MARZO/APRILE 2025
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Eccoci qui: cosa pensate ci sia come piatto principale nel Menù di P&P numero 179?
Levante Prof, che altro? La rassegna barese si è chiuso il 12 marzo con un grande successo tanto dal punto di vista espositori che di quello dei visitatori.
Apriamo questo numero del nostro magazine, tra l’altro, con un annuncio importante: la prossima edizione di Levante non si svolgere come previsto nel 2027, ma un anno prima, dal 9 all’11 marzo 2026. Una decisione, spieghiamo nell’articolo, legata alla necessità di migliorare la posizione di Levante Prof nel calendario delle manifestazioni internazionali in calendario in Italia. Poi proviamo a raccontarvi gli aspetti più importanti di Levante Prof, tanto guidando ai numeri e alle parole dei rappresentanti delle istituzioni e del mondo delle associazioni professionali, per poi andare a vedere cosa è successo nei corridoi di Levante, tra concorsi, aree dedicate e mostre. Un’atmosfera di grande vivacità e interesse, con i visitatori che non hanno esitato ad applaudire i protagonisti dei concorsi e delle ‘masterclass’ e a diventare a loro volta protagonisti, come raccontiamo nell’ampia sezione dedicata a Levante Prof che apre questo numero. Numero che però non si esaurisce con Levante Prof: tornano come d’abitudine le ricette del Maestro Nico Carlucci (anche lui presente a Bari), e nell’ampia sezione dedicata all’enogastronomia ci occupiamo delle prospettive del vino italiano dopo il recente Vinitaly a Verona. E avete mai provato la colomba salata, magari durante le appena trascorse vacanze pasquali? Questo e molto altro nelle pagine di questo numero di P&P.
Buona lettura a tutti!
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È stato così bello che abbiamo deciso che non potevamo stare seduti per due anni in attesa della prossima edizione di Levante Prof. Come lasciare vuoti e silenziosi quei corridoi che avete riempito di professionalità, passione, imprenditorialità, amore per il proprio lavoro e la propria azienda?
L’annuncio è ufficiale: non ce l’avremmo fatta ad aspettare il 2027 e quindi il prossimo Levate Prof si fa, sempre a marzo, ma nel 2026, da domenica 8 a mercoledì 11. Manca già adesso meno di un anno, e stiamo iniziando a rimboccarci le mani per quella che tra l’altro sarà la decima edizione di quella che ha confermato quest’anno di essere diventata la maggiore manifestazione e dedicata all’agroalimentare dell’Italia centromeridionale.
Spinta del pubblico e degli espositori a parte, abbiamo preso questa decisione per togliere Levante Prof dalla competizione nel calendario con alcune delle maggiori manifestazioni dedicato al food
nell’Italia settentrionale, una sovrapposizione che creava soprattutto problemi al pubblico dei visitatori, che si trova davanti a un calendario fieristico davvero troppo affollato.
Ecco quindi che abbiamo deciso di passare dagli anni dispari a quelli pari, con l’obiettivo di posizionare Levante Prof nel calendario fieristico italiano in una modo che possa massimizzare le opportunità di visita da parte del pubblico e contemporaneamente offrire agli espositori una importante vetrina negli anni in cui non sono in calendario alcune importanti manifestazioni dedicate al medesimo settore e filiere.
Siamo sicuri, dopo aver visto Levante Prof 2025, che aspettare 12 mesi in meno per tornare alla Nuova Fiera del Levante non sia un ‘’sacrificio’ eccessivo!
Buon Lavoro a Tutti!
Per evitare il sovraffollamento del calendario fieristico negli anni dispari, gli organizzatori di Levante Prof hanno deciso dii spostare la manifestazione agli anni pari anticipando la decima edizione a marzo 2026 (da domenica 8 a mercoledì 11 compreso) per assicurare le migliori opportunità di crescita dell’evento.
La decima edizione di Levante Prof si svolgerà dall’8 all’11 marzo 2026 e non nel 2027: la fiera barese cambia calendario. “Una decisione non facile per noi organizzatori, ma necessaria per assicurare il continuo sviluppo di Levante Prof come evento fieristico dedicato al settore agroalimentare più rilevante dell’Italia centromeridionale” sottolinea Ezio Amendola, presidente di Levante Prof, annunciando la nuova sfida che lui e il suo tema si sono dati dopo il grande successo di Levante Prof 2025: cambiare il calendario della manifestazione, spostandola agli anni pari.
Un cambio che assicura una migliore calendarizzazione per Levante Prof, inserendola in un calendario meno affollato dii eventi fieristici e che dovrebbe permettere alla fiera barese di essere una alternativa ancora più appe-
tibile per le aziende che considerano Italia centromeridionale un mercato fondamentale per la propria espansione e crescita. "Levante Prof”, ha sottolineato Ezio Amendola, “continua a crescere, ampliando la sua influenza anche oltre i confini nazionali, con visitatori dai Balcani e Paesi limitrofi. Il riconoscimento ufficiale come fiera internazionale ne conferma il valore. Quest'anno registriamo un aumento del 20-25% sia nel numero di espositori che dei visitatori. La biennalità dell’evento ha dato alle aziende il tempo di sviluppare importanti novità, e proprio per andare incontro alle loro richieste abbiamo deciso di confermare la frequenza biennale di Levante Prof, ma di ‘scalarla’ agli anni pari del calendario”. La nona edizione di Levante Prof, chiusa il 12 marzo scorso, ha infatti confermato l’eccezionale trend di crescita di questa fiera che edizione dopo edizione si sta conquistando il ruolo di punto d riferimento per lee aziende del’Italia centromeridionale, ruolo che può appunto essere meglio definito e avere maggiore appeal quando il calendario fieristico nazionale e internazionale lascia maggiore spazio alle manifestazioni organizzate in sedi che sono estranee a quelle che offrono i maggiori quartieri fieristici, ma che spesso sono diventate anche manifestazioni estremamente costose da gestire sia per esporre che per visitarle, anche a causa della distanza che spesso le separa dai propri clienti e visitatori.
Manca quindi meno di un anno alla decima edizione di Levante Prof, ma già fin da ora, conclude Amendola, “vogliamo rassicurare tutti che non si tratta di una edizione troppo vicina al 2025, ma anzi sarà il lancio di un rinnovato e sempre migliore Levante Prof”.
Grande successo per Levante Prof 2025: oltre 20mila visitatori specializzati e migliaia di scambi commerciali con operatori nazionali e internazionali con un aumento di oltre il 20% di presenze dall’Italia centro-meridionale, e il 10% dei visitatori è arrivato dall’estero, in particolare dagli Stati balcanici.
Quattro giorni da record per Levante Prof 2025, conclusa a Bari il 12 marzo, dopo tre giorni con un numero di visitatori che ha superato di gran lunga quello dell’edizione 2023, tanto dal vivo, con oltre ventimila visitatori complessivi (già nel primo giorno di fiera si sono registrate 7mila presenze), successo supportato anche dai social, dove sono state registrate circa 370mila visualizzazioni sulle pagine ufficiali Instagram e Facebook di Levante Prof. L’edizione 2025 ha ospitato 500 aziende – tra dirette e rappresentate – distribuite in oltre 250 stand allestiti su di una superficie complessiva che ha sfiorato i ventimila metri quadrati; gli espositori hanno valutato positivamente l’elevato afflusso e la qualità dei visitatori specializzati nel settore Ho. Re.Ca., oltre la significativa presenza internazionale.
“Siamo molto soddisfatti”, ha com-
mentato con entusiasmo l’organizzatore Ezio Amendola, “del risultato ottenuto in questa edizione e siamo già al lavoro per rendere la prossima ancora più completa, rispondendo sempre meglio alle esigenze degli espositori e migliorando continuamente l’esperienza di Levante Prof. Puntiamo a consolidare ulteriormente il nostro ruolo come punto di riferimento nel settore Ho.Re.Ca., favorendo opportunità di networking e crescita per tutti i partecipanti. Desideriamo contribuire a confermare il ruolo fondamentale per l’Italia centro-meridionale dell’artigianato Made in Italy nei nostri settori di riferimento”, continua Amendola (che è anche l’editore di P&P), “e verso questo obiettivo abbiamo concentrato anche il focus di molte delle manifestazioni che si sono svolte nel contesto di Levante Prof, dai seminari ai con-
corsi fino alle master class”.
Il presidente della Nuova Fiera del Levante, Gaetano Frulli, ha sottolineato l’importanza dell’evento per il panorama fieristico del Sud Italia: “Levante Prof è una fiera specializzata del settore Ho.Re.Ca che vede la presenza delle migliori aziende del territorio e nazionali, si sta sviluppando molto e questo trend positivo è testimoniato dai numeri di questa edizione. Questo percorso in salita è frutto del lavoro e dell’impegno degli organizzatori, produttori di fiere qualificati. Il nostro compito è quello di affiancarli e sostenerli per crescere sempre di più offrendo spazi nuovi che saranno performanti ed adeguati alle loro esigenze”.
L'inaugurazione ufficiale della nona edizione di Levante Prof ha visto la partecipazione di Vito Leccese, Sindaco di Bari, Pietro Petruzzelli, Assessore allo Sviluppo Locale e alla Blue Economy del Comune di Bari, Francesco Paolicelli, Consigliere e Presidente della Commissione dello Sviluppo Economico della Regione Puglia, Giorgio Salvitti, Senatore della Repubblica e Consigliere del Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. “Bari”, ha commentato il Primo Cittadino Vito Leccese, “è una città dal fascino straordinario, soprattutto nel settore della ristorazione e dell'intrattenimento. Il dibattito dei primi mesi di questa amministrazione ha confermato quanta attenzione ci sia, da parte del territorio, verso tutto ciò che Levante Prof rappresenta. Siamo giunti alla nona edizione e vedo un'ampia partecipazione di
visitatori e numerosi espositori e operatori. Sono molto orgoglioso che la fiera continui a puntare su queste specializzate, attirando sempre più attenzione da parte delle aziende locali e di tutto il Paese".
"Grazie a questo evento”, ha dichiarato il Senatore Giorgio Salvitti, “Bari diventa capitale dell’agroalimentare italiano. Una manifestazione che rappresenta una vetrina d’eccellenza per un settore che costituisce un patrimonio unico, che il mondo ci invidia. Perché la filiera agroalimentare svolge un ruolo decisivo nella crescita economica, occupazionale e nel presidio dei nostri territori, costituendo un veicolo di valorizzazione delle produzioni nazionali e che, grazie a Levante Prof, godono di una straordinaria visibilità".
"Levante Prof”, ha dichiarato Rocco De Franchi, direttore della comunicazione duella Regione Puglia, “si è affermata come la terza fiera verticale in Italia per il settore Horeca, accoglienza, somministrazione e ristorazione. Fin dalle prime ore, gli stand sono affollati, a conferma dell’importanza strategica della manifestazione. Attraverso questo evento, la Puglia si presenta come una regione accogliente non solo con i turisti, ma anche con chi fa impresa nel settore, valorizzando competenze, talenti e realtà imprenditoriali da tutta Italia".
“È un onore”, ha sottolineato Ezio Amendola, organizzatore di Levante Prof, “ospitare concorsi nazionali che valorizzano l’artigianalità Made in Italy. La partecipazione di altissimo livello e l'afflusso di pubblico dimostrano la crescente importanza di Levante Prof nel panorama delle fiere internazionali”.
Tantissimi i concorsi, le master class, i seminari professionali e le aree dedicate che sono state organizzate nel contesto della nona edizione di Levante Prof e che hanno spaziato nei diversi comparti cui la fiera è diretta, completando e rendendo ancora più divertente e interessante la visita alla manifestazione barese.. Nel settore gelateria, Marco Bettini della Gelateria La Veneta di Castiglioncello in provincia di Livorno ha vinto il primo premio del concorso di gelato artigianale “Trofeo PuntoIT”, un tradizionale appuntamento a Levante Prof, che quest’anno ha visto i maestri gelatieri sfidarsi sul tema “Le Creme Tradizionali alla base dei prodotti Tipici Pugliesi”. Sul podio, al secondo posto Riccardo Ciaccio di Livorno e al terzo posto Annarita Bruna di Castellana Grotte.
I primi due classificati sono entrati tra i 25 finalisti della Coppa Italia di Gelateria 2025, che si svolgerà a Roma nel mese di novembre, mentre il vincitore assoluto ha conquistato l’opportunità di competere per il titolo di
Gelatiere dell'Anno a Sigep 2026 L’evento, promosso dall'Associazione Italiana Gelatieri in collaborazione con la rivista specializzata “puntoIT”, ha visto la partecipazione una ventina di maestri gelatieri provenienti da tutta Italia, pronti a sfidarsi con creatività e tecnica. Le loro creazioni sono state valutate da una giuria di cinque autorevoli esperti, composta da Franco Cesare Puglisi, giornalista ed editore di stampa specializzata; Vincenzo Pennestrì, presidente dell’Associazione Italiana Gelatieri; Rosario Nicodemo, campione del Mondo di gelato; Claudio Bove, presidente AIG Puglia; e Nicolò De Chirico, Maestro pasticciere.
“Il Trofeo PuntoIT”, ha commentato Claudio Pica, vice Presidente Vicario Fiepet Confesercenti Nazionale, “è una vetrina straordinaria per il gelato artigianale italiano e per il talento dei nostri maestri gelatieri. Levante Prof si conferma ancora una volta un appuntamento fondamentale per il nostro settore, capace di attrarre e promuovere i migliori professionisti del panorama nazionale”.
Levante Prof ha celebrato non solo l’arte del gelato, ma anche l’eccellenza della pasticceria artigianale italiana con il concorso Divina Colomba, organizzato da Goloasi e dedicato alla colomba artigianale.
I vincitori della settima edizione sono stati: Giacomo Balestra del Panificio Azzurro Margiù di Piano di Sorrento (Napoli) per la categoria Tradizionale; Antonio Masulli di Caffè Masulli 1927 di Somma Vesuviana (Napoli) per la categoria Cioccolato; e Luigi Avallone della Pasticceria F.lli Avallone di Quarto (Napoli) per la categoria Colomba Salata.
“Divina Colomba”, ha dichiarato Massimiliano Dell’Aera, fondatore di Goloasi, “nasce per valorizzare la qualità e la tradizione della colomba artigianale italiana e premiare l’impegno di chi lavora ogni giorno per offrire un prodotto eccellente. Anche quest’anno il concorso ha
messo in luce il talento di artigiani che lavorano con passione senza mai abdicare alla qualità”. “È un onore”, ha sottolineato Ezio Amendola, organizzatore di Levante Prof, “ospitare concorsi nazionali che valorizzano l’artigianalità Made in Italy. La partecipazione di maestri gelatieri e di esperti del settore della pasticceria e della panificazione di altissimo livello e l'afflusso di pubblico dimostrano la crescente importanza di Levante Prof nel panorama delle fiere internazionali, confermandosi come un appuntamento imprescindibile per tutti gli operatori del settore”.
Tra gli incontri, ricordiamo il convegno promosso dall'Associazione Italiana Panificatori - FIPPA in collaborazione con la Lilt, dedicato alla prevenzione delle malattie e al ruolo dell'alimentazione nella salute, che ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Emma Prunella, segretaria del Mezzogiorno Federazione Italiana Panificatori, Pasticceri e Affini, e Francesco Schittulli, presidente Lilt. Tra le aree dedicate, è tornata a Levante Prof “Splash - Beverage & Hospitality”: 120 stand con 300 brand distribuiti su un’area di 2mila metri quadri, 80 masterclass, 50 esperti e centinaia di incontri commerciali con buyer italiani e stranieri. L’area espositiva dedicata alla cultura del bere e dell’accoglienza è giunta alla settima
edizione, ideata e organizzata da Barproject Academy, scuola di formazione per barman di Bari, per riunire in un solo evento le aziende specializzate in distillati, liquori, cocktail, birre, vini, caffè e acqua, gli addetti ai lavori, le associazioni di settore e l’intera community del mondo Ho.Re.Ca.
Splash ha offerto un’esperienza dinamica e interattiva, suddivisa in quattro aree tematiche: il Main Stage, cuore pulsante degli eventi principali; l’Area Podcast, dove si sono svolte interviste e approfondimenti con esperti del settore; lo spazio Masterclass, dedicato a incontri formativi e dimostrazioni pratiche; e l’Area Business & Incontri, riservata agli scambi commerciali tra aziende, buyer e professionisti.
“Un’arena”, commenta l’organizzatore Claudio Lepore, “pensata per favorire lo scambio di idee, l’aggiornamento professionale e la contaminazione tra diverse competenze. Il palco con i suoi 40 metri quadri e un ledwall, ha dato un’impronta scenografica agli incontri, trasformandoli in esperienze dinamiche e immersive”.
L’area è stata arricchita da contest di rilievo nazionale, come la Red Bull Competition in cui si sono sfidati bartender nelle categorie zero alcol e low alcol – Francesco Lisco (del
Tickety Boo di Bari) ed Elèna Ciliberti (del Botanicals CO2 di Bisceglie) sono stati i vincitori – e la Splash Hayman’s Gin Cocktail Competition 2025 che ha visto partecipare oltre 20 bartender da tutta Italia. Alessio Lanave (di Bari) ha vinto la settima edizione, seguito da Jacopo Radchenko (di Roma) e Leonardo La Sala (di Matera). I tre accedono alla fase finale del circuito Hayman’s Gin – la seconda tappa della competizione si terrà al Pepper Bar di Riccione il 28 aprile e la finale a maggio a Roma. A Splash si è delineata anche una visione chiara su quelli che saranno i trend del bere per il 2025. Spiega Nicole Cavazzuti, giornalista e mixology expert: “vediamo il ritorno a una miscelazione autentica, essenziale e orientata al benessere, capace di coniugare creatività e leggerezza. Sempre più protagonisti saranno i prodotti territoriali, gli ingredienti botanici, le spezie mediterranee e le proposte low e zero alcol. Tra le tendenze emergenti, anche il fascino nostalgico degli anni ’90 reinterpretati con stile contemporaneo, in un dialogo tra comfort e sperimentazione che segnerà il passo della nuova cocktail culture”.
Grande attenzione è stata dedicata anche alla formazione professionale di 80 giovani studenti dell’Istituto alberghiero “Perotti” di Bari che hanno partecipato attivamente alla manifestazione e ricevendo un attestato di partecipazione per il loro impegno nel progetto di alternanza scuola-lavoro.
Anche la valorizzazione delle eccellenze enogastronomiche pugliesi e il sostegno alle imprese locali nel mercato nazionale e internazionale hanno ricevuto grande attenzione, con due convegni chiave: “La Puglia: azioni e sfide per la valorizzazione del paesaggio olivicolo e dell’olio extra vergine di oliva”, organizzato dal Dipartimento Agricoltura, Sviluppo Rurale e Ambientale della Regione Puglia e dall’Associazione Nazionale Città dell’Olio, e “Nuove Frontiere del Turismo in Puglia”, che ha coinvolto gli operatori del settore turistico in un confronto sulla promozione del territorio pugliese e sull’importanza di un’accoglienza di qualità per i turisti.
“Quest’anno”, conclude Lepore, “abbiamo ampliato l’area espositiva, raddoppiandone le dimensioni rispetto al 2023 e siamo molto soddisfatti del successo di questa edizione. Desidero ringraziare Ezio ed Edgardo Amendola, organizzatori di Levante Prof, per averci offerto questa preziosa opportunità e per il loro contributo determinante al raggiungimento di questo risultato. Siamo già al lavoro per la prossima edizione, con l’obiettivo di promuovere ulteriormente l’eccellenza italiana nei settori food, beverage e ospitalità”.
Nel 2024 il valore degli acquisti di prodotti biologici nella Gdo raggiunge i 3,96 miliardi di euro, con una crescita del 2,9% (pari a 111 milioni di euro in valore assoluto) rispetto all’anno precedente. Questo risultato consolida l’andamento positivo della domanda di prodotti biologici dell'ultimo triennio.
Dopo un biennio in flessione, l’incidenza della spesa per il biologico sul totale della spesa agroalimentare torna a crescere, attestandosi al 3,6%. Nonostante si tratti di una variazione su base annua contenuta (+0,1%), l’inversione di tendenza rappresenta comunque un segnale incoraggiante, soprattutto se si considera il contesto generale di incertezza e di inflazione che ha caratterizzato lo scenario mondiale negli ultimi anni, e che ha influito negativamente sul potere di acquisto delle famiglie.
In particolare, per la maggior parte dei comparti, si assiste ad un incremento degli acquisti in valore, con picchi del +31,8% per la categoria oli e grassi vegetali, del 10,4% per le uova e del 5% per il miele. Per il secondo anno consecutivo si confermano, al contrario, in flessione gli acquisti in valore di salumi (-19,1%) e carni (-3,5%). Tale calo è riconducibile, in parte, alla diminuzione delle vendite di prodotti quali würstel e prosciutto cotto per la prima categoria e di carni in scatola per la seconda. In contrazione anche la spesa per vini (-1,6%) e derivati dei cereali (-1,2%), categorie per le quali si osserva una tendenza analoga, anche se di minore entità, nel paniere agroalimentare totale. Molto significativo, inoltre, il fatto che nell’ultimo anno il carrello della spesa bio si caratterizza anche per un aumento degli acquisti in volume dopo un periodo di sostanziale stagnazione, evidenziando una crescita superiore rispetto a quella osservata in valore a conferma
di una dinamica generalmente più contenuta dei prezzi medi allo scaffale per molti prodotti biologici. In particolare, oltre a oli e grassi vegetali, in volume aumentano soprattutto gli acquisti dei prodotti afferenti al comparto ortofrutticolo (frutta e ortaggi trasformati), e delle uova. Nel 2024 si osserva un andamento di mercato affine tra i prodotti alimentari bio e i corrispondenti convenzionali, evidenziando tendenze di crescita del biologico più
alte per la maggior parte delle categorie merceologiche, tra cui le più significative interessano gli oli e grassi vegetali (+31,8% bio vs +15,6% totale agroalimentare) e le uova fresche (+10,4% bio vs +2,6% totale agroalimentare).
Risultano in flessione, per entrambi i gruppi di prodotti (bio e totale agroalimentare), gli acquisti in valore per le categorie dei derivati dei cereali, vino e spumanti, carni e salumi, con ribassi più marcati per le referenze biologiche. La dinamica della spesa mostra invece andamenti discordanti nel comparto latte e derivati e negli ittici, con variazioni negative per l’agroalimentare complessivo, e positive per il biologico.
Il peso degli acquisti di biologico sulla spesa agroalimentare totale varia a seconda della categoria merceologica e nel 2024 risulta particolarmente elevata per i comparti miele e uova fresche che incidono rispettivamente per il 15,1% e il 14,3%.
Nell’ultimo triennio la composizione del carrello della spesa alimentare biologica rimane pressoché invariata, caratterizzandosi nel 2024 per una concentrazione del valore del venduto nel comparto ortofrutticolo (42,8%), nonostante la quota di tale categoria registri un calo di quasi due punti percentuali rispetto al 2023.
Il carrello bio resta quindi sbilanciato sulle referenze fresche di frutta e verdura i cui prezzi, nell’ultimo anno, sono leggermente calati, in parte anche per il progressivo rientro del fenomeno inflattivo e in parte grazie a una stagione produttiva che ha assicurato un’adeguata offerta di prodotto.
Tra le altre categorie alimentari emerge la quota di spesa dei prodotti lattiero-caseari (22,2%), che mostrano una maggiore rilevanza nel carrello della spesa bio nell’ultimo anno, sostenuti soprattutto da un aumento del valore e dei volumi di vendita dei formaggi duri e freschi, e da un ridimensionamento generalizzato del prezzo medio per tutte le tipologie di prodotto afferenti al comparto, ad esclusione del formaggio fresco, che rivela una tenuta del prezzo.
Il valore degli acquisti di biologico si mostra in crescita in tutte le aree del Paese, evidenziando variazioni percentuali caratterizzate, tuttavia, da diversi livelli di intensità, e in generale più contenute rispetto all’anno precedente. L’analisi territoriale del 2024 rivela l’incremento maggiore di fatturato biologico nell’area “Centro Italia e Sardegna”, che raggiunge a fine anno i 9,4 milioni di euro (+6,6% sul 2023), consolidando la crescita avviata nel biennio precedente.
Il valore di venduto biologico continua a concentrarsi per quasi la metà nelle aree del Nord Italia (49,4%) dove l’incidenza risulta, però, in calo di un punto percentuale rispetto al 2023, nonostante i lievi aumenti dei consumi registrati sia nella zona occidentale (+1,4%) che in quella orientale (+0,5%).
La spesa di biologico cresce soprattutto nel canale dei Discount: +10,2% sul 2023 e la distribuzione moderna si conferma anche per il 2024 il canale distributivo preferito dai consumatori italiani per l’acquisto di prodotti biologici raggiungendo un fatturato di 2,5 miliardi di euro.
Fonte: Ismea
Focus della campagna 2025: i focolai a trasmissione alimentare attribuibili ad alimenti di origine non animale, ovvero vegetale. Come prevenire i rischi alimentari? Nel 2024 la campagna ha coinvolto oltre 50 milioni di europei. La nuova edizione estesa a 23 paesi, 4 in più dello scorso anno
Sulla scia del successo ottenuto nei quattro anni precedenti, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e il Ministero della Salute lanciano la campagna di comunicazione Safe2Eat con l’obiettivo di far crescere la fiducia dei consumatori nella sicurezza alimentare nell’ambito dell’UE, informando e sensibilizzando i cittadini italiani, per promuovere la capacità di prendere decisioni informate relative alle scelte alimentari di ogni giorno aumentando la consapevolezza su ciò che avviene nelle fasi di preparazione e conservazione dei cibi e al tempo stesso evidenziando il ruolo fondamentale della scienza e delle direttive formulate dagli esperti dell’Efsa, grazie alle quali il cibo sulle nostre tavole è controllato e sicuro.
La campagna è caratterizzata da un raggio d’azione di ampio respiro e intende fornire ai consumatori informazioni chiare e basate sulla scienza della sicurezza alimentare. Quest’anno la campagna si estende a 23 paesi, attestando un incremento rispetto ai 18 del 2024 e raggiungendo un importante traguardo nella sua missione di aiutare un numero sempre maggiore di europei a scegliere con sicurezza i prodotti alimentari. Tra i paesi partecipanti dell’edizione 2025 figurano Albania, Austria, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Cechia, Cipro, Croazia, Estonia, Finlandia, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Macedonia del Nord, Montenegro, Norvegia, Polonia, Romania, Slovacchia, Spagna, Turchia e Ungheria.
Quest’anno la campagna in Italia si concentra sui focolai di malattie a trasmissione alimentare attribuibili ad alimenti di origine non animale, ovvero vegetale, meglio conosciuti come Anoa, e sugli additivi.
A partire dal focolaio epidemico di infezione da E.coli produttore di shigatossina, che si è verificato nel 2011 in alcuni Paesi dell’Unione Europea a causa del consumo di insalata di germogli contaminata e passando al caso dei minestroni surgelati consumati impropriamente tal quali e dai quali sono originati numerosi casi di liste-
riosi, nonché ai casi di salmonellosi (Salmonella Umbilo) da consumo di insalate di prima gamma (rucola e spinaci in foglie) o ai sospetti sui pomodorini a grappolo (pachino, ciliegino, datterino, ecc.) per i casi da Salmonella stratchona, emerge che il rischio microbiologico dei prodotti vegetali non è trascurabile.
Per quanto concerne Salmonella in particolare nel corso dell’ultimo periodo sono stati documentati tre importanti focolai di salmonellosi associati ad alimenti di origine non animale che hanno interessato numerosi paesi europei. Nel periodo gennaio 2021-gennaio 2025 sono stati notificati oltre 500 casi di salmonellosi attribuibili a 8 diversi sierotipi, alcuni dei quali molto rari e associati al consumo di semi germogliati. Questi focolai hanno interessato 9 paesi dell’area europea.
Per quanto riguarda il botulismo alimentare, l’Italia riporta costantemente uno dei tassi di prevalenza più alti dell’UE, anche a causa della spiccata tradizione consolidata nella popolazione rispetto alla preparazione delle conserve alimentari in ambito domestico. I focolai correlati al consumo di alimenti di produzione industriale, sono invece molto rari, ma destano maggiore preoccupazione sia per la popolazione sia per le autorità di controllo in quanto possono potenzialmente coinvolgere
un elevato numero di persone.
È aumentato il numero di focolai associati agli alimenti di origine non animale, dei casi di malattia, dei ricoveri ospedalieri e dei decessi, anche se gli alimenti di origine animale continuano a essere la principale fonte.
“Poiché i consumatori europei devono muoversi all’interno di un panorama alimentare complesso, risulta fondamentale metterli nella condizione di fare scelte informate”, ha affermato Bernhard Url, Direttore esecutivo dell’Efsa. “La campagna Safe2Eat getta un ponte tra la scienza della sicurezza alimentare e le decisioni quotidiane, offrendo informazioni chiare e pratiche che contribuiscono a consolidare la fiducia dei consumatori. Con l’allargamento volto a comprendere ancora più paesi nel 2025, compiamo un ulteriore passo in avanti per garantire che ogni singola persona possa accedere a orientamenti attendibili e supportati scientificamente sulla sicurezza alimentare”.
Un campo d’azione più esteso e nuova consapevolezza: i punti salienti del 2024
Safe2Eat ha conseguito risultati da record nel 2024. In base a un’indagine Ipsos condotta a dicembre, la campagna ha raggiunto oltre il 45 % del pubblico di riferimento in Europa, registrando un netto aumento dal 19 % del 2023. Grazie a una combinazione di promozione su social media, collaborazioni con influencer e iniziative mediatiche mirate, Safe2Eat ha visto il coinvolgimento attivo di oltre 50 milioni di europei, rafforzando l’importanza della sicurezza alimentare nelle decisioni quotidiane.
La campagna ha anche condizionato i comportamenti dei consumatori. I risultati dell’indagine hanno rivelato che chi ha seguito la campagna era più incline a tenere conto della sicurezza durante l’acquisto di prodotti alimentari. In più, si è assistito ad una notevole riduzione nel considerare le informazioni sulla sicurezza alimentare eccessivamente tecniche o difficili da comprendere. Le persone intervistate hanno infatti affermato di essere più informate su come prevenire i rischi alimentari.
Fonte: Mailander
In occasione della Giornata Nazionale del Made in Italy 2025, Assitol, l’associazione che riunisce anche i protagonisti della filiera dell’olio di oliva ha messo in evidenza il ruolo di alcune figure essenziali per il successo del nostro olio extra vergine d’oliva.
Le alte professionalità dell’industria olearia sono parte di quel patrimonio di creatività e genio italiano rappresentato dal Made in Italy. È alle competenze e alla passione di queste figure altamente qualificate, infatti, che si deve il successo dell’olio extra vergine d’oliva, in Italia e nel mondo. A lanciare l’idea di un riconoscimento “morale” di questi professionisti è Assitol, l’Associazione italiana dell’industria olearia aderente a Confindustria e Federalimentare, che in un convegno al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ha acceso i riflettori su questi professionisti.
L’incontro si è svolto nell’ambito delle iniziative per la Giornata Nazionale del Made in Italy, celebrata il 15 aprile di ogni anno, anniversario della nascita di Leonardo da Vinci. Per il ministro Urso i professionisti dell’industria olearia hanno creato e donato una vera propria opera unica: uno speciale olio extra vergine, studiato
specificamente sul profilo istituzionale dello stesso ministro, denominato “Maestria italiana”, a simboleggiare la passione e la competenza dei maestri italiani del blend. “Quest’anno”, ha spiega Anna Cane, presidente del Gruppo olio d’oliva di Assitol, “invece di concentrarci sui prodotti, abbiamo voluto celebrare i professionisti dell’industria olearia, altamente specializzati e spesso sconosciuti al grande pubblico, che sono il cuore pulsante di questo settore”. In particolare, sono tre le figure alle quali, per il loro ruolo, l’Associazione ha dato ampio spazio: l’esperto della materia prima, il maestro del blend, l’esperto dei nuovi mercati. “Si tratta di figure nate e sviluppate nel corso del tempo dalle imprese olearie, che ancora oggi coltivano e formano direttamente questi talenti. Questi professionisti sono poche decine in Italia, la loro è una formazione specifica e continua, che si adatta alle evoluzioni del mercato e dei consumi.
Valorizzarli significa rafforzare la filiera e lavorare per il suo futuro”.
Grazie alle loro competenze e al loro impegno, oggi l’industria olearia è in grado di resistere alle incertezze dell’economia e della geopolitica. “La crisi climatica degli ultimi anni ha rappresentato l’incognita più pesante” sottolinea Anna Cane. “L’Italia, purtroppo, ha dovuto affrontare lo scenario più difficile anche nell’ultima campagna, che ha registrato il 30% in meno di olio d’oliva. Ciò ha creato tensioni sui prezzi e ha ridotto del 10% i consumi di olio d’oliva”. Eppure, nonostante tutto, il settore occupa, tra dipendenti diretti e indotto, 15mila persone, per un fatturato di circa 4 miliardi e una produzione industriale pari a un milione di tonnellate, suddivise tra mercato italiano ed esportazioni. L’Europa resta il primo sbocco del nostro olio d’oliva con il 75% degli scambi all’estero, seguito dal Nord-America e poi dall’Asia orientale e centrale. La Ue rappresenta inoltre il 50% dei consumi di olio, grazie soprattutto a Spagna e Italia. Sul podio dei consumatori più forti, però, sono approdati da qualche anno gli Stati Uniti, che promettono di diventare il primo consumatore al mondo entro il 2030. Non a caso la prima testimonianza è quella dell’esperto dei nuovi mercati Emanuele Siena, direttore marketing internazionale di Salov. “Gli studi effettuati e le mie attività di insegnamento e confronto con gli studenti in alcune Università italiane e straniere sono state sicuramente importanti nella mia formazione, ma per questo lavoro ci vuole molto altro”, ha spiegato. “La giusta lettura di un nuovo mercato, infatti, si basa su un approccio di lavoro flessibile e curioso. L’esperto di nuovi mercati deve possedere apertura internazionale e mentalità multiculturale”.
Il manager ha portato due diversi casi di successo: Brasile e Filippine: “Sono due esempi agli antipodi, incentrati su due culture alimentari totalmente diverse dalla nostra”. Si tratta, però, di mercati molto vasti: il Brasile conta su una popolazione di 211 milioni di persone, le Filippine su 115 milioni. Altro dato in comune, che rende più difficile proporre l’olio d’oliva in questi Paesi, è che i consumatori locali collegano questo prodotto con Portogallo e Spagna, non con l’Italia. “Per attrarre i consumatori, ci siamo immersi nelle loro abitudini quotidiane, cercando un legame tra le loro tradizioni e le nostre. Ha funzionato. Proponendo l’olio extra con i piatti locali, piatto amatissimo, siamo riusciti ad arrivare sulle tavole dei brasiliani. Nelle Filippine, invece, il nostro grimaldello è stato il pesto, declinato in modi diversi nelle loro ricette. Un lavoro di ricerca e di adattamento che non è certo immediato”.
Conoscenze tecniche e capacità artigianali sono invece gli ingredienti della storia di Marzia Migliorini, maestra del blend di Carapelli Firenze, che in un video ha mostrato come opera in concreto una figura come la
sua. “La mia professione richiede grande passione ed impegno, molte competenze, lavoro di squadra e continuo aggiornamento. Il maestro del blend accosta oli di diverse cultivar e origine per crearne uno con caratteristiche sue distintive. Tuttavia, per il mio ruolo non esiste un percorso accademico, molte cose le ho imparate in azienda”. Del resto, sono davvero tante le competenze necessarie per creare un olio di qualità: la conoscenza approfondita organolettica degli oli, la sensibilità nel riconoscere le diverse sfumature di sapore e aroma, la conoscenza delle diverse varietà di olive e dell’ulivo, oltre che delle operazioni di trasformazione nel frantoio e della conservazione dell’olio d’oliva, le tendenze di consumo a livello mondiale. Insomma, il maestro del blend è un super esperto. “Cultivar e provenienze diverse offrono una grande ricchezza di gusti ed aromi: il mio
lavoro consiste proprio nel saper interpretare le diverse caratteristiche degli oli per creare prodotti con profili unici che rispondano alle preferenze dei consumatori” Per chiarire in cosa consista il suo lavoro Emanuele Zampetti, esperto della materia prima e direttore selezioni e acquisti di Costa d’oro, si è definito “un diplomatico della materia prima. Oggi chi svolge la mia attività non si occupa più solo di selezione della materia prima e acquisti, si è evoluto, trasformandosi in un ruolo che richiede un costante scambio di informazioni e una grande capacità di anticipare le tendenze di mercato. Potrei definirmi un analista di mercato artigianale: ogni giorno raccolgo e analizzo dati, cercando di arrivare primo, sfruttando la mia esperienza, l’intuito e la conoscenza diretta sviluppati negli anni di esperienza sul campo”.
Un altro aspetto fondamentale di questa professionalità è la costruzione di relazioni. “Il contatto umano rimane centrale: conosco chi ci fornisce l’olio, so chi c’è dietro ogni partita che selezioniamo. La sostenibilità ha cambiato profondamente il nostro settore e il mio ruolo.
Non parliamo più solo di fornitori, ma di veri e propri partner con cui costruire un percorso comune, basato su fiducia e condivisione di valori”.
Andrea Pontarelli, preside dell’Istituto agrario “Giuseppe Garibaldi” di Roma, ha ribadito l’importanza di percorsi scolastici professionalizzanti, in accordo con le tendenze del mercato. Da questo punto di vista, l’Istituto, il più antico d’Italia, è un esempio da imitare: agricoltura di precisione, tecniche d’assaggio, droni e marketing fanno parte, a pieno titolo, della cassetta degli attrezzi “del perito agrario. “La formazione, persino negli istituti tecnici, è spesso scollata dal mondo reale”, sottolinea il dirigente scolastico. “Al contrario, la scuola dovrebbe essere al servizio del mondo produttivo. L’impresa è quindi corresponsabile dell’offerta formativa ed è chiamata a dare indicazioni precise sulle necessità del suo mercato del lavoro. Il dialogo tra scuola e imprese, va istituzionalizzato, deve diventare la base delle scelte formative”. Pontarelli ha spiegato come ci si sta muovendo nella sua scuola: “Siamo stati i primi in Italia a creare un percorso ad hoc per il tecnico superiore di filiera olearia, una figura capace di progettare e gestire i processi nel frantoio. Ora stiamo lavorando alla formazione di tecnici e manager per le aziende olearie”.
Il futuro, insomma, si scrive a scuola. “Abbiamo voluto dare un volto e una voce ai professionisti dell’industria olearia”, ha osservato Anna Cane, “ognuno ha il suo per-
corso, la sua storia, perché è una figura speciale, unica nel suo genere. Finora, le imprese hanno fatto tutto da sole, ma, in futuro, si rischia di disperdere competenze fondamentali per il settore, soprattutto in un mondo sempre più globalizzato, in cui la fuga dei cervelli, anche nell’industria olearia italiana, comincia a preoccupare”. Per questa ragione Assitol ritiene che l’olio d’oliva debba essere maggiormente presente nei programmi della scuola degli istituti tecnici e del liceo del Made in Italy. “Al ministro Urso e alle istituzioni nazionali chiediamo di riconoscere e valorizzare, attraverso azioni specifiche, queste straordinarie professionalità che, a tutti gli effetti, non si limitano a creare il Made in Italy, ma ad esserne parte integrante. A tale scopo, siamo disponibili a collaborare con tutti per sostenere progetti formativi in grado di orientare e formare i futuri professionisti dell’industria olearia”. Il convegno si è quindi concluso con l’impegno reciproco tra l’Associazione e l’Istituto Agrario sull’avvio di un progetto di formazione specifico sulle professionalità del settore oleario.
Fonte: Assitol
Gli Stati Uniti si confermano il primo mercato di destinazione del vino tricolore con un peso che ha raggiunto, nel 2024, il 24% del fatturato complessivo maturato all'estero, grazie al balzo in avanti del 10,2% (+7% gli ettolitri). Le esportazioni verso la Germania, secondo mercato di riferimento, crescono in valore di quasi il 4%
Con quasi 22 milioni di ettolitri spediti oltre frontiera, l'export vinicolo italiano ha superato nel 2024 il traguardo degli 8 miliardi di euro di fatturato. Un nuovo record, favorito anche dalla corsa alle scorte negli Stati Uniti, sotto la minaccia di dazi sui prodotti made in EU ribaditi da Trump, anche negli ultimi giorni. Oltre allo scatto in avanti dei valori (+5,5%), tornano a crescere i quantitativi inviati all'estero con un +3,2%, dopo la battuta d'arresto del 2023.
Ancora una volta a trainare le vendite sui mercati internazionali sono state le bollicine, che rappresentano oggi il 25% dell'export in volume e il 29% del valore maturato sui mercati esteri. Il bilancio dell'anno del segmento spumanti è estremamente positivo, con una progressione del 12% in termini quantitativi e del 9% nei corrispettivi monetari.L'Italia si conferma leader mondiale per volumi esportati e seconda in valore dietro la Francia, con una dinamicità dell'export che non ha rivali in Europa.
Il Paese transalpino ha mantenuto i volumi del 2023 ma ha subito un lieve calo dei valori (-2%), mentre la Spagna ha mostrato una battuta d'arresto in quantità (-3%) a fronte di un incremento degli introiti (+4%). Scendendo nel dettaglio delle principali categorie dell'export delle cantine nazionali, le elaborazioni Ismea sui dati Istat evidenziano una crescita sostenuta per i vini a denominazione di origine protetta (Dop), che chiudono l'anno con un incremento del 6,5% in valore e del 7,6% in volume, grazie anche al contributo positivo dei vini fermi. Gli Igp registrano un aumento più moderato (+1,3% in valore, +2,8% in volume), mentre i comuni subiscono una contrazione di quasi il 7% in quantità, compensata da un equivalente incremento dei corrispettivi monetari.
Gli Stati Uniti si confermano il primo mercato di destinazione del vino tricolore con un peso che ha raggiunto, nel 2024, il 24% del fatturato complessivo maturato all'estero, grazie al balzo in avanti del 10,2% (+7% gli ettolitri). Le esportazioni verso la Germania, secondo
mercato di riferimento, crescono in valore di quasi il 4%, ma cedono a volume mentre avanzano ma a passo moderato le esportazioni verso il mercato britannico (+1% a valore, +2% a volume).Da segnalare gli ottimi sviluppi delle vendite in Canada, al quarto posto tra i principali clienti (+15,3% il fatturato, +4% gli ettolitri) e in Russia, che nell'intera annata trascorsa ha incrementato gli acquisti di vini e spumanti italiani di oltre il 40% sia a valore che a volume.
Fonte: Ismea
La pizzeria di Gallarate che impiega ragazzi autistici protagonista a Domenica In: il progetto “straFICO – Impastiamo la Diversità” fa capo all’associazione Mondi Connessi, organizzazione non profit attiva nel Varesotto e nel Nord Milano a favore dei bambini e ragazzi con disturbo dello spettro autistico.
La pizzeria del progetto StraFICO, in fase di apertura a Gallarate, si inserisce in un più ampio percorso etico e inclusivo che punta a valorizzare la diversità attraverso il lavoro, il cibo e la bellezza. I finanziamenti per l’apertura sono arrivati dall’associazione I Bambini delle Fate e dalla Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate, “per la valenza sociale dell’iniziativa, che è nel cuore del nostro territorio”, spiega Roberto Gentilomo, Responsabile Area Mercato della Bcc Busto Garolfo e Buguggiate. “Questo progetto rappresenta un mix di valori molto vicini al nostro modo di fare banca: l’attenzione alle persone, l’inclusione, la solidarietà e il sostegno concreto alle famiglie”.
Il nome “straFICO” nasce da un gioco di parole carico di significato. Il fico, comunemente scambiato per frutto, è in realtà un fiore: una metafora potente per descrivere i ragazzi coinvolti nel progetto, la cui neurodivergenza spesso passa inosservata a uno sguardo superficiale. Apparentemente in linea con i loro coetanei per capacità e comportamenti, sono in realtà giovani con bisogni specifici che rendono complessa una piena autonomia nella vita quotidiana. Per questo motivo, il fico diventa simbolo di accoglienza e comprensione delle diversità. Ma “fico” nel linguaggio giovanile significa anche “molto
bello”, proprio come il locale che sorgerà nello storico spazio settecentesco dell’ex Farmacia Dahò, in Piazza Garibaldi a Gallarate. Un luogo unico, “straordinario” – da qui il prefisso “stra” – dove la diversità sarà ingrediente fondamentale di un’esperienza gastronomica e umana ricchissima.
La proposta culinaria di “straFICO” è affidata a grandi nomi della ristorazione: Stefano D’Onofrio, fondatore e CEO del Gruppo Godo, curerà la cucina; Francesco Pompetti, maestro pizzaiolo premiato con tre spicchi dal Gambero Rosso, si occuperà degli impasti di pizza, panzerotti e bomboloni; Giovanni Pariani, alla guida delle Pasticcerie Pariani, firmerà i dessert. Il menù comprenderà pizze, arrosticini e piatti selezionati con attenzione alla qualità delle materie prime e alla valorizzazione delle eccellenze territoriali.
Il locale sarà anche un luogo di narrazione, in cui le storie delle aziende del territorio partner del progetto verranno raccontate e condivise con il pubblico. Il tutto in un contesto di lavoro inclusivo: persone autistiche, formate e affiancate da professionisti neurotipici, saranno parte attiva della gestione del locale, favorendo l’incontro diretto tra il pubblico e la condizione autistica.
Un’edizione che attesta l’appeal europeo della manifestazione con il +4% di visite totali In scena l’offerta più completa in Europa delle eccellenze birrarie: 115 birrifici artigianali e le principali referenze mainstream, i più grandi importatori di birre estere e le grandi multinazionali del mondo brassicolo.
Con la 10ª edizione appena conclusa, Beer&Food Attraction di Italian Exhibition Group (inaugurata dal ministro per le disabilità Alessandra Locatelli e dall’onorevole Mirco Carloni, presidente Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati), si afferma definitivamente leader in Europa per la Beverage & Bar Industry, segnando un +4% di visite totali, un segnale molto positivo visto il balzo superiore al 20% già realizzato nel 2024. Sono stati 600 gli espositori (e 170 le nuove aziende), con 1.217 marchi disposti su una superficie espositiva aumentata del 14% rispetto al 2024. E 302 i giornalisti accreditati (+38%).
La manifestazione ha raccolto le tendenze del mondo foodservice, a partire da quelle della filiera birra, presentando le innovazioni e l’offerta più completa del continente europeo: dalle craft (con 115 birrifici artigianali) alle mainstream, i principali importatori di birre estere e le grandi multinazionali del mondo brassicolo. Da sottolineare il grande sviluppo del mondo Mixology: +30% di spazio espositivo dedicato al settore spirits, tanto che per l’edizione 2026 è già stata annunciata la novità Mixology Attraction, che da area diventerà evento a sé, con l’obiettivo di allargare l’attenzione al comparto dei cocktail, al pari di quello riconosciuto alle birre. Infine, a evidenziare il successo di questa edizione il ruolo strategico del food (che rappresenta circa il 20% dell’offerta espositiva) come complemento all’universo Beverage, con le migliori proposte per il canale casual dining e per l’aperitivo, momento di consumo sul quale si concentreranno sempre maggiori attenzioni.
I visitatori europei crescono dell’11% con un incremento del +55% dei Paesi del Nord Europa e con i Paesi dell’Est che rappresentano il 21% sul totale dei visitatori esteri. Nella top 10 dei Paesi spiccano Germania, UK, Spagna, Polonia, Repubblica Ceca, Francia, Svizzera, Albania, Belgio. Rilevante anche la presenza dei Paesi extraeuropei con in testa Brasile, Stati Uniti, Messico e Georgia.
Con 130 buyer da 47 Paesi, provenienti principalmente da Spagna, Finlandia, Polonia, Repubblica Ceca, Danimarca e Svezia, la fiera diventa sempre più internazionale, grazie alla partnership con Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e Agenzia ICE. Ne sono esempio le collettive: dalla Brewers Association americana alla scozzese Scottish Development International. Gli espositori sono giunti da 15 Paesi, di cui i primi sono Germania e Spagna. Una presenza consolidata quella di distributori, grossisti, locali, le migliori catene di pub e pizzerie, che ha rappresentato un’occasione unica di networking, con l’incontro tra operatori
e buyer che ha generato un forte ottimismo nel settore. L’edizione 2025 della manifestazione è stata quindi segnata da una ventata di energia positiva, che conferma la fiera come un catalizzatore di opportunità per il mondo del beverage e della ristorazione. Insieme alla 10ª edizione del salone B2B di IEG, si è tenuta BBTech Expo, sulle tecnologie di processo, Filling&Packaging del settore, che completa l’offerta della filiera del Beverage. Per tre giorni, Beer&Food Attraction è stata il punto di riferimento di tutte le filiere dell’out of home, grazie alla collaborazione delle principali associazioni e realtà di settore. Ruolo da protagonista per Italgrob – Federazione Italiana Distributori Ho.re.ca., che ha organizzato l’atteso International Horeca Meeting, evento cruciale per il comparto fuoricasa con i più importanti operatori del settore. Il canale Ho.re.ca. ha raggiunto un valore complessivo di 72 miliardi di euro con oltre 3,4 milioni di occupati, ricoprendo un ruolo chiave all’interno dell’agroalimentare italiano, che secondo i dati Italgrob ha un valore di 261 miliardi di euro, di cui 185 all’interno del food&beverage. Beer&Food Attraction ha ospitato numerose associazioni e stakeholder istituzionali, tra cui Assobirra, Unionbirrai, Assobibe, Mineracqua, FIPE
- Federazione Italiana Pubblici Esercizi, consolidando l’importanza strategica della fiera per il networking e la crescita del settore.
Nel 2024 il mercato degli spirits ha registrato 343 milioni di atti di acquisto, con i cocktail che hanno rappresentato la parte principale (146 milioni) [dati Circana]. Il consumo si concentra principalmente nell’aperitivo, che cresce fino 46% del totale, mentre cena e post-serata sono in lieve calo con i consumatori che optano per soluzioni più economiche ("trading down"). Gli aperitivi alcolici e il gin dominano il comparto spirits (55%), seguiti da digestivi alcolici (10,2%), vodka (8,7%), rhum (4,8%) e whisky (2,6%). Nel settore birra, secondo Assobirra, il business ha superato i 2,5 miliardi di euro nel 2024, con circa 109.000 lavoratori coinvolti e un valore complessivo di oltre 10 miliardi. Tuttavia, le difficoltà economiche legate a costi, accise e inflazione potrebbero accentuare la flessione già registrata nel 2023 quando la produzione di birra in Italia è stata di 17,4 milioni di ettolitri. Beer&Food Attraction dà appuntamento al 2026, dal 15 al 17 febbraio assieme alla novità Mixology Attraction.
Fonte: Mind The Pop
La prima edizione targata Fiere di Parma di Tuttofood Milano 2025 dal 5 all’8 maggio riunisce a Rho Fiera Milano i protagonisti dell’agroalimentare provenienti da oltre 100 Paesi del mondo. Governo, ICE Agenzia e Fiere di Parma hanno sottolineato il ruolo della manifestazione nella celebrazione del valore universale e identitario del cibo.
Tuttofood Milano 2025, giunto alla sua decima edizione complessiva, ridisegnato nei suoi obiettivi strategici, diviene luogo di riferimento e aggregazione per l’industria e la cultura agroalimentare a livello globale, grazie anche alla sinergia tra Fiere di Parma e Koelnmesse Italia.
Le fiere internazionali – momenti unici, in grado di riunire in un solo luogo imprese da tutto il mondo, con il loro bagaglio di culture, linguaggi, professionalità e stili di vita – sono chiamate sempre di più a un ruolo che vada oltre a quello classico di facilitatori del business. Oggi tali eventi devono, infatti, proporsi come nuove piattaforme per lo sviluppo di mercati, opportunità e temi già aperti dalla diplomazia internazionale attraverso la sua azione su tavoli e canali ufficiali.
È questa la vision di Fiere di Parma, che ne affida la concretizzazione al suo primo Tuttofood, che si specchia
in quella degli espositori, provenienti da tutto il mondo ma concordi nel voler scongiurare una escalation di dazi e barriere non tariffarie. Il presidente di Fiere di Parma Franco Mosconi, ringraziando il Ministro Tajani per l'ospitalità e il Sottosegretario Tripodi per la sua presenza, nel suo intervento ha enfatizzato il significato dell'“essere ospiti qui oggi al MAECI per presentare il progetto Tuttofood nel suo nuovo format, di fronte ad un parterre così prestigioso di rappresentanti diplomatici da tutto il mondo."
Attesi oltre 3.000 espositori da tutto il mondo, più di 90.000 visitatori, tra cui oltre 3.000 top buyer internazionali, coinvolti nel programma di incoming sviluppato in collaborazione con ICE/ITA Agenzia e i rappresentanti delle principali Associazioni di settore.
Tra i Paesi europei meglio rappresentati tra gli espositori, rientrano Spagna, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Portogallo e Francia che, sommati tra loro, coprono il 50% della quota relativa e offrono al visitatore internazionale una chiara visione d’insieme del panorama agroalimentare dell’Europa Centrale e Meridionale. Interessante anche il numero di realtà oltreoceano presenti in fiera: tra loro, spiccano il Nord Africa (con l’Egitto in prima fila), il Sud-Est asiatico e l’Estremo Oriente (con ampie partecipazioni da Cina, Taiwan, Corea del Sud e Indonesia), così come il resto dell’Asia (con l’India massima rappresentante) e l’immancabile presenza delle aziende statunitensi.
Fonte: Lead Communication
Continuano le celebrazioni per i 50 anni di Mulino Bianco. Tra le iniziative ideate dal brand per festeggiare un compleanno speciale c’è il ritorno degli iconici premi che hanno fatto sognare più di una generazione. Tornano Fornetto, Mulinosveglia e Pancestì in collaborazione con i grandi brand del design italiano
Oggi gli amati oggetti da collezione Mulino Bianco degli anni ‘80 si riaffacciano per celebrare i 50 anni del marchio in un’edizione preziosa in collaborazione con grandi brand del design italiano, Ariete per il Fornetto Sfornabontà, Celly per la MulinoSveglia e Seletti per il portapane Pancestì.
Il "Fornetto Sfornabontà" è un elettrodomestico rétro che unisce eleganza e funzionalità. Le sue linee morbide e i delicati colori pastello richiamano l'atmosfera degli anni '80, periodo in cui Mulino Bianco lanciò i suoi premi più iconici. La "MulinoSveglia" digitale, con il suo display luminoso e intuitivo, è molto più di un semplice strumento per misurare il tempo: è un vero e proprio pezzo di storia del brand. Il "Pancestì" è un portapane dal design moderno e funzionale, che conferisce un tocco di stile alla cucina.
Nel 1978, la prima raccolta punti della storia di Mulino Bianco vede come premio il Coccio, una scodella in terracotta per la prima colazione che ricorda le tazze dove i nostri nonni consumavano la zuppa di pane e latte. La promozione ha un successo travolgente. Vengono raccolte oltre 600 milioni di "spighe" per ricevere il Coccio a casa e alla fine 20 milioni di cocci sono
entrati nelle case di ben 6 milioni di famiglie. Se il Coccio è il primo premio messo in palio, nei ricordi degli intervistati svettano Fornetto scaldabrioche e Tovaglie, tra le raccolte punti più citate secondo la survey AstraRicerche (26,4% e 21,8% rispettivamente); circa 1 intervistato su 6 ricorda, invece, le raccolte punti dedicate al Coccio, alla Radio Sveglia a forma di Mulino, ai piatti, al portapane, alla zuccheriera e agli astucci e agli zaini del piccolo Mugnaio Bianco.
“Il ritorno di questi premi è un omaggio ai ricordi che, oggi più che mai, rappresentano un valore prezioso per l’azienda dopo mezzo secolo di storia", spiega Elena Bernardelli, Vice President Brand Activation & Consumer Engagement Mulino Bianco. "Quando le raccolte punti Mulino Bianco hanno fatto il loro debutto, hanno subito conquistato il cuore delle famiglie italiane, trasformandosi in un vero e proprio fenomeno di costume. Erano più di una semplice promozione: diventavano un rito familiare, un momento di condivisione che univa grandi e piccoli, consentendo alla marca di vivere nella quotidianità delle famiglie italiane non solo con i proprio prodotti ma anche con oggetti iconici. Oggi vogliamo ricreare quella stessa magia, costruendo un ponte tra passato e presente. Questi oggetti non sono solo premi, ma simboli di una storia intrecciata di piccoli e grandi momenti che continuano a infondere calore e significato alle nostre vite”.
Cultura gastronomica, innovazione e identità per un nuovo futuro condiviso: CheftoChef presenta le attività 2025. Formazione avanzata, Intelligenza Artificiale per mappare i sapori, nuovi areali enogastronomici e una rete sempre più forte tra cucina, territorio e comunità
Con oltre quindici anni di impegno nella valorizzazione della cultura enogastronomica emiliano-romagnola, CheftoChef si conferma punto di riferimento nel dialogo tra ristorazione, agricoltura, artigianato, formazione e identità territoriale. In un momento storico segnato da profonde trasformazioni sociali, climatiche ed economiche, l’Associazione rilancia il proprio ruolo con rinnovato slancio progettuale e visione strategica. Grazie alla collaborazione costante con la Regione Emilia-Romagna e altre istituzioni regionali, enti di ricerca, chef, produttori e attori culturali, CheftoChef punta a consolidare un modello di sviluppo gastronomico sostenibile e partecipato. Le attività previste per il 2025 tracciano un percorso concreto fatto di formazione avanzata, innovazione tecnologica e riscoperta delle radici locali. Tra i nuovi progetti, la mappatura gastronomica dell’Emilia-Romagna attraverso l’analisi con l’Intelligenza Artificiale di oltre 1500 menù storici. Utilizzando il supercomputer Leonardo (attualmente al quarto posto tra i calcolatori più potenti del mondo) che si trova nel datacenter Cineca situato al Tecnopolo di Bologna, assieme al Davide Cassi, docente di Fisica della Materia all’Università di Parma, e all’associazione Menù Associati, si intende creare una mappa culturale e identitaria della cucina regionale, analizzando elementi comuni e differenze locali per valorizzare territori, prodotti e tradizioni.
Dalla collaborazione fra CheftoChef, Il lavoro dei contadini, Slow Food e Tempi di Recupero nasce il concetto di "areale enogastronomico", un approccio narrativo e operativo che ridefinisce il significato di territorio a partire dalle affinità culturali e produttive, non dai confini amministrativi. Al momento sono già due gli areali nella regione: i Rubiconi nel riminese/cesenate e le Faentine nel ravennate, dove si stanno sviluppando reti tra ristoratori, produttori, trasformatori, gastronomi, associazioni e cittadini. L’obiettivo è fornire strumenti narrativi condivisi per costruire identità locali autentiche, accessibili a residenti e visitatori anche attraverso incontri ed eventi, in fase di progettazione, non solo per gli addetti del settore ma anche per il grande pubblico.
Nel 2025 verrà rinnovato il protocollo d’intesa tra CheftoChef e la Regione Emilia-Romagna, conferman-
do l’impegno su progetti comuni legati ad agricoltura, formazione, turismo e promozione del territorio. CheftoChef emiliaromagnacuochi, è l’associazione che riunisce i più rinomati cuochi e patron, i migliori produttori e fornitori di prodotti agroalimentari e i gourmets di riferimento dell’Emilia-Romagna. Presidente è Massimiliano “Max” Poggi, vice Presidente Massimo Bottura e Isa Mazzocchi. Presidenti Onorari sono Igles Corelli e Massimo Spigaroli.
Pubblicata la prima norma che prevede l'utilizzo della spettroscopia di risonanza magnetica nucleari in alta risoluzione per l'identificazione di adulteranti saccaridici aggiunti al miele, rilevando quindi la presenza di frodi. Il risultato è frutto del gruppo di lavoro coordinato dal Cnr-Scitec di Milano.
L’Ente italiano di Normazione (Uni) ha da poco pubblicato la norma Uni 11972:2025 Miele, che fornisce un metodo analitico basato sulla tecnica spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (Nmr) in alta risoluzione per identificare marker specifici di tre aduteranti saccaridici maggiormente utilizzati per diluire il miele: inulina, zucchero invertito e sciroppo di mais/malto. A mettere a punto la tecnica per questo specifico ambito, il Gruppo di lavoro “GL 23-autenticità degli alimenti" istituito nell’ambito dell’accordo di collaborazione attivo tra Cnr e Uni, che prevede – tra le altre cose- la partecipazione
di ricercatori dell’Ente ad attività di normazione tecnica. Project Leader del Gruppo, è Roberto Consonni dell’Istituto di scienze e tecnologie chimiche “Giulio Natta” del Cnr di Milano (Cnr-Scitec), che spiega: “Il miele, come altri prodotti alimentari di pregio, rappresenta un target per l’adulterazione al fine di ottenere maggiori profitti; inoltre, in questi ultimi anni, a causa dei cambiamenti climatici, le quantità di miele risultano fortemente ridotte. Analisi internazionali – come un recente “technical report” del JRC - hanno fornito segnali allarmanti, affermando che quasi la metà del miele importato in Europa da differenti nazioni europee ed extraeuropee non è conforme alla direttiva europea 2001/110/EC, che definisce gli standard qualitativi minimi per il miele per uso alimentare: è, cioè, da considerarsi adulterato”.
L’adulterazione più diffusa consiste nella diluizione di miele autentico con sciroppi saccaridici di diversa origine vegetale a basso costo, con composizione complessa e di difficile identificazione.
Oggi, grazie alla tecnica Nmr, è possibile identificare e quantificare selettivamente dei segnali specifici per ogni tipo di adulterante saccaridico considerato nello studio. In pratica si osservano dei marker specifici presenti in concentrazioni elevate nei campioni di miele adulterati artificialmente.
“La tecnica è stata testata su tre varietà botaniche di miele, in particolare miele di castagno, millefiori ed acacia con i tre adulteranti saccaridici. Presso il laboratorio Nmr di Cnr-Scitec è stato messo a punto un protocollo analitico per la preparazione dei campioni, l’acquisizione dei dati Nmr ed il processing dei dati ottenuti dalle misure eseguite. Questo protocollo, che ha testato l’adulterazione dei campioni di miele autentico con ciascuno dei tre adulteranti in percentuali dal 10% al 30% in peso è stato condiviso con diversi laboratori nazionali di enti di ricerca diversi, che hanno analizzato gli stessi campioni e validato il metodo”.
Fonte: Cnr
Riporre in teglie 60x40 foderate con carta da forno e lasciare
lievitare in cella di lievitazione a 28°C con il 75% u.r. per circa 60 minuti, o a temperatura ambiente coprendo con telo in cotone e telo in plastica per circa 80 minuti o comunque fino a lievitazione acquisita.
Spennellare dolcemente con uovo e cuocere a 220°C per circa 20 minuti con abbondante vapore pre e post infornamento.
(Ricetta del Maestro Nico Carlucci)
Questa ricetta è un mio personale tributo alla splendida città di Napoli e ad un carissimo collega e amico fraterno, Biagio Caliendo titolare dell’omonimo Panificio Caliendo che durante un “pane in piazza” a Napoli mi ha fatto conoscere questa buonissima ricetta.
Le Montanare nascono come variante della pizza fritta che è di sicuro uno dei piatti caratteristici della cucina Napoletana. Questo piatto sfizioso nasce nel secondo dopoguerra per necessità: la penuria di cibo si faceva sentire soprattutto nelle case più povere ed è proprio qui che si sviluppa l'idea di questa ricetta semplice, preparata con pochi ingredienti tra cui pomodoro e mozzarella, che è diventata poi colonna portante della tradizione partenopea.
Ho voluto rivisitare la classica ricetta arricchendola con una farina Tipo 2 e precisamente con la “Uniqua Arancio” del Molino Dallagiovanna, questa farina è una farina multiuso in grado di soddisfare il desiderio di gusto e benessere. Rispecchia i sapori a tutto tondo di una volta, quando una era la anche la farina a dare un timbro aromatico al prodotto realizzato. Come allora, mantiene inalterati tutti i componenti del chicco di grano, i macronutrienti e il germe, è anche più semplice da utilizzare. Il secondo ingrediente fondamentale che ho utilizzato per realizzare le montanare ho utilizzato il Pater Pizza dell’Azienda Granaio delle Idee. Il Pater è una miscela che contiene i fermenti lattici vivi e i lieviti tipici della microflora originale del lievito madre. E’ una formulazione unica ed innovativa, che permette per la prima volta di racchiudere tutte le caratteristiche e le funzionalità del Lievito Madre in pasta in una miscela disidratata.
di
Molino Dallagiovanna kg 1
Pater Pizza Granaio delle Idee g 100
Lievito di birra fresco compresso g 5
Acqua g 650
Olio evo g 30
Sale marino fino g 25
Olio per frittura
Stracciatella g 750
Foglie di basilico fresco
Origano in foglie essiccato
Procedimento
Preparare la polpa di pomodoro qualche ora prima della realizzazione delle Montanare aggiungendo olio evo, sale e foglie di basilico portando a bollore per 5 minuti su piastra a induzione.
Lasciar decantare la stracciatella con l’ausilio di uno scolapasta.
Iniziare l’impasto in impastatrice a spirale o planetaria con gancio inserendo la farina, il pater e il lievito di birra facendo girare a velocità moderata per ossigenare e miscelare le polveri per 2 minuti o mescolare a mano. Inserire a piccole dosi 600 grammi di acqua fino al completo assorbimento. Inserire l’olio, sempre a piccole dosi fino al completo assorbimento. Questa operazione dovrebbe durare circa 10 minuti in 1° velocità o a velocità moderata. Innescare la 2° velocità o aumentare la velocità e inserire il sale e la restante acqua di ricetta fino al completo assorbimento. Questa operazione dovrebbe durare circa 5 minuti in 2° velocità o a velocità elevata se impastata in planetaria o impastatrice. Deporre il composto ottenuto sul banco da lavoro precedentemente infarinato o sulla spianatoia casalinga.
Lasciare puntare il nostro pastone sul banco da lavoro coperto con telo in plastica per alimenti per circa 30 minuti a temperatura ambiente. Dividere l’impasto nella pezzatura desiderata (in questo caso 50 grammi circa) e pirlare le nostre pastelle. Lasciare fermentare a temperatura ambiente negli appositi cassetti per pizza fino a 6 ore e 30 minuti circa o in cella di fermentazione ma fino a quando le pastelle non abbiano raggiunto il doppio del volume iniziale.
Quando fermentate, prelevare dolcemente dai cassetti per pizza, con pollice e indice schiacciare la parte centrale delle nostre pastelle creando un alloggio per la polpa e la stracciatella e immergere in friggitrice con olio a 170°C per circa 1 minuto e 30 secondi. Lasciare riposare per qualche minuto in un recipiente foderato con carta assorbente da cucina. Farcire con polpa di pomodoro, stracciatella e un pizzico di origano. Gustiamo le nostre montanare preferibilmente ancora calde, se dovessero avanzare si possono gustare il giorno seguente ovviamente riposte in frigo.
L'azienda, leader nella ricerca, nell'innovazione e nella produzione di ingredienti alimentari, presenta una selezione unica di prodotti dedicati al Giubileo 2025, che celebrano la tradizione e lo spirito di unione. Attraverso una gamma dedicata di soluzioni, l'azienda consente a pasticceri e fornai di celebrare questo evento storico.
Csm Ingredients presenta un progetto speciale per celebrare il Giubileo 2025, abbracciando pienamente i principi di unità e condivisione esemplificati da questa ricorrenza. Attraverso una gamma dedicata di soluzioni per la pasticceria, l'azienda consente a pasticceri e fornai di celebrare questo evento storico, consentendo loro di creare esperienze sensoriali che riflettano valori universali come l'inclusione, l'ospitalità, la tradizione e l'artigianalità.
Questa iniziativa si fonda sulla convinzione che i valori celebrati dal Giubileo si possano ritrovare ogni giorno a tavola, unendo famiglie e comunità attraverso il cibo. Come spiega Mirco Corrado, Direttore Generale di Csm Ingredients Italia: "Con il Progetto Jubilee 2025, puntiamo a fornire a panificatori e pasticceri di tutta Italia
non solo ingredienti di alta qualità, ma anche ispirazione per realizzare prodotti da forno che incarnino i valori fondamentali di questo anno straordinario. Grazie all'impegno dei nostri Maestri Panificatori, abbiamo creato ricette dedicate, sia dolci che salate, che combinano sapori tradizionali con ingredienti premium, come frutta semi-candita e grani antichi. Ogni ricetta presenterà in esclusiva anche l'iconico logo del Giubileo".
Il Progetto Jubilee 2025 di Csm Ingredients include tre creazioni chiave che celebrano l'autentica tradizione artigianale: La Torta Lievitata Dolce Abbraccio: questa torta lievitata circolare, arricchita con albicocche semi-candite e gocce di cioccolato fondente, simboleggia l'unità e l'inclusività attraverso la sua forma a abbraccio. Ricoperta di zucchero e granella di cioccolato, porta con orgoglio il logo del Giubileo, incarnando i valori dell'evento.
Plum Cake Jubilee: disponibile in due varianti, vaniglia o cioccolato, questo dolce rettangolare lievitato è guarnito con un delizioso crumble e frutta semi-candita. Il "Vanilla Gentle Touch" è arricchito con morbide albicocche semi-candite e crumble al cacao, mentre il "Chocolate Gentle Touch" presenta cacao, frutti rossi e uno strato di croccante crumble alla vaniglia. Entrambe le varianti presentano il logo Jubilee.
Pane Jubilee: un pane artigianale fresco offerto in tre varianti: farina bianca, integrale o con cereali antichi. Ogni variante è decorata con una cialda commestibile con il logo Jubilee ed è disponibile in tre forme simboliche.
Fonte: CSM Ingredients
È scomparso Luigi Morato, imprenditore veneto a capo dell’omonima azienda di panificazione che, nata come piccola bottega di quartiere nel 1970, conta oggi un fatturato che supera i cinquecento milioni di euro e un’ampia presenza internazionale.
La panificazione italiana ha detto addio a uno dei suoi più illustri rappresentanti, Luigi Morato, che si è spento a Vicenza a fine aprile, all’età di 83 anni. Morato è stato il fondatore dell'omonima azienda, nel 1970. In 55 anni di attività, Morato Pane è passata dalla piccola bottega aperta a Ponte degli Angeli, a impresa internazionale dai numeri di tutto rispetto: oltre 500 milioni di euro di fatturato, 19 impianti in Italia, Francia e Spagna, 49 linee di produzione, 1500 dipendenti. Luigi Morato apre il suo panificio all'età di nemmeno trent'anni, trasferendolo nel 1975 a Porta Padova: il negozio originale è ancora attivo, gestito dal figlio Alberto, ma il salto di qualità avvenne negli anni '80, con il passaggio da una produzione artigianale a una produzione su scala industriale.
A partire dal 1989, è iniziata la diffusione di brand oggi particolarmente noti: Tenerelle, Bruschelle e Spuntinelle.
Poi, con il nuovo secolo, è la volta di Nuvolatte (2001) e American Sandwich (2003). Grazie a un gioco virtuoso e sempre più complesso di acquisizioni, l'azienda si è arricchita dei grissini Pan d’Este, seguiti, più di recente, dai brand Roberto, Modea, Ro.Mar e La Spiga (specializzata in pinsa romana).
E ancora: M&C Bakery in Spagna e Harrys Restauration in Francia, che precedono la nascita di Morato Iberia e Morato France.
Attivo in azienda fino all'ultimo, coadiuvato negli ultimi anni in particolare dal figlio Luca, Luigi Morato è stato anche membro di Confindustria Vicenza, in giunta e alla guida della sezione alimentari e bevande.
I dipendenti di Morato Pane hanno ricordato la figura di Morato stringendosi "con affetto e riconoscenza attorno alla famiglia Morato, grati per il percorso condiviso e per i valori profondi trasmessi dal presidente. La sua storia è un esempio straordinario di crescita e dedizione. Una crescita alimentata da passione, determinazione e una visione imprenditoriale chiara, capace di coniugare tradizione e innovazione, qualità dei prodotti e un profondo rispetto per le persone". "Fare le cose per bene, con rispetto e con etica. È questo l’insegnamento più grande che Luigi Morato ci lascia", ha dichiarato l'amministratore delegato Maza. "Un’eredità che ci impegniamo a portare avanti, con responsabilità e visione, continuando a costruire valore per l’azienda e per il territorio".
Se consideriamo il pane artigianale come un’espressione delle tradizioni locali, valorizzare questo prodotto significa allo stesso tempo valorizzare i territori. La valorizzazione del pane artigianale e l’operato dell’Inap sono stati al centro di una conferenza organizzata presso la sala stampa della Camera dei Deputati.
Il pane artigianale è un vero e proprio patrimonio gastronomico culturale del nostro Paese. Infatti, ogni regione, ogni paese e borgo custodisce ricette e tecniche di panificazione tramandate da generazioni, rendendo quindi questo prodotto un simbolo di identità e tradizione. In Italia l’Inap (Istituto nazionale assaggiatori pani) da 15 anni svolge attività di ricerca, formazione e promozione di questo patrimonio della tradizione italiana. La valorizzazione del pane artigianale e l’operato dell’Inap sono stati al centro di una conferenza organizzata presso la sala stampa della Camera dei Deputati su iniziativa dell’On. Maria Chiara Gadda, vicepresidente Commissione Agricoltura della Camera. Presenti anche Paolo Caracciolo, segretario generale di Roma Capitale, Walter Cricrì, direttore Inap, Atenaide Arpone, responsabile magazines di Italian Gourmet e Vincenzo Barbieri, presidente Inap.
Se consideriamo il pane artigianale come un’espressione delle tradizioni locali, valorizzare questo prodotto significa allo stesso tempo valorizzare i territori. “Il pane artigianale”, spiega l’On. Gadda, “è una chiave attraverso la quale possiamo davvero promuovere i nostri borghi perché il pane ha una storia millenaria fatta di sapienza nella trasformazione. Abbiamo degli artigiani straordinari, ma anche sapienza nel coordinare le materie prime. Per farlo però, anche per fare promozione, bisogna avere degli standard, dei disciplinari e riconoscere la professione”.
Quindi, aggiunge, “insieme ad Inap che è un’organizzazione nazionale che in questi anni ha costruito una vera mappa del pane dando anche delle indicazioni rispetto a come si assaggia e come si riconosce la qualità, dob-
biamo provare a tradurre queste corrette informazioni in strumenti legislativi per riconoscere una professione, ma anche un prodotto”.
E il prodotto, cioè il pane artigianale, non è unico, ma ricco di diversità a seconda del luogo in cui ci troviamo. “Abbiamo la fortuna di vivere in Italia”, sottolinea
Vincenzo Barbieri, presidente Inap e chef, “dove i pani sono veramente tanti. Ogni regione o paese ha un pane
diverso dall’altro. Sono importantissimi e io vedo nel pane una forza economica di sostenibilità straordinaria”. Lo chef, quindi, ricorda come in un’edizione della Gran Festa del Pane si svolsero una serie di interviste fra i partecipanti su un loro ricordo d’infanzia. Il risultato vide il 92 per cento degli intervistati rievocare ricordi legati al pane. “Questo prodotto, quindi, è nei sogni di tutti gli italiani perché è un ricordo sacro, legato alla genuinità. Il pane evoca momenti felici dell’infanzia e questo è già una cosa bellissima”.
Lo chef, poi, spiega come abbinare un vero pane artigianale può esaltare i sapori di un piatto. “Una mia scapece di melanzane mangiata su una baguette di pane “normale” perderebbe il 50 per cento”. Il pane come il vino, dunque. “Assolutamente sì”, afferma Barbieri. “Si
deve abbinare il pane al cibo perché ad esempio il pane ferrarese è un pane che amo perché lo abbino ai piatti ferraresi. Se dovessi mangiare uno stufato di manzo con il pane ferrarese non lo farei. Ogni pane nasce per le esigenze gastronomiche del territorio e dei popoli che ci vivono”.
L’Inap nasce avendo come obiettivo strutturare un sistema nazionale per la valutazione sensoriale del pane, riconoscendo l’importanza di un’analisi consapevole basata su parametri precisi, scientificamente validi e con metodologie rigorose. Così Walter Cricrì, direttore Inap, ci spiega quali sono le proposte dell’associazione per tutelare questo patrimonio culturale e gastronomico.
“Sappiamo che il pane è un prodotto territoriale, identitario. Per cui serve uno strumento su tutti i territori nazionali che possa fare da megafono, da veicolo, anche da attrattore turistico-gastronomico. Perché il pane di solito non si spedisce come il vino, come l’olio e qualsiasi altro alimento, ma si invitano tutti quanti ad assaggiarlo nel posto di produzione”.
Il prodotto, quindi, rappresenta “un biglietto da visita a disposizione di ogni territorio che vuole e può distinguersi. Per cui offriamo la nostra disponibilità a fare formazione in tutto il territorio nazionale. Ovviamente, se questi assaggiatori fossero anche riconosciuti da un eventuale albo nazionale, magari gestito territorialmente per regione, sarebbe sicuramente uno strumento di grande importanza a disposizione di tutto il settore partendo dalla panificazione, passando per la ristorazione e raggiungendo finalmente il consumatore, che sarà un consumatore attento”.
Fonte: Stampa Italiana
(Ricetta del Maestro Nico Carlucci)
La ricetta che andremo a presentare è una ricetta classica per pizza al piatto con impasto a 24 h di maturazione, è una ricetta semplice ma gustosa e soprattutto digeribile grazie anche alla farina di tipo 2 del Molino Dallagiovanna. La farina Tipo 2 del Molino Dallagiovanna con la linea Uniqua è la farina multiuso in grado di soddisfare il desiderio di gusto e benessere del consumatore. Rispecchia i sapori a tutto tondo di una volta, quando una era la farina e tanti i modi per utilizzarla. Come allora, mantiene inalterati tutti i componenti del chicco di grano, i macronutrienti e il germe. Uniqua è anche più semplice da utilizzare, creata e testata dai ricercatori e Maestri Dallagiovanna appositamente per i professionisti dell’Arte Bianca in molte varianti, da usare singolarmente o da miscelare fra loro creando nuove ricette e nuovi colori del gusto. Alcune qualità di questa pizza come la digeribilità, il bordo alto e il sapore intenso sono da attribuire anche al Pater del Granaio delle Idee. Il Pater Pizza è una miscela che contiene i fermenti lattici vivi e
i lieviti tipici della microflora originale del lievito madre. E’ una formulazione unica ed innovativa, che permette per la prima volta di racchiudere tutte le caratteristiche e le funzionalità del Lievito Madre in Pasta in una miscela disidratata. Pater Pizza è una miscela clean label formulata per la produzione di tantissimi tipi di pizze e focacce come la nostra pizza classica, pizza tipo napoletana, focaccia ligure, pizza romana e focaccia pugliese. La nostra pizza “Valle d’Itria” può essere tranquillamente preparare anche in casa con ingredienti semplici del nostro territorio e far maturare in frigo per rendere il prodotto leggero, digeribile e gustoso. Questa pizza porta il nome di una parte del nostro territorio Pugliese, un territorio dove pomodori, stracciatella e capocollo sono alcuni dei prodotti caratterizzanti e gustosi della nostra amata Puglia. Il cornicione tipico della pizza tipo Napoletana è stato creato appunto per chi gradisce quel tipo di pizza.
Alcune ore prima della preparazione della ricetta tritare in un cutter da cucina 30 g di carote, 30 g di prezzomolo e 900 g di Philadelphia. Inserire il composto ottenuto in una tasca da pasticcere e riporre in frigo a 4°C circa. Rompere 2 uova in un boccale graduato. Inserire in impastatrice a spirale la farina, il lievito di birra, lo zucchero e il malto e lasciare mescolare e ossigenare gli ingredienti per 2 minuti a velocità moderata. Di seguito inserire 500 g di acqua e il latte, lasciando amalgamare. Inserire lo strutto lasciandolo assorbire dalla pasta, di seguito l'olio lasciandolo ugualmente assorbire dall'impasto. Impastare in totale circa 10 minuti a velocità moderata o in prima velocità. Innescare la seconda velocità inserendo il sale e gli ultimi 100 g di acqua restanti. Lasciare lavorare la pasta per
Farina Tipo 2 Molino Dallagiovanna kg 1
Lievito di birra fresco compresso g 3
Pater Pizza Granaio delle Idee g 50
Acqua g 620
Sale marino fino g 25
Olio extra vergine di oliva g 30
* Polpa di pomodoro fine
* Mozzarella abbastanza “secca” a julien
* Foglie di basilico fresche
* Olio extra vergine di oliva
* Olive nere denocciolate
* Pomodorini rossi
* Capocollo di Martina franca a fette
* Stracciatella
* Granella di Pistacchio
fino a lievitazione acquisita. Spennellare dolcemente con uovo e cuocere a 220°C per circa 20 minuti con abbondante vapore pre e post infornamento.
Insaporire la polpa di pomodoro con basilico, olio, sale e origano e riporre in frigo. Iniziare l'impasto, in planetaria con gancio o impastatrice a spirale inserendo la farina e il lievito di birra fresco compresso lasciando mescolare e ossigenare le polveri per 2 minuti circa. Inserire 600 grammi di acqua a piccole dosi e lasciare impastare. Inserire il sale e la restante acqua di ricetta (g 20) lasciando sciogliere il sale e assorbire il tutto. Questa procedura dovrebbe durare circa 10 minuti in 1° velocità o a velocità moderata. Innescare la 2° velocità o aumentare la velocità e inserire l’olio fino a completo assorbimento e fino a formare un impasto liscio e setoso. Questo procedimento dovrebbe durare circa 5 minuti. Deporre il composto ottenuto sul banco da lavoro precedentemente infarinato o sulla spianatoia casalinga (il peso dell'impasto si dovrebbe aggirare intorno a kg 1,72 circa) e procedere al 1° riposo di 15/30 minuti a temperatura ambiente oliando la superficie dell’impasto e coprendo con telo in plastica per alimenti. Di seguito tagliare in pastelle da 260 grammi circa, arrotolare e riporre in cassetti per pizza o in recipienti che si possono chiudere e lasciare lievitare per un’ora almeno a temperatura ambiente con tiretti chiusi. Riporre il tutto in frigo per 24 ore circa a 4°C.
Tirare fuori dal frigo e far lievitare fino al raddoppio del volume iniziale, i tempi di lievitazione variano in base alla temperatura esterna (2-3 ore circa). Appena lievitate schiacciare con le mani e farcire con polpa di pomodoro e mozzarella a julien.
Cuocere a 350°- 400°C circa per 2/3 minuti o per il tempo occorrente alla cottura. Tirare fuori la pizza appena cotta e in questo caso per la pizza “Valle d’Itria” farcire con pomodorini, olive nere, stracciatella, capocollo e granella di pistacchio.
Servire calda.
(Ricetta del Maestro Nico Carlucci)
La ricetta che andremo a presentare è una ricetta classica per pizza al piatto con impasto a 24 h di maturazione, è una ricetta semplice ma gustosa e soprattutto digeribile grazie anche alla farina di tipo 1 del Molino Dallagiovanna. La farina Tipo 1 del Molino Dallagiovanna con la linea Uniqua è la farina multiuso in grado di soddisfare il desiderio di gusto e benessere del consumatore. Rispecchia i sapori a tutto tondo di una volta, quando una era la farina e tanti i modi per utilizzarla. Come allora, mantiene inalterati tutti i componenti del chicco di grano, i macronutrienti e il germe. Uniqua è anche più semplice da utilizzare, creata e testata dai ricercatori e Maestri Dallagiovanna appositamente per i professionisti dell’Arte Bianca in molte varianti, da usare singolarmente o da miscelare fra loro creando nuove ricette e nuovi colori del gusto. Alcune qualità di questa pizza come la digeribilità, il bordo alto e il sapore intenso sono da attribuire anche al lievito madre attivo disidratato in polvere del Molino Dallagiovanna Ph4 Superise. PH4 è la soluzione più pratica e semplice per utilizzare nei nostri impasti il lievito. Una linea di lieviti naturali in polvere, attivi e inattivi, studiati ad hoc per conferire ad ogni prodotto finito dolce o salato gusto, shelf-life e struttura prima e dopo la cottura. Ph4 dona al nostro impasto maggiore tenuta della pallina in fase di lievitazione, un impasto più lavorabile e ben estensibile e maggiore spinta in fase di cottura. La nostra pizza “Fantasia” può essere tranquillamente preparare anche in casa con ingredienti semplici e far maturare in frigo per rendere il prodotto leggero, digeribile e gustoso, uno dei segreti della nostra pizza è proprio la maturazione. Questa pizza porta il nome di “fantasia” per gli ingredienti utilizzati e per la cromia che formano, la nostra pizza oltre a essere buona è anche bella e accattivante alla vista, dettaglio non trascurabile. Alcuni ingredienti della nostra pizza sono tipici del nostro territorio e mi riferisco ai pomodori essiccati in olio, il capocollo di Martina Franca e la Stracciatella di Gioia del Colle che associati ad altri ingredienti danno vita alla nostra buonissima pizza. Il cornicione tipico della pizza tipo Napoletana è stato creato appunto per chi gradisce quel tipo di pizza.
Farina Tipo 1 W300 kg 1
Lievito Madre attivo disidratato in polvere g 30
Acqua g 620
Sale marino fino g 25
Olio extra vergine di oliva g30
Farcitura:
Polpa di pomodoro fine, Mozzarella a julien (abbastanza secca), Foglie di basilico fresche, Olio extra vergine di oliva, Pomodorini essiccati in olio, Capocollo di Martina Franca a fette, Stracciatella, Granella di Pistacchio, Glassa di aceto balsamico.
tritare in un prezzomolo e 900 g una tasca da di birra, ossigenare gli seguito inseamalgamare. Inserire
seguito l'olio
Impastare prima sale e gli pasta per
in cotone e telo in plastica per circa 80 minuti o comunque fino a lievitazione acquisita.
Spennellare dolcemente con uovo e cuocere a 220°C per circa 20 minuti con abbondante vapore pre e post infornamento.
Insaporire la polpa di pomodoro con basilico, olio, sale e origano e riporre in frigo. Iniziare l'impasto, in planetaria con gancio o impastatrice a spirale inserendo la farina e il lievito di birra fresco compresso lasciando mescolare e ossigenare le polveri per 2 minuti circa. Inserire 600 grammi di acqua a piccole dosi e lasciare impastare.
Inserire il sale e la restante acqua di ricetta (g 20) lasciando sciogliere il sale e assorbire il tutto. Questa procedura dovrebbe durare circa 10 minuti in 1° velocità o a velocità moderata. Innescare la 2° velocità o aumentare la velocità e inserire l’olio fino a completo assorbimento e fino a formare un impasto liscio e setoso. Questo procedimento dovrebbe durare circa 5 minuti.
Deporre il composto ottenuto sul banco da lavoro precedentemente infarinato o sulla spianatoia casalinga (il peso dell'impasto si dovrebbe aggirare intorno a kg 1,7 circa) e procedere al 1° riposo di 15/30 minuti a temperatura ambiente, oliando la superficie dell’impasto e coprendo con telo in plastica per alimenti. Di seguito tagliare in pastelle da 260 grammi circa, arrotolare e riporre in cassetti per pizza o in recipienti che si possono chiudere e lasciare lievitare per un’ora almeno a temperatura ambiente con tiretti chiusi. Riporre il tutto in frigo per 24 ore circa a 4°C.
Tirare fuori dal frigo e far lievitare fino al raddoppio del volume iniziale, i tempi di lievitazione variano in base alla temperatura esterna (2-3 ore circa). Appena lievitate schiacciare con le mani e farcire con polpa di pomodoro e mozzarella a julien.
Cuocere a 350°- 400°C circa per 2/3 minuti o per il tempo occorrente alla cottura. Tirare fuori la pizza appena cotta e in questo caso per la pizza “fantasia” farcire con pomodori secchi, stracciatella, capocollo, granella di pistacchio e glassa di aceto balsamico.
Servire calda.
Agugiaro & Figna con Le 5 Stagioni al Campionato Mondiale della Pizza: un impegno per la formazione e la sostenibilità dei pizzaioli. Oltre a essere main sponsor, il brand del Gruppo, Le 5 Stagioni, promuove formazione e innovazione nel settore della pizzeria con un ricco programma di eventi formativi e masterclass.
Dietro ogni pizza c'è una storia fatta di passione, scelte consapevoli e innovazione responsabile. Questa è la visione che Agugiaro & Figna con il brand Le 5 Stagioni ha portato al Campionato Mondiale della Pizza, dall’8 al 10 aprile alla Fiera di Parma. Non una semplice partecipazione, ma un viaggio che unisce il piacere del gusto all'impegno per l'ambiente, l'artigianalità alla formazione e all'audacia dell'innovazione.
La storica partnership tra Le 5 Stagioni e la manifestazione testimonia l’impegno costante di Agugiaro & Figna
verso i professionisti della pizza, attraverso un supporto che va ben oltre la fornitura di prodotti eccellenti: il brand Le 5 Stagioni, main sponsor del campionato, è infatti diventato un punto di riferimento per la formazione professionale e l’innovazione sostenibile nel settore della pizzeria.
Anche quest’anno particolare attenzione è stata dedicata al Premio Pizzaiolo per il Cambiamento, il riconoscimento speciale destinato ai professionisti che si distinguono per scelte consapevoli e sostenibili. Per il secondo anno è tornato anche il Pizza Agent, la gara dedicata agli agenti Le 5 Stagioni di tutto il mondo, per una competizione ancora più coinvolgente. La manifestazione è stata anche palcoscenico del debutto di una novità assoluta: Le 5 Stagioni ha presentato in anteprima la nuova Farina TipoZero Manitoba, una nuova farina di tipo 0, tecnica e strutturata pensata per rispondere alle esigenze degli artigiani dell’impasto. Si tratta di una farina di grano tenero di tipo “0”, ottenuta esclusivamente dalla selezione e macinazione di grani 100% nordamericani, noti per la loro forza e qualità proteica. La nuova TipoZero Manitoba è studiata per garantire una maglia glutinica forte, elastica e resistente, ideale per la preparazione di pre-impasti come biga e poolish, e perfetta per tutte le lavorazioni che richiedono lunghe maturazioni ed elevati livelli di idratazione. Profumata, costante e performante per garantire lavorazioni ottimali e risultati sicuri.
Fonte: Mind the Pop
Il benessere parte da uno stile di vita sano, fatto di alimentazione consapevole e attività fisica. È da questa convinzione che Molino Spadoni decide di sostenere, con il suo brand AlimentazionE DedicatA®, una serie di eventi e iniziative sul territorio che mettono al centro il legame tra nutrizione e salute.
Una direzione che si conferma coerente con il percorso strategico intrapreso negli ultimi anni dall’azienda, concretizzato nello sviluppo di una gamma di prodotti a Basso Indice Glicemico pensata per offrire un approccio equilibrato e salutistico all’alimentazione quotidiana. Questa linea si affianca all’offerta tradizionale firmata Molino Spadoni, ampliandone la proposta in chiave benessere. Molino Spadoni con AlimentazionE DedicatA® sarà dunque protagonista questa primavera di quattro appuntamenti significativi, che vanno anche nella logica di supporto a iniziative virtuose del suo territorio. Due importanti appuntamenti in concomitanza, dedicati agli amanti di running e jogging, il 6 aprile si sono svolte la Diabetes Marathon a Forlì, evento simbolo per la sensibilizzazione sul diabete e la promozione di corretti stili di vita, con la presenza di uno stand firmato Alimentazio-
nE DedicatA® con assaggi in loco dei prodotti a Basso Indice Glicemico - la piadina, la ciabattina e i frollini al cacao – e la distribuzione di campioni di pasta nei pacchi gara, occasione per mettere in luce quanto questo tipo di proposte salutistico-funzionali siano anche gustose e gratificanti. Il brand è stato presente anche su tutti i materiali ufficiali di comunicazione e racconta la partecipazione attraverso una newsletter dedicata e contenuti social condivisi dagli organizzatori. E poi la Maratona del Lamone a Russi (RA), la seconda maratona più antica d’Italia e il primo appuntamento del celebre “Trittico di Romagna”, con il coinvolgimento di oltre 1.800 partecipanti tra atleti e camminatori. Molino Spadoni ha supporrtato l’evento attraverso la distribuzione di campioni di pasta a Basso Indice Glicemico all’interno dei pacchi gara, per un’esperienza che coniuga sport e alimentazione sana. Attraverso la partecipazione a eventi di carattere sia divulgativo che professionale, Molino Spadoni rinnova il proprio impegno nel promuovere una cultura dell’alimentazione orientata al benessere e al gusto. Un percorso che integra territorio, sport e ricerca, rafforzando il posizionamento dell’azienda nel panorama italiano di prodotti salutistici funzionali.
Fonte: Soluzione Group
A fine febbraio 2025 a Massa Carrara si è svolto il campionato organizzato dalla Federazione Internazionale Pasticceria Gelateria Cioccolateria per decretare il miglior pane artigianale d’Italia Fipgc 2025. Tre alle categorie in gara: pane tradizionale, pane innovativo e miglior dolce da forno.
Ecco chi sono i vincitori del Campionato Italiano della Panificazione recentemente concluso a Carrara, l’evento annuale organizzato dalla Federazione Internazionale di Pasticceria, Gelateria e Cioccolateria (Fipgc) e diviso in tre categorie.
Nella categoria Pane Tradizionale, ha vinto Antonio Milordo, la sua creazione ha prevalso per la perfetta struttura ed equilibrio degli ingredienti.
Rosa Raiola, panificatrice di Torre del Greco (NA), ha vinto la categoria Pane Innovativo: arricchendo il suo pane con il fritto di pesce, ha stupito i giudici con un’idea originale.
Categoria Dolce da Forno: Massimiliano Di Gennaro con la perfetta combinazione di sapori e consistenze del suo dolce ha convinto la giuria, evidenziando la maestria nella lavorazione degli impasti e nella scelta degli ingredienti.
Infine, a Maria Grazia Frau il Premio per il pane Artistico, grazie al suo pintau sardo con fini decori e dettagli pasquali, che dimostra grande abilità nel saper celebrare la tradizione con un tocco di creatività.
“Questa edizione ha avuto una grandissima partecipazione e numeri mai registrati prima”, afferma Matteo Cutolo, Presidente Fipgc. “Ogni concorrente ha saputo dimostrare una straordinaria passione, una profonda cultura e una grande attenzione al dettaglio. Questo campionato nazionale di panificazione ha messo in evidenza l’importanza dell’arte bianca, che rappresenta una parte fondamentale della nostra tradizione gastronomica italiana. È un’arte che va preservata e celebrata, non solo per il suo valore storico, ma anche per il suo ruolo nella nostra identità culinaria. E noi come Federazione
faremo sempre meglio per portare in alto la bandiera del made in Italy”.
La giuria del concorso, composta da esperti del settore come Fabio Albanesi, Chef della Panificazione e Responsabile Internazionale Grandi Lievitati Fipgc, Salvatore Albanesi, Campione del Mondo 2022 nella categoria Pandoro, Giuseppe Bernabei, Maestro Italiano Panificatore e docente presso Art Academy, Fabio Bertoni, Maestro internazionale e medaglia d’oro in concorsi professionali, e Fabio Cascio, Campione Italiano di Pasticceria 2024, ha valutato i partecipanti in base alla qualità del prodotto, la difficoltà di esecuzione, le tecniche impiegate, l’originalità, la cura dei dettagli e l’efficacia della presentazione.
Per pane tradizionale si intende un pane realizzato con lievito madre e con farina (anche macinata a pietra) di grano tenero tipo 0, 00, 1 oppure integrale, oppure semola di grano duro senza inserimento di altri prodotti. Per ‘pane innovativo’ si intende un pane salato o dolce, pensato per merenda o prima colazione, realizzato con
lievito madre, in apposito stampo con inserimento di qualsiasi ingrediente dolce (canditi, frutta secca, cioccolato, ecc.) o salato (salumi, formaggi, verdure, ecc.) che lo faccia differenziare da un pane tradizionale. Saranno esclusi categoricamente tutti i pani contenenti creme o qualsiasi cosa di spalmabile non previsto dal regolamento.
Per dolce da forno si intende un dolce realizzato con cottura al forno di tutti gli ingredienti. Tale dolce deve riflettere le tradizioni culinarie della terra di origine del pasticcere, a partire dagli ingredienti selezionati . Il pane tradizionale realizzato dallo chef panificatore Antonio Milordo di Acri, nel Panificio San Luigi, è il “Peanu e na vota” e quello come miglior pane tradizionale Fipgc 2025 è solo l’ultimo premio vinto dal Panificio San Luigi che dal oltre 35 anni lavora coniugando tradizione e genuinità grazie all’altissima qualità degli ingredienti, a cominciare dalle farine. Inserito nella guida dell’Espresso tra “i Pani d’Italia”, il Gambero Rosso dal 2021 lo inserisce nell’elenco dei migliori Panifici d’Italia premiandolo con i “due pani”. A Roma, nel 2024 ha ricevuto il premio dalla Camera di Commercio nella categoria “Pani tradizionali e storici di fumento duro”. Come lascia intendere il nome stesso nel dialetto di Acri, “U peanu e na vota” ovvero il pane di una volta è realizzato seguendo un’antichissima tradizione nel panificio San Luigi. Il pane tradizionale viene realizzato utilizzando
farine di grani antichi macinati a pietra: Verna, Senatore, Cappelli e Jeramnu. Il pane utilizza esclusivamente lievito madre, doppia lievitazione e cottura in forno a legna che dona la pane finito una costa croccante, mollica alveolata e un’equilibrata acidità.
“Per fare il panificatore ci vuole amore, passione e tanto sacrificio”, ha dichiarato Antonio Milordo. “Questo è un premio che ci ripaga delle energie che spendiamo ogni giorno. Ringrazio innanzitutto i miei collaboratori perché solo lavorando in team si possono raggiungere questi risultati. Il nostro segreto? Le farine, il lievito ma anche l’acqua che deve essere molto dolce. In più il nostro microclima aiuta per avere una lievitazione perfetta”.
Fonte: Fipgc
AVPN conquista un nuovo record. Dopo la pizza più alta d’Europa realizzata su una delle cime del Monte Bianco, a oltre 3400 metri di altitudine, i pizzaioli dell’Associazione Verace Pizza Napoletana si sono cimentati in una prova a dir poco impegnativa.
In un ristorante sotterraneo di Zabrze, in Polonia, l’Associazione Verace Pizza Napoletana ha realizzato la pizza napoletana più “profonda” d’Europa. Un evento unico per il mondo dell’arte bianca andato in scena il 13 aprile nel cuore della storica Miniera Guido a ben 320 metri sotto il livello del mare.
“Dopo la pizza più alta d’Europa, sfornata sul Monte Bianco solo pochi mesi fa, siamo scesi nelle profondità della terra per realizzare quella più bassa”, ha raccontato Antonio Pace, presidente AVPN. “Un doppio segnale forte, simbolico, che racconta come la pizza napoletana non abbia più confini, né in altezza, né in profondità. Un grande traguardo che sottolinea la forza di questo straordinario prodotto, un concentrato di cultura, passione e condivisione senza limiti. La risposta entusiasta da parte di pizzaioli, imprenditori e consumatori, nonché l’interesse riscontrato da importanti tv polacche conferma quanto la nostra missione sia sempre più condivisa su scala globale”.
L’iniziativa, che ha attirato l’attenzione di importanti media polacchi, si inserisce come tappa del viaggio istituzionale e promozionale di grande importanza per l’Associazione. Tre giornate sul territorio polacco sono state dedicate alla tradizione della Vera Pizza Napoletana, tra competizioni, degustazioni e momenti di confronto all’interno degli spazi di Furore Pizza Napoletana a Gliwice. Lunedì 14 aprile si è svolto il Vera Pizza Napoletana Champion 2025 – Poland che il giorno dopo si è ripetuto ma lasciando spazio alla categoria Amatori. Mentre la giornata di mercoledì 16 è stata dedicata
alla costituzione ufficiale della Delegazione AVPN Poland. La nascita della Delegazione AVPN Poland, guidata dai due Brand Ambassador Marcin Garbowski e Jędrzej Lewandowski, rappresenta un passaggio cruciale nel piano di espansione globale dell’Associazione. Dopo il consolidamento delle sedi in USA, Giappone, Brasile, Australasia e LatinoAmerica, la costituzione della delegazione in Polonia segna un nuovo passo per rafforzare il ponte culturale e gastronomico tra Napoli e il cuore dell’Europa centrale.
L’evento, co-organizzato dai ragazzi di Pizza Fanatics, si è svolto sotto il patrocinio dell’Ambasciata Italiana in Polonia e nell’ambito della Giornata del Made in Italy e ha visto protagonisti il Presidente Antonio Pace insieme al Direttore Marketing AVPN Gianluca Liccardo, l’Istruttore Umberto Mauriello e le oltre 30 pizzerie affiliate in tutto il territorio polacco, con il supporto di Bidfood Farutex, Petra, Latteria Sorrentina e Fontanella 1957.
Il 20 marzo si è celebrata la Giornata Mondiale della Farina. Italmopa – Associazione Industriali Mugnai d’Italia, aderente a FederPrima e Confindustria, evidenzia che, tra le numerose tipologie di farine, quelle derivanti dalla macinazione del grano tenero e del grano duro risultano storicamente le più diffuse nel nostro Paese e nel mondo.
“La qualità e la versatilità delle farine e semole italiane sono anche, o forse soprattutto, frutto di una storia, quella dei nostri molini e dei nostri mugnai e mugnaie, che, nel corso degli ultimi decenni, ha sapientemente coniugato tradizione e innovazione” evidenzia Andrea Valente – presidente Italmopa in occasione della Giornata Mondiale della Farina, che il 20 marzo ha attirato l’attenzione in tutto il mondo su questo fondamentale ingrediente. “Il processo molitorio è rimasto nel tempo sostanzialmente inalterato ma l’evoluzione tecnologica
degli impianti garantisce oggi sfarinati di assoluta garanzia sotto il profilo igienico-sanitario e con caratteristiche tecnologiche rispondenti perfettamente alle esigenze del mercato”.
Sono attualmente circa 300 i molini che operano nel nostro Paese e che trasformano annualmente oltre 12 milioni di tonnellate di frumento tenero e di frumento duro per la produzione di quasi 8 milioni di tonnellate di sfarinati, destinati a prodotti simbolo del Made in Italy alimentare quali pasta, pane, pizza, prodotti biscottieri, lievitati e pasticceria. Il comparto molitorio nazionale si pone ormai saldamente al vertice dell’industria molitoria europea per i volumi, ma anche per la qualità della sua produzione. Una qualità unanimemente riconosciuta e apprezzata come testimoniato, tra l’altro, dalla crescita continua e robusta delle nostre esportazioni di sfarinati – che hanno registrato, negli ultimi 15 anni, una crescita di oltre il 300% per situarsi ormai complessivamente in quasi mezzo milione di tonnellate – e di prodotti derivati. “Al fine di consentire ai consumatori di vivere il processo di trasformazione del grano in farina e semola e di apprezzare la maestria e la professionalità del Mugnaio moderno”, informa ancora il presidente Italmopa Andrea Valente, “abbiamo ritenuto opportuno, come Italmopa, riproporre, con grande entusiasmo, la Giornata ‘Molini a Porte Aperte’, giunta alla sua quarta edizione, che si svolgerà il prossimo sabato 24 maggio, e che consentirà ancora una volta ai visitatori di scoprire una realtà spesso inattesa e per questo motivo ancora più affascinante”.
Al lavoro sempre più anziani: un trend che costituisce addirittura un fenomeno socioeconomico, studiato e da studiare, battezzato come ‘senilizzazione del lavoro’. A fotografare questa realtà definendone il perimetro una indagine condotta dall’Area studi e ricerche della CNA su fonti aperte\
Gli ultra 50enni sono diventati maggioritari nell’ossatura del sistema imprenditoriale italiano: i titolari e i soci di imprese attive che contano fra 50 e 69 anni costituiscono il 46,4% del totale (erano il 36%). E la quota di ultra 70enni è più che raddoppiata, passando dall’8,7 al 17,6% della compagine. Si può dire insomma che perlomeno un terzo di imprenditori ancora sulla breccia siano in età da pensione. Del resto è evidente e rimarchevole la caduta della propensione imprenditoriale delle giovani generazioni, sebbene esistano numerosi incentivi per stimolarla. I dati relativi alla ‘senilizzazione’ dell’imprenditoria artigiana risultano vieppiù marcati rispetto ai numeri di titolari e soci d’impresa. Dalla indagine emerge che in dieci anni gli iscritti alla relativa gestione speciale dell’Inps si sono ridotti del 17,9% ma con un andamento non omogeneo rispetto alle classi di età. Difatti, gli artigiani con meno di trent’anni si sono quasi dimezzati, calando del 47,5%, all’incirca 230mila unità in meno. A sua volta la fascia anagrafica mediana, dall’età oscillante fra 40 e 59 anni, ha registrato un decremento – sia pure sotto la media – pari al 17,1%. Gli artigiani superiori ai 59 anni, invece, sono cresciuti del 35,1%, oltre 89mila unità, salendo sopra quota 343mila, di cui una parte consistente costituita probabilmente da già pensionati. Nel decennio 2014-2024 i lavoratori dipendenti sono complessivamente aumentati di quasi due milioni di unità. In termini percentuali, per fasce di età, emergono però profonde differenze. Nella fascia 35-49 anni si è registrato un calo dal 44,7 al 36,7% del totale, oltre un milione di unità in meno. Un arretramento percentuale si nota anche tra i 25 e i 34 anni di età. In aumento invece le fasce 15-24 anni (+0,5%), 65-89 anni (+1,3%)
e soprattutto 50-64 anni con un +6,8% che significa 2,2 milioni di lavoratori in più. I motivi del fenomeno Sicuramente ad alzare l’età di quanti ancora vanno in azienda o nel laboratorio artigiano, così come dei lavoratori dipendenti, è l’invecchiamento della popolazione. L’Italia è uno dei Paesi europei dall’età media più elevata. Gli ultra 65enni sono oltre 14 milioni e rappresentano quasi un quarto della popolazione. Se oggi per ogni cento ragazzi sotto i 14 anni si contano 188 ultra 65enni, nel 2001 erano 132.
Fonte: CNA
Il cioccolato di Dubai sta spopolando in tutto il mondo tanto che qualcuno parla gia di "mania". Per intenderci, parliamo di una barretta di cioccolato ripiena di croccante pasta knafeh (capelli d'angelo), crema di pistacchio e crema di tahini. Ma la esplosione di popolarità ha avuto un impatto sulle quotazioni del pistacchio.
La cioccolata di Dubai è lanciata per la prima volta nel 2021 dalla Fix Dessert Chocolatier di Dubai e sta spopolando su tutti i social media creando però una tendenza pericolosa, visto che sta causando una carenza globale di pistacchi.
Ill prezzo dei pistacchi e aumentato all'impazzata a causa dell'impennata della domanda del cioccolato di Dubai, che ha fatto crollare le scorte della noce: una crisi improvvisa e talmente ampia che il dolce è stato accusato di generare una carenza internazionale di pistacchi. I prezzi dei pistacchi sono saliti da 6,65 Euro al chilo dell'anno scorso a 8,96 Euro.
L'aumento dei prezzi del pistacchio, inoltre, arriva mentre i prezzi del cacao hanno raggiunto i massimi storici all'inizio di quest'anno toccando 8,98 euro/kg nel dicembre 2024 per poi aumentare ulteriormente e raggiungere 9,35 euro/kg il mese successivo, cioè a gennaio di quest’anno.
Coltivatori e commercianti, secondo gli esperti, a questo punto, sono “al verde”: quando arriva il cioccolato di Dubai e i cioccolatieri fanno incetta di tutti i pistacchi di-
sponibili, il resto del mondo rimane a corto: ad esempio, le esportazioni di pistacchi dall'Iran, il secondo produttore mondiale, agli Emirati Arabi Uniti sono aumentate del 40% nei sei mesi fino a marzo 2025, rispetto al totale delle esportazioni del 202. L'utilizzo indiscriminato dei pistacchi sta causando non pochi problemi anche all'export Usa, dove le forniture di pistacchi sono scese del 20% nei 12 mesi fino a febbraio.
Ad aggravare la situazione ci si sono messi anche parecchi marchi che stanno approfittando di questa "tendenza virale" e lanciano sul mercato le loro varianti del cioccolato di Dubai, tra ii quali Hotel Chocolat, Lindt, Real Dubai Chocolate, Maison Samadi, Lidl.
La viralità del cioccolato di Dubai, insieme all'aumento dei costi delle materie prime, ha aperto spazi ai prodotti di imitazione. Una serie di siti web che imitano i legittimi commerci di cioccolato di Dubai, tra cui Fix Dessert
Chocolatier, che non commercia al di fuori degli Emirati Arabi Uniti, e spiega che “al momento non offriamo spedizioni internazionali o vendita al dettaglio al di fuori della regione”.
“Quest’anno il livello dei concorrenti, nell’insieme, è molto alto. Le colombe valutate erano tutte senza dubbio all’altezza del concorso, sia dal punto di vista estetico, che sensoriale. Si percepisce che dietro c’è la professionalità di persone che amano i lievitati e che hanno anche voglia di mettersi in gioco”.
Ai primi di aprile si è svolta la proclamazione dei vincitori del Premio Regina Colomba Regina Pastiera 2025 , organizzato da Stanislao Porzio. I giurati hanno valutato i dolci dei tanti pasticcieri concorrenti, provenienti da sei regioni italiane e dal Canton Ticino, Svizzera. I dolci in gara erano accomunati dal fatto di essere realizzati con lievito madre e ingredienti del tutto naturali, senza additivi artificiali, senza aromi artificiali e/o naturali identici, senza semilavorati (i cosiddetti “mix”), senza coadiuvanti tecnologici, perché in tutte le manifestazioni organizzate sotto l’egida di Re Panettone® vige la filosofia “Tutto naturale, solo artigianale”. Ecco la classifica finale:
Categoria Colomba
(La ricetta classica: lievito madre, farina, canditi di agrumi in sospensione, burro, tuorli d’uovo, zucchero; in superficie, glassa di zucchero, uova e mandorle)
Primo classificato: Pasticceria Cappiello (Santa Maria Capuavetere CE). Capo pasticciere: Michele Cappiello
Secondo classificato: Pasticceria Roberto Pastry&Bakery (Chiavenna SO). Capo pasticciere: Roberto Moreschi
Terzo classificato: Rizzo Bistrot&Cafe (Tarcento UD). Capo pasticciere: Alessandro Rizzo
Categoria Pastiera
(Crostata con involucro e strisce superiori di pasta frolla; ripieno a base di grano, ricotta, scorze d’arancia candite, zucchero, aromi naturali)
Primo classificato: Caffè Pasticceria
Offi Coffee (Lecco). Capo pasticciere: Giulia Ripamonti
Secondo classificato: Pasticceria
Perrotta (Monttella AV). Capo pasticciere: Antonio Gianiotti
Terzo classificato: Pasticceria La Marianna (Curno BG). Capo pasticciere: Cosimo Panattoni
Ecco i commenti rilasciati a caldo dai giudici a Stanislao Porzio, ideatore e organizzatore della manifestazione, partendo dal concorso dedicato alla colomba.
Mariella Tanzarella (La Repubblica)
– Presidente: “Una sorprendente omogeneità di qualità, davvero alta, il concorso è sempre più frequentato da eccellenze. Quindi, compli-
menti agli artigiani d’Italia”. Rossella Contato (Pasticceria Internazionale): “Quest’anno il livello dei concorrenti, nell’insieme, è molto alto. Le colombe valutate erano tutte senza dubbio all’altezza del concorso, sia dal punto di vista estetico, che sensoriale. Si percepisce che dietro c’è la professionalità di persone che amano i lievitati e che hanno anche voglia di mettersi in gioco”.
Fabio Fimiani (Radio Popolare): “Mi ha colpito la grande omogeneità fin dalla presentazione a prodotto intero. Notevole anche l’accuratezza nella scelta degli ingredienti. Tante colombe veramente soffici e aromatiche”.
Mattia Girardelli (Consulente ristorazione, cuoco Slow Food): “In quest’edizione di Regina Colomba ho riscontrato il ritorno ai sapori naturali di un tempo; considerato il movimento pasticcieri moderni che negli ultimi tempi tendono ad aumentare il numero di ingredienti, ho premiato la scioglievolezza che ho trovato in tre colombe su diciassette. E tre su diciassette è tanto”.
Cesare Zucca (Italian Press New York Milan): “Caro Stanislao, devo dirti che quest’anno la selezione è stata veramente superba. Diciassette proposte di cui almeno tre da oscar. A seguire, le magnifiche e deliziose creazioni che ci arrivano dall’Italia del Nord, come il Friuli e Lombardia, come i dolci sapori del Sud: Puglia, Basilicata e Campania. Viva la colomba, viva la regina pasquale”. Ecco i commenti dei giurati del concorso pastiera.
Renato Andreolassi (Teletutto di Brescia e Italia a Tavola)
– Presidente: “Come sempre una bella esperienza questo tour fra le pastiere d’Italia. A metà quaresima tanti sapori, tanti gusti fra persistenza e aromaticità. Dolce non semplice, la pastiera, che meriterebbe anche un disciplinare nazionale, pur rispettando le singole peculiarità regionali. La buona volontà di Stanislao che ha redatto un primo disciplinare va seguita come esempio dagli addetti al mondo dei dolci. Le pastiere sono e rimarranno sempre una specialità che senza invidiare nulla alle colombe, rappresentano una regina pasquale. Rigorosamente senza dimenticare le sette strisce!”.
Elena Formigoni (www.cucinama.com): “In ogni pastiera ho ritrovato l’espressione della tradizione del nostro territorio, a testimonianza della straordinaria varietà e ricchezza dell’Italia. È stato un viaggio nei sapori e nelle storie, che rende questo dolce ancora più speciale”.
Roberta Rampini (Il Giorno): “Il fatto che non sia la prima volta partecipo a questa giuria mi dà la possibilità di monitorare l’evoluzione qualitativa di questo dolce. E quelle assaggiate quest’anno mi sono sembrate di livello medio”.
Fabio Silva (Chef Derby Grill, Monza): “Per me è stata la prima volta. Un’esperienza molto positiva anche per confrontare i sapori che mi accompagnano dalle mie origini, e che continuerò ad amare anche nel futuro. La pastiera rappresenta per noi napoletani un momento di convivialità e di confronto, perché ogni mano cambia il risultato finale. L’insieme di sapori percepiti oggi in qualche caso è stato troppo sbilanciato fra aroma e presenza di zuccheri”.
Chiara Vannini (Horeca News): “Molto entusiasta come ogni anno della partecipazione dei maestri pasticcieri, ma purtroppo devo constatare che le modalità di preparazione non sono state per lo più aderenti alla tradizione della pastiera, soprattutto nell’utilizzo delle acque aromatiche previste dal disciplinare”.
Vergani, l’ultima realtà milanese rimasta nel capoluogo lombardo a produrre l’originale Panettone di Milano, ha acquisito Pasticceria Scarpato, che dal 1888 produce due dolci tradizionali e iconici del territorio veronese, il Pandoro e l’Offella di Verona. Si tratta di un’acquisizione che si basa sulle affinità inconfondibili che accomunano i due marchi.
Vergani compra Pasticceria Scarpato: l closing dell’operazione finanziaria, tenutosi il 23 aprile, ha portato alla creazione di una realtà imprenditoriale da 31 milioni di euro, con un obiettivo di fatturato per il 2025 di 33 milioni di euro.
“Come Vergani è un marchio di riferimento per il Panettone di Milano, e non solo”, commentano Lorella e Stefano Vergani, AD dell’azienda, “così Scarpato lo è per il Pandoro e l’Offella veronesi. È stato quasi naturale per noi orientarci verso questo marchio, con cui condividiamo valori molto forti, sia per ampliare la nostra gamma di prodotto sia per sviluppare il canale del dettaglio tradizionale cui teniamo molto. Con le nostre referenze, quindi non solo Panettone, ma anche Pandoro e Colomba pasquale, che comunque già producevamo, continueremo a presidiare la Gdo, mentre con i prodotti a marchio Scarpato puntiamo ad accrescere il nostro bu-
siness nel retail specializzato.”
“Un’altra particolarità che ci ha fatto propendere per questa acquisizione”, continuano i cugini Lorella e Stefano Vergani, “è l’esperienza del team Scarpato nella produzione delle creme per le specialità farcite, che vengono realizzate internamente e rigorosamente a mano. Un’ulteriore garanzia di qualità che rende unici questi lievitati allineandoli ai nostri. Siamo certi di poter sviluppare un ottimo lavoro proponendoci sul mercato, interno ed estero, come emblema di eccellenza made in Italy”.
Debutto a Tuttofood, dove Vergani presenta le novità del proprio catalogo e anche i prodotti di Pasticceria Scarpato.
Vergani è rimasta l’unica azienda milanese a produrre in città l’originale Panettone di Milano, oltre ad altri classici dolci da ricorrenza come le Colombe pasquali. Primato che fa di Vergani un vero e proprio vessillo di milanesità e ha portato l’azienda a essere insignita, nel 2014 in occasione del settantesimo anniversario, del prestigioso Ambrogino d’Oro. Con le radici ben salde nella tradizione e nella storia, ma allo stesso tempo attenta alle evoluzioni dei consumi e ai trend alimentari, Vergani coniuga ricerca e innovazione con la maestria artigianale che caratterizza il suo heritage e definisce lo stile dei suoi prodotti.
Fonte: MCS & Partners
Il panorama europeo del settore alimentare si arricchisce di un nuovo gigante: Vandemoortele ha acquisito Délifrance, leader nella produzione di prodotti da forno surgelati. L’accordo punta a creare un leader globale nel mercato dei prodotti da forno surgelati, con un fatturato congiunto di circa 2,4 miliardi di euro.
Vandemoortele ha acquisito Délifrance, leader nella produzione di prodotti da forno surgelati: l’operazione, il cui completamento è previsto entro la fine del 2025, è subordinata alle consuete condizioni di chiusura inclusa l’approvazione delle autorità competenti per la concorrenza. Questa mossa strategica unisce due realtà solide nel settore: Vandemoortele, con quasi 50 anni di esperienza nel mercato della panetteria surgelata, 3.500 dipendenti e 28 siti produttivi con un fatturato stimato della divisione bakery di 1,4 miliardi di euro, e Délifrance, con oltre 3.200 dipendenti, 14 siti produttivi e un fatturato annuo di circa 930 milioni di euro (dati al 30 giugno 2024).
Secondo quanto dichiarato da Jean Vandemoortele, Presidente del Cda del gruppo, si tratta di una “part-
nership storica con una strategia precisa ed una forte comunanza di culture e di esperienza”. L’unione delle forze permetterà al nuovo gruppo di offrire una gamma completa di prodotti tra cui croissant, viennoiserie, pasticcini danesi, pane artigianale e specialità italiane, sfruttando marchi consolidati come Délifrance, Banquet d’Or e Doony’s.
Yvon Guerin, Ceo Vandemoortele, ha sottolineato il rispetto per l’eredità e la competenza di Délifrance, evidenziando come questa unione consentirà di creare “potenti sinergie in termini di crescita ancora più rapida, servizio ai clienti, gamma di prodotti, innovazione e branding”. L’obiettivo è accelerare la crescita futura attraverso l’espansione internazionale, l’innovazione e lo sviluppo di servizi a valore aggiunto per i partner della distribuzione moderna, del commercio al dettaglio e della ristorazione.
Anche Christoph Büren, Presidente di Vivescia, ha commentato positivamente l’operazione, inquadrandola nella strategia di trasformazione del gruppo Vivescia 2030. Ha inoltre evidenziato la creazione di una “preziosa partnership a lungo termine con il gruppo Vandemoortele”.
Robert O’Boyle, Ad Délifrance, si è detto entusiasta dell’unione che permetterà di “investire insieme per costruire sui nostri team di livello mondiale, sui nostri valori condivisi di innovazione di prodotto ed eccellenza nel servizio, per supportare ed accelerare la crescita attraverso la partnership con i nostri clienti in Europa, Asia e Nord America”.
(Ricetta del Maestro Nico Carlucci)
Le zeppole, si dice, abbiano origine in Campania e precisamente a Napoli: sono molto antiche, sicuramente il primo ad aver trascritto la ricetta delle zeppole di San Giuseppe è stato il napoletano Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino, nel suo libro "Cucina teorico pratica" nel 1837. Le zeppole fritte e al forno all’apparenza possono sembrare uguali: sontuose ciambelle di pasta choux sormontate da un abbondante ciuffo di crema pasticcera guarnito con l’immancabile amarena sciroppata e una cascata di zucchero a velo. Con la cottura in forno, però, il gusto rimarrà più delicato ma anche fritte sono una squisitezza. Come detto la pasta delle zeppole è una leggera pasta choux, più ricca di burro e uova in questa ricetta per cuocerle al forno, rispetto alle zeppole fritte, ma si può utilizzare comunque questa ricetta per friggerle. Il periodo delle zeppole è vicino a quello del Carnevale, quando abbiamo il trionfo delle frittelle e dei dolci fritti in generale: le castagnole, i tortelli, le chiacchiere, che ora si prediligono nella versione alleggerita delle chiacchiere al forno.
Molti di questi dolci della tradizione, come le zeppole di San Giuseppe, si guarniscono con crema pasticciera, ma solo le zeppole hanno quella particolate forma arrotolata, che ricorda un serpentello acciambellato, infatti pare
che il loro nome derivi da serpula (dal latino "serpe"). Ricordano vagamente le zeppole, delle altre frittelle nate a molti km di distanza dalle zeppole napoletane. Sono gli Strauben, frittelle altoatesine dalla forma a chiocciola, arricchite da grappa. Negli anni sono nate varie varianti, come le zeppole al cacao al forno, zeppole preparate in friggitrice ad aria, zeppole con crema al mascarpone e caffè, zeppolona al caffè e anche le zeppole senza glutine.
Acqua g 400
Burro g 160
Sale marino fino g 6
Farina 00 g 250
Uova g 330
* Olio per frittura
Latte intero g 400
Panna fresca liquida o latte g 100
Zeste di 2 limoni
Zucchero semolato g 140
N. 4 Tuorli
Amido di mais (maizena) g 40
N. 8 Amarene sciroppate
Zucchero a velo q.b.
In un pentolino versate il latte e la panna, aromatizzate con la scorza grattugiata di limone e scaldate fino a sfiorare il bollore. In una ciotola a parte unite i tuorli e lo zucchero. Lavorate con una frusta fino ad ottenere un composto cremoso, poi aggiungete l’amido di mais e amalgamate nuovamente. A questo punto versate il latte caldo nella ciotola con il composto di tuorli e mescolate subito con la frusta per evitare la formazione di grumi. Trasferite il composto ottenuto nel pentolino e cuocete a fuoco dolce mescolando continuamente fino a raggiungere una consistenza densa e cremosa. Riponete la crema pasticcera in una pirofila bassa e larga, coprite con pellicola a contatto e lasciate raffreddare, prima a temperatura ambiente e poi in frigorifero. Passando all’impasto, in un pentolino dal fondo spesso versate l’acqua e il burro. Unite un pizzico di sale, accendete il fuoco medio e fate sciogliere il burro. Quando il burro sarà sciolto e l’acqua sfiorerà il bollore, togliete per un istante il pentolino dalla piastra a induzione o dal fornello e aggiungete la farina tutta assieme. Riportate il pentolino sul fuoco e mescolate velocemente con un leccapentole. Il composto dovrà formare una palla (il cosiddetto pastello) e lasciare una patina bianca sul fondo. Cuocete il pastello ancora per 1-2 minuti, poi trasferitelo in una ciotola e allargatelo con una leccapentole per farlo intiepidire rapidamente. Sbattete le uova a parte e unitele un po’ per volta al composto. Mentre versate le uova incorporatele al composto con le fruste elettriche o con la frusta a fili della planetaria; dovrete ottenere un impasto piuttosto consistente e omogeneo. Trasferite l’impasto
in un sac-à-poche da pasticcere con bocchetta a stella di 12 mm. Formate 8 zeppole del diametro di circa 8-10 cm realizzando 2 cerchi concentrici per ciascuna su delle teglie da infornamento precedentemente foderate con carta da forno per cuocerle in forno, se da friggere tagliare la carata da forno in quadrati 15x15 e realizzare i cerchi di zeppole sui quadrati. Cuocete in forno ventilato preriscaldato a 170°C per 45 minuti posizionandole sul ripiano in basso, aprire la valvola e proseguite la cottura per altri 15 minuti. Una volta cotte, sfornate e lasciate raffreddare completamente su gratelle. Se fritte, inserire le zeppole direttamente in olio caldo a 170°C con la carta da forno che in frittura verrà via. A questo punto riprendete la crema pasticcera ormai rassodata e lavoratela velocemente con una frusta per ammorbidirla, poi trasferitela nel sac-à-poche con bocchetta a stella. Farcite le zeppole realizzando 2 cerchi concentrici, uno più largo sotto e uno più stretto sopra o 4 ciuffi sulle nostre zeppole. Guarnite con le amarene sciroppate anche tagliate a metà e spolverizzate generosamente con lo zucchero a velo.
Si consiglia di consumare subito le zeppole di San Giuseppe al forno farcite con la crema, oppure di conservarle in frigorifero per massimo 2 giorni. Le zeppole non farcite si possono conservare fino a una settimana all'interno di una scatola di latta. La crema pasticcera si può conservare per 2 giorni in frigorifero, in un contenitore ermetico. E' preferibile non conservare la pasta choux in frigorifero, si sconsiglia la congelazione. Per una versione ancora più ricca potete farcire le zeppole di San Giuseppe anche all'interno creando un buchino con la bocchetta del sac-à-poche.
Il gusto della Pasqua incontra la tradizione di Citterio e la creatività di Ziva Pasticceria.. Dalla collaborazione tra la storica azienda di salumi e il laboratorio artigianale di Marcello Salvatori, l’idea di un prodotto pasquale in una veste gourmet e originale con originale Salame di Milano e Prosciutto Cotto di Vignola.
Citterio, storica azienda di salumi, e Ziva Pasticceria, laboratorio artigianale di Marcello Salvatori ex lievitista di Cracco, hanno deciso di creare in occasione della Pasqua 2025 una Colomba Salata con salumi, studiata per essere una valida alternativa alla classica colomba pasquale, ideale per un antipasto o un aperitivo conviviale. Un prodotto esclusivo che reinterpreta in chiave gourmet il simbolo pasquale per eccellenza.
La Colomba Salata nasce dall’incontro tra il savoir-faire di Ziva Pasticceria e l’eccellenza delle materie prime selezionate da Citterio. Fondata nel 2020 dal maestro pasticcere Marcello Salvatori, Ziva Pasticceria è un laboratorio artigianale specializzato in lievitati d’eccellenza, noto per l’uso di ingredienti selezionati, la lunga lievitazione naturale e le tecniche innovative. Reinterpreta la tradizione italiana con creazioni uniche, dalle colombe pasquali ai panettoni, fino a dolci contemporanei dal gusto raffinato. Negli ultimi anni, il trend del salato ha conquistato un numero sempre maggiore di italiani, che cercano alternative creative ai classici prodotti dolciari. Sempre più consumatori si orientano verso lievitati gourmet che uniscono qualità e innovazione, portando sulla tavola nuove esperienze di gusto.
La Colomba Salata di Salumi si inserisce in questa tendenza, offrendo un’opzione sofisticata e originale per chi ama sperimentare, anche a casa, sapori nuovi senza rinunciare alla tradizione.
La particolarità della Colomba Salata è quella di avere una quantità diversa di zucchero, ma allo stesso tempo di non contenere aromi all’interno dell’impasto. Ciò che la distingue dalla classica colomba è l’aggiunta dell’olio extravergine di oliva e delle sospensioni salate. In più oltre a questi aspetti fondamentali, vi sono sicuramente la presenza di materie prime di alta qualità, il lievito madre
vivo e l’esperienza e la capacità di preparare un impasto scioglievole e unico nel suo genere che dopo quattro giorni di lavorazione si trasforma in un lievitato salato. “La nostra missione è valorizzare la tradizione con un tocco innovativo”, afferma Alessandro Riva, Direttore marketing di Citterio, “da sempre ci impegniamo a portare sulla tavola dei consumatori italiani prodotti che uniscano qualità e autenticità. Con questa collaborazione con Ziva Pasticceria, abbiamo voluto reinterpretare la Pasqua in una chiave inedita, originale, creando un prodotto che unisce il meglio della nostra tradizione salumiera con la creatività e l'eccellenza artigianale della pasticceria. La Colomba Salata, con il suo sapore avvolgente e la consistenza unica, è un’esperienza di gusto autentica e sorprendente che vuole rompere gli schemi, portando il salato in un mondo tradizionalmente dolce”. Il soffice impasto della Colomba Salata, frutto di una lunga lievitazione naturale con ingredienti di alta qualità, viene poi arricchito con Grancotto di Vignola Citterio
e Salame di Milano Citterio, 100% italiani, entrambi amalgamati nella struttura del lievitato. Questi ingredienti donano al prodotto un sapore avvolgente, rendendolo ideale per accompagnare aperitivi e momenti conviviali durante le festività.
Per chi volesse provare a replicare questa esperienza a casa, è possibile realizzare una versione casalinga della Colomba Salata sostituendo il lievito madre con lievito di birra, mantenendo un’attenta lavorazione dell’impasto per garantire morbidezza e fragranza. Un’idea perfetta per chi ama cimentarsi in cucina e personalizzare il proprio lievitato pasquale con i migliori ingredienti disponibili.
“La Colomba Salata di Salumi è un’alternativa per chi ha voglia di giocare, sperimentare, divertirsi e uscire dagli schemi anche a Pasqua e in più si adatta a diversi abbinamenti, dai salumi alle verdure fino al pesce”, sottolinea Marcello Salvatori, fondatore e pasticcere di Ziva Pasticceria. “Siamo veramente felici di aver collaborato con Citterio alla realizzazione di questo progetto, un’ottima base per permettere a chiunque di dare sfogo alla propria creatività e fantasia in cucina. Inoltre come il mercato della viennoiserie salata, anche quello dei grandi lievitati si sta avvicinando al mondo del salato. La bellezza della cucina è che di limiti ne ha davvero pochi e quindi non esiste mai fine all’immaginazione”.
Fonte: Escanto Public Relations
I brigadeiros, sono un vero e proprio simbolo della cultura dolciaria brasiliana. Immancabili in tutte le celbrazioni e feste brasiliane, questi apparentemente semplici dolcetti hanno una storia affascinante e un ingrediente chiave che ne definisce la consistenza e il sapore inconfondibili: il latte condensato.
La storia dei brigadeiros affonda le radici negli anni '40, in un Brasile in fermento politico. Si narra che il nome sia un omaggio a Eduardo Gomes, un carismatico brigadiere dell'aeronautica che si candidò alla presidenza. Durante la sua campagna elettorale, questi dolcetti, facili da preparare con gli ingredienti disponibili all'epoca (latte condensato, burro e cioccolato in polvere), venivano distribuiti durante i comizi come forma di sostegno. Il successo fu tale che il nome "brigadeiro" rimase legato indissolubilmente a questa golosità. In un'epoca in cui alcuni ingredienti freschi come il latte erano meno facilmente reperibili e conservabili, il latte condensato, con la sua lunga durata e la sua dolcezza concentrata, si rivelò un alleato prezioso. La sua disponibilità e la sua capacità di creare una base ricca e cremosa lo resero l'ingrediente perfetto per preparare un dolce goloso e pratico da offrire durante gli eventi politici. Ecco perché, fin dalle loro origini, i brigadeiros sono intrinsecamente legati all'uso del latte condensato. La versatilità del brigadeiro è sorprendente: pur mantenendo il latte condensato come base, si possono creare infinite varianti con l'aggiunta di frutta secca, spezie, caffè e molto altro. Il "beijinho" (brigadeiro al cocco) è forse il suo parente più stretto e altrettanto amato. La consistenza "gommosa" e scioglievole in bocca è una caratteristica distintiva, ottenuta proprio grazie alla cottura lenta e controllata del latte condensato con gli altri ingredienti.
Preparare i brigadeiros è spesso un rito collettivo, un momento di condivisione che rafforza i legami familiari e amicali, soprattutto in vista di occasioni speciali.
Latte condensato 400 g
Burro non salato 20 g:
Cacao amaro in polvere 25 g:
Granella di cioccolato, codette colorate o cacao in polvere per decorare.
In una pentola antiaderente, unire il latte condensato, il burro e il cacao in polvere. Mescolare accuratamente per amalgamare bene gli ingredienti. Abbassare la fiamma ed iniziare la cottura, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno o una spatola. Questa fase è cruciale e il latte condensato, con il calore, inizierà a trasformarsi, addensandosi e acquisendo quella consistenza unica.
Continuare a cuocere per circa 10-15 minuti, sempre mescolando senza sosta. Il punto di cottura ideale ("ponto de brigadeiro") si raggiunge quando il composto si stacca con facilità dal fondo della pentola, permettendo di intravedere il fondo per un breve istante mentre si mescola.
Versre immediatamente il composto in un piatto imburrato e lasciarlo raffreddare completamente a temperatura ambiente. Il raffreddamento è essenziale affinché il latte condensato cotto si solidifichi abbastanza da poter essere lavorato con le mani.
Una volta freddo, prendere una circa un cucchiaino del composto con le mani imburrata e formare delle palline Passare ogni pallina nella nella decorazione scelta e sistemare in pirottini singoli.
Conservati in un contenitore ermetico, i brigadeiros possono durare fino a una settimana occorre toglierli frigo circa 15-30 minuti prima di servirli per farli tornare a temperatura ambiente e apprezzarne la consistenza ottimale. Possono anche essere congelati.
Proteggere il nostro Pianeta è fondamentale e tutti noi dobbiamo contribuire a farlo, anche effettuando scelte appropriate a tavola: ce lo ricorda in un articolo pubblicato da Almanacco delle Scienze Concetta Montagnese, ricercatrice dell’Istituto di scienze dell’alimentazione del Cnr.
La Giornata mondiale della Terra è una manifestazione che mira a promuovere la sostenibilità ambientale e la salvaguardia del nostro Pianeta, sul cui stato ha un impatto non indifferente anche la produzione alimentare, considerando tutte le fasi del processo necessarie per ottenere i prodotti finali, come ad esempio la coltivazione, la raccolta, la trasformazione o la gestione degli allevamenti animali. È importante, quindi, soddisfare la domanda alimentare in crescita costante, sia quantitativa che qualitativa, ma anche rispettare i limiti delle risorse naturali della Terra: sono questi, dice la ricercatrice del Cnr Concetta Montagnese parlando con la rivista “Almanacco della Scienza”.
“Per tutelare il Pianeta è fondamentale seguire una dieta sostenibile. Con questo termine la Fao definisce una dieta a basso impatto ambientale, che contribuisca alla sicurezza alimentare e nutrizionale nonché a una vita sana per le generazioni presenti e future. Ma una dieta sostenibile protegge anche la biodiversità, gli ecosistemi, è adeguata e sicura sotto il profilo nutrizionale, è culturalmente ed economicamente accettata e, allo stesso tempo, ottimizza le risorse naturali e umane. Nel 2019 gli esperti della Eat-Lancet Commission hanno elaborato un nuovo modello alimentare per ridurre l'impatto ambientale della produzione alimentare e mantenere un buono stato di salute dell'uomo, la ‘planetary health diet’ (dieta per la salute planetaria), una dieta sostenibile, che tutela sia la salute dell’uomo che dell’ambiente.”, spiega Montagnese. “Nel report viene sottolineato che l’adozione a livello universale di una dieta per la salute planetaria permetterebbe di osservare una riduzione del riscaldamento globale e anche una riduzione del numero di morti dovuto a un'alimentazione non corretta stimata di circa 11 milioni di persone l’anno. L’impatto ambientale delle produzioni alimentari è dato dalla coltivazione, raccolta, trasformazione, imballaggio e smaltimento dei prodotti e può essere misurato attraverso vari indicatori, quali l'impronta di carbonio (emissioni di gas serra), impronta ecologica (superficie di mare o di terra necessaria per fornire le risorse e assorbire le emissioni di CO2
sviluppate lungo il ciclo), e l’impronta idrica (i consumi delle risorse idriche del sistema produttivo)”. In cosa consiste questo modello alimentare? “Secondo gli esperti, a incidere principalmente sulla salute dell’uomo e sulla sostenibilità ambientale sono, oltre alla produzione alimentare sostenibile, le diete sane. A questo proposito è stato elaborato un modello alimentare che si basa prevalentemente su alimenti di origine vegetale e che suggerisce il raddoppio nei consumi di alimenti come frutta, verdura, legumi e frutta a guscio, e una riduzione del consumo globale di prodotti meno sani come gli zuccheri aggiunti e la carne rossa”, aggiunge la ricercatrice. “Ma anche un consumo quotidiano di cereali - pasta, pane, cereali in chicco come riso, orzo, farro -, soprattutto integrali, oltre ad avere un basso impatto ambientale, ha effetti benefici sulla salute perché essi rappresentano un importante fonte di carboidrati complessi e, quindi, di energia per l'organismo e di fibra. Anche i legumi, come fagioli, lenticchie, piselli, soia, da consumare almeno tre volte a settimana, sono una fonte importante di proteine, fibra e nutrienti essenziali, quali minerali e vitamine, e la loro produzione ha un basso impatto ambientale, Inoltre, la coltivazione dei legumi è importante perché nutre il suolo e trasferisce l'azoto assorbito dall'atmosfera, riducendo l'uso dei fertilizzanti. I legumi, poi, rappresentano un'alternativa importante alla carne che, al contrario - specie quella rossa - ha un elevato impatto ambientale, a partire dalla coltivazione del foraggio per l'allevamento del bestiame”.
Quali benefici apportano alla salute questo tipo di alimenti?
“Gli alimenti di origine vegetale hanno effetti positivi
sulla salute dell’intestino e, dunque, dell’organismo; essi poi sono una fonte importante di fibra alimentare, che migliora la composizione e varietà del microbiota intestinale. Non solo, gli acidi grassi a catena corta (tra i quali il butirrato), prodotti dalla digestione batterica delle fibre, aumentano con le diete a base vegetale e promuovono la varietà di ceppi batterici benefici nell’intestino stimolandone la crescita”, chiarisce Montagnese. “Inoltre, gli alimenti della terra sono anche fonte di acidi grassi polinsaturi, quali gli omega-3, naturalmente presenti in noci e semi di lino, e di acidi grassi monoinsaturi, contenuti in olio extra vergine di oliva e avocado, che hanno un effetto antinfiammatorio. In particolare, il consumo di cereali integrali ha effetti benefici sulla prevenzione di malattie croniche quali obesità, diabete, patologie cardiovascolari e tumori. Numerose evidenze scientifiche hanno dimostrato anche che i cereali integrali, naturalmente ricchi di fibra, contribuiscono a ridurre il carico glicemico”.
“Sono da preferire i prodotti di stagione, anche se attualmente è difficile definire un calendario, considerando che semina e raccolta dei diversi tipi di verdura e frutta si sono modificati negli anni, sia per le nuove tecniche di coltivazione sia per i cambiamenti climatici”, conclude Montagnese. Alcuni consumatori si orientano verso la scelta di prodotti biologici, tuttavia, a oggi, gli studi non hanno ancora dimostrato che i prodotti biologici hanno un maggiore effetto positivo sullo stato di salute dell'uomo rispetto a quelli convenzionali”.
Fonte: Almanaccco della Scienza
Fondazione Umberto Veronesi Ets, con il prezioso contributo di Anicav e Ricrea, ha distribuito oltre 44.000 confezioni di pomodoro in più di 500 punti di distribuzione collocati su tutto il territorio italiano al fine di sostenere la ricerca scientifica sui tumori che colpiscono bambini e adolescenti.
Grazie al prezioso supporto di oltre 2.000 volontari coinvolti “Il Pomodoro per la ricerca. Buono per te, buono per l’ambiente®”, l’evento con cui Fondazione Veronesi è approdata in numerose piazze, scuole e aziende del territorio italiano sabato 29 e domenica 30 marzo 2025, conferma il suo importante sostegno alla ricerca scientifica sui tumori pediatrici raccogliendo oltre 650.000 euro che – al netto dei costi di gestione - , contribuiranno al finanziamento dell’innovativa piattaforma di ricerca e cura Palm Research Project®, una rete internazionale per la messa a punto di nuovi trattamenti per la cura della leucemia acuta mieloide dell’età pediatrica. La piattaforma, finanziata da Fondazione Umberto Veronesi Ets, che ha la durata di 5 anni, coinvolge l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – principale polo di ricerca e cura pediatrica in Europa - come centro di riferimento, il Laboratorio di diagnostica centralizzata della Clinica Oncoematologica di Padova, il Dipartimento di oncologia sperimentale dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano e il Department of Leukaemia dell’MD Anderson Cancer Center (Houston USA) come centri di supporto.
tumore”, spiega Monica Ramaioli, Direttore di Fondazione Umberto Veronesi Ets.
Nei numerosi punti di distribuzione presenti in tutta Italia, i volontari di Fondazione Veronesi hanno infatti distribuito a fronte di una donazione minima di 12 le confezioni composte da tre barattoli in acciaio di pomodoro, nelle versioni pelati, polpa e pomodorini.
“Grazie al rinnovato impegno e alla grande dedizione dimostrati dai nostri volontari, dai donatori e dai preziosi partner Anicav e Ricrea, che da anni sono al nostro fianco per sviluppare questo importante progetto di raccolta fondi, è stato possibile raggiungere anche quest’anno un grande risultato a sostegno della ricerca scientifica nel campo dell’oncologia pediatrica. Grazie ai fondi raccolti potremo continuare a sostenere l’innovativa piattaforma Palm Research Project® e dare così una speranza di guarigione ai bambini che si ammalano di
Anche quest’anno è stato rinnovato con successo il contest “A scuola con il pomodoro per la ricerca”, a cui hanno aderito con entusiasmo le scuole primarie e secondarie (sia di I che di II grado) del territorio nazionale, realizzando campagne di raccolta fondi aventi come protagonista le confezioni de “Il Pomodoro per la Ricerca®. Buono per te, buono per l’ambiente”.
Friggitoria Popolare, un progetto culturale gastronomico a Catania: connubio tra Sicilia e Campania. “Siamo partiti con l'idea di un esperimento temporaneo, ma la città ci ha chiesto di restare”, raccontano i fondatori. “Friggitoria Popolare è diventata uno spazio identitario, inclusivo e contemporaneo, capace di parlare a tutta la Sicilia”.
Una friggitoria nel cuore della Catania antica. Si chiama "Friggitoria Popolare": è un progetto culturale e gastronomico che celebra la contaminazione tra Napoli e Catania, due anime del Mediterraneo unite nel nome della tradizione popolare e della qualità. Come recita il motto del locale "Non sono siciliana, non sono napoletana, sono di Catania", la friggitoria propone una cucina autentica e accessibile, fatta di cibi semplici e accattivanti, che uniscono le tradizioni culinarie campane e siciliane. Il menu pesca nella memoria del cibo di strada del Regno delle Due Sicilie, rivisitato con impasti leggeri, ingredienti selezionati e varianti vegane e gluten free.
Friggitoria Popolare si trova nel cuore del centro storico di Catania, tra i suoni e i profumi del mercato del pesce. Un crocevia tra passato e presente, dove la città si racconta nel fritto e nei sorrisi.
Il progetto è stato ideato da due amici, due protagonisti della ristorazione contemporanea, Marco Timpanaro e Lele Scandurra — uniti dal desiderio di consacrare Catania come punto di riferimento dello street food del Sud. Il format, nato come "temporary" la scorsa stagione, viene ora rilanciato, scegliendo di restare, con una
formula definitiva.
Alcuni piatti iconici sono la "Frittatina di pasta alla norma", simbolo del connubio tra la pasta fritta napoletana e la regina delle ricette etnee, la "Siciliana 2.0", pizza fritta chiusa con tuma e acciughe, evoluzione catanese di un classico e la "Mortadella e pistacchio", altra pizza fritta omaggio a Bologna e Bronte, disponibile anche in versione vegetale. C'è anche la "parmigiana di pesce spada", variante di mare con melanzane, pomodorini e stracciatella. Non mancano arancini, crocchette, mozzarelle in carrozza, chiacchiere siciliane e il mitico pane fritto della nonna. “Siamo partiti con l'idea di un esperimento temporaneo, ma la città ci ha chiesto di restare”, raccontano i fondatori. “Friggitoria Popolare è diventata uno spazio identitario, inclusivo e contemporaneo, capace di parlare a tutta la Sicilia”.
Unilever Food Solutions (UFS), la divisione di Unilever dedicata alla ristorazione professionale, presenta il nuovo Maizena Express, il legante senza glutine istantaneo, ideale per addensare creme e salse in un minuto, garantendo sempre una consistenza lucida, liscia e vellutata.
Con il suo gusto neutro, Maizena Express non altera i sapori della preparazione, adattandosi perfettamente a ogni tipo di ricetta. Pronto all’uso, è pratico e facile da utilizzare: è sufficiente aggiungerlo gradualmente alla salsa o al liquido bollente fino a raggiungere la densità desiderata. Un alleato perfetto per ottimizzare i tempi e le risorse in cucina e ottenere ottimi risultati nelle preparazioni.
Maizena Express arricchisce la gamma di leganti Unilever
Food Solutions, prodotti indispensabili per addensare e dare la giusta consistenza e stabilità a molte preparazioni, come salse, zuppe, condimenti e bevande.
I leganti Unilever Food Solutions sono sviluppati per adattarsi a qualsiasi cucina, dai ristoranti tradizionali alle grandi produzioni centralizzate, grazie ai diversi formati e perché in grado di adattarsi ai vari processi di lavorazione, sia a caldo che a freddo, conferendo stabilità in cottura, congelamento, rigenerazione e bagnomaria. Oltre al nuovo Maizena Express, la gamma di leganti Unilever Food Solutions include:
Maizena Amido di Riso senza glutine. L’Amido di Riso rende gli impasti più elastici e digeribili, favorisce la lievitazione e offre più leggerezza al piatto. Viene utilizzato anche come legante in cucina rendendo le creme e salse vellutate e cremose, piacevoli al palato. Si utilizza anche in alternativa alle uova negli impasti vegan. Disponibile in confezioni da 600 g.
Maizena Amido di Mais senza glutine. L’Amido di Mais è usato come addensante per zuppe, minestre, sughi e salse. Per dare friabilità agli impasti lievitati, sia dolci che salati. Per dare croccantezza alle fritture. Disponibile in confezioni da 700 gr e 2,5 kg.
Knorr Roux Bianco e Bruno senza lattosio. Base legante disidratata in granuli, composta da farina di grano e componente grassa. Disponibile in confezioni da 1 kg e 20 kg.
Maizena Snowflake senza glutine. È un amido di mais modificato adatto per zuppe, salse, stufati e dessert a base di latte. Il prodotto è resistente alla conservazione termica e al congelamento. È ideale per la preparazione di alimenti stabili alla refrigerazione. Disponibile in confezioni da 10 kg.
Ingredienti
(per 10 porzioni)
Maizena Express (dosaggio 80 g per litro)
Zucchine kg
Aglio 1 spicchio
Brodo di verdure Senza Glutine Knorr diluito l 1
Basilico fresco g 100
Olio qb
Sale e pepe qb
Rigatoni senza glutine g 800
Burrata g 400
Pistacchi sgusciati g 50
Basilico fresco qb
Buccia di limone qb
Olio EVO qb
Procedimento
Lavate le zucchine e tagliatele a rondelle. Rosolare le zucchine in una pentola con olio e aglio, aggiungere il Brodo di verdure Senza Glutine Knorr e lasciare cuocere per 10/15 minuti.
A fine cottura regolare con sale e pepe aggiungere il basilico fresco e frullare con un mixer ad immersione. Misurare il liquido ottenuto, riportare a bollore e per ogni litro di liquido aggiungere 80 g di Maizena Express. Abbattere di temperatura la crema ottenuta. In una pentola con abbondante acqua salata cuocere la pasta.
Nel frattempo in un mixer o con un coltello, tritare grossolanamente i pistacchi. In una padella antiaderente, tostate i pistacchi tritati per 2-3 minuti, mescolando spesso per evitare che brucino.
In una padella grande, mettere la crema di zucchine, aggiungere un filo d'olio d'oliva e riscaldare a fuoco basso. Unire i rigatoni scolati nella padella con la crema di zucchine e mescolare bene. Se la crema fosse troppo densa, aggiungere un po' di acqua di cottura della pasta per rendere il tutto più fluido.
Impiattare i rigatoni, aggiungendo sopra una generosa cucchiaiata di burrata (spezzettata con le mani) e una spolverata di crumble di pistacchi. Guarnire con foglie di basilico fresco e una grattugiata di limone fresco.
Se non trovate la burrata, potete sostituirla con mozzarella fresca o stracciatella. Per un piatto vegano, sostituite la burrata con un formaggio vegetale o semplicemente con un filo d'olio extra vergine di oliva.
La partnership tra Ismea e Consorzio Doc Delle Venezie: il mondo del vino sta attraversando una fase di trasformazione associata anche ai cambiamenti dei gusti e degli stili di consumo, nel quadro di un progressivo ricambio generazionale e di una crescente attenzione agli aspetti salutistici e di sostenibilità ambientale.
Un contesto di non facile lettura, quello presentato dal mercato presente, e futuro del vino, nel quale il sistema vitivinicolo italiano è tuttavia in grado di giocare un ruolo di assoluto protagonista, anche grazie al supporto dei dati sempre più centrali nei processi decisionali delle aziende.
In questo contesto si inserisce la partnership tra Ismea e il Consorzio Doc delle Venezie - istituita nel 2024 su impulso dello stesso Consorzio per affrontare le proprie scelte sulla base di conoscenze e elementi oggettivi - presentata al Vinitaly, presso l’area espositiva del Masaf, come esempio di modello imprenditoriale replicabile per altri attori del comparto. L’evento introdotto dai Presidenti di Ismea Livio Proietti e del Consorzio Doc Delle Venezie Albino Armani e moderato da Costanza Fregoni, Direttore responsabile VVQ Vigne, Vini & Qualità, ha visto i contributi di Fabio Del Bravo Responsabile della Direzione Filiere e Analisi di Mercato Ismea, Stefano Sequino, Direttore Consorzio Doc Delle Venezie, Eugenio Pomarici, Professore dell’Università degli Studi di Padova e, nelle conclusioni, del Direttore Generale di Ismea Sergio Marchi. Un’occasione anche per fare il punto sui numeri, decisamente lusinghieri, della giovane Denominazione, che associa gli areali del Pinot Grigio del Triveneto, attestandosi al primo posto in Italia per produzione di vini fermi e al secondo posto in assoluto, con una quota del 10%. Il 2024, secondo le elaborazioni Ismea, ha fatto registra-
re un ulteriore incremento degli imbottigliamenti della Doc, che hanno raggiunto 1,7 milioni di ettolitri (+4%), una tendenza che dovrebbe proseguire anche nel 2025 come evidenziano i dati di questa prima parte dell’anno. Le vendite all’estero hanno sperimentato un forte incremento; i dati elaborati da Ismea e presentati oggi al Vinitaly rivelano, dall’introduzione sul mercato della Doc Delle Venezie nel 2017, un volume dell’export più che raddoppiato, con una crescita a tripla cifra anche del fatturato (+117%).
Altro dato interessante emerso dalla relazione dell’Istituto è il graduale spostamento del vigneto Italia verso il Nord-Est, con una crescita record della superfice vitata dal 2000 a oggi in Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige (rispettivamente +38%, +53% e
+13%). Un andamento in netta controtendenza rispetto alla dinamica osservata nel resto della Penisola e a livello UE, conseguente anche al programma straordinario di espianti che ha caratterizzato alcune aree produttive europee.
“Il Consorzio Doc delle Venezie rappresenta oggi il più grande modello di integrazione interregionale, unendo sotto un'unica denominazione d'origine i territori di Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Provincia Autonoma di Trento”, ha commentato Albino Armani, Presidente del Consorzio Doc delle Venezie. “La denominazione oggi conta una superficie vitata potenziale di circa 27mila ettari e una produzione annua di 230 milioni di bottiglie tracciate e dotate del Contrassegno di Stato, pari a circa il 70% della produzione totale di Pinot Grigio del Triveneto. Con questi numeri, il Consorzio trova in Ismea un partner strategico che gli permette di trasformare l'analisi dei dati in un vantaggio competitivo nei mercati. L'obiettivo di questa partnership è monitorare la funzionalità e l'efficienza della nostra filiera a livello produttivo e commerciale, attraverso ricerche e studi approfonditi della congiuntura, della struttura e delle strategie del comparto vitivinicolo territoriale. Questo modello innovativo e - come ci auguriamo - replicabile da altri Consorzi e aziende, è pensato per ridurre i rischi e anticipare le tendenze in un mercato sempre più incerto e imprevedibile”.
“Il Protocollo d’Intesa tra Ismea e il Consorzio di tutela Doc Delle Venezie ci permetterà di sviluppare analisi approfondite sui mercati, sui costi di produzione e sulle dinamiche commerciali, fornendo dati essenziali per le strategie di crescita e valorizzazione della denominazione”, ha sottolineato invece il Presidente Ismea Livio Proietti. Il Pinot Grigio delle Venezie è un asset strategico per il nostro Paese, che contribuisce in maniera determinante all’affermazione del vino italiano all’estero e al mantenimento della sua posizione di leadership a livello globale per produzione e quantitativi esportati. Ismea conferma così il proprio impegno nel fornire strumenti di analisi e conoscenza a supporto degli operatori, nell’ottica di una filiera sempre più competitiva, resiliente e preparata alle sfide della contemporaneità”.
Fonte: Ismea
Dal primato mondiale per volumi esportati a quello produttivo, dai record dell’export a quelli della biodiversità, il vino italiano si conferma un patrimonio del Paese senza eguali, che offre ai consumatori di tutto il mondo tradizione, cultura, storia, oltre a un modello di consumo che si inserisce appieno nella Dieta Mediterranea.
I valori del Vigneto Italia sono stati protagonisti a “Casa Coldiretti”, durante il recente Vinitaly a Verona con una giornata di analisi, incontri e degustazioni con la partecipazione di aziende leader del settore. A caratterizzare lo stand, un grande bicchiere con la scritta “Keep calm e bevi vino italiano” che introduce a una mostra fotografica dove, grazie all’intelligenza artificiale, viene mostrato cosa accadrebbe ai territori se venissero abbandonati i 681mila ettari coltivati che ormai da secoli rappresentano una componente fondamentale del paesaggio italiano.
Il settore vinicolo italiano – ricorda Coldiretti – rappresenta uno dei pilastri dell’economia agroalimentare nazionale, con un fatturato complessivo che ha raggiunto i 14,5 miliardi di euro. A gestire questo patrimonio ci sono 241.000 imprese viticole, distribuite su una superficie di 681.000 ettari, con Veneto, Sicilia e Puglia in testa per estensione. Il 78% della superficie – corrispondente a circa 532 mila ettari – è destinato alle Ig (65% Dop e 14% Igp).
Il vino è anche la prima voce dell’export agroalimentare italiano, con un valore che nel 2024 ha raggiunto 8,1 miliardi di euro, in crescita del 6% rispetto al 2023. Le esportazioni hanno toccato quasi 22 milioni di ettolitri (+3%). Gli Stati Uniti, con 1,94 miliardi di euro (+10%), si confer-
mano il principale mercato, seguiti da Germania, Regno Unito e Canada. A trainare le vendite sono soprattutto gli spumanti, che rappresentano il 29% del valore totale esportato. L’Italia è prima al mondo per volumi esportati e seconda per valore, dietro solo alla Francia. Nel 2024, secondo le stime del Centro Studi Divulga, la produzione italiana di vino ha raggiunto i 44 milioni di ettolitri, segnando un +15% rispetto all’anno precedente, ma restando comunque al di sotto della media degli ultimi anni. Malgrado le difficoltà legate ai cambiamenti climatici, l’Italia ha riconquistato la leadership mondiale, superando la Francia. A livello globale, invece, il quadro è più critico: secondo l’OIV, la produzione mondiale è scesa ai livelli più bassi dal 1961, con un calo del 13%
rispetto alla media del decennio.
Il consumo pro capite di vino in Italia si attesta intorno ai 37 litri annui. Il settore, spiega Coldiretti, ha un impatto rilevante anche sul piano occupazionale, con 1,3 milioni di persone coinvolte direttamente e indirettamente nella filiera: dai campi alle cantine, fino alla distribuzione commerciale.
L’Italia vanta una biodiversità vitivinicola senza pari, con 635 varietà di uve iscritte al registro nazionale, il doppio rispetto alla Francia. Il 70% delle bottiglie italiane rientra nelle categorie Docg, Doc e Igt, con 529 vini a indicazione geografica riconosciuti, mentre il restante 30% è rappresentato dai vini da tavola.
Un patrimonio che va sostenuto anche attraverso la digitalizzazione delle nostre vigne sostenendo le tante imprese che hanno già avviato processi di digitalizzazione. Le nuove tecnologie permettono di ottimizzare l’uso delle risorse, come l’acqua, grazie a centraline meteo collegate a satelliti, e di migliorare l’efficienza delle operazioni grazie all’uso di attrezzature di precision farming. La biodiversità vince anche nel bicchiere con i vini autoctoni che continuano a far registrare i maggiori incrementi delle vendite in volume, confermando che i gusti degli italiani sono sempre più orientati verso le specialità
territoriali.
In vetta si piazza l’Inzolia siciliano, con una crescita del 12,9% mentre al secondo e terzo posto si collocano rispettivamente il Primitivo pugliese (+11,8%) che precede di poco il Vermentino (+11,7%), patrimonio di Sardegna, Toscana e Campania.
In quarta posizione la Ribolla friulana (+11,3%), e al quinto l’unico vitigno internazionale presente nella top ten, il Pinot nero (+9,8%), che precede Nebbiolo del Piemonte (8,9%), Cannonau sardo (8,6%) e Grillo siciliano (8,3%). Chiudono appaiati con +6,8% Falanghina campana e Lagrein trentino.
Ma ottimi segnali vengono anche dai vini biologici, con l’Italia che ospita oggi quasi un quarto dei vigneti bio globali, con 130mila ettari, quasi il doppio rispetto a dieci anni fa, secondo l’analisi Coldiretti su dati Sinab/Ifoam. Con una produzione annua di circa 3 milioni di ettolitri, il vino biologico italiano testimonia non solo l’impegno dei viticoltori verso pratiche sostenibili, ma anche la loro abilità imprenditoriale nel cogliere le nuove esigenze dei consumatori, sempre più orientati verso prodotti di qualità, rispettosi dell’ambiente e fortemente radicati nel territorio.
Con i rischi legati ai dazi e alle guerre commerciali, per un settore fortemente vocato, e dunque più esposto, alle esportazioni, nota Coldiretti Bio, l’associazione dei produttori biologici della Coldiretti, è importante lavorare per aumentare i consumi interni.
Fonte: Coldiretti
Parmigiano Reggiano: nel 2024 raggiunto il record dei 3,2 miliardi di euro al consumo. Crescono vendite totali (+9,2%), Italia (+5,2%) ed estero (+13,7). La produzione resta stabile (4 milioni di forme). La Dop è sempre più internazionale: la quota export rappresenta quasi la metà del totale (48,7%).
Giovedì 17 aprile, nel corso dell’annuale conferenza stampa a Palazzo Giureconsulti a Milano, il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha presentato i dati economici del 2024. A fronte di uno scenario di crisi geopolitica, di incertezza sui mercati internazionali e dei timori che prendesse piede un contesto mondiale di misure restrittive al libero commercio, nel complesso, il giro d’affari al consumo ha toccato il massimo storico di 3,2 miliardi di euro contro i 3,05 miliardi del 2023, con un aumento del 4,9%. Risultati positivi per le vendite totali a volume (+9,2%), sostenute da un andamento positivo delle vendite in Italia (+5,2%) e, soprattutto, dell’export (+13,7%).
In aumento anche le quotazioni all’origine: per il 12 mesi la media annuale si è attestata a 11,0 /kg, segnando un +9% rispetto ai 10,13 /kg del 2023; per il 24 mesi, l’aumento è stato del +5%, passando dagli 11,90 /kg dello scorso anno ai 12,5 /kg del 2024. La produzione è risultata stabile rispetto al 2023: 4,079 milioni di forme vs 4,014 milioni nel 2023 (+1,62%). Tra le provincie della zona di origine, prima per produzione è Parma (1.362.226 forme vs 1.350.415, +0,87%), seguita da Reggio Emilia (1.217.128 forme vs 1.217.380, -0,02%), Modena (877.874 forme vs 860.971, +1,96), Mantova (507.631 forme vs 476.361, +6,56) e Bologna (114.389 forme vs 109.173, +4,77%).
La quota Italia si attesta al 51,3% (osservatorio Sell-In Nielsen). Per quanto riguarda i canali distributivi, la Gdo rimane il primo (65%), seguita dall’industria (18%), che beneficia della crescente popolarità dei prodotti carat-
terizzati dalla presenza di Parmigiano Reggiano tra gli ingredienti. Il canale Horeca rimane fanalino di coda, e quindi con un enorme potenziale di sviluppo, attestandosi al 7% del totale. Il restante 10% è distribuito negli altri canali di vendita. Le vendite dirette dei caseifici (che si concentrano per oltre l’85% in Italia, pari a circa 9.000 tonnellate) rappresentano il 5,5% delle vendite totali e hanno registrato un forte aumento (+13,0%). Per il Consorzio, se c’è una certezza che il 2024 ha consolidato è che il futuro del Parmigiano Reggiano è sui mercati internazionali: la quota export rappresenta oggi
quasi la metà del totale, il 48,7% (pari a 72.440 t.), con una crescita del +13,7%. Risultati particolarmente positivi sui cinque mercati principali: USA (+13,4%), Francia (+9,1%), Germania (+13,3%), Regno Unito (+17,8%) e Canada (+24,5%). Note positive anche per il Giappone (+6,1%), primo mercato in Asia, e Australia (+28,2%).
Con 28,4 milioni di euro investiti per azioni di marketing e comunicazione, Parmigiano Reggiano ha confermato il percorso avviato da alcuni anni per diventare un vero brand iconico globale, pronto ad affrontare gli ostacoli posti da mercati estremamente vasti, ricchi di prodotti d’imitazione e caratterizzati da una marcata confusione al momento dell’acquisto. Il Consorzio sta lavorando assiduamente per valorizzare la distintività della Dop, fornendo al consumatore più informazioni sulle sue caratteristiche: la stagionatura, la provenienza, il processo produttivo e il gusto, tutti particolari che offrono l’opportunità di differenziarsi dai concorrenti.
“Il 2024 è stato un anno di grandi sfide per il Parmigiano Reggiano, ma si è concluso con risultati record: giro d’affari al consumo che ha toccato il massimo storico di 3,2 miliardi di euro, vendite totali a volume al +9,2%, vendite in Italia al +5,2% e, soprattutto, export al +13,7%”, ha dichiarato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio. “Nel prossimo futuro, dovremo sempre più investire sulla crescita nei mercati esteri, che rappresentano il futuro della nostra Dop, con una quota export che ha raggiunto quasi la metà del totale, il 48,7%. È
obbligatorio creare nuovi spazi nei mercati internazionali e sarà necessario guidare le precondizioni affinché ciò si possa avverare. È evidente come in questo scenario, gli USA, ovvero il nostro primo mercato estero, svolgano un ruolo fondamentale. L’aumento dei dazi sul Parmigiano Reggiano è una notizia che di certo non ci ha rallegrato, ma il nostro è un prodotto premium e l’aumento del prezzo non porta automaticamente a una riduzione dei consumi. Lavoreremo per cercare con la via negoziale di fare capire per quale motivo non ha senso applicare dazi a un prodotto come il nostro che non è in reale concorrenza con i parmesan americani. Con gli USA occorre intavolare un ragionamento sul fatto che non si hanno vantaggi nell’intraprendere una guerra commerciale, né da un lato né dall’altro. Questo dialogo non va condotto bilateralmente dai singoli Paesi, ma dall’Unione Europea. Stiamo attraversando un momento di grande cambiamento, caratterizzato da uno scenario di incertezze legato ai conflitti in essere, da nuovi limiti imposti al libero commercio e da una nuova sensibilità del consumatore che cerca in ciò che mangia quei valori che il nostro prodotto incarna e che deve fare emergere per diventare sempre più una marca globale: non un semplice formaggio, ma uno stile di vita, un’icona del saper fare italiano. Il Consorzio sarà in grado di far fronte alle sfide future”.
Indagine Ipsos: tra le 5 eccellenze agroalimentari del Paese, il 27% degli italiani cita un prodotto della Parma Food Valley. Il fatturato della Parma Food Valley è di oltre 11 miliardi di euro, di cui 5 derivanti dall’export, dove gli Stati Uniti sono il paese con la maggior crescita nell’ultimo anno (+21,7%).
Tra i 5 prodotti gastronomici che meglio rappresentano il nostro Paese nel mondo, il 27% degli italiani cita spontaneamente una filiera della Parma Food Valley, all’interno di un territorio conosciuto dal 43% degli intervistati. E in generale, più del 50% riconosce il valore di eccellenza dei prodotti della Parma Food Valley. Sono alcuni degli spunti emersi da una ricerca Ipsos su Parma Food Valley, il territorio rappresentato da Fondazione Parma Creative City of Gastronomy Unesco che racchiude 6 tra le più importanti filiere dell’agroalimentare italiano: Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma, pasta (Barilla), pomodoro (Mutti e Rodolfi), latte (Parmalat) e le alici (Delicius, Rizzoli e Zarotti). La Fondazione è stata costituita nel 2017, a seguito della nomina di Parma a Città Creativa Unesco per la Gastronomia, avvenuta nel dicembre 2015. E oltre alle filiere, è affiancata dai partner istituzionali come il Comune di Parma, la Camera di Commercio dell’Emilia, l'Unione Parmense degli Industriali, l'Università di Parma e Fiere di Parma, con il coordinamento di Parma Alimentare.
L’ente di ricerca ha condotto uno studio sulla conoscenza e l’apprezzamento del marchio Parma Food Valley in Italia. Sono state 1.246 le interviste realizzate su una popolazione dai 18 ai 74 anni ben suddivisa per occupazione (il 58% lavora) e stato di famiglia (il 55% si dichiara convivente, il restante 45% o vive da solo o con famigliari/amici), mentre per quanto riguarda il tasso
di istruzione il 22% ha raggiunto la laurea. In chiusura, il 48% degli intervistati è stato intercettato nel Nord, il 18 al Centro e il restante 34% tra Sud e isole.
La ricerca è stata effettuata su un’area di grande rilievo dal punto di vista economico. Nel 2023 (ultimo dato complessivo disponibile) le 6 filiere hanno sommato un fatturato al consumo di oltre 11 miliardi di euro. Le due Dop - 3,05 miliardi per il Parmigiano Reggiano; 1,7 per il Prosciutto di Parma - e Barilla (4,9) rappresentano la fetta maggiore, seguiti dal pomodoro (quasi 800 milioni di euro), latte (720) e le alici (135 milioni) in un settore di cui Parma è leader e che attraverso le tre aziende rappresenta più del 70% delle acciughe consumate in Italia. Un territorio, quello della Parma Food Valley, che fa dell’export un fiore all’occhiello: sul fatturato complessivo, circa 5 miliardi (il 44%) derivano dalle esportazioni.
Secondo i dati pubblicati da UPI (Unione Parmense degli Industriali), basati sui report Istat dei valori alla produzione, quello ducale rappresenta il 5% dell’intero export alimentare italiano, cifra che sale al 32% se riparametrata sull’Emilia-Romagna. E in una situazione geopolitica minacciata dai dazi, è possibile analizzare anche i Paesi più importanti. Se Francia e Germania sono ai primi due posti, nell’ultimo anno sono stati proprio gli Stati Uniti a registrare la maggior crescita sull’export con un +21,7% rispetto al 2023, seguiti dal Canada (+21,1%), Spagna (+19,1%) e Regno Unito (+15%). Più in generale, dal 2015 l’export della Parma Food Valley è sempre cresciuto, arrivando in 10 anni a sfiorare il +100%. Mentre per quanto riguarda le importazioni, gli USA non compaiono nei primi 20 posti di una classifica guidata dalla Spagna. Infine dal punto di vista occupazionale l’agroalimentare parmense può vantare 1.052 aziende sfiorando i 15.000 addetti.
All’interno dello studio, Ipsos ha intervistato anche gli chef di 13 ristoranti stellati (suddivisi tra Nord, Centro e Sud) come punto di riferimento del ‘fine dining’ per la parte qualitativa della ricerca. Giuseppe Causarano, una stella con il ‘Votavota’ di Ragusa, e Davide Oldani (2 Stelle al D’O di Cornaredo) hanno enfatizzato: «Solo in Italia ci poteva essere una Food Valley di questo tipo, dal prodotto fresco alla produzione industriale di grande qualità. Siamo un grande popolo che lavora per
la valorizzazione della qualità dei nostri prodotti in Italia e nel mondo». Una conferma arrivata anche dagli oltre 1.200 intervistati: negli aspetti più rilevanti a guidare gli acquisti, il 63% mette al primo posto la qualità e il 52% il gusto. Ma nella ricerca emergono anche punti di miglioramento. E tra questi c’è il focus principale di Fondazione Parma Creative City of Gastronomy Unesco, ovvero promuovere la conoscenza di Parma Food Valley. Pur avendo prodotti unici in tutto il mondo, più della metà degli intervistati non conosceva il brand. Un potenziale inespresso ribadito anche dallo chef Luca Marchini (1 Stella con l’Erba del Re a Modena): “Parma Food Valley ha posto le basi per una riconoscibilità della zona, ma spesso in Italia la conoscenza è superficiale”. Massimo Spigaroli, presidente Fondazione Parma Creative City of Gastronomy Unesco: “La ricerca Ipsos offre degli spunti interessanti per valorizzare ancora di più Parma Food Valley. In un momento simile, caratterizzato anche a livello internazionale da una conflittualità politica ed economica, è ancora più importante sottolineare l’importanza di un ente che invece è stata capace di fare sistema. Attraverso questa occasione lavoreremo ancora di più per far conoscere l’eccellenza dei nostri prodotti, in una valorizzazione in grado di far crescere consorzi, aziende e territorio”.
Il preaffettato segna un valore record: superato per la prima volta il 50% della produzione annua. Dei 73.550 culatelli sigillati ne sono stati destinati 38.004 (51,6%) per 1,07 milioni di vaschette. Il fatturato al consumo si attesta a quota 18,5 milioni di euro, con una quota export del 25%.
Il valore del preaffettato del Culatello di Zibello Dop supera per la prima volta la soglia del 50% dell’intera produzione annua. È quanto ha ribadito il Consorzio di Tutela del ‘Re dei salumi’, nel comunicare i dati economici relativi al 2024 che si chiude con un fatturato al consumo di 18,5 milioni di euro. Un valore storico, quello legato alle vaschette, mai raggiunto nei 15 anni dalla fondazione del Consorzio: nel 2024, su 73.550 culatelli sigillati, ben 38.004 sono stati destinati al preaffettato, toccando così il 51,6% del totale. E guardando ai dati storici, a volume, solo nell’anno record del 2022 (con 102.591 culatelli marchiati quando la produzione ripartì completamente post Covid) ne erano stati destinati di più, con 40.171. Complessivamente, su un fatturato al consumo di 18,5 milioni di euro, 10,2 arrivano proprio dal preaffettato (nel 2019 erano 7,3) con 1,07 milioni di
vaschette immesse sul mercato. La crescita assume ancor più importanza in un anno dove il reperimento di materia prima per il prodotto certificato è stata quantomai difficoltosa. Rispetto al 2023, il calo nelle marchiature è del 9,5%, con 294 chilogrammi destinati rispetto ai 325mila dell’anno precedente. Una contrazione che risente soprattutto dell’aumento dei costi: “Nel 2020, il prezzo medio della coscia di suino con osso era di 3,73 euro al chilo; attualmente, dato 2024, siamo arrivati a 6,08: quasi il doppio”, ribadisce Romeo Gualerzi, presidente del Consorzio di Tutela del Culatello di Zibello Dop. “Sono quotazioni stratosferiche che si traducono in un inevitabile riduzione dei consumi dovuta a un minor potere di acquisto. Inoltre come Consorzio abbiamo applicato regole ancora più stringenti sul disciplinare, con controlli moderni in grado di garantire maggiori garanzie; applicazioni che in parte riducono la disponibilità di cosce sul mercato”. In ogni caso, secondo Gualerzi, “siamo ben oltre la media storica di 60mila culatelli marchiati: il 2022 ha rappresentato una eccezione, visto che dopo lo stop dovuto dal Covid avevamo esaurito le scorte, e da quest’anno puntiamo a raggiungere gli 80mila. Ma la cosa più importante sarà stabilizzare il mercato. Oltre a intensificare sempre di più l’attività promozionale in Canada, Cina, Giappone e Usa dove il consumo di suini è molto elevato”.
Il Consorzio racchiude tutte e 21 le aziende produttrici della Dop per un comparto da oltre 250 addetti e un fatturato alla produzione di 11,5 milioni di euro. Nei dati economici 2024 inoltre la quota export si attesta su un 25%.
Fonte: Mind The Pop
Il fatturato sale a 89 milioni di euro con un +16% negli ultimi 5 anni. A contribuire è la crescita dell’export, raddoppiato rispetto al 2023 (5% totale), e le ottime performance del preaffettato con 573mila chili destinati. Boschi, presidente del Consorzio di Tutela: “Siamo soddisfatti, ma l’aumento della materia prima preoccupa anche per il 2025”.
Un fatturato al consumo arrivato a 89 milioni di euro, con una crescita del 16% negli ultimi 5 anni, e una quota export raddoppiata rispetto al 2023. Sono alcuni dei principali dati economici relativi al 2024 comunicati dal Consorzio di Tutela del Salame Felino Igp, l’associazione che racchiude 13 aziende produttrici del celebre salume della Parma Food Valley a raggruppare circa 500 addetti tra lavoratori diretti e legati all’indotto.
Nel 2024 i valori produttivi del Salame Felino Igp sono rimasti in linea con l’anno precedente: a fronte di 5,3 milioni di chilogrammi di carne lavorata, 3,5 sono stati destinati al prodotto certificato, numeri che hanno portato il valore alla produzione a 46 milioni di euro. Mentre andando a ritroso, il Consorzio negli ultimi 5 anni, ovvero dal 2019 al 2024, ha visto aumentare il proprio fatturato del 16%, passando da 75 agli attuali 89 milioni di euro. Merito anche dell’ottima tenuta del preaffettato, che dai 526mila chilogrammi destinati del 2019 è arrivato ora a quota 573mila chili.
aiuterà il mercato. In ogni caso siamo soddisfatti per la crescita dell’export e per la tenuta del preaffettato, che ci permettono di far conoscere e apprezzare ancora di più questo fantastico prodotto”.
Infine per quanto riguarda l’export, il Consorzio del Salame Felino Igp è passato dal 2,5% del 2023 all’attuale 5%. All’interno dell’Unione Europea, Germania e Francia rimangono i mercati di riferimento mentre continua la crescita della Svizzera in una quota esportazioni che rimane prevalentemente legata al vecchio continente. Umberto Boschi, presidente del Consorzio di Tutela del Salame Felino Igp: “Il 2024 è stato un anno tutto sommato positivo, considerando un mercato schizofrenico per quanto riguarda il costo della materia prima, che ha purtroppo confermato i picchi del 2023. E il trend non è destinato a migliorare, considerando che nel periodo di alta richiesta, ovvero dopo l’estate, sappiamo già di dover fronteggiare un calo dei suini disponibili che non
Inoltre il Consorzio a inizio anno ha aggiornato il proprio disciplinare, già approvato dal Ministero e pubblicato in Gazzetta Ufficiale. La modifica principale riguarda il preso dei suini: non è più previsto il peso medio vivo –che era di 160 chilogrammi con 10% in più o in meno di tolleranza – quanto invece quello della singola carcassa, ora compreso tra 110,1 e 190 chili, rilevato al momento della macellazione.
Fonte: Mind The Pop
Un successo riconosciuto anche a livello nazionale: lo scorso anno, Sitàri è entrata nella classifica delle 100 migliori pizzerie italiane di 50 Top Pizza, posizionandosi al 99° posto. Un traguardo che conferma l'impegno della famiglia Sorce nella valorizzazione della vera pizza italiana, facendone un'eccellenza apprezzata non solo in Sicilia, ma in tutto il Paese.
Dopo soli nove mesi dall'apertura, Fortuna Singapore conquista un prestigioso riconoscimento nel mondo della pizza: il ristorante si piazza al 28° posto nella "50
Top Pizza Asia – Pacific 2025", la classifica delle 50 migliori pizzerie dell'area Asia-Pacifico per il 2025. Oltre al posizionamento nella classifica, Fortuna si è aggiudicato anche il titolo di "Best Fried Food 2025 – Il Fritturista", premio che celebra l'eccellenza nella tradizione del fritto italiano.
L'annuncio è stato dato durante la cerimonia di premiazione della 50 Top Pizza Asia – Pacific 2025, che si è
svolta all'Istituto Italiano di Cultura a Tokyo. In questo contesto di eccellenza, il riconoscimento ottenuto da Fortuna Singapore conferma la sua rapida ascesa tra i migliori locali italiani della regione.
Le radici di Fortuna ad Agrigento: tutto nasce da Sitàri, tra le migliori pizzerie d'Italia
Alla base del successo di Fortuna Singapore c'è la storia e il know-how della pizzeria Sitàri, fondata nel cuore di Agrigento dalla famiglia Sorce. Con il tempo, Sitàri è diventata un punto di riferimento per gli amanti della pizza di qualità in Sicilia, grazie a un impasto studiato nei minimi dettagli e a una selezione rigorosa delle migliori materie prime italiane.
Un successo riconosciuto anche a livello nazionale: lo scorso anno, Sitàri è entrata nella classifica delle 100 migliori pizzerie italiane di 50 Top Pizza, posizionandosi al 99° posto. Un traguardo che conferma l'impegno della famiglia Sorce nella valorizzazione della vera pizza italiana, facendone un'eccellenza apprezzata non solo in Sicilia, ma in tutto il Paese.
Da questo solido punto di partenza, Giorgio Sorce e il suo team hanno deciso di portare l'anima di Sitàri nel dinamico panorama gastronomico di Singapore, una città in forte crescita come meta della ristorazione internazionale. Così è nato Fortuna Singapore, un locale che, in meno di un anno, ha saputo affermarsi tra le migliori pizzerie d'Asia, con un'identità ben definita e una proposta gastronomica che celebra il perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione. Alla guida della cucina c'è Omar Tutino, chef talentuoso che ha portato a Singapore la sua esperienza e la sua capacità di valorizzare le materie prime italiane con un approccio creativo e contemporaneo.
Una ricerca dell’Istituto per la bioeconomia del Cnr ha dimostrato che l’utilizzo della cavitazione idrodinamica per la produzione di mosto di birra elimina definitivamente la necessità della bollitura, consentendo notevoli risparmi in termini di energia e di tempo. Lo studio apre la strada a possibili applicazioni industriali.
Uno studio condotto dall’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze (Cnr-Ibe) ha portato alla produzione di mosto di birra pronto per la fermentazione senza passare per la fase di bollitura, conservando dello stesso tutte le caratteristiche chimiche e organolettiche. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Beverages.
"La cavitazione idrodinamica permette di scaldare il mosto a 94°C, diversamente da quanto avviene con le produzioni tradizionali, che prevedono una bollitura a 100°C per 90 minuti. Questo garantisce un abbattimento dei tempi e del consumo di energia di oltre l’80%.
Oltre a ciò, la cavitazione elimina il precursore del dimetilsolfuro, un composto che restituisce odori e sapori sgradevoli alla bevanda, con una velocità tre volte maggiore rispetto a quanto ci saremmo inizialmente aspettati. Attraverso questo metodo, il dimetilsolfuro viene immediatamente espulso dal mosto della birra e alla fine del processo l’amaro di luppoli si trasferisce al mosto,
modificandone il colore. Soltanto attraverso la cavitazione idrodinamica, che concentra un grande quantitativo di energia, è stato possibile ottenere questi risultati”, sottolinea Francesco Meneguzzo, primo ricercatore del Cnr-Ibe e coordinatore dello studio.
L’utilizzo di questo procedimento, vista la possibile applicazione su scala industriale, delinea un modo nuovo di produrre la birra, economicamente e ambientalmente più sostenibile. Le risultanze di questo studio dimostrano le potenzialità di un brevetto che il Cnr ha depositato nel 2016 e che ha continuato a sviluppare nel tempo. “Fin dall’inizio, 10 anni fa, abbiamo sostenuto con convinzione lo sviluppo delle ricerche relative a questo brevetto e i risultati raggiunti ci danno ragione. La possibilità di utilizzare soltanto energia elettrica, potenzialmente generata da fonti rinnovabili, rappresenta una svolta e un impulso concreto alla decarbonizzazione di uno tra i settori alimentari più energivori”, sostiene Maria Carmela Basile, responsabile dell’Unità valorizzazione della ricerca del Cnr, la struttura che gestisce e tutela la proprietà intellettuale dell’Ente. Lo studio è stato finanziato da Cavitek S.r.l., l’azienda che ha acquisito il brevetto Cnr.
Fonte: Cnr
Sviluppo per il gruppo attivo nel settore di pizze, pinse e affini per la Gdo italiana e internazionale: RONCALab si dedicherà alla creazione di nuove proposte gourmet, ricercate e contemporanee. Oggi è presente a Sommacampagna (VR) e con un secondo stabilimento in fase di avvio a Lomagna (LC).
Il gruppo Roncadin, importante realtà della produzione alimentare per la Gdo italiana e internazionale (la capofila Roncadin SpA SB di Meduno, Pordenone, è specialista delle pizze surgelate di alta qualità), continua a puntare su crescita e innovazione con un nuovo importante sviluppo. La società Zero Srl, appartenente al gruppo dal 2022 e specializzata negli impasti freschi da banco frigo, cambia ufficialmente denominazione in RONCALab per esprimere al meglio la sua identità di Innovation Bakery Art. “Un’evoluzione”, spiega Dario Roncadin, “che esprime al meglio l’identità che vogliamo dare a questa realtà: un laboratorio di creatività, un luogo in cui la tradizione si incontra con la sperimentazione e la creatività, per dare vita a nuove esperienze di gusto. L’impegno verso la qualità e la passione che mettiamo nel nostro lavoro rimangono gli stessi, ma la volontà era di evidenziare anche nella ragione sociale l’elemento di
ricerca e sviluppo, “Lab”. Allo stesso tempo, volevamo esplicitare una radice che rendesse immediatamente riconoscibile il legame con il gruppo Roncadin”. Il sito brianzolo di 2.700mq è stato oggetto un investimento di 5 milioni di euro per implementare il modello produttivo di Roncadin. Permetterà di ampliare la capacità produttiva per quanto riguarda le pinse fresche e verrà introdotta la produzione di pizze surgelate. Nel corso del 2025, RONCALab prevede di superare i 10 milioni di euro di fatturato, con un piano di crescita ambizioso che punta a oltrepassare i 40 milioni nei prossimi quattro anni, grazie a un’offerta sempre più ricca, innovativa e orientata ai mercati in espansione. Sotto il gruppo RoncaLab saranno in previsione altre acquisizioni sempre di piccoli medi laboratori.
“Questa operazione”, conclude Dario Roncadin, “permetterà al nostro gruppo di crescere ulteriormente in un mercato che è sempre più orientato a prodotti di qualità, prodotti ricercati che seguono la cultura della pizza di pizzeria. Il nostro obiettivo è di servire al meglio i nostri clienti, in netta prevalenza i nomi della MDD (marca del distributore) italiana e mondiale, con prodotti ad alto contenuto di innovazione e creatività”.
Fonte: Eo Ipso
Falegnameria Dori www.lineadori.com
IIIa di Cop.
Levante Prof www.levanteprofbari.it Pag. 6 e IVa di Cop.
Mondo Alimenti www.mondoalimentl.it Ia Romana
New Day www.newdayurl.it Pag. 10 e 11
Pavesi Forni Professionali www.pavesiforni.it IIa di Cop. PuntoIT Editrade www.portalegelato.it Pag. 12 e 13
Sacar Forni www.sacarforni.net Pag. 4
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