Ca.’ dell’Italia centromeridionale.
Levante Prof che metterà al centro del palcoscenico il lavoro ed il pane, proprio come hanno fatto gli studenti dell’Istituto Dosso Dossi di Ferrara che, in occasione della giornata mondiale del pane, hanno costruito una mostra proprio attorno al binomio pane-lavoro. Spazio come al solito alle notizie più importanti e interessanti provenienti dal mondo dell’arte bianca e non soltanto, però: dal congresso di Slow Grains a Reggio Calabria all Pane in Piazza di Milano; dall’accoppiamento caffè-bakery proposto da Nespresso come leit motiv del 2026 all ristornò di Re Panettone, anche questo numero di P&P pensiamo offra a tutti i golosi di notizie tante cose su cui fermarsi e alcune decisamente fuori dal comune.
Lo sapevate ad esempio che fino a quando i cavalli sono stati il principale mezzo di trasporto in Inghilterra erano anche i principali consumatori di … pane? Un fenomeno che permetteva ai panettieri di ‘riciclare’ le materie prime usando gli scarti e suo cui si è soffermata la rivista Atlas Oscura.
Ci siamo soffermati anche su di un particolare fenomeno enologico, i vini d’abbazia, che sono stati al centro di un recente, importante convegno e infine … lo sapevate che l’uva passa aiuta la vista?
Questo e molto altro nelle pagine di P&P di settembre/ottobre.
Buona Lettura a Tutti!
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Le settimane passano rapidissime, guardiamo già a Natale sentendo ancora il sole caldo dell’estate, e la decima edizione di Levante Prof (Fiera del Levante, Bari, 8-11 marzo 2026) è ormai dietro l’angolo. Ho pensato di condividere con voi dieci ragioni che ci convincono a lavorare ogni giorno per l’appuntamento di marzo:
1) Servizio: siamo sempre stati e saremo sempre, prima di tutto, al servizio dei nostri clienti, espositori e visitatori;
2) ‘Visitazione’: come dice il Presidente Ezio Amendola, la ‘visitazione’ è il maggior patrimonio di un evento fieristico, e quindi va ‘coccolata’ in ogni modo possibile;
3) Mercato: Levante Prof ha un proprio importante mercato di riferimento, l’Italia centromeridionale, e lavora per valorizzarlo;
4) Professionalità: ognuna delle edizioni di Levante Prof - e la prossima farà ancora meglio - ha messo al centro dell’attenzione i migliori professionisti dei nostri settori di riferimento;
5) Internazionale: il riconoscimento dello status di Salone Internazionale, ottenuto già da qualche anno, sottolinea la nostra attenzione per i mercati esteri, così importanti per il settore agroalimentare;

6) Fiducia: nonostante le grandi e legittime preoccupazioni per il futuro, continuiamo a lavorare con fiducia e soprattutto per confermare la fiducia già riposta in noi dai clienti di Levante Prof;
7) Team: la nostra squadra è come sempre al lavoro per migliorare quanto fatto nel marzo scorso a Bari, quando Levante Prof ha fatto segnare le migliori cifre di sempre;
8) Comunicazione: grazie ai rinnovati canali social pieni di contenuti dal vivo presentati nella passata edizione, puntiamo a essere sempre più visibili online, a supporto dei nostri espositori e visitatori;
9) Grazie: siamo qui non solo per voi, ma soprattutto ‘grazie’ a voi. Quindi, scusando il gioco di parole, un grandissimo grazie a tutti quelli che ci conoscono già e a quelli che si apprestano a conoscerci nel prossimo marzo;
10) Dieci: dieci come l’edizione di Levante Prof 2026 (8-11 marzo), che se me l’avessero detto quando siamo partiti, forse non ci avrei creduto.
Buon Lavoro a Tutti!


La scelta di riprogrammare Levante Prof al 2026 è una decisione strategica attentamente valutata per la crescita del settore agroalimentare di qualità nel Meridione. "È stata una valutazione necessaria per il futuro”, afferma il Presidente Ezio Amendola. Levante Prof tornerà a Bari dal 8 all'11 marzo 2026.
La decisione di tenere Levante Prof negli anni pari, a partire dal 2026, non è un caso, ma simboleggia una mossa ponderata e lungimirante per il futuro dell'industria della ristorazione e del food processing nell'Italia centromeridionale. “Abbiamo riflettuto a fondo, perché è un cambio che ha inciso sull'intero lavoro di pianificazione, ma che a nostro avviso ottimizza la posizione di Levante Prof come evento fieristico di assoluto rilievo per l'intera filiera dell'Arte Bianca, della gelateria e dell'ospitalità alberghiera del Sud Italia”, ha chiarito con trasparenza il Presidente Ezio Amendola. Questo riposizionamento strategico mira a collocare l’evento in un periodo dell'anno meno congestionato a livello europeo, garantendo un'esclusività maggiore e rendendola un’opportunità ancora più allettante e cruciale per le migliaia di aziende che considerano l'area mediterranea, e in particolare il Sud Italia, un mercato di vitale importanza per lo sviluppo del proprio business. Amendola ha quindi esteso la sua visione, analizzando il quadro generale: “Il senso di questo spostamento non riguarda solo il calendario di Levante Prof, ma la nostra ferma intenzione di strutturare una piattaforma di incontro ancora più dinamica, capace di stimolare nuovi investimenti e di valorizzare le eccellenze di un territorio che possiede una ricchezza e una qualità spesso sottovalutate. Levante Prof deve essere molto più di una fiera: deve diventare il punto di incontro nevralgico di un vero e proprio 'Polo Sud' dell'agroalimentare, un ecosistema dove produzione, packaging, sostenibilità e alta cucina interagiscono per competere con
successo sui mercati globali. Il nostro obiettivo è che ogni biennio Bari diventi la location dove si delineano le strategie future, si presentano i brevetti e si celebrano le performance di tutto il comparto”. Il comparto alimentare e delle bevande rappresenta uno dei pilastri portanti dell'economia meridionale, un mosaico di produzioni di elevatissima qualità che si fondano su una storia millenaria e tradizioni regionali uniche. Dai pomodori della Campania e della Puglia, materia prima per le conserve apprezzate in tutto il mondo, ai vini passiti della Sicilia e della Sardegna, passando per il pane di Altamura Dop, vero e proprio "oro giallo" della Puglia, il Mezzogiorno è un serbatoio di sapori e


biodiversità. A ciò si uniscono le produzioni ortofrutticole, i prodotti lattiero-caseari come la Burrata di Andria Igp e il caciocavallo silano, e una filiera olivicola di altissimo livello, con cultivar autoctone riconosciute a livello internazionale.
Negli ultimi anni, l'industria agrifood meridionale ha mostrato segnali di forte crescita, con un aumento significativo del volume delle esportazioni. Stando ai dati più recenti, il valore dell'export agroalimentare del Mezzogiorno ha raggiunto i 12 miliardi di euro, con una crescita guidata principalmente da specialità da forno, prodotti gourmet, olio e vini. Le denominazioni di origine come Dop (Denominazione di Origine Protetta) e le etichette di agricoltura biologica giocano un ruolo fondamentale in questo successo, garantendo la tracciabilità e il legame profondo con il territorio. Tuttavia, il settore affronta ancora problemi complessi: la burocrazia eccessiva, le carenze nella rete logistica e l'impatto costante della siccità e del riscaldamento globale.
In questo contesto, eventi come Levante Prof
assumono un ruolo essenziale, agendo da motori per l'adozione di nuove tecnologie, il consolidamento delle supply chain e la promozione di un'immagine autorevole e unificata del "Made in Southern Italy”. "La vera forza del nostro Sud risiede nell'unione del talento umano con l'efficienza dei sistemi di produzione", ha ribadito Ezio Amendola. "In fiera vediamo piccole e medie imprese che, pur mantenendo standard qualitativi elevatissimi, investono in blockchain per la tracciabilità, in riduzione dello spreco e in fonti energetiche rinnovabili. Questo è l'approccio vincente che dobbiamo sostenere. Levante Prof serve precisamente a questo: a dare la giusta ribalta a queste esperienze positive e a dimostrare che la qualità della nostra tradizione non è solo un retaggio da conservare, ma una risorsa competitiva eccezionale per il domani."
La nona edizione di Levante Prof, svoltasi nel marzo scorso, ha superato ogni aspettativa, cementando la sua posizione di leader con quattro giorni estremamente affollati. La fiera ha registrato un'affluenza notevole con oltre

25.000 visitatori totali, di cui ben 8.000 concentrati nel solo giorno inaugurale, a testimonianza di una capacità di attrazione eccezionale. Il successo non è stato solo fisico, ma ha avuto una risonanza social rilevante, con circa 400.000 interazioni totalizzate sulle pagine ufficiali Instagram e Facebook, segno di una community professionale molto reattiva.
L'evento ha ospitato 480 espositori, tra diretti e rappresentati, distribuiti in oltre 230 stand allestiti su una superficie espositiva di quasi 19.000 metri quadrati. I brand presenti hanno espresso unanime soddisfazione per l'elevato numero di contatti e, soprattutto, per la qualificazione dei visitatori, in larga parte chef, patissier e gestori di strutture ricettive. Un dato particolarmente incoraggiante è stata la consistente e qualificata presenza estera, con delegazioni provenienti non solo dalla penisola Iberica, ma da tutto il Sud-Est Europa. Ezio Amendola ha commentato con grande soddisfazione i risultati: "Siamo estremamente soddisfatti e orgogliosi di quanto ottenuto. Questi numeri sono la prova inequivocabile che la nostra impostazione è corretta. L'aumento del 25% di espositori e l'incremento del 10% di visitatori rispetto all'edizione precedente ci confermano che la formula biennale è vincente. Essa fornisce alle aziende il giusto lasso di tempo per sviluppare, testare e presentare sul mercato innovazioni di sostanza. Ora,
con il passaggio agli anni pari, siamo pronti per un nuovo ciclo di crescita. Stiamo già lavorando per rendere la prossima edizione ancora più completa, rispondendo in modo ottimale alle richieste dei buyer e migliorando costantemente l'esperienza di chi visita Levante Prof." Il successo di Levante Prof è stato riconosciuto e sostenuto anche dalle istituzioni. Marcello Finocchiaro, presidente dell'Ente Fiera del Levante, ha sottolineato l'importanza strategica dell'evento: "Levante Prof è un appuntamento settoriale per l'Ho.Re.Ca. e l'agroalimentare che vede la partecipazione delle migliori aziende pugliesi e italiane. Sta crescendo in maniera esponenziale e questo trend è attestato dai numeri record di questa edizione". Ha poi ribadito l'impegno della Fiera del Levante nel fornire il massimo supporto agli organizzatori, mettendo a disposizione infrastrutture sempre più sicure, moderne e attrezzate.
All’inaugurazione nel marzo scorso, l'Assessore Regionale allo Sviluppo Economico, Laura Sarni, aveva commentato: "Bari è un hub strategico, e gran parte del suo valore risiede nella qualità della nostra ristorazione e ospitalità. Levante Prof è la vetrina che valorizza e alimenta questo comparto". Ancora più incisivo il deputato Francesco De Luca, che aveva evidenziato come, grazie all'evento, "Bari diventi per alcuni giorni la capitale del gusto italiano. Una manifestazione che offre


una visibilità di eccellenza per un settore che rappresenta un patrimonio unico, che il mondo intero ci invidia". Infine, Mario Rossi, direttore della Confartigianato Puglia, ribadiva che "Levante Prof si è affermata come la seconda fiera specialistica in Italia per il settore della Panificazione", confermando l'importanza strategica della manifestazione per l'intera economia del Sud.
Levante Prof non è solo una esposizione commerciale, ma un vero e proprio centro di formazione, un luogo di meeting e aggiornamento professionale. Il fitto programma di challenge, showcooking e seminari ha trasformato i padiglioni in un'arena ricca di creatività e scambio. Nel settore della gelateria, il "Trofeo PuntoIT" ha visto i maestri sfidarsi sul tema “Le Creme Tradizionali alla base dei prodotti Tipici Pugliesi”. A trionfare è stato Marco Bettini della Gelateria La Veneta di Castiglioncello (LI),
seguito da Riccardo Ciaccio (LI) e Annarita Bruna di Castellana Grotte (BA). I primi due si sono guadagnati l'accesso alle finali della Coppa Italia di Gelateria 2025, mentre il vincitore assoluto potrà competere per il titolo di Gelatiere dell'Anno a Sigep 2026. Claudio Pica, vice Presidente Vicario Fiepet Confesercenti Nazionale, ha sottolineato come il trofeo sia "una vetrina straordinaria per il gelato artigianale italiano".
L'eccellenza della pasticceria è stata celebrata con il concorso Divina Colomba, organizzato da Goloasi. I vincitori della settima edizione sono stati: Giacomo Balestra (Panificio Azzurro Margiù, Piano di Sorrento) per la Colomba Tradizionale; Antonio Masulli (Caffè Masulli 1927, Somma Vesuviana) per quella al Cioccolato; e Luigi Avallone (Pasticceria F.lli Avallone, Quarto) per la versione Salata. Ezio Amendola ha concluso sottolineando il ruolo di questi eventi: "È un motivo di profondo orgoglio e un onore ospitare contest nazionali di così grande prestigio. Essi sono un veicolo per l'essenza dell'artigianalità Made in Italy. La partecipazione di professionisti di altissimo livello e il notevole afflusso di pubblico dimostrano la centralità crescente di Levante Prof nel panorama fieristico europeo. Questi non sono eventi secondari, ma il cuore pulsante della manifestazione, il luogo dove la materia prima eccellente del nostro territorio si tramuta in arte e innovazione culinaria".
Di grande rilievo anche il convegno promosso dall'Associazione Italiana Panificatori - Fippa in collaborazione con la Lilt, dedicato al ruolo dell'alimentazione nella salute, a testimonianza dell'attenzione della fiera verso la responsabilità sociale. Infine, l'area "Splash - Beverage & Hospitality", con 120 stand e 80 masterclass, ha confermato il dinamismo del settore beverage, creando un evento nell'evento di grande successo.
In occasione della Giornata Mondiale del Pane, 16 ottobre, Confartigianato e il Liceo Artistico Dosso Dossi di Ferrara hanno presentato “Arti e Mestieri: Gesti che Nutrono”, un progetto artistico e formativo che trasforma il pane in scultura per raccontare il valore del lavoro, della manualità e della tradizione.
Il pane è gesto, materia, memoria. È il risultato di un “fare” quotidiano che attraversa la storia, nutre i corpi, unisce le persone. La mostra “Arti e Mestieri: Gesti che Nutrono” è nata da un progetto promosso da Confartigianato in collaborazione con il Liceo Artistico Dosso Dossi, che ha coinvolto la classe 5B Arti Figurative in un’esperienza formativa guidata dall’artista Matteo Lucca, con il coordinamento della professoressa Caterina Pocaterra e il supporto della collega Elisa Leonini (che ringraziamo per l’aiuto), che ha seguito e accompagnato la classe nel percorso.
Il pane, da alimento, è diventato materiale scultoreo, espressivo e simbolico, capace di raccontare con delicatezza e forza il valore


dei mestieri e del lavoro manuale. Al centro del progetto ci sono le mani: strumenti universali di creazione, sapere e relazione. Le mani degli studenti sono state impresse nel gesso, trasformate in sculture di pane che, in mostra, richiamano i gesti o gli oggetti creati dagli artigiani. Ogni opera è il ritratto di un gesto, di una professione, di una memoria.
I sette mestieri rappresentati sono: liutaio; sarto; estetista/ operatore del benessere; fornaio; pasticcere; fabbro; ceramista. Accanto alle sette opere, una scultura collettiva – un anello bianco composto da impronte in negativo delle mani dell’intera classe – racconta il fare condivi-

so, l’identità di gruppo, il legame tra mani diverse unite da uno stesso gesto. A completare l’installazione, la poesia “Il corpo della mano” di Pablo Neruda. La mostra si è tenuta dall’11 al 19 ottobre 2025 presso la sede del liceo Dossi.
“Gestti che nutrono” è un invito a guardare con occhi nuovi ciò che ci è familiare, a vedere nel pane non solo cibo, ma arte, gesto e cultura, a riscoprire il valore dei mestieri che, con cura e saper fare, continuano a nutrire la nostra comunità, come sottolineano gli studenti della 5B: “Il pane è uno degli alimenti più antichi e universali della storia umana, che con il suo profumo caratteristico, per secoli ha accompagnato popoli, fino ai giorni nostri portando con sé le tradizioni di ognuno di essi. Per noi giovani, il pane è quotidianità intrisa di nostalgia dovuta ai ricordi tramandati dai nostri nonni e ai luoghi ferraresi nei quali siamo cresciuti, raccontati con amore da loro”. ‘Osservano’ il pane dal proprio punto di vista quotidiano: studenti in una città , Ferrara, famosa anche per il proprio pane.
“Nella vita di tutti i giorni, il pane, può diventare una scelta più sana ed economica per gli studenti, che preferiscono acquistare un prodotto fresco e di qualità come alternativa a merende confezionate offerte dagli istituti scolastici”, spiegano. “Questo viene reso possibile dalle grandi quantità di panetterie presenti in tutta la città, portate avanti dal desiderio di continuare a mantenere viva la tradizione panificatoria di Ferrara. Così questi luoghi diventano per noi un punto di incontro dove trovare conforto nel calore di un buon pane appena sfornato, nelle fredde e nebbiose mattinate ferraresi”.
Da tutto questo e non solo nasce il progetto che gli studenti hanno portato avanti: “le molteplici qualità di questo prodotto lo rendono, agli occhi di noi giovani artisti, un materiale perfetto per rappresentare il concetto che lega tra loro le opere della nostra mostra, ovvero "I gesti che nutrono”. Tutta la nostra ricerca si è concentrata sullo studio della gestualità, allo scopo di rappresentare diversi mestieri artigianali presenti nel territorio; per fare ciò, è stata essenziale una totale collaborazione del gruppo classe, ritrovandoci più volte tutti insieme con "le mani in pasta", un’esperienza che, ancora una volta, richiama il concetto di comunione e unione che sta alla base del pane”.
La 14esima edizione di Una mole di Panettoni torna a Torino dal 28 al 30 novembre
Quest’anno la storica kermesse sul dolce natalizio celebra la tendenza del Panettone al Cioccolato, arricchendo il concorso nazionale (aperto a 30 maestri lievitisti selezionati) di una nuova categoria.
L’arrivo delle feste natalizie ha come ogni anno rimesso al centro dell’attenzione il dolce re e simbolo del periodo natalizio, il panettone, che è il protagonista di numerose manifestazioni in tutta Italia (come riportato anche in altre parti di P&P) e di tante nuove proposte da parte dei laboratori di pasticceria artigianale in tutta Italia. Non è più infatti da tempo un dolce soltanto milanese, o con una unica ricetta: anzi, è uno dei prodotti sui quali più si concentra la creatività dei migliori maestri pasticceri. Tra le manifestazioni dedicate al panettone, a Torino torna Una Mole di Panettoni torna dal 28 al 30 novembre 2025 per celebrare l’eccellenza artigianale nostrana nell’arte dei grandi lievitati. Lo storico concorso enogastronomico nazionale, che rispecchia dal Nord al Sud della Penisola gli orientamenti sul tradizionale dolce natalizio, quest’anno consacra una nuova tendenza inserendo il Panettone al Cioccolato come nuova categoria del concorso, accanto a quelle tradizionali del Panettone Scuola piemontese (basso con la glassa), Panettone Scuola milanese (alto senza glassa) e Panettone Creativo. Dalla Campania al Piemonte, dal Toscana alla Sicilia, dalla Liguria alle Marche, sono 30 i maestri lievitisti che verranno selezionati per gareggiare a una delle manifestazioni più rilevanti d’Italia sull’iconico dolce natalizio. La Giuria assegnerà ai panettoni, resi anonimi per la degustazione da parte dei sette professionisti del settore, un punteggio da 1 a 10, in base a vari parametri.

“L’arte pasticcera regionale comincia a disegnare una nuova geografia. A ‘Una Mole di Panettone’ tutti potranno compiere un viaggio gourmet attraverso l'Italia del
panettone: scoprire i segreti dei pasticceri, degustando, appagando i sensi e conoscendo da vicino il nostro ricco patrimonio agroalimentare”, affermano le due fondatrici, Laura Severi e Matilde Sclopis di Salerano di Dettagli Eventi. “Il panettone ha visto una notevole espansione negli ultimi anni, attirando l'attenzione di tanti, soprattutto delle nuove generazioni. La sfida è conquistare soprattutto i giovani con l’estetica e l’alta qualità della creazione”.
Fonte: Duepunti



Iginio Massari a Napoli per una masterclass sul panettone. Quella di Napoli è l’unica tappa italiana di “Meet Massari R-evolution 2025”, il tour di Molino Dallagiovanna con il grande maestro impegnato nella promozione del Panettone e delle eccellenze italiane in Italia e nel mondo.

Il grande maestro della pasticceria italiana Iginio Massari ha tenuto a Napoli lunedì 27 ottobre 2025 con Molino Dallagiovanna una masterclass interamente dedicata al Panettone, il dolce natalizio per eccellenza, simbolo del saper fare e dell'arte dolciaria italiana. Durante la giornata di alta formazione, presso la nuova Meta Taste Academy il maestro Massari ha guidato pasticceri e professionisti dell’arte bianca alla scoperta dei segreti del lievitato più amato, nella doppia versione tradizionale e al cioccolato, con un’attenzione particolare all’utilizzo della farina, all’equilibrio dell’impasto e alle tecniche per garantire risultati eccellenti.
Alla formazione tecnica del maestro Massari, si è affiancato l’intervento di Giacomo Pini, consulente ed esperto del mondo horeca, che affronterà temi legati alla gestione manageriale di una pasticceria moderna, indispensabili per il successo di un’attività imprenditoriale. Tra questi l’ottimizzazione dei costi, l’organizzazione dell’offerta, la gestione del personale e le tecniche di
marketing in pasticceria.
L'evento di Napoli rientrava nell’ambito di “Meet Massari R-evolution”, il progetto nato nel 2018 dalla collaborazione tra Molino Dallagiovanna e il maestro Iginio Massari. L’iniziativa ha come obiettivo la formazione e l’aggiornamento dei professionisti del settore di tutto il mondo, valorizzando la grande tradizione pasticcera italiana. Dopo le prime edizioni nelle principali città italiane, il tour è diventato internazionale nel 2023, con l’obiettivo di promuovere la cultura del Panettone e l’eccellenza italiana nel mondo. Negli ultimi anni, “Meet Massari R-evolution” ha toccato città come Barcellona, Tokyo e Parigi. A maggio di quest’anno è stata la volta di Londra e a settembre “Meet Massari R-evolution” è stato protagonista all’IBIE di Las Vegas, il più importante evento di pasticceria negli Stati Uniti. Quella di Napoli è stata l’ultima tappa, l’unica in Italia, del tour 2025. Partner dell’evento è stato Mepa Alimentari, distributore di materie prime e ingredienti per pasticcerie, gelaterie, attività di panificazione e operatori Ho.Re.Ca. a Napoli e provincia, ai quali offre forniture alimentari rapide, complete e su misura.
Molino Dallagiovanna nasce nel 1832 a Gragnano Trebbiense in provincia di Piacenza. Con un fatturato di 47 milioni di euro, una produzione di 3.000 quintali di grano lavorato ogni giorno, 54 dipendenti e una presenza in 67 Paesi, Molino Dallagiovanna è oggi un punto di riferimento del settore, ambasciatore dell’eccellenza alimentare italiana nel mondo. L’offerta comprende oltre 450 farine, da quelle tradizionali per pane, pizza, pasta e dolci alle linee senza glutine e lattosio.
Il frumento, simbolo della nostra identità contadina e del modello produttivo responsabile che ancora è presente e diffuso nel nostro Paese, torna al centro di un progetto che rafforza i territori, le comunità e la qualità del cibo come bene comune.
Da venerdì 7 a domenica 9 novembre 2025, Reggio
Calabria ospita Slow Grains – Dialoghi per coltivare il futuro: la tre giorni dedicata alla rete Slow Grains e alla valorizzazione di produttori e trasformatori locali e nazionali impegnati nel recupero della biodiversità e nella diffusione delle filiere dei cereali tradizionali. Organizzata da Città Metropolitana di Reggio Calabria con Slow Food Italia e Slow Food Grains, questa prima edizione di Slow Grains vuole offrire un palcoscenico alla rete di produttori e una tribuna a tutti coloro che condividono il progetto.
“La rete Slow Grains rappresenta un modello concreto di politica agricola dal basso, capace di coniugare dialogo, confronto e tutela della biodiversità cerealicola con una visione moderna, partecipata e strategica dell'agricoltura italiana”, sottolinea Francesco Sottile, vicepresidente di Slow Food Italia. “Il frumento, simbolo della nostra identità contadina e del modello produttivo responsabile che ancora è presente e diffuso nel nostro Paese, torna al centro di un progetto che rafforza i territori, le comunità e la qualità del cibo come bene comune. Con la tre giorni di Reggio Calabria vogliamo promuovere una nuova alleanza tra istituzioni, produttori, trasformatori e cittadini, per costruire una filiera del grano giusta, sostenibile e generativa, capace di nutrire consapevolezza.
La produzione cerealicola italiana può e deve diventare un pilastro della transizione ecologica e della coesione territoriale: valorizzando
il clima, le conoscenze locali e la responsabilità delle comunità di agricoltori che ogni giorno custodiscono la terra, difendono il paesaggio e garantiscono il futuro del nostro cibo”.
“Slow Grains è un evento strettamente legato alla rete omonima, che valorizza il lavoro degli agricoltori che hanno recuperato biodiversità e deciso di puntare sulla coltivazione dei cereali tradizionali, mulini a pietra per la produzione di farine e artigiani che realizzano pane, pasta e prodotti da forno”, sottolinea Mimmo Pontillo, referente della rete Slow Grains. “In un momento particolarmente difficile per la cerealicoltura come quello attuale, abbiamo pensato di mettere al centro del dibattito il tema del pane del futuro, tra qualità vera e centralità sociale; di come i cereali tradizionali e le filiere locali potrebbero essere una chiave di innovazione e sviluppo per le aree interne; la fondamentale importanza della


biodiversità e dell'agroecologia, capaci di rigenerare le risorse naturali e garantire cibo sicuro e di qualità”. Molti gli eventi in calendario dedicati a tutto ciò che si può fare con il frumento, e sabato 8 tocca al pane, partendo dalla conferenza Il pane del futuro, seguita dal “Laboratorio del Gusto I pani tradizionali”. L'obiettivo è rilanciare la produzione e il consumo del pane vero, diffondendone la conoscenza e garantendone l'accessibilità a tutti. Nel corso della giornata l'incontro su “I cereali delle terre alte: il loro valore per le aree interne”, ha l'obiettivo di capire come i territori più fragili e isolati del nostro Paese, afflitti da problemi economici e strutturali, possono trovare nelle filiere dei grani tradizionali una chiave di innovazione e sviluppo; mentre in “Dal seme al sistema agroecologico attraverso la biodiversità”, si confrontano agricoltori custodi e ricerca per esplorare il ruolo delle varietà tradizionali recuperate, ormai al centro di filiere produttive innovative. A chiudere la giornata, il Laboratorio del Gusto Le donne del pane con Lorenza Roiati, fornaia di L'assalto ai forni di Ascoli Piceno, Karen Lopez, esperta di panificazione, e Rosy Attinà, fornaia.
Domenica 9 novembre è dedicata alle filiere locali, la sostenibilità economica e sociale dei grani tradizionali. Conclude Slow Grains il laboratorio di pasticceria I dolci della tradizione calabrese, alle 11.30. Un'occasione per
scoprire come ogni luogo possieda una propria identità dolce, espressa attraverso preparazioni che raccontano storie di territori, di festività religiose, di abitudini familiari.
La prima edizione di Slow Grains è realizzata da Città Metropolitana di Reggio Calabria con Slow Food Italia e Slow Grains, con Slow Food Calabria, Comunità Slow Food dei grani tramandati in Aspromonte e dei cibi della memoria storica, Conpait Pasticceri d'Italia, con il patrocinio della Città di Reggio Calabria, Dipartimento di Agraria dell'Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, con il contributo di Galbatir, agenzia per lo sviluppo locale, Gal Terre Locridee. Supporto alla comunicazione Progetto Touring. Con la collaborazione di Ipalb Tou Giovanni Tre Croci, Liceo Artistico Preti Frangipane, Touring Club Italiano di Reggio Calabria.
Fonte: Slow Food
Uno studio internazionale di Pulse Advertising con Eumetra evidenzia il passaggio al digitale: i social media dominano in tutti i mercati, con la Cina in testa. Gli acquirenti premium sono già social-first: Gen Z e Millennials preferiscono fortemente TikTok (53,7% utenti giornalieri) e Instagram (70,8% utenti giornalieri).
I social media sono diventati il principale canale di scoperta dei prodotti Made in Italy in tutti i mercati principali, secondo “Made in Italy in the Social Media Age – Insights: Powered by Pulse Advertising” , il primo studio internazionale condotto da Pulse Advertising in collaborazione con Eumetra su oltre 2.500 consumatori in cinque mercati chiave (Regno Unito, Germania, Francia, USA, Cina)*.
La ricerca rivela un cambiamento radicale: i social media guidano la discovery in ogni singolo mercato analizzato – dalla Cina (56%) alla Francia (35%) – mentre i canali tradizionali perdono terreno a livello globale. Questa leadership universale, unita alle profonde differenze generazionali nell’uso delle piattaforme e nei comportamenti d’acquisto, crea opportunità senza precedenti e imperativi strategici per i brand italiani del lusso e del lifestyle.
I dati mostrano una leadership costante dei social media nella scoperta dei brand, rafforzando le argomentazioni per un investimento immediato. La transizione digitale è confermata: il 56% dei cinesi, il 44% degli americani,
il 38% dei tedeschi, il 37% degli inglesi e il 35% dei francesi dipendono dai social come principale fonte per trovare prodotti e contenuti Made in Italy.
“I dati mostrano una leadership inequivocabile in tutti i mercati analizzati”, dichiara Paola Nannelli, Pulse Advertising. “Anche nei mercati dove i media tradizionali restano forti, i social media occupano stabilmente la posizione n.1. Non è una tendenza: è la nuova realtà alla base del comportamento dei consumatori quando cercano prodotti Made in Italy.”
Il potenziale economico è enorme: la discovery social è direttamente correlata alla disponibilità a pagare prezzi premium. La connessione tra discovery social e disponibilità a pagare un prezzo premium per i prodotti Made in Italy restituisce una roadmap importante per i brand italiani e per gli investimenti in marketing e strategie di crescita.
I consumatori del Made in Italy di lusso di domani richiedono investimenti immediati sulle piattaforme: l’analisi per fasce d’età che ci restituisce il report spiega perché agire subito sia cruciale per sopravvivere alla concorrenza. I futuri acquirenti sono già nativi social: 70,9% utilizza TikTok ogni giorno.

“I brand che ritardano la riallocazione dei budget rischiano di perdere i futuri acquirenti premium”, avverte Alberto Stracuzzi, Eumetra. “I dati generazionali mostrano lo schema dei prossimi dieci anni di consumo nel settore del lusso Made in Italy. Investire per primi crea vantaggi competitivi impossibili da replicare in seguito.”
L’evoluzione dalla creazione amatoriale a quella

professionale apre nuove opportunità di partnership: in Francia, solo il 23% crea ancora contenuti (77% consuma contenuti professionali); in Germania, solo il 15% è ancora attivo (85% preferisce contenuti professionali); negli USA, il 18% continua a creare (82% consuma contenuti strategici)
Questa professionalizzazione crea vantaggi strategici per i brand che collaborano con creator affermati e riconosciuti.
La Cina, prosegue la ricerca, rappresenta l’opportunità più convincente e immediata per i brand Made in Italy. Il 56% si fida delle raccomandazioni degli influencer (contro 24% negli USA, 15-20% in Europa) e il 58% scopre il Made in Italy tramite i creator che segue, mentre il 61% è disposto a pagare un premium price per prodotti italiani autentici
“Laddove la fidu-
cia negli influencer raggiunge il 56% e i social media dominano la scoperta, troviamo i mercati più redditizi per il Made in Italy”, spiega Paola Nannelli. “Questa non è solo ricerca comportamentale: è un modello moltiplicatore di profitti che i brand dovrebbero implementare immediatamente.”
Moda, food e lusso sono i temi più seguiti: un terzo dei

consumatori negli USA (38%) e in Cina (32%) associa l’Italia esclusivamente al segmento del lusso, con il Regno Unito in linea con questa percezione premium (29%).
Tra i brand più citati emergono gerarchie chiare e anche sorprese: Armani e Ferrari restano ambasciatori globali del lusso italiano, mentre Barilla conquista una posizione di rilievo, soprattutto in Cina. Altri brand menzionati frequentemente includono Gucci, Dolce & Gabbana, Prada e Versace.

Claudio Burchi, Managing director di Pulse Advertising Italia, commenta il ruolo della comunicazione in questo contesto globale: “Le aziende italiane hanno davanti un’opportunità straordinaria: cavalcare i social media come nuovo motore di export’. La ricerca individua vari imperativi strategici: riallocare almeno il 35% dei budget dedicati alla discovery verso le piattaforme social; destinare oltre il 55% nei mercati in cui la scoperta via social supera il 45%; verificare mensilmente i tassi di discovery sui social per ottimizzare gli investimenti; in Cina: collaborare con i mega-influencer sfruttando il
vantaggio di fiducia del 56% mentre sui mercati occidentali puntare a costruire reti di creator professionali man mano che i mercati maturano; infine, sfruttare la creazione di contenuti professionali per partnership strategiche di brand.
Claudio Burchi, Managing Director di Pulse Advertising Italia, conclude: “Il Made in Italy rappresenta un patrimonio di valore straordinario a livello globale, ma per sbloccarne il pieno potenziale di profitto serve un investimento immediato nei social media. I dati mostrano una leadership universale della discovery via social in tutti i mercati: i brand che agiscono subito si assicurano vantaggi competitivi che si moltiplicheranno negli anni. Ritardare significa competere per i consumatori di ieri con i canali di ieri.” Ricerca condotta su oltre 2.500 consumatori in 5 mercati strategici: Italia, Regno Unito, Germania, Francia, USA, Cina nel periodo: luglio–agosto 2025

Acqua Vitasnella rinnova, per l’ottavo anno consecutivo, il proprio impegno a fianco di Fondazione AIRC nella promozione della ricerca sul tumore al seno: una borsa di studio e una Limited Edition per sensibilizzare tutte le donne sull’importanza della prevenzione.

Ottobre si colora nuovamente di rosa per la campagna di sensibilizzazione sul tumore al seno, e Acqua Vitasnella – brand di Ferrarelle Società Benefit attento al benessere delle persone e delle comunità – conferma il suo ruolo di alleato nella salute delle donne. In occasione della “Campagna Nastro Rosa” promossa da Fondazione AIRC, l’Azienda lancia per l’ottavo anno consecutivo una Limited Edition da 0,5L disponibile nei punti vendita della grande distribuzione per tutto il mese di ottobre, con l’obiettivo di ricordare quanto sia fondamentale la prevenzione.
Attraverso questa iniziativa, Acqua Vitasnella sostiene la missione di Fondazione AIRC, impegnata da anni nello sviluppo di nuove cure per il tumore al seno, con l’obiettivo di aumentare le possibilità di guarigione anche
per le forme più aggressive della malattia. Il Nastro Rosa incompleto rappresenta la sfida ancora aperta: garantire una cura efficace a tutte le donne colpite. Secondo i dati più recenti, nel 2024 sono state oltre 53.000 le nuove diagnosi di tumore al seno in Italia, pari al 30,3% di tutti i tumori femminili e al 14,6% del totale dei tumori diagnosticati nel Paese. L’incidenza mostra una lieve crescita tra le donne più giovani, e il tumore della mammella rimane la principale causa di morte oncologica tra le donne (31%).
A conferma del proprio impegno sostegno concreto, Acqua Vitasnella ha stanziato una donazione di 75.000€ destinata a finanziare una borsa di studio triennale per un/a giovane ricercatore/ricercatrice impegnato/a nello studio del tumore al seno. Inoltre, l’Azienda metterà a disposizione una fornitura di acqua con etichetta speciale per numerosi eventi AIRC organizzati sul territorio nazionale durante la Campagna.
p.A. Società Benefit
Ferrarelle S.p.A. Società Benefit è il quarto gruppo italiano a valore nel settore retail e il secondo gruppo italiano a volume nel settore Ho.Re.Ca. delle acque minerali. La società è in espansione anche all’estero e con Ferrarelle è in distribuzione in molti Paesi, tra i più rilevanti: USA, Canada, Regno Unito, Francia, Malta, Emirati Arabi Uniti, Cipro, Filippine, Kuwait, Repubblica Dominicana. Da agosto 2017, è proprietaria di Amedei, azienda italiana di produzione di cioccolato d’alta gamma e dello stabilimento di Pontedera (PI). Infine, dalla collaborazione tra Ferrarelle S.p.A. Società Benefit e FAI, nasce il progetto di restauro conservativo di un’antica masseria nel cuore del Parco Sorgenti di Riardo, che ha portato alla rivalutazione di una straordinaria oasi campana e all’istituzione dell’azienda agricola biologica Masseria delle Sorgenti.
Fonte: MSL Group
Un comparto che tocca i 1.189 milioni di dollari e prevede un car del 5,1% dal 2025 al 2030. Il mondo delle attrezzature professionali per la ristorazione italiana continua a crescere, trainato dal turismo, dalla tecnologia di ultima generazione e dall’effetto Prosumer.

Luci puntate sui temi dell'innovazione e delle tecnologie avanzate, alla prossima edizione di Host Milano, la fiera internazionale più prestigiosa dedicata al mondo Ho.Re. Ca., foodservice e delle attrezzature professionali per la ristorazione.
Ad accogliere migliaia di professionisti e visitatori da tutto il mondo sono infatti apparecchiature di ultima generazione, abilitate all'IoT e automazioni in grado di trasformare radicalmente il settore della ristorazione con prestazioni inedite, per favorire il mondo dell'ospitalità. Efficienza, produttività e sostenibilità dei macchinari saranno garantite da un monitoraggio preciso, l'analisi dei dati in tempo reale e l'automazione delle attività ripetitive nelle attività di ristorazione, per ottimizzare i processi di cottura, elevando la qualità del cibo e supportando al tempo stesso pratiche sostenibili che riducono sprechi e consumi.
Un mercato che si lega a doppio filo con l’incremento esponenziale del turismo in Italia, nel guidare la domanda di attrezzature per la cucina commerciale: il settore dell'ospitalità, inclusi hotel, ristoranti, bar e servizi di
catering, sta registrando un'impennata della domanda di servizi di ristorazione, per soddisfare le esigenze di viaggiatori sempre più numerosi e interessati alle esperienze gastronomiche. A testimoniare l’incidenza del comparto delle attrezzature professionali, per l’economia del nostro Paese sono i numeri: nel 2024 questo mercato ha generato un fatturato di 1.189 milioni di dollari e si prevede che raggiungerà i 1.611,5 milioni di dollari entro il 2030, con un cagr del 5,1% dal 2025 al 2030. In termini di fatturato, nel 2024 l'Italia rappresentava il 3% del mercato mondiale delle apparecchiature per la ristorazione. In questo quadro generale, non è da sottovalutare inoltre l’effetto Prosumer, termine che deriva dalla fusione di producer (produttore) e consumer (consumatore): un trend che sta trasformando il mercato delle attrezzature professionali, spostando parte della domanda dai canali tradizionali all’e-commerce. Consumatori evoluti, appassionati di cucina gourmet, non solo acquistano strumenti professionali per uso domestico, ma condividono ricette e contenuti online, creando micro-comunità e stimolando ulteriori vendite digitali. Questo fenomeno ha portato a elevare le vendite di attrezzature da cucina di livello professionale destinate all’uso domestico del 23% dal 2022 e a rappresentare nel 2024 oltre il 55% delle vendite di macchine da espresso, consolidando il canale e-commerce come driver chiave di crescita per un settore in evoluzione.
Anche l’e-commerce B2B sta progressivamente affermandosi come canale di riferimento, anche per forniture e attrezzature professionali. Un dato che conferma ulteriormente la rilevanza del digitale arriva dal “Report su dati e tendenze del 2024 nell’e-commerce B2B” di Adobe: secondo lo studio, l’e-commerce B2B ha oggi
un valore globale di 8.660 miliardi di dollari, destinato a raggiungere i 9.600 miliardi di dollari entro il 2027. Numeri che dimostrano quanto il canale digitale stia diventando imprescindibile in tutti i settori, compreso il mondo delle forniture professionali e delle attrezzature per la ristorazione.
“L’innovazione tecnologica non riguarda soltanto le attrezzature, ma anche i modelli di business. Oggi, per il mondo Ho.Re.Ca., essere competitivi significa saper integrare canali digitali e-commerce, logistica avanzata e strategie omnicanale”, sottolinea Valentino Bergamo, CEO di Calicantus. “Conosciamo bene le sfide del settore grazie a collaborazioni con realtà d’eccellenza internazionale, come Sirman e siamo convinti che il futuro dell’ospitalità passi proprio da qui: portare il meglio delle tecnologie e delle esperienze d’acquisto online a disposizione di un comparto che, sempre più, dialoga con clienti globali e digitalizzati.”
Host Milano palcoscenico ideale per raccontare come l’era digitale possa accelerare la crescita e rendere l’intero ecosistema più efficiente e sostenibile.
Tra le realtà che Calicantus segue in qualità di Ecommerce Service Provider e Mor, Sirman è leader nel settore
delle attrezzature del food processing. “Trascendere i propri limiti, espandere gli orizzonti, non smettere mai di migliorarsi”: una visione, quella di Nereo Marzaro, che ha portato alla fondazione di Sirman, da oltre 50 anni produce le attrezzature per i professionisti della cucina, della lavorazione carni e della distribuzione organizzata. Calicantus Srl è Ecommerce Service Provide (ESP)/Merchant of Record (MoR) per gli Ecommerce di prestigiosi brand quali Sirman, SSC Napoli, Aboca, Labo Suisse, Pampers, Baush+Lomb, Fratelli Rossetti, Flos, Elica, Segafredo, Selle Italia, Slam, Gaerne e Kimbo. Grazie a un approccio integrato, si occupa della gestione completa degli aspetti contabili e fiscali, del customer care, della logistica e dello store management, assicurando la piena conformità alle normative vigenti sull’e-commerce in oltre 200 Paesi.
Fonte: Irene Jesi

Secondo gli esperti di una delle più importanti aziende oftalmiche in Europa, uno degli aspetti meno conosciuti di questo piccolo frutto è il suo impatto positivo sul buon funzionamento degli occhi, grazie ai suoi antiossidanti e ai suoi nutrienti che aiutano a prevenire diverse malattie visive.
L’uvetta, nota anche come uva passa, è da sempre apprezzata come un alimento ricco di proprietà e benefici per la salute, oltre che per il suo gusto dolciastro e gradevole che la rende facilmente utilizzabile in tante ricette in cucina. Tradizionalmente viene considerata utile per migliorare la memoria, ma, secondo gli esperti di www.clinicabaviera.it, una delle più importanti aziende oftalmiche in Europa, uno degli aspetti meno conosciuti di questo piccolo frutto è il suo impatto positivo sul buon funzionamento degli occhi, grazie ai suoi antiossidanti e ai suoi nutrienti che aiutano a prevenire diverse malattie visive. Nonostante le sue piccole dimensioni, l'uvetta è ricca di sostanze nutritive essenziali che la rendono un'ottima scelta per completare una dieta equilibrata. Il suo consumo si è diffuso in tutto il mondo, soprattutto negli ultimi anni in cui c’è più attenzione al benessere a tavola, sia come snack naturale tra un pasto e l’altro, spesso consigliata anche per gli sportivi o gli studenti, sia come ingrediente di piatti dolci o salati. Questo alimento naturale è ottenuto attraverso un processo dessiccazione che concentra gli zuccheri e le sostanze nutritive presenti nelle uve. E proprio grazie a questa lavorazione, l'uvetta è ricca di fibre, antiossidanti, vitamine A e B, carotenoidi, ferro, potassio e composti fenolici, tutti componenti che apportano diversi benefici allorganismo, che vanno dal miglioramento della digestione alla prevenzione dell'invecchiamento precoce delle cellule. Inserire abitualmente l’uvetta nella propria dieta, naturalmente con il giusto equilibrio e moderazione protegge contro la degenerazione maculare, una delle principali

cause della perdita della vista negli anziani. L’uvetta contiene antiossidanti come la luteina e la zeaxantina, che aiutano a filtrare la dannosa luce blu e proteggono le cellule della retina dai danni ossidativi. Inoltre, questi antiossidanti fungono da barriera naturale che ritarda l'insorgenza di questa malattia.
Consumare uvetta regolarmente può contribuire a mantenere la macula lutea, la parte centrale della retina, in buone condizioni, prolungando l'acuità visiva con il passare degli anni, ma riduce anche il rischio di cataratta, che compare quando il cristallino dell'occhio diventa opaco a causa dell'ossidazione e dell'invecchiamento. L’uvetta, grazie al suo contenuto di vitamina C e antiossidanti, aiuta a mantenere la trasparenza del cristallino. Questi nutrienti frenano infatti i processi di degradazione cellulare che provocano la torbidità dell'occhio.
Così, il consumo di uvetta può essere una strategia naturale e preventiva per mantenere una visione chiara più a lungo.
I radicali liberi causano danni cellulari in tutto il corpo, compresi gli occhi. L’uvetta è ricca di polifenoli e altri composti antiossidanti che neutralizzano questi radicali liberi e riducono lo stress ossidativo oculare. Questo effetto antiossidante protegge i tessuti oculari sensibili, come il cristallino e la retina, aiutando a prevenire malattie come cataratta o retinopatie. Includendo l’uvetta nella dieta, si rafforza la difesa naturale del corpo contro queste patologie.
Una buona circolazione è essenziale per mantenere gli occhi ossigenati e nutriti. Nell’uva passa ci sono ferro e potassio, minerali che favoriscono un buon flusso sanguigno e prevengono la formazione di coaguli o blocchi
nei vasi oculari. Una circolazione efficiente permette alle cellule dell'occhio di ricevere i nutrienti necessari per funzionare correttamente e rigenerarsi. In questo modo, il consumo regolare di uvetta può contribuire a una migliore salute vascolare oculare. Gli antiossidanti e i minerali contenuti nell'uvetta aiutano a rafforzare i capillari e i vasi sanguigni dell'occhio, riducendo il rischio di microemorragie oculari.
Le proprietà antimicrobiche naturali dell'uvetta aiutano a rafforzare il sistema immunitario, cosa utile quindi per prevenire infezioni oculari come la congiuntivite. Inoltre, gli antiossidanti presenti nell’uvetta rafforzano la barriera immunitaria nella mucosa oculare, proteggendo gli occhi da agenti esterni come batteri, polvere e altre particelle. In generale, una dieta particolarmente ricca di alimenti con proprietà antimicrobiche può essere utile nelle stagioni delle allergie o dell'esposizione maggiore agli agenti contaminanti. L'uvetta, contenendo zuccheri naturali, fornisce energia in modo rapido e efficace, cosa che può aiutare a combattere la stanchezza degli occhi, specialmente nelle persone che trascorrono molte ore davanti agli schermi del computer. Inoltre, il suo contenuto di antiossidanti protegge gli occhi dallo stress generato dalla luce artificiale, che è utile quando si sta a lungo in ambienti di lavoro.

L’uva passa contiene anche piccole quantità di acqua e acidi grassi che possono aiutare a mantenere gli occhi idratati, soprattutto se assunta all’interno di una dieta ricca di liquidi e frutta. La secchezza oculare, comune nelle persone che lavorano molte ore davanti agli schermi, può essere alleviata grazie all'effetto nutriente e leggermente idratante dell’uvetta, migliorando la sensazione di comfort oculare. La vitamina A e gli acidi organici presenti nell'uvetta aiutano inoltre a mantenere le mucose oculari umide e protette. Questo è particolarmente utile per le persone che soffrono di secchezza oculare, poiché una buona idratazione previene irritazioni, affaticamento degli occhi e sensazione di sabbiolina all’interno. Il contenuto di potassio e l'azione delle fibre nell’uvetta contribuiscono inoltre a garantire l'equilibrio dei liquidi in tutto il corpo, compresi gli occhi. Una corretta idratazione è vitale per la produzione di lacrime e il mantenimento del film

lacrimale che protegge la superficie oculare. La retina è un tessuto sensibile alla luce che ha bisogno di nutrienti specifici per rimanere in salute. L’uvetta contiene zinco, flavonoidi e vitamina B6, tutti fondamentali per il suo corretto funzionamento. Questi nutrienti promuovono la rigenerazione cellulare e proteggono le cellule fotorecettrici, contribuendo a mantenere una buona percezione del colore e dei dettagli visivi. E questo è particolarmente utile per le persone con una storia familiare di malattie della retina.
Gli antiossidanti come i flavonoidi hanno proprietà antinfiammatorie che possono ridurre il gonfiore o l'infiammazione degli occhi causata da allergie o affaticamento della vista. Ridurre l'infiammazione degli occhi aiuta a migliorare il comfort visivo e a prevenire danni alle strutture sensibili come la cornea o la retina.
Gli antiossidanti e la luteina aiutano anche a ridurre la fotosensibilità oculare, proteggendo gli occhi dalla luce intensa o fastidiosa. Questo migliora il comfort visivo e previene mal di testa o disturbi oculari causati dall’esposizione prolungata al sole o agli schermi.
Sergio Ares, oculista e Country manager di
Clinica Baviera Italia, spiega: “L'uvetta è una ricca fonte di antiossidanti, in particolare di polifenoli come la luteina e la zeaxantina, che sono essenziali per la salute degli occhi. Questi composti aiutano a proteggere gli occhi dai danni ossidativi causati dai radicali liberi e possono ridurre il rischio di malattie come la degenerazione maculare associata all'età e la cataratta. Inoltre, l'uvetta contiene vitamina A e beta-carotene, nutrienti che favoriscono una buona visione notturna e il buon mantenimento delle cellule della retina. Noi di Clinica Baviera incoraggiamo a includere l'uvetta all’interno di una dieta equilibrata perché può essere davvero un modo naturale e comunque gustoso di prendersi cura della salute visiva a lungo termine”.
Fonte: Clinica Baviera Italia

Guidata dalla presidente Veronika Vrecionová (Repubblica Ceca), la delegazione europea – composta da parlamentari provenienti da diversi Paesi e gruppi politici – ha visitato un caseificio di produzione di Parmigiano Reggiano, simbolo del Made in Italy e modello di riferimento nel panorama delle Dop europee.
xxx Una delegazione della Commissione per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale (AGRI) del Parlamento europeo ha fatto tappa a Reggio Emilia a metà settembre, parte della missione in Italia dedicata all’incontro con alcuni degli attori principali della filiera agroalimentare del Paese e con rappresentanti politici e istituzionali italiani ed europei. Guidata dalla presidente Veronika Vrecionová (Repubblica Ceca), la delegazione – composta da parlamentari provenienti da diversi Paesi e gruppi politici – ha visitato un caseificio di produzione di Parmigiano Reggiano, simbolo del Made in Italy e modello di riferimento nel panorama delle Dop europee. All’incontro hanno preso parte anche gli eurodeputati italiani Stefano Bonaccini e Dario Nardella, che hanno promosso la missione.

Dopo i saluti istituzionali della presidente Vrecionová e dell’onorevole Bonaccini, membro della Commissione, Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, ha accolto la delegazione illustrando le sfide e le opportunità che attendono il comparto. Al centro del confronto alcuni temi chiave per l’agenda europea. In primis, la valutazione positiva della Riforma delle Indicazioni Geografiche 2024 che ha rafforzato i Gruppi e i Consorzi, gli strumenti di tutela, introdotto procedure e tempi certi e ampliato le garanzie per le Dop e Igp.
Non è mancata l’occasione per un’analisi degli scenari internazionali. La delegazione ha infatti raccolto la posizione del Parmigiano Reggiano rispetto alla disputa tariffaria USA-UE, con i dazi voluti dal presidente Donald Trump attualmente fissati al 15%, con un richiamo al ruolo decisivo degli accordi bilaterali (quali i FTA - Free Trade Agreements) nella protezione delle Indicazioni
Geografiche.
L’incontro ha sottolineato l’esigenza di una nuova visione europea, che sappia mantenere un approccio equilibrato alla Politica agricola comune e superi gli estremismi che hanno segnato il dibattito su temi ambientali e di etichettatura nutrizionale come il Nutriscore. Il Parmigiano Reggiano ha ribadito come il modello europeo di agricoltura, fondato su qualità, sostenibilità e legame con i territori, possa rappresentare un motore per la competitività e la resilienza dell’UE nel contesto globale.
La visita di Reggio Emilia ha confermato il ruolo della Dop come eccellenza e laboratorio di esperienze in grado di offrire spunti concreti per l’evoluzione delle politiche agricole europee, rafforzando il dialogo tra istituzioni comunitarie e produttori.
Fonte: Consorzio Parmigiano Reggiano

Forum PMI Italo-Latinoamericano sulla filiera agroalimentare del Lazio: imprese e istituzioni a confronto per lo sviluppo territoriale e la cooperazione commerciale, con l’obiettivo di rafforzare le collaborazioni imprenditoriali, tecnologiche e istituzionali in alcuni dei settori agricoli più strategici

Dal 24 al 26 settembre 2025 si è svolto nel territorio del Basso Lazio il Forum PMI Italo-Latinoamericano sulla filiera agroalimentare del Lazio, promosso da IILA – Organizzazione Internazionale Italo-Latino Americana, Regione Lazio e ARSIAL - Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l'Innovazione dell'Agricoltura del Lazio. L’iniziativa ha rappresentato un’importante occasione di confronto tra imprese, istituzioni del Lazio e dell’America Latina, con l’obiettivo di rafforzare le collaborazioni imprenditoriali, tecnologiche e istituzionali in alcuni dei settori agricoli più strategici per entrambe le aree: eno-oleoturismo, florovivaismo, lattiero-caseario e ortofrutticolo. L’evento si è articolato in tre giornate di lavoro, durante le quali le delegazioni latinoamericane hanno partecipato a visite tecniche presso aziende d’eccellenza del Basso Lazio, approfondendo pratiche legate alla qualità, alla trasformazione dei prodotti e alla sostenibilità ambientale. Tra le tappe più significative, la visita al Centro Agroalimentare all’Ingrosso di Fondi (MOF), uno dei principali mercati ortofrutticoli d’Europa, punto di riferimento
strategico per la logistica e la distribuzione agroalimentare. Di particolare rilievo anche la sessione degli incontri B2B, con oltre 130 riunioni che hanno generato opportunità di collaborazione commerciale tra imprese del Lazio e latinoamericane. A completare il programma, due tavoli tematici dedicati rispettivamente all’innovazione agricola e all’imprenditoria e finanza, che hanno visto la partecipazione di rappresentanti di istituzioni locali, banche, associazioni di categoria e organismi internazionali, tra cui FAO e IFAD.
La Segretario Generale dell’IILA, Antonella Cavallari e il Presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, rappresentando le due istituzioni organizzatrici dell’evento hanno sottolineato la volontà condivisa di sostenere la crescita economica attraverso il dialogo interregionale e la valorizzazione delle filiere produttive locali, in una prospettiva di cooperazione internazionale sempre più concreta e strutturata. Hanno preso parte all’iniziativa 60 tra rappresentanti pubblici e operatori privati provenienti da 14 Paesi dell’America Latina, rappresentanti di istituzioni finanziarie, oltre 40 imprese del Lazio e associazioni di settore. Il Forum ha dimostrato come lo scambio di esperienze e competenze possa tradursi in opportunità reali di crescita, innovazione e sviluppo sostenibile per i territori coinvolti.
Fonte: IILA - Organizzazione internazionale italolatino americana
Dopo aver trattato i focolai di tossinfezione alimentare attribuibili ad alimenti di origine vegetale (Anoa),dasettembrelacampagnasiconcentrasugliadditivialimentari.Nel2024lacampagna ha coinvolto oltre 50 milioni di europei: il 40 % delle persone coinvolte ora tiene attivamente conto della sicurezza alimentare quando fa acquisti.
Per il quinto anno consecutivo, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e il Ministero della Salute hanno lanciato la campagna di comunicazione Safe2Eat con l’obiettivo di far crescere la fiducia dei consumatori nella sicurezza alimentare nell’ambito dell’UE, informando e sensibilizzando i cittadini italiani, per promuovere la capacità di prendere decisioni informate relative alle scelte alimentari di ogni giorno aumentando la consapevolezza su ciò che avviene nelle fasi di preparazione e conservazione dei cibi e al tempo stesso evidenziando il ruolo fondamentale della scienza e delle direttive formulate dagli esperti dell’Efsa, grazie alle quali il cibo sulle nostre tavole è controllato e sicuro. Quest’anno la campagna in Italia è partita ad aprile concentrandosi sui focolai di malattie a trasmissione alimentare attribuibili ad alimenti di origine non animale, ovvero vegetale, meglio conosciuti come Anoa, e da settembre prosegue informando sugli additivi alimentari. Gli additivi alimentari sono sostanze che vengono aggiunte intenzionalmente agli alimenti con uno scopo tecnologico preciso, come migliorare la conservazione, il gusto, l’aspetto o la stabilità del prodotto. Prima di essere autorizzati all’uso, sono sottoposti a una rigorosa valutazione di sicurezza da parte dell’Efsa e successivamente approvati dalla Commissione Europea. Solo dopo queste verifiche entrano a far parte di una lista ufficiale, chiamata "lista positiva", che ne consente l’impiego. Ogni additivo alimentare utilizzato deve essere di grado alimentare con una propria “carta d’identità”, che ne definisce specifiche caratteristiche e requisiti di purezza previsti dai regolamenti europei. Identificato da una sigla composta dalla lettera “E” seguita da un numero, deve essere sempre indicato in etichetta. Alcuni additivi sono sostanze naturali, come la vitamina C (E 300) e la pectina (E 440), presenti nella frutta, la lecitina
contenuta nel tuorlo d’uovo (E 322) o il licopene nei pomodori (E 160d), mentre altri additivi possono derivare da fonti animali, come l’acido carminico (E 120), estratto dagli esemplari di sesso femminile della cocciniglia, o essere sintetizzati chimicamente (ad es. E 123/amaranto, E 160d(i)/licopene sintetico).
Gli additivi si distinguono per funzione: i coloranti (E 100–E 199), i conservanti (E 200–E 299) prolungano la durata degli alimenti, impedendo o rallentando il deterioramento; gli antiossidanti e i correttori di acidità (E 300–E 399) inibiscono, i primi, possibili variazioni da parte dei prodotti alimentari, come ad esempio come l’irrancidimento o le variazioni di colore, i secondi agiscono stabilizzando il grado di acidità e basicità di un prodotto sia ai fini del gusto che della conservazione e aiutano a mantenere il corretto equilibrio acido-base.


Esistono additivi, identificati da altre sigle, utilizzati per altre necessità tecnologiche, legate al processo produttivo.
L’uso degli additivi è regolamentato a livello europeo: le norme stabiliscono esattamente quali additivi possono essere utilizzati, in quali alimenti e in quali quantità. In Italia, il rispetto di queste norme viene verificato dal Ministero della Salute attraverso il Piano Nazionale Additivi Alimentari (2020-2024), che prevede controlli ufficiali su circa 1840 campioni l’anno, con una percentuale media di non conformità pari all’1,16%. Questi dati confermano che l’uso degli additivi alimentari è sottoposto a controllo e ne assicura l’uso corretto nel rispetto delle norme per garantire la qualità e la conservazione dei prodotti alimentari.
Gli additivi sono sempre inclusi negli elenchi degli ingredienti degli alimenti in cui sono utilizzati. Secondo Camilla Smeraldi, tossicologa presso l’Efsa: “Tutti gli additivi alimentari sono sottoposti a valutazione per accertare che possano essere consumati in sicurezza. I consumatori possono essere certi che queste sostanze soddisfano rigorose norme di sicurezza”.
In base a un’indagine Ipsos sull’impatto della campagna Safe2Eat 2024, per i consumatori il sapore è al primo posto con il 56 %, seguito dal costo con il 50 % e, successivamente, la durata di conservazione con il 37
%. Tuttavia, le scelte alimentari si stanno evolvendo: il 40 % delle persone coinvolte nella campagna ora tiene attivamente conto della sicurezza alimentare quando fa acquisti, rispetto al 35 % del grande pubblico. Un aspetto rimane costante: la sicurezza alimentare. Indipendentemente dai fattori che ne influenzano le scelte, gli europei possono fidarsi del fatto che il cibo sulla loro tavola soddisfa alcuni degli standard di sicurezza più elevati al mondo. Grazie al rigoroso sistema di sicurezza alimentare dell’UE, i cittadini sanno da dove proviene il cibo, com’è prodotto e cosa contiene, garantendo così la trasparenza e la sicurezza a ogni pasto.
La campagna Safe2Eat si rivolge al pubblico in generale, da coloro che hanno un elevato livello di consapevolezza e preoccupazioni limitate in merito alla sicurezza alimentare a chi è più preoccupato e meno informato. Lo stile comunicativo è dunque pensato per essere informativo e chiaro, mantenendo al contempo un tono rassicurante, positivo e dinamico.
Fonte: Mailander per Efsa
Pane&Olio come modello di solidarietà nato dall’incontro tra “diversi” che sanno riconoscersi e integrarsi, e, al tempo stesso, abbinamento base della nostra cultura alimentare. Assitol a Pane in Piazza ha rilanciato l’idea di iniziare la giornata con pane fresco artigianale e olio d’oliva, come raccomandato da ricercatori e nutrizionisti.
A Pane in piazza, il grande evento di beneficenza milanese organizzato a Milano dalle Missioni estere dei cappuccini e dalla Famiglia Marinoni, Assitol, l’Associazione Italiana dell’Industria Olearia, ha voluto esplorare il significato profondo della merenda della tradizione, che la stessa Associazione promuove da anni. Questo viaggio intorno all’abbinamento tra pane fresco artigianale e olio extra vergine d’oliva, articolato attraverso degustazioni e talk, ha coinvolto anche rappresentanti istituzionali e associativi. “Abbiamo messo al centro del dibattito i due alimenti iconici della Dieta mediterranea”, ha spiegato Anna Cane, presidente del Gruppo olio d’oliva di Assitol. “Anche se sono una presenza costante sulle nostre tavole, ci siamo chiesti se, nella nostra epoca, la loro carica storica e sociale è ancora forte”. Durante l’incontro “A colazione con Assitol”, l’Associazione ha rilanciato l’idea di iniziare la giornata con pane fresco artigianale e olio d’oliva, come raccomandato da ricercatori e nutrizionisti, grazie alla carica di nutrienti ed energia che la caratterizza. Assitol ha dedicato a questa pietanza anche l’opuscolo “Pane&Olio – la merenda all’italiana”, scaricabile dal suo sito web (https://www.Assitol. it/guida-pane-e-olio/), donato ai rappresentanti istituzionali che hanno partecipato agli assaggi. “Milano è una città attenta al sociale e impegnata nella promozione di un’alimentazione sana e corretta, per tutte e tutti”, ha ricordato Fabio Bottero, assessore all’Edilizia Residenziale Pubblica del Comune di Milano.
“Iniziative come Pane&Olio si muovono in questa direzione. Siamo felici di aver ospitato questa manifestazione nell’ambito di Pane in piazza. Contiamo di proseguire il dialogo che è stato avviato anche in futuro, soprattutto pensando alle persone più fragili della nostra
società: è fondamentale garantire qualità a costi contenuti anche sui prodotti alimentari”.
Milano è città solidale, ma anche olimpionica. Per questo Alessandro Giungi, presidente della Commissione per le Olimpiadi e Paraolimpiadi di Milano-Cortina del Comune di Milano, ha ricordato come “i prossimi Giochi invernali saranno una grande occasione per la nostra cultura, che deve moltissimo al cibo. Promuovere un ‘pezzo’ pregiato della nostra alimentazione come l’abbinamento tra pane e olio, può aiutarci a raccontare il nostro Made in Italy. Inoltre, in un momento di sport come quello che stiamo per vivere, è giusto rilanciare la sana e corretta alimentazione, anche con questa ‘colazione dello sportivo’ che fa bene anche a chi non è un olimpionico”.
Pane&Olio non è però soltanto la merenda della tradizione o la colazione salutare per eccellenza, ma anche un simbolo potente, capace di raccontare la nostra società e i nostri riferimenti culturali. A sottolinearlo è stato Luca Monti, antropologo e docente di Marketing territoriale


all’Università Cattolica di Milano. Persino in una società liquida, che sembra in continua evoluzione, questi due alimenti rappresentano un “incontro tra diversi” che si integrano e si completano. “Insieme, pane e olio ci insegnano che la comunità non è una sola, ma un intreccio di legami. Anche oggi, in un mondo che cambia in fretta, il gesto di spezzare il pane e versare l’olio ci ricorda che essere insieme è ancora possibile e, soprattutto, profondamente necessario. Anche adesso, pane e olio sono simboli antichi, archetipi culturali. Sono il riflesso di una civiltà che ha imparato a valorizzare l’essenziale. Non sono una moda, ma una memoria. Non sono nostalgia, ma un progetto: quello di ritrovare il gusto del possibile, della semplicità, della condivisione”. Per queste ragioni. “pane e olio sono un invito a costruire relazioni nutrienti, solide e profonde”.
Pane e olio, insomma, rappresentano un simbolo potente che fa parte della nostra cultura. Ma che valore hanno questi alimenti, per giunta in un momento di crisi come quello attuale? Per Daniele Meldolesi, presidente del gruppo Lievito da zuccheri di Assitol, “il pane è un alimento emblematico, chi, come noi, coltiva lievito lo sa bene, tuttavia, negli ultimi 50 anni è gradualmente cambiato. Il pane è ancora un alimento essenziale, ma i consumatori hanno cambiato il loro modo di consumare questo prodotto. Semmai, ha visto rafforzare il suo legame con la salute: per questa ragione, oggi sono tantissime le tipologie di pane. In pratica, si è evoluto per essere ancora presente nella dieta degli italiani e tutelare il suo valore”. Il tema del valore riguarda anche l’olio d’oliva. “Si parla sempre di prezzi, mai di valore”, ha chiosato Anna Cane, presidente degli industriali
dell’olio d’oliva. “Abbiamo bisogno di una narrazione diversa, capace di far comprendere quanto impegno c’è dietro una bottiglia d’olio, e quanto bene fa bene questo alimento”.
Assitol è soddisfatta anche per le presenze registrate durante gli incontri organizzati dall’Associazione. Per Palmino Poli, presidente di Assitol, “partecipare a Pane in piazza ha consentito alle nostre aziende di sostenere un grande evento benefico, dimostrando, ancora una volta, l’attenzione alla solidarietà sociale del nostro mondo. Il nostro ringraziamento va alle Missioni Estere dei Cappuccini e alla Famiglia Marinoni, per averci permesso di essere qui e di condividere durante l’evento momenti di grande vicinanza e di riflessione sulla necessità di aiutare i più fragili”. L’evento a Piazza Duomo ha avuto come obiettivo la costruzione di un panificio e di una scuola per panificatori a Bambui, in Camerun. “Ringraziamo, inoltre, le imprese associate che hanno donato i loro prodotti e collaborato al successo della manifestazione, che ha ospitato migliaia di milanesi e di turisti”. La merenda all’italiana è davvero un rapporto di solidarietà, che “nutre” anche lo spirito. Ma che non dimentica di soddisfare il gusto Lo ha dimostrato Antonio Morgese, titolare della storica gelateria Rigoletto di Milano, che, a conclusione degli eventi Assitol a Pane in piazza, ha organizzato una degustazione di pane e olio in versione gelato. “Pane&Olio al cucchiaino conferma che questo abbinamento è vincente persino se trasformato in un gelato artigianale. Per crearlo, abbiamo impiegato un pane a base di quinoa e amaranto e un olio extra vergine 100% italiano, fruttato e dalle note aromatiche intense. Insieme formano un’accoppiata formidabile”.
Fonte: Assitol

Farina Tipo 1 W210 kg 2
Acqua g 950
Olio extra vergine di oliva g 80
Lievito di birra g 50
Sale g 40
Malto in polvere g 40
Semi a piacere
Procedimento
Inserire nell’impastatrice tutti gli ingredienti tranne il sale e il lievito, e impastare in prima velocità per 8 minuti; incorporare il sale per ulteriori 8 minuti e poi aggiungere il lievito 4-5 minuti prima di finire l’impasto.
Senza far riposare l’impasto estrarre dall’impastatrice e pezzare in parti uguali per facilitare la sfogliatura. Modellare ogni pezzo d’impasto con le mani delle masse leggermente arrotondate e poi metterle su assi precedentemente infarinate.
Coprire con teli di plastica e far riposare per 25/30 minuti in cella di fermentazione regolata a 28°C e 80% di umidità relativa.
Togliere le assi dalla cella e laminare con sfogliatrice in più passaggi fino allo spessore di 8/9 mm avendo cura di sfarinare poco, ma costantemente, e modellare la pasta a ogni passaggio.
Dare una forma il più possibile rettangolare da cui ricavare delle strisce di circa 12 mm di larghezza: tagliarle direttamente sull’ala della macchina con un coltello ben affilato o con una rotella, poi arrotolare le strisce per ottenere i grissini.
Decorare con semi sia per gusto che per estetica e disporre su teglie di teflon forate.

Mettere in cella di fermentazione a 28°C e 80 % di umidità relativa per circa 60/70 minuti.
Cuocere a 200°C per 1112 minuti totali con poco vapore. A 8/9 minuti dall’infornamento aprire la valvola. Alla fine della cottura lasciar riposare 7/8 minuti sulle teglie per conferire friabilità
(Ricetta del Maestro Nico Carlucci)
Impasto
Farina tipo 0 kg 2
Lievito di birra fresco compresso g 50
Zucchero semolato g 40
Farina integrale kg 2
Malto ad alto potere diastatico g 20
Acqua g 600
Lievito di birra fresco compresso g 50
Latte intero g 500
Strutto g 100
Malto ad alto potere diastatico g 20
Olio di oliva g 100
Acqua l 1,2
Sale marino fino g 40 Philadelphia g 900
Tritato di carote g 30
Olio extra vergine di oliva g 200
Tritato di prezzemolo g 30
2 Uova
Sale marino fino g 40
Semi di sesamo, semi di lino, semi di papavero
4 minuti totali.
Procedimento
Lasciare riposare l'impasto per circa 20 minuti su tavolo da lavoro precedentemente infarinato, coprendo con telo in cotone. Spezzare in pezzi da 100 g circa e lasciare riposare sul banco da lavoro coperti con telo in cotone per una decina di minuti.

15 minuti a temperatura ambiente coperto con telo in plastica e unto di olio in superficie.
Con l'ausilio di un mattarello schiacciare leggermente e farcire con circa 20 g di Philadelphia aromatizzato, chiudere ermeticamente sul fondo i panini e pirlare.
Riporre in teglie 60x40 foderate con carta da forno e lasciare lievitare in cella di lievitazione a 28°C con il 75% u.r. per circa 60 minuti, o a temperatura ambiente coprendo con telo in cotone e telo in plastica per circa 80 minuti o comunque fino a lievitazione acquisita.
Iniziare l’impasto in planetaria con gancio o impastatrice a spirale inserendo la farina, il lievito e il malto e far ossigenare e mescolare per 1 minuto. Inserire 1,1 litri di acqua a piccole dosi e far incordare il nostro impasto; subito dopo, inseriamo l’olio extra vergine di oliva a piccole dosi fino a che lo stesso sia ben assorbito dall’impasto. Dopo circa 9 minuti in 1° velocità o a velocità moderata, inserire il sale e l’acqua rimanente, impastando per altri 3 minuti in 2° velocità o a velocità elevata.
Tagliare i grissini con una rotella tagliapasta (o macchina grissinatrice), stirare e riporre in teglia 60x40 precedentemente foderata con carta da forno, lasciandoli lievitare per un’ora circa coperti con telo in cotone e telo in plastica a temperatura ambiente.
Cuocere in forno a 210°C circa per 20 minuti o fino a doratura.
Spennellare dolcemente con uovo e cuocere a 220°C per circa 20 minuti con abbondante vapore pre e post infornamento.
Stendere l’impasto con l’aiuto di un mattarello o di una sfogliatrice allo spessore di 2 cm e lasciare puntare

Con l’apporto di semi di chia, semi di sesamo, semi di papavero, nero di seppia, zenzero, curcuma, semi di finocchio si possono variare colorazioni e sapori e apportare valori nutrizionali al nostro prodotto.
La Piadineria rinnova i vertici in vista di un’ulteriore accelerazione dopo aver tagliato ddi recente il traguardo dei 500 ristoranti: la più grande catena italiana del fast casual annuncia la nomina del nuovo ceo Roberto Longo. Andrea Valota resta nel ruolo di General Manager.
Dopo aver recentemente raggiunto il traguardo di 500 ristoranti, Gruppo La Piadineria, proprietario del brand leader nella ristorazione fast casual in Italia, annuncia la nomina di Roberto Longo come nuovo Ceo. A partire da ottobre 2025, Roberto Longo ha raccolto il testimone da Andrea Valota, che resta in azienda con il ruolo di General Manager. Un avvicendamento che sottolinea la volontà dell’azienda di consolidare e accelerare il percorso svolto sin qui, e di aprire nuovi orizzonti di crescita, sia in Italia che all’estero. Il progetto di internazionalizzazione è partito dalla vicina Francia, dove si contano ad oggi 10 ristoranti attivi, di cui 5 a Parigi, con un rapido piano di espansione previsto per il 2026. Longo arriva a La Piadineria dopo oltre quindici anni in McKinsey & Company, dove nel ruolo di Partner si è occupato di Retail, Omnichannel e Food, con focus su trasformazioni commerciali, strategie di crescita ed M&A. Durante gli ultimi vent’anni, ha vissuto in Italia, Regno Unito, Stati Uniti, Emirati Arabi e Singapore. “Sono entusiasta di poter guidare La Piadineria in
una nuova fase di crescita, un brand che rappresenta indiscutibilmente il buono dell’Italia più autentica, con ancora un altissimo potenziale di sviluppo, dentro e fuori dai confini nazionali. Con grande stima, raccolgo il testimone da Andrea, che ha avuto il merito di portarci al traguardo dei 500 ristoranti e ai vertici del settore nazionale. Il nostro prossimo obiettivo è diventare un brand globale, replicando all’estero il modello di successo italiano”, commenta il nuovo Ceo.
La Piadineria, fondata nel 1994, è la più grande catena italiana della ristorazione veloce, con una rete di 500 ristoranti collocati nelle più importanti città italiane e una presenza in rapido sviluppo in Francia. La Piadineria è anche la catena di fast casual food che cresce più rapidamente: ha chiuso infatti il 2024 con quasi 60 nuove aperture e altrettante previste nel 2025. Ad oggi La Piadineria serve ogni giorno una media di quasi 75.000 piadine, cotte e farcite a mano e al momento.
Attualmente La Piadineria conta circa 3700 collaboratori, numero destinato a crescere di almeno 600 nuove risorse ogni anno. Strategico per sostenere questo ritmo di crescita è l’investimento sulle persone, in termini di formazione e sviluppo, sin dall’ingresso in azienda.

Da aprile 2024, la proprietà fa capo al fondo CVC Capital Partners.
Fonte: Master Communication
Un’indagine Nespresso con Swg sul valore dell’esperienza nelle bakery: qualità e varietà al centro della nuova era delle bakery con 1 italiano su 2 che ricerca diverse miscele tra cui scegliere e 2 su 3 che desiderano sperimentare con impasti al caffè

Negli ultimi 5 anni, il settore della panificazione in Italia ha registrato una crescita significativa (+30%), spinta dalla sempre più alta domanda di prodotti artigianali di alta qualità e dal cambiamento delle abitudini di consumo, influenzate anche da modelli ibridi ispirati da trend internazionali. Dall’inglese baking - cuocere in forno, le bakery offrono prodotti da forno dolci e salati, un format che anche in Italia è sempre più amato, tanto da dar vita anche qui al fenomeno del bakery tourism, che spinge viaggiatori e visitatori alla scoperta di panifici artigianali e format innovativi. Luoghi che combinano qualità, artigianalità e innovazione, dove il caffè non è il completamento dell’offerta, ma elemento centrale e distintivo per far vivere esperienze culturali, sensoriali e sociali al cliente finale.
Un contesto dinamico, che rende interessante comprendere come stiano evolvendo gusti e aspettative di un pubblico sempre più attento ed esigente: è qui che si inserisce la ricerca «Oltre l’espresso: varietà, abbinamenti e nuove proposte elevano il caffè nell’offerta bakery» realizzata da Nespresso in collaborazione con l’Istituto di ricerca Swg su un campione di 1.000 individui, che mostra con chiarezza questa evoluzione. Il format delle bakery si conferma sempre più amato, in grado di attrarre anche i più giovani, in particolare i Millennials, che le scelgono spesso per una pausa condivisa tra amici. Più del 90% dei consumatori considera la qualità del caffè un elemento imprescindibile quando entra in una bakery, e 1 su 2 desidera un menu con diverse miscele tra cui scegliere. Ma non solo, emerge la voglia di lasciarsi tentare da caffè aromatizzati (43%), cappuccini speciali o ricette creative (39%) e caffè freddi (34%): dati che evidenziano quanto la varietà sia oggi un valore atteso e riconosciuto, insieme alla voglia di sperimentare, con 2 italiani su 3 desiderosi di provare lievitati realizzati con impasti al caffè. Non si tratta solo di bere un caffè, ma di vivere un’esperienza: il 66% dei clienti sceglie consapevolmente l’abbinamento tra caffè e prodotto da forno, cercando armonia tra sapori e consistenze, e il 58% si dice incuriosito da pairing innovativi capaci di valorizzare entrambe le componenti.
Risulta evidente, quindi, come l’integrazione del caffè nel settore bakery non rappresenti una semplice tendenza passeggera, ma un’evoluzione naturale che risponde a esigenze del mercato, dei consumatori e degli operatori del settore: grazie alla sua complessità aromatica e alla sua versatilità nelle applicazioni, infatti, il caffè si afferma come elemento distintivo per arricchire l’offerta bakery. In questo senso, il caffè si trasforma in un catalizzatore di esperienze e in un ponte tra prodotto,

servizio e relazione inserendosi in un contesto in cui identità e coerenza dell’offerta diventano sempre più determinanti. Nespresso Professional vuole ‘cavalcare’ questa tendenza puntando su qualità e varietà delle miscele per rendere unica l’offerta delle bakery, di oggi e di domani. Una sinergia tra pane e caffè che, grazie ad un’ampia offerta di oltre 20 miscele per il mondo B2B, vive all’ennesima potenza, permettendo ai professionisti del settore di selezionare i caffè perfetti in base alla tipologia del proprio business, e ai clienti finali di scegliere la miscela e il formatto perfetto in base ai proprio gusti, in purezza o in ricette golose. Avere a disposizione miscele differenti, ognuna con caratteristiche specifiche e uniche, permette anche di dare vita a pairing tra
diversi tipi di lievitati dolci o salati e caffè, per esperienze di degustazione uniche, dove il caffè è protagonista insieme alle creazioni da forno. Ma non solo, perché il caffè può diventare anche ingrediente attivo nella panificazione, spaziando da impasti classici a preparazioni innovative, dimostrando come questo ingrediente possa trasformarsi in un elemento di valore tecnico e sensoriale. L’integrazione del caffè nei lievitati, infatti, non è solo una scelta estetica o gustativa, ma una rivoluzione che apre nuove possibilità di gusto.
“È un linguaggio nuovo del caffè, che rispecchia quanto accade anche nel mondo dei panificati: un’esplorazione di stili e influenze internazionali che apre la strada a nuovi modi di consumo e a nuove opportunità di business per le bakery”, ha commentato Dario Sacco, Direttore commerciale B2B Nespresso Italiana.
Da queste basi nasce il progetto che vede Nespresso al fianco di Cerere – L’Atelier del Pane di Corrado Scaglione, Maestro Panificatore che grazie alla sua esperienza nella lievitazione naturale e nell'uso di ingredienti eccellenti è un punto di riferimento per il settore, impegnato da sempre nel valorizzare le radici artigianali con uno sguardo rivolto alla ricerca contemporanea. Alle porte di Milano, nella provincia di Monza-Brianza, Cerere – L’Atelier del Pane offre la possibilità di degustare diverse miscele in pairing alle creazioni da forno di Corrado Scaglione e dal Baker Roberto Briguglio: ed è così che, nel segno della scoperta e della sperimenta-


zione, un Pan Frutto Esotico con mango, papaya, cocco, ananas, anacardi e arachidi salate incontra la rotondità del Brazil Organic, un’Arabica monorigine dal profilo morbido e avvolgente, con note di cereali, miele e biscotto che valorizzano la dolcezza naturale della frutta tropicale, mentre il tocco salato delle arachidi crea un equilibrio raffinato e sorprendente. E ancora, un Pane con Pomodorini, Capperi e Olive si sposa con Ristretto, miscela di Arabica dal Brasile e Guatemala dal corpo pieno e dalla tostatura scura, con intense note di cacao che si fondono con i toni sapidi e mediterranei del pane, dando vita a un connubio deciso e autentico. Pairing che raccontano il piacere del caffè in chiave contemporanea: un viaggio tra aromi, culture e sensazioni che regala un momento di scoperta.
Un legame, quello tra Cerere e Nespresso, che non si ferma qui e guarda al futuro con l’obiettivo di esplorare le infinite possibilità del caffè nel mondo bakery. Da qui nasce l’intera linea esclusiva di panificati che integrano il caffè Nespresso negli impasti, sviluppata da Corrado Scaglione e dal Baker Briguglio, disponibile nell’offerta di Cerere.
“Abbiamo voluto dimostrare che il caffè può trasformarsi in un ingrediente tecnico e sensoriale capace di arricchire gli impasti e sorprendere chi li assaggia. È un equilibrio tra radici artigianali e ricerca contemporanea, che ci permette di guardare al futuro senza dimenticare le
nostre origini. Lavorare con il caffè significa aprire nuove possibilità creative, offrire prodotti unici e stimolare la curiosità di un pubblico sempre più esigente”, commenta Scaglione.
“Abbiamo lavorato a quattro mani per dare vita a creazioni uniche, che integrano il caffè come ingrediente e ne esaltano le sfumature più autentiche. Per la linea di panificati abbiamo scelto di utilizzare il caffè Ristretto della nostra linea Nespresso Professional. È un caffè che, all’interno dell’impasto, si riconosce al primo assaggio, e che dosato con equilibrio diventa parte armoniosa dell’impasto, rivelando un piacere che cresce morso dopo morso, senza mai essere eccessivo. Solo per il Pane sfogliato al burro abbiamo scelto Caffè Vanilio, sempre della linea Nespresso Professional, un 100% Arabica dal Brasile e dalla Colombia, con delicate note di vaniglia che si fondono perfettamente con la ricchezza del burro”, ha aggiunto Irene Falcone, Coffee Ambassador Nespresso Italiana, che ha affiancato Scaglione e Briguglio nello sviluppo della linea.
Fonte: MSL Italia


Nutella celebra la Giornata Mondiale del Pane con un nuovo spot e dieci videostorie digitali. Il progetto “Pane e Nutella”, nato nel 2022 come tributo a uno degli abbinamenti più amati della colazione italiana, torna on air con Havas e PublicisKin
Il 16 ottobre è la Giornata Mondiale del Pane, una ricorrenza nata per celebrare uno degli alimenti più antichi e amati dagli italiani, e per rendere omaggio all’arte tradizionale della panificazione. In occasione della celebrazione, Nutella ha realizzato un videoracconto della durata di un minuto, in cui si intrecciano la tradizione dei pani regionali e le storie di famiglia dei panettieri protagonisti. La campagna è on air dal 17 ottobre, per tre settimane su tutte le principali emittenti tv con 2 soggetti da 20".
Il progetto “Pane e Nutella”, nato nel 2022 come tributo a uno degli abbinamenti più amati della colazione italiana, evolve nel tempo per raccontare la ricchezza della tradizione regionale. L’edizione 2025 invita a compiere
un viaggio nel gusto e nella cultura del pane, attraverso una narrazione che valorizza le varietà locali e le dieci storie che le accompagnano.
La campagna pubblicitaria dedicata al progetto riporta al centro dell’attenzione l’arte della panificazione attraverso un racconto autentico. Nella sua declinazione per i canali digitali, la creatività propone la novità dei racconti in videostorie, che hanno come protagonisti dieci veri panettieri, provenienti dalle diverse regioni italiane. Dieci storie dove i sapori e le tradizioni dei pani regionali si intrecciano alle famiglie che con amore hanno scelto di celebrare questo lavoro ogni giorno: da nord a sud vengono raccontate pillole di vita quotidiana, di famiglia, di tradizioni ma anche di nuove avventure, di fatiche ma soprattutto di passione per un prodotto simbolo della gastronomia italiana che sta vivendo una vera e propria rinascita. La declinazione digitale della campagna vivrà sulle principali piattaforme del brand, dove le videostorie con le testimonianze dei dieci panettieri saranno fruibili nel loro formato intero sul sito Nutella.it e sul canale Youtube, nelle declinazioni da 20” per i formati sponsorizzati e da 10” per i social. Inoltre, grazie alle segnalazioni sulle varietà di pani regionali, e al successivo lavoro dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, l’hub Pane e Nutella sarà arricchito ulteriormente portando a 270 le tipologie di pane inserite. Ad integrazione della campagna di comunicazione saranno attive delle iniziative promozionali per i consumatori e saranno coinvolti 140 punti vendita in 4 città italiane (Milano, Roma, Cagliari, Napoli). Inoltre, il formato panetteria da 400 grammi si vestirà con un’etichetta ad hoc, dando visibilità ad un pane per ciascuna regione d’Italia, per un totale di 20 etichette.

Fonte: Ferrero
Il pane per cavalli permetteva ai panettieri professionisti di trasformare i loro avanzi in una merce.Ipanettieripotevanoriciclarelacruscaavanzataperfareilpanepercavalliaggiungendo solo un po' di farina e acqua, impastando o lievitando appena l'impasto, e poi cuocendolo.

La rivista Atlas Oscura ha dedicato un ampio articolo a un particolare uso del pane nell’antica Inghilterra, fino alla rivoluzione industriale: il pane per cavalli. Tipicamente, spiega la rivista, “un pane piatto e marrone cotto insieme al pane per gli esseri umani, ha alimentato il sistema di trasporto equino inglese dal Medioevo fino all'inizio del 1800. Era così importante dal punto di vista logistico che era più regolamentato rispetto al suo omologo destinato al consumo umano, con i panificatori commerciali che dovevano rispettare leggi che stabilivano chi poteva cuocere il pane per cavalli, nonché il prezzo, le dimensioni e, occasionalmente, anche la composizione del pane. Questo pane onnipresente era fatto con un impasto di crusca, farina di fagioli o una combinazione dei due ingredienti, ed era tipicamente
piatto, grossolano e marrone”.
Atlas Obscura cita ad esempio un trattato del 1616 scritto da Gervase Markham che notta, tra l’altro, “In Inghilterra e in altri luoghi... un certo tipo di pane che chiamano pane per cavalli... è così diffuso tra loro che non troverete una locanda, una birreria o un porto comune che non lo abbia”.
I cavalli medievali, continua la rivista, “consumavano circa 20 libbre di cibo al giorno. Questi enormi animali erano responsabili del trasporto di persone e merci attraverso l'Inghilterra ad alta velocità. Dopo un lungo viaggio, i cavalli esausti dovevano riprendersi rapidamente per un altro viaggio, quindi avevano bisogno di carboidrati e proteine, velocemente”. Con l’utilizzo del pane, spiega Atlas Obscura, si risparmiava tempo end energia nel nutrire i cavalli end era più facile da trasportare, è chiaro, ddi erbe e cereali. "Sono convinta che il pane per cavalli sia una soluzione molto ragionevole al problema ricorrente di come nutrire i cavalli. Essi


richiedono una quantità enorme di mangime e in un'economia medievale deve essere stato un incubo logistico, soprattutto durante i viaggi“, commenta nell’articolo
Madonna Contessa Ilaria Veltri degli Ansari, una rievocatrice medievale che ha preparato il pane per cavalli. ”Ritengo che il pane per cavalli sia l'analogo dell'epoca dei pellet che usiamo oggi”, aggiunge.
Il pane per cavalli permetteva anche ai panettieri professionisti di trasformare i loro avanzi in una merce. I panettieri potevano riciclare la crusca avanzata per fare il pane per cavalli aggiungendo solo un po' di farina e acqua, impastando o lievitando appena l'impasto, e poi cuocendolo. I panettieri producevano anche pane per cavalli con farina di fagioli a basso costo o una miscela di farina di fagioli e crusca.
Questo pane integrale era probabilmente più appetitoso di quanto sembri, continua l’articolo. “La crusca ha il sapore complesso e ricco di noci associato ai cereali integrali e, per trasformarla in un impasto, i fornai ricorrevano spesso alla farina di segale, un'opzione economica e significativamente più dolce del grano.
Ma nell'Inghilterra preindustriale, continuiamo a seguire l’interessante articolo di Atlas Obscura “il pane per cavalli aveva il sapore della vergogna. Il pane scuro di crusca era in fondo alla gerarchia che assegnava il pane integrale ai contadini e ai servi e riservava il pane bianco all'élite. In effetti, gli inglesi ricorrevano al pane per cavalli nei periodi di difficoltà, mentre i poveri lo mangiavano probabilmente tutto l'anno. E poiché il pane per cavalli veniva dato da mangiare agli animali da lavoro,
gli esseri umani che lo mangiavano erano guardati con disprezzo. Nella commedia di Ben Johnson del 1598, Every Man Out Of His Humour, un personaggio ricco insulta un gruppo di contadini con la frase: “Voi mascalzoni logori e mangiapane-di-cavallo”. Nel 1500 e nel 1600, le élite spinsero ulteriormente questa distinzione, dando da mangiare un pane bianco arricchito ai cavalli da corsa che si avvicinavano al giorno della gara. Gervase Markham, autore di molte delle ricette dettagliate di pane per cavalli giunte fino ai giorni nostri, conclude Atlas Obscura, fu il promotore di questo cambiamento. Influenzato dal crescente movimento scientifico empirico, Markham si oppose alla tradizione di somministrare ai cavalli erbe che conferivano loro qualità magiche, sostenendo invece che i cavalli dovessero essere nutriti con pane più ricco e raffinato man mano che si avvicinava il giorno della corsa, al fine di aumentare il loro apporto nutrizionale.
Nella sua ricetta per il “Last Bread”, somministrato ai cavalli durante le ultime due settimane di allenamento, scrive che dopo aver mescolato la farina di grano e di fagioli, i fornai dovrebbero “impastarla con lievito di birra molto dolce, birra forte nuova e lievito sbattuto insieme, oltre che con gli albumi di almeno venti uova, senza aggiungere acqua, ma solo una piccola quantità di latte fresco”. Lasciato lievitare prima della cottura, questo “Last Bread” era soffice, bianco e ricco, simile al pane bianco da tavola che la classe alta consumava a cena.
Fonte: Atlas Obscura
Mignon - Eccellenze Napoletane lancia a Milano il Caffè Velato: un espresso unico – firmato dal maestro del caffè Gianni Cocco - che unisce la crema di pistacchio con la spuma di ricotta dei Monti Lattari servito in tazzine artigianali in porcellana di Capodimonte, frutto dalla collaborazione con il Polo delle Arti “Caselli-Palizzi”.

Un inedito incontro tra caffè e alta pasticceria debutta a Milano: stiamo parlando del “Caffè Velato”, frutto della collaborazione a quattro mani tra il maestro del caffè Gianni Cocco - Italian Coffee Trainer, innovatore e formatore di livello internazionale - e la Pasticceria Mignon - Eccellenze napoletane.
Nasce così un nuovo genere di conforto emotivo, un caffè espresso con crema di pistacchio, una soffice spuma di ricotta dei Monti Lattari e un tocco di polvere d’oro. Equilibrismo dei sensi in una tazzina, Mignon trasforma l’espresso in una piccola esperienza di alta pasticceria, capace di sorprendere con la sua intensità aromatica e la sua eleganza visiva. A rendere ancora più distintiva l’esperienza, ci sono le tazzine e la zuccheriera artigianali in porcellana di Capodimonte, nate dall’incon-
tro tra Mignon e l’Istituto Polo delle Arti “Caselli-Palizzi”, custode della tradizione secolare della ceramica napoletana. Il Caffè Velato sarà disponibile in esclusiva presso la Pasticceria Mignon - Eccellenze Napoletane in Corso di Porta Romana 48, a Milano, a partire dal 1° novembre.
Con questa nuova proposta, Gianni Cocco eleva l’espresso a strumento di espressione gastronomica, reinterpretandolo in chiave dolce secondo una logica di integrazione tra caffetteria e pasticceria.
Il punto di partenza è un espresso strutturato, con una buona base di corpo e intensità aromatica, selezionato per resistere all’interazione con grassi nobili e zuccheri, e per dialogare con elementi dolci senza perdere definizione. Sopra di esso viene adagiata una spuma di ricotta dei Monti Lattari: ingrediente che evoca il territorio campano, ma anche tecnicamente interessante per la sua doppia funzione texturale e aromatica. La ricotta, montata in spuma, alleggerisce il profilo della tazzina conferendole una cremosità lattica non invadente, con note vegetali e un delicato contrappunto acido, che bilancia il tenore zuccherino del pistacchio.
Il cuore della ricetta - la crema di pistacchio - svolge un ruolo da protagonista sensoriale: è l’elemento avvolgente che genera la sensazione piena in bocca. La scelta del pistacchio introduce un registro aromatico complesso, tra tostato e fruttato, che si lega bene ai sentori del caffè (nocciola, cacao, caramello). La dolcezza è misurata, segno di un controllo preciso dell’equilibrio gustativo. A chiudere, la polvere d’oro, che completa la costruzione visiva: trasforma il servizio in un gesto, in un atto

simbolico che evoca cura, eleganza, e un’idea di lusso discreto. Un esercizio di tecnica e identità, perfettamente allineato con la filosofia di Mignon: trasformare piccoli gesti quotidiani in momenti di eccellenza sensoriale. Il Caffè Velato viene servito in particolari tazzine di porcellana di Capodimonte nate dalla collaborazione tra Mignon e l’Istituto Polo delle Arti “Caselli-Palizzi”, all’interno del progetto Caselli – Real Fabbrica di Capodimonte, e grazie al contributo che l’azienda ha destinato a sostenere i giovani studenti in formazione: ogni pezzo è frutto del lavoro artigianale che unisce antica maestria e creatività contemporanea: la superficie bianca e lucida della porcellana è parzialmente avvolta da un drappeggio materico modellato a mano, come un velo di tessuto che si fonde con la ceramica, evocando le sculture barocche napoletane. A contrasto, il manico dorato - rifinito in oro lucido - aggiunge una nota di luce e raffinatezza, trasformando il semplice atto di bere un caffè in un piccolo rituale dove gusto e sguardo, sensazioni visive e palatali si conciliano.
Il progetto testimonia come la collaborazione tra scuola, impresa e territorio possa generare risultati di valore, con ricadute culturali e sociali. Gli studenti hanno seguito l’intero processo creativo – dall’ideazione alla prototipazione fino alla realizzazione finale – nell’ambito di una donazione che Mignon ha scelto di devolvere per sostenere uno dei fondamenti culturali più noti della manifattura campana, rafforzando così il legame virtuoso tra formazione, cultura e sviluppo economico.
Fondata nel 2016, Mignon – Eccellenze Napoletane nasce con il primo punto vendita alla Stazione Centrale di Milano e si afferma come firma della pasticceria partenopea contemporanea. Oggi conta store nelle principali
città e hub di viaggio: Milano Centrale, Torino Porta Nuova, Roma Termini e Aeroporto di Fiumicino. Nel 2025 il marchio approda nel cuore del capoluogo lombardo con la nuova apertura in Corso di Porta Romana 48, un elegante spazio che interpreta l’idea della pasticceria come salotto urbano. Tra sfogliatelle, babà, pastiere e il celebre formato “mignon”, il brand celebra la tradizione napoletana con attenzione alla qualità, all’innovazione e alla sostenibilità.
Gianni Cocco, il maestro del caffè è nato a Nuoro nel 1980 e si appassiona fin da ragazzo al mondo del caffè. In Sardegna muove i primi passi per poi spostarsi a Milano dove affina la tecnica nella latte art e nei metodi di estrazione. Gianni è master coffee trainer nella catena Adler, Belmond e docente dell'accademy Bruno Vanzan oltre che Italian Coffee Trainer per l’Accademia Italiana Maestri del Caffè (AICAF) e Grading Nero nel sistema di Certificazione Internazionale Latte Art Grading System.
Fonte: Nemo Monti

Il settore saluta l’estate con dati positivi: per Circana, l’Italia ha trainato i consumi di gelato in Europa rappresentando insieme a Francia e Spagna il 68% delle porzioni vendute nei primi 5 mercati. E più in generale, la crescita estiva a valore nel nostro paese è stata del +3% rispetto al 2024.
L’Italia traina i consumi di gelato in Europa, rappresentando – insieme a Francia e Spagna – il 68% delle porzioni vendute nei primi 5 mercati. All’interno di una crescita estiva che nel nostro paese, a valore, è stata del 3% rispetto al 2024, periodo nel quale si concentra almeno il 70% del fatturato del settore in Italia stimato intorno ai 3 miliardi di euro.
Sono i dati, positivi, con cui l’intera filiera del gelato artigianale si presenterà a Sigep World - The World Expo for Foodservice Excellence, organizzato da Italian Exhibition Group (IEG) alla Fiera di Rimini dal 16 al 20 gennaio 2026. Giunto alla 47a edizione, l’evento si conferma la vetrina internazionale con il meglio delle filiere industriali di gelato, pasticceria, cioccolato, caffè, panificazione e pizza. Si prevede un’edizione da record, con 1.300 brand espositori da oltre 30 Paesi, distribuiti su 30 padiglioni, e una stima di operatori professionali in visita provenienti da oltre 150 nazioni.
L'offerta dedicata al gelato artigianale sarà la più completa a livello globale, coprendo l'intera catena del valore. Tecnologia e attrezzature (dalle macchine di ultima generazione alle vetrine refrigerate), materie prime, ingredienti e semilavorati, design e arredo fino alle più innovative soluzioni digitali per ogni modello di business del foodservice: dalla gelateria indipendente alle catene organizzate, fino ai quick service restaurant, i locali fine dining e l’ospitalità luxury. Sigep World intensifica le iniziative mirate a espandere la presenza del gelato artigianale italiano nei mercati chiave. Si parte dal progetto ‘Sigepland’ dedicato alla Germania, che rappresenta il secondo mercato mondiale per numero di gelaterie dopo l’Italia. L’iniziativa prevede tour guidati personalizzati per migliaia di professionisti tedeschi, facilitati anche dal volo diretto Monaco-Rimini du-


rante la fiera, per favorire il networking e l’esplorazione dell’offerta espositiva. Un programma ricco di momenti di convivialità pensati per offrire un’esperienza immersiva. Sempre sull’estero, Sigep World avrà l’India come Guest Country della 47esima edizione: una scelta che testimonia la forte espansione e l'enorme potenziale del mercato asiatico per l'industria dell'ospitalità e del gelato italiano. La delegazione di operatori indiani in arrivo a Sigep avrà l’opportunità di esplorare da vicino le potenzialità del gelato artigianale di tradizione italiana. Infine, la campagna digitale “What is Gelato?”, che mira a educare investitori e operatori esteri sulla cultura, qualità e sulle innovative applicazioni del gelato nel foodservice. L'iniziativa, in collaborazione con Acomag (Associazione Nazionale Costruttori Macchine Arredamenti Attrezzature per Gelato) e Unione Italiana Food – Gruppo Prodotti per Gelato, metterà in contatto la filiera italiana con i grandi player della ristorazione mondiale tramite workshop e masterclass.
L’arena di Sigep World ospiterà l'attesissima Gelato World Cup, la competizione internazionale biennale che vedrà sfidarsi team di professionisti della gelateria. L’undicesima edizione vedrà l'Italia, detentrice del titolo 2024, confrontarsi con altre 11 nazioni d'élite: Francia, Belgio, Polonia, Giappone, Singapore, Indonesia, Cina, Argentina, Messico, Perù, Ecuador. Le squadre si sfide-
ranno in otto spettacolari prove che combinano rigore tecnico, gusto e abilità artistica.
I dati Crest di Circana sottolineano la centralità dell’Italia nel mercato comunitario: “Nonostante alcune incertezze legate a condizioni climatiche non favorevoli, l’estate traina i consumi di gelato in Italia, Francia e Spagna, che insieme rappresentano il 68% delle porzioni servite nei primi 5 Paesi europei”, spiega Matteo Figura, direttore esecutivo Foodservice Italia di Circana. “Il gelato si conferma parte di una categoria del piccolo lusso accessibile al quale i consumatori non rinunciano volentieri”. Mentre per AIG (Associazione Italiana Gelatieri), l’estate ha confermato le previsioni di consumo. A valore, la crescita si è attestata al +3% rispetto al 2024: a trainare il settore è stato soprattutto il centro Italia (+5%) grazie alle città d’arte e il sud (+4%), mentre il nord ha avuto una crescita minima dovuta soprattutto al maltempo.
Fonte: Mind The Pop
Anteprima e nuovi premi per un’edizione da ricordare. L’edizione 2025 dell’evento creato da Stanislao Porzio, la diciottesima, avrà luogo nei giorni 28, 29 e 30 novembre presso il Parco Esposizioni Novegro, come negli scorsi due anni.
Re Panettone® 2025 parte con un’Anteprima venerdì 28 novembre, riservata a chi, prima di venire a Re Panettone®, avrà già deciso di fare un certo numero di acquisti, ma è solo la prima novità di questa edizione della ‘maggiore età’ per la manifestazione milanese. Nel 2025 viene istituito un nuovo premio, un premio letterario. Il panettone, infatti, non è solo un dolce. Sinonimo del Natale, metafora della sua Milano, ha assunto e può assumere i significati più vari, come hanno dimostrato i racconti di Dino Buzzati (Il panettone non bastò), di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (La gioia e la legge), di Alberto Moravia (Er picche nicche). Non c’è da stupirsi, perciò, se Re Panettone® si regala il Premio Le pagine di Re Panettone®, per un racconto breve inedito, tra le 4000 e le 8000 battute, scritto in italiano o in milanese, la lingua del panettone. Tema della prima edizione: Il panettone e la musica. In giuria nomi noti nell’ambito della critica musicale e della ricerca musicologica, come Guido Barbieri, Sandro Cappelletto, Giuseppina Manin e Danilo Prefumo, un’antropologa, Silvia Romani, una dialettologa e storica della lingua italiana, Silvia Morgana, e Stanislao Porzio, il fondatore di Re Panettone®. Al vincitore, una targa e un panettone da 5 kg; i primi racconti in classifica saranno pubblicati sul sito repanettone.it. Bando e profili dei giurati sono sul sito della manifestazione (https://repanettone.it/ premio-le-pagine-di-repanettone/). Sono giunti alla Giuria 40 racconti,
di cui 2 in milanese; la Giuria è già al lavoro. La cerimonia di premiazione avverrà il 29 novembre intorno alle 16.30 nella sede della manifestazione. Il Premio Le pagine di Re Panettone® ha ottenuto il Patrocinio della Famiglia Meneghina Società del Giardino, associazione culturale fondata nel 1924 con lo scopo di promuovere e divulgare la storia, i costumi, l’arte e la cultura milanesi. Seconda novità è il Premio Panettone Partenope. L’appellativo non si riferisce solo alla città di Napoli, ma anche alla sua dea protettrice, la sirena che portava il nome che poi passò alla città. Questo premio intende essere un omaggio di Milano e del suo interprete Re Panettone® alla città di Napoli, di cui quest’anno ricorre il duemilacinquecentesimo anniversario della fondazione. Inoltre è anche un omaggio a Ennio Morricone, il grande musicista romano scomparso nel 2020, di cui quest’anno verrà rappresentata in prima assoluta al San Carlo di Napoli l’unica opera lirica, appunto Partenope, il


cui libretto è stato composto da due dei giurati del premio letterario, Guido Barbieri e Sandro Cappelletto. Lo stesso giorno della prima del San Carlo, il 12 dicembre, saranno presentati anche a Napoli i primi tre panettoni in classifica.
Cambia qualcosa anche nel Premio Re Panettone® Milano 2025. La prima categoria resta il “Panettone”, che si riferisce all’unico dolce che secondo il DM del 22-07-2005, possa fregiarsi di questo nome senza altri attributi, cioè il tradizionale milanese, detto anche classico: sulla cima niente glassa e taglio a croce; all’interno in sospensione agrumi canditi e uvette. Seconda categoria il “Panettone da 5 kg”, cioè un panettone tradizionale milanese di una pezzatura particolare e difficile da preparare. Oggi è poco diffusa, ma in passato era molto amata a Milano, perché consentiva di servire un numero molto alto di invitati a feste con grande partecipazione. Re Panettone, con questo premio, vuole promuoverla. E, a questo scopo, il panettone vincitore della categoria sarà l’altro premio che il primo classificato del già citato Premio Le pagine di Re Panettone® otterrà insieme alla targa. Il “Panettone salato” è l’ultima categoria del Premio, molto invocata dai giurati delle ultime edizioni. Si tratta di un lievitato con almeno il 50% dell’impasto del panettone e per il resto ingredienti che gli diano una caratterizzazione salata, dai pomodori al formaggio, dai
salumi alle verdure. Farciti di ingredienti molto più delicati di quelli dei panettoni dolci, i panettoni salati hanno una vita molto breve, a volte di una sola settimana, cosa che il pubblico deve tenere bene a mente nei suoi acquisti. La vita dei panettoni di Re Panettone®, comunque, è in generale relativamente breve, perché il suo organizzatore, Stanislao Porzio, chiede ai pasticcieri partecipanti di non utilizzare ingredienti di sintesi, che prolungano la vita dei lievitati a scapito della loro digeribilità, e di evitare anche lieviti naturali disidratati o mix, che li rendono prodotti standardizzati.
Mentre le Giurie Tecniche valuteranno le categorie “Panettone”, “Panettone da 5 kg” e “Panettone salato” e decreteranno i vincitori del “Premio Panettone Partenope”, la Giuria Popolare giudicherà due categorie: “Panettone” e “Panettone salato”. Queste le novità dell’anno per i Giurati Popolari: ai Giurati Popolari verrà inviato sul cellulare il riepilogo dei voti dati subito dopo il loro invio; ai Giurati Popolari verrà inviata sul cellulare la classifica appena sarà disponibile. Sul sito, appena effettuata la premiazione, saranno pubblicate le classifiche della Giurie Tecniche e della Giuria Popolare. La premiazione delle categorie Panettone e Panettone salato avrà luogo domenica 30 novembre. Main sponsor il Molino Dallagiovanna, che sostiene la manifestazione sin dalla sua prima edizione.
Fonte: Re Panettone®
La versione frozen dell’iconico dolce natalizio al cacao è opera di Tonitto 1939. Tradizione, gusto e innovazione si incontrano per creare un’esperienza unica a tavola, dove il sapore del Panmoro Bauli diventa protagonista delle feste 2025
Il gelato è da sempre un simbolo di piacere e convivialità, capace di arricchire ogni tavola con un momento di dolcezza e freschezza, anche a Natale. Per questo, in occasione delle feste 2025, Tonitto 1939 ha realizzato, in collaborazione con la storica azienda veronese, il nuovo gelato Panmoro Bauli, un incontro unico tra la qualità del gelato e il sapore inconfondibile del celebre dolce natalizio italiano al cacao.
L’innovativo Panmoro Bauli si estende dunque anche alla categoria gelati grazie al lancio del nuovo gusto omonimo: una base di gelato al cioccolato, arricchita da soffici pezzi di dolce al cacao, per richiamare fedelmente l’esperienza sensoriale del prodotto originale. Tonitto 1939 ha selezionato solo ingredienti tracciati lungo l’intera filiera, senza conservanti e OGM, per offrire un prodotto autentico e raffinato.
La combinazione di gelato al cioccolato e piccoli pezzi di dolce al cacao richiama il gusto e la struttura del prodotto originale, rendendolo perfetto da servire come dessert nelle tavole delle feste. Con questa novità, Tonitto 1939 amplia la propria gamma di gelati, offrendo una proposta che unisce la tradizione dolciaria natalizia italiana a un’esperienza di gusto ricca e piacevole.
Oltre al Panmoro Bauli, Tonitto 1939 propone anche i gelati ispirati ai classici natalizi italiani, come il gelato al pandoro e al panettone Bauli, sempre realizzati in collaborazione l’azienda veronese e reinterpretati in versioni cremose e avvol-
genti che racchiudono l’essenza dei dolci tradizionali. Il primo unisce la fragranza della vaniglia e il caratteristico aroma del pandoro, dando vita a una consistenza cremosa e rinfrescante, mentre il secondo con la presenza di frutta candita e uvetta richiama la tradizione dolciaria italiana, offre un sapore che combina freschezza e ricchezza gustativa. In questo modo, l’azienda continua a offrire ai propri consumatori “un momento di piacere e felicità”, celebrando la tradizione dolciaria veronese con un tocco innovativo.
Fonte: Encanto PR

L’iconico vaso Amarena Fabbri in un francobollo da collezione: presentato presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy il francobollo realizzato da Poste Italiane, dedicato alla storica azienda bolognese, un simbolo prestigioso che celebra un’eccellenza tutta italiana.

L’inconfondibile vaso in ceramica dai decori bianchi e blu, circondato da amarene e sormontato dal logo dell’azienda: questo il disegno realizzato da Poste Italiane per Fabbri 1905 e reso pubblico alla presenza del Sottosegretario di Stato con delega alla filatelia, Fausta Bergamotto presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy. L’azienda bolognese è infatti tra quelle selezionate per la serie tematica di francobolli “Le Eccellenze del sistema produttivo e del Made in Italy” dedicata al settore alimentare.
Un’ulteriore conferma di quanto l’iconografia di Fabbri 1905 sia ormai parte del patrimonio culturale italiano. Il caratteristico decoro del vaso Amarena Fabbri, infatti, era entrato già nel 2022 nel registro dei Marchi Storici Italiani istituito dal Ministero dello Sviluppo Economico. Nel 2019 il vasetto in opaline da 600g era stato esposto al MoMa Design Store di New York assieme ad altri prodotti che hanno fatto la storia del Made in Italy, senza dimenticare la sentenza storica del Tribunale del Popolo di Shanghai che, nel 2020, aveva riconosciuto come inimitabile l’inconfondibile vaso bianco e blu Amarena Fabbri anche in Cina.
“Ricevere da Poste Italiane l’onore di un francobollo dedicato a Fabbri 1905 è per noi motivo di profonda emozione e di grande orgoglio”, ha dichiarato Carlotta Fabbri, Digital Marketing & Sales Director di Fabbri 1905. “Questo riconoscimento celebra non solo una storia imprenditoriale lunga oltre un secolo, ma anche una tradizione familiare che, dal 1905, con passione, innovazione e tenacia ha saputo portare nel mondo un’autentica eccellenza italiana.”
“Con l’emissione odierna della serie filatelica Le Eccellenze del sistema produttivo ed economico dedicata all’agroalimentare rendiamo omaggio a imprese dalle radici profonde nei territori, fondate sul lavoro ben fatto e sulla perseveranza. Generazione dopo generazione, questi marchi hanno accompagnato la vita degli italiani e sono oggi riconosciuti in Italia e nel mondo come sinonimo di qualità, gusto ed affidabilità. Con questo gesto, il Mimit ribadisce il proprio impegno a valorizzarle, sostenendone crescita, innovazione ed export.”, ha dichiarato il Sottosegretario Bergamotto.
Fonte: Fabbri 1905
Innovation Day per Ferrero dedicato a Nutella Crêpe, Eat Natural Fetta alla Frutta, Kinder Duo, Kinder Crispy e tre nuove varianti di tavolette firmate Ferrero Rocher: cinque i nuovi prodotti destinati al grande pubblico presentati alcune settimane fa alla stampa e agli addetti ai lavori.
Si è svolto di recente a Milano il “Ferrero Innovation Day Italia”, organizzato per presentare i nuovi prodotti in arrivo sul mercato italiano, celebrando contempo l'innovazione e le capacità imprenditoriali del Gruppo Ferrero. "Per Ferrero Italia”, spiega l’azienda in un comunicato stampa, “questo appuntamento rappresenta un’occasione per confermare la volontà di trasferire valore sul mercato attraverso le innovazioni di prodotto messe a disposizione dal Gruppo, propedeutiche all’ampliamento dell’offerta commerciale e al presidio di nuovi segmenti di mercato, nonché di occasioni di consumo per sostenere la crescita sul mercato locale".
Nel corso del Ferrero Innovation Day Italia sono stati presentati cinque nuovi prodotti. Proseguendo il percorso di innovazione che ha caratterizzato Nutella negli ultimi 24 mesi e che ha visto l’apice nel corso del 60° anniversario dalla sua creazione, per il segmento frozen bakery è stata presentata Nutella Crêpe, la prima crêpe pronta, targata Nutella. Nel segmento delle barrette proteiche e alla frutta e cereali, è stata presentata ufficialmente Eat Natural Fetta alla Frutta, una linea di barrette morbide alla frutta caratterizzata da una lista ingredienti contenuta, che si riduce a soli due ingredienti nelle versioni arachidi e nocciole. Le barrette Eat Natural Fetta alla Frutta sono realizzate con ingredienti di origine naturale, come datteri, mele, mirtilli rossi, nocciole, mandorle e arachidi. Le novità coinvolgono anche il marchio Kinder. Nascono infatti sia i biscotti Kinder Duo, che si affiancano agli ormai affermati Kinder Kinderini, con l’obiettivo di ampliare l’offerta del brand nel segmento dei biscotti adatti alla merenda, sia il nuovo Kinder Crispy, il primo snack Kinder che coniuga wafer, biscotto e cioccolato, destinato

ampliare l’offerta Kinder in un segmento già ampiamente presidiato dall’iconico Kinder Bueno.
Infine, sono state presentate tre nuove varianti di tavolette firmate Ferrero Rocher: Fondente 70%, Caramello Salato e Nocciola, Noci di Macadamia e Nocciola. "Per Ferrero l’innovazione è un valore fondante e rappresenta il motore di un sistema che unisce qualità, persone e unicità. In Italia l’innovazione si muove lungo due direttrici, condivise con il Gruppo: il rafforzamento della nostra leadership nel core business, caratterizzato da marchi iconici e amati dai nostri consumatori e l’espansione verso nuovi segmenti, anche con nuovi brand”, ha commentato Fabrizio Gavelli, presidente e amministratore delegato di Ferrero Commerciale Italia.
Per il quarto anno consecutivo le farine dell’azienda ravennate saranno a disposizione dei concorrenti del seguitissimo cooking show Bake off Italia, di cui è appena iniziata la 13^ edizione. Per il brand è un’occasione di grande visibilità presso il target sempre più ampio degli appassionati di pasticceria alla ricerca di prodotti di qualità.

Lo scorso 5 settembre ha preso il via la 13^ edizione di Bake Off Italia – Dolci in forno, il cooking show prodotto da Banijay Italia dedicato alla pasticceria in programma su Real Time e in streaming su discovery+, con la grande novità della comica, conduttrice e attrice Brenda Lodigiani alla conduzione. Una dolce conferma è invece la rinnovata partnership di Molino Spadoni, che per il quarto anno consecutivo mette le sue farine e miscele a disposizione dei pasticcieri dilettanti che si daranno battaglia a colpi di pan di spagna, creme e lievitati nello scenario di Villa Borromeo D’Adda. Anche quest’anno l’azienda di Coccolia (Ravenna) è presente con una selezione di alcune delle sue referenze più importanti: dalla mitica Gran Mugnaio antigrumi “00”, nei due formati da 1 kg e 5 kg, che rappresenta la base ideale per tutte le ricette, alla Gran Mugnaio antigrumi “0” biologica, fino alla Gran Mugnaio “00” speci-
fica per dolci e da grano italiano. I concorrenti hanno a disposizione anche la Farina d’America “0” Manitoba, che con la sua forza è la scelta ideale per gli impasti che necessitano di lievitazioni medio lunghe, e le Farine di Grano Tenero macinate a pietra, nelle due versioni tipo “1” e Integrale, anch’esse ottenute da grano italiano.
Insomma, gli aspiranti pasticcieri possono contare su una gamma ampia e diversificata di farine, ben esposte su due degli scaffali del tendone di Bake Off Italia. Alleate ideali per soddisfare gli esigenti giudici del programma, ovvero Ernst Knam, Damiano Carrara e Tommaso Foglia, ai quali si affiancherà il Maestro Igino Massari, superospite fisso della prova tecnica.
“La scelta di legarci nuovamente a Bake Off Italia”, sottolinea Leonardo Spadoni, Amministratore delegato, “dimostra quanto l’azienda creda in questo programma tv e in operazioni che ci permettono di raggiungere il grande pubblico e, nello specifico, lo strategico target degli appassionati di food e pasticceria, consumatori consapevoli dell’importanza degli ingredienti per conseguire ottimi risultati”.
Fonte: LDB Advertising
Oltre 900 aziende agricole nella Filiera Armando firmano l’accordo diretto con la De Matteis Agroalimentare Società Benefit. I temi dell’export e della competitività sui mercati internazionali al centro del talk con Fabrizio Lobasso (Maeci), Livio Proietti (Ismea) e Marco De Matteis (De Matteis Agroalimentare SB)
Anche quest’anno i protagonisti della Filiera Armando hanno preso parte a metà ottobre nello stabilimento di Flumeri (Av) della De Matteis Agroalimentare SpA Società Benefit a “IncontrArmando”, il tradizionale evento in cui viene rinnovato il Patto tra l’azienda irpina e gli agricoltori che conferiscono il grano duro 100% italiano con cui è prodotta Pasta Armando. L’appuntamento si è aperto con un messaggio del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: “È per me motivo di orgoglio rivolgere un saluto in occasione di questo evento che celebra la forza del lavoro, la coesione della filiera, l’identità di un’intera comunità. Oggi rendiamo omaggio a una storia di impresa che ha saputo unire radici e futuro, visione e concretezza. Un’esperienza che va oltre l’aspetto economico e rappresenta un modello di collaborazione tra agricoltura e industria, che restituisce centralità al lavoro agricolo e al suo ruolo nella coesione sociale.”.
Il Presidente e Cavaliere del Lavoro Armando Enzo De
Matteis ha salutato la platea di oltre 600 società agricole intervenute: “Accogliamo da 15 anni ormai una vasta comunità di agricoltori che fanno parte del ‘patto Armando’ e che giungono a Flumeri numerosi da 9 Regioni italiane. Una giornata fondamentale per ricordare che Armando non è solo una filiera da cui nasce la nostra pasta, ma è una rete di relazioni e di cooperazione che noi, come Società Benefit, ci impegniamo a preservare”. All'incontro di approfondimento “Filiera e pasta di qualità: l’export e la competitività sui mercati internazionali” hanno preso parte Fabrizio Lobasso, Vice Direttore Generale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Livio Proietti, Presidente Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) e Marco De Matteis, Amministrato Delegato di De Matteis Agroalimentare SB.
Nel suo intervento Fabrizio Lobasso ha affermato che "Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale è da sempre in prima linea nella promo-

zione e nella tutela del made in Italy nel mondo. L’agroalimentare, e in particolare la pasta, rappresentano un patrimonio identitario e un volano di opportunità per la diplomazia della crescita: sostenere filiere di settore - come la Filiera Armando, di cui si è parlato qui oggisignifica valorizzare l’eccellenza italiana e rafforzare la nostra presenza sui mercati internazionali, ancor più in momenti di incertezza come quelli che stiamo vivendo sui mercati internazionali e attraverso rotte commerciali oggi diventate più complesse”.
“Serve uno sforzo corale per valorizzare la filiera del grano italiano che ha una distribuzione del valore complessa e deve riuscire in più intenti, dalla remunerazione dell’agricoltore, alla garanzia di qualità del prodotto finale per il consumatore”, ha dichiarato Livio Proietti. “Innovazione, sostenibilità e competitività sono la chiave

di volta di un prodotto straordinario come la pasta che resta icona del Made in Italy; allo stesso tempo questa filiera può rappresentare una scelta consapevole di sviluppo del Paese che deve essere coadiuvata da attività di ricerca, nuove tecnologie e sviluppo delle infrastrutture per esprimere al meglio il suo valore aggiunto”. Conclude Marco De Matteis: “Incontriamo quest’anno gli agricoltori ‘Armando’ in una fase storica condizionata dalle maggiori incertezze del mercato, che riguardano tanto le problematiche del settore agricolo, quanto quelle legate all’export dell’agroalimentare italiano, minacciato dai dazi. Proprio in tale contesto abbiamo potuto evidenziare come il modello di Filiera, quando realmente collegato ad un’evoluzione in senso migliorativo della qualità e della sicurezza, possa rappresentare un valore aggiunto di unicità ed eccellenza alimentare con cui affermarsi sui mercati internazionali”. Pur in uno scenario di incertezze per l’export della pasta italiana oltreoceano, sono 909 le aziende agricole che aderiscono al patto di filiera per il conferimento del grano duro 100% italiano con cui è prodotta Pasta Armando. La superficie coltivata oggi supera 18.000 ettari in 9 regioni italiane.
De Matteis Agroalimentare SpA Società Benefit è uno dei più importanti produttori italiani di pasta di grano duro di alta qualità, tra i maggiori player nel mercato mondiale. Con 2 stabilimenti - Flumeri (AV) e Giano dell’Umbria (PG) - ed un Mulino integrato, è da sempre impegnato nella ricerca e selezione delle migliori materie prime, prevalentemente italiane, grazie alle quali realizza i prodotti a marchio Armando e produce per grandi Private Label nazionali e internazionali. Con 340 dipendenti e una filiale commerciale negli Stati Uniti, esporta in oltre 55 Paesi del mondo, con ricavi pari a 240 milioni di euro.
Fonte: Burson
Il nuovo progetto di filiera messo a punto da Slow Food per Italy ha lo scopo di promuovere le caratteristiche di qualità, tracciabilità e identità che contraddistinguono una selezione di formati di pasta di semola di grano duro firmati dall’azienda fondata da Oscar Farinetti.

Ogni etichetta racconta un mondo. Soprattutto se è un'etichetta narrante, il progetto di educazione all'acquisto di Slow Food che fornisce ai consumatori tutte le informazioni per scegliere un prodotto con consapevolezza: le materie prime utilizzate, le tecniche di lavorazione, il territorio di origine. L'etichetta narrante, che da anni accompagna i Presìdi Slow Food, da oggi approda anche su alcuni prodotti firmati Eataly. Gli spaghetti, le linguine, i rigatoni e i paccheri di pasta di semola di grano duro Eataly sono infatti i primi prodotti del progetto di filiera Eataly alla Radice, promosso da Eataly con il coordinamento scientifico di Università degli Studi di Palermo e Slow Food Italia e certificato da Rina. Il cuore del progetto è lo sviluppo di un disciplinare tecnico di filiera destinato a valorizzare in modo strutturato e trasparente gli elementi distintivi che caratterizzano i prodotti coinvolti.
Slow Food ne ha curato l'etichetta narrante: inquadrando con il proprio smartphone il qr code in etichetta si accede alla pagina web sulla quale sono disponibili informazioni dettagliate sulla filiera del prodotto. Ogni confezione diventa così un mezzo di comunicazione attiva, capace di raccontare in modo accessibile e tracciabile il processo produttivo e il suo valore.
“L'etichetta narrante è uno dei progetti più belli di Slow Food; uno strumento formidabile per dare a chi acquista gli strumenti per diventare soggetto attivo, capace di scegliere con consapevolezza i prodotti migliori per il proprio benessere, ma anche di orientare i modelli agricoli e il sistema alimentare”, dichiara Serena Milano,
direttrice generale di Slow Food Italia. “Siamo orgogliosi di presentare Eataly alla Radice attraverso la prima filiera dedicata alla nostra pasta, simbolo della cultura gastronomica italiana”, aggiunge Andrea Cipolloni, Ceo Eataly Group.
La prima applicazione di Eataly alla Radice interessa spaghetti, linguine, rigatoni e paccheri Eataly di pasta di semola di grano duro, definendo i requisiti da rispettare lungo tutta la filiera produttiva. Si parte dalla produzione primaria in campo fino alle fasi di trasformazione, confezionamento ed etichettatura. La filiera coinvolta comprende le aziende agricole coltivatrici di grano duro, il mulino per la trasformazione in semola e il pastificio per la produzione del prodotto finito.
Tutto nasce dall'incontro fra due regioni (Campania e Puglia) e due storie. Il grano duro è coltivato nel Tavoliere delle Puglie da due realtà agricole: una è l'Ats Agri di Franca Grasso di Torremaggiore (Foggia), l'altra fa capo alla Fondazione Siniscalco Ceci Emmaus, che si occupa di assistenza, educazione, formazione professionale di

persone in difficoltà e del loro recupero e reinserimento sociale. Le due aziende agricole aderiscono al disciplinare tecnico di filiera Eataly alla Radice validato da Rina e hanno intrapreso un percorso che le porterà verso una gestione agroecologica della coltivazione, privilegiando l'utilizzo di compost, letame, rotazioni colturali e concimi organici al posto degli input chimici convenzionali. Sempre in provincia di Foggia ha sede anche il mulino che trasforma il grano in semola: è il Molino De Vita di Casalvecchio di Puglia, sui monti Dauni. Qui i chicchi vengono prima analizzati, per verificare l'umidità, il contenuto proteico, l'indice di glutine e l'assenza di contaminanti, e poi lavorati: puliti, bagnati, infine frantumati e setacciati fino a ottenere una semola che deve avere un contenuto di proteine superiore al 14%. Aderendo a Eataly alla Radice, Molino De Vita si impegna a monitorare e ridurre i propri consumi di energia e di acqua e a impostare un piano di analisi e riduzione di emissioni climalteranti, nella misura di almeno il 5% su base annuale calcolato su ogni kg di semola prodotta. La produzione avviene in Campania: se ne occupa il Premiato Pastificio Afeltra di Gragnano (Napoli), fondato nel 1848. La pasta, ottenuta impastando semola e acqua proveniente dalle sorgenti dei Monti Lattari, e trafilata al bronzo, viene lasciata essiccare lentamente e a basse temperature su telai in legno di abete, impiegando dalle sedici alle sessanta ore a seconda del formato. Anche il pastificio, nell'ottica di miglioramento alla base del disciplinare di Eataly alla Radice, si impegna a redigere un piano energetico per la riduzione dei propri consumi idrici, energetici e di emissioni climalteranti pari ad almeno il 5% su base annua calcolati per kg di pasta prodotta. Si tratta dunque di un progetto che unisce la competenza e la sensibilità di soggetti molto diversi fra loro – Eataly, Slow Food, l'Università di Palermo, la società di certificazione Rina, le aziende agricole, il mulino, il pastificio – con l'obiettivo di costruire, sostenere e raccontare una filiera così importante e iconica, come quella del grano duro e della pasta, nel segno della trasparenza e della transizione verso l’agroecologia.
Fonte: Slow Food
Qual è la pasta più salutare? La risposta, per molti esperti di nutrizione, punta in una direzione chiara: la pasta a base di legumi. Preparata a partire da ceci, lenticchie (rosse, verdi o gialle), fagioli neri o piselli, questa alternativa offre una quantità nettamente superiore di fibre, proteine, vitamine e minerali rispetto alla tradizionale pasta di grano.
La pasta è l'Italia, e l'Italia è la pasta. Questo ingrediente universale è la base per innumerevoli piatti che costituiscono l'ossatura della nostra cultura culinaria, dall'intramontabile spaghetto alle vongole alla più creativa linguina al limone con olive e feta. La pasta tradizionale, soprattutto quella di semola di grano duro, è costituita prevalentemente da carboidrati raffinati, che rappresentano una fonte di energia rapida e facilmente accessibile. Tuttavia, c’è un aspetto da considerare: i carboidrati raffinati vengono digeriti molto velocemente, il che può portare a un picco e a un rapido calo degli zuccheri nel sangue, lasciandovi nuovamente affamati poco dopo aver terminato il pasto. Questo ciclo di rapida fame può rendere più difficile la gestione dell'apporto calorico complessivo.
Con questa consapevolezza in mente, è perfettamente naturale che molte persone siano alla ricerca di una pasta considerata "più salutare", un'opzione che apporti una maggiore varietà e densità di nutrienti essenziali, senza rinunciare al piacere di un buon piatto. Per orien-


tare questa ricerca, è fondamentale comprendere quali sono le indicazioni degli esperti su quale sia la tipologia di pasta più benefica disponibile sul mercato. È doveroso premettere che tutti i tipi di pasta possono essere inclusi in una dieta equilibrata e bilanciata. Non c'è assolutamente nulla di male nel gustare le varietà tradizionali con moderazione e all'interno di un regime alimentare vario. Tuttavia, se l'obiettivo primario è massimizzare l'apporto di nutrienti ad ogni boccone, ci sono elementi specifici da considerare con attenzione. Se la nutrizione è una priorità, è fondamentale imparare a confrontare le etichette nutrizionali in modo critico. Questo è il metodo più oggettivo per distinguere l'opzione "più salutare". I nutrienti chiave da osservare sono principalmente le proteine e le fibre, entrambi componenti essenziali per il benessere generale. Iniziate sempre dalla sezione relativa alle fibre. Qualsiasi marchio di pasta che vanti più di 5 grammi di fibre per porzione è da considerarsi un'ottima fonte di questo macronutriente cruciale. La fibra non solo aiuta a regola-
re la digestione, ma è anche alleata della salute cardiovascolare e contribuisce a stabilizzare i livelli di zucchero nel sangue. Un apporto adeguato di fibre è spesso carente nelle diete occidentali, rendendo la scelta di una pasta ad alto contenuto fibroso una strategia nutrizionale eccellente.
Quindi, quale tipo di pasta ottiene il sigillo di approvazione come l'opzione "più salutare"? Senza dubbio, la pasta a base di legumi. Sebbene possa sembrare quasi un affronto alla tradizione, o un'eresia culinaria in Italia, i benefici nutrizionali sono innegabili e ne giustificano la popolarità crescente.
A differenza della pasta tradizionale, che usa semola di grano, la pasta di legumi è realizzata esclusivamente con farina ottenuta da legumi. Questi possono includere, come già accennato, ceci, fagioli neri e lenticchie di vario tipo (rosse, gialle o verdi). Tutti questi legumi sono naturalmente e abbondantemente ricchi di fibre e proteine vegetali.
Per fornire un contesto concreto, la pasta di legumi contiene in media circa cinque volte più fibre rispetto alla tradizionale pasta di farina bianca (semola). La fibra svolge un ruolo poliedrico nel corpo: mantiene l'intestino in perfetta funzionalità (la cosiddetta motilità intestinale), agisce come prebiotico nutrendo la flora batterica
intestinale benefica, riduce l'infiammazione cronica nell'adulto medio sano, bilancia la glicemia (rallentando l'assorbimento degli zuccheri), e contribuisce ad abbassare i livelli di colesterolo LDL. Forse il vantaggio più immediatamente percepibile per chi è a dieta è il suo potente effetto saziante: la fibra crea un senso di pienezza più rapido e duraturo, aiutando notevolmente nella gestione del peso e del controllo dell'appetito. Oltre alle fibre, la pasta di legumi è eccezionalmente ricca di proteine. Una singola porzione può fornire dai 12 ai 20 grammi di proteine, una quantità che spesso è almeno il doppio, se non il triplo, di quella che si trova nella pasta di semola tradizionale. Le proteine sono i mattoni della vita, essenziali per la costruzione e la riparazione dei tessuti (soprattutto muscolari), per supportare la forza e il tono muscolare, per sostenere il metabolismo basale e per una vasta gamma di processi biologici fondamentali, tra cui la funzione immunitaria, la regolazione ormonale e la riparazione del DNA cellulare. Questo elevato contenuto proteico rende la pasta di legumi un'ottima scelta per sportivi, vegetariani, vegani e per chiunque voglia mantenere la massa muscolare. I benefici della pasta di legumi non si fermano ai macronutrienti (proteine e fibre). Molte varietà sono anche una fonte significativa di ferro, minerale fondamentale che aiuta il corpo a trasportare l'ossigeno in tutto l'orga-


nismo e a mantenere livelli di energia stabili. Inoltre, offrono un pool di altri minerali importanti come il magnesio (coinvolto nella funzione muscolare e nervosa, e nella produzione di energia), il potassio (essenziale per l'equilibrio della pressione sanguigna e l'idratazione cellulare) e il folato (o vitamina B9, cruciale per la sintesi del DNA e la divisione cellulare, particolarmente importante in gravidanza). Infine, le paste a base di legumi tendono ad essere più ricche di antiossidanti rispetto alle loro controparti di grano raffinato, facilitando l'aumento dell'assunzione di queste molecole chiave che combattono lo stress ossidativo e l'invecchiamento cellulare.
In linea generale, è possibile sostituire la pasta tradizionale con quella di legumi in quasi tutte le ricette. Tuttavia, è importante notare che la pasta di legumi tende ad avere un sapore e una consistenza leggermente diversi: tende ad avere un gusto più "robusto" e leggermente nocciolato o terroso.
La pasta di ceci è spesso considerata quella dal sapore più neutro e più vicino alla pasta tradizionale di grano. Le versioni a base di lenticchie o fagioli neri possono avere un gusto più marcatamente "terroso" o, in alcuni casi, leggermente amarognolo, che però si amalgama perfettamente con salse saporite.
La consistenza è spesso più densa e meno elastica della pasta di semola. Questo la rende più "sostanziosa" e, ancora una volta, contribuisce a quella sensazione di
sazietà che fa sentire il piatto più appagante. È fondamentale prestare attenzione ai tempi di cottura, poiché alcune paste di legumi possono scuocere più rapidamente o tendere a sfaldarsi se non vengono seguite le istruzioni con precisione.
Un suggerimento culinario per massimizzare i benefici? Abbinate la pasta di legumi a verdure colorate e un filo d'olio extra vergine d'oliva (EVO). Le verdure colorate (come peperoni, pomodori, broccoli) aggiungono infatti un ulteriore carico di antiossidanti e vitamina C.
La vitamina C è particolarmente importante in questo contesto, poiché supporta l'assorbimento del ferro presente nei legumi, aumentandone notevolmente la biodisponibilità.
I grassi sani forniti dall'olio EVO non solo esaltano il sapore del piatto, ma aiutano anche il corpo ad assorbire le vitamine liposolubili (come le Vitamine A, D, E e K) che possono essere presenti nelle verdure e, in parte, nella pasta stessa.
Questo approccio non solo crea un pasto delizioso, appagante e colorato, ma ne esalta anche il profilo nutrizionale, trasformando un semplice piatto di pasta in un vero e proprio pasto completo e funzionale. La pasta di legumi dimostra che non è necessario rinunciare al piacere della tavola italiana per fare una scelta che supporti attivamente la salute.
Il couscous (o cuscus) è molto più di un semplice contorno; è il cuore della cucina del Nord Africa, in particolare Marocco, Algeria, Tunisia e Libia. Anche se spesso viene percepito come un cereale, il couscous è in realtà un alimento a base di semola di grano duro, che viene lavorata in piccoli granelli cotti tradizionalmente a vapore. Oggi, grazie alla diffusione del couscous pre-cotto o instantaneo, la sua preparazione è diventata incredibilmente rapida, richiedendo solo pochi minuti di riposo in acqua calda. Questo lo rende un'alternativa eccellente al riso o alla pasta per un pasto veloce.
La sua versatilità è immensa: può essere gustato in versione salata (con stufati di carne o verdure, legumi, pesce) o persino in versione dolce.
Procedimento
Versare il couscous in una ciotola capiente. Aggiungere un pizzico di sale e un filo d'olio EVO.
Versare l'acqua (o brodo) bollente sul couscous, assicurandosi che il livello del liquido sia appena sopra i granelli, quindi oprire immediatamente la ciotola con un piatto o pellicola e lasciare riposare per 5-7 minuti.
Scaldare l'olio EVO in una padella. Aggiungere i cubetti di carote e zucchine e saltare a fuoco medio-alto per 4-5 minuti finché non sono quasi teneri.
Aggiungere i ceci scolati e il mix di spezie (Ras el Hanout). Mescolare bene per assicurarsi che le verdure siano completamente ricoperte dagli aromi. Cuocere per altri 2 minuti.
Scoprire il couscous e sgranarlo delicatamente con una forchetta, unire le verdure speziate e i ceci al couscous nella ciotola.
Mescolare bene, aggiustare di sale e aggiungere il succo di limone per un tocco di vivacità.
Servire subito, guarnito con le foglie di menta o prezzemolo fresco tritate.

Couscous precotto g 150
Acqua Bollente o Brodo Vegetale ml 150
Zucchine 1/2
Carote 1/2
Ceci cotti g 100
Olio EVO 2 cucchiai
Ras el Hanout (o mix di spezie) 1 cucchiaino oppure Paprika, Cumino e Curcuma.
Succo di Limone
Menta o Prezzemolo
Sale e Pepe

Mondo monastico, accademico e vitivinicolo al convento della Santissima Annunciata di Franciacorta per il convegno “La cultura del vino e l’identità dei territori” organizzato da Vini d’Abbazia e Fondazione Vittorio e Mariella Moretti: abbazie e territori uniti da un'eredità viva
La Fondazione Vittorio e Mariella Moretti ha ospitato nel mese di ottobre, presso il suggestivo Convento della Santissima Annunciata di Franciacorta, il convegno nazionale “La cultura del vino e l’identità dei territori: l’opera delle abbazie”, organizzato da Vini d’Abbazia.
Il convegno è stato un momento di riflessione di forte valore culturale e simbolico, che ha riunito voci dal mondo monastico, accademico e vitivinicolo per esplorare il legame profondo tra tradizione spirituale e produzione agricola, mettendo in luce il ruolo millenario delle abbazie nella custodia del paesaggio, del sapere e del vino. È stata un’occasione di confronto tra religiosi, produttori, enologi, storici e rappresentanti delle istituzioni, in un luogo di grande valore storico, spirituale e architettonico, affidato dal 2018 dall’Ordine dei Servi di Maria alla Fondazione Vittorio e Mariella Moretti, che ne cura la gestione restituendolo alla comunità come centro di cultura e accoglienza. Ad aprire i lavori un messaggio video del Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida che ha voluto esprimere il sostegno del Governo all’iniziativa: “Permettetemi di ringraziare in particolare frati e monaci che nel network Vini d’Abbazia hanno voluto rappresentare un modello che, proprio nella tradizione legata alla loro opera, trasmette cultura e conoscenza. Voglio sottolineare il grande sostegno che il nostro Governo intende dare in ogni occasione alle nostre imprese, che rappresentano il nostro sistema garantendo qualità, creando valore, ricchezza e lavoro: è ciò che i monaci hanno sempre fatto con il loro sapere, custodendo e migliorando il territorio. Dobbiamo lavorare proprio su questi nostri punti di forza, e anche sui luoghi in cui mani sapienti nei secoli

hanno preservato, difeso e valorizzato la nostra cultura”. A dare il benvenuto Vittorio Moretti, Presidente della Fondazione, e Valentina Moretti, consigliere delegata alle attività culturali: “Vi do il benvenuto in questo luogo meraviglioso al quale la mia famiglia è profondamente legata e che oggi ospita la Fondazione intitolata ai miei genitori. Il Convento apre le sue porte alla comunità per stimolare la condivisione, proprio come avviene in famiglia: trascorrere tempo insieme, ascoltarsi e coltivare ciò che ci fa stare bene. È un invito a riconnettersi con la natura, che ci insegna la circolarità e l’importanza di prendersi tempo, custodendo quei valori che ci uniscono e che danno senso alla vita”. «Sono particolarmente felice di ospitare questo appuntamento”, ha aggiunto Vittorio Moretti, “il progetto di Vini d’Abbazia risponde pienamente alle intenzioni che animano la nostra Fondazione. Il Convento della Santissima Annunciata rappresenta un ideale di armonia tra vita e lavoro, quasi uno stile di vita, che ho sempre cercato nel mio percorso. Oggi, con la nostra Fondazio-

ne, ci prendiamo cura di questo convento e ci impegniamo a realizzare iniziative come queste, che dedichiamo al territorio e alle famiglie e che servono a riflettere sul passato e a ripartire dalle nostre radici per trovare un nuovo senso di unione. Abbazie come queste, e come quelle dei nostri ospiti, non sono solo testimonianze del passato, ma luoghi carichi di futuro”.
Tra gli interventi, quello di Renzo Cotarella, Amministratore Delegato di Marchesi Antinori (Firenze), che ha condiviso l’esperienza di Badia a Passignano: “Nel 1983, all’interno della Badia, fu ritrovata una vite millenaria, simbolo di una vocazione che attraversa i secoli. In questa tenuta, arte, storia, viticoltura e innovazione convivono da sempre e il nostro impegno va oltre il vino. L’Osteria di Passignano, in dialogo con i monaci, ha inoltre dato vita a un percorso di visita della Badia, esempio concreto di valorizzazione nel rispetto della storia e della bellezza”.
Waldboth, Direttore vendite & marketing dell’Abbazia di Novacella (Bolzano), fon-
data nel 1142 e una delle cantine più antiche al mondo, ha evidenziato come il valore della tradizione monastica rappresenti un elemento centrale nella continuità dell’opera monastica: “Credo che la chiave della nostra longevità risieda proprio nel fatto che siamo un’abbazia: nel nostro DNA c’è la sostenibilità, intesa come impegno a trasmettere alla prossima generazione ciò che abbiamo ricevuto da quella precedente. Così operiamo anche nella nostra cantina, dal vigneto alla produzione, mantenendo e custodendo con responsabilità tutto ciò che ci è stato affidato”.
Per Manfred Bernard, enologo e direttore della Cantina Convento Muri-Gries (Bolzano), l’eredità più importante della tradizione monastica è l’idea della continuità: “Vediamo che il cristianesimo oggi affronta grandi sfide. Anche per i monasteri significa dover ripensare il proprio futuro e garantire a lungo termine la base economica delle diverse attività. In questo quadro la viticoltura ha un ruolo centrale: come bene culturale, come elemento identitario e come garanzia di stabilità”.
Dom Stefano Visintin dell’Abbazia di Praglia (Padova) ha evocato la dimensione spirituale del vino e della viticoltura: “Nel passato,

la coltivazione della vite e il vino davano concretezza alla necessità fondamentale di sostenere la vita propria e altrui: il vino era allo stesso tempo alimento, elemento della liturgia e medicamento per monaci e ospiti, tramite gli enoliti. Oggi, questi elementi possono diventare strumenti per sottolineare valori spirituali come il rispetto per la natura, per i lavoratori e per i consumatori, attraverso prodotti di qualità e la memoria condivisa di una lunga tradizione”.
Don Andrea Santus, Abbazia di Monte Oliveto Maggiore (Siena), ha ripercorso le origini del Monastero fondato da San Bernardo Tolomei nel 1319: “La produzione del vino nella nostra comunità ancora oggi assume definizioni diverse in relazione al tema della liturgia, del lavoro, del rapporto con il creato. Per noi ha un significato molto particolare e profondo il fatto di poter utilizzare per la celebrazione della Santa Messa il vino frutto della vite e del nostro lavoro”.
Fratel Michele Badino del Monastero di Bose (Assisi) ha sottolineato come, nella vita monastica, la coltivazione della terra sia intimamente legata alla custodia dell’ambiente: “Questo impegno si articola in vari modi: primo, per noi è stato recuperare un vitigno storico di oltre cinquant'anni che era in stato di quasi abbandono; secondo, lavorarlo con una viticoltura biologica che rispetti l'ambiente; terzo, avere cura della vite e allo stesso tempo della vita. Ogni anno la vite ci ricorda che come dono arriva l'uva, e quest'uva diventa poi vino che è occasione di comunione e di fraternità”.
Il convegno ha visto anche gli interventi di Attilio Scienza, Professore ordinario di Viticoltura all’Università di Milano, e di Padre Luigi Cavagna, del Convento francescano di Rodengo Saiano e Rettore dell’Accademia Symposium. Hanno preso parte all’incontro anche rappresentanti delle principali istituzioni italiane e locali.
A coordinare i lavori è stato Rocco Tolfa, giornalista Rai.Durante l’intera giornata, i partecipanti hanno potuto degustare i vini delle abbazie presenti attraverso i banchi d’assaggio curati da AIS Lombardia, in un percorso enologico che ha dato voce alle identità dei luoghi e delle comunità monastiche.

Premio "Next Generation 2026" di Doctorwine a Generazione Next: il gruppo, nato all’interno di Assovini Sicilia, riceve il riconoscimento e punta a sviluppare progetti e linguaggi capaci di coinvolgere e avvicinare i giovani al mondo del vino
Generazione Next, il gruppo di produttori under 40 di Assovini Sicilia, si è aggiudicato il Premio "Next Generation 2026" di DoctorWine. Un riconoscimento che vuole lodare il loro impegno nel portare avanti i valori dell'associazionismo e nel rinnovare la comunicazione del mondo vitivinicolo siciliano. Il premio, dedicato ai "giovani che si fanno largo in questo mondo con capacità, preparazione, passione e tenacia," è stato conferito in occasione della presentazione della Guida Essenziale 2026 di DoctorWine.
Generazione Next, composta da ventisei iscritti già operativi nelle rispettive aziende familiari e in settori come export, marketing, enoturismo, produzione, amministrazione, è nata con l'obiettivo di valorizzare il territorio e la produzione vitivinicola siciliana, adottando un linguaggio nuovo e proiettato al futuro. Il gruppo, recentemente rinnovato con l'elezione a presidente di Gabriella Favara, Enrica Spadafora come vicepresidente, e un Consiglio direttivo, si concentra su temi chiave come nuove forme
di comunicazione, il coinvolgimento della Generazione Z, la formazione interna e la valorizzazione del territorio. “Uno dei nostri obiettivi è fornire una chiave di lettura netta sul rapporto tra nuove generazioni e vino: non è ai giovani che va chiesto di cambiare, è il mondo del vino che deve imparare a comunicare meglio i propri valori di autenticità. Sta a noi costruire ponti: un linguaggio più accessibile, esperienze coinvolgenti e una presenza coerente. Serve una comunicazione capace di unire rigore e leggerezza, competenza e immediatezza, evitando tecnicismi inutili e privilegiando storie, sapori e abbinamenti che parlino il linguaggio dell’esperienza”, ha commentato Gabriella Favara, presidente di Generazione Next. Il Manifesto di Generazione Next si concentra soprattutto su alcuni settori: dal management e hospitality ad enoturismo e comunicazione, sottolineando il ruolo del gruppo nel nuovo dibattito che interessa l’evoluzione del mondo vitivinicolo.
Mariangela Cambria, presidente di Assovini Sicilia, ha sottolineato l'importanza strategica del gruppo: “Sul solco di questa continuità con i valori della nostra associazione, Generazione Next porta avanti un progetto che segue i cambiamenti del nostro mondo pur condividendo i valori delle generazioni passate. Il know how e le competenze delle nuove generazioni sono essenziali per la nostra associazione, non solo per mantenere vivi gli obiettivi ma soprattutto per costruire un dialogo proficuo con le nuove generazioni ed intercettare i giovani a vivere ed apprezzare la cultura del vino”.

Fonte: Assovini Sicilia
Vino ed economia, vino e bellezza. Sono stati questi i due temi centrali della due giorni di eventi per il quarantesimo anniversario del Consorzio Tutela Asolo Montello, svoltasi l’11 e 12 ottobre. E presenta numeri di un’economia: 32.450.000 bottiglie di Asolo Prosecco Superiore, 25.400 bottiglie di Montello Docg e 473.500 di Montello Asolo Doc.
Il Consorzio Vini Asolo Montello celebra 40 anni di storia dimostrando come il vino sia un generatore di benessere e valore nonché marcatore di identità per tutto il territorio. E presenta i numeri di un’economia in salute: 32.450.000 bottiglie di Asolo Prosecco Superiore, 25.400 bottiglie di Montello Docg e 473.500 di Montello Asolo Doc.
Vino ed economia, vino e bellezza. Sono stati questi i due temi centrali della due giorni di eventi per il quarantesimo anniversario del Consorzio Tutela Asolo Montello, svoltasi l’11 e 12 ottobre. Il primo giorno ad Asolo produttori ed esperti si sono confrontati sui successi, le sfide e le strategie per dare sempre più valore al vino e, in particolare, all’Asolo Prosecco Superiore. Il secondo giorno nella Villa di Maser, progettata da Andrea Palladio e affrescata da Paolo Veronese, centinaia di visitatori, in gran parte giovani, hanno avuto la possibilità di incontrare i produttori di Asolo Prosecco Superiore Docg, Montello Docg e Montello Asolo Doc nell’evento “Elevate your choice: vino, bellezza, territorio”, degustando i vini ma non solo. Il Consorzio, da sempre promotore del connubio tra vino, arte e bellezza, ha infatti organizzato due seminari, aperti al pubblico, a cura del critico enoico Armando Castagno, per approfondire il tema della bellezza e dedicati alle denominazioni dei vini del territorio. Chiuse le celebrazioni con un bilancio più che positivo, il Consorzio guarda ora già ai prossimi progetti. Michele Noal, Presidente del Consorzio Vini Asolo Montello, ha dichiarato: “La nostra strategia è puntare su tre elementi distintivi. Abbiamo un territorio che concentra bellezze che tutto il mondo di invidia, come la Gypsoteca di Antonio Canova, che qui nacque, la Villa di Maser, progettata da Andrea Palladio, il borgo di Asolo e l’Abbazia di Sant’Eustachio, solo per citarne alcune. Abbiamo molte attrattive per il turismo sportivo, come la possibilità di fare parapendio, bike, escursionismo e il turismo culturale, grazie ai Percorsi della Grande Guerra. Un patrimonio che ci consente di avere una grande propensione turistica, elemento sul quale vorremmo puntare anche in futuro. Abbiamo una dimensione limitata, che

desideriamo mantenere tale anche attraverso la gestione degli impianti che consente di gestire la crescita, infine parliamo la lingua del mondo, grazie ad aziende che lavorano in Italia e all’Estero”.
“Orizzonte Vino. Asolo Montello: quando un prodotto genera ricchezza e benessere per un intero territorio” è stato il titolo della tavola rotonda moderata da Sebastiano Barisoni, vicedirettore esecutivo di Radio 24 – Il Sole 24 Ore sabato 11 ottobre presso il Teatro Duse ad Asolo, dove sono intervenuti Eugenio Pomarici, professore ordinario dell’Università di Padova, Marco Simoncini, responsabile commerciale di Metrica Ricerche e Renato Mason, Segretario di Cgia di Mestre. Durante l’incontro sono stati presentati i dati economici di una realtà in salute, dove si producono il Montello Docg, il Montello
Asolo Doc e l’Asolo Prosecco Superiore Docg su una superficie vitata complessiva di 2271 ettari. L’Asolo Prosecco Superiore Docg, in particolare, è cresciuto in modo importante, passando da una produzione di circa 1,2 milioni di bottiglie nel 2009 a 32.450.000 nel 2024, vendute per il 40% in Italia e per il 60% all’Estero. A questa si affiancano il Montello Docg con 25.400 bottiglie e il Montello Asolo Doc con 473.500. Una realtà di successo dove i produttori rimangono con i piedi saldi a terra, come dimostra la fotografia del distretto effettuata dalla Cgia di Mestre, che evidenzia come nell’area ci sia un equilibrio tra settori produttivi, non solo vino, quindi, ma anche servizi alle imprese, commercio, costruzioni, solo per citarne alcuni. Il mondo del vino crea benessere in quanto il 32% del valore generato dalle imprese (20% nel resto d’Italia) viene reinvestito anzitutto nel territorio, creando occupazione, acquisti e servizi. Infine, è un territorio che non ha ceduto all’industrializzazione ma si è mantenuto attrattivo anche dal punto di vista turistico, come dimostrato dai 90.000 arrivi turistici e 230.000 presenze all’anno. Proprio il turismo può essere un modo per aumentare la distintività del prodotto, come emerge dalla ricerca di Metrica, deve lavorare ancora sul rafforzare la propria identità.


Svolta nei canali della ristorazione, della distribuzione moderna e sul consumatore finale, con oltre 1000 interviste, l’analisi ha evidenziato quali siano i punti di forza e le aree di miglioramento. Se da un lato l’Asolo Prosecco Superiore piace e chi lo scopre lo riacquista, dall’altro la conoscenza deve ancora crescere in un panorama complesso. Rafforzare l’identità sarà l’obiettivo per il futuro, come confermato dal Presidente del Consorzio di Tutela Vini Asolo Montello Michele Noal, creando una comunicazione unitaria.
Fonte: Gheusis
Il riconoscimento del Consorzio di Tutela del Vermouth di Torino da parte del Ministero dell’Agricoltura segna un passo fondamentale per il Vermouth di Torino, che parte esclusivamente da Torino e dal Piemonte per essere formidabile ambasciatore di tradizione, territorio, convivialità, di un affascinante stile di vita.

Il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste ha ufficialmente riconosciuto il Consorzio di Tutela del Vermouth di Torino, segnando un traguardo fondamentale per la promozione e la tutela di questa eccellenza del Piemonte, il profumato vino aromatizzato con erbe e spezie, conosciuto in tutto il mondo. Tale provvedimento, come sottolinea il Ministro Francesco Lollobrigida, conferma l’impegno istituzionale a proteggere e promuovere le produzioni del territorio, rafforzando un sistema delle Indicazioni Geografiche che vale oltre 20 miliardi di euro alla produzione, e rappresenta il 16% dell’export agroalimentare italiano. Questo riconoscimento segna un passo fondamentale per il Vermouth di Torino, che parte esclusivamente da Torino e dal Piemonte per essere formidabile ambasciatore di tradizione, territorio, convivialità, di un
affascinante stile di vita. Viene così rafforzato il ruolo strategico del Consorzio nella difesa e promozione della Igp Vermouth/Vermut di Torino, assolutamente l’unica Igp riconosciuta per un vermouth. Il Consorzio avrà quindi tutti i titoli per operare in modo da assicurare che il nome di questa Igp sia usato correttamente e non venga impiegato in modo ingannevole, combattendo le contraffazioni, la concorrenza sleale, le imitazioni e gli usi impropri della denominazione che possano ingannare il consumatore o ledere i produttori. Oltre alla tutela, il Consorzio avrà anche il compito istituzionale della promozione e valorizzazione di questa produzione certificata Igp, un percorso che ha già intrapreso con attività realizzate in Italia e in molte parti del mondo.
L’iter per giungere a questo traguardo è frutto di un lungo lavoro di Roberto Bava, Presidente del Consorzio dalla sua creazione fino a questo 3 ottobre, e del Direttore Pierstefano Berta, sostenuti dalla preziosa collaborazione di Federvini, in particolare dal suo direttore, Gabriele Castelli.
Il Consorzio, oggi presieduto da Bruno Malavasi, affiancato dai Vicepresidenti Roberto Bava e Giorgio Castagnotti, viene così accreditato come rappresentante riconosciuto di tutta una filiera che ha un grande peso e si presenta quindi come entità autorevole preposta a difendere gli interessi collettivi della Igp tutelata. Si fa portavoce delle esigenze del proprio settore presso le istituzioni, garantendo un sistema aperto, in linea con i principi di trasparenza previsti dalla normativa. Il neopresidente Bruno Malavasi dichiara: “Salutiamo con grande soddisfazione il riconoscimento del Consorzio del Vermouth di Torino che, come giustamente evidenziato nel comunicato del Masaf rappresenta il primo vino aromatizzato a ottenere una tutela di questo livello. Uno sprone in più per tutti noi in questa nuova fase di crescita”.
Fonte: AB Comunicazione
Nasce MetodoContemporaneo: il primo osservatorio italiano su arti e paesaggio vitivinicolo. Il progetto, promosso dall’Università degli Studi di Verona con BAM! Strategie Culturali, ha mappato in una piattaforma online le cantine che uniscono tradizione vitivinicola e mecenatismo artistico.
Un nuovo sguardo si apre sul rapporto tra arte e paesaggio vitivinicolo: nasce MetodoContemporaneo, il primo osservatorio permanente italiano dedicato al dialogo tra arti contemporanee e territori del vino. Una piattaforma che raccoglie e racconta le realtà vitivinicole come nuovi attori culturali, promotori di innovative forme di fruizione del territorio e del paesaggio.
Non solo un archivio, ma una mappa dinamica e interattiva dei casi più significativi – circa 60 in tutta Italia – che investono nella relazione tra arte, paesaggio vitivinicolo e comunità, attraverso collezioni permanenti, residenze d’artista, installazioni site-specific e premi per giovani creativi.
Iniziative che raccontano un movimento che sta ridisegnando il terreno culturale italiano, con l’obiettivo di promuovere un turismo consapevole, dove la relazione tra persone, paesaggio e opere diventa parte integrante dell’esperienza.
Oltre all’osservatorio, il progetto prevede anche azioni concrete nei luoghi del vino, pensate per rafforzare il
network delle cantine come attori culturali e coinvolgere attivamente le comunità locali e i pubblici di riferimento. Il 17 e 18 ottobre 2025 si è tenuto il primo evento diffuso in rete, quando 14 cantine, dal Trentino alla Sicilia, hanno aperto le porte con visite guidate e attività gratuite a nuove esperienze di lettura del territorio. Il 14 novembre 2025, l’Università degli Studi di Verona ospita il convegno scientifico conclusivo del progetto: un dialogo multidisciplinare tra mondo accademico, cultura, vino e turismo, con esperti dei vari settori. MetodoContemporaneo rappresenta un punto di accesso inedito per comprendere un fenomeno ancora poco studiato, ma in rapida espansione, che vuole offrire a comunità locali, enoturisti, appassionati d’arte e operatori del settore uno strumento per scoprire un patrimonio in fermento. L’iniziativa valorizza l’innesto delle radici culturali del vino nel linguaggio contemporaneo dell’arte, promuovendo una modalità di scoperta sostenibile dei territori e contribuendo alla costruzione di un nuovo paesaggio culturale.

L’osservatorio è il risultato finale di Nupart. Per un nuovo paesaggio culturale: l’integrazione tra arti contemporanee e vitivinicoltura in una prospettiva di audience development, la prima ricerca sistematica di carattere scientifico in Italia dedicata al dialogo tra arti visive e produzione vitivinicola, promossa dall’Università degli Studi di Verona con BAM! Strategie Culturali.
Fonte: Agenzia Nemo Monti
Al Museo del vino di Torgiano in mostra in anteprima assoluta i reperti della Tomba 58 della Necropoli dell’Osteria di Vulci. L’apertura della Tomba 58 è avvenuta nell’ottobre del 2023 e ha portato alla luce un patrimonio inviolato da oltre 2600 anni. La mostra rimarrà aperta fino al 5 luglio 2026, ed è stata realizzata dalla Fondazione Lungarotti.

Tesori inediti dal Lazio all’Umbria sotto il segno degli Etruschi: circa sessanta reperti archeologici provenienti dalla Tomba 58 della Necropoli dell’Osteria a Vulci sono visibili per la prima volta al Museo del Vino – Muvit di Torgiano. Preziosi ritrovamenti che sono stati presentati venerdì 24 ottobre, presso la Sala Sant’Antonio, da autorevoli esponenti nel campo della ricerca e della tutela, tra cui Carlo Casi della Fondazione Vulci, Simona Carosi della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale, e Lorenzo Lepri per la Fondazione Lungarotti. La scoperta della Tomba 58 è avvenuta nel corso della campagna di scavo della Fondazione Vulci a cura della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale. L’apertura del sepolcro, avvenuta nell’ottobre del 2023, ha portato alla luce un patrimonio inviolato da oltre 2600 anni costituito da anfore, olle e pithoi ad impasto, vasellame in bucchero e in ceramica etrusco-corinzia, coppe, oggetti in ferro, oltre a manufatti in bronzo. Tra questi, anche un calderone con i resti di un grappolo d’uva, le cui analisi di laboratorio lasciano ipotizzare che il vitigno fosse un “antenato” del Sangiovese, confermando il profondo radicamento in Italia centrale di questa varietà.


Tra le anfore contenenti tracce di vino, desta particolare attenzione una che riporta l’iscrizione “io (sono) di Vel a Felusna”, una sorta di primordiale “etichetta” che indica la proprietà della cantina o comunque di quella partita di vino.
Il vasto e prezioso corredo racconta il rituale del banchetto funebre etrusco e il ruolo fondamentale del vino nelle libagioni e nei sacrifici in offerta agli dèi, oltre che di viatico per l’aldilà, simbolo di continuità tra i vivi e i morti e medium tra le due dimensioni.
“Siamo orgogliosi di aver contribuito al restauro e alla valorizzazione di questi importanti reperti archeologici rinvenuti a Vulci”, dichiara Teresa Severini, a capo della Fondazione Lungarotti, “ma soprattutto siamo felici di esporli in anteprima assoluta al Museo del Vino. Si tratta di manufatti naturalmente legati all’anima del museo che propongono ulteriori approfondimenti sulla civiltà etrusca, il vino e il simposio. Un ringraziamento corale a chi ha permesso la realizzazione di questo rilevante progetto”.
"Dopo il caso della Tomba delle Mani d’argento”, dichiara Simona Carosi della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale, “grazie alla Fondazione Lungarotti riproponiamo la filiera che dalla scoperta archeologica giunge alla ricerca, alle analisi, alla valorizzazione del nostro patrimonio, in una collaborazione attiva tra pubblico e privato, tra passato e presente".
La Tomba, maschile, è databile alla fine del VII secolo a.C. ed è indicativa di un elevato ceto sociale, offrendo ulteriori informazioni storiche sull’aristocrazia etrusca e sul significato attribuito al simposio quale affermazione di status e potere anche nella vita ultraterrena. La centralità del vino nei simposi tra élite in Etruria, dove a differenza della Grecia le donne partecipavano, è testimoniata dai dipinti rinvenuti sulle pareti delle sepolture che, unitamente ai raffinati corredi funebri, diventano importanti mezzi conoscitivi. Dono degli dèi, il vino unisce mondi, civiltà, miti, culture mantenendo il suo carattere divino.
La mostra, che rimarrà aperta fino al 5 luglio 2026, è stata realizzata nell’ambito del progetto “TraMusei” della Fondazione Lungarotti che identifica una rete di collaborazione e sinergia tra diverse strutture museali, grazie al contributo della Direzione Generale Biblioteche e istituti culturali del Ministero della cultura.
Nato a sostegno dell’economia vitivinicola umbra e nazionale nell’intento di preservare e promuovere il patrimonio storico, artistico e paesaggistico della civiltà del vino, il Museo del Vino di Torgiano Muvit viene aperto al pubblico il 23 aprile del 1974, nella suggestiva notte di San Giorgio, tradizionalmente caratterizzata dall’accensione di falò propiziatori tra le vigne. Polo museale multidisciplinare creato da Maria Grazia e Giorgio Lungarotti, fu tra i primi del settore in Europa e ben presto è divenuto “motore” di un sistema di promozione territoriale e turistica incentrato su vino, cultura, ospitalità, sostenibilità. Un racconto trasversale sul vino, analizzato nelle sue diverse angolazioni e valenze simboliche attraverso collezioni archeologiche, artistiche e tecniche che illustrano cinquemila anni di storia e cultura della vite e del vino, in legame costante tra antico e contemporaneo, passato e presente con proiezione al futuro e alle giovani generazioni.
Fonte: Zedcomm
Agli Stati generali del riso di Vigevano, Slow Food lancia il manifesto Slow Rice per una risicoltura buona, pulita e giusta, basata sull'agroecologia come alternativa a una produzione industriale che depaupera ambiente e biodiversità. Riportare la biodiversità nelle risaie e superare la logica della monocoltura per ridare senso al lavoro agricolo.

Riportare la biodiversità nelle risaie, superare la logica della monocoltura, restituire alla terra e all'acqua la loro qualità, ridare dignità e senso al lavoro agricolo. Sono questi in sintesi gli obiettivi della neonata Rete Slow Rice, presentata a Vigevano in occasione degli Stati generali del riso italiano. La prima edizione, che si è chiusa domenica 5 ottobre, è organizzata dall'associazione Strada del Riso dei tre fiumi, con il patrocinio, tra gli altri, del Masaf e di Slow Food Italia. La Rete Slow Rice nasce dal basso, grazie all'impegno delle Condotte Slow Food Vigevano e Lomellina, Vercelli, Novara e Colline Novaresi, insieme al supporto di agronomi vicini all'Associazione e produttori che fin dall'inizio hanno creduto in una risicoltura pulita e giusta per tutte e tutti. A Vigevano sono stati presenti produttori da tutte le province italiane in cui si coltiva il riso, oltre a rappresentanti di produttori e di università da Grecia, Spagna, India e Giappone,
sia in presenza che in collegamento. Il riso è il cereale più consumato al mondo: dalle grandi metropoli asiatiche ai piccoli villaggi dell'Africa, dalle comunità rurali dell'America Latina fino alle nostre tavole europee. Simbolo di biodiversità e resilienza, in diecimila anni di storia ha saputo adattarsi ai contesti più disparati, tanto che nel mondo ne esistono circa 150.000 varietà.
L'Italia, in questa storia millenaria, ha un ruolo straordinario. È il principale produttore in Europa: oltre il 90% della produzione è concentrata tra Piemonte e Lombardia, ma il riso è coltivato in tutta la penisola, fino alla Sicilia e alla Sardegna. Nel nostro Paese, più che altrove, il riso non si definisce solo "corto", "medio" o "lungo". Da noi ogni varietà porta con sé una storia, una comunità, un sapore unico: Carnaroli, Roma, Balilla, Maratelli... nomi che parlano di secoli di lavoro nei campi e di creatività in

cucina.
“Quando parliamo di riso parliamo del futuro dell'alimentazione, della possibilità di garantire a miliardi di persone un cibo che sia non solo nutriente, ma anche rispettoso della salute del pianeta e delle comunità che lo coltivano. Il riso è vita, ma dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia la realtà: oggi la risicoltura è un settore industriale, dominato da monocolture, sementi ibride, uso massiccio della chimica di sintesi, meccanizzazione spinta e grandi volumi di acqua. Un modello che garantisce quantità, ma che genera anche conseguenze pesanti: degrado del suolo, perdita di biodiversità, inquinamento delle acque, impatto climatico”, sottolinea Francesco Sottile, agronomo e docente di Biodiversità e qualità del Sistema Agroalimentare presso l'Università di Palermo e membro del consiglio direttivo di Slow Food Italia. “Eppure, tante aziende hanno intrapreso percorsi innovativi ispirati alla natura, non limitandosi a escludere i fitofarmaci di sintesi, come nel biologico, ma adottando un approccio più ampio, agroecologico: con rotazioni, coperture vegetali, gestione attenta delle acque, tutela della biodiversità. È questa la strada che Slow Food indica per la risicoltura del futuro”.
“Il riso nutre le comunità e plasma le culture. Oggi però, la perdita della sua biodiversità minaccia la resilienza e la sostenibilità dei nostri sistemi alimentari. Proteggere e promuovere le innumerevoli varietà nate dalla saggezza dei contadini è una responsabilità collettiva. Attraverso l'agroecologia, lavorando con la natura per proteggere la biodiversità, rafforzare il ruolo degli agricoltori e sostenere la sovranità alimentare, possiamo garantire che il riso resti un simbolo di vita, diversità e speranza per
le future generazioni. Saluto con entusiasmo la nascita della Rete Slow Rice in Italia e spero che presto possa diventare globale per la protezione della biodiversità del riso, dichiara Edie Mukiibi, presidente di Slow Food nel suo intervento all'apertura della manifestazione di Vigevano.
“Per un produttore di riso operare nel rispetto della natura è una sfida enorme: bisogna avere il coraggio di sperimentare e sbagliare, prendersi i rischi della produzione e fronteggiare un'Europa che non crede veramente in un'agricoltura sostenibile”, sottolinea Cristiana Sartori, produttrice di riso della Lomellina e presidente dell'associazione Strada del Riso dei tre fiumi, che ha organizzato gli Stati generali. “Non potrei mai produrre riso senza praticare il biologico. La nascita della rete è un momento importante nella storia della risicoltura italiana, nell'anno del riso italiano nel mondo e in cui il Carnaroli compie 80 anni. Speriamo che questo evento rappresenti un seme, che germogli e che dia molti frutti, proprio come il riso, e non solo nel nostro territorio ma in tutto il mondo”.
I produttori della rete Slow Rice si impegnano a favorire pratiche colturali agroecologiche; a salvaguardare e valorizzare il patrimonio italiano di varietà di riso e le tradizioni gastronomiche ad esse collegate; tutelare e favorire la biodiversità vegetale e animale; valorizzare i servizi ecosistemici del "paesaggio di risaia" e valorizzare la varietà di paesaggi, tecniche e saperi legati alla risicoltura.
Fonte: Slow Food

Giorgio Simone Porreca vince l’edizione 2025 della Sabatini Cocktail Competition 2025 che celebra l’aperitivo italiano nel mondo. Dopo la vittoria, il bartender del Mag Cafè di Milano si prepara a vivere uno stage presso il celebre Viceversa di Miami insieme al bartender del famoso locale della Florida, Valentino Longo.
Il vincitore della nuova edizione della Sabatini Cocktail Competition è Giorgio Simone Porreca del Mag La Pusterla di Milano. La gara di bartending organizzata da Sabatini Gin – il London Dry Gin nato a Cortona, sulle colline aretine, guidato dalla famiglia Sabatini e distribuito da Compagnia dei Caraibi – è stata dedicata quest’anno al tema The American Dream, con la speciale partecipazione del celebre bartender internazionale Valentino Longo del Viceversa di Miami. Un’edizione che ha sfidato i concorrenti e i finalisti a reinterpretare i grandi classici della mixology e dell’aperitivo italiano con un tocco di stile, che potesse portarli oltreoceano proprio come lo stage premio che si appresta a vivere Porreca a Miami. Giorgio Simone Porreca ha sfidato dietro al bancone gli altri finalisti provenienti da tutta Italia. I concorrenti hanno dovuto riprodurre i due cocktail presentati durante le selezioni e che gli sono valsi l’accesso alla finale – uno a base Sabatini Gin e uno a base Sabatini 0.0 – esaltando la versatilità del prodotto e celebrando l’aperitivo come momento di incontro, condivisione e creatività, la stessa che ha reso celebre Viceversa, portando il rito dell’aperitivo italiano oltreoceano. Durante la fase finale della competizione i finalisti hanno dovuto così onorare lo spirito del “The American Dream”, portando la loro visione del rito italiano dell’aperitivo oltre i confini nazionali. Sul podio, oltre al vincitore, Michele Stagno di Sartoria Miscelazione Democratica (Palermo) e Lorenzo Bertone del Depero Club (Rieti).
Il panel di giurati, composto da Enrico Sabatini – cofounder e general manager, in rappresentanza della famiglia e del brand; Valentino Longo, bartender italiano ora a Miami, fondatore di Viceversa; Emanuele Russo, Spirits Specialist di Compagnia dei Caraibi; Mirko Marcelli, chef di Osmosi, Montepulciano ha così premiato Giorgio Simone Porreca. Oltre al titolo, Porreca vince un prezioso biglietto per Miami, dove vivrà un esclusivo stage al fianco di Valentino Longo ed il suo team.
Le ricette dei cocktail del vincitore Giorgio Simone Porreca:
Sabatini Gin: Liberty Martini
Sabatini Gin ml 45
Mandorla Amara home made ml 15
Vermouth Superiore Extra Dry Carlo Alberto ml 15
Garnish: Vermouth Superiore Extra Dry Carlo Alberto al pane home made in nebulizzazione ml 10; Francobollo in carta di riso profumata di pane e piccolo aperitivo conviviale con mandorle sotto salamoia.
Sabatini 0.0: Giovannino
Sabatini 0.0 ml 40
Apple Pie Shrub Home Made ml 25
Match Mediterranean Tonic ml 40
Top foam di basilico e olio extra vergine d’oliva home made
Fonte: Attila&Co.

“Ogni prodotto ha un’origine, il nostro ha un volto”: Valfrutta racconta la tracciabilità della filiera. Nuova campagna stampa per la marca della “natura di prima mano”: al centro la trasparenza della filiera 100% italiana con i volti e le storie degli agricoltori che coltivano frutta, legumi e cereali.

Una nuova campagna di comunicazione su media cartacei per raccontare la tracciabilità di Valfrutta. Al centro ci sono loro, i protagonisti della filiera 100% italiana della celebre marca della “natura di prima mano”: quegli agricoltori che ci mettono la faccia, con i loro volti in evidenza e le loro storie fatte di cura e passione. Stefano, Beatrice, Claudia, Roberto… sono solo alcuni dei produttori di Valfrutta ora protagonisti di una narrazione che svela chi c’è dentro la più grande filiera cooperativa italiana. Alcuni soci delle cooperative agricole di Valfrutta hanno così prestato i loro volti alla campagna pubblicitaria che, su quotidiani e riviste nazionali, valorizza la trasparenza dei prodotti garantita dall’impegno e dalla fiducia di chi ogni giorno coltiva la terra. Una trasparenza che ogni consumatore può verificare direttamente con il QR Code presente sulle confezioni di pesche in pezzi, legumi e mais dolce Valfrutta. Sono più di 200 le aziende agricole della filiera cooperativa Valfrutta coinvolte nel progetto tracciabilità, nato
alcuni anni fa per le pesche in pezzi e in seguito esteso ai vegetali raccolti e lavorati in giornata: mais dolce, fagiolini, piselli e fagioli borlotti. L’iniziativa, di per sé, è molto semplice. Inquadrando il QR code presente sulle etichette dei prodotti Valfrutta, il consumatore può scoprire l’identità e la storia degli agricoltori e dei loro territori, oltre a tutte le informazioni sulla referenza che sta acquistando. Basta uno smartphone dunque per conoscere l’esatta provenienza di ogni prodotto, nonché i volti di chi lo ha coltivato, ripercorrendo le orme della filiera”. Non a caso il cuore della nuova campagna è il claim “Ogni prodotto ha un’origine. Il nostro ha un volto”. “Con questa campagna vogliamo far conoscere non solo la qualità e la sicurezza che garantiamo con il progetto tracciabilità, che ci permette di certificare ogni singolo passaggio della filiera dal campo alla tavola, ma soprattutto il mondo di persone autentiche che c’è dentro Valfrutta - afferma Stefania Costa, marketing manager food di Conserve Italia, il Gruppo cooperativo che detiene il marchio storico -. Abbiamo voluto mettere in risalto i volti e le storie dei nostri soci, uomini e donne che dimostrano come l’agricoltura sia un settore sempre più inclusivo e vitale, e che guarda al futuro attraverso le nuove generazioni. Mostrare ai consumatori che dietro ogni nostro prodotto ci sono cura, impegno e passione è il nostro modo di rafforzare il patto di fiducia che facciamo con loro ogni giorno”.
Lactalis investe 27 milioni di euro per il potenziamento del caseificio Mandara di Mondragone, eccellenza nella mozzarella di bufala campana Dop in Italia e nel mondo. In Campania il gruppo Lactalis ha 2 stabilimenti produttivi, 240 dipendenti e un impatto economico di 200 milioni di euro.
Il Gruppo Lactalis, prima realtà del settore agroalimentare per presenza e capillarità sul territorio italiano con brand come Galbani, Parmalat, Zymil, Ambrosi e Mandara - ha avviato un piano di investimento da oltre 27 milioni di euro entro il 2028 per l’ampliamento e la modernizzazione dello stabilimento Mandara a Mondragone, storico marchio specializzato nella produzione e vendita di mozzarella di bufala in Italia e all’estero. Lactalis conferma il suo impegno nella valorizzazione della tradizione casearia specifica dei territori, attraverso un percorso con al centro l’innovazione e la qualità. Lo stabilimento di Mondragone, fondato nel 1950 nel cuore dell’area Dop della Mozzarella di Bufala, rappresenta un punto di riferimento storico e produttivo per il settore specializzato nella produzione di Mozzarella di Bufala Campana Dop.
Il sito è oggi protagonista di una significativa trasformazione strutturale, volta a potenziare l’efficienza produttiva e ad ampliare le capacità operative entro il 2028. Grazie alla nuova configurazione, sarà possibile avviare linee di produzione innovative, dedicate ad un incremento produttivo, nonché allo sviluppo di nuovi prodotti, in linea con la strategia di crescita e diversificazione dell’offerta. Mandara ha sempre rappresentato un punto di riferimento nell’evoluzione della Mozzarella di Bufala, distinguendosi per la capacità di anticipare le esigenze del mercato e proporre soluzioni all’avanguardia.
L’intervento prevede la realizzazione di nuovo magazzino e di un nuovo caseificio. L’obiettivo è incrementare la produzione di oltre il 60% entro il 2028, passando da 6.000 a 10.000 tonnellate annue di mozzarella. Il sito si estende su 4.000 mq e impiega dalle 85 persone nei mesi invernali fino alle 130 persone nei mesi estivi, per far fronte alla crescita stagionale della domanda. Lo stabilimento di Mondragone produce Mozzarella di Bufala Campana Dop per i marchi Mandara, Vallelata e Galbani. Circa il 50%
della produzione di mozzarella di bufala dello stabilimento Mandara è destinata all’export, superando la media del mercato (38,3%).
Lactalis è presente in Campania con due stabilimenti: Mandara a Mondragone e Latte Berna a Piana di Monte Verna. Complessivamente, il Gruppo conta nella regione 240 dipendenti, 330 fornitori e un impatto economico di 200 milioni di euro.
Fonte: Havas PR

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