Nofuturo

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PROGETTO EDITORIALE:

Marco Mauro PROGETTO GRAFICO:

Josephine Mauro REDAZIONE:

Luca Daniele Elisabeth Massimiliano Federica Daniele Giuseppe Alessio COLLABORATORI :

Dario Filippo



sommario 07

EDITORIALE: senza futuro RECENSIONI:

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Aut Aut. A chi la scelta?

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IL DEMONE DI DIO Wayne Barlowe

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no futuro : 12

“Sarà la musica che gira intorno”

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NO FUTURE. IL 2112 ATTRAVERSO LE NOTE DEI RUSH.

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MUSICA: Invertiamo la rotta.

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sommario focus: 20

Concluso il processo Mediaset, a incerto il futuro del governo.

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RUBRICHE : 24

moda: Cotti al sole.

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WRITERS: Seduti a bordo

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Pizzocheri D.O.C

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Concerti di Settembre

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Collaborazione con Kamoscans

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08

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editoriale

senza futuro Ci pensiamo e ci angosciamo. Perché all’orizzonte vediamo tempesta? Sfogliamo riviste online, abbiamo smartphones, televisori HD, computers, tablets, macchine fotografiche. Schermi che ci mostrano un passato ricco, un presente incerto e un futuro fosco. Questi schermi pare si siano messi d’accordo, ma in realtà l’accordo c’è. Tutti questi aggeggi sono di nostra proprietà, ma le immagini che tali schermi mostrano non sono prodotte da noi, ma da qualcuno che gestisce le nostre vite e le nostre emozioni in modo da creare dei cicli. È questione di sistema economico. Da dove vogliamo cominciare? Dalla guerra? Nelle guerre i poveri subiscono e gli industriali si arricchiscono. Finita la guerra, gli industriali convertono le fabbriche, che creano automobili al posto dei carri armati. Lo Stato (noi) li aiuta in questa conversione e il popolo acquista. Quando il passaggio di soldi dal popolo all’industriale si è compiuto, lì comincia la crisi. O scoppia una guerra o c’è una stretta di cinghia, si sa chi subisce entrambe le cose. Le società falliscono , i titoli crollano, i diritti spariscono e i grandi industriali aspettano. Poi acquistano a poco, si ristabilisce un clima di fiducia, i diritti vengono elargiti col contagocce, quasi fosse un regalo e noi diciamo che c’è ripresa graduale. Ci disperiamo, ci suicidiamo, diventiamo matti con questi cambiamenti. Mai sentita la frase “è un settore che non conosce crisi”? Si riferiscono al lusso, perché lassù non ci sono sbalzi, disperazioni e quant’altro. Adesso siamo nella fase “fallimenti e crolli di titoli”, a breve ringrazieremo chi ci donerà un contratto a tempo indeterminato, ci darà il futuro e i sogni usciranno dai nostri cassetti per far spazio a telefoni stupendi a base di nanotecnologie. Daremo il nostro contributo per l’ambiente, pagando qualche soldo in più per far piantare alberi in qualche posto nel mondo – già funziona così per i biglietti degli aerei – e saremo di nuovo felici. Felici come quando acquistavamo le automobili che prima erano carri armati.

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Aut Aut.

A chi la scelta?

Il 20 febbraio 1843, il filosofo danese Søren Kierkegaard, celato dietro lo pseudonimo di Victor Eremita, pubblica in due volumi quella che forse è l’opera massima del suo corpus filosofico: Aut Aut. Com’è facile da intendere, anche perché la locuzione latina aut aut è oramai entrata nel comune gergo linguistico italiano, questo testo parla di contrapposizioni: un o\o costante e selvaggio che tormenta la vita dell’uomo. E così Kierkegaard propone, in risposta all’aristotelica domanda “come dovremmo vivere”, due modi contrapposti di condurre la propria esistenza: uno edonistico, ispirato al godimento dei piaceri e delle gioie sublimi della superficialità dell’uomo; l’altro basato sul dovere etico e blablabla. Vedete, per quanto interessante sia comprendere il discernimento tra i due stili di vita operato da Kierkegaard, così da poter divenire più (perdonate la forzatura linguistica) “a conoscenza” del nostro fare quotidiano, è importante capire come, per Kierkegaard, la vita stessa sia un aut aut.

Autore: Max Max alias Massimiliano: C’è perché c’è, fa quel che fa, è quel che fa. Talvolta riesce ad essere ciò che vuole. Talvolta è quel che è: Max, ma per pochi. Instabile, maneggiare con cura. Tenere fuori dalla portata dei bambini. Il prodotto è composto da parti tossiche pericolose. Evitare il contatto con occhi e mucose, qualora questo dovesse avvenire contattare un medico. Non è un prodotto medicinale.

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Il futuro altro non è che una sola possibilità, realizzata e realizzatasi, a discapito delle miriadi di possibilità che potevano essere ma che non sono state, e che mai saranno. La responsabilità, e la scelta, intervengono, nell’uomo, proprio per operare la cernita, per stabilire quale possibilità, fra le tante, dev’essere resa concreta e oggettivata a discapito di un cimitero infinito di possibilità distrutte. Da qui ha un senso la domanda “come dovremmo vivere?”. Perché un futuro pur deve realizzarsi, e noi saremo pur chiamati a realizzarlo, quindi è utile una guida, a noi stessi e di noi stessi, non extradiegetica e necessariamente onnisciente, che ci aiuti a operare quelle scelte che la necessità ci oppone lungo il percorso della nostra esistenza, al fine di realizzarci come individui. Ma, sempre un maledetto ma, in quest’epoca, non tanto stranamente, i giovani vivono una condizione diversa. Vivono, per essere esatti, la propria vita con una nota sorda e disperata, una nota di dolore: malgrado le scelte operate e la varietà infinita di possibilità bruciate, quell’unica realtà che noi scegliamo per renderla concreta… bè, non si realizza. Semplicemente i giovani ora disperano che le proprie scelte abbiano un senso e si concretizzino.

Ci vien chiesto di non essere schizzinosi, di accettare quelle possibilità di vita che altri hanno reso concrete per noi, ci vien chiesto di strizzarci all’interno, come un cerchio in un incavo rettangolare, e di adeguarci. Ci viene chiesto di accettare una scelta che spettava a noi, ma che ora a noi non spetta più. Come al solito, tornando al testo di ispirazione, Aut Aut! O accettiamo di perdere la caratteristica fondamentale che ci rende individui oppure soffriremo perché questo mondo ci lascerà ai margini, ci schiaccerà all’interno di ingranaggi pressanti ed infami che l’unico scopo che hanno sarà quello di non lasciarci più speranza di poter diventare delle persone degne di tal appellativo. Ma, un aut aut nell’aut aut, dal canto nostro o non accettiamo questo patto deplorevole oppure non saremmo più, semplicemente, individui. Perciò Kierkegaard aveva ragione: dobbiamo scegliere, e scegliere con cura, perché, in questa fase, in questo tempo, in quest’epoca, la posta in gioco non è soltanto il futuro o il nostro futuro ma siamo noi. Noi e quello che potremmo diventare, noi e quello in cui ci stanno trasformando. Eppure, stranamente… sembra che nessuno di quelli che ballano come teatranti ubriachi sul palco del potere… nessuno di quei tronfi e patetici interessanti “ai giovani”… nessuno sembra porci l’unico aut aut che conta davvero. Nessuno ci chiede: aut vi fidate di noi e accettate passivamente quello che programmiamo per voi aut vi rendete conto che questo mondo sarà lasciato a voi, quindi avete il diritto di decidere voi cosa è e quale deve essere il futuro. Chiederci per quale motivo nessuno di “loro” è interessato a fare, pubblicamente, questa domanda è semplice. Perché, noi, disperati e arrabbiati, li esautoreremo del loro potere così come loro, per mantenerlo, ci esautorano del nostro. La verità, che mi amareggia nel profondo, è un’altra. Perché nessun giovane si è posto questa domanda? E, se questa semplice dicotomia affiora sulla spuma cosciente dell’oceano profondo dei suoi pensieri, perché non l’ha posta ad un altro? E ad un altro, e ad un altro ancora? Perché? Ancora una volta la risposta è semplice, ed è contenuta proprio nell’incipit di questo pezzo. Ricordate i due stili di vita proposti ed analizzati da Kierkegaard? Quello edonistico e quello etico di responsabilità? A quanto pare abbiamo o hanno (spererei nella seconda, anche se temo che molti debbano assumersi la responsabilità della prima…) deciso che abbiamo bisogno di più cover sgargianti per il nostro Iphone 5. A tutti non posso che augurare buon call center a basso salario e buone rate, anche se mi addolora. Vorrei sperare che possa presto avere un senso dirvi semplicemente: buona vita, e che sia vostra! In fondo, se ben ci pensate, ci vuole molto più coraggio a morire, dentro e lentamente, che a guardare il mondo con gli occhi speranzosi di chi può cambiarlo. 9


IL DEMONE DI DIO Wayne Barlowe

Autore: Mauro Mauro Aka Various (13 febbraio1987) è un informatico valtellinese, attualmente codirettore del OUReports. Sognatore incazzato. Prova un amore folle verso gli animali e ne possiede di diverse specie. Scrivere è per lui uno sfogo, un momento di riflessione fra se e il mondo che sta dentro di lui.

www.tamalife.com

Cominciamo con il raccontare brevemente la storia che nel genere Fantasy è ancora inedita: perché? Non ci troviamo di fronte agli ormai noti vampiri e licantropi, ma davanti all'inferno, demoni ed anime dannate. L'autore, Wayne Barlowe, non è altri che lo sceneggiatore e disegnatore dei film di Harry Potter. Tutto il libro è visto attraverso gli occhi di Eligor, un demone di basso livello. Dopo la cacciata di Lucifero dal paradiso, i demoni vivono nell'oscuro regno dell'inferno. Nel buio eterno, tra paesaggi di spoglia roccia e fiamme inestinguibili, dove riecheggiano le strazianti urla di dolore delle anime dei dannati, due città si stagliano imponenti sopra tutte le altre: Dis, governata da Belzebù (erede di Lucifero) e Adamantinarx, governata da Sargatanas. Ovviamente siamo all’inferno: con cosa possono essere state create queste due città? Anime trasformate in mattoni. Vero protagonista della vicenda il demonio Sargatanas, uno dei primi ad aver affiancato Lucifero durante la ribellione e la guerra contro le potenze del cielo, ma anche il primo ad essersi pentito. Sargatanas sogna la redenzione e la riammissione al paradiso e per ottenerla dovrà sconfiggere il terribile sovrano dell’inferno, Belzebùb. Tanto per complicare le cose ci si mette l’amore di una donna ad alimentare la rivalità tra i due signori infernali, la regina Lilith, consorte di Belzebùb contro la sua volontà, e segretamente innamorata del protagonista. Riuscirà Sargatanas a salvare Lilith, redimersi dal suo peccato e tornare nelle immensità del cielo? Che fine ha fatto Lucifero, di cui nessuno ha più traccia dal momento della sua caduta? E a chi appartiene quella voce che straziante grida dai sotterranei di Dis, la capitale dell’inferno? Riusciranno le anime dell’inferno ad ottenere un riposo eterno meno doloroso? Queste sono soltanto alcune delle domande a cui troverete risposta leggendo il romanzo di Wayne Barlowe. Il libro ha una discreta longevità e mostra a tempi alterni la storia sia dal punto di vista del demone Sargatanas, sia da quello del principe Belzebùb, una rivalità che sfocerà in un conflitto epico tra eserciti infernali e sen10


za esclusione di colpi, fino ad arrivare al naturale duello finale. La storia è molto coinvolgente, anche se reputo sia stato scritto utilizzando un linguaggio non certo alla portata di tutti. L’esagerata e ossessiva ricerca dei particolari di ogni singola cosa, dagli edifici ai vestiti alle città e altro, rischia di far sfumare l’interesse del lettore e alla lunga di annoiare. Personalmente mi ha davvero preso molto, lo scrittore è riuscito a rendere perfettamente il libro come una sorta di grande murales, sono rimasto impressionato dalla descrizione dell'inferno e rapito dalla storia. Da un lato c'è molta desolazione, tristezza e violenza "sublime", dall'altro c'è però una forte speranza di questo demone che vuole riconquistare il suo posto perduto in paradiso ed il tutto è orchestrato con ritmi "giusti", lo sviluppo del pensiero di redenzione, l'allargarsi del pensiero fino a divenire azione e a capovolgere molte idee tra i demoni e le anime, senza contare la splendida figura di Lilith. Molto molto bello. 11


Sarà la musica che gira intorno Riflessioni su dove andrà a finire la musica dei nostri tempi

Sarà la musica che gira intorno quella che non ha futuro sarà la musica che gira intorno saremo noi che abbiamo nella testa un maledetto muro. (Ivano Fossati, La musica che gira intorno, 1983)

Autore: SangueBlues Vengo dalla provincia di Napoli, una città abbastanza caotica ma di cui, fin’ora, tra le città che ho visitato, non sono riuscito a trovarne una al pari, per magia, fascino, ricchezza artistica e vitalità. Suono il pianoforte e le tastiere in una band rock-blues con testi in napoletano, di cui compongo le canzoni. Adoro anche scrivere, in particolare racconti incentrati soprattutto sull’attualità, ma anche poesie e articoli.

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“La differenza tra me e te / non l’ho capita fino in fondo veramente bene”, “Eppure è gioia / se penso che son vivo / anche in mezzo al casino”, “I’m beautiful in my way / ‘cause God makes no mistake”, “Vieni con me / e-e-e / e-e-e”. (T. Ferro / Modà / Lady Gaga / Chiara) Le avrete ascoltate, o sentite coercitivamente queste grida, questi inni, questi slogan. Andate a comprarvi un paio di scarpe in un negozio in città, o meglio ancora in un centro commerciale, in un microcosmo globale, dove la gente fa di tutto, si va a divertire, va al cinema, a mangiare a lume di candela, si vede con gli amici, si isola dal mondo, cercando di trovare lì forse una concentrazione di quanto c’è di più tranquillo, “pulito” e moderno nel mondo esterno, e forse addirittura riesce a farci anche l’amore… entrate in questo negozio, anzi big store, che puzza di pelle, fintapelle, plastica cinese, e sentite quelle note, quel prepotente tappeto di tastiere che abbraccia quei battiti di batteria? o forse di ingranaggio industriale ultramoderno, dove il tutto cerca di lanciare nell’aere quella voce di fanciulla che arriva alle stelle, o meglio ai neon sferoidali del soffitto bianco crema. Voce indubbiamente di ragazza, di bella ragazza, di una bellezza impeccabilmente attuale, allineata, ma che emette acuti che vogliono essere di cantante matura, a volte addirittura simil-soul. Ma è sempre pop, pop modernissimo, che non sbava in altri orizzonti e stili, pop pop. Oppure dance. E la voce della fanciulla viene controcantata da quella di un’altra fanciulla schiava, che ti comincia a rompere le palle e quasi ti fa sobbalzare con acuti ben più acuti, “Ciao! Posso aiutarti?”, senza darti neanche il tempo di capire cosa cacchio si vende lì dentro. Esci poi dal centro commerciale, e senti le stesse canzoni da lontano, e i ritornelli che si ripetono all’inverosimile, casomai tornando a casa li dimenticassi. Accendi l’autoradio e… no, non ci credo. E a questo punto non so se e quanti si domandano, come me, quale sia l’utilità di questo bombardamento poppante. Perché da che mondo è mondo l’essere umano si è quasi sempre rotto le palle di fare, vedere e sentire sempre le stesse cose. Perché poi non abbiamo considerato il fattore tempo. Cosa c’è di diverso tra una canzone di Tiziano Ferro, di dieci,


undici anni fa e un’altra attuale? Per capirci, tra “Rosso relativo” (2001) e “La differenza tra me e te” (2011)? Diversità intesa non dal punto di vista della struttura, dell’arrangiamento, dell’esecuzione, ma per quanto riguarda il tipo di musica, l’aura musicale. E vogliamo parlare di Chiara? Cosa fa dire a molti che sia una voce bella, interessante, addirittura eccezionale? Cosa colpisce della sua voce e delle canzoni che canta? Tanto da farla diventare, dopo addirittura Sanremo, la voce jingle della Tim. Ai primi quesiti forse una risposta me la so dare, ma ai secondi, invece, mi risulta molto difficile. Prendiamo, a tal proposito, Noemi, altra protagonista del talent show “X Factor”. La voce è tagliente, blues, ma con un carattere che risuona subito come originale, suggestivo. È anche vicina all’indimenticabile voce della cantante romana Gabriella Ferri. Qualcosa di buono ogni tanto esce da questi talent. E che magari ha anche un probabile futuro, e cioè qualche elemento interpretativo, compositivo, che getta le basi per uno stile nuovo, che probabilmente non verrà presto dimenticato e che non farà dimenticare la maggior parte delle sue canzoni. Certo, qualcuno potrebbe a ragione asserire che anche Ferro ha creato uno stile, ha lasciato un’impronta nella storia della musica italiana e non solo. Va bene, ma in che modo riuscirebbe a far questo? Solo con la voce? Con quel tipo di voce “moderno”, che dà l’impressione di essere quasi surreale? E chi ricorderà la sua voce e le sue canzoni sarà mosso da un brivido, un’emozione spontanea, irrefrenabile, nata dal ricordo soltanto di poche note di un suo brano? Come la storica “Almeno tu nell’universo” interpretata nel 1989 dall’immensa Mia Martini, come le canzoni di Aretha Franklin, di James Brown… Ma una musica con un futuro non dovrebbe essere rappresentata solo da brani che

hanno fatto la storia, tra cui spesso figurano quelli che hanno avuto maggior fortuna, o che hanno sfruttato una moda, uno stile che stava attecchendo in quel dato periodo. A mio avviso tra i brani capaci di porre le basi per un arricchimento della scena musicale dovrebbero essere considerati anche quelli che lasciano una traccia più tacita, più sottile, ad esempio un bel pezzo caratterizzato da una ritmica che riesce a colpire le orecchie e le menti anche solo di una parte limitata di ascoltatori, riuscendo, però, a fornire spunti interessanti e costruttivi per altri musicisti che arricchiranno quella corrente e ad emozionare ancora chi lo ascolta a distanza di decenni. Brani come “A testa in giù” di Pino Daniele, “Freedom” di Richie Havens, “Ride Like the Wind” di Christopher Cross possono essere degli esempi. L’ultima canzone citata, infatti, possiede un enorme potenziale espressivo, emozionale, procurato soprattutto dall’accompagnamento sincopato e un po’ rabbioso del piano e dalla voce drammatica che si muove su una linea melodica insistente e grintosa, piena di suggestioni blues. Che sfocia, poi, senza traumi né forzature, in una grande sorpresa strutturale, una parte jazz fondamentalmente strumentale, con i cori che cantano un motivo composto da sillabe uguali, sostenuti dai fiati, una parte immensamente adrenalinica, emozionante. Tu che ascolti o ascolterai una canzone di Tiziano Ferro, di Chiara Galiazzo, proverai queste sensazioni? Ripensando alla struttura varia e ricca di canzoni come quella di Cross, brani con uno sviluppo graduale ma suggestivo della struttura, della carica emozionale, mi viene da pensare (e adesso potrei sembrare azzardato e persino astruso) che nel passato si era capaci di produrre musica propositiva, costruttiva, proprio perché al loro interno i brani sono già impregnati di futuro. Il brano in questo caso è una progressione, un crescendo, e probabilmente una canzone non è veramente tale se non possiede queste caratteristiche. Insomma molti pensano che un brano non deve mai essere statico. Se ascoltiamo quello famoso dei milanesi Modà, “Gioia”, citato nell’incipit, l’accompagnamento pop moderno stile inglese vicino ai Coldplay, in cui è protagonista la chitarra, è pressocché uguale in tutta la canzone, che è composta di tre strofe e altrettanti refrains. E in moltissime canzoni della scena musicale commerciale attuale, come quest’ultima, non presentano cambi di ritmo, variazioni di parti d’accompagnamento di uno strumento. Parlando dei testi, ma senza dilungarci, in quanto bisognerebbe leggerli con attenzione e decifrarne i messaggi, le sensazioni che vogliono trasmettere, lavoro che richiederebbe troppo tempo per evitare di formulare giudizi affrettati, spesse volte siamo circondati da pensieri impregnati di ovvietà, ma il problema, a mio avviso, resta la proposta musicale. Infatti di testi ovvi e banali, anche stupidi, ce ne sono stati anche in passato, ed è più difficile mettere in atto una certa omologazione tra i prodotti testuali. Mentre invece questo è ciò che sembra stia già da tempo verificandosi in quello musicale. Degli eventuali motivi se ne è parlato fin troppo, rischierei di essere banale. Occorrerebbe quindi, da parte degli ascoltatori, riflettere se, rispetto soprattutto alla musica di massa del passato, quella attuale sia capace o meno di trasmettere una carica espressiva che lasci una traccia, e che faccia sì che produca anche esempi qualitativamente degni di nota. 13


NO FUTURE. IL 2112 ATTRAVERSO LE NOTE DEI RUSH. “No Future” è una tematica che trova riscontro in qualsiasi ambito. Nelle proteste di tutto il mondo non sono rari slogan riportanti questo motto. In una puntata de “I Simpson” Maggie, la più piccola di casa, assemblea dei cubi con lettere dando vita proprio a queste parole: “No Future”. Poteva, allora, la musica rock metal mancare all’appello? Certo che no. Gli esempi, infatti, non mancano affatto. Una celebre canzone dei Sex Pistol è “No Future (God save the queen)”. Il gruppo svedese Arch Enemy, appartenente alla corrente melodic death metal, ha inciso nel 2004 un EP dal titolo “Dead Eyes See No Future”. C’è poi un gruppo che tratta questa tematica in uno dei lori cavalli di battagli. Sono i Rush. Gruppo rock canadese; formatosi nel 1968 nella città di Toronto, Ontario, Canada; è composto da Geddy Lee (basso/tastiere/voce), Alex Lifeson (chitarra) e Neil Peart (batteria e testi). La canzone in questione è contenuta nel loro quarto album: 2112. Pubblicato nell’aprile del 1976, registrato e mixato presso i canadesi Toronto Sound Studios, ha quali credenziali il certificato oro della RIAA (16 novembre 1977) e un triplo disco di platino (17 novembre 1995). Lo si può considerare il primo album del periodo progressive della band. Il primo brano, omonimo dell’album, è una suite di oltre venti minuti. Il testo, scritto dal batterista Neil Peart, è ispirato al romanzo “La vita è nostra” di Ayn Rand. Egli, infatti, nelle note dell'album ringrazia "Il genio di Ayn Rand".

La suite è divisa in sette parti: I Ouverture (0:00); II The Temples of Syrinx (4:33); III Discovery (6:45); IV Presentation (10:14); V Oracle: The Dream (13:56); VI Soliloquy (15:56); VII Grand Finale (18:17). L’ Ouverture è un'introduzione strumentale che si conclude con la frase: "And the meek shall inherit the earth" (riferimento alle beatitudini del Nuovo Testamento). La prima parte introduce le vicende che si svolgono dopo il 2062, anno nel quale, a causa di una guerra tra galassie, tutti i pianeti si uniscono sotto il governo della "Stella Rossa della Federazione Solare". Nella seconda parte, The Temples of Syrinx, vengono introdotti i personaggi dei sacerdoti del tempio di Syrinx che determinano 14

L'uomo nudo che con tutte le sue forze si oppone alla stella dalle cinque p l'immagine associata al brano 2112.


Autore: Giuseppe Giuseppe Alessandro Esposito alias Ayo Project. Chitarrista. Supporter di Mark Tremonti. Passioni: cinema, cucina, fotografia, letteratura, musica e viaggi.

punte è una delle immagini caratterizzanti la band canadese. È questa

ogni tipo di svago (musica, lettura, immagini ecc.) e tutto ciò che riguarda la vita nell'anno 2112, caratterizzati da una voce urlata di Geddy Lee. Discovery, la terza parte, invece, è appunto la scoperta di un uomo che nel mezzo di una grotta rinviene ciò che era precedentemente noto come "chitarra". L'uomo impara poco a poco a suonarla e scopre che può creare musica diversa da quella decisa dai preti. Il suo graduale apprendimento dello strumento è rappresentato da un aumento della complessità delle parti di chitarra di Lifeson (da una sola corda "aperta" pizzicata fino a più complessi pattern di accordi). Successivamente alla scoperta, nella quarta parte, Presentation, l’uomo porta la chitarra dai preti. Viene inscenato un dialogo tra loro: il protagonista è rappresentato da soffici parti di chitarra e voce calma, mentre i preti da chitarre hard rock e voce gridata (come in precedenza). I sacerdoti gli distruggono lo strumento asserendo che non calzava con il piano della Federazione. Il protagonista, depresso, torna nella grotta dove aveva scoperto lo strumento e lì si addormenta. È nella quinta parte, Oracle: The Dream, che l’uomo viene guidato in sogno da un oracolo presso una terra strana e meravigliosa: la terra dove si è stabilita la "Razza Antica" (gli ex-abitanti del pianeta cacciati dalla Federazione) che scappò molti anni fa dopo la sconfitta dei preti. La Razza Antica sta inoltre aspettando per ritornare e sottomettere i sacerdoti. Al suo risveglio, Soliloquy, parte sesta, l'uomo non crede che sia solo un sogno, quella bellezza gli appariva molto reale. Egli diventa sempre più triste col passare dei giorni nella caverna e decide di non poter più continuare a vivere sotto la Federazione Solare. Pone così fine alla sua vita. Dopo la sua morte, nella settima parte, Grand Finale, incomincia un'altra battaglia planetaria che, nel brano, si conclude con l'ambigua frase: "Attention all planets of the Solar Federation: We have assumed control”. Una prima curiosità riguardante il brano è che dal vivo vengono di solito eseguite soltanto le prime due parti del brano (Ouverture e The Temples of Syrinx) e l'unico album live dei Rush a presentare il brano completo è il triplo “Different Stages” del 1998. Altre due curiosità vengono riscontrate una nel mondo del cinema e l’altra nel mondo dei videogiochi. Nel film School of Rock, il protagonista interpretato da Jack Black assegna a uno dei suoi studenti, batterista, il compito di "ascoltare attentamente" 2112, affermando che Neil Peart è uno tra i migliori batteristi al mondo. Nel videogioco Guitar Hero: Warriors of Rock è presente l'intera suite 2112. Per la prima volta nella serie, una traccia musicale ha una precisa funzione ai fini della storia principale del gioco, per la precisione quando i primi quattro guerrieri del rock si accingono a prendere la chitarra leggendaria. Tra le varie parti del brano, oltretutto, vengono proposti dei filmati che hanno l'intento di narrare al meglio la storia della canzone. Curiosità a parte la canzone ha un chiaro messaggio: l’umanità non ha futuro. I sacerdoti del Tempio di Syrinx sono la chiara metafora degli oligopoli informatici sempre pronti a renderci tutti identici e privandoci, quindi, delle nostre caratteristiche, dei nostri difetti e di tutto ciò che ci rende unici. Alla produzione di massa si sussegue un atteggiamento di massa. Le nostre albe sono caratterizzate dalla nascita di greggi. Le processioni 15


religiose vengono sostituite da quelle notturne con l’intento di accaparrarsi la nuova app prima di chiunque altro. Le genuflessioni non si effettuano più in chiesa ma dinanzi alle industrie. Santi e martiri sostituiti da scatole. Le app sono appunto i nuovi sacerdoti. Gli avvertimenti nel corso degli anni sono stati innumerevoli. Dalla letteratura al teatro, passando per il cinema e la musica, autori e registi di ogni ambito hanno criticato la dannazione della tecnologia. Tecnologia che allo stesso tempo è una delle migliori scoperte di sempre ma dannata. Dannata perché l’uomo non fa altro che affidarsi a lei. Io non sono spaventato da un futuro apocalittico come quello descritto in Terminator. La mia paura è un futuro dove l’uomo smetta di credere in sé stesso. Non importa la religione. Non importa il genere musicale. Non importa l’ideologia. Io credo che l’uomo, per qualunque ragione, non debba mai smettere di credere in sé stesso.

I Rush. Da sinistra verso destra: Alex Lifeson (chitarra); Neil Peart (batteria e testi); Geddy Lee (basso/tastiere/voce). 16


MUSICA:

Invertiamo la rotta. Affichè si possa sviluppare un'arte piuttosto che un qualsiasi fenomeno si devono verificare delle condizioni. Se esse non si presentano in maniera favorevole nel momento e nel luogo giusto, allora probabilmente lo sviluppo verrà stroncato sul nascere oppure destinato a vivere carsicamente. In Italia poi, chissà come mai, il tutto sembra essere sempre più difficile da realizzarsi. Vuoi perchè siamo un paese per vecchi dove il nuovo deve sgomitare per lustri per emergere, vuoi per un'eccessiva burocratizzazione che impedisce di facilitare qualsiasi iniziativa sia in campo economico-sociale sia in campo artistico, fattosta che ad oggi assistiamo ad un lento, inesorabile declino della nostra società a cui pare impossibile porre rimedio. Questa riflessione è valida per tutte le attività: da quelle sportive

Autore: Alessio Alessio aka Aliu per gli amici con il cervello bruciato. E’ uno studente di Lettere Moderne alla Statale di Milano più o meno vicino a pensionamento. Perennemente in cerca di solitudine, rifugge la vita mondana e le persone troppo estroverse. Innamorato geloso dell’ Hip Hop italiano, divoratore semi professionista di SerieTV, come ogni Italiano medio ama stare sul divano davanti ad una bella partita di calcio, una gara di MotoGp o alla PlayStation. Più che sognatore fallito si definisce realista depresso. Qualità maggiore: generoso fino allo sfinimento. Difetto più grande:

a quelle culturali, dall'economia all'arte. Chi, ora come ora, è in grado di vedere un futuro roseo per queste attività? Fortunatamente qualcosa ha cominciato a smuoversi, specialmente in campo culturale. Mi riferisco principalmente alla “rimodulazione” della SIAE (Società Italina degli Autori ed Editori ndr.) Dal 21 Dicembre 2012 il “Nuovo IMAIE” (Istituto Mutualistico per la tutela degli Artisti Interptreti ed Esecutori ndr.) non ha più il monopolio nazionale sui diritti connessi al diritto d'autore. Che cosa vuol dire? Al posto del Nuovo IMAIE “vi saranno imprese che intendono svolgere o svolgono l'attività di amministrazione e intermediazione dei diritti connessi, indipendentemente dalla specifica forma giuridica o struttura organizzativa adottata.” Con parole semplici, vuol dire che il mercato dell'intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore è stato liberalizzato, con la conseguenza che ogni artista può scegliere liberamente da quale società, impresa o associazione farsi rappresentare per la gestione dei diritti, che la legge gli riconosce a fronte delle utilizzazioni delle opere alle quali ha preso parte. Con questo decreto del governo Monti, finalmente è stato riconosciuto il diritto degli artisti ad avere un diritto, ossia la facoltà della scelta di affidarsi liberamente per la gestione ed intermediazione dei propri diritti connessi, abbandonando definitivamente il monopolio del Nuovo IMAIE. Da sette mesi quindi, gli artisti possono e devono impegnarsi per costruire un mercato equo, competitivo ed efficiente, sia per il singolo artista, sia per un sistema che da ora deve essere in grado di ripartire promuovendo e rilanciando la cultura musicale ( ma non solo) nel nostro paese. Successivamente, navigando in rete mi sono imbattuto in un appello al ministro Bray,attuale Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo. Tale petizione chiede una sburocratizzazione che permetta a locali con capienza limitata la possibilità di far esibire dal vivo musicisti emergenti.

ne devo mettere solo uno vero?

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Di seguito l'appello:

“Gentile Ministro Bray, i Rolling Stones, gli Who, gli U2, ma anche i Beatles (nel mitico Cavern di Liverpool) hanno cominciato a suonare nei pub e nei locali dal vivo, per qualche decina di ascoltatore sparso tra i tavoli o in piedi con una birra in mano. La musica, come ben sappiamo, non è un prodotto preconfezionato. Nasce in situazioni imprevedibili –un incontro casuale sui banchi di una scuola davanti a una pizza, sulla rete- e cresce in luoghi spesso occasionali: uno scantinato, un garage, una soffitta. Ma subito cerca, come l’ossigeno, un pubblico e uno spazio per mettersi in scena, magari davanti a pochi amici o parenti durante una festa, un matrimonio, una serata in un locale. Aiutare la musica a crescere, significa offrire a migliaia di giovani donne e uomini la possibilità di suonare in pubblico e dal vivo. Offrire loro spazi da cui possano sprigionare la loro linfa vitale. Sapendo che l’investimento in musica moltiplica i valori iniziali; perché la musica non è mai solo tempo libero e intrattenimento, ma una corrente che accende la vita degli spazi in cui scorre, produce lavoro, attira pubblico, incentiva il turismo e alimenta la creatività. La musica è in altre parole una parte fondamentale della nostra economia; con un indotto esteso e articolato, che non riguarda solo chi fa parte della filiera (gestori, producer, autori, promoter, discografici, editori, artisti…), ma coinvolge e beneficia chi la musica la ospita, la promuove, la pubblicizza. Eppure oggi in Italia fare musica dal vivo è sempre più difficile. Un groviglio di permessi, licenze, autorizzazioni rende oneroso e complicato organizzare momenti di ascolto live: sia per chi la musica la fa che per chi la ospita. Noi crediamo, gentile Ministro, che una legge italiana sulla musica dal vivo sia oggi cruciale. Una legge che, in accordo con la SIAE e l’ex ENPALS (due oneri fissi per qualsiasi pubblico spettacolo) annulli le procedure burocratiche e i permessi per i locali –di qualsiasi tipo- che ospitano chi si esibisce dal vivo. Ci serve una normativa che stabilisca delle regole ragionevoli, come l’autocertificazione in rete degli spettacoli, una soglia massima di spettatori, orari condivisi per la musica su tutto il territorio nazionale; regole valide per tutti: gestori, artisti, fruitori, residenti. Anche perchè una legge siffatta saprebbe affrontare nel modo più efficace i disagi prodotti dai fenomeni della cosiddetta “Movida”. Moltiplicando nelle città italiane l’offerta di spazi dove si suona dal vivo (musica classica, rock, indie, jazz, blues, folk..) si diluirebbe infatti quella esacerbata concentrazione di folla attorno ai pochissimi locali in cui si può fare e ascoltare musica anche in ore serali. Per parlare solo di Milano, in pochi anni abbiamo perso il Derby, il Capolinea, la casa; 139 luoghi che hanno ospitato dal vivo le sonorità di artisti diversi e straordinari come Jannacci, Chet Baker e gli Afterhours. In Inghilterra dallo scorso ottobre è in vigore una legge, la “Live Music Act”, che liberalizza e gli eventi di musica dal vivo con meno di 200 spettatori entro le ore 23 - e che incentiva le formazioni che si esibisco18


no “in acustico”.Una legge che ha già cambiato il panorama musicale delle città inglesi e che ha avuto nel nostro Paese una fortissima eco mediatica. Un Ministro che ha presieduto per anni uno dei più straordinari eventi di musica dal vivo europei –la Notte della Taranta di Melpignano- può meglio di chiunque altro capire come una legge italiana sulla musica dal vivo sarebbe davvero, un “decreto del fare”. Tommaso Sacchi e Stefano Boeri Rilanciare la cultura è anche questo. Vi sono molti ragazzi che il sabato sera invece della discoteca preferirebbero ritrovarsi in un bar, un pub, un localetto tranquillo dove poter in allegra compagnia ascoltare il rookie di turno, che con passione e sudore compone i testi, li musica, ma ad oggi, allo stato attuale delle cose, non ha la possibilità di poter esibirsi dal vivo perché i locali non possono ospitarli perché non posseggono i permessi relativi all'idoneità di sicurezza. Come l'appello del Sacchi e del Boeri invoca anche qua da noi una riproposizione del “Live Music Act”, chi è sensibile all'arte, alla cultura e più specificatamente alla musica deve condividere un appello del genere, perché a volte basta poco, molto poco perché dei talenti possano emergere, e se per una volta invece di frustrarli, questo Paese li incentivasse sarebbe un guadagno sia per il patrimonio artistico del nostro Paese sia per l'amosfera che si respirerebbe nelle nostre città. Solo la musica dal vivo sa regalare quella magia che vibra fluttuando nell'aria, creando un'atmosfera di vitalità, di gioia, anche di romanticismo, rendendo l'aria respirata più dolce dalle melodie e dalle voci che si innalzano dentro i locali. Il futuro non è cosi fosco, se chi è in grado di cambiare le cose utilizzasse le sue competenze e i suoi poteri legislativi ed esecutivi. Per questo sento di potermi schierare con chi crede che la musica, come l'arte, debba avere un futuro, debba essere appoggiata e incentivata dalle istituzioni, perché l'unica cosa che è immortale è proprio essa.

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Concluso il processo Mediaset, a incerto il futuro del governo. Dopo un processo durato quasi tre anni e una seduta fiume di due giorni, giovedì 1 agosto la Corte di Cassazione ha confermato la condanna al senatore ed ex premier Silvio Berlusconi in riferimento al processo Mediaset. Immediata la reazione politica, con il PDL in fibrillazione, manifestazioni di piazza, veti incrociati e appelli al rispetto e al decoro istituzionale. Attualmente i toni sembra si stiano riappacificando, ma la tenuta dell'esecutivo guidato da Gianni Letta è tutt'altro che sicura e, anzi, lo spettro di una caduta del governo è dietro l'angolo. Ma procediamo per gradi e ripercorriamo brevemente la storia del processo. Nel giugno del 2003 su alcuni giornali compare la notizia, ancora da confermare, di una presunta inchiesta aperta dai pm del tribunale di Milano Fabio De Pasquale e Alfredo Robledo avente come oggetto l'emittente radiotelevisiva Mediaset, nella quale si accusano - tra gli altri - Silvio Berlusconi, per appropriazione indebita, frode fiscale e falso in bilancio; Fedele Confalonieri, per falso in bilancio; Marina e Piersilvio Berlusconi, accusati entrambi di riciclaggio -questa parte del procedimento sarà però stralciata e archiviata. In particolare, il leader poli-

Autore: Daniele Studente universitario speranzoso di diventare giornalista. “Chitarrista” a tempo perso; vive di musica e libri. Pensatore fallito. Agnostico praticante. “[...] And I will spend the rest of forever trying to figure out who I am”.

http://italianvoices.altervista.org

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tico è accusato di aver intascato 280 milioni di euro in nero, quindi di non aver pagato le tasse frodando di conseguenza gli azionisti della società - che, secondo l'accusa, sarebbe stata amministrata indirettamente da Berlusconi attraverso un sistema di prestanomi. Nei due anni successivi si assiste ad una serie di rinvii e rogatorie, fino a quando nell'ottobre del 2005 viene fissata la data dell'udienza preliminare. Contemporaneamente gli avvocati del cavaliere chiedono il trasferimento del processo a Brescia, sostenendo che diversi magistrati del tribunale milanese avessero investito in titoli Mediaset e, quindi, non sarebbero stati imparziali nel proprio giudizio. Il 12 maggio 2006 i pm chiedono il rinvio a giudizio per Berlusconi, mentre i suoi legali tentano invano di chiedere l'archiviazione del processo che inizia nel novembre dello stesso anno. Vengono prescritti i reati commessi fino al '99 e quello di falso in bilancio: rimane così solo l'accusa di evasione fiscale. Per quasi un anno, tra il 2008 e il 2009, il processo viene sospeso a causa del Lodo Alfano; riparte nell'ottobre del 2009 ma viene sospeso di nuovo per il riconoscimento del legittimo impedimento. I magistrati chiedono che si svolga nel weekend per non interferire con gli impegni politici del premier, mentre la difesa chiede che si tenga esclusivamente di lunedì. Dopo una serie di attacchi da una parte e dall'altra il procedimento riprende - siamo nel febbraio del 2011. La Corte Costituzionale giudica ammissibile il conflitto di attribuzione sollevato dai legali di Berlusconi; nei mesi successivi comunque viene avvalorata la tesi dell'accusa che chiede tre anni e otto mesi di carcere. Il 26 ottobre del 2012 il tribunale emette la condanna a quattro anni di reclusione - tre condonati a causa dell'indulto - e a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. Ghedini e Longo fanno ricorso in Appello, ma l'8 maggio 2013 la Corte conferma la condanna di primo grado. Le carte processuali approdano infine alla Cassazione, i cui giudici confermano le sentenze precedenti. In quanto senatore e ultra-settantenne, la condanna si riduce a un anno circa da scontare agli arresti domiciliari o in affidamento ai servizi sociali; rimane valida l'interdizione. Come anticipato, e come era facile aspettarsi, le reazioni politiche sono state immediate e hanno riguardato tutte le forze in campo. Il PDL ha subito fatto quadrato intorno al suo leader, esprimendo tutta l'indignazione verso quella che viene considerata una vera e propria persecuzione giudiziaria che minaccia


cativo l'intervento dell'ex ministro Sandro Bondi, secondo cui la sentenza del tribunale di Milano potrebbe dar vita ad “una forma di guerra civile dagli esiti imprevedibili […] Mi toglie il fiato anche solo sentirle pronunciare, queste parole. Condanna... reclusione... a lui, a un leader come lui. A una personalità politica che ai militanti del PDL scatena le stesse identiche sensazioni che Enrico Berlinguer scatenava nei comunisti italiani”; intervento che ha subito suscitato la reazione di Napolitano. Il giorno seguente, come previsto, i capigruppo Schifani e Brunetta si sono recati al Colle con l'intenzione di chiedere al Capo dello Stato una soluzione politica della vicenda -non potendo chiedere la grazia, che non può essere concessa a chi ha in corso altri processi-, in particolare una riforma della giustizia da tanto tempo auspicata. Berlusconi ha ora tempo fino a ottobre per decidere se scontare la pena agli arresti domiciliari - dovrà scegliere anche in quale residenza - o presso i servizi sociali; già operativo invece il blocco del passaporto che gli impedisce di lasciare il Paese – anche se, come egli stesso aveva ribadito, non ha mai inteso farlo: “non seguirò le orme di Craxi”, aveva precedentemente dichiarato.

la tenuta stessa della democrazia; il PD si è affrettato a ricordare la necessità di stabilità del governo e il rispetto per la magistratura; Scelta civica chiede che si tengano separati i due piani, politico e giudiziario; SEL e la Lega chiedono un ritorno alle urne mentre i sostenitori del Movimento 5 Stelle da un lato chiedono l'immediata attuazione della condanna, dall'altra informano che da parte loro non arriverà nessun sostegno al governo Letta in caso di necessità. Sopra il coro di voci si staglia il monito del Presidente della Repubblica, il quale si è subito espresso per riaffermare la terzietà della magistratura, il rispetto doveroso verso le sue sentenze e l'obbligo di portare avanti il governo che i parlamentari e i ministri hanno assunto. Non dobbiamo inoltre dimenticare il vincolo a cui è legato il settennato di Napolitano, che nel suo discorso di insediamento ha esplicitamente affermato di poter rinunciare alla sua carica qualora venisse minacciata la stabilità dell'esecutivo. Domenica 4 agosto il PDL ha indetto una manifestazione in piazza del Plebiscito, a cui hanno partecipato circa millecinquecento sostenitori del Cavaliere, il quale ha tenuto un lungo discorso a partire dalle 18:15. Se da un lato Berlusconi continua a professarsi innocente, scandendolo più volte durante l'intervento, dall'altra placa gli animi dei suoi e garantisce pieno sostegno al governo. Non mancano gli ormai abituali attacchi ai giudici, definiti ideologizzati e degni di una dittatura. Al termine della manifestazione, comunque, i toni erano ancora accesi: signifi-

Dunque il clima politico sembrerebbe più disteso rispetto a qualche giorno fa, anche se molti sono i dubbi sulla tenuta dell'esecutivo. Subito dopo la sentenza, infatti, i deputati PDL avevano presentato in massa la richiesta di dimissioni allo stesso Berlusconi; attualmente il pericolo sembra rientrato, ma la vicenda ha scaldato -non poco- gli animi. L'opinione di chi scrive è la seguente: quanto accaduto dimostra ancora una volta la capacità - e, se vogliamo, spregiudicatezza - politica del centrodestra, in grado di rovesciare una situazione estremamente sfavorevole a proprio vantaggio minacciando addirittura la caduta dell'esecutivo - minaccia poi apparentemente rientrata, probabilmente per non dare l'impressione di anteporre l'interesse “particolare” a quello della nazione. Non dimentichiamo infatti che il PDL, ormai prossimo alla scomparsa per far spazio a Forza Italia 2.0, è un partito leaderistico incapace di reggersi senza la figura carismatica del cavaliere - le ultime elezioni ne sono un esempio lampante -, per cui diventa fondamentale salvaguardare la sua immagine e la sua statura politica ad ogni costo. Allo stesso tempo il PD si dimostra sempre più debole: reduce da una tornata elettorale “persa” clamorosamente, da un'alleanza di governo che ha fatto storcere il naso a buona parte dei sostenitori, da una diatriba estremamente sofferta riguardante l'elezione del Capo dello Stato e, infine, dilaniato dai conflitti interni, il Partito Democratico ha mostrato di essere succube del suo principale antagonista, dovendosi difendere in una situazione che, al contrario, avrebbe dovuto vederlo in una posizione di vantaggio e non riuscendo a imporsi come ci si sarebbe aspettato. Sarà impossibile tenere separate le vicende giudiziarie da quelle politiche; nei prossimi mesi il PD dovrà dimostrarsi all'altezza del suo ruolo battendosi per la stabilità dell'esecutivo e cercare di recuperare posizioni rispetto al PDL, altrimenti la sua credibilità ne risentirà e si farà più concreto il rischio di una sua spaccatura. Dal canto suo il PDL dovrà scegliere tra il rispettare il mandato elettorale o il battersi fino all'ultimo in difesa del suo presidente, anche se questo significherà porre fine alla legislatura e rendere più vicino il rischio di 21


un ritorno nel baratro della crisi. In definitiva: stiamo vivendo un momento importante della seconda Repubblica, un agosto torrido sul piano politico-giudiziario in cui sono molti gli interessi in ballo. Ci auspichiamo comunque che queste vicende non distolgano lo sguardo del governo da quella che è la sua mission principale, ovvero il risanamento del Paese e la ripresa economica. Ci sembra che questi temi abbiano il primato su tutto il resto, e ci auguriamo che le altre questioni - specie se riguardano singole figure politiche vengano messe in secondo piano rispetto all'interesse precipuo della società. A riaccendere la polemica c'ha pensato però il giudice Esposito, membro della giuria che ha confermato la condanna, il quale durante un'intervista rilasciata alla testata Il Mattino si sarebbe lasciato sfuggire alcune dichiarazioni sulla propria decisione. Subito sono arrivate le smentite da parte del diretto interessato, il quale ha parlato di manipolazione giornalistica, e le controsmentite da parte del direttore del giornale che, dal canto suo, sostiene di avere i file audio dell'incontro. I difensori dell'ex premier naturalmente hanno preso la palla al balzo per sottolineare ancora una volta l'inaffidabilità della magistratura e la necessità della riforma della giustizia. A ben vedere il fatto in sé è di ben poca rilevanza - si tratta pur sempre della dichiarazione di un singolo giudice, che parlava a titolo personale in un clima amichevole e non a nome dell'intero collegio -, ma apre a importanti spunti di riflessione. Innanzitutto rappresenta un autogol per la magistratura, che vede minata la propria credibilità - ricordiamo infatti che nessun giudice può esprimere opinioni sui procedimenti prima che vengano pubblicate le motivazioni ufficiali, quindi questo caso rappresenta una rottura rispetto alla tradizione precedente - offrendo il fianco ai detrattori e agli attacchi più duri; mette poi sotto accusa il giornalismo, ponendo forti interrogativi su quali siano i confini tra diritto d'informare e rispetto delle norme vigenti; infine sottolinea la necessità da parte del legislatore di intervenire in un ambito delicato quale quello dell'informazione giudiziaria, in cui troppi sono i vuoti normativi che possono causare incidenti anche gravi - vedasi il fenomeno delle "talpe", delle "gole profonde" o delle fonti interne alla magistratura che forniscono informazioni spesso distorte ai giornalisti, i quali le diffondono poi all'esterno contribuendo a generare climi d'opinione a volte lontani rispetto alla realtà dei fatti.

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cotti al sole

Autore: Elisabeth Elisabeth Hair Stylist dalla mente contorta e insana. Amore folle per gatti e felini, scrittrice notturna incompresa. Appassionata di letteratura inglese e poesia, vive in un universo parallelo con la dedizione per la moda in tutte le sue forme.

http://insaname.blogspot.it/

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Se avete giĂ superato senza alcun problema la prova bikini, allora siete carichi per affrontare una nuova prova, l'abbronzatura perfetta. Tanto per capirci l'abbronzatura non è altro che la conseguenza di un meccanismo naturale di difesa della pelle che i medici chiamano “Melanogenesi". In sostanza si tratta della produzione di melanina da parte di particolari cellule della cute, con lo scopo di creare un naturale filtro protettivo contro l'aggressivitĂ dei raggi solari. Raggi che possono provocare ustioni e accelerare l'invecchiamento cutaneo, se non si adottano particolari precauzioni. Ossessione che giunge dall'America, dove a soffrire di questo bisogno spasmodico di avere la pelle abbronzata sarebbe almeno uno studente americano su quattro. La sindrome, chiamata Tanoressia, si manifesta sotto la forma delle tipiche ossessioni: chi ne soffre non si sente a proprio agio se, guardandosi allo specchio, si vede una pelle sbiadita e troppo lattea. In estate spende tempo e soldi per esporsi al Sole, mentre in inverno frequenta i solarium sottoponendosi a frequentissime quanto dannose ses-


sioni di lampada abbronzante o doccia solare ai raggi UV-A. Ci tengo a dare un accenno generale e doveroso sui vari rischi e danni, proprio per ricordarvi che esporsi al Sole va bene ma non fa bene, ecco perché bisogna riporre la giusta attenzione scegliendo la crema solare adatta al proprio tipo di pelle.

Pelli scure. Richiedono protezione ma sono meno esposte al rischio di scottature. Vi consiglio di scegliere la linea solari Bronze Goddess di Estèe Lauder:

Offre una protezione solare integrale. I filtri fotosensibili ad ampio spettro anti UVA e UVB sono associati a microcapsule antiossidanti che garantiscono la miglior difesa contro l’invecchiamento solare. Il Tanosiolo, precursore della melanina, agisce per favorirne la sintesi naturale. L’abbronzatura, biologicamente e naturalmente stimolata, si svela in maniera rapida e uniforme. Il suo splendore è prolungato nel tempo. Provata, efficace e fortunatamente salva da qualsiasi tipo di scottatura.

Viso. Tengo a precisare che il viso necessita sempre di un solare specifico, in quanto parliamo di pelli sensibili. Silky Bronze Sun Protective Cream for Face di Kanebo:

Contiene olio di macadamia e di kukui, che completa la difesa oltre che dai raggi UVA e UVB anche da altri elementi aggressivi dell’atmosfera. Il nettare di albicocca e l’olio di cocco inclusi nella formula contribuiscono a rendere la crema idratante e nutriente. Una profumazione esotica, estiva, rinfrescante con le note di ambra, crema di cocco, vetiver, mirra e legno di sandalo.

È una linea formulata con ingredienti anti-età per idratare rassodare e prendersi cura della pelle dall’interno. Rinforzata con filtri solari spf 50 garantisce un’eccellente difesa dai raggi UVA e UVB anche in caso d’irraggiamento intenso.

Pelli chiare.

Super Stick Solaire zone sensibili Spf 30 di Sisley:

Richiedono protezione massima e costante, perfetta la linea di solari Bronze Crème Protectrice Sublimante SPF 30 di Dior:

Un prodotto water-resistant specifico per il viso, ideale per chi fa sport, facile e rapido da applicare. La ricerca Sisley ha selezionato degli schermi minerali UVA e UVB a largo spettro, composti di Ossidi di Titanio e Zinco micronizzati, particolarmente adatti alle zone più sensibili del viso. Le difese naturali della pelle sono rinforzate dall’Acetato di Vitamina E, anti-ossidante, che aiuta a contrastare i radicali liberi. Naturalmente vi ricordo che l'esposizione al Sole va assolutamente evitata nelle ore centrali della giornata e soprattutto non dimenticatevi che le aragoste son buone a tavola non sulla battigia.

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WRITERS

Seduti a bordo di Banshee

"Salve, potrei farle un ritratto? Ha dei lineamenti particolari, ci terrei davvero signora…" "E quanto mi costerebbe?" "15 euro, ma per lei potrei fare anche meno. Non le rubo molto tempo, non se ne pentirà." "Vede, il mio lavoro è considerato ai margini, ma nessuno ne coglie la vera essenza. Agli occhi di tutti sono un ritrattista fallito in cerca di soldi, che resta ore e ore in attesa sperando che tra i passanti qualcuno si fermi ad ammirare i miei ritratti, le caricature...che qualcuno compri anche solamente una mia opera. Per me è tutt’altro, per me si tratta di un modo di vivere, mi arricchisco ogni giorno dei loro sguardi. Vedo turisti, lavoratori, gente di ogni tipo, e in ogni loro gesto posso leggere il loro animo, il passato, le emozioni. Come se fossero un libro aperto, se mi avessero portato appreso per tutta la loro vita. Capisce?" "Insomma…" sussurra, cercando di non muoversi troppo. "Le posso dare del tu? Non sono solito viaggiare, come puoi ben immaginare. I miei unici viaggi sono stati con lo zaino in spalla, a osservare il mondo nelle mie capacità. Non sono mai andato così lontano, ma le avventure migliori che ricordo d’aver fatto consistono nei miei ritratti. Qualche giorno fa ho ritratto una turista inglese incuriosita dai miei disegni; conosceva l’italiano, mi ha raccontato di abitare in una piccola cittadina sulla costa orientale, una di quelle in cui non arriva mai l’estate e la pioggia batte incessantemente anche per giorni, e nei suoi occhi riuscivo a immaginare tutto, dalla luce che avevano mentre ne parlava. Quello sguardo ha percorso chilometri e chilometri, visto mondi che non raggiungerò mai in vita mia, raccolto esperienze che lo hanno portato a cambiare, ad arricchirsi. Quello sguardo mi parlava, mi stregava tra le grigie scogliere di un anonimo paesino inglese, tra le gocce di pioggia che calpestano il mare, che creano un'atmosfera cupa ma nel contempo dolce, familiare per lei. I lineamenti del suo viso erano erosi dai suoi ricordi, e mi mostravano tutti quei luoghi, li assaporavo con i miei sensi in un'esperienza quasi onirica. È questo il mio lavoro, il mio scopo. Ritraggo momenti nei volti della gente che andrebbero cancellati dal tempo, li trattengo sulla carta e nella mia mente, e nonostante mi separi dalle mie opere, ciò che resta è impresso in me, diventa parte del mio essere". Un attimo di silenzio, imbarazzato per lui, per la sua troppa confidenza, ma di comprensione per lei, che pur non rispondendo per timore di rovinare il disegno, lo guarda negli occhi e annuisce, sorridendo lievemente. Una piccola ruga si forma vicino alle sue labbra, un altro tassello a far parte della sua esistenza.


Ricetta Pizzocheri D.O.C. Ingredienti (dosi per 4 persone): 400 g di farina di grano saraceno 100 g di farina bianca 200 g di burro 250 g di formaggio Valtellina Casera dop (den.ne di origine protetta) 150 g di formaggio in grana da grattugia 200 g di verze 250 g di patate uno spicchio di aglio, pepe

Autore: Mauro Mauro Aka Various (13 febbraio1987) è un informatico valtellinese, attualmente codiretto-

Preparazione: Mescolare le due farine, impastarle con acqua e lavorarle per circa 5 minuti. Con il mattarello tirare la sfoglia fino ad uno spessore di 2-3 millimetri dalla quale si ricavano delle fasce di 7-8 centimetri. Sovrapporre le fasce e tagliarle nel senso della larghezza, ottenendo delle tagliatelle larghe circa 5 millimetri. Cuocere le verdure in acqua salata, le verze a piccoli pezzi e le patate a tocchetti, unire i pizzoccheri dopo 5 minuti (le patate sono sempre presenti, mentre le verze possono essere sostituite, a secondo delle stagioni, con coste o fagiolini). Dopo una decina di minuti raccogliere i pizzocheri con la schiumarola

re del OUReports. Sognatore incazzato. Prova un amore folle verso gli animali e ne possiede di diverse specie. Scrivere è per lui uno sfogo, un momento di riflessione fra se e il mondo che sta dentro di lui.

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e versarne una parte in una teglia ben calda, cospargere con formaggio di grana grattugiato e Valtellina Casera dop a scaglie, proseguire alternando pizzoccheri e formaggio. Friggere il burro con l'aglio lasciandolo colorire per bene, prima di versarlo sui pizzoccheri. Senza mescolare servire i pizzoccheri bollenti con una spruzzata di pepe. 27


concerti di settembre Franco Battiato 02/09/2013 alle 21:00 a Verona Asaf Avidan 02/09/2013 alle 21:00 a Grugliasco (TO) Niccolo' Fabi 04/09/13 / 21.00.00 (PV) Renato Zero 10-11-13-14 /09/2013 alle 21:00 a Assago (MI) Paramore 10/09/2013 alle 21:00 a Bologna (BO) David Byrne & St Vincent 11/09/2013 alle 21:00 a Roma (RM) Eros Ramazzotti 11-13-19/09/2013 alle 21:00 a Verona (VR) Ligabue 16-17-19-20-22-23/09/2013 alle 21 Verona The Winery Dogs 18/09/2013 alle 21:00 a Trezzo sull'Adda (MI) Marco Mengoni 25/09/2013 alle 21:00 a Milano (MI) Marco Mengoni 28/09/2013 alle 21:00 a Roma (RM) 28


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