P&P Panificazione&Pasticceria 145 Luglio/Agosto 2019

Page 1


LUGLIO/AGOSTO 2019

Euro 6.00/ Contiene IP

Nel nostro menu’...

Abbiamo preparato questo numero estivo di P&P con un menù che si apre all’insegna del mare Adriatico: cominciamo infatti parlando di Albania, dove a Tirana si svolgerà nel marzo 2020 la prossima manifestazione organizzata da DMP, Ho.Re.Ca.it.

Continuando con l’attualità, vi proponiamo 3 temi, la tenuta dei negozi tradizionali in Italia (anche se l’eCommerce cresce), il diffondersi della tecnologia blockchain nel settore alimentare e - come non parlarne - i gusti più dolci dell’estate tra gelato e pasticceria.

Parlando di pane, oltre alle ricette del Maestro Nico Carlucci, che ringraziamo per come ci aiuta a rendere più ricche di … gusto le nostre pagine, ecco scoppiare la guerra (finalmente) tra Antitrust e Gdo per il fresco invenduto e una nuova polemica innescata da Coldiretti sul prezzo del pane.

Il Maestro Gino Fabbri si dimostra ancora più Maestro del solito e apre un centro di formazione in Mozambico, con l’aiuto di numerosi enti ed istituzioni italiane, per dare un futuro e una professione a molti giovani che sperano probabilmente di ripercorrere, un giorno, la sua strada. Eccoci nel mondo della Pasticceria, dove molto spazio trova anche la Notte dei Maestri del Lievito Madre, che a Parma hanno attirato migliaia di appassionati di panettone e di grandi lievitati.

Si avvicina il World Pasta Day e arriva l’iniziativa “Al Dente”, per continuare a promuovere e celebrare una delle bandiere del food italiano nel mondo - per il quale però è sempre importante anche la livrea, il packaging: e anche di questo si occupa la nostra sezione Pasta. Qualche anticipazione, infine, dalle pagine dedicate all’Enogastronomia, dove il ruolo principale va al vino: tanto al vino ‘digitale’, con la presentazione dello studio dedicato alla presenza in rete dell’enologia italiana negli ultimi dodici mesi e un’intervista al Wine Hunter e patron di Merano. Wine Festival, Helmut Kocher.

DIRETTORE RESPONSABILE Gianpietro Nagliati Bravi

DIREZIONE - REDAZIONE

Via del Fontanile Arenato, 144 - 00163 Roma Tel. 06 6634333 Fax 06 6634333 info@dmpsrl.eu - panificazionepasticceria@dmpsrl.eu

SEGRETERIA DI REDAZIONE

Via del Fontanile Arenato, 144 - 00163 Roma Tel. 06 6634333 Fax 06 6634333 info@dmpsrl.eu

AMMINISTRAZIONE PUBBLICITA’

Via del Fontanile Arenato, 144 - 00163 Roma Tel. 06 6634333 Fax 06 6634333 info@dmpsrl.eu

COLLABORATORI DI REDAZIONE

Fabio Albanesi, Piero Benelli, Salvatore Bruno, Marta Casadei, Ilaria Casini, Pierdomenico Ceccaroni, Alessandro Circiello, Edoardo Corbucci, Rosanna Del Santo, Andrea Diafani, Alfredo Falcone, Francesca Follesa, Antonio Fragiacomo, Paolo Fulgente, Alessandro Marini Balestra, Fabrizio Nistri, Giovanni Pacilio.

FOTOLITO e STAMPA

Tipografia Facciotti Srl Vicolo Pian Due Torri, 74 - 00146 Roma Tel. 06 55260900 Fax 06 55260907

ABBONAMENTI

D.M.P. SRL

Via del Fontanile Arenato, 144 - 00163 Roma Tel. 06 6634333 Fax 06 6634333 info@dmpsrl.eu

Abbonamento annuale (6 numeri): Italia: Euro 35,00 Estero: Euro 65,00 Paesi extraeuropei: Euro 82,00 (via aerea Euro 98,00) Una copia: Euro 6,00 (arretrati inclusi)

ISSN 1590-1726

Autorizzazione Tribunale di Bologna n.6530 del 13 Febbraio 1996

Poste italiane s.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1 comma 1 DCB Roma

E’ fatto divieto a chiunque di pubblicare su altre riviste articoli e foto stampati sul presente giornale, senza il preventivo consenso del direttore e degli eventuali autori e comunque citando la fonte e l’autore dell’articolo. Chiunque contravvenga tale disposizione, sarà perseguito a norma di legge. Gli articoli e il materiale illustrativo inviato per la pubblicazione non verranno restituiti. Gli autori sono i soli responsabili delle opinioni espresse. DMP srl Editore

PASTICCERIA

PASTA

ENOGASTRONOMIA

Sono emozioni (forti)

Lasciatemi ‘vendere’ l’Albania

Forti perché alla mia età, carissimi lettori, dicono che emozionarsi non faccia bene - si consiglia, per quanto possibile, di astenersi. In più con tutta l’esperienza accumulata in una vita ad organizzare fiere, ci si potrebbe anche aspettare di averne viste abbastanza da non sorprendersi più.

Levante Prof 2019 invece mi ha emozionato: grazie ai visitatori, agli espositori, a maestri, esperti e ospiti, tutti insieme abbiamo creato un’atmosfera che ha fatto di questi quattro giorni un’edizione in cui tutti hanno trovato gli stimoli e le occasioni che cercavano. Con i corridoi pieni di visitatori provenienti da tutta l’Italia centromeridionale e con una nutrita presenza internazionale, Levante Prof ha superato le attese, dimostrando come il mondo professionale che ruota attorno all’agroalimentare e all’ospitalità di qualità continui ad essere trainante per l’economia italiana, e in continua trasformazione per rispondere alle richieste del pubblico trasformandole in occasioni di crescita.

all’ordine del giorno dei due vicepremier. Così siamo rimasti in questo limbo anche dopo le elezioni europee, che secondo alcuni avrebbero consentito di risolvere ogni incertezza, ma ancora una volta l’impressione non è esattamente quella.

Avevo fiducia che saremmo cresciuti, grazie allo stimolo del nostro pubblico, esigente professionale; non mi aspettavo, e per questo ho iniziato dalle emozioni, di vedere la crescita trasformarsi nella carica che ha riempito i padiglioni di Levante Prof. I numeri sono stati certamente positivi, con la crescita forte sia dei metri quadri impegnati, sia dei visitatori che hanno varcato i cancelli di Levante Prof, ma emozionano di meno: per me passare quattro giorni un po' con tutti voi, quelli che ho avuto il piacere di ringraziare personalmente e quelli ai quali va il mio ringraziamento - e quello di tutto il mio team - grazie a queste righe, è stato davvero bello.

Ora si promette una grande riforma fiscale e in parallelo, con la discussione sui miniBot, un altro modo per mettere sulle spalle dei cittadini del debito pubblico: io sarò all’antica, ma se lo Stato mi deve degli Euro, cortesemente vorrei gli Euro, nella mia semplicità.

Mercato interessantissimo, certo, ma non gran de. Interessantissimo perché l’Albania ha fatto passi da gigante da quando la popolazione era in fuga alla ricerca di un futuro migliore e grazie anche al progressivo sviluppo dell’industria turistica - le spiagge e le coste albanesi sono ancora meno conosciute di altre nel Mediterraneo, ma la loro bellezza sta conquistando turisti … e

Vedremo cosa succederà andando avanti nella discussione e vedremo anche se e come il Governo saprà in qualche modo continuare in quella politica di abbassamento dei costi per le imprese che è assolutamente necessaria per far riprendere l’economia.

L’appuntamento è al prossimo Levante Prof, nel 2021, per fare ancora meglio, e presto sarà ora di cominciare a pensare a cosa possiamo fare ancora meglio di qui a due anni - ma non preoccupatevi, potremmo anche riservarvi qualche altra sorpresa nel frattempo. Quello che non vi sorprenderà è invece che, chiudendo queste righe, io voglia di nuovo ringraziare tutti quelli che hanno reso possibile un Levante Prof 2019 così: grazie ai visitatori, grazie agli espositori, grazie a tutti quelli che ci hanno scelto per il proprio ‘business’.

investitori - ne fanno un target importante per quelle stesse aziende, e molte altre, che hanno visto in Levante Prof un'opportunità di crescita. Il Paese che scoprirete con Ho-Re-Ca.it è tranquillo, ordinato, guarda al futuro con crescente fiducia, così come in crescita è l’economia e vale la pena, vista la vicinanza geografica e spesso anche le relazioni di affari già avviate, di scommettere su Tirana e sull’industria turistica e della ristorazione ‘made in Albania’. Lasciamo da parte i pregiudizi nei confronti degli ex Paesi comunisti e dei Balcani e cogliamo piuttosto una grande opportunità, perché rafforzando la posizione delle aziende italiane e di quelle del centro sud in particolare, sarebbe possibile ricoprire un ruolo di partners privilegiati e strappare importanti fette di mercato e fatturato. Operazione non facile, ma far crescere il fatturato è qualcosa in cui l’imprenditoria italiana eccelle.

Buon Lavoro a Tutti!

Insomma, come dicevo all’inizio, ci sono molte cose a cui guardare, e speriamo che l’estate dimostri di portare soluzioni, non soltanto discussioni.

Buon Lavoro a Tutti!

Buon Lavoro a Tutti!

5 MARZO/APRILE 2019

Un mercato che cresce

L’Albania ha fatto registrare una crescita record degli investimenti diritti esteri per il quinto anno consecutivo. Gli investimenti esteri diretti in Albania, a settembre 2018, sono stati di 7,4 miliardi di euro, un aumento dell’80% rispetto al 2014: nonostante la crisi politica, l’economia continua a crescere.

Sono molti gli indicatori da tenere sotto osservazione per valutare la situazione economica di un Paese verso il quale si sta pensando di ampliare il proprio business. Quello degli investimenti esteri non fotografa, è vero, l’andamento complessivo di un’economia, ma è un indicatore di grande interesse perché mostra il grado di fiducia dei grandi investitori verso un’economia-Paese. Secondo i dati della Banca Centrale d’Albania, è la Svizzera il principale investitore straniero nel paese, seguita dalla Grecia. Gli investimenti svizzeri ammontavano, alla fine del 2018, a circa 1,3 miliardi di

euro, ovvero il 17,3% del somma totale di investimenti stranieri (7,4 miliardi di euro) effettuati in Albania dalla caduta del regime comunista agli inizi degli anni ’90. A far da volano agli investimenti esteri, a partire soprattutto dal 2016, un progetto molto discusso da questo lato dell’Adriatico, il Tap: il capitale dalla Svizzera ad esempio ha fatto registrare una crescita esponenziale da quando sono iniziati i lavori del progetto da circa 1,5 miliardi di euro, il più grande nella storia albanese. Al secondo posto tra gli investitori stranieri in Albania, c’è la Grecia – che per anni è stato il principale

investitore straniero – con un capitale d’investimento da circa 1,2 miliardi di euro, il 16% del totale. La Grecia ha investito soprattutto nel settore telecomunicazioni; in ritirata, invece, le banche con capitale di greco che nel 2010, rappresentavano il 24% circa del totale, mentre oggi solo il 5% - conseguenza anche dei problemi del sistema bancario greco a causa della crisi con la Ue.

Alle spalle di Svizzera e Grecia, c’è l’Olanda con un capitale d’investimento di circa un miliardo di euro (il 13,6% del totale) e al quarto posto, invece, si piazza il Canada con uno stock d’investimenti di circa un miliardo di dollari.

E l’Italia?

Il nostro Paese non sembra avere grande interesse nell’investire in Albania, occupa soltanto il quinto posto, con 686 milioni di euro di investimento (l’8,9% del totale), ma dal punto di vista di Ho.Re.Ca-It, la manifestazione fieristica dedicata a tutto quello che fa ristorazione e turismo che DMP organizza nel marzo prossimo a Tirana, un dato altrettanto importante è quello degli scambi commerciali: e l’Italia è il primo partner commerciale dell’Albania. L’interscambio ammonta ad oltre 2 miliardi di euro all’anno.

Molti italiani hanno scelto non solo di investire, ma anche di vivere in Albania, approfittando dei vantaggi fiscali offerti agli imprenditori, come il mantenimento dell’aliquota Iva al 20%, il tasso ridotto al 6 per cento per chi scommette sull’agriturismo e una ulteriore riduzione dell’Iva al 6 per cento per quanti presentano progetti per la realizzazione di alberghi e resort e poi la riduzione dell’imposta sul profitto, dal 15 al 5%, mentre scende al 6 per cento l’imposta sugli utili per gli investitori nel campo dello sviluppo di software per

computer.

Molti sono i dati che si possono ‘spizzicare’ per cercare di conoscere meglio il mercato albanese, Paese con una crescita economica su base annua del 4%, ben superiore a quella di tutti i paesi vicini. Negli ultimi anni l’economia albanese ha avuto un prodotto interno lordo sempre in crescita, nel 2017 del 3.85% rispetto al 2016. L’interscambio commerciale globale dell’Albania è cresciuto nel 2018, e ormai supera abbondantemente i 7 miliardi di euro all’anno, secondo i dati dell’Istituto albanese delle statistiche (Instat). Sono ancora molto bassi gli stipendi, dato che la paga oraria minima a partire dal gennaio di quest’anno è di 1,37 dollari all’ora. Negli ultimi anni, anche grazie anche ai fondi internazionali, l’Albania si sta modernizzando anche dal punto di vista dell’edilizi pubblica e sociale; la capitale Tirana sta vedendo importanti investimenti da parte di numerosi Paesi e anche il quartiere fieristico che ospiterà Ho.Re.Ca-It beneficia di tutta questa dinamicità . Proprio ad inizio luglio una delegazione dell’Abu Dhabi Fund for Development (Adfd) ha annunciato l’avvio dell’ultima fase dei lavori per il Tirana Northern Boulevard e il Tirana River Rehabilitation, finanziati dal fondo per un importo complessivo di 65 milioni di dollari. Dei complessivi 242 milioni di investimenti (in valuta locale, il dinaro albanese, aed), 109 sono stati destinati alla costruzione di un nuovo gigantesco boulevard lungo quasi 2,5 km con due strade laterali dedicate al passaggio del tram e ad una pista ciclabile. La realizzazione di questa arteria è stata finanziata da un prestito dell’Adfd pari a poco meno di 200 milioni di aed (circa $55 milioni).

Le fotografie di questo articolo sono relative all’ultima edizione di Levante Prof 2019, la più recente manifestazione organizzata da DMP.

I piatti di Ferragosto

Fipe, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, ha creato una mappatura di quelle che sono le ricette regionali dei piatti più amati per la giornata che in Italia simboleggia l’estaqte, i cui segreti sono custoditi da mamme, nonne e ristoratori - ogni regione, da nord a sud, ha il suo piatto di ferragosto da gustare in compagnia.

Ferragosto fin dalle origini è collegata al cibo e quest’anno la Fipe è andata a riscoprire alcune delle tradizioni locali italiane. In Trentino e in Valle D’Aosta abbiamo piatti di sostanza, proprio come ci si aspetta da una cucina di montagna con rispettivamente: i classici canederli, delle gustose polpette di pane e speck, e la meno nota Seupa à la Vapelenentse, una zuppa che prende il nome dal villaggio Valpelline, a base di pane, fontina e brodo di carne. In Lombardia il classico minestrone, nella versione fredda e più indicata per il mese di agosto. In Veneto e in Liguria si vira sul pesce, con le sarde in saor e la capponadda, una fresca insalata di mare con tonno, acciughe, pomodoro e olive. Friuli Venezia-Giulia ed Emilia Romagna, puntano sulla pasta ripiena con i Cjarsons e i più classici cappelletti al ragù. Gli unici a puntare sul dolce sono i piemontesi, con la Margheritina di Stresa, un biscotto con tuorlo d’uovo sodo setacciato e ridotto a farina.

Arrivando al cuore della penisola troviamo in Toscana il piccione arrostito, una tradizione nata in epoca carolingia. Nella vicina Umbria il piatto forte sono gli gnocchi al sugo di papera, mentre nelle Marche troviamo l’oca arrosto. Anche in Molise un piatto piuttosto rustico, i cavatelli al sugo di maiale. Invece, a Roma come in tutto il Lazio, non è ferragosto senza il pollo in umido con i peperoni. In Campania, il piatto dominante è la cosiddetta Pizza di Maccheroni, nè un primo piatto di spaghetti nè una classica frittata. In Puglia un caposaldo della cucina italiana, le orecchiette con cime di rapa, mentre nella vicina Basilicata si ritorna sulla carne con l’agnello alla lucana. In Calabria il classico di Ferragosto è la pasta al forno ‘chijna’ (cioè ripiena), di solito nella versione con il ragù e le polpettine, ma c’è anche un’altra

variante, quella con la soppressata. Dulcis in fundo abbiamo le isole con i culurgiones di patate sardi, una pasta ripiena, e il tipico Gelo di Melone siciliano.

L’ingrediente principale di questo dessert fresco, è l’anguria, che in Sicilia come in altre zone del sud Italia viene comunemente definito “melone”.

In Italia vincono ancora i negozi

In Italia sono 850.000 i negozi fisici, 20.000 quelli on-line. Armando Vitali, specialista degli immobili per l’impresa e Presidente Ascom Confcommercio a Roma spiega: “Nonostante le 63.000 chiusure nel decennio 2008-2018 registrate in Italia, il commercio non è in pericolo e l’Ho.re.ca. gode di ottima salute: lo dimostrano le 45.000 aperture di nuovi bar e ristoranti (+3% solo a Roma)”.

Secondo i dati dell’Osservatorio eCommerce 2019 del Politecnico di Milano, presentati in anteprima sul palco del Netcomm Forum 2019, ormai il 44% degli italiani acquista online, per un giro d’affari che supera i 31,5 miliardi di euro, in crescita del 15% rispetto al 2018 e addirittura dell’89,4% rispetto al 2015. Spesso e volentieri questi dati vengono interpretati come un requiem per i piccoli negozi, destinati a soccombere a causa di una concorrenza spietata. Ma il loro destino è davvero segnato? Armando Vitali, specialista degli immobili per l’impresa e Presidente Ascom Confcommercio a Roma, non è di questa opinione. “Innanzitutto, i numeri ci dicono che i negozi fisici sono ancora l’assoluta maggioranza nel nostro Paese. A oggi le aziende on line sono 20mila, una quantità consistente e in costante aumento, che però rappresenta ancora una minima parte delle nostre 850mila attività commerciali”.

Nel decennio 2008/2018 in Italia si sono registrate

63.000 chiusure riferibili al commercio al dettaglio in sede fissa (10.000 solo fra il 2017 e il 2018), mentre 11.440 sono quelle riguardanti il commercio ambulante. Le attività artigianali non alimentari su strada, anche se si tratta di piccoli numeri, invece, sono aumentate, nel triennio 2015/2018, registrando un + 3%. E, sempre negli ultimi 10 anni, sono 45.000 circa le attività Horeca (quindi attività ricettive, bar e ristoranti), che hanno aperto i battenti, confermando il buono stato di salute di questo settore. A Roma le inaugurazioni di nuovi bar e ristoranti nel biennio 2017/2018 hanno segnato anch’esse un + 3%.

Sempre nella Capitale, il commercio al dettaglio sembra soffrire di meno rispetto al resto d´Italia: il numero delle attività commerciali è di circa 137.000 sparse sul territorio, con numeri sostanzialmente invariati fra il 2017 e il 2018. “Il settore del commercio quindi non può essere considerato un malato terminale, ma all’alba di una grande sfida”, commenta Vitali.

Paradossalmente, però, anche gli imprenditori più lungimiranti faticano a padroneggiare una delle loro principali voci di spesa: l’immobile. Considerato che in Italia 6 negozi su 10 sono in locazione, va da sé che il contratto di locazione è una voce altamente differenziante per il buon andamento di un’attività. È uno dei punti di “contatto” (o aggancio) per eccellenza tra il mondo immobiliare e quello delle imprese.

Nella maggior parte dei casi, tuttavia, la scelta del locale o la trattativa tra le parti viene effettuata spesso senza una visione equilibrata d’insieme, sulla base della pura disponibilità o convenienza del momento, senza un approccio strategico che analizzi e metta in relazione tra loro i cosiddetti “quattro elementi”, cioè uno in più rispetto alle locazioni residenziali: locatore, immobile, conduttore e progetto imprenditoriale. “Tutto deve partire da una perizia corretta, da effettuare intercettando l’immobile prima ancora che venga messa sul mercato. Questa fase, così cruciale, è proprio quella che troppo spesso viene sottovalutata”, avverte Vitali. “È indispensabile affidarsi a un agente immobiliare serio ed esperto, che affianchi l’imprenditore in questa scelta (da cui dipende il futuro del suo negozio) e lo aiuti a valutare la redditività dell’immobile commerciale combinando un’ampia serie di parametri. Il celebre criterio del prezzo per mq è soltanto uno dei tanti e in certi casi non è nemmeno il più utile”.

Per giunta, se è vero che l’ecommerce ha i suoi vantaggi tanto decantati (il vasto assortimento, la comodità della consegna a casa ecc.), è anche vero che i negozi di prossimità sono un presidio insostituibile per il nostro tessuto socio-economico, per una serie di motivi che Vitali mette nero su bianco nel suo Manifesto in 15 punti intitolato “Ripopoliamo i negozi”, ove illustra una serie di strategie che un negozio su strada deve adottare per battere la concorrenza online (Davide contro Golia):

1.Attivare una strategia Glocal: il tuo negozio si trova fisicamente sul territorio ma è necessario utilizzare gli strumenti adatti per farsi conoscere dal proprio target, ovunque esso sia;

2.Studiare le sacche di inefficienza dei propri competitors del web (“E ce ne sono”, assicura Vitali) e creare dei “micro mercati”;

3.Valorizzare il capitale umano: ecommerce offre comodità e velocità, l’imprenditore fisico può dare empatia, qualità, fiducia, un prodotto o un servizio unico;

4.Nell’era dell’experience economy, il punto vendita non può più limitarsi a esporre la merce (perché già lo fa l’ecommerce), ma deve offrire al cliente un’esperienza memorabile.

“Non possiamo immaginare città spente, senza insegne, in cui non è più riconoscibile la nostra identità. A luci spente, la città muore”, spiega Vitali nel Manifesto. Ridare vita ai negozi fisici è tutt’altro che una scelta sentimentale dettata dalla nostalgia, anzi: è un volano per lo sviluppo urbano che permette di “creare tanti poli tematici di strada, di quartiere o di area, riconvertire vecchie strutture, ridare vita alle periferie valorizzando le loro vocazioni”. Il negozio fisico può e deve reinventarsi se entra in gioco la visione di un imprenditore capace di “dare smalto alla sua unicità e creare la propria nicchia, diventando artigiano del proprio talento e creando sinergie tra online e offline per sbloccare nuovi mercati”, conclude l’esperto.

Fonte: Stand Out Comunicazione

eCommerce cresce

Sempre più interesse per il settore dei ‘negozi elettronici’. I giovani imprenditori italiani sfidano i big dell’e-commerce offrendo soluzioni ‘chiavi in mano’. Piattaforme full service e semplificazione dei processi: queste le soluzioni che permettono alle startup di dedicarsi allo sviluppo del business.

Cresce l’interesse a investire nel settore del commercio elettronico, sono sempre di più i nuovi imprenditori che aprono un negozio online, attratti dal costante aumento degli acquisti online da parte degli italiani. Tra questi soprattutto giovani in cerca di occupazione. Secondo un’indagine condotta da Confesercenti e dall’Osservatorio e-commerce B2c del Politecnico di Milano, sulla base dei dati camerali 2018, chi apre un sito e-commerce ha in media 39 anni, quasi 10 in meno della media del commercio tradizionale, e il 28% ha meno di 35 anni.

Il settore, oltre a offrire un’opportunità per sviluppare le proprie idee, rimane però un contesto ad altissimo tasso di competizione, in cui trovare uno spazio al di fuori dei grandi marketplace come Amazon ed eBay è molto difficile. Wasabiz - azienda italiana specializzata nel supportare le aziende nel loro business nazionale, sia in ambito tecnologico che burocratico - fornisce un servizio chiavi in mano che permette la semplificazione delle operation: dalla logistica al customer care dalla gestione del sito all’integrazione di qualsiasi piattaforma di pagamento.

La possibilità di affidarsi a incubatori e partner esperti per semplificare i processi e rendersi più competitivi, consente agli imprenditori di dedicarsi pienamente all’aspetto commerciale e di sviluppo del business. È l’esempio delle startup Spirito24 e AllSupplements, negozi dedicati alla vendita di liquori il primo e integratori e healthcare il secondo, che hanno scelto la piattaforma di e-commerce full service sviluppata

da Wasabiz per aprire il proprio canale di vendita online, affidando in outsourcing tutte le attività ad esso connesse, con il vantaggio di avere un unico interlocutore.

“Spirito 24 è una giovane startup nata nel 2018 da una personale passione per i distillati. Ci dedichiamo alla distribuzione di distillati e liquori per i canali B2C e Ho.Re.Ca. con l’obiettivo di diventare un punto di riferimento per tutto il mondo del bar, con prodotti selezionati con cura da barman e appassionati del settore, interessanti descrizioni, curiosità e filmati, per conoscere a fondo cosa si vuole bere. Per fare questo abbiamo cercato un partner che si aiutasse a sviluppare le nostre idee semplificandoci i processi gestionali e logistici”, afferma Pasquale Damiano, titolare di Spirito24.

"Avevamo un negozietto di alimenti dietetici di provincia e molti ci contattavano via mail per chiederci di spedirgli i nostri prodotti”, dichiara Luca, responsabile di AllSupplements. “Abbiamo iniziato a farlo con discreto successo, ma commettevamo errori, non essendo specializzati nel settore della logistica e spedizioni, e questo a volte ci ha fatto perdere clienti. Con la crescita del nostro business abbiamo deciso di affidarci ad un partner che ci potesse gestire sia la parte e-commerce che le operation, in modo da poterci concentrare maggiormente sull’offerta. Siamo partiti da circa sei mesi con il loro servizio ed il nostro fatturato ha avuto un incremento del 43%.”

“La crescita esponenziale del mercato e-commerce ha aperto nuove posizioni lavorative, soprattutto per la generazione Digital Native. Sempre più giovani vedono l’investimento in questo settore come una valida opportunità per avviare la loro attività imprenditoriale. Siamo contenti di poter supportare queste iniziative che consentono la nascita di nuove imprese e conseguentemente nuove occupazioni”, conclude Andrea Accica, titolare di Wasabiz. Con oltre 25 mila metri quadri di magazzino, 100 postazioni call center, una frequenza giornaliera di 3000 spedizioni e un team specializzato di professionisti, Wasabiz annovera tra i propri clienti

diverse startup fondate da giovani imprenditori italiani a cui fornisce un servizio chiavi in mano, gestendo ogni fase del commercio elettronico: dalla gestione, logistica e vendita online con soluzioni full service, grazie alla sua piattaforma di alto profilo e personalizzabile. Dallo sviluppo del piano strategico alla creazione ed implementazione dello shop, alla logistica e gestione completa di magazzino, consegne, pagamenti, assistenza pre e post vendita, fino al customer care, Wasabiz fornisce un perfetto collegamento del sito web con la supply chain e il customer care, garantendo stabilità, scalabilità dell’intera piattaforma.

Pasta,formaggi e caffè

Gli Stati Uniti hanno aggiunto altri prodotti alla lista di merci europee che rischiano dazi all'export, nella disputa tra Boeing e la rivale europea Airbus sugli aiuti di stato. L'elenco pubblicato di recente riguarda altri 4 miliardi di dollari di esportazioni europee: Made in Italy nel mirino.

Si parla quasi ogni giorno della guerra commerciale tra Usa e Cina e spesso si dimentica che anche l’Unione Europea è nel mirino dell’amministrazione americana, che ha imposto dazi principalmente su prodotti alimentari.

Nell'elenco di 89 sotto categorie, sono decine le tipologie di prodotti lattiero caseari, molti sono italiani (viene citata più volte la dizione “italian-type cheese”). Si va dai prodotti a base di latte fermentato come il kefir o gli yogurt, ai formaggi freschi italiani come mozzarella e ricotta, il Pecorino Romano, il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano (vengono identificati genericamente come Romano o Reggiano), il Provolone nelle varie tipologie grattugiati o in forme. Ci sono le olive, le ciliegie, le composte di frutta, i wafers e i wiskies. C'è il caffè, prodotto sul quale l'Italia ha un posizionamento di mercato di primo piano nel mondo. Vengono indicate le carni e i prodotti a base di suino: i vari prosciutto cotto, prosciutto crudo e gli altri insaccati. C'è la pasta - secca, fresca e all'uovoanch'essa bandiera del made in Italy. La nuova lista di prodotti europei per 4 miliardi di dollari che la Casa Bianca vuole tassare si aggiunge al primo elenco pubblicato dall'Ustr il 12 aprile che toccava già 11,2 miliardi di prodotti europei. Una lunga lista che va dagli aerei civili Airbus al pecorino, dal Prosecco alle ceramiche, fino alle motociclette e alle bici in carbonio. Tutti prodotti che, secondo gli americani, avrebbero ricevuto aiuti illegittimi dall'Ue. La legge utilizzata per giustificare le tariffe – il Trade Act del 1974 alla Sezione 301 – è la stessa che è stata usata per i dazi imposti alla Cina.

Casa Bianca minaccia subito i dazi Nel documento appena presentato con il nuovo elenco, si specifica che i dazi contro tutti i prodotti europei (sul primo elenco di aprile e sull'ultimo appena presentato) potrebbero essere decisi dall'amministrazione prima ancora di completare la fase di raccolta dei commenti pubblici.

L’effetto “Natsubate”

Il caldo torrido mette ko milioni di italiani: dagli esperti i consigli per battere la stanchezza estiva con il cibo. Sonnolenza, senso di affaticamento e inappetenza: ecco gli effetti causati dalla “Natsubate”, la stanchezza estiva indagata dagli studiosi giapponesi che colpisce sempre più persone con l’aumento delle temperature.

Con l’aumento repentino delle temperature spossatezza, problemi di digestione e letargia hanno preso il sopravvento, condizioni che alimentano litigi in ufficio e lamentele sui social. La diagnosi arriva dal Giappone e prende il nome di “Natsubate”, termine che letteralmente significa “esaurimento estivo” e che nasce dall’unione delle parole giapponesi “natsu”, ovvero estate, e “bate”, ossia essere esausti: un concetto utilizzato dagli scienziati nipponici per indicare una condizione fisica di costante spossatezza causata dalla torrida estate che può portare inoltre a disidratazione, crampi e colpi di calore. Niente paura, un rimedio esiste e secondo quanto dichiarato a The Japan Times da Keiko Kamachi, dietologo e professore di nutrizione presso la Kagawa Nutrition University di Tokyo, la chiave del benessere è racchiusa in una dieta corretta e in piccoli pasti che possano fornire la giusta dose di energie e nutrienti durante la giornata. Inoltre, come emerge da una ricerca condotta dalla School of Psychology dell’Università di Cardiff, i benefici di questa dieta, che in Italia prende il nome di “regola dei cinque pasti”, produce effetti positivi non solo sul corpo ma anche sullo stato mentale, riducendo il rischio di ansia, depressione e stress emotivo. Quali sono quindi le caratteristiche dello spuntino estivo perfetto? Secondo il Washington Post fondamentale è pianificare i pasti a intervalli di almeno 3 ore, assumere alimenti ricchi di nutrienti come frutta e prodotti integrali e scegliere snack con un apporto calorico non superiore al 10% del fabbisogno giornaliero. Largo quindi a pane e grissini integrali ricchi di fibre, frutta idratante come anguria e melone, fonti di energia di rapido utilizzo, e yogurt freschi ricchi di proteine, vitamine e minerali.

È quanto emerge da uno studio condotto da Espresso Communication per Vitavigor, storico marchio dei Grissini di Milano, su oltre 50 testate internazionali coinvolgendo inoltre un panel di esperti nutrizionisti.

“Uno snack sano, leggero è fondamentale durante la stagione estiva quando adulti e bambini necessitano di maggiori energie per battere la stanchezza”, afferma Federica Bigiogera, marketing manager di Vitavigor.

“Per questo motivo abbiamo voluto creare i Vitastick, una linea specifica di grissini e snack per i più piccoli, composta da Vitastick Mini, leggeri mini snack privi di grassi idrogenati, Ogm e conservanti chimici, e i

Vitastick Integrali, grissini croccanti, gustosi e ricchi di fibre che restituiscono energia e garantiscono maggiore leggerezza”.

Stanchezza, sonnolenza e difficoltà a concentrarsi sono solo alcuni dei problemi causati dall’afa, e sono in particolare i più piccoli a soffrire. La stessa regola vale anche per gli adulti e in particolare per i lavoratori che per mancanza di tempo, come riporta Forbes, tendono a saltare i pasti, a mangiare senza alzarsi dalla scrivania e ad abbuffarsi di zuccheri e caffeina ignorando che benessere e successo professionale dipendono anche da una corretta alimentazione. “Due spuntini al giorno sono un aiuto fondamentale sia per grandi sia per piccini, purché non rappresentino più del 5-10% del fabbisogno calorico giornaliero”, spiega Valentina Schirò, biologa nutrizionista e specialista in Scienza dell’Alimentazione.

I bambini tuttavia richiedono una maggiore attenzione nella scelta degli snack: “Per i piccoli la merenda

deve avere anche un ruolo educativo”, sottolinea

Luca Piretta, gastroenterologo e nutrizionista

presso l'Università Campus Biomedico di Roma. “Quindi vanno bene ogni tanto i gelati, ma solo se vengono alternati o associati alla frutta fresca e al latte”. Concorde Paola Chiari, dietista a Cremona, che aggiunge: “Il segreto per rimanere sani durante la stagione estiva è seguire un’alimentazione ben frazionata in pasti durante la giornata e qualitativamente sana che preveda l'utilizzo di molta acqua, sali minerali, vitamine e pigmenti”.

“Quando le temperature aumentano il corpo necessita del glucosio per dare combustibile alle cellule, del potassio per garantire la corretta trasmissione degli impulsi nervosi, del calcio e del magnesio per favorire la concentrazione muscolare e togliere il senso di stanchezza”, spiega Piretta. “Ma il nutriente più importante rimane l’acqua, senza cui non possono verificarsi correttamente le reazioni chimiche cellulari e la pressione arteriosa rischia di scendere troppo”. Parere condiviso da Schirò, che aggiunge all’elenco anche i carboidrati complessi, necessari per donare energia e gli antiossidanti, fondamentali per contrastare l’azione dannosa dei radicali liberi che si formano in condizioni di stress. A questi nutrienti, Chiari associa anche l’importanza dell’azione di elettroliti come sodio, potassio e vitamine in grado di equilibrare il rapporto idratazione-sudorazione. Gli snack da intervallare ai pasti devono quindi essere scelti con cura per garantire l’assunzione di tutti i micro e macronutrienti necessari.

A Bologna gli ‘stati generali’ del bio

Presentata l’edizione 2019 di Sana: layout in espansione per accogliere tutte le richieste di adesione in arrivo. 1.000 espositori, 6 padiglioni, 60.000 metri quadrati di area espositiva per una manifestazione sempre più internazionale. A Bologna in programma anche gli ‘Stati Generali’ del biologico il 5 e il 6 settembre.

Bio vuol dire successo: cresce la domanda di alimenti biologici, aumenta la richiesta di integratori e cosmetici naturali per la cura di sé, come anche di prodotti sostenibili. Un macro-settore in espansione, a livello nazionale e internazionale, che ha in Sana - Salone internazionale del biologico e del naturale la propria manifestazione di riferimento in Italia. La 31esima edizione dell’evento si terrà a Bologna dal 6 al 9 settembre 2019. Organizzato da BolognaFiere, in collaborazione con Assobio e Federbio, Sana è molto di più di un evento fieristico: è la destinazione per il business collegato al mondo del biologico, la piattaforma di confronto culturale sui temi a esso collegato, il luogo in cui incontrare operatori provenienti da tutto il mondo.

Si prevedono 60.000 metri quadrati di esposizione, nei settori food, che avrà per protagoniste le più importanti aziende del settore alimentazione biologica italiana e internazionale; Care&beauty, lo spazio dedicato ai produttori di cosmetici biologici e naturali, prodotti per la cura del corpo, integratori alimentari, prodotti/servizi naturali per la cura della persona e green lifestyle, che proporrà, infine, tecnologie, prodotti e soluzioni ecocompatibili, per uno stile di vita sano e responsabile.

L’offerta espositiva di Sana si completerà con un ricco programma di convegni, workshop e seminari

e un importante azione di incoming di delegazioni commerciali estere in arrivo da 30 Paesi; nel 2018 sono stati più di 2.000 gli incontri programmati tra le aziende espositrici e i buyer internazionali.

L’edizione 2019 di Sana vede riconosciuta e accresciuta la sua centralità per il mondo del biologico dallo svolgimento a Bologna - nelle giornate del 5 e del 6 settembre - dell’iniziativa “Dalla rivoluzione verde alla rivoluzione bio”, due giornate di “Stati Generali del bio”, con confronti ad altissimo livello in cui si delineeranno le scelte strategiche per il futuro dell’agricoltura e di ambiti fondamentali come la sostenibilità, il rispetto dell'ambiente e il corretto utilizzo delle risorse.

Sicurezza alimentare: il futuro è blockchain

Le aziende del Food & Beverage percepiscono l’importanza delle nuove tecnologie digitali per la sicurezza alimentare, ma non hanno ancora compreso del tutto come applicare a questo scopo soluzioni come la blockchain. È quanto emerge dall’indagine “Il futuro della sicurezza alimentare: quale il prossimo passo?” condotta da Dnv Gl e Gfsi.

L’indagine ha coinvolto oltre 1.600 professionisti del settore in tutto il mondo e il principale risultato è che soltanto un’azienda su 10 utilizza già oggi le nuove tecnologie per garantire la sicurezza alimentare; da qui a 3 anni si prevede che il rapporto salga a quasi 4 su 10.

Tra le tecnologie digitali di ultima generazione, le più diffuse risultano essere sensori e beacon (44% oggi, 56% fra tre anni) seguiti dalla blockchain (15% oggi, 40% fra tre anni). La limitata chiarezza sul tema, tuttavia, si ripercuote sulle decisioni d’investimento: più di un quarto delle aziende intervistate dichiara di non sapere quanto investirà in soluzioni digitali nei prossimi 12- 18 mesi, mentre il 14% risponde che non effettuerà alcun investimento. A intuire il valore della blockchain sono soprattutto le aziende asiatiche, il 57% delle quali prevede di utilizzare questa tecnologia entro tre anni.

“Le tecnologie digitali come la blockchain hanno già trasformato molti settori, specialmente nel mondo retail, ma la nostra indagine suggerisce che per molte aziende queste tecnologie devono ancora passare dall’essere oggetto di discussioni teoriche, a possibilità di applicazione concreta”, afferma Luca Crisciotti, Ceo di Dnv Gl.

Tra le principali motivazioni che spingono a implementare la sicurezza alimentare sono la salvaguardia della salute dei consumatori (88%), seguita da leggi e normative (69%) e dalle esigenze/ richieste dei consumatori (60%). I benefici commerciali ottengono invece un punteggio più basso (30%), a suggerire che la sicurezza alimentare

sia percepita più come un prerequisito che come un differenziale competitivo.

I rischi operativi (76%), come le contaminazioni, sono percepiti come la minaccia più evidente, seguiti dai rischi associati alla mancanza di una cultura della sicurezza alimentare (30%) e alla conformità con le normative (28%). I timori per i rischi operativi sono particolarmente sentiti in Europa (82%) rispetto alle altre regioni.

Una netta maggioranza di aziende vede la certificazione come un requisito per fare business (79%) mentre più di metà (53%) la vede anche come un modo per migliorare ulteriormente la sicurezza alimentare.

Surgelati da smartphone

Blockchain: nasce la prima soluzione nel settore della filiera del freddo. Bofrost Italia ha applicato la soluzione EY OpsChain Traceability, la tecnologia che registra la storia del prodotto passo dopo passo e la rende accessibile a tutti. Si parte con due dei prodotti più venduti: filetti di merluzzo nordico e spicchi di cuore di carciofo.

Conoscere l’intera storia di una singola confezione di merluzzo surgelato, dal momento in cui il pesce viene pescato (con tanto di nome della nave, metodo di pesca e sua posizione) fino alla vendita, passando per stoccaggio e confezionamento, con tracking delle temperature e dati su controlli di qualità e certificazioni. Scoprire tutto sui carciofi surgelati appena acquistati: fornitore, zona di coltivazione, temperatura di conservazione. E poi conoscere le analisi di laboratorio a cui pesce e verdure vengono sottoposti e, perché no, ottenere anche qualche suggerimento di preparazione in cucina. Il tutto comodamente sullo smartphone. È la possibilità offerta

dalla più importante azienda italiana della vendita porta a porta di surgelati, Bofrost, che renderà possibile ai clienti tracciare i prodotti in ogni fase della filiera grazie alla Blockchain.

Per il settore frozen food si tratta di una novità assoluta, spiega l’amministratore delegato di Bofrost Italia Gianluca Tesolin: “L’innovazione digitale sta rivoluzionando la filiera agroalimentare e, in questo caso, la parola chiave è Blockchain, la tecnologia che funziona come un ‘notaio virtuale’ per registrare ogni passo della catena produttiva, in maniera inalterabile. Tutti dati che Bofrost rende accessibili, in totale trasparenza: infatti, scansionando il QR code sulla confezione, si potrà vedere la storia del prodotto direttamente sullo smartphone. Così i consumatori potranno fare scelte d’acquisto consapevoli, basate su informazioni verificabili riguardo l’origine, la qualità e la sicurezza dei prodotti”. Due i prodotti scelti per dare il via al progetto: Filetti di Merluzzo Nordico e Spicchi di Cuore di Carciofo.

Bofrost Italia ha applicato la soluzione EY OpsChain Traceability, per la tracciatura delle proprie filiere produttive, sfruttando la Blockchain pubblica di Ethereum. Questa permette a ognuno degli attori della filiera di registrare le proprie informazioni, senza alcuna possibilità di alterare i dati dall’esterno. Il tutto poi viene mostrato ai consumatori in modo semplice e immediato, inquadrando con lo smartphone il QR code sulle confezioni.

Fonte: Ufficio stampa EY

ANBC si presenta Con Banco Alimentare

Un esordio all'insegna della sostenibilità e della lotta contro lo spreco alimentare. ANBC, l'Associazione Nazionale Banqueting e Catering e prima realtà a rappresentare in Italia le 3.000 imprese del settore, dà inizio ufficialmente al proprio lavoro in occasione di un importante evento promosso da Banco Alimentare.

Tutti noi abbiamo un prodotto del cuore: quello di cui non potremmo mai fare a meno, che non sostituiremmo mai con un altro, che consigliamo a tutti gli amici. Il ‘nostro’ prodotto, insomma. Che si tratti di food o abbigliamento, di un prodotto per la cura della casa o della persona, rispecchia noi, i nostri gusti, le nostre abitudini.

Proprio con questa finalità è nato “Il mio prodotto del cuore”, che premia un prodotto votato online dai consumatori. Sono eleggibili sia i prodotti di marca, i famosi “brand”, che tutta la sfera del private label, che ormai ha acquisito un peso determinante nel fatturato delle insegne della gdo.

I prodotti vengono valutati direttamente sulla pagina del concorso (www.ilmioprodottodelcuore. it) attribuendo un voto da 1 a 10 ai cinque parametri chiave nella scelta di un prodotto: rapporto qualitàprezzo; confezione; gradimento; ’lo consiglierei’; ’lo acquisterei di nuovo’. I consumatori hanno potuto esprimere il proprio parere dal 4 aprile al 23 maggio e il vincitore è stato annunciato il 19 giugno a Milano. I prodotti e le categorie premiate hanno dimostrato la centralità di tutto il mondo del food per i consumatori, con crescente attenzione alla genuinità e alla freschezza oltre alle produzioni bio, mentre acquistano sempre maggiore rilevanza le categorie “free from”. Queste preferenze confermano la tendenza di mercato che vede nel consumatore una controparte consapevole, protagonista delle proprie scelte d’acquisto, che porta tutta la sua esperienza e competenza nel momento di ‘fare la spesa’.

“Questa seconda edizione appena conclusa evidenzia che è stata premiata non solo la qualità italiana della

tradizione, ma anche l’innovazione, sempre ‘targata’ Italia”, ha commentato Beatrice Orlandini di SeicStudio Orlandini. “Un’altra conferma è arrivata dai prodotti ‘free from’: non più referenze di nicchia per coloro che devono prestare particolare attenzione alla propria alimentazione per motivi di salute, ma parte dell’assortimento ufficiale e frutto di una scelta. Una conferma che avviene anche attraverso la premiazione della qualità delle aziende più piccole, magari meno visibili sullo scaffale, ma particolarmente attente alla ricerca”.

F oodservice General Contractor

Azienda specializzata nella realizzazione “chiavi in mano” di locali di ristorazione commerciale, Augusto Contract festeggia un importante traguardo. Oltre 40 i brand che hanno scelto la realtà marchigiana come partner nei loro progetti, 100 locali realizzati per 44 brand in 59 città di 8 nazioni e 3 continenti. Tutto in poco più di 5 anni.

La crescita di Augusto Contract, azienda di arredamento e general contractor nel foodservice, hospitality e retail, è la storia di una giovane realtà marchigiana – l’azienda è stata fondata nel 2013 a Jesi - che può tuttavia vantare il know-how e l’esperienza che solo le grandi aziende possiedono. Augusto Contract nasce, infatti, da una ‘costola’ della società specializzata in tecnologia per bar, pasticcerie e gelaterie fondata da Augusto Bocchini – imprenditore, visionario e innovatore - e in poco tempo ha saputo

fondere tutta questa esperienza con l’entusiasmo e lo spirito di innovazione delle nuove generazioni. L’azienda oggi si è perfezionata nel foodservice: sono oltre 70 i locali di ristorazione commerciale realizzati in diversi contesti, dall’high street, al travel retail, dai centri commerciali agli ospedali, abbracciando e valorizzando i trend più attuali del comparto, quali la pizza e i lievitati, i cocktail, l’high quality fast food, la cucina regionale. “In questi 5 anni abbiamo avuto l’onore di lavorare per i più grandi e innovativi brand

del food&beverage”, afferma Giacomo Racugno, Ceo dell’azienda. “Fra le nostre realizzazioni, solo per citare le ultime in ordine di tempo, ricordiamo Panino Giusto in piazza Cordusio a Milano, Antica Focacceria San Francesco a Marcianise, Viavai di Cirfood all’interno di Symbiosis, il nuovo Business District milanese, Domino’s Pizza a Bologna e Burgez ancora a Milano in zona Colonne di San Lorenzo”.

Solo a Milano, capitale della ristorazione commerciale dove si sperimentano le ultime tendenze di mercato, sono saliti a 6 i locali realizzati da Augusto Contract dall’inizio del 2019. Prosegue Giacomo Racugno: “Milano è una delle piazze più interessanti per il mondo del food&beverage: lo testimoniano i numerosi progetti che qui trovano vita e gli autorevoli eventi legati al mondo della ristorazione. Basti pensare al recente Global Foodservice Forum, a Identità Golose o Mapic Italy, iniziative alle quali anche noi abbiamo aderito e contribuito come partner per specifici eventi, oggi che vogliamo mettere la nostra esperienza a servizio degli operatori del foodservice, e poterlo fare anche in una scena dinamica e internazionale come Milano ci riempie di orgoglio”.

La crescita dell’azienda marchigiana non conferma solo la capacità imprenditoriale di questa giovane realtà, ma riflette anche il fermento che il mercato del fuoricasa sta vivendo. Secondo l’ultimo Rapporto Annuale sulla

Ristorazione di Fipe, il settore dei consumi fuoricasa rappresenta il 36% della spesa alimentare totale: un dinamismo che rivela il cambiamento nello stile di vita e nelle abitudini di consumo dei consumatori moderni, sempre più alla ricerca di appagamento, benessere ed esperienza.

Augusto Contract è specializzata anche nel comparto dell’hospitality e del retail. Nell’ospitalità ha realizzato nello specifico le aree comuni, bar e ristoranti di molti importanti brand, quali Sheraton, Marriott, Rocco Forte, Intercontinental, Westin, Ritz e ha affiancato anche realtà più innovative, l’ultima delle quali Combo a Venezia, casa per viaggiatori con camere private e condivise, residenza per studenti, spazio pubblico e radio.

E per il futuro? L’azienda ha in programma di consolidare la propria posizione in Italia e affrontare nuove sfide anche all’estero. Conclude Racugno: “Accompagnare imprenditori e professionisti nelle loro avventure oltre confine è qualcosa che ci riempie di orgoglio, non solo come partner e professionisti, ma soprattutto per la qualità che il made in Italy rappresenta in tutto il mondo”.

Fonte: Ufficio Stampa Ne

Il dolce Ferragosto

Da Rimini “Gradisca” il dolce da spiaggia della Pastry Queen Sonia Balacchi. La nazionale azzurra lancia “Gelato Italia”. Nelle feste in città spopolano i sorbetti anguria e rum. Il segretario generale dell’Associazione Italiana Gelatieri, Claudio Pica prevede un + 15% dei consumi ferragostani.

Arriva da Rimini - una città che “più estate di così non si può” - il dolce “street food” del Ferragosto 2019 della campionessa mondiale di pasticceria Sonia Balacchi.

L’Osservatorio Sigep di Italian Exhibition Group annuncia puntuale le tendenze per la festa clou dell’estate, incontrando l’unica Pastry Chef chiamata a rappresentare l'Italia a New York, al Palazzo dell’Onu, per l'ItalianFoodFestival: “Ho scelto di chiamarlo

Gradisca”, spiega Balacchi, “evocando il mito di Fellini e della tradizionale festa che apre la stagione della Riviera con spiedini e tanta allegria. E’ composto da tre bignè ripieni di cremoso gelato su croccante agli agrumi, gustabili su uno stecco, perfetto per la spiaggia e ispirato alle mie origini romagnole. Rappresenta il Ferragosto con i suoi colori brillanti e sapori autentici, la tradizione in una nuova veste”. Non solo Gradisca per il gelato del Ferragosto 2019,

però. In chiave tricolore la proposta Cocomero, melone e lime ovvero “Gelato Italia”. E’ la proposta per il Ferragosto 2019 della nazionale italiana della Coppa del Mondo di Gelateria in programma al 41° Sigep di Rimini dal 18 al 22 gennaio 2020.

L’Osservatorio Sigep ha seguito il team azzurro in ritiro per gli allenamenti: “Invitiamo tutti”, esorta l’allenatore della squadra, il Maestro Beppe Tonon, famoso nel mondo per la sua arte di decorazione e scultura della frutta, “ad assaggiare questa proposta. Al cocomero e melone abbiamo aggiunto il lime, perché fa vibrare il gusto complessivo”.

La Coppa è organizzata con Gelato&Cultura: presidente e presidente onorario due eminenze, il gelatiere Giancarlo Timballo e la giornalista e scrittrice

Luciana Polliotti “la signora del gelato”. In squadra star del settore: il gelatiere calabrese (romano d’adozione) e pluripremiato Eugenio Morrone, il pasticcere di Valdobbiadene, già campione del mondo, Massimo Carnio, lo chef e docente bresciano Marco Martinelli e Ciro Chiummo, pasticcere e docente napoletano che sfideranno Messico, Singapore, Malesia, Giappone, Germania, Francia, Spagna, Polonia, Argentina,

Colombia e Ungheria.

Secondo i recenti dati di Cna Agroalimentare il giro d’affari del gelato artigianale è di 3 miliardi per l’anno in corso con un trend di crescita, se confermato, del 10% (2,7 i miliardi di euro nel 2018).

L’Italia conta 39mila gelaterie, e Roma è la città “regina del gelato artigianale” con 1.400 gelaterie specializzate e 4.200 addetti. Dalla capitale, il segretario generale dell’Associazione Italiana Gelatieri, Claudio Pica prevede un + 15% dei consumi ferragostani del Belpaese: “Dopo il maltempo e le basse temperature di inizio stagione, il caldo è esploso e”, sottolinea Pica, “questo + 15 è un dato che ci auguriamo costante per recuperare la percentuale negativa dei mesi scorsi”. Quanto alle tendenze, la moda del Ferragosto 2019 è quella dei sorbetti alcolici, in vetta ai gusti anguria e rum e lime e vodka: “Sono abbinamenti complessi da realizzare e questo significa”, spiega Pica, “che le competenze dei gelatieri non cessano mai di crescere e che i gelatieri hanno acquisito una conoscenza globalizzata e straordinaria delle materie prime di tutto il mondo”.

Guerra del pane tra Antitrust e Gdo

Quasi settecentomila euro di multa comminate dall’Authority Antitrust ai giganti della grande distribuzione per la “natura illecita” di alcuni comportamenti commerciali: non si tratta altro che del reso del fresco, una battaglia quasi antica per i panificatori artigiani, che poco hanno visto cambiare nel corso degli anni.

“L’Agcm ha concluso sei procedimenti istruttori nei quali ha accertato la natura illecita di talune condotte commerciali poste in essere dai principali operatori della Gdo nei confronti dei fornitori di pane fresco e riguardanti il cosiddetto obbligo di reso, l’obbligo cioè per il panificatore di ritirare a fine giornata l’intera quantità di prodotto rimasta invenduta sugli scaffali, restituendo all’acquirente il prezzo corrisposto per l’acquisto. Per le infrazioni accertate sono state comminate sanzioni per un ammontare complessivo pari a 680.000 euro”: sono chiare le parole del presidente dell’Agcm, Roberto Rustichelli, nella presentazione, ai primi di luglio, dell’attività annuale dell’Authority per il 2018.

La Relazione annuale dell'Antitrust ricostruisce la vicenda che dopo la segnalazione di Assipan-Confcommercio imprese per l’Italia, ha visto gli accertamenti riguardanti Coop Italia, Conad, Esselunga, Eurospin, Auchan e Carrefour per appurare eventuali pratiche sleali in violazione dell’art. 62 del DL 1/2012.

“In particolare”, si legge nella relazione, “la condotta contestata consiste nell’imposizione, ai propri fornitori di pane fresco, dell’obbligo di ritirare e smaltire a proprie spese l’intero quantitativo di prodotto invenduto a fine giornata. La differenza di valore tra il pane consegnato a inizio giornata e quello reso a fine giornata viene poi riaccreditata al compratore della Gdo sugli acquisti successivi.

“La condotta si inquadra in una situazione di significativo squilibrio contrattuale tra le catene della Gdo e le imprese di panificazione (imprese artigiane con pochi dipendenti). In tale contesto, l’obbligo di ritiro dell’invenduto rappresenta una condizione contrattuale posta a esclusivo vantaggio delle catene della grande distribuzione e determina un indebito trasferimento

sul contraente più debole del rischio commerciale di non riuscire a vendere il quantitativo di pane ordinato e acquistato. La prassi descritta costringe i panificatori a farsi carico, oltre che del ritiro della merce, anche del suo smaltimento quale “rifiuto” alimentare, in quanto l’interpretazione comunemente attribuita alla normativa vigente impedisce qualsiasi riutilizzo del pane invenduto a fini commerciali e persino la sua donazione a fini umanitari, con un elevatissimo spreco di prodotto, con ripercussioni anche sotto il profilo economico e ambientale”.

Rimane poco da spiegare, o da commentare. Sono anni che la categoria denuncia lo ‘scandalo’ della resa del fresco, problema non da poco per i costi delle aziende, ma anche con notevoli risvolti sociali, visto lo spreco inutile che la pratica finisce per causare. Nonostante alcune parziali vittorie qua e là il problema continua a essere vivo quasi ovunque in Italia e purtroppo è difficile attendersi una soluzione definitiva nonostante questa pronuncia dell’Authority.

Bisogna infatti notare che le reazioni negative, come c’era da attendersi, della grande distribuzione non sembrano annunciare una presa d’atto e quindi un cambiamento delle politiche commerciali, ma piuttosto una battaglia legale.

“Carrefour”, si legge in una nota diffusa dal gruppo, “accoglie con sorpresa il provvedimento dell’Autorità Antitrust relativo alla questione del pane invenduto, respinge con forza ogni addebito e si riserva di ricorrere davanti al giudice amministrativo per il riconoscimento delle proprie ragioni".

Sulla stessa linea Esselunga, che da parte sua annuncia ricorso e, come riporta l’agenzia Ansa, precisa che il 95% del pane è prodotto direttamente, nei panifici dei propri negozi.

Anche Coop, dal canto suo, si prepara alla difesa, riaffermando la propria correttezza verso i fornitori e annuncia di stare esaminando eventuali azioni cautelative.

Lievito: settore in salute

Nel 2018, le aziende del comparto hanno veicolato sul mercato italiano oltre 727mila tonnellate di prodotto, destinato alla panificazione e alla pasticceria artigianali. E per informare i consumatori, il settore punta sul portale welovelievito, che racconta la centralità di questo ingrediente nella nostra cultura alimentare.

Settore del lievito in salute, nonostante la diffusa disinformazione sul prodotto, tra i consumatori e persino tra gli operatori. E’ quanto emerge dalla ricerca Cerved sul mercato del pane, commissionata da Assitol, l’Associazione Italiana dell’Industria Olearia, che al suo interno rappresenta i settori del lievito e dei prodotti semilavorati della panificazione e pasticceria. Le rilevazioni descrivono un comparto solido: nel 2018, gli artigiani dell’arte bianca hanno impiegato più di 727mila tonnellate di lievito per le più svariate preparazioni, confermando il suo ruolo di protagonista nella panificazione.

In particolare, lo scorso anno i panettieri hanno utilizzato 35136 tonnellate di lievito, facendo così emergere l’importanza del lievito fresco tradizionale (89,6% del mercato), che resta il preferito da chi produce pane fresco e sulla cui resa è disegnata la maggior parte delle ricette in arte bianca. Marginale il ricorso al lievito secco (0,4%), mentre, in alternativa, crescono le paste acide, scelte dai panificatori più giovani.

La pasticceria artigianale ha visto crescere del 3% l’impiego del lievito, grazie all’aumento dei consumi. I dolci del panettiere, infatti, piacciono sempre di più e,

anche d’estate, i lievitati classici si sono conquistati uno spazio importante. Basti pensare alle brioche, prodotto per tutte le stagioni, che sono quasi sempre impastate con lievito fresco.

Nel 2018 il mercato ha veicolato 652.500 tonnellate, perlopiù di lievito fresco tradizionale (63,4%), seguito da quello secco (21,3%) e dalla pasta acida (15%).

La scelta dipende dalla tipologia di prodotti preparati dall’artigiano, che combina, in alcuni casi, lievito fresco e pasta acida. Tuttavia, per più della metà dei dolci artigianali, il lievitante più indicato resta quello fresco. “I numeri ci dicono che il settore lavora bene”, afferma Piero Pasturenzi, presidente del Gruppo lievito da zuccheri di Assitol, “siamo ai primi posti in Europa per produzione”. Tuttavia il comparto, come ricorda la stessa ricerca Cerved, sottolinea da tempo il permanere, tra gli stessi artigiani, di una grande confusione sulle caratteristiche del lievito e delle paste acide. “In questo modo la comunicazione al consumatore risulta danneggiata e a volte addirittura

fuorviante”, osserva il presidente Pasturenzi. “Le stesse aziende hanno difficoltà a far conoscere efficacemente i pregi del lievito, che, oltre a rappresentare un piccolo tesoro nutrizionale, è fondamentale per donare gusto e croccantezza al pane”. Al riguardo le aziende sono pronte a fare la loro parte. “Promuoviamo da tempo la formazione dei panificatori”, stigmatizza Pasturenzi. “E per informare meglio anche i consumatori, abbiamo lanciato da alcuni mesi il portale welovelievito.it, che vuole far crescere la conoscenza di questo ingrediente, essenziale per la nostra cultura alimentare non soltanto per il pane ed i prodotti da forno, ma anche perché è alla base della produzione di vino e birra”.

Focaccia con farina di baobab

(Ricetta del Maestro Nico Carlucci)

Procedimento

Iniziare l’impasto inserendo tutte le polveri, quindi le farine, il fiocco di patata, il lievito di birra e il malto, lasciare ossigenare e miscelare per 2 minuti in 1° velocità o a velocità moderata. Inserire lt 1,8 di acqua a piccoli dosi fino al completo assorbimento. Di seguito, sempre a piccole dosi, inserire l’olio fino al completo assorbimento. Impastare per circa 10 minuti in 1° velocità, poi innescare la 2° velocità inserendo il sale e gli ultimi 100 g di ac-qua e impastare per 4 minuti. Deporre il composto ottenuto in un recipiente precedentemente oliato possibilmente qua-drato e lasciar puntare il nostro impasto per circa un’ora a temperatura ambiente coperta con telo in plastica alimentare non a contatto. Versare sul banco da lavoro precedentemente ben infarinato e tagliare del peso e forma desiderato (450 g circa), pirlare e deporre nelle teglie precedentemente oleate abbondantemente oliando leggermente anche la parte superiore della pastella. Lasciare lievitare a temperatura ambiente (24,8° con il 30% di umidità residua) coprendo con telo in plastica alimentare per 5 ore e 30 minuti circa. A lievitazione acquisita farcire con pomodorini, oli-ve, sale, abbondante olio e origano. Cuocere in forno statico a 250°C per circa 20 minuti a valvola chiusa.

Ingredienti

Farina Tritordeum kg 1

Lievito per dolci g 16

Zucchero semolato g 100

Vino rosso “Primitivo di Manduria” lt 0,300

Olio extra vergine di oliva lt 0,250

Sale marino fino g 20

Zucchero di canna grezzo integrale

Panini allo Yogurt Greco

Ingredienti

Acqua lt 0,900

Yogurt Greco g 500

Lievito di birra fresco compresso g 60

Olio extra vergine di oliva g 30

Farina a basso indice glicemico kg 2

Sale marino fino g 60

Semi di sesamo

Procedimento

IIniziare l'impasto, inserendo lt. 0,800 di acqua, lo yogurt, l’olio e il lievito e lasciare miscelare per 2 minuti in 1° velocità o a velocità moderata. Inserire nei liquidi miscelati la farina e lasciare impastare per 5 minuti in 2° velocità o aumentare la velocità aiutando l’impasto con una spatola in plastica. Inserire il sale e gli ultimi 100 g di acqua impastando per circa 3 minuti.

Deporre il composto ottenuto su un banco da lavoro precedentemente ben infarinato e fare pieghe fino ad avere un impasto compatto e ben omogeneo. Riporre in un recipiente precedentemente oliato e lasciare riposare per circa 45 minuti a temperatura ambiente chiuso con il coperchio del recipiente.

Mettere sul banco da lavoro infarinato, tagliare del peso desiderato (30 g), pirlare e riporre sulle teglie precedentemente foderate con carta da forno, lasciare lievitare a temperatura ambiente coprendo con telo in cotone e telo in plastica alimentare per circa 45 minuti o fino al raddoppio del volume iniziale.

Cuocere in forno statico a 235°C per circa 13 minuti con abbondante vapore a valvola chiusa.

Focaccia pecorino e aceto balsamico

(Ricetta del Maestro Nico Carlucci)

Ingredienti

Farina 00 Molidoro kg 2

Malto g 20

Pecorino grattugiato g 280

Lievito di birra fresco compresso g 30

Acqua lt 1

Olio extravergine di oliva g 200

Sale marino fino g 50

Aceto Balsamico g 40

Procedimento

Inserire in impastatrice a spirale la farina, il lievito di birra sbriciolato, il malto e il formaggio pecorino facendo girare a velocità moderata per ossigenare e miscelare le polveri per 2 minuti. Inserire a piccole dosi 900 grammi di acqua fino al completo assorbimento, poi l’olio, sempre a piccole dosi. Questa operazione dovrebbe durare circa 10 minuti in 1° velocità. Innescare la 2° velocità o aumentare la velocità e inserire il sale assieme a 0,100 lt di acqua, poi l’aceto balsamico. Impastare per circa 4 minuti.

Deporre il composto ottenuto sul banco da lavoro precedentemente infarinato e procedere alla puntatura di circa 15 minuti coperto con telo in plastica.

Tagliare in pastelle da 450 g (se si vuole un prodotto finale di media altezza) e pirlare; porre le pastelle ottenute nelle teglie precedentemente unte e lasciare lievitare per circa 2 ore e 40 minuti circa. Maneggiando con cura in modo da non far perdere la lievitazione acquisita, schiacciare le pastelle con i polpastrelli e farcire a proprio piacimento, ad esempio pomodori, olive, sale, origano e abbondante olio.

Lasciare lievitare a temperatura ambiente per circa 30 minuti poi infornare e cuocere a 240° C per circa 14-16 minuti senza vapore a valvola chiusa fino ad avere un colore dorato.

Taralli pugliesi

Ingredienti

Farina Molidoro per Taralli kg 5

Lievito di birra fresco compresso g 125

Vino bianco lt 1,5

Olio extra vergine di oliva lt 1,5

Sale marino fino g 150

Olio per spennellare

Procedimento

Inserire in impastatrice a spirale la farina e il lievito e far mescolare per ossigenare e miscelare le polveri per 2 minuti; iniziare l’impasto inserendo il vino, di seguito l’olio e infine il sale, ben dopo il lievito. Impastare per 10 minuti in prima velocità poi trasferire l’impasto sul piano di lavoro poco infarinato, fare 2 pieghe e lasciare puntare per circa 15 minuti coperto con telo in plastica.

Sfogliare allo spessore di circa 1 cm e spennellare dolcemente con olio per evitare la formazione di crosta. Formare dei filoni lunghi e sottili, poi tagliare la pasta aiutandosi con l’apposita bicicletta o con una rotella e ricavare dei bastoncini del diametro di una matita, lunghi 8-10 cm e larghi 1 cm.

Chiudere ad anello per formare i taralli sovrapponendo e premendo le estremità di giuntura in modo da far aderire bene i lembi (oppure usare una grissinatrice). Lasciare puntare per 15 minuti non coperti.

Appena i taralli saranno pronti, portare sul fuoco o piastra a induzione una casseruola con acqua non salata. Quando sarà bollente ma non a ebollizione (circa 90°C), immergere gli anelli di pasta poco per volta ed estraeteli con una paletta (passino) man mano che affiorano in superficie (oppure usare un bollitore).

Sgocciolateli con cura e allineateli su una o più teglie microforate (in caso di bollitore saranno già allineati in precedenza in teglia). Cuocere in forno preriscaldato a 160°C per circa 41 minuti.

Crosta “Pane dell’anno”

Crosta – Forni con Cucina riceve il premio speciale “Pane dell’anno” per il suo pane di segale “condito” con cioccolato Costa d’Avorio di Marco Colzani ed entra nella nuova guida Gambero Rosso “Pane & panettieri d’Italia” aggiudicandosi il massimo punteggio di 3 Pani. Il premio consegnato a Giovanni Mineo, il fornaio di Crosta.

Crosta – Forni con Cucina, il primo locale aperto a Milano in cui mangiare pane, pizza, tonda al piatto e alla pala, e piccola cucina a qualsiasi ora, dopo neppure un anno dall’apertura, riceve il premio speciale “Pane dell’anno” per il suo pane di segale “condito” con cioccolato Costa d’Avorio di Marco Colzani.

Il premio è stato consegnato in occasione della presentazione della prima edizione della guida Gambero Rosso “Pane & panettieri d’Italia”. La guida, organizzata su base regionale, fornisce una mappatura delle migliori panetterie dello Stivale assegnando a ciascuna un punteggio espresso in Pani, da uno a tre. Dei 350 locali segnalati solo 36 panifici hanno ottenuto i Tre Pani. E uno di questi è appunto Crosta.

Ritirando il premio, l’artigiano panificatore di Crosta, Giovanni Mineo ha detto: “Siamo molto felici del premio ricevuto e per essere stati inseriti nella prima guida Gambero Rosso dedicata al mondo del pane in Italia. È, per tutti noi di Crosta, un grande successo,

anche considerando il fatto che siamo una realtà nata da pochissimo; abbiamo meno di un anno. Ricevere i Tre Pani è la prova che la cura nella selezione di grani di filiera, il rispetto di processi di produzione artigianali e la passione per il proprio lavoro premiano e tanto”. Giovanni Mineo, con il pizzaiolo Simone Lombardi, ha aperto Crosta nell’autunno del 2018, ma la sua arte nel fare il pane si deve a un lungo percorso e a dei buoni maestri, primo fra tutti Davide Longoni. Prima di approdare da Crosta, Giovanni ha creato, insieme alla cooperativa Pausa Caffè, il laboratorio-panificio all’interno del carcere di Alessandria che ha gestito per due anni con il progetto “Pane e Libertà”. In seguito è stato scelto da Giuseppe Zen per creare e gestire la linea del Panificio Italiano. Attualmente è docente presso la scuola di cucina Food Genius Academy e presso la Cucinoteca e fa parte del movimento dei Panificatori Agricoli Urbani (PAU) che sta proponendo in Italia un nuovo concetto di panificazione legato indissolubilmente alla terra e alla produzione artigiana.

Coldiretti contro il prezzo del pane

Dal grano al pane il prezzo aumenta di quindici volte per effetto delle speculazioni e delle importazioni selvagge di prodotto dall’estero con pagnotte e panini spacciati come italiani all’insaputa dei consumatori. A denunciarlo è la Coldiretti in occasione della Giornata nazionale del Grano italiano.

Arriva da Rimini - una città che “più estate di così non si può” - il dolce “street food” del Ferragosto 2019 della campionessa mondiale di pasticceria Sonia Balacchi.

L’Osservatorio Sigep di Italian Exhibition Group annuncia puntuale le tendenze per la festa clou dell’estate, incontrando l’unica Pastry Chef chiamata a rappresentare l'Italia a New York, al Palazzo dell’Onu, per l'ItalianFoodFestival: “Ho scelto di chiamarlo Gradisca”, spiega Balacchi, “evocando il mito di Fellini e della tradizionale festa che apre la stagione della Riviera con spiedini e tanta allegria. E’ composto da tre bignè ripieni di cremoso gelato su croccante agli agrumi, gustabili su uno stecco, perfetto per la spiaggia e ispirato alle mie origini romagnole. Rappresenta il

Ferragosto con i suoi colori brillanti e sapori autentici, la tradizione in una nuova veste”.

Non solo Gradisca per il gelato del Ferragosto 2019, però. In chiave tricolore la proposta Cocomero, melone e lime ovvero “Gelato Italia”. E’ la proposta per il Ferragosto 2019 della nazionale italiana della Coppa del Mondo di Gelateria in programma al 41° Sigep di Rimini dal 18 al 22 gennaio 2020. L’Osservatorio Sigep ha seguito il team azzurro in ritiro per gli allenamenti: “Invitiamo tutti”, esorta l’allenatore della squadra, il Maestro Beppe Tonon, famoso nel mondo per la sua arte di decorazione e scultura della frutta, “ad assaggiare questa proposta. Al cocomero e melone abbiamo aggiunto il lime, perché fa vibrare il gusto complessivo”.

La Coppa è organizzata con Gelato&Cultura: presidente e presidente onorario due eminenze, il gelatiere Giancarlo Timballo e la giornalista e scrittrice Luciana Polliotti “la signora del gelato”. In squadra star del settore: il gelatiere calabrese (romano d’adozione) e pluripremiato Eugenio Morrone, il pasticcere di Valdobbiadene, già campione del mondo, Massimo Carnio, lo chef e docente bresciano Marco Martinelli e

Ciro Chiummo, pasticcere e docente napoletano che sfideranno Messico, Singapore, Malesia, Giappone, Germania, Francia, Spagna, Polonia, Argentina, Colombia e Ungheria.

Secondo i recenti dati di Cna Agroalimentare il giro d’affari del gelato artigianale è di 3 miliardi per l’anno in corso con un trend di crescita, se confermato, del 10% (2,7 i miliardi di euro nel 2018).

L’Italia conta 39mila gelaterie, e Roma è la città “regina del gelato artigianale” con 1.400 gelaterie specializzate e 4.200 addetti. Dalla capitale, il segretario generale dell’Associazione Italiana Gelatieri, Claudio Pica prevede un + 15% dei consumi ferragostani del Belpaese: “Dopo il maltempo e le basse temperature di inizio stagione, il caldo è esploso e”, sottolinea Pica, “questo + 15 è un dato che ci auguriamo costante per recuperare la percentuale negativa dei mesi scorsi”. Quanto alle tendenze, la moda del Ferragosto 2019 è quella dei sorbetti alcolici, in vetta ai gusti anguria e rum e lime e vodka: “Sono abbinamenti complessi da realizzare e questo significa”, spiega Pica, “che le competenze dei gelatieri non cessano mai di crescere e che i gelatieri hanno acquisito una conoscenza globalizzata e straordinaria delle materie prime di tutto il mondo”.

La pizza a Cheese

L’edizione 2019 di Cheese offre un palcoscenico speciale alla pizzeria e alla pasticceria, a patto che a mettere le mani in pasta siano soltanto donne. Ecco quindi che nella piazza principale di Bra arrivano tre protagoniste nazionali del mondo della lievitazione: Rosa Casulli, Chiara Zogno e Francesca Gerbasio.

Sì, tecnicamente sarebbe il mondo dell’arte bianca ma quest’anno la Fucina Pizza Pane Pasticceria di Cheese si tinge di rosa. Sotto il cielo di Bra infatti arrivano le protagoniste nazionali del mondo della lievitazione. Nello spazio organizzato, come ormai consuetudine, da Slow Food con Agugiaro&Figna Molini, nove appuntamenti ci consentono di scoprire le declinazioni italiane delle signore della farina. E da sabato a lunedì, al mattino, tre appuntamenti speciali e gratuiti per iniziare la giornata nel segno dei lieviti: dibattiti e degustazioni con la partecipazione della Scuola Italiana Pizzaioli per raccontare i milk trend, ovvero le forme del latte oltre le mode alimentari. Ad aprire le danze l’unica donna istruttrice della Scuola Italiana Pizzaioli, la prima ad avere vinto il titolo di Campionessa del Mondo nel 2008 a Parma per la categoria Pizza Classica. A Cheese Rosa Casulli della pizzeria McRose di Putignano (Ba) propone, nell’ordine, una pizza in teglia tipica della Puglia

realizzata con un impasto di patate lesse e condita con pomodoro; il cavallo di battaglia del suo locale, la pizza slow con stracciatella profumata all’arancia, capocollo, bufala e noci, e la pizza che le ha fatto vincere il titolo mondiale, la Km. 0, con fior di latte, funghi cardoncelli, capocollo, carciofi, patate lesse, caciocavallo, pangrattato, rosmarino e salvia.

La regina della pasta frolla Chiara Zogno di Conselve (Pd) presenta due proposte molto particolari: un delizioso biscotto al Parmigiano Reggiano e un originalissimo tiramisù.

Francesca Gerbasio, uno dei volti più interessanti della nuova generazione al femminile, porta a Cheese la pizza che le ha fatto vincere il titolo di Pizzaiola Emergente nel 2014, fatta con alici di menaica, fave, pepe, mozzarella di bufala e pecorino. Per chiudere con broccoli, peperoni cruschi di Senise e cacioricotta del Cilento.

Olitalia premia il miglior pizzaiolo

Olitalia, azienda italiana specializzata nella produzione di oli e aceti e leader in Italia nel canale Food Service, è partner di 50 Top Pizza, la più importante guida online giunta alla sua terza edizione che mappa le migliori pizzerie in Italia e nel mondo e che viene stilata in modo anonimo da oltre 150 ispettori.

Durante la cerimonia di premiazione finale tenutasi presso il Teatro Mercadante di Na-poli, Olitalia ha consegnato i premi speciali dedicati alle categorie:

Miglior pizzaiolo: Premio Olitalia a Pier Daniele Seu, della pizzeria Seu Pizza Illumina-ti, consegnato da Gianni Tognoni (Chief Commercial Officer);

Miglior proposta di fritti: Premio Olitalia alla pizzeria Sbanco di Stefano Callegari con-segnato da Anna Baccarani (Trade Marketing Manager – Food Service Channel);

Miglior pizzeria in Giappone: Premio Olitalia alla pizzeria Pizza Studio Tamaki conse-gnato da Nicola Bonfatti (Direttore Export).

I vincitori hanno ricevuto forniture di alcuni prodotti di punta di Olitalia pensati pro-prio per la tipologia di ricette (i fritti) e di canale (pizzeria) come Frienn e Pizzolivm, per continuare anche nelle proprie attività a utilizzare e apprezzare questi prodotti. Frienn di Olitalia, realizzato in collaborazione con il Re del Fritto Pasquale Torrente, è un olio la cui formulazione a base di olio di girasole altoleico con aggiunta di antiossi-danti, tra cui l’estratto di rosmarino, e priva di olio di palma, conferisce al prodotto proprietà uniche: elevata stabilità alle alte temperature, elevato punto di fumo, riduzio-ne della schiuma e dell’odore di fritto in cottura, rispetto del gusto originale delle pie-tanze. L’unione di queste rivoluzionarie caratteristiche permette a Frienn di non brucia-re e di realizzare fritture dal sapore mediterraneo, dall’aspetto chiaro e dal gusto legge-ro, croccante e asciutto.

Pizzolivm di Olitalia è un olio ideato appositamente per condire e armonizzare gli in-gredienti dell’originale pizza napoletana. È stato realizzato in collaborazione

con i piz-zaioli dell’Associazione Verace Pizza Napoletana, che hanno testato l’olio fino a trovare quello dal profilo sensoriale perfetto per l’abbinamento alla vera pizza napoletana e che ne armonizza al meglio gli ingredienti. Pizzolivm è un olio extra vergine di oliva di alta qualità, caratterizzato da note fruttate verdi, con un perfetto equilibrio tra amaro e pic-cante di media intensità e da un lieve sentore di pomodoro.

Fonte: Ufficio Stampa Olitalia

Oscar Farinetti premiato da 50 Top Pizza

L’impegno di Oscar Farinetti come portabandiera nel mondo delle eccellenze Made in Italy è stato riconosciuto e premiato a Napoli da 50 Top Pizza, in occasione dell’evento di presentazione della classifica 2019 delle migliori pizzerie d’Italia stilata dalla guida ideata da Luciano Pignataro, Albert Sapere e Barbara Guerra.

Una missione, quella di Farinetti, che si è concretizzata nell’ingresso di Eataly, e quindi di produttori - inclusi presidi Slow Food - fiore all’occhiello dell’agroalimentare italiano, in Europa, Stati Uniti, Russia, Giappone, Medio Oriente, Corea e Brasile. Ultima in ordine cronologico l’apertura del negozio di Parigi, nel cuore del Marais, caratterizzata da un’importante novità: il debutto sulla “tavola” internazionale della Pizza Eataly. “Né napoletana, né romana, ma Eataly”: questo il biglietto da visita con cui si presenta la pizza creata da Francesco Pompilio, talento dell’arte bianca italiana scoperto da Eataly, di cui oggi è maestro pizzaiolo. Con una lavorazione presa a prestito dal mondo del pane, insieme alla scelta di farine biologiche macinate a pietra del Mulino Marino, la Pizza Eataly è sintesi e allo stesso tempo espressione della missione del gruppo: fare conoscere e dare accesso alle eccellenze italiane a un pubblico più ampio possibile in ogni parte del mondo. Da un lato quindi nel menù delle pizzerie di Eataly si ritrovano i produttori di filiera con cui l’azienda ha un consolidato rapporto di fiducia, dall’altro la collaborazione con Slow Food porta in tavola le “Pizze del Territorio”.

Chiamato sul palco dell’evento di 50 Top Pizza per ricevere il premio, Oscar Farinetti si è soffermato sull’importante ruolo che la pizza riveste nel diffondere a livello globale la cultura del Made in Italy di qualità e ha commentato: “La pizza, quella vera, è l'Italia. Ed io amo l'Italia, quella vera."

Dallo scorso aprile ad oggi, la pizzeria di Eataly Marais

ha sfornato oltre 60.000 pizze e in media 1 cliente su 3 che pranza o cena da Eataly nel cuore di Parigi sceglie la pizza. La preferita è la Bufala (16% degli ordini), seguita dalla classica Margherita (13%) e da quella con Prosciutto di Parma (12%). Se la maggiore sfida affrontata da Pompilio nell’introdurre la Pizza Eataly nei diversi negozi italiani è stata quella di adattare l’impasto al clima (temperatura e umidità, insieme all’acqua, influiscono infatti sul risultato finale), la città delle boulangerie lo ha sorpreso per le sue condizioni ideali per la lievitazione dell’impasto.

A Milano arriva “Elementi”

Due giorni per conoscere i “volti della pizza”: tradizione e innovazione, impasti e lievitazioni, sostenibilità e socialità. I migliori pizzaioli d’Italia proporranno le loro specialità con focus su abbinamenti e materie prime. Percorso tra le tradizioni culinarie italiane, per vivere una vera e propria esperienza della pizza

Elementi è un viaggio nel mondo del gusto. In programma a Milano il 14 e 15 settembre 2019 presso Mare Culturale Urbano (Cascina Torrette, via Giuseppe Gabetti 15), l’evento celebra gli elementi che compongono la pizza: farina, acqua, basilico, sale, lievito, pomodoro e mozzarella. Ognuno di essi con caratteristiche e peculiarità diverse, ma tutti parte di un’unica storia fatta di tradizione, qualità e passione, una storia che le sapienti mani dei pizzaioli hanno trasformato in arte da mettere in mostra e condividere con pizza-lovers e curiosi. Nato quattro anni fa da un’idea di Molino Vigevano 1936, con l’obiettivo di promuovere una cultura dell’eccellenza della pizza, Elementi aprirà per la prima volta le porte al pubblico, proponendo un cartellone di appuntamenti che non si fermano al food & drink, ma comprendono anche occasioni di

confronto e approfondimento, curiosità, formazione, condivisione e intrattenimento intorno a quello che è uno dei simboli più autentici della cultura gastronomica nostrana.

Specialisti della pizza provenienti da tutto il Paese rimangono i protagonisti dell’iniziativa. Non mancherà anche quest’anno, infatti, il contest di Elementi: i migliori pizzaioli si cimenteranno in sfide sensoriali, tecniche e creative affrontando prove di abilità – tra cui riconoscere l’impasto e blind tasting – di fronte a una speciale giuria di esperti che decreterà il miglior pizzaiolo professionista d’Italia.

Due giorni dedicati a conoscere i diversi volti della pizza attraverso le voci e le sapienti mani dei maestri italiani. Quattro forni, sempre accesi, con otto pizzaioli che impasteranno, inforneranno e serviranno pizze classiche insieme ai propri cavalli di battaglia. E poi

le sezioni dedicate a “pizza fritta e fritto italiano” (friggitoria) e a “pane e condimenti” (scarpette e bruschette). Le pizzerie pop-up proporranno varianti nelle categorie pizza napoletana, all’italiana, al taglio/ pala.

Ecco tutti i maestri pizzaioli impegnati nelle pizzerie pop-up di Elementi: Matteo Aloe, Berberè, Bologna, categoria pizza all’italiana; Stefano Callegari, Sbanco, Roma, categoria pizza all’italiana; Paola Cappuccio, Pizza Verace Napoli, categoria pizza napoletana; Pizzeria Cocciuto, Milano, categoria pizza napoletana (presentata da Molino Vigevano 1936); Simone Lombardi e Giovanni Mineo, Crosta - Forni con cucina, Milano, categoria pizza al taglio/pala; Marco Manzi, Giotto, Firenze, categoria pizza napoletana (presentato da Molino Vigevano 1936); Guglielmo Vuolo, Guglielmo Vuolo Pizzeria, Napoli, categoria pizza napoletana.

Il corner “pane e condimenti”, presentato da Così Com’è, ospiterà le leccornie di: Aurora Zancanaro, Micro panificio Le Polveri, Milano; Massimiliano Contegiacomo, resident chef Così Com’è. Nel corner “pizza fritta e fritto italiano”, presentato da Le Farine Magiche, ci sarà Isabella De Cham, Pizzeria Isabella De Cham, Napoli.

Gelato solidale

Inaugurato il 23 aprile il “Baking, Pastry and Gelato Art Training Center” di Ressano Garcia alla presenza delle autorità e come ospite d’onore il pasticcere e maestro Ampi Gino Fabbri. Il sogno dei ragazzi e delle ragazze impiegate è quello di offrire un gelato a Papa Francesco in visita il prossimo settembre.

Una grande festa ha dato inizio alle attività di “Cremedoce De Fronteira”, la gelateria con annesso training center di Ressano Garcia, piccola città del Mozambico al confine con il Sudafrica. Il centro nasce come progetto di beneficenza per promuovere l’imprenditorialità ed è promosso da Rotary Club Bologna – Valle dell’Idice, Rotary Foundation, Distretto 2072 Emilia-Romagna e Repubblica San Marino e D.4905 Argentina Buenos Aires del Rotary International, Fondazione Bruto e Poerio Carpigiani, A.G.A.P.E. Onlus, Fabbri 1905 e il maestro di pasticceria Gino Fabbri, allenatore dei Campioni del Mondo di Pasticceria.

Fabbri, considerato uno dei migliori pasticceria al mondo, è volato in Africa per essere presente alla cerimonia di inaugurazione e ha ultimato la formazione dei primi 8 impiegati del progetto di business (5 uomini e 3 donne) creando per la festa una splendida torta che univa la frutta fresca della zona e la sapienza della pasticceria italiana con la tecnologia Carpigiani e gli ingredienti messi a disposizione da Fabbri 1905. Tanti sorrisi e la consapevolezza di avere ancora tanta strada davanti per imparare i mestieri di pasticcere e gelatiere, ma con un sogno per tutti: offrire un ottimo gelato a Papa Francesco che arriva in Mozambico proprio in queste settimane. Ad un anno dalla partenza del progetto, durante il quale i ragazzi in formazione sono stati seguiti sul posto dagli operatori di Fabbri 1905 residenti in Sudafrica, il training center si presenta come un laboratorio in cui oltre alle attività di preparazione giornaliera si effettueranno anche corsi per avviare al lavoro alcuni ospiti del Centro Joao Batista Scalabrini che si occupa da anni di progetti di formazione rivolti

a giovani donne madri e orfani. Sono stati poi allestiti due punti vendita con il nuovo logo “Cremedoce de Fronteira”: uno fisso e uno mobile con il classico camioncino di gelati.

Queste attività completano quanto iniziato a marzo 2018 quando 3 studenti mozambicani sono stati ospiti a Bologna per tre settimane e hanno potuto partecipare a un corso di gelateria alla Carpigiani Gelato University, uno di pasticceria da Iscom Scuola di Gusto, uno di gelateria e pasticceria nei laboratori di Fabbri Master Class e seguire i laboratori pratici con Gino Fabbri in Dolci Artisti a Cadriano.

“Il Rotary sin dal 1905 è una associazione/rete globale di un milione e duecentomila soci imprenditori, professionisti e leaders, presente in oltre 200 Paesi , che attraverso volontariato, servizio e nuovi progetti contribuisce a realizzare un mondo migliore, promuovendo la pace e la comprensione tra i popoli e le persone, sviluppando economie locali e sostenendo le nuove generazioni. Questo progetto per noi è di

rilevanza internazionale e siamo onorati di averlo avviato assieme e col sostegno sostanziale della Rotary Foundation, che ha ritenuto strategico il progetto a livello mondiale e che ha il merito di dare lavoro a giovani mozambicani nel loro paese”, commenta Mario Pantano, Rotary Club Bologna Valle dell'Idice.

“I nostri maestri gelatieri stanno già pensando a un gusto speciale da preparare in onore di Papa Francesco e ispirato ai colori e sapori del Mozambico, un Paese che ha bisogno di tutta la nostra solidarietà”, dichiarano da Fabbri 1905.

“Questo progetto è stato per me un’esperienza estremamente interessante a livello culturale, professionale e soprattutto umano. Al centro di formazione di Ressano Garcia ho trovato persone che fin dal primo minuto si sono messe a disposizione per capire e apprendere sia le tecniche di pasticceria che quelle di gelateria. Una squadra che, insieme a Valentina Gianni di Agape, mi ha dato la possibilità di non sentirmi un estraneo e mi ha accolto come un

membro della famiglia”, dice da parte sua il maestro Gino Fabbri.

Il centro di formazione è diventato un punto di riferimento della comunità e ha dato la possibilità ad un primo gruppo composto da una decina di membri della comunità del Centro Joao Batista Scalabrini di avviare una piccola impresa locale composta da laboratorio di produzione e vendita che servirà anche gli hotel e i resort della costa mozambicana frequentati dai turisti provenienti dal Sudafrica. L’iniziativa ricade sotto il nome di “Progetto Solidale per l’Africa n°

1758744 della Rotary Foundation” ed è stata sostenuta con un contributo di 95.000 dollari a favore del Centro Suore Scalabriniane di Ressano Garcia. Ad avviamento

ultimato, si apre la seconda fase del progetto che prevede la formazione tecnico-commerciale del team che ha adesso in gestione il centro.

Le crostatine Fidani

Healthy Food

Tanti momenti di dolcezza e benessere ... in formato “mini”. Sei nuovi gusti, tutti senza lattosio e disponibili anche senza glutine. Produzione interamente artigianale, con materie prime di alta qualità.

Le crostate sono da sempre un fiore all’occhiello della produzione Fidani Healthy Food: un’eccellenza riconosciuta da prestigiosi premi e attestati a livello internazionale e soprattutto dal consenso del pubblico. Per questo, l’Azienda di Giulianova, leader nel settore della pasticceria artigianale e free from di fascia alta, ha voluto proporre ai consumatori una nuova declinazione di queste sue specialità: le Crostatine Fidani Healthy Food, presentate in formato “mini” (confezioni monoporzione da 70 grammi), senza lattosio e disponibili anche in versione senza glutine (in confezioni da 95 grammi).

Tra i gusti della farcitura c’è solo l’imbarazzo della scelta: si va dalla confettura di albicocche a quelle di fichi e di frutti di bosco, per arrivare a quelle di lamponi e di visciole.

“Come tutti i prodotti Fidani Healthy Food”, commenta Annamaria Fidani, “le nostre Crostatine sono totalmente artigianali, realizzate con materie prime di alta qualità per ottenere un risultato che concili inscindibilmente gusto e benessere; per facilità di consumo e varietà dei gusti, sono destinate a entrare nelle abitudini di chi non rinuncia ai prodotti di alta qualità, in ogni occasione, commettendo sì un peccato di gola, ma un peccato veniale!”.

I prezzi al pubblico delle Crostatine Fidani Healthy Food vanno da € 2,50 a € 3,00 per la versione Senza Lattosio e da € 3,50 a € 4,20 per la versione Senza Lattosio e Senza

Le Crostatine Fidani Healthy Food sono disponibili in tutta Italia, in molti prestigiosi punti vendita come l’aeroporto di Pescara e l’aeroporto di Bergamo, e in numerosi locali glamour di Lazio, Toscana, Lombardia, Liguria, Veneto e Abruzzo, tra i quali il Caffè Pedrocchi a Padova, i locali Panini Durini a Milano, il Relais del Maro a Imperia, la Pasticceria Etrusca di Perugia, Il Pane di Simona a Pietra Ligure fino al Bar Da Paolo, a Singapore.

Costituita nel 2016, Fidani Healthy Food nasce come evoluzione della società Pan di Zucchero, laboratorio di pasticceria di Annamaria Fidani, con oltre dieci anni di esperienza, nel corso dei quali sono state messe a punto ricette uniche: preparazioni di alta qualità, sane, innovative e, soprattutto, prodotte in modo completamente artigianale.

Guichon a Milano

Chocolate Academy Center Milano ospita a settembre il grande interprete della pasticceria internazionale, il famoso maître chocolatier internazionale Amaury Guichon per tenere un corso/evento esclusivo presso Chocolate Academy Center Milano. Un evento unico per tutti i professionisti del settore.

Amaury Guichon è considerato un talento naturale nel mondo della pasticceria e della cioccolateria. È stato il direttore di boutique e responsabile ricerca e sviluppo dei prodotti da Hugo & Victor a Parigi e poi Chef de partie produit finition e R&D della Jean-Philippe Pâtisserie, pasticceria con boutique negli hotel di lusso “Bellagio” e “Aria” a Las Vegas, nel Nevada. Oggi gira il mondo per spiegare le sue tecniche e il suo approccio creativo alla pasticceria. Ingrediente fondamentale il cioccolato che in Italia ha la sua scuola

per eccellenza proprio nel Chocolate Academy Center di Milano. Amaury Guichon ha con l’Italia un legame anche familiare, il nonno era di Venezia e del Belpaese torna sempre con piacere: l’ultima volta in occasione del Sigep di Rimini e subito dopo per lavorare con il maître chocolatier, campione del mondo ed oggi Global Creative Lead per Callebaut, Davide Comaschi per realizzare un’opera in cioccolato dedicata a Leonardo da Vinci il famoso Vitruviano, completamente in cioccolato.

Nato a Cannes il 15 marzo del 1991, Guichon è cresciuto nella regione dell’Alta Savoia francese, vicino alla Svizzera Romanda.

Sin da adolescente è stato attratto dal mondo della ristorazione e in particolare della pasticceria per questo decide di seguire un apprendistato di due anni a Ginevra, in Svizzera, periodo durante il quale si aggiudica il primo posto in numerosi concorsi locali. La svolta professionale avviene a Parigi presso la prestigiosa Maison Lenôtre . Nel 2010 viene nominato tra i migliori giovani pasticceri apprendisti della regione parigina dall’organizzazione Mof (Meilleures Ouvriers de France).

Ottenuto il diploma di perfezionamento in pasticceria, Amaury lavora per un anno presso la boutique Lenôtre a Cannes, in Costa Azzurra, con il ruolo di vicedirettore, apprendista istruttore e docente per la sezione amatori. Inizia il periodo dei concorsi: dopo “Best Apprentice in France”, per la prima volta nel 2012 si trova a competere con chef professionisti, vincendo il concorso regionale “Délices de la Méditerranée” organizzato dal celebre chef Yves Thuriès. Ritorna quindi a Parigi, per occupare il ruolo

di “direttore di boutique e responsabile ricerca e sviluppo prodotti” presso Hugo & Victor.

Nel 2013 partecipa alla trasmissione televisiva “Qui sera le prochain Grand Patissier”, aggiudicandosi il terzo posto. Grazie alla performance televisiva e con l’aiuto dello chef Michalak, Amaury ha l’opportunità di realizzare il suo sogno americano e di unirsi al team della Jean-Philippe Pâtisserie, pasticceria con boutique negli hotel di lusso “Bellagio” e “Aria” a Las Vegas, nel Nevada.

In quattro anni conquista il ruolo di “Chef de partie produit finition e R&D” - capopartita prodotti finiti e ricerca e sviluppo - e contribuisce a rinnovare i prodotti, continuando contemporaneamente ad affinare la propria pasticceria e il proprio stile. Dal 2016 entra nel mondo dei social network postando video in modalità “comment faire” e condividendo senza filtri la sua passione infinita per la pasticceria. Diventa così un fenomeno riconosciuto

a livello globale: i suoi post sono apprezzatissimi dagli appassionati e raggiungono in breve tempo milioni di visualizzazioni (1,6 milioni di follower su Instagram).

Oggi Amaury Guichon rappresenta per il mondo del food l’icona della pasticceria internazionale più moderna. I suoi prodotti sono curati in ogni minimo dettaglio. Adora dedicarsi alla scultura del cioccolato e alcune tecniche portano la firma della sua genialità.

A gennaio 2019 Amaury Guichon ha pubblicato il suo primo libro “The art of flavor” edito da Les Editions Umami, disponibile in versone inglese o francese.

Nelle giornate dal 11 al 13 settembre Guichon sarà a Milano per presentare la sua filosofia e la sua nuova linea di prodotti con la creazione di torte e monoporzioni.

Un evento esclusivo a cui potrà partecipare un numero ristretto di professionisti e pastrylovers.

Idb Group leader nei lievitati premium

Chiuso il bilancio d’esercizio 2018: Industria Dolciaria Borsari si conferma leader nel segmento premium dei lievitati da ricorrenza con un incremento a doppia cifra, dell’11,43% rispetto all’anno precedente e che vede protagonista il mercato estero con un aumento dei volumi del 29,44%. Oltre 47 milioni il fatturato aggregato.

In un piccolo paese come quello di Badia Polesine una grande azienda. Industria Dolciaria Borsari chiude il fatturato 2018, come annunciato dalla direzione generale, registrando un bilancio aggregato di 47.222 milioni di euro con un incremento dell’ 11,43% rispetto all’anno precedente. Gli ottimi risultati sono il frutto delle migliori performance nel mercato estero e della recente integrazione dello storico marchio piemontese, la Torinese, realtà dolciaria che ha consacrato il gruppo tenutario delle più importanti ricette regionali italiane nella produzione dei lievitati da ricorrenza.

“Ci confermiamo come un’azienda in costante crescita nel segmento premium, con una visione di business precisa e votata, come strategia, alle aspettative del cliente. Abbiamo grandi potenzialità di ulteriore crescita sia nel mercato Italia che all’estero”, ribadisce Andrea Muzzi, Ceo del gruppo, “e per il 2019 il piano di sviluppo sarà incentrato da un lato su iniziative speciali e dall’altro sul potenziamento dei brand classici e top level”.

Emerge la predominanza di vendita sul fronte estero con un aumento del fatturato nelle stagioni di Natale ‘18 e Pasqua ‘19 raggiungendo + 29,44% in gran parte attribuibili a new business, al consolidamento di rapporti commerciali avviati di recente e all’integrazione de La Torinese. Con circa 15.000 ordini all’attivo, il 90% dei quali solo in Italia, anche il mercato interno si è confermato abbondantemente positivo al di sopra dei dati divulgati da Unione Italiana Food, ex Aidepi, che indica un trend in crescita di circa 2 punti percentuali all’anno, come mercato del panettone.

Questi numeri, testimoniano una visione consapevole dei diversi mercati, una capacità di reazione, una

gestione attenta del servizio al cliente e l’efficacia di attività promozionali e di comunicazione.

Si aggiunge un incremento anche nel settore retail con la gestione diretta di ben 5 locali che oltre a determinare una costruzione di una “customer experience” ha contribuito ad alimentare il percepito di un gruppo la cui identità è saldamente ancorata al mondo della pasticceria. L’ampliamento dello store Bedetti di Falconara, autentico di torroni, il totale rinnovamento dei locali di Antica Pasticceria Muzzi di Foligno in via Roma, il successo continuo dell’Emporio Borsari di Badia Polesine attiguo ai laboratori di produzione dell’azienda, il Bistrot Giovanni Cova & C. di Via Cusani nel centralissimo quartiere Brera di Milano e lo storico shop de La Torinese a Torino sono la testimonianza di come l’azienda intenda partecipare al futuro del retail adottando, come detto, pratiche e dinamiche più affini ai nuovi modelli distributivi e di servizio.

Si unisce a ciò il potenziamento delle performance di tutti i marchi del gruppo: Tommaso Muzzi, Borsari, Antica Pasticceria Muzzi, Giovanni Cova & C, Scar Pier, Bedetti, Golfetti e la new entry La Torinese. A caratterizzare da sempre l’operosità dell’azienda, la rigorosa gestione e cura della Madre di lievito naturale,

la costante e precisa selezione delle materie prime, il processo di produzione rispettoso della matrice identitaria ed artigianale, un ciclo di lavorazione di circa 72 ore con lavorazioni manuali e il presidio di operatori specializzati, non ultima l’articolazione dell’offerta elaborato su oltre 550 articoli, 50 varianti di gamma e grammature che vanno dai 50 gr. ai 10 kg.

L’azienda impiega circa 300 persone che diventano oltre 450 nel periodo natalizio. L’expertise di Industria Dolciaria Borsari è quella di essere l’unica in Italia a poter garantire la produzione dei lievitati con metodo Veronese e Milanese/Piemontese (esperienza maturata nei 2 siti produttivi di Torino e Badia Polesine).

Con un patrimonio di oltre 160 ricette e con una R.S. che ne introduce 10-12 ogni anno, nei due laboratori, che hanno una capacità produttiva di medio alte dimensioni (5 milioni di pezzi) si realizzano oltre 1900 referenze la gran parte delle quali con confezioni di pregio lavorate a mano e specialità di pasticceria secca e merendine con base lievitata.

Fonte: Serena Comunicazione

Una tonnellata e oltre

Taglio da record per la Notte dei Maestri del Lievito Madre a Parma: una tonnellata di panettoni assaggiati. Oltre cinquemila visitatori, 300 esperti del settore per un appuntamento che nasce dalla felice intuizione di Claudio Gatti, pasticcere di Tabiano Terme, che si trova sull’Appennino parmense.

Una tonnellata di panettone e lievitati tagliati lo scorso 22 luglio durante la quinta edizione della Notte dei Maestri del Lievito Madre, l’appuntamento per incontrare i più grandi Maestri Pasticceri d’Italia. Trenta protagonisti della lievitazione e oltre 5000 presenze di cui oltre 300 solo di esperti di settore, per la notte più lunga di Parma, dedicata alla degustazione di prodotti lievitati artigianali. L’evento è nato da un’idea del pasticcere Claudio Gatti di Pasticceria Tabiano a Tabiano Terme, famoso proprio per i segreti del suo lievito madre, con cui produce la Focaccia di Tabiano, il suo dolce simbolo, ed è organizzato da Video Type di Parma.

Ospite d’onore della serata è stato il Maestro Rolando Morandin al quale è stato riconosciuto il premio alla carriera: un’esperienza di grande rilievo nel mondo dei

lievitati, in particolare per il panettone, basti pensare al peso del suo “metodo Morandin”, una tecnica di mantenimento del lievito madre in acqua, utilizzata oggi da molti addetti ai lavori. Ma c’è stata anche una grande sorpresa per i maestri e per il pubblico, è stato infatti anche premiato il Maestro Alfonso Pepe che a maggio ha ricevuto la prima stella al WPS di Milano.

“Abbiamo scelto, come in ogni edizione dell'evento, i migliori artigiani della lievitazione, con una particolare attenzione alla selezione di quei dolci che presentano una particolare ricerca e una continua spinta all'innovazione, un' attenta scelta nell'uso delle farine e delle materie prime, ricercando i piccoli produttori, mantenendo intatto un alto grado di artigianalità, premesse che sono impossibili da trovare nella grande industria”, racconta il Maestro Claudio Gatti.

/ PASTICCERIA

“E' una manifestazione in continua crescita, sia per partecipazione che per mediaticità: una conferma che i lievitati sono apprezzati anche in estate e la loro destagionalizzazione, anche alle soglie del Ferragosto, ha destato molto interesse nel pubblico”. Il futuro?

Stiamo valutando se riproporre il format anche all'estero o in qualche città italiana".

“Il palcoscenico di Parma ha ospitato la nuova edizione dell’evento dei Maestri del Lievito Madre, una notte che ormai da cinque anni racconta la cultura dei lievitati per portare il panettone di qualità in un periodo dell’anno insolito. Tanti talenti che sono stati a disposizione di tutti sia degli operatori del settore che degli amanti dei lievitati” racconta l’assessore alle Attività Produttive, al Turismo e al Commercio di Parma, Cristiano Casa.

Anche per i cuochi di Parma Quality Restaurants incontrare questi Maestri è stato "prima di tutto un momento di grande crescita, con la loro presenza potremmo chiedere suggerimenti ed avere un confronto tecnico e poi sarà una festa. Noi prepareremo una cena a conclusione dell'evento a base delle nostre eccellenze e loro porteranno i lievitati. Sarà per noi un grande privilegio averli nostri ospiti" ha detto Enrico Bergonzi presidente Consorzio Parma Quality

Restaurants.

“Decretati anche i finalisti per i campionati del mondo del “Panettone World Championship” che si terrà il prossimo 20 ottobre all’interno di Host, il Salone Internazionale dell’Ospitalità Professionale a Fiera Milano: “Abbiamo un compito molto importante noi, Maestri del Lievito Madre, quello di portare nel mondo la cultura dei lievitati e la nostra Città Creativa per la Gastronomia Unesco darà ancora una volta lustro a questo evento”, ha spiegato Claudio Gatti. Secondo Aidepi (l’associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane) nel nostro Paese vengono prodotte ogni anno circa 50 tonnellate di panettone, che equivalgono circa a 50 milioni di unità (0,82 pro capite) per un giro d’affari complessivo pari a 331 milioni di euro, quasi un panettone a testa. Un trend, quello del panettone, in costante crescita: (+4%). E anche i numeri dell’export sono positivi come conferma Confartigianato in un report che riguarda il consumo dei lievitati. Secondo Coldiretti 3 italiani su 4 nel 2018 hanno scelto dei panettoni garantiti made in Italy, a conferma di una sempre maggiore sensibilità dei consumatori verso la provenienza di quel che portano in tavola.

Arriva “Al Dente”

Come sarà la pasta nel 2050? Cambierà molto, poco o per niente? E il gusto dei consumatori imporrà trasformazioni al gioiello del made in Italy alimentare? Se lo sono chiesti i protagonisti del Pasta Day, in programma il prossimo ottobre, lanciando una iniziativa dedicata agli chef italiani e all’estero: “Al Dente”

Immaginare la pasta del futuro per dare un futuro a questo prodotto di punta non solo della nostra tradizione gastronomica ma anche dell'industria italiana. Bersaglio di diete e mode alimentari, riscoperta dai grandi chef nei propri menù, la pasta vive una fase di grande cambiamento, come ci raccontano i pastai di Unione Italiana food, che in vista del prossimo World Pasta Day, il 25 ottobre, hanno tratteggiato le principali tendenze di qui al 2050 e lanciato l'iniziativa "Al Dente" rivolta a chef italiani e internazionali. Ma non solo loro: “Al Dente” è una vera e propria piattaforma dove chef e pasta lovers, nutrizionisti, sociologi e medici nutrizionisti, potranno disegnare gli scenari futuri della pasta (e non solo). Per una settimana, dal

18 al 25 ottobre, chef, ristoratori e appassionati di pasta potranno raccontare il loro piatto del futuro con l’hashtag #Pasta2050.

Unione Italiana Food, associazione appartenente a Confindustria che raggruppa anche i produttori di pasta, ha individuato una serie di hashtags per i inquadrare le diverse tendenze: #Pasta2050: io mangio classico; #Pasta2050: io mangio etico; #Pasta2050: io mangio globale; #Pasta2050: io mangio diverso; #Pasta2050: io mangio semplice; #Pasta2050: io mangio consapevole.

"Abbiamo individuato sei tendenze diverse tra loro”, il segretario generale dei pastai italiani, Laurenza, “si va dal mangio classico, che vuol dire che il tradizionale

piatto di pasta al pomodoro sarà irrinunciabile, alla conquista dei nuovi mercati da parte della pasta che favorirà la contaminazione con altri ingredienti. E poi c'è la sostenibilità che sarà un tema di cui le aziende si faranno sempre più carico. Tutto quello che abbiamo pensato per il futuro della pasta ha nel presente qualcosa, uno stimolo che va in quella direzione".

Già, perchè di queste tendenze - nel futuro c'è anche la pasta con ingredienti innovativi come la spirulina o la farina di insetti, c'è il tema dei pasti salutari e della semplicità, quello del biologico - già oggi si intravedono i segnali, la direzione di questo mercato dove l'Italia gioca un ruolo da protagonista con 3,3 milioni di tonnellate di pasta prodotte (+0,3%), davanti a Stati Uniti, Turchia e Brasile. La Turchia rappresenta invece una minaccia, con una crescita della produzione che in 5 anni è stata del 77%.

"L'avanzata turca è qualcosa che ci preoccupa molto, perchè ovviamente se dieci anni fa la pasta turca era un prodotto incomparabile rispetto al nostro, negli ultimi anni ha ridotto il gap, per cui mettono sul mercato paste un po' più palatabili di quelle che immettevano

tanti anni fa”, spiega Laurenza. “Il problema c'è soprattuto sui mercati terzi, ma noi puntiamo tutto sulla qualità. Qualità significa attenzione alla ricerca delle migliori materie prime provenienti da tutto il mondo ma anche qualità di processo. Noi dobbiamo puntare per forza su questo perchè ovviamente sulla quantità e sul prezzo i turchi saranno più aggressivi".

L'Italia sotto il profilo della capacità produttiva ha sicuramente le risorse per far fronte alla domanda globale, che è il terreno dove si gioca la partita dei prossimi anni. "Sicuramente un problema che non abbiamo è la capacità produttiva”, ha detto Laurenza al periodico on line Yahoo Finanza, “abbiamo stimato che in Italia abbiamo una eccedenza del 33%, praticamente utilizziamo le macchine al 67%, per cui il problema vero è mettere sul mercato una pasta e farla capire prima ai buyer e poi al consumatore, facendo cogliere la differenza qualitativa tra la pasta italiana e quella non italiana, questa è la sfida del domani su cui siamo fortemente impegnati".

Uno dei temi più discussi a proposito della qualità

della pasta italiana negli ultimi anni è proprio l'origine della materia prima, quel grano duro che produciamo ma non abbastanza, tanto da costringere i pastai a importarlo dall'estero. "Sicuramente c'è una tendenza che va verso il 100% italiano e di questo i pastai si sono fatti carico, ma c'è un tema dirimente in questo discorso”, continua a spiegare Laurenza, “noi abbiamo un limite quantitativo e un limite qualitativo. Molti conoscono quello quantitativo: noi abbiamo bisogno di importare a seconda delle annate il 30-40% di grano duro dall'estero. Per esempio quest'anno il raccolto italiano è stato particolarmente carente rispetto agli anni precedenti, la percentuale l'anno prossimo potrebbe essere 40-45%. Ma c'è anche un tema qualitativo, perchè il grano non sempre possiede i requisiti idonei alla pastificazione, o comunque a una pastificazione di alta qualità, e checchè se ne dica il grano italiano viene utilizzato tutto, solo che per alzare alcuni valori come il tenore proteico devi andare a miscelare con altri grani che hanno quelle caratteristiche. Perchè

al consumatore è importante assicurare la costanza qualitativa del prodotto: se io sono abituato a mangiare un certo tipo di pasta con determinate caratteristiche, mi aspetto che quella qualità venga mantenuta nel tempo”.

In 10 anni la domanda globale di pasta è passata da 9 a circa 15 milioni di tonnellate annue. L’Italia resta il produttore leader mondiale, con 3,3 milioni di tonnellate di pasta prodotte (+0,3%), piazzandosi davanti a Stati Uniti, Turchia e Brasile. Un piatto su quattro nel mondo e tre su quattro in Europa sono fatti con pasta made in Italy. I paesi verso cui l’Italia invia più pasta sono Germania, Regno Unito, Francia e Stati Uniti. Dall’inizio del 2019 ci sono tre nuove nazioni che stanno facendo salire il livello delle esportazioni di pasta: l’Arabia Saudita (+79%), la Cina (+25%) e l’Australia (+14%).

Fonte: Unione Italiana Food

Pasta, ma alternativa

Negli Stati Uniti la preoccupazione per il contenuto calorico ha portato sempre più consumatori, in particolare i più giovani, a valutare nuove proposte a base di riso e altri cereali più sani della pasta. E i pastifici che producono pasta secca si sono adattati a questo cambiamento nella domanda.

Il mercato della pasta negli Stati Uniti è sempre più competitivo: arrivano brand europei sugli scaffali, le promozioni rappresentano oltre il 65% dei volumi di vendita e cresce la popolarità dei prodotti a marchio privato. Le alternative a base di legumi, di vegetali e senza glutine vanno sempre più forte nel comparto della pasta secca grazie ad una serie di caratteristiche di questi prodotti che li rendono più appetibili agli occhi dei consumatori (hanno dal 65 al 90% di carboidrati in meno rispetto alla pasta tradizionale).

Ma senza glutine vuol dire una gamma di prodotti sempre più vasta, che coinvolge anche settori impensabili, come gli integratori. Un recente rapporto pubblicato negli Usa evidenzia come la vendita di prodotti alimentari senza glutine (gluten-free), esplosa in questi anni, raggiungerà i $2.34 miliardi durante questo 2019 (+140% rispetto al 2014).

Il senza glutine diventato moda (discutibile)

L’aumento della domanda di prodotti gluten-free in Usa è in realtà conseguenza di un trend, piuttosto discutibile, che i media americani contribuiscono

a diffondere. La dieta senza glutine viene elogiata da celebrità come Gwyneth Paltrow e Oprah Winfrey, ci sono centinaia di libri in commercio che la pubblicizzano come antinfiammatoria, sana e dimagrante. I prodotti senza glutine sono al centro di campagne pubblicitarie che ne spingono il consumo anche a chi non ne ha necessità.

Non mancano tentativi di sensibilizzazione alla celiachia per quello che è, una patologia ad ampia diffusione (si stima ne sia affetto circa l’1% della popolazione) che ha portato la necessità di garantire la disponibilità di prodotti, cucine e ambienti dove chi ne ha bisogno possa seguire una dieta senza glutine.

La leggerezza con cui, in molti casi, viene trattato l’argomento si scontra comunque con le rigide norme della Fda in tema di etichettatura dei prodotti glutenfree, per i quali è obbligatorio essere in regola con gli standard qualitativi di produzione. Negli Stati Uniti solo il 6% della popolazione è celiaca e deve ricorrere a diete specifiche, ma i Millennials seguono le mode e finchè verrà intesa come tale la domanda

Il giusto ‘packaging’

Il packaging per la pasta secca assolve compiti diversi, seguendo le esigenze di un mercato in evoluzione: da un lato deve consentire di conservare a lungo il prodotto, dall’altro deve attirare i clienti offrendo specifiche indicazioni sugli ingredienti e la cottura ma anche con accattivanti colorazioni e precise indicazioni del brand.

Tra i prodotti alimentari la pasta forse è il simbolo più famoso dell’Italia. Secca, fresca, lunga, corta, a nido … la fantasia nazionale si è scatenata sul tema e tutta questa pasta (oltre al riso, che in effetti condivide parte dei modelli di packaging con la pasta) deve venire confezionata con modalità e materiali specificatamente studiati e scelti in modo accurato.

La pasta tra l’altro è anche un prodotto ad alto chilometraggio: non solo finisce quotidianamente sulle tavole degli italiani, ma è diventata protagonista delle esportazioni alimentari italiane in tutto il mondo: perché la pasta possa essere trasportata nei vari punti vendita e in qualsiasi Paese straniero, anche molto lontano, è necessario che la confezione sia adatta ad essere confezionata in grandi imballaggi, ma anche perfetta per la conservazione del contenuto. Si tratta della necessità di preservare un prodotto alimentare dalle contaminazioni esterne, ma anche dal clima e dall’attacco di insetti o da agenti inquinanti.

Nel caso della pasta secca le problematiche sono le medesime che riguardano altri alimenti simili, come ad

esempio la farina o i prodotti da forno a bassa deperibilità. Per la pasta fresca invece è necessario adottare confezioni e metodi di confezionamento che permettano di preservare la freschezza nel tempo. Il problema non è affatto semplice da risolvere, e la soluzione di solito dipende da una lunga serie di fattori. In linea generale per la pasta secca si preferiscono confezioni in carta robusta e resistente, anche se il film plastico è comunque utilizzato. Per la pasta fresca la carta subentra solo nel caso in cui si debba irrigidire la busta in plastica per fare in modo che i nidi o i formati particolari non si spezzino durante il trasporto. Per il resto si usa quasi esclusivamente film plastico per alimenti, che permette di limitare al massimo le contaminazioni esterne e il contatto con l’umidità e con l’aria. I materiali utilizzati devono anche essere idonei al contatto con gli alimenti, quindi rendere nullo il rilascio di sostanze chimiche che potrebbero modificare la composizione della pasta.

Anche il packaging per il riso si basa spesso su di un mix di plastica e carta robusta, simile a quella della pasta, anche se il riso solitamente viene messo sottovuoto, almeno da una buona percentuale dei produttori italiani. Così come la pasta secca, il riso deve essere mantenuto al riparo da insetti, acqua e umidità, aria e da qualsiasi tipo di contaminazione esterna.

Chi si trova a dover scegliere le confezioni per la pasta e il riso, in Italia un compito che tocca un elevato numero di coltivatori e produttori, di solito pensa non solo alla conservazione, ma anche al marketing. Il packaging per la pasta secca e fresca deve non solo

essere pratico e utile, ma anche attirare il cliente, che ha a disposizione un’ampia gamma di prodotti. Nell’ambito del packaging per pasta secca, fresca e riso i materiali plastici utilizzati devono presentare caratteristiche particolari e i metodi di confezionamento assumono un’importanza strategica. Le ragioni della particolare attenzione da prestare al confezionamento della pasta sono chiare e ormai considerate un know how di base dal mercato, così come dall’altra parte i consumatori si sono abituati a distinguere i brands anche attraverso il packaging della pasta, che richiede quindi particolare attenzione al metodo di confezionamento, da scegliere in base al formato ed alla tipologia: per la pasta lunga o fresca sono infatti utilizzati sistemi di confezionamento orizzontali, mentre per l’imballaggio della pasta

secca e corta è necessario optare per un tipo di confezionamento verticale.

Il materiale utilizzato per confezionare i sacchetti per la pasta dovrà inoltre avere specifiche caratteristiche: è necessario infatti utilizzare film plastici che siano da un lato facilmente personalizzabili con stampe e colori, dato che dovranno poi spiccare una volta esposti sugli scaffali, e dall’altro che garantiscano un’elevata performance di effetto barriera, soprattutto nel caso della pasta fresca, il cui confezionamento avviene solitamente in atmosfera modificata.

Analogamente il riso, confezionato e conservato in condizioni sottovuoto, necessita una particolare attenzione nella scelta dei materiali di imballaggio, che dovranno fornire protezione e garanzia di lunga conservazione del prodotto.

Controlli Parma Dop

Terzietà, rafforzamento ed efficacia del sistema dei controlli e caratterizzazione del prodotto a tutela del consumatore con il supporto di una task force dedicata. il Consorzio volta pagina e affida a Csqa Certificazioni il sistema di certificazione e controlli della Dop Prosciutto di Parma

Il Consorzio del Prosciutto di Parma e i suoi produttori ridefiniscono la strategia per rilanciare il comparto puntando su quattro pilastri: assoluta terzietà dei controlli, task force di esperti dedicata alla certificazione, modifica e rafforzamento del sistema dei controlli, revisione del disciplinare di produzione. Quattro scelte strategiche che il consiglio di amministrazione del Consorzio ha deliberato in data 4 luglio, con l’obiettivo di migliorare l’identità e la qualità del Prosciutto di Parma Dop a tutela del prodotto stesso e dei consumatori.

Dopo vent’anni di collaborazione con l’Istituto Parma Qualità (Ipq), il Consorzio volta pagina e affida a

Csqa Certificazioni il sistema di certificazione e controlli della Dop Prosciutto di Parma. Csqa è un ente leader del settore, di comprovata esperienza e professionalità, in grado di assicurare assoluta terzietà e imparzialità ponendo fine alle criticità emerse recentemente all’interno del sistema di certificazione e sul possibile conflitto di interessi. Le ampie ed indiscusse competenze del nuovo organismo – sia nel comparto Dop Igp che nelle certificazioni in ambito volontario - stimoleranno inoltre il settore a definire strategie di rafforzamento della denominazione anche attraverso lo sviluppo di iniziative sui temi di maggiore attualità: ambiente, benessere animale, sostenibilità. In questo periodo transitorio, l’Ipq continuerà a svolgere il suo incarico di controllo e certificazione sotto la vigilanza del Ministero delle Politiche Agricole e del Turismo. Csqa - attraverso una task force di esperti dedicata – avvierà immediatamente i lavori per la definizione del nuovo piano di controllo nell’attesa dell’autorizzazione ufficiale da parte dell'Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari del Mipaaft. Dopo un lungo lavoro di preparazione durato diversi mesi, il Consorzio ha formalmente avviato anche l’iter di modifica del Disciplinare che prevede nei prossimi giorni la consultazione di tutta la filiera produttiva. Le modifiche riguarderanno tutti gli anelli della produzione, dalle caratteristiche della materia prima - tra cui genetica, peso e alimentazione dei suini, benessere animale, peso e caratteristiche delle cosce fresche - fino al prodotto finito come metodo di lavorazione, peso e stagionatura del prosciutto, modalità di vendita, prodotto pre-affettato, ecc. Ma non solo. Al fine di rafforzare ulteriormente il sistema di prevenzione delle frodi e garantire al consumatore un prodotto più sicuro, il nuovo Disciplinare conterrà anche specifici elementi per la tracciabilità e la rintracciabilità del prodotto lungo tutta la filiera produttiva.

Terzietà, controlli più efficaci, distintività del prodotto e maggiori garanzie per i consumatori, sono questi i pilastri fondamentali su cui poggia il piano di rilancio del Prosciutto di Parma Dop che guarda al futuro con ottimismo e con azioni concrete per continuare a sostenere l’intera filiera suinicola nazionale e dare lavoro ad oltre 50.000 persone.

Secondo Vittorio Capanna, Presidente del Consorzio del Prosciutto di Parma, si tratta del “primo forte segnale di rinnovamento che parte da uno degli ambiti più importanti per una Dop, il sistema dei controlli, nell’ottica di offrire una maggiore trasparenza e la massima garanzia ai consumatori, assicurandogli la qualità che si aspetta dal Prosciutto di Parma. Abbiamo scelto un ente indipendente in grado di assicurare una struttura organizzativa fondata sulla cultura della certificazione di prodotto e su consolidati principi di imparzialità e terzietà”.

Pietro Bonato, AD e Direttore generale di Csqa Certificazioni, spiega che “Csqa raccoglie una sfida importante mettendo a disposizione tutte le professionalità e competenze di un organismo terzo, indipendente che da sempre ha come mission la valorizzazione del vero made in Italy agroalimentare di qualità. Da oltre 30 anni abbiamo puntato sulla certificazione delle eccellenze nazionali di settore a supporto dello sviluppo di imprese e territori nel mondo. Il nostro obiettivo è fare le cose nella maniera migliore, in modo tempestivo, dedicando una task force che si occupi del tema in via esclusiva e immediata”.

Fonte: Uff. Stampa Consorzio Prosciutto di Parma Dop

La carne giapponese da 1.000 dollari al kg

La Taki Japan International è l’unico importatore in Italia di Hida-Wagyu rurale, carne tenerissima, dai grassi che fanno bene alla salute, ottenuta da bovini selezionati geneticamente e allevati al pascolo in montagna, seguendo rigidissime direttive. Molti la ritengono la migliore del mondo.

È probabilmente la carne più buona che esista al mondo, ciò che è certo è che è tra le più costose, arrivando a costare anche 1.000 dollari al chilogrammo, ed ora è possibile gustarla anche in Italia. Parliamo della Hida-Wagyu, un pregiatissimo manzo giapponese, di cui la Taki Japan International è il primo importatore specializzato in Italia, ottenuto da bovini di razze selezionate geneticamente circa un secolo fa dagli allevatori, e poi regolamentata da rigide direttive emanate dal Ministero dell'Agricoltura, delle Foreste e della Pesca del Giappone, evitando così ogni rischio di contaminazione e stabilendo degli standard qualitativi per l’allevamento. Nei primi mesi di vita, dunque, i manzi vengono alimentati a erba, allo stato quasi brado, per poi passare al fieno di riso e altri mangimi rigorosamente vegetali autoctoni. L’alimentazione dei bovini è determinante per far sì che la carne assuma delle qualità molto particolari, non riscontrabili in nessun altro taglio o animale. La principale caratteristica del Wagyu,

riscontrabile anche a occhio nudo sui tagli ancora crudi, è la percentuale e la distribuzione di grasso interno alle fibre che forma una ragnatela, come un marmo, sempre più importante a seconda della marezzatura (marbling) di riferimento. Maggiore è la presenza di grasso tra le fibre, più è buona e pregiata la carne, ed è anche più salutare per il nostro organismo. A differenza delle carni degli animali allevati in occidente, infatti, il grasso di questi manzi presenta aminoacidi utili e grassi insaturi, che, anziché provocare l’innalzamento del colesterolo, lo riducono! Un po’ come curare la propria salute, a suon di bistecche saporite. In Italia, le carni vengono poi distribuite a macellerie e ristoranti di altissimo livello che sappiano valorizzarne le caratteristiche davvero uniche. Per apprezzarne realmente la qualità, è consigliabile assaggiarla nei piatti proposti da ristoranti giapponesi fedeli alla tradizione.

Grandi numeri Cattel

La pizza più apprezzata del Nord Italia? Quella con gli ingredienti Cattel SpA, secondo i dati diffusi dall’azienda veneta. Oltre 1.530 tonnellate di farina, 379 di polpa di pomodoro e 332 di mozzarella alla base di 8 milioni di pizze preparate e vendute nel canale Ho.Re.Ca. del Nord Italia

È il prodotto italiano per eccellenza la pizza, il piatto più semplice e più nobile, il più classico e originale, il più versatile e onnipresente. Sfondo dei momenti sociali più goliardici, pretesto per condividere serate divertenti con amici. Sono tanti i modi di fare la pizza, sono infinite le varianti possibili, ma una sola è la base: farina, acqua, polpa di pomodoro e mozzarella. Pochi ingredienti semplici e alla portata di tutti, in grado però di fare la differenza tra una pizza che sfama e una che fa entrare chi la assaggia in un mondo di sapori e sensazioni unici.

È la qualità dei suoi ingredienti il segreto per il successo di questo piatto, che dall’Italia è riuscito ad affermarsi con forza in tutto il mondo, diventando in breve il piatto preferito di molti. E, stando ai numeri, sono le materie prime vendute da Cattel SpA le più apprezzate dalle cucine di ristoranti e pizzerie del nord Italia: 1.530 tonnellate di farina, 379 tonnellate di polpa di pomodoro, oltre 332 tonnellate di mozzarella venduti solo nel 2018.

I conti sono presto fatti: se per realizzare una pizza standard sono necessari 180-200 g di farina, il numero di pizze prodotte l’anno scorso con farina fornita da Cattel ammonta a circa 8 milioni! Un

numero incredibile se si pensa che a queste si aggiungono anche quelle pronte e le basi pronte da farcire a piacimento. La pasta pronta, in particolare, è caratterizzata da un impasto a lunghissima lievitazione che richiede solo un 1 g di lievito per ogni kg di pasta. Freschezza, genuinità, digeribilità, capillarità e rapidità distributiva i punti di forza di Cattel SpA per meritare la leadership nel canale Ho.Re.Ca nel nord-est. Il tutto unito ad una grande familiarità con la tradizione gastronomica italiana di cui Cattel, anche attraverso le altre aziende di famiglia, da oltre un secolo si fa baluardo.

Il gusto digitale del vino italiano 2019

In 12 mesi l’e-commerce proprietario raddoppia: oggi sono 6 aziende su 25, i follower su Instagram crescono del 71% mentre l’84% delle cantine comunicano settimanalmente su Facebook. Vitigni autoctoni menzionati dal 100% delle aziende (64% nel 2018 e solo 19% nel 2014). “Food pairing” per 10 aziende su 25, tedesco dopo l’inglese per l’export, opportunità dai podcast per raccontare vino e territorio

Comunicazione su meno canali social ma con più qualità su quelli prescelti, e-commerce proprietario in crescita e visto come opportunità per estendere il dialogo con i consumatori, vitigni autoctoni al centro della content strategy. Opportunità ancora da cogliere su user experience dei siti, assistenza clienti via chat e utilizzo formati Podcast per raccontare vino e territorio.

Questi in sintesi i risultati della sesta edizione della ricerca condotta da Omnicom PR Group Italia, società di consulenza strategica in comunicazione attiva con oltre 80 uffici in 30 Paesi, che ha analizzato la presenza e le attività online delle prime 25 aziende vinicole italiane per fatturato secondo l’indagine Mediobanca 2019, confrontando i risultati con i trend rilevati dal 2014.

Instagram continua a crescere rispetto a tutti gli altri social, con un incremento di follower del 71% rispetto al 2018, segno di un crescente interesse verso il social network da parte dei brand ma anche da parte dei giovani verso il mondo del vino. Non solo, oggi sono 17 su 25 le aziende ad avere un account ufficiale (contro le 15 del 2018 e le 6 del 2014). Facebook rimane stabile con 21 aziende su 25 ad avere un account ufficiale mentre migliora la frequenza di aggiornamento settimanale (72% delle cantine nel 2018 contro l’84% del 2019). YouTube e Twitter non invertono il trend degli ultimi anni, risultano poco presidiati e aggiornati (il primo

utilizzato spesso come “archivio”, il secondo per comunicare sporadicamente news sull’azienda). Nell’epoca di Amazon e dei player specializzati in e-commerce del vino è interessante notare chenegli ultimi 12 mesi - le aziende con e-commerce proprietario sono passate da 3 su 25 (2018) a 6 su 25 (2019). Una controtendenza quindi, forse guidata dalla volontà di accompagnare il consumatore lungo tutto il percorso d’acquisto, senza lasciare a terze parti - nell’ultimo migliostorytelling, packaging del prodotto e assistenza clienti. In alcuni casi il vino è la chiave per poter vendere altri prodotti alimentari o un’esperienza sul territorio.

Tutte le aziende menzionano, a vario titolo, i vitigni autoctoni (nel 2018 il 64%, nel 2014 solo il 19%). Varia il livello di approfondimento: alcune cantine non si limitano a citarli, ma dedicano spazio alla descrizione dei vitigni e alla scelta di utilizzo, altre dedicano particolare attenzione al tema con un’intera sezione del loro sito (e un racconto del programma di utilizzo e recupero dei vitigni autoctoni).

13 cantine su 25 (52%) fanno riferimento a percorsi di degustazione (nel 2018 erano il 40%, solo il 15% nel 2014) alcune, con una comunicazione pensata direttamente per il consumatore, hanno sezioni dedicate e approfondimenti. Le più virtuose sfruttano anche la vocazione turistica del territorio, spesso con menzione di aree e luoghi da visitare. Interessante il trend del “food pairing” (abbinamenti vino-cibo) che vede 10 aziende su 25 protagoniste. Seppur con diversa intensità, nel 2019 il 100% delle aziende (76% nel 2018 e 37% nel 2017) tratta il tema sostenibilità menzionando certificazioni, efficienza energetica, gestione sostenibile delle risorse naturali e agricoltura priva di pesticidi.

Infine, la narrativa su iniziative di responsabilità sociale è ancora agli albori, e approfondisce le attività principalmente legate all’arte e alla cultura. Oggi ne parlano 7 aziende su 25.

Le aziende scelgono di comunicare principalmente in lingua italiana e inglese sui loro siti. Nel 2019, dopo l’italiano (25 su 25), abbiamo l’inglese (21 cantine su 25) seguito dal tedesco (7 su 25), cinese (3 su 25) e russo (2 su 25). Nonostante le potenzialità di alcuni Paesi emergenti, si preferisce ancora concentrare gli sforzi sulle lingue delle mete “tradizionali” per il nostro export. Sui canali social, 10 aziende su 25 propongono contenuti in lingua straniera. Di queste 10, solo 5 hanno pagine interamente

dedicate a mercati esteri.

Per ciò che concerne le chat – quasi tutte su Messenger – solo 12 aziende su 25 hanno risposto a richieste di informazioni. Un’area di miglioramento questa in quanto le chat possono indirizzare gli utenti verso contenuti per loro rilevanti (come ricerca prodotti, educazione sul territorio, eventi e percorsi enogastronomici, etc.).

Nessuna azienda offre Podcast, formato in crescita e utile per ingaggiare clienti e turisti alla scoperta del territorio e dei prodotti. Aree di miglioramento arrivano anche dall’user experience di alcuni siti, concepiti fino ad oggi per essere solo una vetrina di prodotti (solo 8 su 25 hanno un punteggio superiore al 7 in una scala da 1 a 10) e poco ingaggianti con i visitatori. Infine, continuano ad essere importanti in ottica

Seo (Search Engine Optimization) i siti esterni di qualità (link-in) che rimandano ai website delle cantine, su questo un buon lavoro di ufficio stampa e digital Pr può aiutare molto.

“L’edizione 2019 della nostra ricerca evidenzia trend interessanti come la crescita delle aziende che hanno un e-commerce proprietario, passate in 12 mesi da 3 su 25 a 6 su 25. Interessante perché è il segnale della volontà di non lasciare a terze parti la relazione col cliente nell’ultimo miglio della transazione e nel post-vendita.

Inoltre, questo è un aspetto rilevante per scongiurare che alcune tipologie di prodotti vengano - nel tempo -ridotte a commodity dalle piattaforme di e-commerce generaliste”, afferma Massimo Moriconi General Manager e A.D. di Omnicom PR Group Italia.

“Continuiamo a vedere nuove opportunità create dal digitale per il nostro comparto vinicolo” continua Moriconi. “Se in passato abbiamo parlato di blockchain come strumento per certificare e proteggere il Made in Italy nel mondo, oggi vogliamo porre l’attenzione sulle potenzialità ancora inespresse dei Podcast e Branded Podcast. Nell’era della voce che stiamo vivendo, il vino può utilizzare questi formati per informare, educare e ingaggiare i consumatori in modo efficace, legando il prodotto a territorio, percorsi di degustazione, influencer, eventi e stagionalità”. Per l’edizione 2019, a guidare la classifica c’è Frescobaldi. Segue al secondo posto, Mezzacorona. Conferma il suo terzo posto Masi Agricola e chiude in quarta posizione Villa Sandi (la classifica completa è consultabile nell’infografica allegata al presente comunicato).

La qualità è emozione

“Tra i 100 migliori vini l’Italia ogni anno ha un massimo di 3 – 5 vini, mentre la Francia ha oltre il 70 %”, dice Helmuth Köcher, fondatore e ‘patron’ del Merano Wine Festival. “Questa disparità continua a dare più referenze al vino francese. Per questo motivo ritengo l’assoluta necessità di creare uno stock exchange solo per vini italiani”.

Helmuth Köcher, lei è anche conosciuto come The WineHunter e patron di Merano WineFestival, ormai storica manifestazione e punto di riferimento per gli eventi wine&food di eccellenza. Per lei è fortissimo il legame con la sua terra, la cui natura l’ha ispirata nell’ideazione dei suoi progetti. Ci vuole spiegare come?

La mia famiglia si è insediata in Alto Adige oltre 150 anni fa e io sono nato a Merano. Mio nonno proveniva da una famiglia di maestri tessili della Boemia e mia nonna invece da una famiglia di viticoltori della Wachau dell’Austria. Queste due anime sicuramente mi hanno influenzato e mi hanno creato radici e fondamenta qui. Sono innamorato della mia terra e della sua natura. Vivere in Alto Adige, in particolare a Merano, mi ispira soprattutto grazie alle montagne e alla purezza della natura. Camminare in montagna, toccarne le rocce, mi riporta alle origini della natura e ispira la mia fantasia. Da questo connubio nasce la mia passione per gli aromi e i sapori, la passione per la storia e la cultura, per la tradizione e l’origine. Talvolta mi ritrovo vicino ad una cascata che scaturisce idee e ispirazioni. Le mie profonde radici in Alto Adige e la convinzione di vivere in un piccolo paradiso mi donano la possibilità di vedere l’essenziale, quello che è invisibile ma tocca il cuore. Qualità ed eccellenza dei prodotti sono sicuramente tratti distintivi di Merano

WineFestival, ma cosa sono per lei veramente “qualità” ed “eccellenza” oggi?

Quando ho iniziato con Merano WineFestival nel 1992 si iniziava a parlare di qualità, mentre la parola eccellenza era allo stato embrionale, perché non c’era la ricercatezza che c’è oggi. Il mercato della viticoltura non aveva a disposizione la tecnologia attuale e dopo 25 anni c’è stato un tale avanzamento, che produrre un prodotto di qualità non è più così difficile. La parola qualità diventa però difficile da interpretare e da usare nella comunicazione, così come la parola eccellenza: basta vedere quante volte questi termini vengono sfruttati,

comparendo nelle pubblicità dei vari prodotti. Va fatta quindi una distinzione perché per me qualità, soprattutto nel segmento che riguarda il vino, è comunque da considerare a livello di emozione.

Dopo oltre trent’anni di esperienza nel mondo del vino, quale secondo lei il fil rouge che dovrebbe unire passato, presente e futuro di questo affascinante mondo?

Sicuramente il fil rouge è la storia del vino, che ci racconta e ci dà la possibilità di assaggiare il DNA di un prodotto che è l’uva e di conseguenza la caratteristica di un territorio che diventa inconfondibile. Troviamo quindi rappresentato il passato, con i suoi 9000 anni di storia, ma anche il presente della viticoltura che è in continua evoluzione sia per quanto riguarda la cura dei vigneti che le varie fasi di produzione in cantina. Infine il futuro, che vuole coniugare storia, tradizione e cultura del territorio includendo il percorso di un’azienda che poi diventa una garanzia di fiducia per il consumatore che va ad acquistare il prodotto finale. Quando assaggio un vino o un prodotto deve esserci il valore emotivo e oltre a questo l’approccio con un’eccellenza deve darmi l’impressione di immergermi nel prodotto sia che si tratti di

un vino, di un panettone o di un cioccolato. Quando la gente mi chiede come faccio a sapere se una determinata cosa è un prodotto qualitativamente buono o meno, io sono del parere che anche il fattore personale sia molto influente e che ognuno di noi sappia cosa piace o non piace perché possiede il valore emotivo che naturalmente anche i degustatori hanno.

L’Italia è una terra estremamente variegata in cui tradizione e innovazione si incontrano continuamente con risultati unici e spesso divenuti famosi in tutto il mondo. Quale invece

secondo lei un prodotto meno conosciuto ma dalle grandi potenzialità che ha scoperto in quest’ultimo anno? E quale la regione d’Italia con più potenzialità ancora nascoste? Per quanto riguarda i prodotti vitivinicoli, l’Italia negli ultimi dieci anni ha riscoperto il territorio e le sue varietà autoctone; si parla di oltre 1000 varietà all’interno delle quali ogni regione ha una sua chicca e qualcosa di particolare. Ultimamente la mia attenzione è stata richiamata dai vitigni resistenti alle malattie fungine, i cosiddetti PIWI, come il Solaris o il Souvigner Gris che non sono particolarmente conosciuti ma il cui prodotto è notevole anche se ha bisogno ancora di un po’ di tempo per essere comunicato. Per quanto riguarda la regione d’Italia che ha più potenzialità nascoste ma che sta emergendo, questa è sicuramente la Puglia.

Oltre alla sua storia, questa regione ha dei vitigni particolari come il Primitivo e il Negroamaro che fino a pochi anni fa erano utilizzati come vino per le grosse quantità e ora invece hanno visto il loro potenziale fortemente rivalutato e promettono bene per il futuro.

Ogni calice di vino e ogni prodotto gastronomico proposto in degustazione durante Merano WineFestival racchiude in sé una storia di eccellenza. Quanto è importante per lei la condivisione di queste storie con i visitatori? Lo ritengo molto importante perché il vino ci racconta non solo la storia di un territorio, ma anche di un produttore. L’etichetta di un vino racconta il percorso che il produttore stesso ha fatto e con questa si vuole comunicare da una parte la filosofia che c’è dietro e dall’altra un’eventuale storia di famiglia. Quando si afferma che nel calice di vino troviamo anche l’anima del produttore, lo ritengo in parte vero. Ogni produttore cerca di dare la sua impronta al vino oltre a quella che viene conferita dal territorio, per cercare di trasferire il vissuto, il passato e la storia della famiglia stessa, soprattutto nel caso di aziende che sono alla ottava o decima generazione di viticoltori e vogliono valorizzare il lavoro dei propri padri e nonni. A questo punto la comunicazione è ampia perché racchiude la storia di un territorio, di una famiglia e di un vitigno. Faccio l’esempio del Pinot Nero in Alto Adige: il tutto risale al 1835 quando un arciduca portò la vite in questo terreno; ecco che dobbiamo partire da lì per arrivare ai giorni d’oggi in cui il Pinot Nero è considerato il miglior vino rosso dell’Alto Adige per eccellenza.

Per lei che è di natura un precursore, quali sono le sue prossime idee da realizzare nel campo della formazione e dell’innovazione legate al mondo del vino?

Sicuramente bisognerà puntare sulle nuove tecnologie di comunicazione come la realtà virtuale e la realtà aumentata cercando di formare persone che siano non solo interessate tecnicamente alla tecnologia, ma anche appassionate al tema del vino.

In una recente conferenza stampa ha annunciato l’idea di creare una fondazione legata all’attività del WineHunter. Ci vuole spiegare meglio di che cosa si tratta e quali le finalità che intende perseguire attraverso questa istituzione?

La volontà è quella di far diventare il WineHunter il primo riferimento di benchmark dell’alta qualità sia di vino che di prodotti tipici made in Italy.

In Italia oltre a più di 15 guide e innumerevoli portali dedicati al vino e alle figure dei critici vi è l’assoluta necessità di creare una referenza cappello che diventi un riferimento importante a livello nazionale e internazionale. Per dare la massima credibilità e anche imparzialità a The WineHutner Award è necessario creare una fondazione che ne sia garante. Faccio il riferimento ad altri premi come per esempio il premio Nobel oppure l’Oscar. Penso ad una fondazione con soci che rappresentano tutte le associazioni di categoria e tutti i critici del vino, un garante dell’alta qualità sia per il mercato nazionale che per quello internazionale. C’è qualche esempio a cui si è ispirato nel suo passato? E attualmente, qualcosa che la ispira in vista del futuro?

Negli ultimi 30 anni ho visto crescere soprattutto la qualità ma anche il marketing e il posizionamento dei vini sui mercati internazionali. Ho cercato anche di analizzare i

posizionamenti dei vini italiani sui vari mercati internazionali e la loro competitività nei confronti di altre nazionali come ad esempio la Francia. Quello che da sempre mi ha ispirato è lo sviluppo del valore dei vini e dei prezzi di mercato, sia quelli da collezione di annate vecchie che quelli di annate correnti. L’interazione con il mercato finanziario è un perno e un riferimento importante per posizionare e qualificare vini anche ad alti livelli di prezzo. Per la Francia lo sviluppo di un stock exchange come il Liv-ex, all’interno del quale viene dato il riferimento ai 100 migliori vini del mondo di ogni annata, è diventato fondamentale soprattutto per la vendita e il posizionamento dei vini sui mercati asiatici. Tra i 100 migliori vini l’Italia ogni anno ha un massimo di 3 – 5 vini, mentre la Francia ha oltre il 70 %. Questa disparità continua a dare più referenze al vino francese. Per questo motivo ritengo l’assoluta necessità di creare uno stock exchange solo per vini italiani. Ogni anno potrebbero essere valutati i migliori 100 vini con il cappello del WineHunter che all’interno di un algoritmo tenga conto anche delle valutazioni delle maggiori guide italiane ed estere. Il vino italiano in questa maniera otterrebbe maggiore attenzione e sicuramente anche maggiore richiesta. La conseguenza

potrebbe inoltre essere quella che tra i 100 migliori vini del Liv-ex l’Italia iniziasse ad essere considerata alla pari con la Francia.

Fonte: smstudio srl

Food&Book a Montecatini

Dall’11 al 13 ottobre è in programma a Montecatini Terme, il Festival Food&Book, arrivato alla settima edizione. La manifestazione, che si fonda sul collegamento tra cibo e cultura, già si può fregiare di una platea che nelle successive edizioni ha portato nella località toscana il meglio delle lettere e della gastronomia.

Food&Book ha portato a Montecatini scrittori come Carmine Abate, Simonetta Agnello Hornby, Maurizio De Giovanni, Diego De Silva, Andrea Vitali, Marco Malvaldi; saggisti del livello di Roberto Giacobbo, Eliana Liotta; chef come Gualtiero Marchesi, Ezio Santin, Aimo e Nadia Moroni, Chicco Cerea, Pino Cuttaia, Andrea Berton, Alfonso Iaccarino: la manifestazione toscana ha continuato ad affermarsi nel corso del tempo e vuole continuare quest’anno. Il tema dell’edizione 2019 è “Sostenibilità, economia circolare e spreco alimentare”, materia trattata in particolare nella cena di sabato 12 ottobre, quando il menu sarà ispirato a piatti da realizzare con gli avanzi. Come ogni anno, la Cena di gala sarà dedicata ad uno chef pluristellato - nelle precedenti edizioni solo per citarne alcuni, l’indimenticabile Gualtiero Marchesi, il sorprendente Chicco Cerea, Alfonso Iaccarino ‘cuoco agricoltore’ come lui stesso ama definirsi. Un evento dedicato al pane sarà l’occasione per ricordare il grande Corrado Barberis, con una edizione speciale del suo “Atlante dei prodotti tipici: il Pane”.

Anche il vino sarà presente, come è stato negli anni passati con oltre 600 i produttori di vino che hanno partecipato alla degustazione organizzata da Slowine. Domenica mattina sempre in tema di recupero degli avanzi si terrà il Festival della Polpetta, con dieci chef che interpreteranno questo piatto popolare; in programma anche un corso gratuito di aggiornamento per giornalisti che offrirà crediti formativi e un workshop sul tema Cultura, Prodotti Tipici e piatti

tradizionali come risorsa per piccoli comuni e in questa sede si parlerà anche dei Parchi letterari con il presidente Stanislao de Marsanich. Un evento davvero unico sia per originalità che per il luogo, la città di Montecatini, con le sue terme liberty e i suoi hotel prestigiosi che ospiteranno anche alcuni incontri e cene con gli chefs.

Basque Culinary World Prize 2019

Giovanni Cuocci, La Lanterna di Diogene di Solara (Mo), finalista del prestigioso premio: il Basque Culinary Center accende nuovamente i riflettori sull’operato di chef etici che trasformano la cucina in un motore di cambiamento sociale. La premiazione quest’anno in programma a San Francisco.

C’è anche un cuoco modenese tra i 10 finalisti del Basque Culinary World Prize, che ogni estate, accende i riflettori sull’operato di chef etici, impegnati a fare sì che la cucina diventi un motore di cambiamento a sostegno della società. Giovanni Cuocci è alla guida della fattoria-ristorante La Lanterna di Diogene a Solara di Bomporto, una

realtà che valorizza il lavoro di persone con disabilità intellettiva, coinvolte nella riscoperta della terra e del lavoro artigianale e consapevole. Il progetto si è costituito in cooperativa sociale nel 2003, concentrando in fattoria allevamento di animali (galline, maiali, pecore, capre) e coltivazione di ortaggi e alberi da frutta, oltre a un vigneto di Trebbiano per la produzione di aceto balsamico tradizionale di Modena. "Il lavoro si costruisce giorno per giorno insieme ai ragazzi con disabilità – sindrome di down, psicosi, paralisi cerebrale infantile – e alimenta anche la cucina dell’osteria, inaugurata nel 2006. La cucina è quella semplice della tradizione emiliana, che va alla ricerca delle origini per offrire ai clienti un luogo familiare, dove si sta bene insieme. E proprio il valore dell’inclusione è la chiave di volta del nostro impegno. Vivo la cucina come un modo per prendermi cura del territorio e delle persone che lo circondano”, spiega Giovanni Cuocci nella motivazione ufficiale della sua candidatura.

Oltre a Cuocci competono per la vittoria cuochi da tutto il mondo: i grandi Virgilio Martinez ed Anthony Myint, il danese Lars Williams, ex direttore del Nordic Food Lab, la malese Siew-Chinn Chin, che in America promuove un programma di educazione alimentare contro il cibo da fast food, lo spagnolo Xanty Elias. E ancora il guru inglese della cucina del riciclo Douglas McMaster, il panamense Mario Castrellon, impegnato a sostenere il commercio equo e solidale nelle comunità caffearie, la messicana di stanza a Philadelphia Cristina Martinez (la sua storia in una puntata di Chef’s Table, su Netflix).

Fabbri vince l’Italian Food Award

Il prestigioso riconoscimento consegnato al Summer Fancy Food di New York, la più grande fiera del Nord America dedicata all’enogastronomia ai rappresentanti dell’azienda bolognese per la nuovissima Pastiglia Leone all’Amarena Fabbri: il gemellaggio goloso tra Torino e Bologna brilla sotto la Statua della Libertà.

New York suggella il matrimonio tra due icone del gusto made in Italy: al Summer Fancy Food 2019, la più grande fiera del Nord America dedicata all’enogastronomia, le nuovissime Pastiglie Leone all’Amarena Fabbri sono state insignite del prestigioso Premio Italian Food Award, nella categoria “Sweets&Confectionery”.

Il riconoscimento, promosso da Italianfood.net e Universal Marketing, premia dal 2017 le eccellenze tricolori capaci di portare innovazione e qualità sul mercato statunitense, mantenendo saldo il legame con la tradizione e il gusto italiano.

Valori distillati nella nuova Pastiglia Leone all’Amarena Fabbri, un piccolo concentrato di raffinata dolcezza che ci riporta bambini. Prodotta in edizione limitata e già candidata a diventare un cult da collezione, riassume in un assaggio la vocazione di due storiche aziende italiane, ambasciatrici del gusto italiano nel mondo: la leggendaria Amarena Fabbri fu inventata nel 1915 da Rachele Buriani, moglie del fondatore

Gennaro Fabbri, mentre fu Gisella Bella Monero, detta la Leonessa, a rilevare l’azienda dal sig. Leone, allargando la distribuzione delle Pastiglie fuori dal territorio torinese e contribuendo al loro successo. E sempre una grande donna, la star televisiva Lidia Bastianich, cuoca e divulgatrice che con la sua arte ha fatto conoscere la cucina italiana negli Usa, ha consegnato il prestigioso riconoscimento alle due aziende. Una conferma dell’apprezzamento di Bastianich, già ambasciatrice per la Fabbri negli Usa, per l’Amarena bolognese.

L’edizione 2019 dell’Italian Food Award ha visto sfidarsi a colpi di bontà ben 223 prodotti: di questi solo 14 sono stati selezionati e incoronati vincitori per le rispettive categorie – tra cui quella dei dolciumi – da una giuria composta da personalità di spicco dell’industria Food italiana, buyer americani, chef, ambasciatori della cucina tricolore nel mondo e membri della stampa internazionale.

L’Italian Food Award è uno dei riconoscimenti più

ambiti del settore, poiché premia l’impegno innovativo delle aziende italiane che operano sul mercato a Stelle e Strisce. Un mercato che ci vede protagonisti e in continua ascesa: in base ai dati elaborati dall’Agenzia Ice di New York, con una quota pari al 3,2%, l'Italia guadagna il quinto posto tra gli esportatori negli Usa dopo Messico, Canada, Cile e Francia.

Le Pastiglie Leone nascono 160 anni fa, nel 1857, quando Luigi Leone aprì una confetteria ad Alba e cominciò a produrre pastiglie di zucchero che ebbero un tale successo da far trasferire il laboratorio a Torino, per poter servire la Real Casa. Nel 1934 l’azienda viene rilevata dalla Famiglia Monero che, grazie alla propria passione, ha dato vita allo stile inconfondibile di Pastiglie Leone che ancora oggi conosciamo. Nel 2018 il testimone è passato nelle mani di una realtà imprenditoriale italiana, con l’obiettivo di sviluppare e valorizzare il marchio nel rispetto della tradizione.

L’Amarena Fabbri invece nasce nel 1915 quando Rachele Buriani, moglie di Gennaro Fabbri, giovane

imprenditore che 10 anni prima aveva dato vita alla Premiata Distilleria G. Fabbri, inventa la ricetta traendola dalla tradizione contadina che insegnava ad esaltare il sapore di quei frutti amari per natura (da lì il loro nome), rendendoli appetibili. Un'idea geniale e golosa che ha trasformato un semplice prodotto della natura in un'icona di gusto e di stile, dando vita ad un mito.

104 anni dopo, la ricetta dell’Amarena Fabbri è ancora la stessa e ha viaggiato molto: dapprima in tutta Italia, dove è considerata un’icona amatissima, tanto da creare vere e proprie schiere di aficionados. Ma l’Amarena, con il suo inconfondibile vaso in ceramica dagli arabeschi bianchi e blu, ha da tempo varcato i confini: dal Sud America all’Oriente, dove è riuscita a conquistare persino i cinesi che, si sa, del dolce hanno un concetto completamente diverso dal nostro. Da cinque generazioni, il classico gusto di Amarena Fabbri è un prodotto intramontabile. È uno dei sapori più versatili della gamma e si abbina a qualsiasi ricetta.

Falegnameria Dori www.lineadori.com Pag. 58

Gift Fair www.giftfair.eu IIIa di Cop.

Ho-Re-Ca Tirana www.ho-re-ca.it IVa di Cop. e pag. 6

New Day www.newdayurl.it Pag. 18 e 19

Pavesi Forni Professionali www.pavesiforni.it IVa di Cop.

PuntoIT Editrade www.portalegelato.it Pag. 10 e 11

Rico Caffe www.ricocaffe.it Pag. 4

Sacar Forni www.sacarforni.net Pag. 6 IIa di Cop.

Sigep www.sigep.it Pag. 12

Fare pane - alchimia di un’arte di Fabrizio Nistri

D.M. Pubbliespo Editore Euro 45,00

PER ORDINARE: manda una e-mail a info@dmpsrl.eu oppure via fax 066634333

La straordinarietà del pane italiano di Paolo Fulgente

D.M. Pubbliespo Editore Euro 30,00

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.