Scherzi

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PROGETTO EDITORIALE:

Marco Mauro PROGETTO GRAFICO:

Josephine Mauro EDITING TESTI:

Giupps REDAZIONE:

Elisabeth Filippo Luca H Alessio Massimiliano Daniele Giuseppe Lorenzo Alessio Federica



sommario EDITORIALE: 07

SCHERZI E POLITICA

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RECENSIONI: 08

NI NO KUNI: LA MINACCIA DELLA STREGA CINEREA (ESCLUSIVA PS3)

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RIDERE: DIFFICILE A FARSI, DIFFICILE A PARLARNE. SCHERZI:

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SINTOMATOLOGIA DELLO SCHERZO E CATTIVERIA AFFINE.

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YOUTUBE: UNA FINESTRA SUL MONDO

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RUBRICHE : 20

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CHE ALMENO IL ROCK RESTI UNA COSA SERIA. CHE ALMENO IL ROCK NON DIVENTI UNO SCHERZO.

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sommario 22

MODA UOMO: VIAGGIO AL CENTRO DELLA FOLLIA STILISTICA.

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PUNCHLINES: RIME DA BATTAGLIA

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INTERVISTA A L LAWLIET

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ALTRI ARTICOLO : 31

PEDAGOGIA: UNO SPUNTO PER RIFLETTERE FEDERICA POLITICA:

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MOVIMENTO 5 STELLE: DEMOCRAZIA O AUTOCRAZIA?

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HABEMUS PRESIDENTEM: NAPOLITANO RIELETTO AL QUIRINALE. NIHIL

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HUMOR: 38

COLLABORAZIONE CON KAMOSCANS

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VIGNETTE MEME

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editoriale

SCHERZI E POLITICA

Cari lettori, questo numero è dedicato agli scherzi. Ma dato che il mese che sta per terminare è stato ricco di avvenimenti politici, molti articoli verteranno su quell’argomento. Sono due argomenti che purtroppo a volte si mescolano, basta pensare alle elezioni del Presidente della Repubblica. Che il Parlamento italiano sia, per alcuni dei suoi componenti, un modo diverso di passare il tempo guadagnando soldi, è sotto gli occhi di tutti, da anni. Ma arrivare a cotanta volgarità e così tanta spudoratezza sembra eccessivo. Le votazioni hanno annoverato nella loro registrazione alcuni volti illustri, come quello di Roberto Mancini, Rocco Siffredi, Raffaello Mascetti, alias “supercazzola”, Valeria Marini, o Fiorello. Ora a prescindere dai requisiti per essere eletti come PdR, elencati nella Costituzione all’articolo 84, sarebbe interessante capire cosa spinge un politico, che dovrebbe rappresentarci, a votare in maniera così indegna rispetto al ruolo che ricopre; ruolo che hanno coperto i vari Berlinguer, Moro, Almirante, Togliatti, Gramsci, De Gasperi e Fanfani. Mai questi, seppur con idee diverse tra loro, si sarebbero presi gioco del Parlamento e mai avrebbero schernito gli italiani in questo modo.

LA POLITICA DEVE TORNARE AD ESSERE SERVIZIO, AD ESSERE UNA COSA SERIA, FATTA DA PERSONE PREPARATE, SERIE E COERENTI!

Non deve essere uno scherzo, né uno scherno a tutti gli italiani.


Autore: Leonida989 Lorenzo , nato nel maggio dell’89. Uomo ramingo che vaga alla ricerca di qualcosa, precario cronico che vive alla giornata come il passero che non sa di cantare e il bambino che non sa di giocare. Spartano e amante della semplicità del vivere ha la pecca dell’essere nato nerd poi riconvertito alla “normalità”.

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Introduzione “A volte ritornano”. Esatto, nostalgici dei gdr japp, è finalmente tornato un vero gdr riflessivo in stile final fantasy, ma non una comune ispirazione, bensì una evoluzione di un genere ormai bistrattato e violato nelle sue meccaniche consolidate in moltissimi anni di storie avvincenti e personaggi indimenticabili. Ni no kuni, come vedrete, ha decisamente imposto nuovi standard per un gdr japp che si rispetti. Si vede che c’è lo zampino dello studio Ghibli. Trama 9,3 e gameplay 9,5 final fantasy? Square? Bah ora ci sono i level 5 Va da subito detto che la trama non è infantile pur avendo delle situazioni, a un primo sguardo, puerili. Il protagonista è Oliver, un bambino appassionato di motori che vive nella ridente cittadina di Motorville. Tutto tranquillo nella sua vita, ma un giorno qualcosa rompe la tranquillità di Oliver, la sua adorata mamma per salvare lui la vita, durante un incidente con una macchina che Olly ha costruito con un suo amico, si tuffa in acque gelide e dopo pochi giorni, muore. Olly resta solo, triste e sconsolato per giorni in casa sua; piangendo la morte della sua adorata madre… ma a un tratto qualcosa rompe la tristezza: un pupazzo di pezza che proprio la mamma regalò ad Olly prende vita, il suo nome è Lucciconio ed è il re delle fate del mondo parallelo “Ni no kuni”, sul quale vivono le anime affini del mondo di Olly, compresa quella della sua mamma, con la possibilità di riportare quest’ultima in vita appunto grazie alla corrispettiva anima. Olly decide quindi di intraprendere un viaggio insieme a Lucciconio per salvare la madre e il mondo di Lucciconio dalle grinfie di Shadar, un cattivo profondo, ponderato, astuto, oscuro e misterioso che non mancherà di intralciare Oliver e Lucciconio. Da qui la trama si intreccerà gradualmente fino a raggiungere una moltitudine di colpi di scena coronati da forti emozioni che lasceranno il giocatore immerso in un mondo fatato, a volte fanciullesco ma con situazioni mature e un Oliver estremamente carismatico e dinamico che affronta uno Shadar che dimostra di essere un nemico temibilissimo e anch’esso psicologicamente mutevole durante tutto il corso della storia. Temi profondi e personaggi memorabili quindi, mascherati da uno stile narrativo fiabesco e innocente, anche in situazioni crude come la morte. Il gameplay raggiunge un livello che dovrebbe essere assunto come standard per un gdr japp che si rispetti. Profondo, divertente, ragionato, tattico, ricorda vagamente la battaglia a turni dei

vecchi final fantasy (fino al X) condita da sistemi visti in Pokemon. Infatti si può godere del classico sistema di crescita a exp ottenuti dopo ogni battaglia ed equipaggiamenti da assegnare ai vari pg che si otterranno durante il proseguo del viaggio, con nemici inizialmente difficili, poi meno forti se si inizia a fare grinding e farming, caratteristiche tipiche e che non dovrebbero mai mancare in un gioco come Ni No Kuni. Lodevole l’idea di inserire un sistema di cattura e utilizzo dei mostri presenti (e visibili, quindi evitabili) in battaglia, i famigli. Infatti come in Pokemon anche qui durante il viaggio si incapperà in creature (assolutamente non mostruose) spesso bizzarre e simpatiche che sprigioneranno a volte una forza assolutamente inaspettata, a giudicare dall’aspetto, che li renderà brama del giocatore, disposto a battere per ore la zona pur di poter catturare il famiglio desiderato in quanto la cattura appunto si basa sulla casualità: combattendo con il famiglio lui potrebbe innamorarsi (non è un eufemismo, proprio si vedranno i cuoricini sopra di lui) e lasciarsi catturare. La complessità del sistema famigli non si ferma solo alla loro cattura: si evolvono,hanno affinità con un pg piuttosto che con un altro e come i Pokemon dei tipi (fuoco ecc.), crescono in exp come i pg principali e imparano con il salire di livello nuove tecniche sempre più potenti o inutili, crescono anche grazie a cibi particolari da somministrargli manualmente (come in Pokemon si davano proteine ecc qui si danno le prelibatezze).Infine ogni pg può portare con sé 3 famigli e si ha la possibilità di portarne altri 3 liberi come riserva, per un totale, a gioco avanzato, di ben 9 famigli da poter schierare in battaglia. La vastità del gameplay non si ferma ancora, in quanto è stata introdotta l’alchimia, elemento che permetterà di passare ore a cercare ingredienti e a parlare con i personaggi secondari per farsi lasciare le ricette alchemiche. Si potrà quindi creare con le giuste ricette qualsiasi cosa, dalla prelibatezza per il famiglio all’equipe potenziato con caratteristiche elementari e/o stats surplus. Infine l’importanza della lettura in gioco dell’Abbecedabra, un grosso e dinamico libro che contiene racconti, bestiario, ricette e tanto altro; occupa un ruolo molto importante nel gioco e porta spesso il giocatore a fermarsi per leggere o consultare una delle tanti parti che compongono il manuale. Pecca abbastanza vistosa ma trascurabile nel complesso sistema di gameplay la si trova nell’IA e nel sistema di gestione degli alleati in generale: si può controllare solo un personaggio in squadra alla volta e quindi solo un famiglio (che se chiamato in causa sostituisce il suo “padrone”) dovendo per forza impartire comandi generici e poco

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variegati ai due alleati, che non mancheranno di morire in modo assolutamente insensato, di usare abilità inutili contro il tipo di nemico, di usare in modo scellerato i loro punti magia, di curarci quando non serve e di mandare in campo famigli che in relazione al nemico hanno un tipo debole o abilità inappropriate ad affrontarlo. Il giocatore si ritroverà spesso a vedere intaccata la propria strategia per colpa di questi problemi e a recitare mantra di imprecazioni quando si arriva al game over a causa degli errori appunto dell’IA . Altro piccolo difetto lo si può riscontrare nella difficoltà, se si cade nel farming selvaggio si rischia di arrivare a livelli eccessivi dei pg e dei famigli (overleveled) e quindi di sconfiggere chiunque con pochissimi colpi. Tornano anche i salvataggi manuali, piccola chicca old school, che spesso renderà la vita più difficile al gamer, ormai troppo abituato all’autosalvataggio tanto user friendly quanto eccessivamente semplificativo, per qualcuno potrebbe essere un difetto, per altri no, ai posteri l’ardua sentenza. Multiplayer N/D un j gdr con l’online ? Meglio di no… Oltre ai trofei, niente online… e non se ne sente assolutamente la mancanza una volta immersi nel mondo di Ni No Kuni. Grafica 8,5 e sonoro 9,5 cell shading artistico e colonna sonora… magica.

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Stile grafico, quello di Ni No Kuni, assolutamente pregevole. La trama fiabesca e dall’aspetto innocente ha appropriatamente portato i level 5 e lo studio ghibli a optare per il “cartoon oso” cell shading. Non bisogna farsi ingannare dalla semplicità del motore perché le sapienti mani degli sviluppatori hanno donato un tocco d’arte alle ambientazioni del mondo di Ni No Kuni, paesaggi emozionanti ed appropriati al contesto in cui li si visita per la prima volta. Alternanza tra giorno e notte, mari,fiumi, monti innevati, colline, praterie, rigogliose foreste,grotte, templi, precipitazioni, vulcani e lava… c’è di tutto ed esplorare liberamente a piedi o volando (si esatto, si potrà volare arrivati circa a metà dell’avventura) questo meraviglioso mondo è un esperienza che da molto tempo i fan dei jgdr aspettavano. I personaggi, sia principali che non, non sono mai banali e in base al clima possono anche cambiare vestiario; essendo uno stile grafico “anime” l’espressività non affidata al motion capture è comunque azzeccata e del tutto appropriata allo scopo che va a ricoprire. Molto curati gli effetti luce e atmosferici.

La colonna sonora è stata composta da Joe Hisaishi, famoso per aver composto per Takeshi Kitano e molte opere dello Studio Ghibli, ed eseguita dalla Tokyo Philharmonic Orchestra, fatta eccezione per il tema finale “Kokoro no Kakera ~ Fragments of Hearts” cantato da Mai. Una colonna sonora eccellente, che immerge profondamente il giocatore nella trama e in ogni azione che il gioco gli fa compiere; emozionante, mai ripetitiva o noiosa, una vera perla. I doppiaggi sono sporadici e presenti sia in inglese che giapponese sottotitolati in italiano, con una parentesi da aprire: Lucciconio è tradotto in dialetto romanaccio, in quanto il doppiaggio originale in giapponese è in dialetto, come quello inglese; una ventata di novità che non si vedeva da anni la traduzione in dialetto. Va oltretutto menzionata la monumentale traduzione di ogni singola parola di ogni racconto, fiaba e parte scritta e parlata del gioco, che anche se non sonora ma scritta è davvero ben riuscita e di difficile realizzazione. Un plauso doveroso quindi al team Italiano che ha tradotto Ni No Kuni. Longevità 9 e innovazione 8,5 grinding e farming? A voi la scelta La longevità è direttamente proporzionale al tipo di giocatore che impugna il pad. Un appassionato di jgdr non avrà difficoltà a superare le 60 ore per essersi fermato a livellare (attenzione a non andare in overleveled) e esplorare il vastissimo mondo di Ni No Kuni. Un giocatore che vuole godersi la trama e finire rapidamente il gioco dovrà comunque fare i conti con un po’ di sano farming e grinding e arrivare (finendo qualche volta in game over) a 35-40 ore di gioco. L’innovazione è il fatto stesso di tornare a meccaniche rodatissime e amatissime di anni e anni fa, eliminate dalla concorrenza per non si sa quale motivo viste le vendite e le lamentele dei consumatori. Un battle system quasi a turni, sistema di famigli, esplorazione e libertà totali sono solo alcune delle tantissime chicche prese dal passato e riadattate all’attualità; milioni di persone aspettavano il ritorno di queste meccaniche. Come rendere innovazione qualcosa di già visto, è una prerogativa che ormai i level 5 hanno dimostrato di avere in gran quantità. Conclusioni voto finale 9,6 Un jgdr con una trama eccellente, personaggi memorabili con uno dei migliori cattivi mai visti, gameplay vasto e ricco di elementi che a gran voce si chiedono da anni, colonne sonore, grafica


artisticamente di altissimo livello, emozioni forti e una traduzione eccellente… ecc ecc ecc. Lo zampino dello studio Ghibli e il lavoro dei Level 5 hanno di certo regalato a questa generazione video ludica ormai agli sgoccioli un jgdr che sicuramente entrerà nell’olimpo di questo abbandonato e “violentato” (ogni riferimento alla square enix è puramente casuale) che però ha ancora molto da dire tutt’oggi.

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RIDERE: DIFFICILE A FARSI, DIFFICILE A PARLARNE.

Autore: Max Max alias Massimiliano: C’è perché c’è, fa quel che fa, è quel che fa. Talvolta riesce ad essere ciò che vuole. Talvolta è quel che è: Max, ma per pochi. Instabile, maneggiare con cura. Tenere fuori dalla portata dei bambini. Il prodotto è composto da parti tossiche pericolose. Evitare il contatto con occhi e mucose, qualora questo dovesse avvenire contattare un medico. Non è un prodotto medicinale.

http://sottounosguardo.tumblr.com

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Spesso si sostiene che ridere è la voce dell’anima. Si può condividere questa tesi, nell’accezione in cui, però, il riso assuma una valenza più elevata della comune superficialità, ahi noi, diffusa. Se al ridere si conferisce una valenza dissacratoria dello status quo, momento di esacrazione dei stati oppressivi o incapacitanti, oppure, molto semplicemente, si identifica il riso con l’opportunità di reagire ad una particolare situazione, alleggerendola e osservandola in prospettiva, allora questo motto comune può essere assunto come veritiero. E, se ci pensiamo bene, il riso sovverte tutto. Non parlo solo di ridurre la pomposità a inadeguatezza comica, non mi riferisco solo ad altisonanti valori social culturali, il riso sovverte anche i canoni della bellezza. Si prenda una statua greca, come canone di esteticità magnifica e statica. Qualcuno ha mai visto una statua greca scolpita nell’atto del ridere? Naturalmente no. Sono ritratte solo in momenti di sforzo agonistico, concentrazione o pace serafica. Il motivo è più che semplice: quei momenti inducono alla compostezza apollinea dei tratti. Ma l’arte classica non ha disdegnato raffigurazioni comiche, e, per loro, al contempo grottesche. I satiri, ad esempio, spesso sono raffigurati, al pari dei dionisiaci baccanti, nell’atto di sbellicarsi dalle risate. Perché? Ancora una volta molto semplice, ma per motivi di brevitas mi permetto di agevolarvi, sollevandovi dallo sforzo di produrre una risposta sensata offrendovela: perché non sono propriamente umani. Bé, i satiri proprio non lo sono. Sono capre dall’ombelico agli zoccoli. I baccanti, o gli ebbri, non lo sono più perché, aristotelicamente, hanno soffocato, col vino, la loro comune appartenenza all’anima razionale discendendo, temporaneamente, ad un livello “evolutivo” più basso, il rango della “bestia”, per citare parole dette dal su nominato filosofo. Magari questo può contrastare con l’opinione comune del sarcastico sive intelligente. Ma così non è. In questo caso non parliamo di dinamiche intellettuali concernenti la risata, parliamo solo della mimica della risata. E, se proprio vogliamo es-


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sere precisi, erano i latini a sostenere che “risus abundat in ora stultorum”. Ridere ci rende grotteschi: la bocca si apre e assume posture dinamiche lontane da quelle dell’uomo “concentrato”, il respiro diventa affannoso e, per breve tempo, il suo ritmo non ci appartiene. Anche localmente non controlliamo più la qualità dei suoni che emettiamo: assistiamo passivamente ad un nostro, letterale, stravolgimento. Di quali siano, invece, le dinamiche mentali d’una risata, francamente temo che né io né voi riusciremmo, da soli, ad arrivare ad una risposta placida e, quantomeno, accomodante, senza rivolgerci a qualcuno di più competente. E, fortuna nostra, quel qualcuno esiste. Nel 1905 Freud pubblica un saggio, piuttosto breve e discorsivo, titolato: Der Witz und seine Beziehung zum Unbewußten (in italiano Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio). Coerentemente alla sua produzione scientifica (consultare liberamente anche Psicopatologia della vita quotidiana o il più celebre Interpretazione dei sogni), Freud collega, analizza e spiega il motto di spirito, la battuta e la risata collegandola ai più reconditi meccanismi dell’uomo e paragonandola più ad un sogno ad occhi aperti che ad una ricostruzione e reinterpretazione dotta e culturale della realtà. In primis perché, per costruire una battuta, intervengono leggi e dinamiche più proprie del sogno che del reale. Citandole nell’ordine queste sono: analogia, condensazione o metafora, spostamento o metonimia, ellissi ed equivalenza degli opposti. Queste sono, semplicemente, forme compositive proprie del linguaggio dell’inconscio (libero e sfrenato) più che della realtà semplice. Dove, in una realtà inequivocabilmente basata sul principio di non contraddizione (o al massimo quello di ragion sufficiente) possiamo indicare un esempio di equivalenza degli opposti? E, prima che qualcuno di voi s’arrovelli a trovare una pecca in quanto da me perentoriamente sostenuto, traduco in linguaggio matematico quanto affermato con l’assunto: se A = A, e B = B, e A e B assolutamente sono antitetici, dove, nel reale, è possibile produrre A = B? Nel sogno questo è possibile, ed anche nel motto di spirito. Questo cosa ci fa pensare? Che, se ridere è il linguaggio dell’anima, come sostenuto incipitalmente, per Freud quest’anima è l’inconscio. E l’inconscio usa il riso per sfuggire, o manifestarsi, anche in momenti in cui è la coscienza vigile ad interpretare la parte del padrone. Con motto, col riso, le parti più nascoste di noi (agli altri e soprattutto a noi stessi) sfuggono dalla gabbia del comportamento coerente e corretto e si manifestano, si rivelano, come sbuffi di vapore che sfuggono al coperchio prima che la pentola esploda per la pressione interna. Ma l’inconscio si nasconde alla coscienza vigile, il cui scopo è proprio quello di ingabbiarla, celarla e, ove possibile domarla. Si nasconde dietro una battuta, una frase sarcastica, uno scherzo, una burla o una risata fino alle lacrime. Si cela e si nasconde ma compie il suo scopo: alleggerirsi. Le battute, i motti, contengono energia psichica che necessita d’essere liberata, pena l’inasprimento del conflitto tra ES, IO e Super IO e distruzione degli ultimi due elementi (tradotto: pazzia in agguato). Il motto di spirito non solo è la voce dell’anima ma la allegge-

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risce, la libera d’un peso, scarica un trauma o disinnesca un ricordo pericoloso e celato, sedimentato dietro memoria e codici comportamentali, ma che non tarderà a manifestarsi, con tutte le conseguenze proprie del caso. Il meccanismo poi è semplice. Il processo primario l’abbiamo esposto, per cui mi contento di quanto detto sin ora e passo oltre. Il processo secondario è la traduzione della necessità, dell’impellenza dell’inconscio, in linguaggio verbale. Più semplice sono i motti di spirito che giocano con le parole ed i suoni. Più infantili, perché a quel periodo della nostra vita risalgono ma non v’appartengono del tutto. Più complicati e stratificati son quelli dell’uomo adulto. Coniugano razionalità, conoscenze, limiti morali e della prossemica, con l’istanza nascosta che li ha celati. Per cui, se siete accanto ad uno spiritosone da quattro soldi, che non fa altro che rintronarvi di battute e momenti d’ilarità più o meno spiccia, siete autorizzati a domandargli, con franchezza “Che problema hai?”. Magari non sarete terapeuti, e non sarete in grado d’offrigli un aiuto concreto, ma di sicuro la sua espressione o i suoi atteggiamenti reattivo riflessivi faranno ridere voi. E, questo, alla luce di quanto detto, non può che esservi di giovamento.


Autore: Luca

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SINTOMATOLOGIA DELLO SCHERZO E CATTIVERIA AFFINE.

Autore: Luca Luca: studente di ingegneria per professione, mente matematica per predisposizione, poeta fallito per vocazione. Classe ’90, quasi ’91: nato precisamente il 28 Dicembre 1990. Sognatore

irriducibile,

innamorato,

felice

(ora). Giocatore di pallacanestro, se preferite basketball, ex tennista praticante ora la più economica versione da tavolo. Segni particolari: supercazzola sempre pronta, tendenza a coltivare la propria barba. Indole pacifica e socievole, con tendenza alla buffoneria.

http://www.half.adbjournal.com

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Lo scherzo ha in se un’affascinante forma di ambiguità: quell’intrinseca schizofrenia che forse deriva dall’eterogeneità dei sentimenti che generano il riso. Per questa sua natura è difficile da gestire e basta poco perché il divertimento di molti consegua al pianto di altri. Lo scherzo, tra tutti i gesti che partoriscono ilarità, è quello la cui raffinatezza dipende meno dal bersaglio. Se pensate al sarcasmo, esso può essere “di cattivo gusto” oppure no, e questo dipende prevalentemente dal soggetto (non necessariamente fisico) a cui è rivolto. Lo scherzo, invece, non è un’espressione del tutto spontanea, ma piuttosto è simile a un’invenzione, a un’applicazione materiale dell’ingegno. Il bersaglio ha un’importanza circoscritta: le reali potenzialità di uno scherzo sono racchiuse nella sua ideazione – e successivamente nell’attuazione, certo. Proprio questa mancata immediatezza, che spesso diventa una ricerca scrupolosa, è forse alla base del fraintendimento incosciente del fine o del mezzo. Quante volte nel fare uno scherzo “ci si lascia prendere la mano”, facendolo scemare nella derisione? Ad ogni soggetto possiamo rapportare un’indole per lo scherzo; intendo sia per farlo che per subirlo, chiaramente. Tutti noi abbiamo riso di qualche strano comportamento fatto per gioco, di un’innocente burla fatta con buon senso; probabilmente abbiamo tutti potuto osservare quanto uno scherzo possa anche essere “cattivo”. Il fatto è che l’uomo tende ad essere “egoisticamente divertito”, cioè a ridere della vergogna altrui e quindi -a volte volontariamente, altre no- fa dello scherzo un mezzo per generare imbarazzo. Il problema sta nel limite di sopportazione di chi lo subisce! O meglio, nel fatto che questo “limite” è profondamente soggettivo -legato alle esperienze, al carattere, all’educazione, al contesto… tutte cose che “lo scherzo” non prende minimamente in considerazione poiché, come ho detto, trae forza dall’ideazione. La fantasia non ha un limite e noi non possiamo frenarla: comincia a borbottare macchinosamente e tutto ciò che non è volto alla creazione rappresenta solo un disturbo. Solo al momento di concepire lo scherzo, dopo che la mente lo ha completamente creato nel nostro immaginario, possiamo valutarne le implicazioni morali e le conseguenze.


Qui entrano finalmente in gioco i sentimenti, essendo di fatto “quella misteriosa forza” che annebbia o abbaglia il pensiero. Solo i sentimenti ci possono donare discernimento oppure la definitiva crudeltà dell’enfasi. Se per qualche motivo ci sentiamo frustrati, o avviliti, allora lo scherzo può diventare una specie di inconscia “vendetta”, una rivalsa morale, finendo così per degenerare in una forma di violenza. Chi subisce questa violenza, qualora si trovi in seguito nella posizione opposta, può a sua volta essere indotto a operarla contro altri; sembra un circolo vizioso e spesso è proprio così. Questa caratteristica ambiguità dello scherzo è evidente nell’età adolescenziale, quando ancora alcuni valori non vengono accolti con la giusta importanza e l’opinione di chi ci sta intorno è fondamentale. In questa età i sentimenti sono lunatici e i rapporti conflittuali, il buon senso è spesso messo in secondo piano per favorire la crescita basata sull’esperienza. Lo scherzo assume un ruolo di integrazione e di affermazione, più che di socialità vera e propria. Tra tutti gli atteggiamenti e i comportamenti che l’adolescente adotta per raggiungere “l’appartenenza”, per difesa o per rivalsa, “scherzare” è il più oscuro a causa anche della sua platealità. Non solo lo scherzo non considera la vulnerabilità del bersaglio, ma necessita anche di un pubblico, che ne amplifica l’effetto su chi lo subisce. Allo stesso tempo, per lo stesso motivo, diventa anche un mezzo molto efficace per costruire la “figura” -quella personalità esteriore che, in alcuni contesti e particolarmente in certe fasi della vita, diventa “la persona”. Appare quindi lampante come questo semplice gesto possa assumere una grande importanza sociale.

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YOUTUBE: UNA FINESTRA SUL MONDO!

Autore: Pippo MaGo PaZzo Salernitanuz in arte Pippo, un ragazzo sognatore che adora la compagnia e il sano divertimento. Qui nel OUReports scrivo articoli demenziali con un unico scopo: far sorridere le persone, perchè la vita è amara, metterci un pò di dolce non è mai male!

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Negli ultimi anni, il popolo del web è ossessionato dalla mania del pubblicare in modo frenetico video su questa piattaforma, che siano video dei propri attimi di vita, che servano per dare una loro opinione su un qualcosa o magari li usano come prospettiva di un lavoro futuro nel mondo dello spettacolo. Facendo una breve ricerca su Youtube, tra i vari video musicali, qualche informazion sui disastri naturali e qualche spezzone preso da qualche spettacolo in TV, ecco che casca l’occhio sul soggetto di turno che ha pubblicato un proprio video (che sia a tema umoristico oppure musicale). Tra i vari soggetti in questione, ne voglio citare qualcuno… La prima che mi viene in mente è “ Gemma del sud”. Chi è? Questa ragazza di Vicenza per un sacco di tempo ha spopolato con i suoi video su Youtube; ogni settimana c’era lei con una sua performance, alternando attimi di musica con attimi deliranti come versarsi una brocca di acqua in testa. Nonostante questi suoi video senza senso, Gemma è diventata una figura ben conosciuta nel web. La cosa strana è: più le persone fanno video senza senso, che cantano in modo strano oppure che si sfracellano sul pavimento scivolando su una buccia di banana, più diventano famosi, che vengano presi in giro o presi sul serio. Ormai Youtube è diventato il tipico villaggio dove si può sapere tutto su quello che ti circonda, infatti va a braccetto con Facebook. I video di Youtube sono quel qualcosa che riesce a colmare il vuoto delle giornate di noia, grazie di esistere! (Ci tengo a precisare, che quanto detto su Gemma del Sud, è solo a carattere umoristico, senza scopi malevoli.)

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CHE ALMENO IL ROCK RESTI UNA COSA SERIA. Autore: Giuseppe Giuseppe Alessandro Esposito alias AyoProject. Chitarrista. Supporter di Mark Tremonti. Passioni: cinema, cucina, fotografia, letteratura, musica e viaggi.

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CHE ALMENO IL ROCK NON DIVENTI UNO SCHERZO.


Quando dalla redazione ho saputo che il numero di aprile avrebbe avuto come tematica quella dello scherzo, a esser sincero, sono rimasto leggermente basito. Ho iniziato a pensare a qualcosa nell’ambito del rock, ma anche della musica in generale, che avesse a che fare con gli scherzi. All’inizio ho pensato alle classifiche delle riviste di gossip e a qualche valutazione data da qualche rivista rock (ad esempio una rivista ha giudicato in modo pessimo l’ultimo album dei Bullet For My Valentine ritenendo i riff e gli arpeggi degni di una band quale i Metallica, ma reputandoli troppo sdolcinati per quanto riguarda il testo. Ora dico io… Ce li avessimo noi in Italia un gruppo come i BFMV! Perché gli Scorpions? Non erano anche loro sdolcinati?). Quando sentiamo o leggiamo cose del genere alcuni di noi si chiedono “ma stanno scherzando?”. Io sono giunto alla conclusione che a scherzare è la generazione attuale e non oso immaginare cosa accadrà alla prossima. Oramai viviamo in un tempo, per non parlare di una nazione come l’Italia, dove la cosa principale è l’apparenza. Dove le persone seguono la massa. Siamo un gregge. La cosa assurda è che non c’è un pastore o un capobranco ben definito. Seguiamo gli altri senza sapere dove stiano andando. E così viviamo in un’era dove anche il mio panettiere è un dj o un vocalist. Viviamo in un’era dove si fanno domande per i talent show o per “Uomini e Donne”. La maggior parte dei ragazzi non conosce le scadenze universitarie, soprattutto quelle riguardanti le iscrizioni e il pagamento delle tasse. Viviamo in un’era dove se esci a prendere un caffè con gli amici al posto di parlare, si passa il tempo a guardare le notifiche sui vostri cellulari. Sempre che usciate. Infatti, perché uscire quando si può rimanere a casa a chattare? Facebook, WhatsApp, Skype, Twitter, Instagram e chi più ne ha, più ne metta. Grandi invenzioni per carità. In

alcuni ambiti queste invenzioni si rivelano essenziali, ma stanno migliorando o peggiorando il modo di relazionarsi? Più di tutto il nostro modo di essere può essere definito “originale”, “unico”, ma soprattutto “proprio”? Abbiamo ancora una nostra personalità? Il lettore ora si starà chiedendo questo cosa c’entri con il rock. Ecco la mia risposta: viviamo un’epoca dove è più importante possedere un iPhone perché va di moda e non saperlo minimamente usare, piuttosto che acquistare una chitarra e impararla a suonare. Eppure eravamo stati avvertiti. I più grandi artisti rock del passato temevano il giorno in cui la musica sarebbe stata sostituita dalla tecnologia. Il problema non è solo la musica. È tutto. La tecnologia ci ha reso schiavi. Noi questo giorno non lo stiamo temendo. Lo stiamo vivendo! La cosa terrificante è che a noi va bene così! Gente svegliatevi! Non è possibile uscire con le persone a prendere un caffè e parlare guardandosi negli occhi? Coi cellulari spenti! Spenti! Magari lasciati proprio a casa! E se uno fa cinque minuti di ritardo… pazienza… aspetti! Se vuoi vedere una persona non vedere il suo profilo… Invitala a uscire! Non temere se rifiuterà! Non vivere con il rammarico di non aver coltivato un’amicizia o un amore perché quella persona potevi comodamente vederla tramite il suo profilo. Kurt Cobain diceva: “È MEGLIO BRUCIARE IN UNA FIAMMATA CHE SPEGNERSI LENTAMENTE.” A questo punto era meglio fare una fine col botto il ventuno dicembre duemiladodici. Stiamo facendo la fine dei ratti in gabbia. A mio parere non resta che sperare nell’avvento di una band come i “The Doors”, che videro il loro leader nella figura di Jim Morrison, o di singoli personaggi come Jimi Hendrix che oltre a rivoluzionare il mondo della musica cambiarono il modo di percepire e di vivere la realtà. 21


MODA UOMO:

Viaggio al centro della follia stilistica.

Finalmente la primavera è sbocciata! Cappotti, sciarpe e cappelli sono ormai solo un ricordo, largo spazio ai colori sgargianti e perché no anche ai primi soli. Ma prima di tutto ciò, armatevi di coraggio ed estro, perché vi porterò in viaggio con me all’insegna delle stravaganze più folli della moda maschile di quest’anno.

I Meggins.

Se non ne avete mai sentito parlare, è un bene. Aberrante tentativo di pantalone da uomo che deve il suo nome alla fusione del termine inglese Men con l’ormai universale Leggins. E che, in sostanza, altro non è che una calzamaglia coprente. O a volerla dire tutta un deterrente sessuale senza pari nella storia dell’abbigliamento. Star come Justin Bieber, Russell Brand e Lenny Kravitz ne hanno già fatto del “buon” uso.

Autore: Elisabeth Elisabeth Hair Stylist dalla mente contorta e insana. Amore folle per gatti e felini, scrittrice notturna incompresa. Appassionata di letteratura inglese e poesia, vive in un universo parallelo con la dedizione per la moda in tutte le sue forme.

http://insaname.blogspot.it/

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Addirittura pare che diverse marche di abbigliamento (tra cui Uniqlo, Barneys e Nordstrom) ne abbiano intuito il successo e stiano creando già delle varianti griffate del nuovo anticoncezionale da indosso, per renderlo comodamente accessibile al grande pubblico. Cosa che in America, sta spopolando ormai da mesi, considerato che oggi a New York, trovarsi davanti un uomo in calzamaglia non è più raro quanto dovrebbe. E in Italia? Arriveranno. Lasciate la calzamaglia all’immaginario del principe azzurro, di grazia.


Quel grottesco e teatrale cattivo gusto. Se pensate di aver visto di tutto, vi sbagliate. JW Anderson, universalmente riconosciuto come uno dei talenti più interessanti della moda femminile, ha le idee un po’ confuse in fatto di abbigliamento maschile. Nelle sue ultime passerelle presenta tubini, abiti con gonne a ruote e stivali portati con la gamba nuda. Pelosa, of course! Quanti uomini conoscete che girerebbero per la strada con questi modelli? Io, nessuno.

Man: Craige Green, provoca con uomini nascosti da assi di legno. L’installazione di legno è un tutt’uno con l’abito e con l’indossatore stesso: in alcuni casi, infatti, le parti scoperte del corpo dei modelli e le stesse tavole sono state dipinte con il colore dell’abito. Provocazione o no: l’uomo staccionata, not good.

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Per Sibling, l’uomo è un orsacchiotto. Che si sia ispirata alla lavorazioni a maglia delle nostre nonne? Possibile. I designer si giustificano chiarendo che si tratta solo di una provocazione: “volevamo invitare gli uomini a pensare”. Beck ci è riuscito meglio e senza sforzarsi troppo.

Katie Eary e l’uomo plastico/lucido garden. Sulle sue passerelle sfilano uomini con denti da vampiro ma non luccicano, colori accesi in modo sfrontato, t-shirt oversize con stampe di aragoste spaziali e cadaveri fatti con bouquet di fiori. Definito mood giovanile, senza alcuna traccia di sangue.

Intimo del futuro. Dicono.

Slip o boxer? Non sarà più solo quella la scelta per l’uomo! Ad aggiungersi nella collezione d’intimo maschile è arrivato il G-string.

L’idea è di una casa di moda francese che ha deciso di mettere a punto questo nuovo genere di “mutanda” per uomini, lasciando davvero ben poco all’immaginazione. I capi dell’Inderwear sono però convinti di aver creato una vera e propria innovazione e di avere tra le mani il futuro dell’intimo maschile che costa a coppia, 20 sterline. Sarà, ma siamo sicure di voler vedere il nostro uomo così? Lascio a voi il verdetto. Il mio viaggio finisce qui, ripongo la valigia citando la grande Coco Chanel: “Il buon gusto nel vestire è qualcosa d’innato, come la sensibilità del palato”. 24


PUNCHLINES:

RIME DA BATTAGLIA L’Hip Hop come ogni genere musicale è anche intrattenimento. Gli Mc’s sono dei Rapper, ma con qualità maggiori, capaci di attirare l’attenzione della folla con rime aspre, con rime dal doppio senso e con “rime da battaglia”. “Punchline” è un termine inglese che designa la parte finale di una barzelletta, di uno sketch comico, oppure la fine di una conversazione che ha come momento culmine una battuta con l’intento di far sorridere e divertire. Questo termine è entrato anche nel gergo tecnico dell’ hip hop, spesso convergendo nel freestyle o nei pezzi autocelebrativi. Le battles di freestyle nascono nei primi anni ottanta, riprendendo una tradizione degli schiavi neri che, nel 1700/1800 venivano venduti uno ad uno, a meno che non fossero “difettati”: una ferita alla gamba, problemi alle braccia, malati, deformati ecc. In quel caso allora venivano venduti a dozzine. All’interno delle gabbie in cui venivano rinchiusi, gli schiavi si prendevano in giro a vicenda insultandosi, ma con l’intento di sdrammatizzare la situazione: “Hai il collo più grande della testa! Sembri un lecca lecca!” ecc. Questa tradizione dei duelli fu riportata in vita con l’hip hop. Uno sfida l’altro verbalmente, finché uno dei due competitori cede, oppure quando un giudice decreta il vincitore. Molte volte la “presa in giro”, com’è ben comprensibile, può sfociare nell’ingiuria. L’insulto in sé non è qualcosa di personale tra i due sfidanti, ma è un modo volgare e grezzo per sfogare al Mic quegli “istinti da ring”, cercando di mettere al tappeto lo sfidante con le parole piuttosto che con la forza fisica. Si può ben comprendere la forza della punchline considerando che il giudice supremo, almeno qui da noi, è il pubblico, non un esperto chiamato a valutare la competenza dei freestyler. Più una rima è di impatto, più è provocante, e maggiore sarà l’entusiasmo tra il pubblico.

Autore: Alessio Alessio aka Aliu per gli amici con il cervello bruciato. E’ uno studente di Lettere Moderne alla Statale di Milano più o meno vicino a pensionamento. Perennemente in cerca di solitudine, rifugge la vita mondana e le persone troppo estroverse. Innamorato geloso dell’ Hip Hop italiano, divoratore semi professionista di SerieTV, come ogni Italiano medio ama stare sul divano davanti ad una bella partita di calcio, una gara di MotoGp o alla PlayStation. Più che sognatore fallito si definisce realista depresso. Qualità maggiore: genersono fino allo sfinimento. Difetto più grande: ne devo mettere solo uno vero?

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A volte ricercare rime erudite che esprimono un significato non di facile intuizione, possono anche danneggiare l’Mc’s. Il pubblico vuole sangue. Immaginate di essere in un anfiteatro in cui due gladiatori si sfidano e nel quale uno dei due è destinato a soccombere. Il ring del freestyle è così. Il pubblico può apprezzare il flow, può apprezzare l’attitudine dell’Mc, ma ha solo voglia di vedere uno dei due sfidanti schiacciare l’altro a suon di insulti e prese in giro. In ambito italiano il freestyle è stato un trampolino di lancio per quasi tutti gli Mc’s. Dai primi Tecniche Perfette passando per i 2theBeat, molti degli esponenti di maggior peso della scena italiana si sono insultati, presi per i fondelli per anni interi, ma sempre nel massimo rispetto dell’avversario. Da nomi noti dell’ambiente undergorund quali Danni, Jack The Smoker, Kiave, Ira, Rancore ecc. sino a giungere a quelli più famosi quali Ensi, Mondo Marcio, Emis Killa. Un Mc non deve essere per forza passato per il freestyle prima di cominciare a scrivere pezzi di rilievo. I liricisti, così chiamati quelli che si dedicano solo all’arte della scrittura sono molti, ma diciamo che il Rapper che ha bisogno di un trampolino di lancio per farsi conoscere, se ha talento nel freestyle avrà sicuramente l’ opportunità per mettersi in mostra. La punchline è comunque una tecnica che lega sia gli Mc con doti da freestyler sia i liricisti più puri. Essendo l’Hip hop un genere molto competitivo, dove le critiche, ma anche gli attacchi personali fanno parte del gioco, lo sviluppo della “punch” è una qualità che a volte può zittire l’ascoltatore più critico. Prendersi gioco dell’avversario, anche immaginario, è un modo per annichilire eventuali “haters”, letteralmente “odiatori”, i quali mettono in dubbio le skills (competenze) del Mc’s stesso. La tecnica, ma anche la genialità per inventare punchline d’effetto sono qualità che fanno rimanere basito l’ascoltatore. Di Esempi ne possiamo trarre a centinaia dalle battles o anche solo da pezzi di diversi artisti: Raige: “Io quando Rappo avanzo e scasso con stile, gli altri ti sembreranno un romanzo, capirai che non hanno le rime, perchè se Raige è on stage brò, tutti gli mc sono come Bill Gates… il loro Micro è Soft.” Mistaman: “Ricorda: attento mangio rappers, sputo le catene e i denti d’oro e mi ci pago le bollette. Vegetariano ma ti sbrano uguale perchè prima di farlo… ti riduco a un vegetale.” Il Rap è un oggetto interessante. Ogni Mc’s oltre ad essere un artista, si può considerare anche uno 26


sportivo; l’agonismo che lo spinge a migliorare è paragonabile a quello di uno sport. Non essendoci dei criteri oggettivi con cui valutare la musica prodotta, come del resto per ogni forma artistica, la competizione è altissima. Per Raggiungere la cima della piramide devi possedere un talento fuori dal comune, ma per rimanerci e diventare un’icona devi saper guadagnarti il rispetto. E il rispetto lo si guadagna dimostrando agli altri quanto si è duri, oltre che a possedere il talento. La punchline è un’ arma con cui poter dire al mondo che esisti, che con te non si va tanto per il sottile. E’ un modo per dire: “Ehi fammi vedere quello che sai fare, vediamo se sei geniale quanto lo sono io. Dimostrami che sai piegare le parole fino a formare qualcosa di mai sentito, di nuovo. Se le mie aspettative saranno rispettate allora ti sarai guadagnato il mio rispetto. Il rap non è uno scherzo”.

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Intervista

Intervista a L Lawliet: l’attuario.

Neolaureato in Scienze Statistiche e Attuariali (eh?) in cerca di un lavoro con esperienza, senza averne alcuna. 24enne con l’Hobby della musica, che per un periodo è stato più che un semplice Hobby in quanto “dicono” che sia diplomato al Conservatorio. Dicono, poiché ancora non è stato in grado di andare a ritirare la pergamena finale, perché, cavolo, 24 euro per una pergamena vi pare poco? Ciò che gli piace nella vita è il mare, senza saper nuotare, la montagna, senza saper scalare, la pianura, senza aver voglia di camminare, cercare persone scomparse, senza conoscerne il volto e il nome, e così via. Che dire di più? Ah, vive a Londra nel Beneventano, con la passione di vistare Vienna… ma non ha ancora capito dove si trova!

1) Ci spiegheresti il significato del tuo nickname su OUReview? Il significato del mio nick è molto semplice, purtroppo non posso rivelarlo a nessuno perché tra di voi c’è sicuramente nascosto Kira, che non aspetta altro per segnare il mio nome sul suo Death Note. Soprattutto non deve assolutamente conoscere il mio volto, una delle 2 condizioni indispensabili per poter attivare il potere del suo quaderno, oltre al nome. E poi “Kira è infantile e non sopporta di perdere… anch’io sono infantile e detesto perdere, per questo lo so!”

2) Hai vizi? Ovviamente non ho vizi in quanto non bevo, non fumo e non faccio l’am… ops no scusate, non è un incontro per alcolisti anonimi, mi sono confuso. Il mio unico vizio, se così si può dire, è che mi siedo sempre in punta di piedi e con le gambe allo stomaco perché “non posso sedermi diversamente o il mio quoziente intellettivo si abbasserà del 40%”.

3) Qualcosa di materiale che ti rende felice? Autore: Galdo Marco aka Galdo, del clan Esposito. Convinto assertore assertoredella delladiceria diceria secondo secondo la la quale “Un animo animo nobile nobiletitaneggia titaneggianel nelpiù più piccolo piccolo degli degli uomini” uomini” (Jebediah (Jebediah Springfield), Springfield), intervista intervista cani cani e porci. e porci. Architetto abusivo, abusivo, studente studenteparanoico, paranoico,basebaseball player, alfiere alfiere della della fratellanza, fratellanza,esecratore esecratore dell’arroganza.

http://galdo81.tumblr.com

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Mangiare cibo dolce e solamente dolce, come caramelle, gelato, zucchero, ecc. Ho bisogno dello zucchero per far sì che la mia mente funzioni al 100% e sia sempre lucida in ogni momento. Mi basta questo per rimanere perfettamente in forma. Perfino Misa mi ha rivelato di essere invidiosa di me.

4) Quanto sei spirituale? qual è il tuo rapporto con la religione? Tornando in me (cosa non proprio facile in realtà), penso che il mio rapporto con la religione sia abbastanza personale e racchiuso in me stesso. Non riesco ad accettare la Chiesa come Istituzione in quanto la vedo solo come un’organizzazione che voglia esercitare una sorta di monopolio sulla vita spirituale delle persone quando, in realtà, la spiritualità di ogni individuo dovrebbe essere un qualcosa di molto intimo e personale. Sono dell’opinione che ognuno deve essere lasciato libero di avere una sorta di “religione” personale, un suo credere in qualcosa


di superiore a cui si può dare il nome di Dio.

5) “Lo scherzo è un ariete che sfonda la corazza di contegno che ingabbia le persone (M. Galdovsky)”. Cosa ne pensi? Di sicuro ridere fa bene secondo tutti i punti di vista. Si vive la vita più facilmente, si riescono a instaurare rapporti, ci si sente semplicemente meglio. Più o meno per tutti, infatti, quando ci si raffronta con gli altri, soprattutto nei primi tempi, vi è quel velo di diffidenza e timidezza che ci fa chiudere in se stessi. Lo scherzo è ciò che aiuta in queste situazioni, poiché con una risata si riesce a coinvolgere tutti e a scherzare poi insieme. E’ proprio in questo modo che si riesce a creare quella complicità che aiuta i rapporti a formarsi e a consolidarsi. E poi una ricerca famosa ha dimostrato che ridere allunga la vita, cosa si vuole di più?

6)Mai usato l’espediente dello scherzo per fare acchiappanza? Beh ovvio, far ridere una donna è il primo passo per farla interessare a te e quindi avere una chance in più. Credo che nessuna voglia una persona triste e che non riesca a spiccicare 2 parole di senso compiuto quando è di fronte a una donna. Scherzando e prendendosi in giro è uno dei modi migliori per abbassare le difese che ognuno si costruisce nei confronti dell’altro sesso. Concludo con una citazione, che è successa anche a me: “Mi dissero che per farla innamorare dovevo farla ridere, ma ogni volta che rideva… m’innamoravo io!”

7) Lo scherzo è bello quando dura poco? Ovviamente no! Se ci si ferma sul più bello, che sfizio ci sarebbe?

8) Hai qualche aneddoto da raccontarci sugli scherzi? Di sicuro gli scherzi inconsapevoli sono quelli più belli. Colgo l’occasione di raccontarlo anche per scusarci a nome di tutti col diretto interessato, in quanto non era una cosa preparata,

anche perché organizzare una cosa del genere in 20 persone, sarebbe stato alquanto impossibile. Vi racconto. Ore 11:30, tra il binario 9 e 10 di Roma Termini, Raduno di OUReview. Aspettati gli ultimi ritardatari, decidiamo di avviarci verso un parco che era lì vicino. Dopo essere arrivati e messoci comodi, arriva una voce in lontananza di uno di noi: “Ma … dov’è finito?” C’eravamo praticamente persi una persona, e non avendo nessuno di noi il numero, decidiamo di ritornare indietro ripercorrendo i nostri passi, scrivendo su Facebook, sul forum e quant’altro… di lui nessuna traccia. Solo il giorno dopo scoprimmo che si era fermato a dare informazioni ai passanti ed era rimasto indietro perdendoci. Scusaci ancora!

9) “Scherzi a Parte”: trasmissione vera o fiction televisiva? Mah, sinceramente è una trasmissione che ho seguito poco, se non per i primi anni che è stata fatta. Come tutte le cose “il troppo stroppia” e sicuramente dopo i primi tempi in cui potrei anche credere che gli scherzi fossero veri, di sicuro col passare degli anni, e per rendere gli scherzi comunque ancora divertenti, ritengo che siano stati costruiti ad hoc. Purtroppo ho un rapporto con la televisione molto critico, in quanto qualche anno fa su Domenica In vi fu una rassegna delle Orchestre dei Conservatori italiani che suonavano in diretta una domenica ciascuna. Andammo anche noi, ma l’unica cosa che di diretta c’era erano le riprese, in quanto ciò che suonavamo era stato registrato il giorno prima. Per concludere, amo più le Candid Camera fatte sugli ignari passanti che sono molto più fantasiose e di sicuro vere.

10) Cosa pensi del modo di essere di Berlusconi? In certe posizioni non è lecito scherzare? Non sono un grande amante di politica, in quanto la seguo poco, ma per quel poco che vedo, soprattutto negli ultimi tempi, di ridicolaggine in politica ce n’è molta. Di sicuro Berlusconi col suo fare “alla mano”, nel senso di essere populista nei suoi discorsi e nella sua politica, riesce comunque ad accaparrarsi una bella fetta di sostenitori. E poi, come non portare il più sentito rispetto al “Cavaliere Maaaascarato”!

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Pedagogia: uno spunto per riflettere. Studiando Pedagogia ultimamente mi sono imbattuta in un autore davvero interessante, non penso sia molto conosciuto e allora mi sono detta: “Perché non scrivere qualcosa su di lui?” Potrei iniziare dicendo come si chiama: Alexander Neill. Potrei continuare dicendo perché ho scelto questo autore, oppure lasciare tutte le mie considerazioni alla fine. Fatto sta che questo autore mi ha davvero colpita. Neill è stato un pedagogista Scozzese, il mio libro di pedagogia mi parla di lui lasciandomi una sua auto-descrizione: era goffo, poco attraente e con le orecchie a sventola, e questo è proprio il caso di dire che l’abito non fa il monaco. Tutta la sua infanzia fu costellata di ordini, divieti, costrizioni come in fin dai conti, penso, un po' l’infanzia di tutti noi. Odiava la scuola ( al che mi sono detta: "aiuto! Un pedagogista che odiava la scuola?" Non volevo crederci!) perché preferiva stare all'aria aperta, salire sugli alberi, andare a scovare animali sotto la terra. Nonostante il suo odio verso la scuola improvvisamente decise cosa fare nella sua vita: il maestro! Ero sempre più perplessa, mi chiedevo come un uomo avrebbe potuto insegnare qualcosa che prima aveva odiato tremendamente. Poi continuando il mio studio capii perché: voleva rivoluzionare tutto, o meglio prendere delle istanze che già erano state poste dalle pedagogie dello sviluppo spontaneo. Più che pedagogia il suo era amore per l’infanzia. E adesso vi spiego perché: Lane, uno studioso a cui si ispirò Neill, aveva creato una casa per delinquenti dove l’unico metodo da utilizzare era quello della libertà e dell’autogoverno. Dopo una vita nella quale tutto gli era stato sempre imposto, vietato, comandato, d'un tratto rigettò la sua infanzia e capì che non era questo che voleva per tutti i bambini: doveva agire. La sua concezione educativa molto particolare lo portò addirittura ad aprire una casa per bambini: Summerhill, su una collina, lontano da tutti, solo i bambini e la loro creatività libera. Ma andiamo con ordine: cosa spinse Neill a creare una casa “della libertà”? Per lui il bambino da sempre è orientato verso forme positive di comportamento, infatti i suoi tratti negativi non sono tratti naturali, ma una deformazione prodotta della nostra errata mentalità adulta. Pensiamo sempre di definire il bambino come un “egoista” non sapendo che è la sua natura di bambino a renderlo così, desiderare che il bambino si comporti in maniera diversa vuol dire privarlo del diritto di essere se stesso. Così Neill continua dicendoci che in realtà è l’adulto che rovina il bambino con le sue imposizioni e ne altera il suo naturale equilibrio. Quando l’adulto inibisce il bambino con i suoi comandi automaticamente scatta in lui una molla che gli permette – suo malgrado – di crearsi una seconda personalità, personalità plasmata dal volere degli altri, dei suoi genitori: è la sua maschera sociale. Nonostante questa sua maschera il bambino reagirà ai genitori con l’odio: odio che in ogni caso non gli impedirà di interiorizzare i modelli parentali, il loro volere. Questo odio infine diventa odio per se stesso: il bambino non si riconosce più e diventa infelice. L’infelicità dell’infanzia è il prodotto degli interventi errati dell’adulto. Mi ha stupito tutto questo, un uomo grande che riesce a capire che il bambino non ha bisogno di imposizioni, ma di amore, di conforto, di qualcuno che gli stia vicino senza insegnargli niente: perché ciò che deve apprendere lo apprende da sè, con l’esperienza, con la meditazione, con le relazioni con gli altri, con la sua anima. Ma non è forse un’utopia, a questo mondo, una scuola come Summerhill dove la libertà regna sovrana (sempre nel rispetto del prossimo, ovviamente) e pensare che davvero si possa realizzare? Non è forse lavoro sprecato, creare una scuola dove i bambini sono perfettamente felici finché stanno lì dentro, ma che una volta usciti devono far fronte a tutte le imposizioni delle persone? Nel 2013 c’è ancora gente convinta di poterci dire quello che è giusto e non giusto, quello che dobbiamo e non dobbiamo fare, gente convinta di saperci dire quali sono i nostri limiti. Autore: Federica Allora noi sì, che diventiamo infelici, proprio come i bambini di Neill. Ma non è forse vero che la libertà non può darcela nessuno, che basta una Studentessa all’ultimo anno del Liceo quasi parola per farci crollare? E non è altrettanto vero che solamente noi siamo pronta per l’Università, amante della Filosofia in grado di non farci scalfire da queste idiozie? Perché dobbiamo indose Pedagogia. Appassionata di Libri e Fotograsare una maschera per fare piacere agli altri? Forse abbiamo paura di non piacere così come siamo…e poi ci lamentiamo se siamo infelici: NON fia. Insomma...appassionata di tutto quello che SIAMO NOI STESSI PERCHE’ ABBIAMO PAURA. Forse Neill voleva inizia con la parola: Arte. realizzare un’utopia, ma forse in parte questa scuola può essere creata, http://www.poesieracconti.it/community/utenti/LiliumCruentus dentro noi stessi, nella nostra anima. Perché solo noi decidiamo cosa fare entrare dentro di noi e cosa deve assolutamente rimanere fuori. 31


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MoVimento 5 Stelle: Democrazia o Autocrazia?

Autore: Alessio

Da quel 24 – 25 Febbraio sono passati oramai oltre quarantacinque giorni. Le elezioni politiche, come apparve già nel corso di quella stessa giornata, non hanno decretato un reale vincitore. Le cause principali si possono riassumere in quattro fattori: dal cosiddetto “porcellum” alla poca incisività della campagna elettorale di Bersani, dall’ ever green Berlusconi ritornato sulla scena politica dopo i molti scandali, ma sempre in grado di attirare grandi consensi, all’ esplosione del MoVimento 5 Stelle. La questione che appare più evidente è sicuramente la voglia di un rinnovamento della politica, ma sopratutto la ricostituzione di una classe dirigenziale, la quale non ha saputo dare in questi vent’anni l’apporto necessario ad uno sviluppo economico-sociale al paese e che per di più non ha mai dato prova di sè con immagini consone al proprio ruolo. In questo scenario si è mosso il moVimento 5 Stelle, che grazie allo tsunami tour di Grillo e all’esigenza di rinnovamento del popolo italiano ha acquisito oltre il 25% dei consensi. Nonostante in questo periodo la “macchina del fango” dei media abbia colpito duro il partito di Grillo, la questione che sicuramente ha tenuto banco in casa 5stelle è la difficoltà nel gestire un MoVimento che della democrazia diretta fa il proprio cardine e fondamento. E’ piuttosto esplicito lo slogan “uno vale uno” espresso più volte dal leader e dai militanti del moVimento. Sono passati ormai sette mesi da quando Favia, in una dichiarazione a “Piazza Pulita” – programma di approfondimento politico di Corrado Formigli su La7 – espresse delle perplessità sulla democrazia interna al moVimento, indicando Grillo, ma sopratutto Casaleggio come una figura “tirannica e vendicativa”. Da quel 7 Settembre sono passati mesi, il moVimento ha sbancato prima alle comunali a Parma, poi alle regionali siciliane e infine alle politiche 2013 dove ha raggiunto il 25%, diventando il secondo partito in Italia a pochissima distanza dal PD e terza forza politica all’interno del paese. Le responsabilità in questo periodo si sono decuplicate e con esse anche le titubanze dei pentastellati. Argomento centrale nella discussione di queste settimane è la tanto decantata fiducia al governo PD. Secondo Grillo, la fiducia risulta impossibile da accordare, ma viene sperata, anzi, invocata, da molti elettori del 5Stelle e da qualche parlamentare che sente il peso delle responsabilità della propria posizione, comprendendo che per giochi politici, chi ne subisce l’effetto negativo è l’ultimo anello della catena: il cittadino

comune. Dopo le elezioni di Palazzo Madama che videro protagonisti alcuni senatori pentastellati che votarono il candidato del PD Grasso e i conseguenti fulmini scagliati da Grillo, la situazione risultò essere piuttosto caotica , in quanto le linee guida erano quelle di non votare per nessun candidato. La coscienza di alcuni senatori impose loro il voto a Grasso. Prima di andare oltre alla ricostruzione di questi mesi di ascesa del M5S, può risultare interessante e forse anche pedagogico agganciarsi ad una ricerca compiuta dallo “Studio Cattaneo”, con politologi quali il prof. Corbetta e la prof.ssa Gualmini, sulla formazione e l’organizzazione del MoVimento. E’ più che altro interessante per capire la strutturazione di un movimento sociale che rifiuta l’appellativo di partito, ma che poi nell’essenza è molto simile. E’ di fondamentale importanza partire da lontano, dalla fondazione e costituzione, e a questo proposito introdurre la dicotomia “ modello per penetrazione vs modello per diffusione” risulta molto utile. Il primo modello presuppone uno sforzo attivo della leadership nazionale per conquistare nuovi territori; il secondo implica la nascita spontanea di gruppi locali scollegati tra loro. Il M5s è riconducibile al secondo modello, anche se il centro decisionale è rappresentato dal blog di Grillo, ma i contatti tra gli attivisti e il leader nazionale, almeno all’origine erano piuttosto sporadici. Si seguivano le linee guida dettate dal blog, ma il collante tra i vari indipendenti gruppi locali era il social network “MeetUp”, vero e proprio rifugio cibernetico per i grillini. Il fatto che decine di simpatizzanti e attivisti si avvicinino al moVimento attraverso lo strumento di un social netwok, rende le barriere d’ingresso più elastiche rispetto ad altre organizzazioni. Allo stesso modo ed in contrapposizione, la leadership indiscussa di Grillo è sancita anche da un punto di vista legale nella proprietà del simbolo, che introduce una forma di gerarchia sconosciuta ai movimenti sociali. Riguardo alla strutturazione interna però, esistono delle differenze tra simpatizzanti e gli attivisti. Differenze che generano anche una regolazione del livello di accesso al processo decisionale. Il simpatizzante diventa militante dopo aver effettuato tre incontri, banchetti o riunioni, ed essersi registrato. L’attivista però ha comunque dei compiti piuttosto limitati su scala nazionale, in quanto la natura “leggera” del partito, comporta una struttura reticolare e orizzontale rispetto alle articolazioni 33


territoriali, lasciando ampio spazio di manovra agli ambiti locali. Il moVimento a livello nazionale non c’è, non esiste. L’unico riferimento è il blog di Grillo e alcune indicazioni che vengono da li: “E’ solo ed esclusivamente uno strumento di consulenza, ma poi ognuno ha la propria testa con cui pensare”sono i commenti che ritornano con maggiore frequenza quando si parla con gli attivisti. Questo modello lo abbiamo visto applicato in Sicilia, luogo in cui i consiglieri pentastellati collaborano con la giunta Crocetta, in linea con le indicazioni e gli ideali del moVimento, ma che lascia ampia autonomia ai consiglieri su cosa e come agire. E’ ipotizzabile che anche a livello nazionale i parlamentari possano muoversi in questa direzione, applicando le linee guida dettate da Grillo, ma che comunque la personalità, le idee politiche e la coscienza impongano poi delle riflessioni personali e autonome su determinati punti politici. In fondo, proprio il ricorso alla democrazia diretta ha come scopo la presenza attiva dei cittadini. Risulta però davvero complicata la questione riguardante la trasparenza e la gestione del processo decisionale. Gli attivisti, secondo lo Statuto Comportamentale che hanno dovuto sottoscrivere prima di entrare in parlamento, devono motivare e spiegare giornalmente con un video su youtube le votazioni parlamentarie, le quali verranno decise a maggioranza dagli stessi parlamentari. Nella scorsa legislatura vi sono state 9572 proposte di legge, il che vuol dire più di cinque discussioni a giorno (NB: sette giorni a settimana, trecentosessantacinque giorni l’anno) più gli emendamenti ( circa dieci emendamenti per legge), più i decreti legge. I numeri sono spaventosi. A maggior ragione se si calcola almeno un ora di discussione al giorno per poi poter votare a maggioranza. A questa mole di lavoro vi è l’obbligo per statuto, come detto, di spiegare agli elettori le motivazioni che comportano l’approvazione o meno al disegno di legge. Cio’ fa riflettere, perchè l’idea di democrazia partecipativa, almeno se espressa in questo modo, appare pressochè irrealizzabile, se non in casi di estremi importanza come le “quirinarie “ di questi giorni. Quindi? Le alternative sono due. O il M5s comincerà a comportarsi come gli altri partiti, vale a dire che le leggi le discutono i parlamentari che sono in commissione e le decisioni le delegheranno al loro relatore, salvo quelle più importanti e significative, le quali probabilmente saranno discusse e motivate, oppure la seconda ipotesi è quella che Grillo e Casaleggio possano intercedere sulle questioni legislative e che il ruolo dei parlamentari venga nettamente ridimensionato. Ovviamente questa seconda ipotesi rappresenta solo poco più che una variabile da contemplare. Resta però una situazione difficile da controllare per quanto riguarda la strategia decisionale. Questa risulta essere un oggetto gestito solo dai due leader, i quali però possono sicuramente vantare dei consiglieri esperti per i vari ambiti di competenza. Alla domanda per quanto possa durare questo modello privo di quadri intermedi tra vertice e base e, tra organizzazione centralizzata (seppur poco invasiva) e periferia, al momento nessuno è in grado di dare risposta, nemmeno gli studiosi che hanno analizzato il partito di Grillo. 34

I malumori sono all’ordine del giorno, si veda per esempio il caso Currò e la conseguente “gita” di reindirizzamento imposta da Grillo nella giornata del 4 Aprile. Questo è un normale effetto collaterale di un’ organizzazione che deve saper muoversi tra inesperienza, coscienza individuale, responsabilità e gerarchia non del tutto piramidale, a cui si aggiungono anche persone con ideologie politiche spesse volte contrastanti. Il punto focale e centrale per il moVimento però, è quello di essere un esempio di democrazia diretta. Nonostante ciò, Finora abbiamo assistito ad una fase autocratica dove Grillo ha fatto il bel e cattivo tempo. Basti pensare alle espulsioni di Favia e della Salsi, il divieto imposto ai parlamentari di rilasciare interviste, parolacce e insulti rivolti ad esponenti delle istituzioni ecc. ecc. Il paradosso, a questi punti, risulta essere piuttosto chiaro. Un soggetto politico, o meglio, para-politico, che detiene la proprietà del simbolo del partito ( in sostanza proprietario del partito stesso ), si fa portatore di un ideale di democrazia diretta, dove tutti sono uguali, uno vale uno, nessuno è superiore agli altri e le decisioni vengono prese a maggioranza….Da quello che si è potuto assistere in questi primi mesi di esistenza del partito, si può affermare che per alcune decisioni il principio di democrazia diretta ha avuto successo, ma ciò che risulta incomprensibile agli occhi estranei al partito è se la strategia decisionale è imposta da Grillo e Casaleggio (così traspare chiaramente) oppure se è un qualcosa di discusso e approvato a maggioranza all’interno della rete o dalle sporadiche riunioni tra gli attivisti e i leader. Sarà interessante vedere come si muoverà il M5S quando sarà il momento di discutere le proposte di legge, sia quelle avanzate dallo stesso partito, sia quelle proposte dagli altri schieramenti politici, perchè fino ad ora abbiamo assistito ad un intransigente linea isolazionistica, in cui il movimento ha rifiutato qualsiasi apertura fatta dal centrosinistra, oggettivamente più vicino alla linea politica del MoVimento rispetto al centrodestra. Facendo una spietata opposizione, mettendo una pietra tombale sulla politica della seconda repubblica, si prospetta l’inizio di una nuova era, ma che presto, anzi prestissimo, avrà l’esigenza di costruire, forse meglio dire ricostruire e non di distruggere. Ne sarà valsa la pena? Ma sopratutto, Ne saranno capaci?


Habemus presidentem: Napolitano rieletto al Quirinale. È fatta. Dopo sei votazioni in tre giorni il Parlamento, insieme ai rappresentanti delle regioni, ha eletto il nuovo Presidente della Repubblica: Giorgio Napolitano. Per la prima volta in assoluto nella storia repubblicana al Capo di Stato uscente è stato riconfermato il mandato, fatto destinato sicuramente a rimanere negli annali. Il tutto mentre il PD rischia l’implosione, il PDL recupera credibilità e potere di coalizione e il M5S, insieme ad alcune liste minori, si prepara a giornate infuocate per le piazze del Paese. Ma entriamo un po’ più nello specifico. Dopo le elezioni dello scorso febbraio – un altro primato raggiunto: mai prima d’ora si era votato d’inverno – che avevano visto “meno perdente” il PD, che sondaggi e leader d’opinione davano per vincitore assoluto, seguito a stretto giro dal PDL e, vero vincitore delle urne, dal movimento guidato da Grillo, si è entrati in una fase di stallo politico che ci ha riportato indietro all’87, quando Craxi fu costretto a lasciare la presidenza del consiglio e, dopo il tentativo democristiano, si arrivò al governo Amato. In questi mesi il leader del PD, Pierluigi Bersani – mostrando la volontà di rispondere almeno in parte all’esigenza di profondo cambiamento manifestata dall’elettorato e rifiutando il dialogo con l’avversario storico, Berlusconi -, ha cercato spesso di raggiungere un accordo di governo coi deputati pentastellati, i quali hanno sempre rifiutato rimanendo fedeli alla linea del movimento – cioè protesta e rottura nei confronti della vecchia classe politica a favore dell’innovazione e della trasparenza. Per la verità la scelta non è stata indolore: più volte una parte dell’elettorato ha richiesto un ammorbidimento della posizione, specie in occasione dell’elezione dei presidenti delle camere – quando alcuni grillini appoggiarono la candidatura di Pietro Grasso alla presidenza del Senato scatenando le ire dello stesso Grillo. Strattonato dal centro-destra, isolato e controllato dal “quarto potere” dei Cinque stelle, il PD ha proposto un programma di pochi punti per un governo di scopo, con la speranza di tornare alle urne dopo sei mesi. La proposta è stata appoggiata dallo stesso Napolitano che, ormai in pieno semestre bianco e con poteri estremamente limitati, non ha potuto far altro che nominare una commissione di “Saggi” – politici, tecnici, esperti in vari settori – che avrebbero dovuto stilare le linee guida per il futuro governo. Anche in questa occasione non sono mancate le polemiche: tutti i membri del gruppo sono infatti uomini, ed è apparsa quantomeno irrispettosa – oltreché fuori dai tempi – l’assenza di una componente femminile. Un altro momento critico si è avuto nelle scorse settimane, quando Bersani ha ufficializzato la volontà di voler attendere l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica

Autore: Daniele

prima di formare il governo, e i presidenti delle Camere, Laura Boldrini e Pietro Grasso, hanno respinto le pressanti richieste di convocamento delle commissioni parlamentari espresse dai deputati grillini. Come dire: prendiamo tempo e scarichiamo la patata bollente al nuovo Capo dello Stato. Si è arrivati così al fatidico momento. In vista delle prime votazioni, fissate per giovedì 18 aprile, tutti gli schieramenti si sono dati da fare per proporre un candidato il più possibile condiviso. Ancora una volta sono stati i pentastellati a distinguersi: attraverso internet si sono svolte delle consultazioni interne al movimento, le “Quirinarie”, che hanno portato a stilare un elenco di dieci nomi, tra cui i più allettanti – oltre a soggetti illustri quali Gino Strada o Milena Gabanelli – erano sicuramente quelli di Stefano Rodotà e Romano Prodi. In molti si aspettavano una convergenza da parte del PD, tanto più che lo stesso Grillo aveva lanciato la possibilità di un accordo per il governo a patto che questo avesse appoggiato un loro candidato al Colle. E invece, un po’ a sorpresa, quest’avvicinamento non c’è stato. La segreteria del partito ha optato per un accordo con il PDL, con un occhio di riguardo verso Lista Civica, fondamentalmente per due motivi: in primo luogo perché in questo modo avrebbero ottenuto una larga maggioranza, che avrebbe rappresentato un’ampia fetta dell’elettorato – si tratta pur sempre dei due partiti principali del sistema politico -; in secondo luogo per un atto di forza: viste le continue chiusure da parte del movimento e i continui attacchi, subiti ma anche affondati da parte di Bersani, il PD ha preferito chiudere questo canale di comunicazione. Scelta che ha lasciato comunque perplessa buona parte dello stesso elettorato democratico, visto il curriculum di Rodotà e Prodi. La sera del 17 aprile Bersani ha annunciato la candidatura di Franco Marini, ex presidente del Senato nel 2006, appoggiato dal PDL che ne aveva suggerito il nome; decisione che ha però provocato dure reazioni sia nella base – plateale il gesto di molti elettori che hanno strappato la tessera – sia all’interno del partito stesso, con i cosiddetti “franchi tiratori” che hanno espresso la loro contrarietà al nome. E, infatti, la prima votazione si è conclusa con un nulla di fatto: per eleggere il Presidente della Repubblica è necessaria una maggioranza qualificata dei 2/3; dalla quarta votazione è sufficiente quella assoluta (50% + uno). Non solo la soglia non è stata raggiunta, ma l’andamento delle votazioni – a scrutinio segreto – ha mostrato chiaramente segni di defezione all’interno del PD, con una parte dei voti confluita verso Rodotà che ha ottenuto 240 voti. A quel punto la scelta è stata puramente strategica: alla seconda e alla terza votazione avrebbero votato scheda bianca, in 35


modo da attendere la quarta e portare a casa la vittoria. Peraltro, visto lo scarso successo ottenuto da Marini – appena 521 contro i 672 richiesti – la segreteria ha deciso di proporre un nuovo candidato: Romano Prodi, padre dell’Ulivo. La speranza di convincere i deputati grillini ad appoggiare il professore, emerso anche nelle Quirinarie, si è spenta subito dopo: troppo tardi per un accordo, Bersani avrebbe dovuto pensarci prima; questa la linea adottata dal movimento, che ormai puntava tutto su Rodotà. Osteggiato dal centro-destra – “Se vince Prodi prepariamo le valige” ha annunciato, tra il serio e il faceto, Berlusconi -, dai montiani che hanno proposto Anna Maria Cancellieri, e da una parte importante dello stesso PD – in particolare dai renziani -, l’ex primo ministro ha ottenuto solo 395 voti, ben lontano dai 504 richiesti. Dopo l’ennesimo risultato deludente si è scatenato il putiferio: Bersani ha attaccato i franchi tiratori che non hanno rispettato gli accordi, disperdendo il voto; Rosy Bindi ha rassegnato le dimissioni da Presidente dell’Assemblea nazionale – per la verità la lettera è datata al 10 aprile -; i “giovani turchi” hanno dichiarato la loro volontà di votare Rodotà. Infine, in serata, il comunicato con cui lo stesso segretario del partito annunciava le dimissioni, sue e di tutta la segreteria, non appena si fossero concluse le votazioni. Alla quinta votazione i parlamentari democratici hanno votato scheda bianca, in attesa di una comunicazione dall’alto arrivata sabato in tarda mattinata: Giorgio Napolitano è il nuovo candidato. La scelta non ha rappresentato una grande novità, dato che in molti ne avevano proposto l’elezione – per la verità è stato soprattutto il PDL ad avanzarne il nome, ma anche molti giornalisti e intellettuali si erano schierati a favore di tale scelta, specie in seguito alla nomina dei Saggi -; era stato però accantonato visto la sua stessa volontà di non replicare il suo mandato. Vista la situazione di impasse, tutta via, il Capo dello Stato uscente ha dichiarato con una nota di essere disponibile ad accettare il nuovo incarico: Napolitano è il primo presidente ad essere rieletto, cosa mai successa prima – neanche quando lo si vociferava per Pertini, Scalfaro o Ciampi. La sesta ed ultima votazione si è conclusa con 738 voti a suo favore – sicuramente un ottimo risultato ma inferiore rispetto a quanto sperato. Nella serata di sabato Napolitano ha tenuto un breve discorso in cui ha spiegato le motivazioni che lo avevano spinto ad accettare il rinnovo del mandato e, soprattutto, ha affermato di voler precisare nei giorni seguenti le condizioni – di tempo o di governo – che avrebbero dovuto guidare il nuovo esecutivo. A dire il vero la scelta è stata tutt’altro che pacifica: la reazione più veemente è stata quella del Movimento 5 stelle, con Grillo che ha urlato al golpe e annunciato una manifestazione di piazza a Montecitorio – per altro presidiato per tutta la giornata di sabato da gruppi di varia composizione -, rinviata poi al giorno seguente. Ma non sono mancate critiche espresse anche dall’interno del PD e da Lista Civica, che ha rispettato la scelta iniziale di Napolitano. Più in generale l’elettorato si è mostrato, per usare un eufemismo, ben poco soddisfatto della scelta compiuta: tra i nomi più gettonati, specie in rete, troviamo quelli di Rodotà ed Emma Bonino. Non solo non c’è stato un vero cambiamento nella classe politica – sebbene Grillo sostenga, a torto o a ragione, che le dimissioni nel PD siano da attribuire alla presenza del suo movimento in Parlamento -, ma anche il Presidente della Repubblica è rimasto lo stesso, per di più una figura che ha fatto 36


discutere con le decisioni prese nell’ultimo anno e mezzo. In conclusione, quali scenari si prospettano per le prossime settimane? Il panorama è, come si capisce, estremamente complesso e delicato. Niente è certo, niente è chiaro. Appare plausibile che si crei un governo di larghe intese tra PD e PDL, un “governo del presidente” con obiettivi mirati – fondamentalmente quelli su cui i Saggi hanno lavorato – per poi tornare al voto. È possibile anche che si opti, ancora una volta, per un governo super partes costituito da tecnici o personalità di spicco della politica – l’ipotesi più accreditata per ora è quella di Giuliano Amato alla presidenza del consiglio, proprio come nel ’92. Sicuramente sarà forte il ruolo di Napolitano che, oltre a guidare e controllare puntigliosamente l’operato del nuovo governo, godrà ora di pieni poteri – ivi compreso quello di sciogliere le Camere: non è da escludersi, anche se sembra irrealistica, la possibilità che vengano subito sciolte e si torni al voto in tempi brevi. Per quanto riguarda il sistema politico questi giorni hanno segnato un nuovo ritorno di fiamma del PDL, che i sondaggi danno ora come primo partito e che secondo molti è il vero vincitore di questo braccio di ferro, e un netto balzo in avanti anche del M5S che, per la verità, durante questo mese e mezzo aveva perso qualche punto percentuale. Sconfitto e del tutto a pezzi è invece il PD, che si è dimostrato per l’ennesima volta incapace di coniugare le sue componenti interne e si è letteralmente sgretolato, dando una pessima prova di sé. Se è vero che già prima di quest’ultima sfida i sondaggi lo davano in calo di circa il 3%, c’è da credere che ora la situazione peggiorerà e c’è chi, anche da ambienti vicini al partito, parla di fallimento e fine dell’esperimento portato avanti da Prodi e Veltroni. Già in questi giorni comunque il Congresso si è attivato per eleggere il nuovo segretario; naturalmente, il nome più in vista è quello del sindaco di Firenze Matteo Renzi. Il PD paga non solo per la scarsa incisività mostrata in questi ultimi mesi o la scarsità di carisma di Bersani; paga soprattutto per la sua eterogeneità interna, per l’incapacità di coordinamento e conciliazione, per l’aver colto solo in parte – e troppo tardi – le esigenze di una società civile che si radicano addirittura dagli anni ‘70 e per la strategia politica deludente di questi ultimi giorni, nonché per essersi mostrato, da un certo punto di vista, succube alle decisioni imposte dal PDL. In sostanza non ci resta che aspettare e vedere ciò che succederà di qui alle prossime settimane, periodo in cui molti dubbi verranno risolti e, in particolare, emergeranno le intenzioni di Napolitano, il quale potrebbe sfruttare appieno i suoi poteri per traghettarci fuori dal pantano nel quale ci siamo – o ci hanno – infilati.

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Il governo Letta ottiene la fiducia; ancora grave uno dei carabinieri colpiti. Cogliendo un po’ tutti di sorpresa il Presidente della Repubblica ha conferito l’incarico di formare il nuovo governo al democratico Enrico Letta, preferito rispetto al più navigato – ma anche contestato – Giuliano Amato. Dopo alcuni giorni di consultazioni, sabato 27 aprile il neo premier ha sciolto la riserva presentando i suoi ministri: come era facile aspettarsi il suo è un governo di grande coalizione, o di “servizio al Paese” come è stato definito, che vede la partecipazione di PD, PDL, Lista civica e alcune personalità esterne alla politica. Tra gli altri nomi ricordiamo quello di Alfano, vice Presidente del consiglio e ministro dell’interno; Emma Bonino – inizialmente tra i candidati al Colle – agli esteri; la Cancellieri e Patroni Griffi, reduci dal governo Monti, ministro della giustizia la prima e sottosegretario alla presidenza del consiglio il secondo; Lupi alle infrastrutture; Franceschini ai rapporti col Parlamento. Abbiamo poi personalità accademiche come Carlo Trigilia, ministro della coesione territoriale; figure provenienti dal mondo dello sport come Josefa Idem alle pari opportunità e – novità assoluta – il primo ministro di colore: Cecile Kyenge al ministero dell’integrazione – nome che, peraltro, ha suscitato aspre reazioni tra le file della Lega Nord. Il governo si propone di rimanere in carica per un periodo minimo di diciotto mesi, dopodiché valuterà se sussistano le condizioni per andare avanti o tornare alle urne; fermo restando il monito, più simbolico che altro per la verità, che lo stesso Letta ha lanciato in conferenza stampa: il governo non si farà per forza; se non ci sarà disponibilità a collaborare verrà sciolto. All’opposizione rimangono il M5S, i cui rappresentanti hanno lanciato una dura requisitoria contro il neonato esecutivo paragonando le alleanze su cui si basa alla trattativa Stato-mafia, SEL e la Lega che si è astenuta durante il voto di fiducia. Tra i punti programmatici più significativi abbiamo: gli onnipresenti tagli ai costi della politica, con stipendi decurtati per i ministri attualmente in carica; sgravi fiscali per le imprese; abolizione dell’IMU a partire da giugno, come richiesto dal PDL; ammortizzatori sociali; riforme istituzionali – con una commissione apposita, incaricata di superare il bicameralismo perfetto e di lavorare ad un progetto presidenzialista, alla cui guida si candida lo stesso Berlusconi che già nel ’97 partecipò ai lavori della 38

Autore: Daniele Studente universitario speranzoso di diventare giornalista. “Chitarrista” a tempo perso; vive di musica e libri. Pensatore fallito. Agnostico praticante. “[...] And I will spend the rest of forever trying to figure out who I am”.

http://italianvoices.altervista.org


“Bicamerale” con D’Alema -; incentivi all’occupazione giovanile; abolizione del reato di immigrazione clandestina; abolizione del finanziamento pubblico ai partiti; riforma della legge elettorale. Programma che, si capisce, incontra il plauso di un Napolitano, autore di uno dei discorsi d’insediamento più duri degli ultimi vent’anni in cui non ha esitato – tra una lacrima e l’altra – a rimproverare le incapacità e inadempienze dell’attuale classe dirigente che hanno contribuito a generare la situazione nella quale ci troviamo. La cerimonia d’insediamento del nuovo governo, tenutasi domenica 30 aprile, è però passata in secondo piano in seguito alla notizia della sparatoria tenutasi davanti a Palazzo Chigi. Attorno alle undici e trenta un piccolo imprenditore calabrese trapiantato in Piemonte, Luigi Preiti, ha esploso sei colpi d’arma da fuoco ferendo gravemente due carabinieri, una donna incinta e sfiorando un terzo militare. Le vittime non sono in pericolo di vita; tuttavia uno dei due carabinieri, Giuseppe Giangrande, è ancora in prognosi riservata: il proiettile ha danneggiato il sistema nervoso e il rischio di una paralisi ai quattro arti è serio. Tragedia nella tragedia: Giangrande aveva perso la moglie solo pochi mesi fa, in seguito ad una lunga malattia; la figlia, che già allora aveva abbandonato il lavoro per curare la madre, ora è costretta a licenziarsi per assistere il padre. Ma chi è Preiti? Della sua vita si conosce poco: piccolo imprenditore edile – la sua impresa è fallita -, si è trasferito ad Alessandria da oltre vent’anni; un matrimonio fallito alle spalle, un figlio lontano e il vizio del gioco d’azzardo; da quattro anni in possesso di un’arma da fuoco acquistata illegalmente e privo del porto d’armi. Agli agenti ha detto che il suo bersaglio erano i politici – “uno qualunque andava bene” – ma, non potendosi avvicinare, ha comunque sparato ad altezza d’uomo tra gli sguardi increduli dei passanti. Attualmente l’uomo si trova in isolamento nel carcere di Rebibbia; sembrerebbe pentito del gesto e in grave stato confusionale sebbene la procura abbia escluso l’ipotesi dell’infermità mentale. A spingerlo al gesto il mix di fattori sopra ricordati: la perdita della moglie, l’allontanamento dal figlio, i debiti di gioco, il fallimento della sua impresa. Non solo una vittima della crisi economica, quindi. Inoltre è doveroso sottolineare che la cornice nella quale si colloca il fatto è quella di un clima politico acceso: la violenza verbale, caratteristica dell’ultimo ventennio, ha sicuramente contribuito ad armarne la mano – come, prima di lui, Massimo Tartaglia. Da qualche giorno la tensione è ulteriormente aumentata: accuse reciproche, difese e contrattacchi sono all’ordine del giorno. Berlusconi attacca la sinistra, Grillo si tira fuori e si schiera al fianco delle forze armate, Vendola accusa il centrodestra. Sebbene la condanna sia generale non mancano voci fuori dal coro: nella società in molti hanno giustificato e, in una certa misura, approvato il gesto; ma anche da parte della politica sono venuti segnali scoraggianti in tal senso – vedasi il caso di Vittorio Bertola, consigliere pentastellato, e del leghista Giuseppe Longhin. Sembra quindi più che mai necessario abbassare i toni, non rinunciare alle critiche – anche aspre – e alle prese di posizione ma cercare di darsi dei limiti, rispettando un avvertimento che già da anni in molti avevano sollevato: dalla violenza verbale a quella fisica il passo è breve, e quanto accaduto ne è la dimostrazione. 39


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Autore: H Alessio, conosciuto nei testi sacri come Hyena, fin da bambino si cimenta in varie discipline che l’hanno portato ad essere un profeta, uno scrittore, un doppiatore, un musicita, un compositore, un dj, un filosofo, un animatore, una guida turistica, un attore, nonchè PR. Normale essere umano nel tempo libero.



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