

SOM MA RIO
Un quadriennio indimenticabile
Leonardo Arnau 12
L’avvocato che verrà... Francesco Rossi 16
“Essere” avvocato, oggi... Appunti di un Consigliere uscente Gloria Bizzotto 18
Marketing per lo studio legale: e se fosse una questione di obiettivi? Carolina Brunazzetto 21 Il ruolo dell’avvocatura Barbara Melinato 22
In copertina: il monumento equestre di Erasmo da Narni detto “il Gattamelata”, morto a Padova il 16 gennaio 1443.

La maestosa opera di Donatello sul sagrato del Santo è al centro attualmente di una querelle sul suo restauro, che coinvolge Ministero della Cultura e Vaticano. Foto tratta da “Padova in foto”.
Il nostro Sportello per il cittadino Cos’è, a chi e a cosa serve Carola Rossato 24 Lo sportello di ascolto... per vincere il pessimismo Barbara Burla 26
Gli Ordini territoriali e le norme antiriciclaggio. Brevi riflessioni di fine mandato Stefano Fratucello

Direttore Responsabile
Redazione
Progetto grafico della testata Grafica e stampa
28
La Mediazione e l’avvocato Negoziatore. La tutela degli “interessi” anche ... oltre i “diritti” Mario Liccardo 32
Cassa Forense. Bilancio di una grande esperienza Franco Smania 35
I colleghi Padovani negli Organismi nazionali ed internazionali dell’Avvocatura La Redazione
36
Pillole di in-formazione... dalla Commissione Formazione Jacopo Al Jundi, Monica Scabia 38
Ginnastica della mente e ginnastica ... sul serio! Alessia Casotto 40

In ricordo di... La Redazione 41
Gaudeamus igitur! Paolo Alvigini
Mario Liccardo
Gloria Bizzotto, Alessia Casotto, Alberto Panazzolo, Giuseppe Pavan, Carola Rossato
Massimo Malaguti Grafiche Erredici Srl, Padova
Autorizzazione del Tribunale di Padova Iscrizione al Registro Stampa del Tribunale di Padova n. 1892



È appena finito un anno “complicato” un po’ per tutti e “difficile” per molti. Anche perché ha fatto seguito ai due precedenti, che ci avevano fatto vivere giorni addirittura drammatici. Il Consiglio dell’Ordine uscente nel quadriennio di sua attività ha perciò dovuto operare spesso in una situazione di emergenza, ma nel consueto spirito di servizio verso le Colleghe ed i Colleghi. Ed a loro, all’alba del nuovo anno, rivolge quindi i più calorosi auguri perché il 2023 sia prodigo di serenità e benessere per tutte e tutti.


UN QUADRIENNIO indimenticabile

1. UN BILANCIO DELL’ATTIVITÀ
SVOLTA, TRA OBIETTIVI PROGRAMMATICI E PANDEMIA
La valutazione ed il giudizio sul lavoro svolto dal Consiglio in questi quattro anni, così fortemente segnati dalla crisi pandemica, lo darete voi colleghi. Ciò che intendiamo fare in questo numero de “La Ragione”, che vede terminare il nostro mandato, è illustrare i progetti portati a conclusione e gli obiettivi che riteniamo di essere riusciti a conseguire, indicando alcune direttrici sulle quali si è snodata la nostra attività, che vi possano aiutare a cogliere il senso del nostro impegno. Ed indicare anche le questioni sulle quali, a mio modo di vedere, sarà necessario profondere rinnovate energie nei prossimi anni. Anzitutto, voglio ringraziare i colleghi che hanno fatto parte del Consiglio, per il loro impegno, per la loro competenza e passione, per avere posto sempre, a fondamento del loro agire, un accentuato spirito di servizio. Quanto il Consiglio è stato in grado di conseguire in questi anni è merito loro. È pure merito dei consiglieri se abbiamo saputo mantenere l’entusiasmo e l’unità di intenti che hanno caratterizzato il nostro mandato, supportati in maniera competente e puntuale dal nostro personale amministrativo, che pure ringrazio per il prezioso lavoro svolto in favore dei colleghi e del Consiglio. Quando siamo stati eletti, con una diffusa partecipazione (oltre 1600 votanti), segnale non scontato di attenzione alle sorti collettive dell’avvocatura (un
piccolo record del quale andare fieri), ci eravamo prefissi il raggiungimento di precisi propositi programmatici, chiedendo, su di essi, la fiducia dei colleghi. E penso che questa debba essere una modalità da seguire anche in futuro, perché a prescindere dagli uomini che le interpretano, prima sono necessarie le idee.
2. LE LINEE GUIDA DELL’ATTIVITÀ CONSILIARE
Abbiamo ispirato la nostra azione secondo alcune linee guida di “consapevolezza” che: l’Avvocatura è baluardo dei diritti fondamentali dei cittadini in quanto gli avvocati sono strumento attivo di tutela del cittadino nei confronti del potere pubblico e tra le parti, concorrendo così alla realizzazione concreta del principio di uguaglianza; “gli avvocati, nel loro ruolo, sono protagonisti dell’amministrazione della Giustizia, direttamente coinvolti nel suo funzionamento e nella difesa della parte assistita” (cfr. Grande Chambre Corte Europea dei Diritti dell’Uomo 23.04.2015, Morice c. France): nel loro ruolo difensivo dei diritti e delle libertà delle persone, che rappresenta la specificità della professione forense, gli avvocati hanno il diritto e il dovere di far sentire la propria voce, dentro e fuori le aule giudiziarie; il ruolo e l’indipendenza degli avvocati sono fondamentali per la tutela
L’attività del Consiglio
dei diritti delle persone, tanto nel processo quanto nei contesti extragiudiziali di composizione consensuale dei conflitti;
la conoscenza e l’osservanza della deontologia, rappresenta la via maestra per preservare la professione forense. Osservare l’etica professionale è come guardarsi allo specchio: rispettare per essere rispettati, rispettare gli altri per rispettare sé stessi.
3. L’ORDINE COME SERVIZIO

Ci eravamo proposti di essere un Consiglio al servizio dei colleghi, che avesse la finalità di rendere la loro vita professionale meno complessa, impegnandoci ad essere un punto di riferimento per loro ed espressione di una comunità che non dimentica nessuno, particolarmente i colleghi che soffrono in questo momento la crisi economica, acuita dalla pandemia. In altri termini, un organismo a servizio e tutela degli iscritti e dei cittadini, che in esso devono trovare un alleato
In questo senso, abbiamo posto in essere, DURANTE LA PANDEMIA, cinque azioni meritevoli di essere ricordate:
1. unico ordine in Italia, abbiamo deliberato il dimezzamento delle quote di iscrizione, già tra le più basse a livello nazionale, per l’anno 2020, quando la nostra attività si è dovuta fermare per molti mesi;
2. d’intesa con la Presidenza del Tribunale e la Procura della Repubblica, abbiamo ideato, realizzato ed in larga misura finanziato un progetto di messa in sicurezza del Tribunale, al fine di consentire la più celere ripartenza dell’attività giudiziaria del nostro Tribunale, a tutela degli interessi professionali degli iscritti;
3. abbiamo promosso il progetto “Ripartiamo in sicurezza”, completamente finanziato da Cassa Forense, che ha consentito a tutti i colleghi
di fruire di un servizio gratuito per effettuare, con celerità, tamponi antigenici rapidi;
4. siamo stati tra i primissimi ordini in Italia ad attivare la formazione a distanza, secondo le nuove indicazioni emergenziali del CNF, organizzando otto webinar trai primi di marzo e l’aprile del 2020, utili anche a riannodare i fili del nostro essere comunità;
5. abbiamo stipulato – e poi dismesso –numerosi protocolli su base circondariale e distrettuale per la celebrazione, anche a distanza, di processi penali, civili e tributari, con il pieno coinvolgimento delle Associazioni forensi competenti per materia, illustrandoli in molteplici eventi formativi da remoto.
PRIMA E DOPO la fase più acuta dell’emergenza:
Abbiamo provveduto ad una significativa rivisitazione delle forniture di beni e servizi da parte di terzi, nella convinzione della sacralità della gestione dei soldi degli iscritti, che ci ha consentito contenimenti di spesa non irrilevanti, lavorando affinché i bilanci fossero e siano improntati a criteri pubblicistici.
Fra i primi in Italia abbiamo adottato regolamenti conformi alle disposizioni sulla trasparenza dell’azione amministrativa, in ossequio alle indicazioni provenienti dall’Anac ed alle linee guida in materia di antiriciclaggio del CNF. Oggi il nostro piano, elaborato dall’avv. Stefano Fratucello, è stato messo a disposizione ed utilizzato anche dagli altri ordini del Triveneto.
Abbiamo provveduto all’indizione di un concorso pubblico – per la cui organizzazione ringrazio il Consigliere Segretario, Antonio Zago – per l’assunzione di un nuovo collaboratore amministrativo, anche in vista dell’imminente pensionamento di una storica collaboratrice.

Per ciò che attiene la formazione professionale continua, proprio grazie al determinante contributo delle Associazioni forensi e della Fondazione Forense, è stato possibile per i colleghi continuare a fruire di moltissimi eventi gratuiti accreditati dalla Commissione Formazione, conferendo stabilità alla collaborazione fra Ordine, Associazioni, Università, Scuola Superiore della Magistratura e ANM del Veneto affinché la formazione non sia avvertita come un faticoso obbligo, ma bensì un’occasione di crescita.
autonomia alla Fondazione Forense di Padova, con lo scopo di implementare, in termini di qualità e quantità, i momenti di accrescimento professionale rivolti ai colleghi e ringrazio l’avv. Francesco Rossi, per avere accettato la sfida di mettersi alla guida di questo nuovo progetto.
Dopo l’entrata in vigore del nuovo regolamento per l’acquisizione ed il mantenimento del titolo di avvocato specialista abbiamo immediatamente istituito una Commissione (costituita dagli avvocati Zago, Melinato, Brunazzetto, Furlan, Rossi, Martin e Fratucello, oltre allo scrivente) al fine di vagliare la correttezza formale delle domande da indirizzare al CNF e con il compito di concludere apposite convenzioni con l’Università, al fine di definire i percorsi formativi idonei all’acquisizione dei titoli.
Una delle prime decisioni assunte dal Consiglio è stata quella di conferire
Assieme al Comitato Scientifico della Scuola Forense siamo pronti ad affrontare il nuovo orizzonte indicato per la Scuola forense dalla legge professionale, dal Regolamento Ministeriale n. 17 del 2018, entrato in vigore l’1 aprile del 2022, e dalle linee guida emanate dal CNF, che hanno ridefinito le funzioni della Scuola e le materie di insegnamento, introducendo la necessità di verifiche periodiche per l’efficacia del percorso formativo. Colgo l’occasione per ringraziare il direttore della scuola, avv. Lorenzo Locatelli, il presidente del Comitato scientifico, avv. Nicola Cospite, i docenti, i tutores, che hanno fatto si che la nostra scuola forense abbia continuato a fornire un servizio importante ai nostri giovani praticanti.
In ossequio all’invito del CNF, che ha stipulato col Ministero della Giustizia uno specifico protocollo, abbiamo istituito il Nucleo locale di monitoraggio sulla disciplina dell’Equo compenso, composto dagli avvocati Ferraro, che lo ha coordinato, Rossato e Molinari, al fine di monitorare il rispetto e l’applicazione della disciplina relativa (ora in fase di ripensamento legislativo).
L’attività del Consiglio
Abbiamo sottoscritto numerosi Protocolli, fra i quali ricordo quello per la regolamentazione dell’attività degli Amministratori di sostegno, elaborato dal Tavolo delle Associazioni forensi, che è stato in questi mesi un riferimento prezioso per il Consiglio, al fine di segnalare problematiche e criticità, cui abbiamo cercato di porre rimedio.

La collaborazione ed il dialogo con la Presidente del Tribunale e il Procuratore della Repubblica sono stati costanti e proficui, nel rispetto dei ruoli di ciascuno, ma anche nella consapevolezza che si possano compiere insieme ampi tratti di strada.
Abbiamo, inoltre, stipulato un protocollo con l’Unione dei Comuni del camposampierese mettendo a disposizione di quelle comunità i servizi dello Sportello per il cittadino, per sottolineare l’importanza della giustizia di prossimità e partecipiamo al Tavolo per il contrasto al disagio giovanile istituito presso la Prefettura di Padova – con la quale abbiamo pure siglato il protocollo per la gestione degli sfratti – recandoci negli istituti scolastici cittadini per diffondere la cultura della legalità.
Infine, segnalo che firmeremo due ulteriori protocolli:
x quello per la richiesta dei certificati ex art. 335 c.p.p., utilizzando il sistema del portale per il deposito degli atti penali, col superamento delle richieste tramite pec ed il protocollo c.d. inclusione, frutto della
fattiva collaborazione col Comitato pari opportunità, che appronta misure pratiche per lo svolgimento delle udienze o dell’accesso in cancelleria per l’ipotesi di inabilità temporanea o di disabilità del tirocinante o dell’avvocato. Di grande importanza è stato anche il contributo della Commissione informatica che ha ereditato una situazione complessa, dovendo affrontare la disdetta di OpenDotCom e l’abbandono di Consolle Avvocato. Nell’imminenza del passaggio al software Pro-PCT, sviluppato appositamente per gli ordini forensi del Triveneto, abbiamo organizzato 14 incontri informativi sul nuovo software, in fase di ulteriore implementazione. Abbiamo proceduto anche a modificare completamente la comunicazione dell’ordine, indotti anche dalla pandemia, con l’aggiornamento quotidiano del sito, dei profili Twitter e Facebook ed il canale Telegram. Ed abbiamo rinnovato la convenzione con Namirial per la fornitura gratuita a tutti gli iscritti della PEC e del programma di fatturazione elettronica. Abbiamo proceduto ad una riorganizzazione dell’Organismo di Mediazione, oggi davvero molto utilizzato dai colleghi e dell’Organismo per la gestione delle crisi da sovraindebitamento, stipulando con la Camera di Commercio di Padova – tenuta all’istituzione dell’OCRI (Organismo di composizione della crisi d’impresa) – apposita convenzione, con l’obiettivo di sancire la collaborazione relativamente all’attuazione delle nuove norme in materia di crisi d’impresa.
4. RICONQUISTARE AUTOREVOLEZZA E CREDIBILITÀ
Sempre sotto il profilo delle chiavi di lettura della nostra azione, abbiamo ritenuto che fosse compito prioritario del Consiglio contribuire – entro i limiti che gli sono propri – al tentativo di far riconquistare credibilità e autorevolezza all’avvocatura.
Nazionale Forense e da Cassa Forense ed abbiamo riproposto l’iniziativa l’“Avvocatura incontra la città” e, per la prima volta, assieme alla Fondazione, il Congresso giuridico forense.

Una nota positiva, sempre nel segno di ridare credibilità alla nostra professione, ritengo provenga dai Congressi Nazionali Forensi tenutesi a Roma e Lecce, cui i delegati padovani hanno attivamente partecipato, come testimoniato dalla lettura dell’apposito pezzo contenuto in questa Rivista.

Per questo abbiamo attribuito importanza e dignità al momento dell’impegno solenne dei giovani avvocati e praticanti, nel quale i giovani entrano a pieno titolo nella professione ed è importante ricordare loro che anche il nostro futuro dipenderà da come essi interpreteranno la nostra funzione.
Infine abbiamo inteso riaffermare sempre l’assoluta centralità nel nostro sistema costituzionale del diritto di difesa, oggi posto in discussione su più fronti. In questa prospettiva, con riferimento alla drammatica condizione nella quale sono costretti ad operare gli Avvocati in Paesi in cui vi è una brutale compressione dei diritti e delle libertà fondamentali, il Consiglio ha ritenuto di manifestare la propria vicinanza a questi colleghi. È accaduto in modo particolare per i colleghi egiziani e turchi, a favore dei quali il Consiglio ha partecipato alla mobilitazione internazionale in loro favore, delegando a presenziare a diversi processi in qualità di osservatori colleghi padovani.
In questo quadro, abbiamo aderito al
Analogamente, abbiamo inteso valorizzare la cerimonia di consegna delle Toghe d’oro, uno dei momenti più emozionanti e densi di significato della nostra consiliatura.
Anche in questa ottica abbiamo sempre partecipato attivamente all’Unione Triveneta dei Consigli degli Ordini dove è entrato a far parte del Consiglio di Presidenza, in qualità di Vicepresidente, l’avv. Domenico Lucarini.
Abbiamo sempre partecipato alle iniziative promosse dal Consiglio
L’attività del Consiglio
progetto “Città rifugio” dei difensori dei diritti umani, promosso dal Comune di Padova, il Dipartimento Diritti umani dell’Università di Padova, la rete “In difesa di”, l’Associazione Giuristi democratici. Il progetto “Shelter cities” si propone di ospitare temporaneamente, nella nostra città, gli avvocati difensori dei diritti umani che versino in situazione di pericolo o minaccia grave.
Abbiamo, inoltre, onorato la figura della collega turca Ebru Timtik, morta per le conseguenze di un prolungato sciopero della fame per rivendicare per sé e per tutti il diritto ad un giusto processo e manifestato per il rispetto dei diritti umani in Iran, assieme alla magistratura di Padova; così come abbiamo preso posizione per l’affermazione del diritto alla pace, con riferimento alla brutale aggressione all’Ucraina da parte dello Stato russo


Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Padova ha deciso, inoltre, di riparare a una ferita dolorosa della propria storia, ricordando gli avvocati padovani che, per il solo fatto di essere ebrei, vennero radiati dall’Albo per effetto delle disumane leggi razziali del 1938 – 1939. Grazie ad una ricerca condotta sui verbali del Consiglio direttivo di quegli anni, è stato possibile individuare i nomi di 15 avvocati, sui 187 iscritti all’Ordine nel 1938 che furono cancellati con un tratto di penna e l’apposizione della
parola “ebreo” accanto al loro nome. Perchè non debba scendere l’oblio su questi avvocati e sicuri che debba risuonare forte il monito “mai più”, abbiamo apposto in Tribunale una targa commemorativa con i nominativi di questi colleghi.E per lo stesso motivo si è deciso di ricollocare all’interno della Sala delle conferenze dell’Ordine, un busto dedicato all’avvocato Giacomo Levi Civita, anch’egli di origine ebraica, già presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Padova, senatore del Regno e Sindaco di Padova, che fu fatto sparire in quegli anni drammatici dai locali dell’ordine. E pure alla sua memoria abbiano intestato la Sala conferenze
Si sarebbe potuto fare di più ?... Forse sì, come in tutte le cose; ma quel che so per certo è che abbiamo profuso tutto l’impegno possibile.

L’avvocato che verrà...
Accade, nei momenti in cui ci si trova in difficoltà o che si comprende essere quelli di transizione, di interrogarsi con maggiore frequenza su che cosa ci riservi il futuro. E accade anche che agli interrogativi sia difficile dare risposte, soprattutto quando, come nella nostra professione, le cose stiano cambiando rapidamente.
Che la nostra professione sia in difficoltà e attraversi una stagione di rapidi cambiamenti è affermazione quasi banale. Meno banali sono i numeri che danno conto di tali difficoltà e cambiamenti. Ne indico tre che mi paiono particolarmente significativi.
• Dal 1996 al 2020 il reddito medio degli avvocati in Italia è passato (in valori attualizzati) da euro 55.666 ad euro 37.785, con una diminuzione di oltre il 30%.
• Nel 2020 il 61,7% degli avvocati (si tratta di 148.000 colleghi sui 241.000 iscritti) ha dischiarato un reddito inferiore a 20.000 euro annui lordi.
• Ma, soprattutto, nel 2020 (ma il dato conferma e rafforza quello degli anni precedenti) il 7% degli avvocati ha prodotto circa il 47% dei redditi dell’intera avvocatura (e, dato ancora più allarmante, l’1,8% dei colleghi produce oltre il 25% del reddito di tutti gli avvocati).
A tali dati deve aggiungersi (o forse affiancarsi) quello relativo al drastico calo del contenzioso in materia civile, un dato che esprime una tendenza in atto da vari anni e che verrà certamente confermato, data la costante adozione di misure dirette a scoraggiare in ogni modo il ricorso all’autorità giudiziaria.
L’attività dell’avvocato, quantomeno in ambito civilistico, dovrà, quindi necessariamente concentrarsi sempre più sulla consulenza e sull’offerta di servizi, con l’inconveniente, tuttavia, che la consulenza e la fornitura in genere di servizi giuridici non sono materie riservate, per cui dovremo sempre più confrontarci e competere con strutture organizzate sotto forma di imprese, non soggette a vincoli deontologici di alcun genere, con ingente disponibilità di capitali e con possibilità di poter attingere a risorse umane specializzate, quelle stesse che non hanno trovato spazio fra le file dell’avvocatura iscritta agli albi. Sotto questo profilo, poi, le aziende, anche di dimensioni non particolarmente rilevanti, inseriscono sempre più nei loro organici figure professionali di alto livello (spesso avvocati che hanno deciso di lasciare la professione), per cui della consulenza, quantomeno quella non di livello particolarmente specialistico, possono fruire attingendo alle risorse interne. E allora? Nessuna ricetta, ovviamente, ma qualche considerazione e spunto di riflessione:
1. Bisogna cominciare a dire che la nostra professione non potrà più essere svolta da 240.000 iscritti, pena una ulteriore “proletarizzazione” della stessa, pena cioè l’ulteriore allargamento di quella fascia già vastissima di colleghi che dichiarano redditi al limite della sopravvivenza. Come arrivare alla riduzione degli iscritti è problema complesso che ha numerose implicazioni e sfaccettature, ma sarebbe già importante che ci
Futuro professionale
verrà...

dicessimo che questo è un obiettivo da perseguire. Qualche segnale, peraltro, sta già arrivando sulla base delle logiche del mercato. Per la prima volta nel 2021 il numero degli iscritti all’albo è calato di circa 1300 unità (il dato sembra destinato ad incrementarsi nel 2022) e il numero dei praticanti è in contrazione ormai stabilmente da qualche anno. Ancora poco, si dirà, ma sono dati sintomo di una tendenza ormai
costante, che ha portato prima ad una sostanziale stabilizzazione del numero di iscritti, ora a una diminuzione. Anche qui, come sempre accade, abbiamo due strade davanti a noi: lasciare che le cose vadano; o farci carico del problema e pensare ad una seria riforma dell’accesso alla professione.
Prevarrà, pressoché certamente la prima soluzione, perché la storia degli ultimi cinquant’anni ci insegna che l’avvocatura ha avversato quasi ogni tipo di riforma che la riguardasse, pensando che qualsiasi cambiamento non potesse che peggiorare la situazione preesistente, salvo poi subire le riforme imposte da altri. Sotto questo profilo un’occasione importante era costituita dalla riforma della previdenza forense, da poco approvata. Era l’occasione, per esempio, per equiparare (o addirittura per rendere più gravoso) il versamento contributivo cui sono tenuti i pensionati che continuano ad esercitare la professione, con quanto dovuto dagli attivi, così come avviene nel regime previdenziale ordinario. Era l’occasione per dare un segnale verso uno svecchiamento della professione e verso una riduzione del numero degli iscritti. Certo, qualcosa in questo senso è stato fatto, ma si poteva certamente fare di più. Speriamo nella prossima occasione (sperando di averla).
2. Dalla prima considerazione ne derivano altre due, connesse fra loro. La prima, cui già accennavo, riguarda il modo con cui l’avvocatura (o comunque chi la rappresenta) si pone nei confronti di qualsiasi riforma che la riguardi. Sempre con la finalità di affossarla o far si che, comunque, tutto cambi ma tutto rimanga com’è. Un esempio su tutti è dato dalla disciplina delle specializzazioni, previste dalla legge professionale del 2012. Dopo
dieci anni nei quali i tentativi di introdurle sono stati affossati in ogni modo anche attraverso decisioni giurisdizionali sollecitate da diverse associazioni, l’ultima disciplina ha resistito ai vari attacchi provenienti addirittura da alcuni ordini forensi. Ma si tratta di una disciplina così farraginosa, complicata, che per la sua attuazione presuppone una serie di ulteriori adempimenti che nessuno sembra voler porre in essere, da far ritenere che nei fatti assai difficilmente troverà applicazione. Tanto che le domande per acquisire il titolo di avvocato specialista sono ad oggi in numero assolutamente esiguo.
La seconda considerazione riguarda la qualità della rappresentanza istituzionale dell’avvocatura, una rappresentanza che non è la soluzione del problema, ma parte dello stesso. Chi ci rappresenta vive troppo spesso ai margini della professione (o della parte più vitale e innovativa della stessa) e accede alle maggiori cariche istituzionali attraverso un cursus honorum svolto all’interno dell’autoreferenzialità delle istituzioni forensi (se qualcuno vuole inserirmi in questa categoria non gliene vorrò…). Gli stessi meccanismi elettorali finiscono per privilegiare sempre e solo chi fa già parte delle istituzioni, con un accesso dall’“esterno” di nuove figure pressoché inesistente.
3. Bisogna poi dire che, se non vogliamo perdere ottimi talenti ed evitare che la professione sia il refugium peccatorum di chi non ha trovato altro da fare, è necessario disciplinare lo svolgimento della professione in regime di mono committenza, uno stato che, secondo stime accreditate, riguarda nelle realtà metropolitane ormai il 30% dei colleghi. Non è accettabile che una parte così cospicua di colleghi svolga l’attività forense in con-

dizioni di assoluta precarietà, senza alcuna garanzia in termini di stabilità e di remunerazione. E soprattutto –perché questo è il dato che è cambiato rispetto anche ad un recente passato – senza alcuna reale prospettiva di aprire in proprio uno studio professionale. Se non introdurremo una nuova e coraggiosa disciplina sul punto si verificheranno inevitabilmente due fenomeni, già ampiamente in corso.
Il primo è quello per cui molti dei migliori talenti saranno attratti dalle imprese, capaci di offrire loro redditi, garanzie di stabilità, welfare e prospettive maggiori di quelle che possono trovare all’interno di uno studio, anche organizzato.
La seconda è che questa disciplina di garanzia prima o poi verrà comunque introdotta nostro malgrado. E, c’è da giurarci, la nuova disciplina non ci piacerà affatto….
4. Un’ultima notazione riguarda la formazione professionale e le specializ-
Futuro professionale
zazioni La formazione attraverso webinar ha molti vantaggi (consente di ascoltare relatori senza costringerli a onerose trasferte, consente la fruizione a chi non potrebbe mai essere presente per ragioni legate alla distanza, è estremamente comoda per tutti insomma), ma ha anche realizzato i sogni di chi la formazione professionale obbligatoria l’ha sempre avversata, perché consente, nella sostanza, di eludere con facilità l’obbligo formativo. Ora, se c’è un dato, una considerazione condivisa che emerge da tutte le analisi sullo stato della professione è che l’avvocato che verrà, quello che sopravviverà alla trasformazione in atto come professionista libero, sarà solo l’avvocato capace di fornire servizi di alto livello, quei servizi che le aziende non riescono a reperire al loro interno. È chiaro che un avvocato così deve formarsi in modo continuo e specia-
listico. Già, specialistico. Continuo a pensare che il futuro della nostra professione (perché, comunque, un futuro ci sarà, si tratta di vedere quale…..) debba percorrere la strada che conduce a riaccreditare e a rendere nuovamente autorevole il nostro ruolo, facendoci preferire ad altri operatori del diritto e non, siano essi agenzie infortunistiche, società di consulenza o imprese per il recupero dei crediti. Se è così, credo anche che la preparazione debba essere il fondamento della nostra autorevolezza, una preparazione da spendere sul mercato come garanzia di serietà e affidabilità. Ma questo è il punto. Non si può essere preparati in tutto. Qui nasce l’idea della specializzazione, dalla constatazione che non vi può più essere un sapere giuridico universale. Se per essere credibili è necessario essere preparati, allora è anche necessario essere specializzati.

“Essere” avvocato, oggi… Appunti di un Consigliere uscente
Mi sono quasi commossa qualche sera fa, durante la cena di Natale del Consiglio.
Era, per me come per altri, l’ultima cena da Consigliere, visto che con la fine di dicembre terminerò il mio mandato. Ascoltando le parole di alcuni Consiglieri - sia di quelli che come me sono alla fine del mandato sia di coloro che potranno ricandidarsi - non ho potuto trattenermi dal chiedermi cosa hanno rappresentato per me questi otto anni di Consiglio e, andando ancora più a fondo, cosa vuol dire “essere” avvocato. Una “avventura” iniziata quasi per caso oramai oltre venticinque anni fa, quando, in attesa di cimentarmi con qualche concorso, ho iniziato la pratica forense nello studio dell’avv. Renzo Gardin di Cittadella, un avvocato d’altri tempi, che mi ha insegnato ad amare la professione e a svolgerla al meglio, nel rispetto delle leggi ma anche, e soprattutto, delle persone, siano esse l’assistito, le controparti, i Colleghi o i Magistrati. Parimenti per caso è nata la mia esperienza di Consigliere, quando otto anni fa mi è stata chiesta la disponibilità a candidarmi all’interno di una lista che riuniva rappresentanti di varie associazioni.
In questi otto anni ho imparato molto sul funzionamento dell’Ordine e delle istituzioni forensi, e sono entrata in pieno nella professione di avvocato, comprendendo la bellezza e allo stesso tempo la delicatezza di un lavoro che è anche vocazione, per il ruolo sociale del quale siamo investiti, volto alla tutela dei diritti di tutte le persone.
ESSERE O FARE L’AVVOCATO?
Non mi ero mai posta il problema finché non mi è capitato di sentire un’intervista ad un collega che, per pubblicizzare la propria attività, affermava: “io non sono un avvocato, faccio l’avvocato” aggiungendo che “il nostro compito e la nostra missione ... come professionisti è di diventare protagonisti con il cliente della sua storia e attori tanto quanto lui e combattenti con lui”.

Non mi trovo d’accordo con questa affermazione, e l’idea che un avvocato possa fare propria la battaglia dell’assistito contrasta con quello che io considero sia il compito dell’avvocato, ovvero tutelare l’assistito, chiunque esso sia, cercando di ridurre i conflitti e proponendo soluzioni conciliative, quando ciò è possibile.
“Solo” fare l’avvocato vuol dire svolgere un lavoro come un altro, senza metterci il cuore, come invece questa professione richiede.
Al contrario, essere avvocato vuol dire cercare sempre la giustizia, in ogni situazione della vita.
E non per caso, il nostro codice deontologico ci ricorda che i principi cardine del comportamento dell’avvocato, riassunti nell’art. 9 c.d., vanno osservati anche al di fuori dell’attività professionale “nella salvaguardia della propria reputazione e della immagine della professione forense”.
Lavorando all’interno del Consiglio, nelle varie commissioni dove ho operato, ho approfondito molti aspetti riguardanti da un lato la legge professionale
Essere o non essere
forense, lo svolgimento del tirocinio, l’iscrizione all’albo, ecc..., dall’altro aspetti più tecnici come il patrocinio a spese dello stato, la formazione, il processo civile telematico, e, ancora, le norme deontologiche e la loro applicazione pratica, con l’esame dei provvedimenti del CDD e del CNF.
Il tutto in un’ottica di servizio, verso i Colleghi e verso quanti mi hanno chiesto aiuto o consiglio.
Al termine di questa esperienza porterò con me tutti coloro che, a vario titolo, ho incontrato, coloro che ho aiutato e coloro per i quali non sono invece riuscita a dare la risposta che aspettavano.
Mi accompagnerà il bagaglio di conoscenze acquisite che, sono sicura, mi aiuterà a svolgere al meglio la professione che è divenuta la “mia” professione.

Accanto ai ricordi positivi, naturalmente, ci sono anche quelli negativi, legati alle difficoltà di questi anni quali, per esempio, la pandemia, che ha cambiato il nostro modo di lavorare e forse anche di vedere la vita, o quelli riguardanti la politica forense, dalla quale, volenti o nolenti, non possiamo non essere
toccati. Penso alle vicende legate ai ricorsi contro le istituzioni forensi, a livello nazionale, ma anche a episodi del nostro “piccolo foro”, quando in alcune scelte le persone non sono state considerate per il loro valore effettivo ma per la tessera associativa che portavano in tasca, o quando persone considerate amiche hanno invece dimostrato di non esserlo.
Nel complesso, tuttavia, posso dire che l’esperienza del Consiglio mi ha fatto apprezzare maggiormente la professione di avvocato e ha confermato l’idea che, oggi più che mai, è fondamentale “essere un avvocato”, ed impegnarsi non solo a favore dei propri clienti ma anche dei Colleghi, partecipando attivamente alla vita istituzionale, promuovendo il ruolo dell’avvocato, e svolgendo un ruolo attivo nelle associazioni forensi, perché, come scrisse John Donne, “nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto”, e ciò vale anche per noi avvocati, se vogliamo che il nostro compito abbia realmente una funzione sociale.
Marketing per lo studio e se fosse una questione

Nella mia consapevole ignoranza, ho sempre trovato incomprensibile (e, per vero, anche inconcepibile) il concetto di marketing legale.
La mia attenzione a questo tema si è spesso limitata ad osservare le tecniche usate con i mezzi di comunicazione, quasi che marketing fosse esclusivamente farsi trovare nel web, farsi conoscere dal mondo intero, nella vana speranza di accrescere (ma solo con un post) il fatturato.
Ed, effettivamente, molto di quello che ho trovato in internet googolando “marketing legale” ha il profumo che lascia il venditore di pesce fritto al mercato rionale: “Fatti trovare dai tuoi clienti!” “Impara le tecniche più efficaci per attrarre clienti di estrema qualità”… dove non è chiaro se sono le tecniche o i clienti di “estrema qualità”. Marketing e studio legale non possono coesistere, mi sono spesso ripetuta, perché condizionata dalla superficiale idea secondo cui il marketing è avvicinabile alle più offuscate tecniche per carpire ed irretire il cliente, in violazione delle primarie norme deontologiche a cui ho giurato fedeltà all’inizio dell’esercizio della professione forense. Eppure, con il passare del tempo e l’avvicinamento - a volte forzato per motivi di studio - a questo tema, ho allentato la mia ferrea convinzione negazionista, per lasciare aperto il campo a nuove visioni che ricollocano il marketing nella giusta posizione ove la comunicazione (ad
esempio) è solo forse la parte più esterna di un progetto che invece può essere molto complesso e accattivante.
Di marketing dunque si può (e si deve parlare) proprio in questo tempo di profondi cambiamenti tecnologici, economici e sociali.
Dunque, la domanda è questa : è ancora pensabile un’avvocatura che propone un’offerta ancorata ciecamente alla sua tradizione millenaria?
È sotto gli occhi di tutti che la domanda di qualità, tempestività ed efficienza dei servizi legali ci impone di ripensare all’offerta delle prestazioni e all’organizzazione del lavoro con logiche molto più complesse delle precedenti e in linea con l’evoluzione della società. Chi, come me, ha iniziato la pratica ben prima del P.C.T. e della informatizzazione accelerata che ha caratterizzato l’ultimo quinquennio, ricorderà che, spesso, le richieste di consulenza erano accompagnate da un articolato appuntamento in studio in cui veniva spiegata la questione, a cui spesso ne seguiva un altro ove il professionista rendeva il proprio parere.
Oggi, il cliente spesso non è più disposto a spostarsi e sottopone al professionista le medesime domande con una videoconferenza se non tramite mail o con un semplice WhatsApp, cui deve seguire - spesso con gli stessi strumentiin tempi serratissimi una risposta. L’accelerazione delle attività legali, purtroppo, non sempre corrisponde al
Le regole del mercato
studio legale: di obiettivi?
successo delle competenze, anzi spesso si percepisce una progressiva omologazione verso il basso con l’abbandono dei valori tradizionali e l’insoddisfazione del cliente.
Ed un cliente deluso è pregiudizievole per lo studio, ma indirettamente per tutta l’avvocatura.
Le ricerche compiute hanno evidenziato che un cliente insoddisfatto comunica la sua insoddisfazione in media ad almeno 11 persone; al contrario, un cliente soddisfatto condivide questo suo sentimento di soddisfazione in media con 3 persone. Facendo due calcoli per annullare un solo parere negativo, un potenziale cliente deve sentir parlare 10 volte positivamente di un avvocato.
CONCORRENTI “MINACCIOSI”
Aggiungiamo, poi, che c’è una continua minaccia alla nostra professione perpetrata dalle multinazionali del diritto, dalle grandi organizzazioni di consulenza, dagli altri professionisti come i commercialisti, i notai, le società di consulenza, le imprese di recupero crediti, le organizzazioni di difesa dei consumatori e le associazioni di categoria che erodono parte dei settori su cui prima avevamo l’esclusiva.
Nell’era della comunicazione non pare dunque utile rimanere nella retroguardia.
Chi non avanza indietreggia dice una basilare legge economica.
E allora la domanda è d’obbligo: può il marketing entrare a far parte dei nostri studi legali senza intaccare i nostri valori?

Oggi si parla di marketing nella politica, nelle università, nella sanità, negli enti pubblici, negli enti no profit.
Philip Kotler (acclamato come il maggior esperto al mondo nelle strategie di marketing) nel suo testo (Il marketing secondo Kotler. Come creare sviluppare e dominare i mercati), adottato dalla gran parte delle università, precisa che “anche le organizzazioni senza scopo di lucro devono risolvere il problema di marketing, le università competono fra loro per acquisire il maggior numero possibile di studenti, i musei per attirare i visitatori, i teatri per accrescere il proprio pubblico”.
Ciò che è comune a tutte queste situazioni è il desiderio da parte di qualcuno di ottenere una risposta o una risorsa da parte di qualcun altro.
Il marketing, dunque, è una metodologia di approccio al mercato anche per i soggetti che pongono in secondo piano l’aspetto economico, sottolineando i valori.
La sfida per noi avvocati, dunque, è quella di evolvere nel solco della tradizione nello stesso tempo adeguandoci alla
necessità di un rinnovamento organizzativo e culturale che ci consenta di rispondere a tutte le istanze provenienti dalla società e non da ultimo alla forte pressione concorrenziale.
Questo è quello che noi avvocati possiamo fare per cui sicuramente è necessaria una declinazione del metodo di marketing allineato con i valori della professione.
Infatti, noi avvocati non siamo solo “specialisti del diritto”, ma anche interpreti di una missione di interesse pubblico.
Come ci ricorda il Codice di Deontologia degli Avvocati Europei, l’avvocato interpreta un ruolo eminente. In uno Stato di diritto l’avvocato è indispensabile alla giustizia e a coloro di cui deve difendere i diritti delle libertà; egli è tanto consulente quanto il difensore del proprio cliente, la sua missione gli impone una serie di doveri e obblighi a volte in apparenza contraddittori, verso il cliente, i tribunali e le altre autorità davanti alle quali l’avvocato assiste o rappresenta il cliente”.
Insomma, l’avvocato è un mezzo essenziale per la salvaguardia dei diritti dell’uomo nei confronti dello Stato e degli altri poteri.
Eppure, assistiamo in questi anni ad un paradosso: di fronte alla domanda di servizi legali, il ruolo e le competenze dell’avvocato spesso non sono sufficientemente conosciuti dal pubblico, il costo delle sue prestazioni è ignorato oppure sovrastimato dal cliente che quindi tende ad evitarlo.
Il marketing può diventare una metodologia di approccio ad un mercato, e si traduce in una dimensione strategica e operativa.
Probabilmente è ciò che, a volte poco consapevolmente, già stiamo attuando nel nostro studio.
È un approccio inverso a quello che siamo abituati a considerare.
È frequente che lo studio legale classico si orienti sul mercato dei servizi legali
solo a posteriori: l’avvocato, specie all’inizio della sua carriera, si occupa di tutto ciò che capita, accetta di solito qualsiasi incarico e frequentemente si specializza in base alle cause trattate dello studio, quindi, solo successivamente, cerca dei clienti.
Questo è un atteggiamento passivo. Invece il marketing ci propone una visione opposta e procede in modo diverso: lo studio prima definisce la sua missione, poi analizza il mercato dei consumatori dei servizi legali, identifica i suoi clienti e valuta quantitativamente il mercato, definisce infine il servizio che si aspettano i consumatori e successivamente mette a punto il servizio definito, adattando o creando la struttura amministrativa. Questo è un atteggiamento attivo. In questo modo, è l’avvocato che decide i valori sui quali vuole fondare la propria attività (che sia la solidarietà, l’etica i profitto, il successo) non il marketing….Il marketing così inteso è solo un mezzo neutro e non può essere demonizzato. Infatti, può diventare un mezzo per consentire all’avvocato di raggiungere gli obiettivi che egli si è liberamente prefissato Infatti, i valori sono fissati da chi gestisce lo studio e il marketing serve esclusivamente per raggiungerli, sia che si tratti della massimizzazione del profitto, sia che si tratti di fini filantropici. Ecco allora che la pianificazione del marketing serve a creare la carta d’identità dello studio, la sua personalità, le sue attività, la sua natura, la sua filosofia, il sistema di valori, il codice etico e gli obiettivi primari. E, solo dopo aver esaminato questi primari aspetti progettuali, lo studio può pensare alla comunicazione, alla visibilità.
In questa prospettiva uno spazio per il marketing legale diventa sicuramente ammissibile e concepibile… C’è sicuramente tanta strada da percorrere, ma il percorso oramai è avviato.

Il ruolo dell’avvocatura
Si è tenuto a Lecce nell’ottobre scorso il XXXV Congresso Nazionale Forense al quale ha partecipato la delegazione del COA di Padova rappresentata dal Presidente Leonardo Arnau e dai delegati congressuali Barbara Melinato, Maurizio Molinari, Tito Burla, Eddy Bazzan, Agnese Usai ed Emanuele Spata Il Congresso si è aperto nella cornice del meraviglioso Teatro Politeama Greco con la lettura del messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella il quale ha ricordato che “il Paese ha in atto un importante stagione di rinnovamento sia del processo civile sia di quello penale. L’Avvocatura è chiamata a fornire il proprio qualificato contributo per assicurare che le nuove norme consentano la necessaria accelerazione dei tempi di definizione dei giudizi”. È una chiamata alla responsabilità quella fatta dal Presidente della Repubblica, alla quale è seguita l’appassionata relazione della Presidente del Consiglio Nazionale Forense Maria Masi che ha sottolineato la straordinarietà della stagione in corso ed ammesso che le difficoltà degli avvocati a fare sentire le proprie ragioni, anche nei confronti della politica, a volte derivano anche dalla mancanza di una sintesi efficace delle diverse esperienze associative. Ed ha, fra l’altro detto: «il congresso è un’occasione per riflettere se c’è una crisi identitaria … Siamo ancora in grado di esprimere valori sociali? La comunità civile ci identifica come portatori sani di valori? ...». Masi ha anche sottolineato le criticità


del nuovo processo civile, soprattutto della fase introduttiva nella quale al meccanismo di preclusioni rigide a carico degli avvocati non corrisponde invece un’analoga severità nel censurare le inerzie ascrivibili all’autorità giudiziaria. È poi intervenuto il sottosegretario in carica Francesco Paolo Sisto che ha preso l’impegno di arrivare in tempi estremamente rapidi a una soluzione equilibrata su uno dei temi più cari ai professionisti, l’equo compenso. Uno dei fili conduttori della prima giornata è stato l’eterno nodo delle riforme e degli investimenti, dove non sempre il Pnrr e la maggiore disponibilità di fondi appare, a breve, in grado di assicurare soluzioni accettabili. Esemplare a suo modo la situazione degli organici in molti uffici giudiziari, con le scoperture che si avviano verso un preoccupante 20%, pari al doppio di quanto si poteva registrare nel 2019, solo tre anni fa.
Sergio Paparo, coordinatore OCF, ha infine ricordato i tre temi individuati dall’assemblea dell’Organismo, dai quali ripartire per la riforma della professione: accesso e tirocinio, sistema formativo e governance, mentre il presidente di Cassa Forense, Walter Militi, ha messo l’accento sulla necessità di colmare il divario che sul piano economico penalizza soprattutto le donne avvocato. Prima del prossimo Congresso Nazionale Forense che si svolgerà a Torino, nel 2023 si terrà una sessione ulteriore interamente dedicata all’ordinamento forense, in quanto tutte le 46 mozioni presentate sul tema sono state rinviate.
Il nostro Sportello per il Cos’è, a chi e a cosa serve
Nel sito del nostro Ordine vi è una sezione intera dedicata allo “Sportello per il Cittadino”…ma cos’è?!?!?!?
Lo Sportello è stato istituito dalla legge n. 247/2012 la quale ha espressamente previsto che ciascun consiglio dell’Ordine istituisca tale servizio, il cui accesso gratuito è volto a fornire informazioni e orientamento ai cittadini per la fruizione delle prestazioni professionali degli avvocati e per l’accesso alla giustizia

Una scelta “assunta nell’ottica di garantire un servizio utile alla collettività”, così dando concretezza al rilievo sociale della professione forense, posto a fondamento della disciplina ordinamentale.
Il Consiglio Nazionale Forense ha quindi adottato nell’aprile 2013, in attuazione del dettato normativo, il Regolamento che stabilisce le modalità di accesso al servizio.
Il Consiglio dell’Ordine di Padova ha istituito nello stesso anno 2013 lo Sportello con proprio regolamento ed anche la nostra ultima consiliatura ha inteso impegnarsi, sin dalla stesura delle linee programmatiche presentate ai colleghi alle scorse elezioni, nella “valorizzazione e potenziamento dello Sportello per il Cittadino, quale strumento di contatto diretto fra gli avvocati e gli utenti del sistema giustizia”: questo nel più ampio intento di “promozione di iniziative pubbliche, aperte alla cittadinanza, dirette specialmente a rivendicare il ruolo essenziale dell’avvocato nella società di oggi e per la tutela degli in-
teressi anche dei soggetti più deboli”. Lo Sportello per il Cittadino, pur con limiti e criticità che caratterizzano l’istituto, appare infatti occasione concreta attraverso la quale la classe forense può rappresentare alla collettività l’impegno sociale di cui è capace e che le è richiesto.
La Legge Professionale del 2012, come già sottolineato, intende dare all’Avvocatura il rilievo costituzionale legato al diritto fondamentale di difesa e l’istituzione dello Sportello si pone proprio come effettivo strumento di attuazione della funzione sussidiaria dell’Ordine forense, affermando il ruolo di garanzia e tutela dei diritti delle persone che la Costituzione affida agli Avvocati. Il Consiglio dell’Ordine di Padova, sin dal 2016, ha poi voluto dare ulteriore risalto al ruolo sociale dell’Avvocatura, dando vita al progetto dell’Avvocatura incontra la Città, quale occasione per rappresentare alla cittadinanza l’impegno di cui è capace l’Avvocatura, dentro e fuori le aule di giustizia, tentando così di riaffermare l’autorevolezza di una professione che ha il suo ruolo essenziale nella tutela degli interessi e dei diritti dei cittadini, a partire dai soggetti più deboli.
Negli anni, l’iniziativa si è spostata dal capoluogo alle altre aree della Provincia (Alta Padovana – Cittadella e Bassa Padovana – Este) e solo la lunga stagione della pandemia ne ha purtroppo imposto la sospensione per ben due stagioni. Parimenti, la necessità di riportare la “giustizia” sul territorio, in particola-
Avvocatura e società

il cittadino
re dopo che le riforme della geografia giudiziaria negli anni hanno privato i cittadini di quella giurisdizione di prossimità cui erano abituati da sempre, ha portato il Consiglio dell’Ordine a stipulare nel 2021 un primo protocollo
d’intesa con Unioni di Enti locali (nello specifico la Federazione dei Comuni del Camposampierese) per l’apertura di uno Sportello del Cittadino “distaccato” rispetto alla naturale sede presso l’Ordine degli Avvocati a Palazzo di Giustizia.
A Padova, lo Sportello è aperto, previo appuntamento che i cittadini devono concordare con la Segreteria dell’Ordine, ogni venerdì dalle ore 12.30 alle ore 13.30. Nel corso di questa consiliatura, a causa dell’emergenza pandemica, il servizio è stato sospeso e, al momento, non ancora riattivato: nell’anno 2019 ci sono stati 58 accessi mentre presso la sede della Federazione dei Comuni del Camposampierese, con cadenza mensile, da novembre 2021 ad oggi ci sono stati 22 accessi.
L’apertura dello Sportello è possibile grazie al servizio reso dagli Iscritti: per tal ragione dobbiamo ringraziare quella ventina di Colleghi che risultano inseriti nell’elenco e, in particolare, coloro che con estrema dedizione, anche in situazioni di emergenza, spesso sostituendo colleghi impossibilitati, consentono e garantiscono la continuità del servizio. È infatti un servizio che impegna e costa fatica e che non sempre “gratifica” sotto il profilo dell’immagine professionale personale, ma nel quale dobbiamo credere per riacquistare spazi di autorevolezza che la nostra categoria ha perso o si è lasciata sottrarre. Probabilmente si potranno pensare nuove forme e nuovi strumenti di attuazione anche dello Sportello, al passo con i tempi e avvalendosi di tecnologie, ma senza mai far venire meno la dimensione relazionale che porta una persona a rivolgersi al legale, perché questi sia ancora il soggetto “privilegiato” attraverso il quale accedere alla giustizia e alla tutela dei diritti.
Lo sportello di ascolto… per vincere il pessimismo
La fine dell’anno è sempre il periodo in cui si è più portati a fare delle riflessioni sulla propria vita, sia personale che professionale, non solo per ripercorrere le difficoltà incontrate, le delusioni subite, i traguardi conseguiti, ma anche per riflettere su quello che il futuro potrà riservarci.
Purtroppo, non è sempre facile fare nuovi progetti, soprattutto quando da anni ci ripetiamo che la professione forense sta attraversando una crisi epocale, che la figura dell’avvocato deve trovare una nuova identità e che occorre cercare nuovi sbocchi lavorativi, e allo stesso tempo attorno a noi vediamo che l’intera società affronta una grave recessione. A questa situazione di inevitabile pessimismo, collegata alla preoccupante situazione economica complessiva, si aggiunge il peso delle nuove tecnologie applicate al processo e di una alluvionale produzione legislativa, che incide in tutti i campi del diritto, e che insieme alla mutevolezza della giurisprudenza rende l’attività dell’avvocato sempre più esposta al rischio di errori, che neppure una formazione costante può scongiurare.
Anche il rapporto con i clienti, con le controparti, con i giudici, con gli Enti, ivi compreso il Tribunale, è sempre più difficile, complice anche la pandemia, che ha reso necessarie tutta una serie di misure di “emergenza” che, come ulteriore effetto collaterale, hanno ridotto le occasioni di incontro e di contatto personale, meccanizzando una attività che, per sua natura, sarebbe invece
incline all’interazione personale e alla socialità. Pensiamo alle udienze, per le quali in molti casi non è più prevista la presenza dell’avvocato, evidentemente considerata, dal legislatore e da alcuni giudici, di marginale importanza, se non addirittura superflua. Inevitabile un progressivo sentimento di mortificazione e di inutilità, che può incidere moltissimo anche sulla sfera personale.
Non è certo un caso che nelle ricerche più recenti, relative allo stress in ambito lavorativo, la professione forense sia stata inserita tra le dieci a più alto rischio di burnout, come conseguenza di uno stress cronico sul posto di lavoro, caratterizzata da tre stati:
• sentimenti di esaurimento psichico o esaurimento energetico;
• una maggiore distanza mentale dal proprio lavoro o sentimenti di negativismo o cinismo relativi al proprio lavoro;

• infine una ridotta efficacia professionale.
Di recente, stanca di sentirmi sempre insoddisfatta, ricordandomi della convenzione stipulata alcuni mesi fa tra AIGA e SIPAP, e sostenuta dal nostro Ordine, ho deciso di usufruirne, per avere almeno qualche suggerimento su come affrontare le sfide quotidiane che questa professione ci riserva con eccessiva generosità.
Ed ho scoperto, nel compilare il modulo per l’accesso al servizio, che le “difficoltà percepite” disegnano con accuratezza un disagio che, evidentemente, è molto
comune. Questo mi ha spinto a cercare come uscire da questo momento di negatività che, parlando con tanti Colleghi, ho verificato essere effettivamente non solo mio. Sono curiosa di vedere cosa emergerà dal colloquio con lo psicologo che mi ascolterà nei prossimi giorni, ma intan-
to per me sarà fondamentale di ritrovare la passione nel mio lavoro: al di là delle difficoltà contingenti, credo che avere un obiettivo, per il quale si ritiene che valga la pena di faticare, renda la fatica non solo sopportabile ma, anzi, anche stimolante.

Gli Ordini territoriali e le norme Brevi riflessioni di fine mandato

Come ho già scritto, ma non mi vergogno di essere pedante nel ripeterlo, ho sempre considerato un onore ed un privilegio l’essere chiamati a far parte del Consiglio dell’Ordine e credo che questo mio pensiero sia condiviso da tanti colleghi, giovani o anziani che siano. Ho sempre pensato, poi, che l’essere un avvocato fosse in sé un privilegio, indipendentemente dal ritorno economico. Per questo, ogni volta che sento ripetere l’impegno solenne di cui all’art. 8 l.p. recitato dai nuovi colleghi durante il giuramento di rito (“Consapevole della dignità della professione forense e della sua funzione sociale…”) ho un senso di orgoglio nell’appartenenza di classe e, nello stesso tempo, il timore di non essere in grado di far fronte a quell’impegno gravoso su cui regge la credibilità dell’intera categoria. Forse per questo, terminata l’esperienza della seconda consiliatura, ho difficoltà ad esprimere, in poche battute, il resoconto dell’attività svolta in questi otto anni insieme a tanti più bravi consiglieri, “accompagnati” da due Presidenti a cui tutti dovremo essere eternamente grati. Vorrei parlarvi di tante cose: dell’attività delle commissioni che ho coordinato pro tempore, del ruolo di responsabile anticorruzione… ma, sono troppe le cose da dire. E allora, debbo concentrarmi su una sola tematica, quella più sgradita a tutti noi, ma con cui purtroppo dobbiamo fare i conti ed è quella degli adempimenti antiriciclaggio.

È in dirittura di arrivo, infatti, l’aggiornamento degli indici di “anomalia” che sostituirà il d.m. 16 aprile 2010 e imporrà la
rivisitazione delle linee guida del CNF. Proprio in vista di questa novità, voglio lasciarvi con alcune parole che spero di conforto e che traggo da un versetto di una parabola di Matteo (14:27) quando Gesù si rivolge ai discepoli: “… Gesù parlò loro e disse: «Coraggio, sono io; non abbiate paura!»”. È lo stesso messaggio che con questo breve scritto vorrei mandare, senza timore di blasfemia, agli iscritti: non abbiate timore, ci sono gli adempimenti antiriciclaggio, ma c’è l’Ordine con voi. In attuazione della c.d. IV Direttiva Europea Antiriciclaggio (n. 2015/849), il 4 luglio 2017 è entrato in vigore il Decreto Legislativo 25 maggio 2017, n. 90, che ha sostanzialmente riscritto senza abrogarlo il D. Lgs. 231 del 2007 in materia di antiriciclaggio e finanziamento al terrorismo. In particolare, per quanto ci riguarda, l’art. 11 co. 1 del D. LGS 231/2007 indica che “gli organismi di autoregolamentazione, le loro articolazioni territoriali e i consigli di disciplina,
norme antiriciclaggio mandato
secondo i principi e le modalità previsti dall’ordinamento vigente, promuovono e controllano l’osservanza degli obblighi previsti dal presente decreto da parte dei professionisti iscritti nei propri albi ed elenchi”. In buona sostanza, sono state introdotte alcune novità che sintetizzo:
1. SULLA FORMAZIONE.
Se vi sentite vessati perchè i programmi di formazione continua obbligatoria predisposti dai Consigli degli Ordini richiamano più volte il tema degli adempimenti antiriciclaggio è perchè il co. 2, sempre dell’art. 11, prevede che “I predetti organismi e le loro articolazioni territoriali sono … responsabili della formazione e dell’aggiornamento dei propri iscritti in materia di politiche e strumenti di prevenzione del riciclaggio e di finanziamento del terrorismo”.
2. SUL CONTROLLO
La nuova disciplina sembra confermare la prassi di controllo adottata nei precedenti dieci anni di vigenza dagli Ordini Territoriali, interpretando tale compito come potestà di vigilanza disciplinare nei confronti dei professionisti: compito già sancito a livello normativo dall’art. 29 lett. f) l.prof. Il Decreto del 2017, così come quello del 2007, non assegna direttamente ai Consigli dell’Ordine alcuno specifico potere ispettivo o di acquisizione di informazioni nei confronti dei propri iscritti né di invio diretto all’Uif di eventuali segnalazioni verso gli iscritti (che spetta al CNF) o i loro clienti
(che spetta agli avvocati direttamente mediante accesso e registrazione a Infostat Uif gestito dalla Banca d’Italia raggiungibile anche dal link http://uif. bancaditalia.it/normativa/norm-indicatori-anomalia).
Tuttavia, spetta ai Consigli valutare (e inviare al CDD per eventuali sanzioni) – come specifica il Decreto - le “violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime degli obblighi cui i propri iscritti sono assoggettati ai sensi del presente decreto e delle relative disposizioni tecniche di attuazione e comunicano annualmente al Ministero dell’economia e delle finanze e al Ministero della giustizia i dati attinenti il numero dei procedimenti disciplinari avviati o conclusi dagli ordini territoriali”. In particolare, l’art. 66 specifica che le suddette “violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime …. costituiscono presupposto per l’applicazione delle sanzioni disciplinari, ai sensi e per gli effetti dei rispettivi ordinamenti di settore. In tali ipotesi l’interdizione dallo svolgimento della funzione, dell’attività o dell’incarico non può essere inferiore a due mesi e superiore a cinque anni”.
La circolare del Consiglio Nazionale Forense ha chiarito che gli Ordini Territoriali non hanno alcun obbligo di comunicazione nei confronti dei Ministeri e/o degli Enti competenti, ma devono inviare allo stesso Consiglio Nazionale Forense, i dati relativi ai provvedimenti in corso o conclusi nell’anno precedente nei confronti dei professionisti. Il CNF provvederà poi, entro il 30 marzo successivo, a trasmetterli al Comitato di Sicurezza Finanziaria del Ministero del Tesoro ed agli altri Ministeri.
E allora – e concludo – non abbiate paura di rivolgervi all’Ordine per ogni dubbio.
Ci siamo qui noi per tutelare la qualità della nostra professione, non per lasciarvi con la barca nella tempesta. Buon 2023 a tutti.
La Mediazione e l’avvocato La tutela degli “interessi”
Scadendo il mandato di Consigliere dell’Ordine e non essendo più rieleggibile. scade anche il mio incarico di Presidente dell’Organismo di Mediazione Forense che ho retto negli ultimi 4 anni. È stata un’esperienza, condivisa con i componenti del Direttivo Carolina Brunazzetto, Silvia Fante, Monica Scabia e Carlo Tisato (oltreché con l’inesauribile ed impareggiabile Elena Bruscagnin), alla quale mi sono dedicato con passione, essendo fra quelli che nella Mediazione ci hanno creduto fin dal debutto, nel 2010. Al punto di essere fra i fondatori dell’associazione AVVOCATI PER LA NEGOZIAZIONE (…un unicum padovano), tuttora viva e vegeta grazie all’impegno, nel frattempo, di tante colleghe e tanti colleghi ed alla forte e visionaria volontà dei due Presidenti succedutisi nel tempo: Vittorio Vangelista prima ed Anna Ferrari Aggradi poi.
I PASSI AVANTI DELLA MEDIAZIONE
Ad anni di distanza, si può dire che l’esperienza della Mediazione “sul campo” ha poco a poco abbattuto lo scetticismo di molti colleghi, che inizialmente tendevano a confonderla con la transazione, come se si trattasse della stessa cosa con nomi diversi. Ed invece no ! la Mediazione si differenzia radicalmente dalla Transazione, per il fondamentale motivo per cui in
quest’ultima ciascuna delle parti rinuncia (lose/lose) a qualcosa rispetto alle proprie pretese originarie ed ai propri ritenuti diritti; laddove, nella Mediazione l’obiettivo è, all’opposto, win/win per entrambi i contendenti, in quanto ciascuno va a soddisfare un proprio interesse.

Anche il nostro OMF era stato visto con circospezione all’interno della Istituzione ordinistica. Oggi invece – con una media di circa 400 Mediazioni l’anno trattate – eroga un servizio generalmente apprezzato (grazie anche alla professionalità dei mediatori iscritti e della Segreteria) e si appresta sicuramente a nuovi balzi in avanti in termini di professionalità ed efficienza. Anche perché la Mediazione come istituto, si appresta a vivere una fase nuova di potenziale sviluppo, grazie alle importanti modifiche normative di imminente entrata in vigore, fra cui spicca l’incremento delle materie “obbligatorie” e l’incentivazione della cd Mediazione demandata dal Giudice: ne abbiano recentemente parlato con la Presidente del nostro Tribunale, in vista di una declinazione pratica, a riguardo, anche nel nostro Foro.
AVANTI TUTTA CON GLI ADR: L’EUROPA “SPINGE”
La riforma, come noto, dedica particolare attenzione anche agli altri strumenti di risoluzione delle controversie, alternativi al classico giudizio
l’avvocato Negoziatore “interessi” anche… oltre i “diritti”
in Tribunale; e non è un caso, visto che anche altri Paesi (come la Francia: vedi il recentissimo “Plan d’action pour la justice” del Ministro Dupond Moretti), stanno percorrendo la stessa strada per corrispondere alla sollecitazione comunitaria per abbreviare i tempi della Giustizia.

Si parla a riguardo di Giustizia complementare, oltre che alternativa ma per Mediazione e Negoziazione Assistita, anche di Giustizia consensuale. Sia come sia.
Il punto è che noi tutti aspiriamo ad avere una Giustizia “giusta”. Ma può essere tale una Giustizia lenta, in taluni casi lentissima ?...E può essere tale
una Giustizia - mi fermo al Civile - in cui il giudizio finale è frutto di esame frettoloso della carte processuali da parte dell’ultimo Giudice che se le trova in mano magari solo all’atto della precisazione delle conclusioni, dopoché altri colleghi ne hanno curato in precedenza l’istruttoria ?... Oppure una Giustizia in cui l’astrattezza della norma prevale sulla concretezza del caso da giudicare ?...
L’AUTODETERMINAZIONE DELLE PARTI
Credo che le ragioni profonde che hanno ispirato la Riforma Cartabia sul
tema, non siano quindi riconducibili solo all’ effetto deflattivo del contenzioso giudiziale, che peraltro è un effetto sicuramente importante, ma collaterale. Perché invece l’ obiettivo principale delle norme incentivanti la Mediazione a me pare più profondo ed innovativo, andando al cuore di quello che dovrebbe essere il vero fine della Giustizia civile, per poter essere appunto…”giusta”: soddisfare GLI INTERESSI delle Parti, rispettandone l’autonomia (nel senso di loro autodeterminazione). Il che comporta che – occorrendo – l’approdo finale possa andare anche oltre la rigorosa soluzione “di diritto”
La Mediazione consente questo parziale abbattimento dei confini dati dalle norme, proprio perché, più che dei diritti, va alla ricerca degli interessi delle parti in conflitto. Che non sempre corrispondono esattamente ai diritti, in quanto l’interesse ultimo di una Parte può magari anche prescindere da un’attribuzione corretta in linea di diritto essendo volta invece a soddisfare un’esigenza diversa, di tipo economico o relazionale (es il mantenimento
di un rapporto commerciale) o perfino immateriale (es, la valorizzazione di sentimenti, affetti, riconoscimenti morali ecc.).
È il famoso allargamento della torta, che la mediazione consente ed il rigore delle norme sostanziali e processuali in una causa avanti il Giudice, no. Ed è impagabile – per la Parte – il fascino costituito dal fatto che la Mediazione le consente di restare protagonista ed arbitra del proprio destino, senza doverlo delegare ad un terzo, più o meno capace e competente. Succede così che spesso solo in Mediazione si riescono a risolvere alcuni conflitti : non è un caso che il maggior successo si registri nelle controversie successorie e divisionali, che – proprio perché infarcite di aspetti divisivi di carattere personale - in Tribunale difficilmente riescono a trovare una soluzione concordata, e finiscono per approdare invece (dopo magari una decina d’anni, se non più) ad una sentenza di primo grado, seguita assai spesso da almeno un secondo grado, se non peggio…Senza che nessuno poi resti contento…

Aggiungo che la Mediazione ha tante più possibilità di riuscita quanto più il Mediatore ha la professionalità necessaria; e quanto più si trovi a mediare, fra parti assistite da avvocati che sposino un approccio alla trattazione della controversia, collaborativo, piuttosto che avversariale.
E quindi, in un procedimento di Mediazione, per essere “attori” efficaci – sia come avvocato che assiste la parte, che come Mediatore – occorre una capacità negoziale specifica che si compone di vari fattori (dialettici, psicologici, paraverbali ecc..) che in parte possono anche derivare da predisposizione personale, ma che necessitano in ogni caso di studio ad hoc, assimilazione di tecniche specifiche, capacità di ascolto, esperienza sul campo.
In altre parole, credo che si possa parlare di una vera e propria specializzazione – quella di Avvocato negoziatore – per la quale. alla classica formazione giuridica appresa all’Università e poi rinvigorita dalla normale pratica, si devono affiancare alcune altre competenze e capacità (che svariano dal campo della psicologia a quello della comunicazione efficace).
Certo, questo comporta una contaminazione della tradizionale impostazione da noi tutti assorbita fin della aule dell’Università, con elementi extragiuridici.
Ma a chi dovesse storcere il naso per questo, dico che stiamo interagendo in una società in cui modi, stili e strumenti sono cambiati così vertiginosamente come mai nei secoli passati: siamo passati nel giro di pochi anni dalla carta carbone alle fotocopie, dalla penna stilografica ai roller, dalla Olivetti lettera 22 al computer, dalle ricerche in biblioteca a quelle online, dalle file in banca all’home banking…
Panta rei, verrebbe da dire. E perciò anche un avvocato che voglia stare al
passo coi tempi deve adeguarsi alle esigenze di una “nuova” clientela, propensa a cercare soluzioni rapide e pratiche ai propri problemi, piuttosto che l’affermazione di diritti, dal riconoscimento incerto e comunque a rischio di restare “astratti” (per morte fisica o giuridica od economica del proprio antagonista, nelle more).

UN “NUOVO” AVVOCATO PER RIDARE CENTRALITÀ ALLA PROFESSIONE
La tutela degli interessi è dunque uno dei temi che vanno a declinare la figura di un “nuovo” Avvocato: per la cui professionalità resta indispensabile la conoscenza delle norme sostanziali e processuali e dell’elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale, ma che risulterà arricchito - sia in senso tecnico che ai fini del suo ruolo sociale – da quella contaminazione di cui si è detto. Potrà essere anche questo un modo per riconquistare nell’opinione pubblica (ed in primis nel rapporto col cliente) quella fiducia ed autorevolezza che solo in una logica di “problem solving” può trovare nella società di oggi linfa e spazio. Il che vuole dire ridare alla nostra professione quella “centralità” – culturale e sociale – che negli ultimi tempi si è andata smarrendo.
Cassa Forense bilancio di una grande
Con la fine del 2022 si è conclusa la mia lunga esperienza in Cassa Forense ed è tempo di bilanci.
Sono stato eletto nel Comitato dei Delegati del nostro Ente previdenziale, per il primo mandato quadriennale, nel 2009 e quindi successivamente rieletto per altri due mandati consecutivi.
Nel corso del secondo mandato ho avuto la fortuna e il privilegio di far parte anche del Consiglio di Amministrazione e della Giunta Esecutiva di Cassa Forense.
Si è trattato di un’esperienza davvero entusiasmante, che mi ha molto arricchito umanamente e professionalmente e che ha richiesto grande impegno e dedizione.

Sono consapevole di aver fatto sempre il possibile per venire incontro alle richieste di colleghe e colleghi, ma anche di non aver sempre potuto soddisfare le loro aspettative.
Nel corso di tutti questi anni ho avuto modo di toccare con mano il ruolo centrale dell’Ente all’interno delle istituzioni forensi.
In questa occasione, mi vengono naturali alcune riflessioni.
SULL’AUTONOMIA DI CASSA FORENSE
Come noto, la nostra Cassa venne istituita nel 1952 e, in origine, aveva personalità giuridica di diritto pubblico. Dal 1995, per effetto del D. Lgs. n. 509/94, venne trasformata in fondazio-
ne di diritto privato, con autonomia gestionale, organizzativa, contabile e, di conseguenza, normativa, pur con i limiti derivanti dalla natura pubblica dell’attività svolta.
A ragione di ciò, i controlli statali sono molteplici e rilevanti, tanto preventivi quanto successivi. Spesse volte, nel corso della mia esperienza, gli stringenti e puntuali controlli esterni sull’operato dell’Ente e gli inevitabili condizionamenti che dagli stessi derivavano, mi hanno fatto dubitare della sussistenza di una effettiva libertà di manovra e, in buona sostanza, di una reale autonomia, che pur rappresenta uno dei cardini su cui si fonda il sistema previdenziale dell’Avvocatura italiana, come di tutti i liberi professionisti.
Per poter attuare i propri deliberati, Cassa Forense deve previamente ottenere l’approvazione di tre Ministeri: mi pare quindi riduttivo parlare di mera attività di vigilanza, considerato che il mancato ottenimento del nulla osta ministeriale impedisce al nostro Ente previdenziale di dar seguito ai propri deliberati e di attuare le proprie scelte gestionali. Sicchè quello ministeriale pare piuttosto un controllo di indirizzo, entrando nel merito delle scelte gestionali.
SUL PRINCIPIO DI SOLIDARIETÀ
Negli anni trascorsi in Cassa ho potuto apprezzare il principio di solidarietà
grande esperienza
che caratterizza il nostro sistema previdenziale: è principio irrinunciabile, che deve essere salvaguardato, per continuare ad assicurare, anche a coloro che non sono o non sono stati in grado di contribuire in misura adeguata, prestazioni sia pur minime.
Le pensioni di invalidità e inabilità (rispettivamente riconosciute a chi -per malattia o infortunio- vede grandemente ridotta o del tutto eliminata la propria capacità lavorativa) ne rappresentano le più evidenti applicazioni. È evidente che la solidarietà, che si attua imponendo agli iscritti con redditi più elevati una contribuzione (oltre il c.d. tetto pensionabile) che non varrà a costituire montante per il calcolo della futura pensione, ha come presupposto indispensabile l’osservanza del principio etico di lealtà fiscale e della conseguente lealtà contributiva. Non può dubitarsi del fatto che il fine della tutela previdenziale non può essere esclusivamente quello di garantire, a chi abbia raggiunto il limite anagrafico, quanto necessario per vivere, ma altresì quello di soddisfare situazioni straordinarie svantaggiate.
SULLE RIFORME DELLA PREVIDENZA FORENSE
Appena eletto in Cassa Forense, unitamente agli altri 79 componenti del Comitato dei Delegati, sono stato chiamato a dare il definitivo via libera alla riforma della previdenza forense varata
dal precedente Comitato dei Delegati ed entrata in vigore il 1° gennaio 2010: quella spesso definita “lacrime e sangue” che, tra l’altro, elevò a 70 anni il limite anagrafico e a 35 anni l’anzianità contributiva per poter accedere alla pensione di vecchiaia.
Da allora ho partecipato all’elaborazione e all’approvazione di varie altre riforme, magari meno note perché parametriche e non strutturali, salvo l’ultima, varata lo scorso ottobre 2022 e ora al vaglio dei Ministeri vigilanti, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2024 e vedrà il passaggio al sistema contributivo di calcolo della pensione degli Avvocati.
Il sistema retributivo attualmente vigente, è stato corretto e mitigato negli anni, al fine di eliminare le storture che lo caratterizzavano, tant’è che si è parla di sistema “retributivo misto sostenibile”.
A tale riguardo, l’intervento più consistente si è avuto con la progressiva estensione a tutta la vita lavorativa della base reddituale di riferimento per il calcolo della pensione che ha eliminato in radice il fenomeno di possibili aumenti strumentali del reddito degli ultimi anni.
Tutte le riforme succedutesi in questi anni, sono state dettate dalla necessità
di garantire, per le future generazioni, da un lato gli equilibri finanziari e gestionali dell’Ente, dall’altro le (adeguate) prestazioni previdenziali e assistenziali che Cassa Forense è chiamata ad erogare.
SULL’ULTIMA RIFORMA DELLA PREVIDENZA FORENSE
La riforma che entrerà in vigore il 1° gennaio 2024 con il passaggio al sistema contributivo, è una riforma epocale ora al vaglio dei Ministeri vigilanti per cui in considerazione del fatto che potrebbero essere necessari interventi correttivi imposti dai Ministeri, non ritengo di soffermarmi sui dettagli della stessa. Ma ritengo di dover accennare alle ragioni che hanno indotto gli organi di Cassa Forense a varare la nuova riforma.
A premessa va detto che l’Ente si è mosso anticipando i tempi e non sulla spinta di una situazione di emergenza: il che ha consentito di evitare l’imposizione agli iscritti di immediati e pesanti sacrifici.
Anzi, va evidenziato che tutti i dati di bilancio degli ultimi anni sono stati assolutamente positivi, con rilevanti avanzi di esercizio (vedi tabella, in milioni di euro), con il bilancio approvato ad aprile ’22 che ha fatto registrare il miglior saldo attivo di tutta la storia di Cassa Forense, con un patrimonio netto di oltre 15 miliardi di euro.
Peraltro, lo stesso bilancio ha evidenziato - anche in tal caso, per la prima volta nella storia dell’Ente - una flessione del numero degli iscritti, passati da 245.030 a 241.830 (al 31.12.2021).
È evidente che in un sistema “a ripartizione” quale è il nostro, nel quale cioè gli oneri annuali relativi alle prestazioni previdenziali e assistenziali vengono pagati con i contributi versati per il medesimo anno dagli iscritti attivi (dando vita al c.d. “patto intergenerazionale”), l’andamento
demografico della categoria è un dato di fondamentale importanza.
L’attuale rapporto tra iscritti in attività e pensionati è ancora ottimo, ma gli studi attuariali ci dicono che la situazione, sia pur nel lungo periodo, è destinata a peggiorare.
La sopravvivenza degli Avvocati, poi, è ulteriormente migliorata (gli avvocati vivono, in media, due anni in più rispetto al resto della popolazione italiana): il che, se da un lato rappresenta un’ottima notizia, dall’altro comporta maggiori esborsi previdenziali per l’Ente.
Anche in merito al futuro andamento economico della categoria, i dati statistici non sono confortanti: dal 2007 al 2020 il reddito medio della categoria è passato da euro 59.520 ad euro 37.785; le previsioni parlano di una parziale ripresa, ma l’andamento medio delle carriere dei futuri avvocati sarà senz’altro inferiore a quello delle generazioni precedenti.
Come detto la situazione attuale non è certo drammatica e la tempestiva riforma varata dal Comitato dei Delegati di Cassa Forense contrasterà con efficacia gli effetti negativi della crisi demografica ed economica dell’Avvocatura. Entro gennaio 2023 si insedierà il nuovo Comitato dei Delegati di Cassa Forense Avrà il compito di apportare al testo della riforma appena approvata le eventuali modifiche/integrazioni che verranno richieste dai Ministeri vigilanti.
L’auspicio è che, in un prossimo futuro, la situazione possa migliorare e magari permettere nuovi interventi, specie a favore dei giovani e delle colleghe. In ogni caso, serviranno lungimiranza e prudenza, così da assicurare anche alle prossime generazioni di avvocati un adeguato futuro pensionistico, unitamente alla sostenibilità del sistema.




Pillole di in-formazione... dalla Commissione Formazione


Come ben noto nell’esercizio della propria professione, l’avvocato è tenuto a realizzare il principio di competenza ed è pertanto tenuto, nell’arco di tutta la vita professionale, a curare la formazione e l’aggiornamento.
Il dovere di formazione continua – già disciplinato dal CNF con un proprio regolamento nel 2007 –, divenendo obbligo di legge a seguito dell’inserimento nel Nuovo Codice deontologico forense con la riforma del 2012.
FORMAZIONE NEL NOSTRO ORDINEIl Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Padova ha adottato fin da giugno 2015 il Regolamento attuativo che disciplina le modalità di adempimento della formazione professionale continua da parte degli iscritti e dei tirocinanti abilitati, nonché i criteri di organizzazione, accreditamento e gestione degli eventi formativi; e lo fa attraverso la Commissione Formazione che per il quadriennio di mandato consiliare 2019-2022 è stata costituita da Avv. Jacopo Al Jundi, Avv. Gloria Bizzotto, Avv. Edoardo Ferraro, Avv. Carola Rossato, Avv. Raffaella Moro, Avv. Monica Scabia, Avv. Alberto Panazzolo , Avv. Alessia Casotto; ed alla cui coordinazione si sono succeduti, in ragione delle direttive ANAC, i Colleghi Bizzotto e Ferraro, Scabia e Al Jundi. La Commissione Formazione del nostro COA si è riunita ogni settimana e nel corso del 2022 ha accreditato 128 eventi, organizzati e/o co-organizzati dal COA, dalle associazioni forensi (particolarmente attive nel nostro Foro), nonché
dall’Università di Padova: con un’offerta di formazione e di aggiornamento di alto livello nelle più diverse materie, sia svolta in presenza che in modalità F.A.D. Almeno dalla seconda metà del 2022, gli eventi e i corsi si sono svolti per la maggior parte in presenza, dopo più di due anni di necessitati webinar a distanza: alternativa sicuramente più economica e valida per raggiungere un elevato numero di partecipanti, anche di Fori diversi, ma indubbiamente meno efficace in termini di attenzione e concentrazione (ed ovviamente affatto socializzante rispetto ad un evento partecipato in presenza).
UN PICCOLO MEMO
Sono tenuti all’obbligo della formazione continua tutti gli avvocati iscritti all’Albo dell’Ordine di Padova, compresi gli avvocati iscritti nei relativi elenchi speciali degli addetti agli uffici legali di Enti Pubblici, gli avvocati stabiliti e gli avvocati sottoposti alla sanzione disciplinare della sospensione nonché quelli sospesi volontariamente ex art. 20, comma 2, L. 247/12; ed altresì tutti i tirocinanti abilitati, a prescindere dall’effettivo esercizio dell’attività professionale ed anche gli avvocati che hanno conseguito il titolo di specialista ai sensi dell’art. 9 della L. 247/2012.
Sono esentati dall’obbligo:
x gli avvocati sospesi dall’esercizio professionale, ai sensi dell’articolo 20, comma 1 della legge professionale, per il periodo del loro mandato;
x gli avvocati addetti all’Ufficio del
LAprocesso;
x dopo venticinque anni di iscrizione all’albo;
x dopo il compimento del sessantesimo anno di età;
x i componenti di organi con funzioni legislative;

x i componenti del Parlamento europeo;
x i docenti di ruolo e i ricercatori confermati delle università in materie giuridiche.
Sono inoltre esonerati dall’obbligo su domanda dell’interessato, che dovrà documentare la causa e la durata dell’impedimento, gli iscritti che si trovino in una delle seguenti condizioni: gravidanza, parto, adempimento di doveri collegati alla paternità o alla maternità in presenza di figli minori; grave malattia o infortunio o altre gravi condizioni personali; interruzione per un periodo non inferiore a sei mesi dell’attività professionale o trasferimento di questa all’estero.
Ricordiamo inoltre che l’obbligo formativo è un requisito essenziale:
x per coloro che intendono accogliere un tirocinante presso il proprio studio e l’Ordine rilascia apposito attestato dopo la verifica della posizione formativa; x per l’iscritto che richieda l’scrizione nell’elenco dei difensori del patrocinio a spese dello Stato.
ATTENZIONE!
L’anno 2022 - così come il 2021 (per i quali sono stati richiesti n. 15 crediti, di cui 3 in materie obbligatorie e 12 materie non obbligatorie) e il 2020 (per il quale sono stati previsti n. 5 crediti, di cui 2 in materie obbligatorie e 3 in materie non obbligatorie) - non è stato conteggiato ai fini del triennio formativo di cui al comma 3 dell’art. 12 del Regolamento (conseguimento nell’arco del triennio di almeno 60 crediti formativi di cui 9 nelle materie obbligatorie) ma è stato considerato dal CNF come anno a sé stante, non facente parte di alcun triennio. Non sono sopraggiunte alla data odierna circolari da parte del CNF che stabiliscano il numero di crediti da acquisire per il 2023 e le modalità operative di svolgimento della formazione obbligatoria, ma sarà cura dell’Ordine informare prontamente gli iscritti attraverso i consueti canali (circolare, sito OAP, social network – facebook, Telegram).
Essendo il COA attuale a fine mandato e, così pure le commissioni, ci sia permesso di ringraziare tutti i componenti della Commissione Formazione che con impegno e dedizione hanno lavorato in armonia e forte spirito di collaborazione in questi quattro anni sicuramente non facili; un grande grazie vada inoltre anche alle nostre Marica G. ed Elena B. che hanno coadiuvato alacremente le attività della Commissione Formazione e reso più facile il nostro lavoro.
Ginnastica della mente e ginnastica…sul serio!
Come nasce la tua passione per la ginnastica?
Da piccola abitavo in un piccolo paese dei Colli, dove le uniche attività sportive avviate per le bambine erano la pallavolo e la ginnastica. A quattro anni mi sono innamorata della ginna-
stica ritmica guardando mia sorella, di parecchi anni più grande di me, che si allenava: volevo a tutti i costi praticare anch’io quello sport, tanto da costringere la società a farmi accedere ai corsi di base prima del compimento dell’età minima richiesta per l’iscrizione. Fortunatamente ho dimostrato sin da subito una buona predisposizione per la disciplina e all’età di otto anni sono stata inserita nella sezione agonistica, iniziando un percorso sportivo sempre più intenso fino all’età di 19 anni.

ALESSIA CASOTTO, Consigliere dell’Ordine uscente ha un passato da atleta avendo praticato sin da piccola la ginnastica ritmica a livello agonistico. A 16 anni ha conquistato il titolo di Campionessa Italiana ed ha poi continuato l’’attività fino al 2004. È rimasta però nel mondo della ginnastica come allenatrice della squadra agonistica Ardor Padova e come Ufficiale di gara nazionale, rivestendo per 7 anni l’incarico di referente di giuria per il Comitato regionale Veneto della Federazione. Dal 2018 è Ufficiale di gara internazionale, settore ginnastica ritmica.
Quando hai cessato l’attività di atleta sei rimasta legata all’ambiente…. Ho continuato a frequentare la palestra ed anzi mi sono calata in maniera ancora più intensa nell’ambiente ginnico, sia come allenatrice che come giudice di gara. Avendo avuto la fortuna di essere cresciuta in una delle società più importanti d’Italia, già fucina di campionesse e con una lunga tradizione alle spalle, ho potuto allenare la squadra militante in serie A e molte ginnaste che hanno avuto successo, nel corso degli anni, in campo nazionale e internazionale.
Come hai fatto a gestire contemporaneamente sport di alto livello, scuola e università?
Non ho mai avuto difficoltà a coniugare lo studio con la pratica agonistica, nonostante gli allenamenti (sia come atleta che come istruttrice) impegnassero la quasi totalità del mio tempo libero. Sicuramente a ciò ha contribuito l’educazione impartita dai miei genito-

ri – che mi hanno sempre insegnato a riconoscere le priorità – e una fortissima determinazione; credo comunque che il motore di tutto sia la passione: sono sempre stata innamorata del mio sport e altrettanto dello studio e credo che la passione, in ogni settore, porti chi ha la fortuna di poterla davvero provare nella vita a compiere sacrifici e a ottenere risultati altrimenti impensabili.
L’entrata nel mondo del lavoro ha impattato sul tempo da dedicare allo sport?
Inevitabilmente sì. Durante il periodo di pratica forense ho dovuto limitare in maniera drastica il tempo dedicato all’insegnamento: la ginnastica agonistica richiede tempi di allenamento molto lunghi e quello dell’allenatore è
un vero e proprio lavoro, incompatibile con i tempi e l’impegno richiesti dalla libera professione. Ciò però non significa che il lavoro mi abbia impedito di continuare a seguire la mia passione.
Come sei riuscita e riesci ora che il lavoro è divenuto più impegnativo, a gestire lavoro e sport?
Ho fatto una scelta di campo, dedicandomi in via esclusiva all’attività di giuria. Da quasi vent’anni rivesto il ruolo di ufficiale di gara e per 7 anni ho ricoperto l’incarico di referente di giuria (alias: direttore delle giurie) per il Comitato Regionale Veneto; ciò mi ha permesso di maturare una buona esperienza nel campo e di essere chiamata dalla Federazione a partecipare al corso per ottenere la qualifica di giudice internazionale per la Federazione Internazionale di Ginnastica.
La professione è di per se stessa impegnativa e molto spesso gli avvocati si lamentano del limitato tempo libero a propria disposizione. Cos’è che spinge te a dedicarlo proprio alla ginnastica?
Di sicuro non si tratta di motivi di tipo economico. Sicuramente a ciò mi spinge la passione per il mio sport, la soddisfazione di vedere le giovani ginnaste divertirsi e inseguire la propria passione proprio come ho fatto io negli anni passati ma soprattutto il debito di riconoscenza che ho verso questa disciplina sportiva, che mi ha aiutato a capire cosa sia lo spirito di sacrificio, cosa significhi raggiungere i propri obiettivi dopo aver speso tempo ed energie per inseguirli, e mi ha portato a maturare determinazione e autocontrollo. Qualità, queste, che sono poi risultate fondamentali per il mio lavoro di avvocato.

In ricordo di...

Chiara Schiavinato
Quando manca qualcuno con cui hai fatto un pezzo di strada e che era parte della tua vita, personale o professionale, si addensa nel cuore e nella mente una miriade di ricordi a dirti che il tempo passa inesorabile e che la vita è fugace e imprevedibile.
In un 2022 denso di avvenimenti imponderabili e dolorosi, ci ha lasciato anche la collega e amica Chiara Schiavinato.
Nel nostro foro era conosciuta e stimata, per noi Giuristi Democratici padovani è stata una risorsa inesauribile per lunghissimi anni.
Chiara era una professionista severa e rigorosa, una donna attenta, critica, pungente, sempre molto attiva su molti temi, in particolare sulla parità di genere; per anni è stata Presidente del CPO di Padova e sempre molto propositiva nelle iniziative sociali e culturali per l’affermazione dei diritti delle donne.

Amava l’arte e tutto ciò che era bello e profondo. Era un’avida lettrice, aveva in casa una biblioteca elegante e densa, proprio come era lei. Ci ha regalato e consigliato un sacco di bei libri, che amava proporre anche in discussione. Ha curato e proposto, con i Giuristi Democratici, diverse edizioni di “diritti di carta”, la nostra rassegna che propone libri e riflessioni giuridiche e sociali. Chiara aveva un senso fortissimo e meticoloso della giustizia, e questa la portava spesso ad una dialettica animata. Ma le sue impennate si chiudevano sempre con lunghe conversazioni ed il suo immancabile “ciao tesoro”. Amava “stare insieme” e molti di noi sono stati ospiti alle sue cene memorabili che era un modo per condividere, confrontarsi e tirare tardi in allegria. Sembra impossibile che non ci sia più. Gli ultimi periodi di malattia li ha trascorsi come sempre schiva nella sua intimità. E nonostante negli ultimi anni avesse diradato il suo impegno attivo nei Gd, Chiara rimane un pezzo indelebile della nostra storia come associazione e un’assenza difficile da accettare.

Grazie Chiara, di essere stata amica e vicina, a noi, alla giustizia e alla bellezza.
Livio Zanin

L’avvocato Livio Zanin, oltre a essere stato un professionista preparato e stimato, aveva una particolare cura per la dimensione umana delle relazioni di lavoro.
Chi si rivolgeva a lui non riceveva solo un competente trattamento come cliente, ma era considerato una persona alla quale dedicare attenzione e delicatezza, senza mai far mancare un sorriso e, in certi casi, una parola di conforto o addirittura un gesto di concreto sostegno. Sentiranno la sua mancanza tutti quelli che lo hanno conosciuto e hanno lavorato con lui.
I colleghi di studio e i familiari
Leonardo Arnau, Leonardo Bruni, Maria Monica Bassan Associazione GIURISTI DEMOCRATICI di PadovaAnna (Daniela) Ciardullo
Ricordare compiutamente Anna Ciardullo, per gli amici e colleghi Daniela, è impresa ardua. Tanta è stata la sua dedizione, in moltissimi ambiti, professionale e umana. Daniela aveva un’idea elevata della funzione e del ruolo dell’avvocato, che era anche sociale e di impulso alle istituzioni perché i diritti dei più deboli, e delle donne vittime di violenza in particolare, fossero riconosciuti e tutelati. Personalità forte la sua, ferma nelle sue posizioni e nelle sue battaglie e al contempo così empatica con gli amici e colleghi da essere quasi sempre alla fine appoggiata nelle sue idee.
L’avvocatura Padovana ha subito una perdita incolmabile con la sua recente e improvvisa scomparsa; rimarrà la sua eredità e il suo inconfondibile sorriso e la luce dei suoi occhi che mai risparmiava di far brillare parlando della sua amata
a Cirella.
Crescenzio Camposampiero
Niccolo’ Ghedini Orazio Giraldin Patrizia Sadocco
Barbara Trivellato
Un pensiero affettuoso a loro ed ai familiari
Come già scritto in precedenza, intendiamo ricordare in ogni numero gli avvocati del nostro Foro frattanto scomparsi, dando inoltre la possibilità – a chi lo desideri perché legato in vita da rapporti più stretti –di scrivere una dedica specifica per il collega amico. Fermo restando che ogni collega che se ne va è comunque una perdita dolorosa per tutti noi.

Gaudeamus igitur!
irriverente dei goliardi. Che non farebbe male fosse rivalutato anche dagli studenti di oggi; e magari ripreso in grande stile, naturalmente nelle forme che social e tecnologie oggi consentirebbero in modo ancor più pervasivo.
Le circa 200 pagine - dense di episodi realmente accaduti, scherzi realizzati, testi dei canti resi famosi soprattutto alla Vitaliano Lenguazza - si sfogliano e leggono in un battibaleno.
Nel precedente numero de “La Ragione” abbiamo evocato, anche attraverso un’intervista al collega Paolo Alvigini, le sue performances letterarie che avevano visto da ultimo la pubblicazione di un saggio dedicato “ai Garibaldini di ieri, di oggi e di domani” ed intitolato appunto “Veneto Garibaldin”. Un’opera che ha impegnato Paolo Alvigini a ricercare il ruolo dei veneti nell’epopea garibaldina, scoprendo così la presenza di ben 159 veneti sui 1089 volontari che parteciparono alla famosa spedizione dei mille. Stavolta l’avv. Alvigini si è cimentato in un excursus “più leggero” ma molto centrato sul territorio. Memore degli anni di frequentazione dell’Università (e successivi), il nostro collega ha sostanzialmente redatto un piccolo inno a quella goliardia ormai si è un po’ “persa” ma che è stata così caratterizzante per chi ha avuto la fortuna di frequentare la nostra Università.

“STORIA DELLA GOLIARDIA PADOVANA E NON SOLO / Bacco, Tabacco e Venere... da 800 anni”, consente a chi non è più giovanissimo di rivivere con un po’ di nostalgia e molti sorrisi un’epoca in ogni caso sicuramente più spensierata dell’attuale e lo spirito
La pubblicazione, edita da Mazzanti, si avvale anche della prefazione della Magnifica Rettrice Daniela Mapelli.



