Il Giornale dei Biologi - N.9 - Settembre 2022

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Edizione mensile di AgONB, Agenzia di stampa dell’Ordine Nazionale dei Biologi. Registrazione n. 52/2016 al Tribunale di Roma. Direttore responsabile: Claudia Tancioni. ISSN 2704-9132 IL FUTURO DELLA BIOLOGIA NELLA GENOMICA AVANZATA Per sei mesi, nei laboratori del Dante Labs, eccellenza nel sequenziamento del Dna, i biologi hanno studiato mutazioni genetiche, sequencing tumorale e bioinformatica
STRESS AMBIENTALI E RICADUTE SU ANIMALI E UOMO Corso Fad Luglio-dicembre 2022 www.onb.it

Sommario

EDITORIALE

Al voto per costruire il futuro di Vincenzo D’Anna

PRIMO PIANO

6

I biologi e la genomica avanzata nel Dante Labs Regolamento elettorale

Covid alla prova d’autunno maggiore ottimismo. Ma serve ancora prudenza di Rino Dazzo

I biologi in europa con L’Ecba di Corrado Marino

20

INTERVISTE

Il ruolo dei microrganismi intestinali nella comunicazione tra cervello e ambiente di Chiara Di Martino

Rabdomiosarcoma Alveolare, studio Cnr svela processo crescita di Ester Trevisan

SALUTE

Cervello in fumo. La “pandemia” del tabagismo e le relazioni con la salute cerebrale di Elisabetta Gramolini

26 Cancro al cervello. Perché può tornare di Sara Bovio

28 30 32 36 37

Rischio ictus precoce: un nesso col gruppo sanguigno di Domenico Esposito

Alzheimer, la musica della giovinezza aiuta i pazienti di Domenico Esposito

Fertilità e stili di vita nei giovani di Giuseppe Palma, Paolo Cirillo

L’altruismo non è nel cuore, ma nel cervello di Domenico Esposito

I corsi d’acqua migliorano l’umore di Domenico Esposito

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3 40 42 43

L’importanza del coenzima Q10 di Carla Cimmino

Cortisolo nei capelli come indicatore di stress di Biancamaria Mancini

La farmaceutica nel primo medioevo di Barbara Ciardullo

La medicina araba e l’alchimia nell’alto medioevo di Barbara Ciardullo

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Sommario
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8
16 18

Sommario 44 46 48 50

AMBIENTE

Difensori della biodiversità di Gianpaolo Palazzo

Cibo per i futuri pionieri spaziali di Gianpaolo Palazzo

Esempi virtuosi della raccolta differenziata di Gianpaolo Palazzo

Un sito minerario in acque internazionali di Michelangelo Ottaviano

L’ibis eremita tornerà sul territorio europeo di Michelangelo Ottaviano

La risalita a nord della vespa orientalis di Michelangelo Ottaviano

INNOVAZIONE

55 56

Frip: il primo formaggio senza fosfati per i pazienti con insufficienza renale di Anna Lavinia

“Fresh” per stoccare energia rinnovabile di Pasquale Santilio

Acciughe e arance il fertilizzante è fatto di Pasquale Santilio

La clorofilla illumina le piante di Pasquale Santilio

Frutta e verdure più fresche con rivestimento bio di Pasquale Santilio

BENI CULTURALI

60 63

Villa Fogazzaro Roi, eleganza e profumi sulla sponda italiana del lago di Lugano di Rino Dazzo

Gli oli essenziali per la conservazione dei libri di Pietro Sapia

64 68 70

71

SPORT

La scalata di Jay Vine di Antonino Palumbo

Quelli che non riposano mai: Iñaki Williams e gli stakanovisti del calcio di Antonino Palumbo

Tita & Banti, campioni della vela olimpica di Antonino Palumbo

Il ritiro di re Roger. Il più grande di sempre? di Antonino Palumbo

LAVORO

52 53 58 59 86

SCIENZE

74 78

Concorsi pubblici per Biologi72 82

Macroinvertebrati bentonici come indicatori di inquinamento di Martina Meola

Innovazione nella medicina rigenerativa di Cinzia Boschiero

Nuovi progressi nello studio dell’Alzheimer di Cinzia Boschiero

Interazioni alimenti e terapie di Marco Zanetti

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Al voto per costruire il futuro

Cisiamo. Il 4 di ottobre verran no indette, dai Commissari straordinari nominati dal Ministero della Salute, le elezioni per eleggere i Consigli Direttivi e quello dei Revisori dei Conti di ciascuno degli undici Ordi ni Regionali dei Biologi che comporranno la Federa zione Italiana degli Ordini dei Biologi. All’interno di questo stesso numero del giornale online troverete il Regolamento elettorale al quali i Commissari dovranno attenersi per il regolare svolgimento delle operazioni di voto. Le modalità da loro scelte, potranno prevedere la votazione in presenza oppure quella da remoto, per via telematica. Nel caso si voti in presenza do

Il 4 di ottobre verranno indette le elezioni per eleggere i Consigli Direttivi e quello dei Revisori dei Conti di ciascuno degli Ordini Regionali dei Biologi

vranno essere predisposti almeno quattro seggi in ambiti che facilitino, equamente, l’accesso degli elettori alle urne. Viceversa, il voto online, gestito da aziende scelte dai Commissari tra quelle abilitate per legge, consentirà a ciascun iscrit to di esprimere la propria preferenza attraverso i device di cui sono in possesso.

Questa modalità potrà essere realizzata attraver so l’utilizzo della PEC con diversi accorgimenti che impediscano l’i dentificazione del votante (ricordiamo che il voto è segreto) e l’utilizzo per una sola votazione del device utilizzato (unicità del voto per elettore). Insomma: dopo due anni di duro lavoro di preparazione con l’allestimento delle sedi regionali e degli

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atti preparatori, oltre agli intralci giudizia ri derivanti da ricorsi al Tar, il Consiglio dell’Ordine adempie così al dovere che fu indicato dalla legge Lorenzin: quella che aveva portato i Biologi nelle professioni sanitarie. In un Ordine nel quale le vicen de elettorali - negli anni passati - hanno causato un numero considerevole di “conflitti” a suon di carte bollate ed annose controversie giudiziarie, con l’annullamento delle tornate elettorali e ben due gestioni commissariali, ci accingiamo a votare nella massima trasparenza e nella legittimità delle procedure.

Con l’istituzione del servizio My ONB e l’area riservata, possiamo ben dire che il modo di amministrare è radicalmente cambiato in un ambito di legalità

D’altronde con l’istitu zione del servizio My ONB e la possibili tà di accedere tramite un’area riservata a tutti gli atti deliberativi (compresi bilanci, acquisto di beni e servizi e consulenze) da parte di ciascun iscritto, possiamo ben dire che il modo di amministrare è radicalmente cambiato in un ambito di legalità. Molti tra quelli che non seguono, oppure trascura no di aggiornarsi, sulle vicende del proprio

ente professionale, continuano a pensare al vecchio modo di procedere e rinnovano critiche senza fondamento attingendo al “sentito dire” che resta la peggiore fonte di apprendimento. Il Consiglio dell’Ordine si scioglierà il 4 dicembre ed il 31 dello stesso mese l’Ordine Nazionale dei Biologi chiu derà definitivamente i battenti. La costituenda fase di creazione della Federazione degli Ordini Regionali dei Biologi sarà governata da un Commissario nominato dal Ministro della Salute fino alla elezione del Direttivo Nazionale e del Presidente della Federazione. Questi ultimi saranno eletti dagli undici Presidenti degli Ordini Regionali con voto pesato, rapportato al numero de gli iscritti che ciascuna regione rappresenta. Queste le notizie salienti sul prossimo ap puntamento elettorale.

I particolari e le varie fasi elettorali sa ranno esplicitati puntualmente nel Regola mento Elettorale che chiunque potrà scari care sia dal sito istituzionale di ONB sia da

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questo giornale telematico. Uno sforzo che credo però possa non bastare per portare tutti gli aventi diritto a recarsi alle urne, come categoria, nonostante la rivoluzione copernicana posta in essere in questi anni. Siamo infatti ancora molto divisi e in gran parte isolati per propria scelta o per passata consuetudine. Occorreranno dunque altri anni di impegno e di coinvolgimento per i 55 mila biologi iscritti per creare uno spirito di cate goria coeso e responsabile. Ancora oggi, infatti, circa diecimila iscritti non hanno attivato la PEC e molti altri non aprono le mail né acce dono al sito per documen tarsi sulle costanti comunicazioni che pure inviamo agli iscritti.

Occorreranno dunque altri anni di impegno e di coinvolgimento per i 55mila biologi iscritti per creare uno spirito di categoria coeso e responsabile

ritenendo l’Ente professionale una sorta di ufficio di avviamento al lavoro che debba farsi carico della loro specifica situazione. L’Ordine, lo ricordiamo ancora, è un Ente pubblico che deve sostenere gli interessi generali della categoria, valorizzandone i compiti e le attribuzioni, tutelandone i di ritti e difendendola da abusivi e da altre professioni che ne insidiano le prerogative loro spettanti. Informazio ne, formazione e tutela del le specifiche competenze professionali sono i precipui compiti dell’ONB.

Numerose le Associazione che, a vario titolo, sono attive sui social network dove tanti colleghi si parlano addosso e spes so si illudono di poter fare a meno della macchina organizzativa dell’ONB. Altri ancora riversano sull’Ordine responsabili tà dirette per non aver trovato un lavoro

Ora, fino a quando tutti gli iscritti non entreranno nella logica della “catego ria”, nella determinazione di partecipare alla vita del proprio Ordine imparando a sfruttarne le opportunità che esso met te a disposizione, non saremo arrivati al traguardo. Quindi avanti per costruire il futuro! Attraverso il voto spetterà a voi in dicare i programmi e le persone che non solo dovranno attuarli, ma che vi dovran no anche rappresentare.

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Editoriale

beneficiato di un fondo di 40mila euro stanziato dall’Ordine per la copertura dei costi di partecipazione. Durante il corso teorico-pratico, i partecipan ti hanno approfondito temi quali le mutazioni genetiche, il sequencing tumorale, la farmacogenomica e la bioinformatica, disciplina scientifica dedicata alla risoluzione di problemi biologici a livello molecolare con me todi informatici e algoritmi di machi ne learning.

All’evento di chiusura hanno par tecipato, oltre al presidente dell’Or dine, Vincenzo D’Anna, il cofonda tore del Dante Labs, Mattia Capulli, il direttore del Tecnopolo d’Abruzzo, Roberto Romanelli, e il vicepresidente del Consiglio Regionale dell’Abruzzo, Roberto Santangelo.

I

BIOLOGI E LA GENOMICA AVANZATA NEL DANTE LABS

Si è conclusa la prima edizione del corso “Genomica, la strada verso la medicina predittiva e personalizzata”, che ha visto la partecipazione di 75 biologi

«Questa prima edizione del cor so ha registrato un enorme successo – spiega Mattia Capulli, cofondato re del Dante Labs -. Abbiamo visto degli studenti attenti e motivati. Come azienda abbiamo l’obiettivo di attingere dai biologi che hanno partecipato a questi corsi per delle future assunzioni».

D’Anna ha già anticipato che è in programma una seconda edizione del corso e che l’Ordine dei Biologi inten de dargli una cadenza annuale, conti nuando a investire risorse economiche per garantire l’alta specializzazione degli iscritti.

«Lo sviluppo della ri cerca scientifica pas sa per la genomica, che rappresenta una delle nuove frontiere applicative della biologia umana, ve getale e animale. Con il corso realiz zato con Dante Labs abbiamo messo in condizione i biologi di specializzar si in questo settore emergente». Così Vincenzo D’Anna, presidente dell’Or dine Nazionale dei Biologi, ha aperto il suo intervento durante la giornata conclusiva del corso di formazione “Genomica, la strada verso la medi cina predittiva e personalizzata”, or

ganizzato dall’Onb nei laboratori del Dante Labs, eccellenza italiana per il sequenziamento del DNA umano, con sede a L’Aquila, negli spazi del Tecno polo D’Abruzzo. «Con questo corso, i biologi potranno affrontare dal punto di vista teorico e applicativo queste nuove tematiche, costruendosi un ter reno solido per approcciare al mondo del lavoro e per uscire da quelli che sono gli ambiti professionali già noti e più battuti, come la laboratoristica, la nutrizione o l’ambiente».

All’intero percorso formativo, che ha avuto una durata di sei mesi, han no partecipato 75 biologi, che hanno

«Un biologo che sposa una disci plina informatica avrà un bagaglio for mativo e professionale che lo renderà un’eccellenza nello studio e alla ricer ca genomica in campo internaziona le», ha raccontato Roberto Romanelli, direttore del Tecnopolo d’Abruzzo.

Un plauso all’iniziativa e al suc cesso registrato è stato espresso da Roberto Santangelo, vicepresidente del Consiglio Regionale dell’Abruzzo. «La sinergia tra Onb e Dante Labs è centrale per il futuro della ricerca in campo biomedico ed è un onore che questa unione di capacità e professio nalità sia nata nel territorio d’Abruz zo» conclude Santangelo.

Vincenzo D’Anna e Roberto Santangelo.
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Primo piano
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DELLA

DEGLI ORGANI

BIOLOGI

NAZIONALE

nazionale dei biologi

VISTA la legge 11 gennaio 2018, n. 3, recante delega al Governo in materia di sperimentazione clini ca di medicinali nonché disposi zioni per il riordino delle profes sioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute;

VISTO, in particolare, l’articolo 4, della citata legge n. 3 del 2018, recante riordino della disciplina degli Ordini delle professioni sanitarie;

VISTO il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, recante ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell’e sercizio delle professioni stesse, come modifi cato dalla predetta legge n. 3 del 2018;

VISTO, in particolare, l’articolo 2, com ma 5, del citato decreto legislativo del Capo

provvisorio dello Stato n. 233 del 1946, come modificato dalla legge n. 3 del 2018, che ha demandato ad un decreto del Ministro della salute la definizione delle procedure per la composizione dei seggi elettorali e le proce dure di svolgimento delle elezioni per il rin novo degli organi degli Ordini delle profes sioni sanitarie;

VISTO il decreto del presidente della Re pubblica 5 aprile 1950, n. 221, recante appro vazione del regolamento per la esecuzione del decreto legislativo 13 settembre 1946, n. 233, sulla ricostituzione degli Ordini delle profes sioni sanitarie e per la disciplina dell’esercizio delle professioni stesse;

VISTO il decreto del Ministro della Salu te 15 marzo 2018, attuativo del citato articolo 2, comma 5, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 233 del 1946, come

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Primo piano REGOLAMENTO ELETTORALE PER LO SVOLGIMENTO
PRIMA ELEZIONE
DEGLI ORDINI DEI
E DELLA FEDERAZIONE
Il documento è stato approvato in via definitiva, dal Consiglio dell’Ordine
nella seduta del 28 settembre 2022 con delibera n. 1058

modificato dalla legge n. 3 del 2018;

VISTO l’articolo 9, comma 3, della cita ta legge n. 3 del 2018, recante riordino della disciplina degli Ordini delle professioni sani tarie, che ha demandato ad un decreto mini steriale l’adozione degli atti necessari all’arti colazione territoriale dell’Ordine dei biologi e la nomina di commissari straordinari per l’indizione delle elezioni secondo le modalità previste dal decreto legislativo del Capo prov visorio dello Stato n. 233 del 1946 in quanto applicabile;

VISTO il decreto del Ministro della Salu te 23 marzo 2018, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2018, attuativo del citato articolo 9, comma 3, della legge n. 3 del 2018, con cui sono stati costituiti gli Ordi ni dei biologi e nominati i relativi commissari straordinari;

il Consiglio dell’Ordine nazionale dei bio logi adotta il seguente regolamento:

Articolo 1 (Definizioni)

1. Ai fini del presente regolamento si in tendono per:

a) “DM Salute 23 marzo 2018” il decreto del Ministro della Salute 23 marzo 2018, pub blicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2018, attuativo dell’articolo 9, comma 3, della legge n. 3 del 2018;

b) “DM Salute 15 marzo 2018” il decreto del Ministro della Salute 15 marzo 2018, at tuativo dell’articolo 2, comma 5, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 233 del 1946, come modificato dalla legge n. 3 del 2018;

c) “Ordini dei biologi” o, al singolare, “Ordine dei biologi”, gli Ordini dei biologi di cui all’articolo 1 del DM Salute 23 marzo 2018;

d) “commissari straordinari” o, al singola re, “commissario straordinario”, i commissari straordinari di cui all’articolo 2 del DM Salute 23 marzo 2018;

e) “organi degli Ordini dei biologi” il Con siglio direttivo e il Collegio dei revisori di cui all’articolo 2 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 233 del 1946, come modificato dalla legge n. 3 del 2018, di cia scun Ordine dei biologi;

f) “Federazione nazionale degli Ordini dei biologi” o “Federazione nazionale”, la costi tuenda Federazione nazionale degli Ordini dei biologi di cui all’articolo 7 del decreto le gislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 233 del 1946, come modificato dalla legge n. 3 del 2018;

Articolo 2

(Indizione delle elezioni)

1. I commissari straordinari indicono le

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Primo piano

elezioni per la prima costituzione degli organi degli Ordini dei biologi due mesi prima della scadenza naturale del Consiglio dell’Ordine nazionale dei biologi in essere alla data di en trata in vigore della legge n. 3 del 2018.

2. Al fine di garantire l’equilibrio di gene re, negli organi degli Ordini dei biologi nes suno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi. Nel caso dei Consigli direttivi composti da sette compo nenti, l’equilibrio è rispettato quando alme no due componenti appartengano al genere meno rappresentato.

3. Gli Ordini dei biologi eleggono in as semblea, fra gli iscritti agli albi, a maggioranza relativa dei voti ed a scrutinio segreto:

a) il Consiglio direttivo;

b) il Collegio dei revisori.

4. La votazione per l’elezione del Consiglio direttivo e del Collegio dei revisori è valida in prima convocazione quando abbiano votato almeno i due quinti degli iscritti o in seconda convocazione almeno un quinto degli iscrit ti. A partire dalla terza convocazione la vo tazione è valida qualunque sia il numero dei votanti.

5. L’avviso di convocazione da inviarsi tra mite posta elettronica certificata o tramite po sta prioritaria, almeno venti giorni prima del termine fissato per l’inizio delle votazioni a ciascun iscritto nell’albo, deve indicare i gior ni delle votazioni nonché per ciascun giorno l’ora di inizio e di cessazione delle relative operazioni.

Articolo 3

(Presentazione delle liste)

1. Sono eleggibili tutti gli iscritti all’albo, compresi i componenti del Consiglio dell’Or dine nazionale dei biologi in essere alla data di entrata in vigore della legge n. 3 del 2018, che possono presentarsi singolarmente o nell’am bito di una lista.

2. Le liste di candidati, nonché le singole candidature, alle cariche di componente del Consiglio direttivo e del Collegio dei revisori di ciascun Ordine dei biologi devono essere autenticate dal commissario straordinario o da un suo delegato. Devono, inoltre, essere sottoscritte:

a) da non meno di 100 e da non più di 200 elettori, negli Ordini dei biologi con un nu mero di iscritti compreso tra 10.001 e 20.000;

b) da non meno di 60 e da non più di 120 elettori, negli Ordini dei biologi con un nu mero di iscritti compreso tra 5.001 e 10.000;

c) da non meno di 30 e da non più di 60 elettori, negli Ordini dei biologi con un nu mero di iscritti compreso tra 1.501 e 5.000;

d) da non meno di 25 e da non più di 50 elettori, negli Ordini dei biologi con un nu mero di iscritti compreso tra 501 e 1.500;

e) da non meno di 20 e da non più di 40 elettori, negli Ordini dei biologi con un nu mero di iscritti inferiore a 500.

3. La singola candidatura di cui al comma 1 e le liste di cui al comma 2 devono essere presentate entro dieci giorni prima della data di svolgimento delle votazioni mediante posta elettronica certificata o a mano presso la sede dell’Ordine dei biologi. Il commissario stra ordinario provvede, in pari data, alla pubbli cazione delle liste e delle singole candidature sul proprio sito istituzionale.

4. Per le finalità di cui all’articolo 2, com ma 2, i commissari straordinari escludono le liste in cui uno dei due sessi sia rappresentato in misura superiore a due terzi; nel caso dell’e lezione per un Consiglio direttivi composto da sette componenti, l’equilibrio è rispettato quando almeno due candidati appartengano al genere meno rappresentato.

6. In caso di mancato raggiungimento del quorum, in prima o in seconda convocazione, la singola candidatura e le liste già presentate restano valide.

Articolo 4 (Composizione dei seggi)

1. Il seggio elettorale, fermo quanto stabi lito ai commi 4 e 5, è composto:

a) dai tre biologi più anziani di età, pre senti all’assemblea, diversi dal commissario straordinario, non appartenenti al Consiglio dell’Ordine nazionale dei biologi in essere alla data di entrata in vigore della legge n. 3 del 2018 e non facenti parte delle liste di candidati, due dei quali con funzioni di scru tatori;

b) dal biologo più giovane d’età, presen te all’assemblea, diversi dal commissario straordinario, non appartenenti al Consiglio dell’Ordine nazionale dei biologi in essere alla data di entrata in vigore della legge n. 3 del 2018 e non facenti parte delle liste di can didati, che esercita le funzioni di segretario.

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2. I tre componenti di cui al comma 1, let tera a) individuano al loro interno il presiden te di seggio. In mancanza di accordo le funzio ni di presidente sono svolte dal componente più anziano d’età.

3. Per ciascun componente del seggio di cui al comma 1, lettere a) e b), è individuato il componente supplente tramite sorteggio ef fettuato a cura del commissario straordinario.

4. Ferma restando la possibilità di svolgere le elezioni in modalità telematica da remoto secondo quanto stabilito all’art. 5, commi 11 e 12, al fine di garantire piena accessibilità al voto in ragione del numero degli iscritti, dell’ampiezza territoriale e delle caratteristi che geografiche di ciascun Ordine dei biologi, i commissari straordinari, per garantire che le elezioni si svolgano in più sedi ai sensi dell’art. 2, comma 5, del d. lgs. C.p.S. n. 233 del 1946, come modificato dall’art. 4 della. legge n. 3 del 2018, provvedono, per ciascuna sede in dividuata, alla convocazione delle assemblee elettorali in giornate distinte da individuare nei 5 (cinque) giorni antecedenti la data della votazione in prima convocazione. In ciascuna sede verrà costituito un seggio elettorale con le modalità di cui ai precedenti commi 1, 2 e 3.

5. Le liste non possono essere composte da un numero di candidati superiore a quello dei componenti dell’Organo da eleggere.

6. Decorse tre ore dall’apertura di ogni seggio, qualora sia impossibile procedere alla costituzione dello stesso, il commissario stra ordinario constata tale circostanza redigendo un apposito verbale. Di tale circostanza vie ne data comunicazione agli iscritti mediante pubblicazione di un avviso sul sito istituzio nale del rispettivo Ordine dei biologi. In tale ipotesi, con le medesime modalità previste per la prima convocazione, si provvede alla costi tuzione del seggio in seconda e, se del caso, in terza convocazione. Una volta costituito il seggio resta in carica anche per le successive convocazioni.

Articolo 5 (Operazioni di voto)

1. Ferma restando la possibilità di adottare le modalità telematiche di cui ai commi 11 e 12, la votazione si effettua a mezzo di schede bianche relative ai componenti del Consiglio direttivo dell’Ordine e gialle per i componen ti del Collegio dei revisori, munite del timbro

dell’Ordine dei biologi, su cui l’elettore ripor ta il nome o i nomi dei candidati da eleggere o la denominazione della lista a maggioranza relativa dei voti e a scrutinio segreto.

2. Una volta costituito il seggio elettorale, il commissario straordinario consegna al pre sidente del seggio l’elenco degli aventi diritto al voto, unitamente all’albo degli iscritti con ogni annotazione di legge, e l’elenco dei can didati, dando atto anche di tale adempimen to nel verbale delle operazioni elettorali. In caso di svolgimento delle elezioni in più sedi, i commissari straordinari adottano le misure necessarie a garantire che ciascun elettore voti per una sola volta, prediligendo misure che consentano di esercitare il voto esclusivamen te nelle sedi per le quali sarà stato preventiva mente delimitato apposito bacino di utenza su base territoriale.

3. Spetta al presidente del seggio di predi sporre i mezzi idonei a garantire la segretezza del voto; a tale scopo il presidente del seggio si assicura che nei luoghi di votazione siano state allestite cabine elettorali o, comunque, strutture che garantiscano la segretezza del voto, oltre che la sua libertà, anche rispetto alle attività di propaganda.

4. All’esito della suddetta verifica, il presi dente del seggio appronta urne debitamente sigillate, separate per ognuno degli Organi da eleggere, e le pone sul tavolo del seggio elettorale in modo visibile. Successivamente, dichiara pubblicamente aperta la tornata elet torale, dando inizio alle operazioni di voto.

5. Il presidente del seggio elettorale verifi ca l’identità dell’elettore e il suo diritto al voto e consegna le schede, rispettivamente per l’e lezione del Consiglio direttivo e del Collegio dei revisori recanti il timbro dell’Ordine dei biologi. All’elettore viene, altresì, consegnata una matita copiativa, che deve essere restitui ta al presidente con le schede.

6. Il voto può essere espresso per l’intera li sta, riportando nella scheda la denominazione della lista ovvero riportando tutti i nominativi compresi nella lista; il voto può, altresì, esse re espresso riportando nella scheda uno o più nominativi presenti nella o nelle liste, ovvero il nominativo del candidato che si presenta singolarmente. L’elettore, prima di uscire dal la cabina elettorale, dovrà piegare le schede nel verso predeterminato, in modo tale da im pedire a chiunque di verificare il voto espres

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so, e poi consegnarle al presidente del seggio o a uno degli scrutatori che provvederanno a inserirla nelle rispettive urne.

7. Il presidente chiude all’ora fissata le operazioni di voto svoltesi nel primo giorno, provvede alla chiusura dell’urna e procede alla formazione di uno o più plichi o conte nitori nei quali vanno riposti gli atti e il mate riale relativi alle operazioni già compiute e a quelle da compiere nel giorno successivo cu rando che all’urna e ai plichi o ai contenitori vengono incollate due strisce di carta recanti il bollo dell’Ordine dei biologi e la firma del presidente e degli altri componenti del seggio elettorale nonché di qualsiasi altro elettore che voglia sottoscrivere. Conseguentemente il presidente del seggio rinvia la votazione all’o ra stabilita del giorno successivo e provvede alla custodia della sala e alla chiusura degli accessi e delle aperture della stessa in maniera che nessuno possa entrarvi.

8. All’ora stabilita del giorno successivo il presidente del seggio, ricostituito il seggio e constatata l’integrità dei mezzi precauzionali apposti alle aperture e agli accessi alla sala e dei sigilli dell’urna e dei plichi e dei conteni tori dichiara riaperta la votazione. Per l’ulte riore rinvio delle operazioni si osserva la stes sa procedura.

9. Delle operazioni compiute si redige giorno per giorno apposito verbale in dupli ce esemplare, le cui pagine devono essere nu merate e firmate dal presidente e dagli altri componenti del seggio nonché recare il bollo dell’Ordine dei biologi.

10. Trascorso il termine per lo svolgimento delle operazioni di voto, il presidente dichiara chiusa la votazione e procede allo scrutinio, assistito dagli scrutatori e dal segretario.

11. Per le finalità di cui all’articolo 1, com ma 4, del DM Salute 15 marzo 2018, i com missari straordinari possono ricorrere a piat taforme informatiche che consentano il voto da remoto, conformi ai principi generali e alle disposizioni tecniche previste dalle Linee Guida sull’accessibilità degli strumenti infor matici emanate dall’Agenzia per l’Italia digi tale emanate dall’Agenzia per l’Italia digitale ai sensi dell’art. 11 della legge 9 gennaio 2004, n. 9, e che diano, in ogni caso, ampia e com provata garanzia di sicurezza.

12. L’individuazione delle modalità di espressione del voto telematico è demanda

ta ad appositi regolamenti deli Ordini terri toriali che, oltre a rispettare quanto stabilito al comma 11, soddisfino i seguenti requisiti minimi:

a) lo svolgimento delle operazioni di voto telematiche deve essere affidata ad un opera tore di mercato specializzato ed indipendente rispetto all’Ordine, da selezionare all’esito di apposita procedura a evidenza pubblica, che a sua volta deve procedere alla designazione di una persona fisica quale referente e respon sabile tecnico della gestione della piattaforma per la specifica elezione telematica;

b) il sistema informatico fornito dall’ope ratore economico selezionato deve possedere almeno le seguenti caratteristiche:

1) contiene l’elenco degli aventi diritto al voto e l’elenco dei candidati per l’elezione te lematica, compilati e consegnati dall’Ordine nei termini e con i dati previsti dalla normati va regolante le elezioni;

2) prevede una procedura che imponga l’uso di almeno tre password diverse e tra loro obbligatoriamente combinate per l’accesso al sistema di voto telematico, che vengono consegnate, contestualmente all’inizio delle operazioni di voto, dall’operatore economico che gestisce il sistema informatico: la prima al presidente del seggio elettorale; la seconda al segretario del seggio elettorale; la terza al referente tecnico designato ai sensi della pre cedente lettera a);

3) consente l’attivazione e la disattivazione del voto telematico nei giorni e negli orari sta biliti per la votazione esclusivamente median te l’utilizzo delle tre password di cui sopra;

4) impone il riconoscimento e l’abilita zione dell’elettore al voto tramite specifiche funzioni che devono garantire: la verifica dell’identità dell’elettore mediante utilizzo combinato di codice fiscale e di password tra smessa dal referente tecnico designato ai sensi del precedente comma 2 a mezzo posta elet tronica certificata oppure mediante utilizzo di SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) oppure mediante utilizzo di CNS (Carta Na zionale dei Servizi) oppure mediante utilizzo di sistemi equiparabili a questi ultimi; l’accer tamento della presenza dell’avente diritto al voto nell’elenco di cui al precedente numero 1); il controllo che il votante non abbia pre cedentemente espresso il voto; la rilevazione dell’esercizio del voto da parte dell’elettore;

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5) prevede la consegna di una scheda per l’espressione del voto, che, dopo la esplicita conferma del voto espresso, deve essere con teggiata per l’elezione e per il rilascio di appo sita ricevuta al votante a mezzo posta elettro nica certificata;

6) impone che il voto sia espresso una sola volta dall’avente diritto entro la definitiva chiusura delle votazioni;

7) consente l’accesso al sistema da parte del seggio elettorale esclusivamente per la verifica del numero dei votanti per accertare il raggiungimento dei quorum di voto per le singole convocazioni, ma non per l’estrapola zione di risultati parziali, fino al momento in cui non venga effettuata la chiusura definitiva di tutte le votazioni;

8) prevede che, al termine delle fasi di voto, sempre mediante l’utilizzo combinato delle password di cui al precedente numero 2), sia eseguita la chiusura definitiva del si stema per garantire il salvataggio criptato dei dati al termine di ciascuna giornata, con mo dalità che ne assicurino la segretezza e la non consultabilità da parte di alcuno, rendendo disponibile al segretario del seggio elettorale apposito report per la verbalizzazione recan te esclusivamente i dati necessari alla verifica del raggiungimento del quorum, e impedendo qualsiasi ulteriore accesso almeno per i 180 giorni successivi alla proclamazione dei risul tati, salvo che per consentire, nei casi previsti dalla legge, l’accesso agli atti della procedura funzionale

all’eventuale impugnazione delle elezioni da parte degli aventi diritto o intervengano espressi provvedimenti amministrativi e/o giudiziali;

9) rispetta le disposizioni legislative e re golamentari e le specifiche tecniche tempo per tempo applicabili, con particolare riferi mento ai profili della tutela dei dati personali degli aventi diritto al voto e della segretezza del voto, assicurando la dissociazione tra il votante e la sua espressione di voto, la conser vazione riservata dei dati personali acquisiti dal software in modalità disgiunte ed inacces sibili, la garanzia di integrità dei dati, la crip tazione dei dati ed il backup di sicurezza di tutte le operazioni;

10) consente la decodificazione dei dati criptati esclusivamente al termine delle vo tazioni mediante apposito tool consegnato al

presidente del seggio elettorale dal referente tecnico designato ai sensi della precedente lettera a);

11) garantisce che il voto possa essere espresso su più sistemi operativi e su varie ti pologie di device.

Articolo 6

(Operazioni di scrutinio)

1. Nel caso in cui le operazioni di voto si siano svolte in prima o in seconda convo cazione, preliminarmente allo scrutinio, il presidente del seggio provvede a riscontrare il numero complessivo dei votanti al fine di verificare il raggiungimento del quorum pre visto dall’articolo 1, comma 3. In caso di man cato raggiungimento del predetto quorum il presidente del seggio dichiara non valida la votazione.

2. Qualora la votazione sia stata dichiara ta valida, il presidente del seggio provvede al conteggio delle schede depositate nell’urna al fine di riscontrare la corrispondenza tra vo tanti e schede depositate nell’urna stessa.

3. Riscontrata la corrispondenza tra i vo tanti, le schede consegnate e quelle depositate nell’urna, il presidente, in caso di più urne, provvede a sigillare tutte le urne tranne quella contenente le schede da scrutinare immedia tamente. Di volta in volta procede all’apertura dell’urna successiva, al termine dello scrutinio delle schede contenute nell’urna aperta.

4. Sono nulle le preferenze contenute in schede che presentano scritture o segni tali che possano far riconoscere l’identità dell’e lettore. Sono, altresì, nulle le schede che si ano diverse da quelle consegnate dal seggio elettorale, o che non siano state compilate con l’apposita matita copiativa.

5. Il presidente, udito il parere degli scru tatori, decide avverso i reclami o le irregolari tà delle operazioni elettorali; decide, altresì, sull’assegnazione o meno dei voti contestati per qualsiasi causa, curando che sia fatta esat ta menzione nel verbale delle proteste ricevu te, dei voti contestati e delle decisioni da lui adottate.

6. Di tutte le operazioni di scrutinio viene redatto apposito verbale, in duplice copia, da compilare, per quanto compatibile, secondo il più recente modello predisposto dal Ministe ro dell’Interno per le elezioni amministrative.

7. Le due copie dei verbali di cui al comma

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6 devono essere, altresì, trasferite su supporto digitale, la cui conformità all’originale analo gico deve essere attestata mediante l’apposi zione di firma digitale da parte del presidente del seggio. Spetta ai commissari straordinari dotare ciascun seggio degli strumenti neces sari a garantire il rispetto delle prescrizioni di cui al presente comma.

Articolo 7 (Proclamazione dei risultati)

1. Ultimato lo scrutinio dei voti, i presi denti dei seggi delle sedi secondarie trasmet tono al presidente del seggio principale una delle due copie del verbale delle operazioni di scrutinio; la trasmissione, da effettuarsi con modalità tali da garantirne la sicurezza, deve essere anticipata dall’invio, tramite posta elet tronica certificata, della copia digitale dei due verbali di cui all’articolo 6, comma 7.

2. Il presidente del seggio principale, rice vute la copia analogica del verbale, provvede a sommare i voti conseguiti dai candidati nei vari seggi e, conseguentemente, a proclamare immediatamente i risultati. In caso di mancata ricezione della copia analogica del verbale nei 5 giorni successivi all’invio, il presidente del seggio principale utilizza la copia digitale dei due verbali.

3. Le schede scrutinate in tutti i seggi sono conservate per 180 giorni. Le schede nulle e le schede contestate sono conservate, per quattro anni, dopo essere state vidimate dal presidente e dagli scrutatori, in plico sigillato sul quale l’uno e gli altri appongono la firma.

4. A parità di voti tra due o più candidati è proclamato il più giovane, in relazione alla data più recente della deliberazione di iscri zione all’albo dell’Ordine dei biologi di ap partenenza ovvero a all’albo dell’Ordine na zionale dei biologi. Nel caso di parità di tale data si tiene conto della data più recente di abilitazione all’esercizio professionale e, sus sidiariamente, dell’età. |

5. Il presidente del seggio principale noti fica immediatamente i risultati delle elezioni agli eletti, al Ministero della salute, ai Ministe ri della giustizia, dell’istruzione, dell’universi tà della ricerca e del lavoro e delle politiche sociali, al tribunale civile e penale nonché all’Ordine nazionale dei biologi ovvero, se co stituita, alla Federazione nazionale e all’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore

dei Biologi.

6. La proclamazione degli eletti deve esse re effettuata entro il 31 dicembre 2022.

7. Nel termine di otto giorni dall’avvenu ta elezione, il Consiglio direttivo e il Collegio dei revisori si riuniscono su convocazione del consigliere più anziano di età individuato per ogni Organo, per procedere alla distribuzio ne delle cariche istituzionali.

8. Entro trenta giorni dalla proclamazio ne dei risultati delle elezioni ogni iscritto all’Ordine dei biologi può proporre ricorso avverso la validità delle operazioni elettorali alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie.

Articolo 8 (Elezioni suppletive)

1. Se i componenti del Consiglio direttivo o del Collegio dei revisori nel corso del qua driennio per cui esso è eletto, sono ridotti, per qualsiasi causa, a meno della metà, si pro cede entro quindici giorni ad elezioni supple tive secondo quanto previsto dai precedenti articoli.

2. I consiglieri eletti in sostituzione di quelli cessati durano in carica sino alla scadenza del predetto quadriennio.

3. Le disposizioni dei precedenti commi si applicano anche nei casi di cessazione dell’inte ro Consiglio direttivo o del Collegio dei revisori.

Articolo 9

(Costituzione degli Organi della Federazione nazionale degli Ordini dei biologi)

1. Le disposizioni del presente regola mento si applicano, per quanto compatibili, anche alle procedure elettorali per la prima costituzione degli organi della Federazione nazionale degli Ordini dei biologi.

Articolo 10 (Disposizioni finale)

1. Per tutto quanto non previsto dal presen te regolamento, si applica la normativa vigente.

2. Le disposizioni del presente regolamen to che, all’esito dell’adozione del regolamento di cui all’articolo 4, comma 5, lettera a), della legge n. 3 del 2018, non dovessero risultare in contrasto con la normativa sopravvenuta, continueranno ad applicarsi solo nelle parti compatibili.

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COVID ALLA PROVA D’AUTUNNO MAGGIORE OTTIMISMO

MA SERVE ANCORA PRUDENZA

Contagi e ricoveri in lieve risalita. Opinioni contrastanti sull’esito della lotta alla pandemia. La quarta dose di vaccino è andata a rilento

Ache punto è la partita con il Co vid? I giudizi al riguardo sono contrastanti. Per l’Organizzazio ne mondiale della sanità, ad esem pio, «la fine della pandemia non è mai stata così vicina», per citare le parole del direttore Tedros Adhanom Ghebreyesus nel commentare il numero delle vittime, 11mila a settimana in tutto il mondo, mai così poche dal marzo 2020. Il presidente statunitense Joe Biden, in un’intervista tv, si è spinto addirit tura oltre: «La pandemia negli Stati Uniti è finita». Dichiarazione poi parzialmente rive duta e corretta: «Diciamo che la pandemia non è più come prima. Bisogna continuare a vaccinarsi». Profondamente diverso il parere dell’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali. Per il direttore sanitario Steffen Thirstrup «in Europa la pandemia è ancora in corso», men tre per il responsabile dei nuovi farmaci e vac cini anti-Covid, Marco Cavaleri, in autunno è in arrivo una nuova ondata di contagi.

Dov’è la verità? Probabilmente nel mez zo. Il virus miete meno vittime e il livello di occupazione delle strutture sanitarie è meno alto rispetto al passato, anche recente, grazie essenzialmente alla diffusione dei vaccini e alla minore letalità delle varianti che si sono

affermate negli ultimi mesi. La battaglia, però, è ancora in corso e l’avversario è tutt’altro che sconfitto. Basta dare un’occhiata ai dati delle ultime settimane per rendersi conto di come, anche in Italia, i numeri relativi a contagi e ri coveri siano in lieve ma costante risalita. Nul la di preoccupante, sia chiaro, ma l’idea che si possa allentare definitivamente la guardia e considerare chiusa la pratica è senza dub bio affrettata. Scrive il ministero della Salute nel suo ultimo monitoraggio settimanale: «Si osserva ancora una lieve diminuzione dell’in cidenza che tuttavia sembra prossima a una stabilizzazione, nel contesto di una trasmissi bilità che è appena sotto la soglia epidemica».

L’invito, però, è sempre lo stesso: «Si ri badisce la necessità di continuare a rispetta re le misure comportamentali individuali e collettive previste/raccomandate, l’uso della mascherina, aereazione dei locali, igiene delle mani e ponendo attenzione alle situazioni di assembramento. L’elevata copertura vaccina le, il completamento dei cicli di vaccinazione e il mantenimento di una elevata risposta im munitaria attraverso la dose di richiamo, con particolare riguardo alle categorie indicate dalle disposizioni ministeriali, rappresentano strumenti necessari a mitigare l’impatto so

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prattutto clinico dell’epidemia». I calcoli di Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sani tari regionali, danno un quadro preciso della situazione negli ospedali italiani. In cui i pa zienti Covid rappresentano il 5% del totale, mentre nelle terapie intensive non superano il 2%.

Ci sono però dei «leggeri segnali di risali ta», come sottolineato dall’epidemiologa Ste fania Salmaso in un’intervista a Repubblica, con riferimento ai primi ma significativi nu meri che indicano un piccolo rialzo dei conta gi nel paese. «Nel 2020 avevamo un mondo in tero suscettibile al nuovo virus. Ognuno di noi era preoccupato per la propria salute. Oggi invece dire che la fine della pandemia è vicina ha un senso. Quel che è sbagliato – secondo l’epidemiologa – è il salto logico secondo cui avremmo raggiunto il rischio zero. Questo no, il coronavirus resta pericoloso. E noi faremo bene a continuare a prestare attenzione». E qual è il modo migliore per proteggersi, fre nando anche nel contempo la diffusione del virus? Vaccinandosi. Che, nel caso delle per sone fragili e over 60, significa sottoporsi pe riodicamente ai richiami, proprio come nel caso del vaccino anti-influenzale. L’uscita dei nuovi vaccini bivalenti potrebbe velocizzare una campagna che, nel caso della quarta dose, è andata avanti piuttosto a rilento.

Ma quale vaccino fare, quello tradiziona le oppure quello adattato alla variante Omi cron? Sempre secondo Cavaleri, intervenuto a un incontro sull’efficacia e la sicurezza dei nuovi vaccini bivalenti, con i nuovi prodotti

Il virus miete meno vittime e il livello di oc cupazione delle strutture sanitarie è meno alto rispetto al passato, anche recente, grazie essenzialmente alla diffusione dei vaccini e alla minore letalità delle varianti che si sono affermate negli ultimi mesi. La battaglia, però, è ancora in corso e l’avversario è tutt’altro che sconfitto.

Pfizer e Moderna tarati su Omicron «l’aspet tativa è che la protezione si protragga più a lungo, e che la nuova vaccinazione si pos sa fare dopo otto mesi», mentre «chi è sta to esposto al coronavirus durante il periodo Omicron può attendere tre o quattro mesi prima dell’ulteriore richiamo». Per l’esperto dell’Ema la nuova variante Omicron BA.2.75, proveniente dall’India, potrebbe prendere il sopravvento nelle prossime settimane ma si tratterebbe di una sottovariante coperta dai vaccini esistenti, «essendo a metà strada tra Omicron 1 e 5». Quanto ai bambini dai cin que agli undici anni, «probabilmente in otto bre-novembre verrà approvato anche il vacci no adattato anti-Omicron come richiamo per questa fascia di età».

E a proposito di nuove varianti, vanno se gnalate le osservazioni di Anthony Fauci, con sigliere medico uscente della Casa Bianca, se condo cui «è molto improbabile che il Covid venga eliminato e una nuova variante sospetta è all’orizzonte». Si tratterebbe, in particola re, della mutazione BA.2.75.2, considerata potenzialmente preoccupante. «Quando di ciamo che dovremo convivere con il virus è perché sappiamo che non lo sradicheremo», ha aggiunto Fauci, che lascerà il suo incari co a dicembre. «La vera domanda da porsi è se riusciremo a eliminarlo dagli Stati Uniti e dal mondo. La risposta è che è improbabile in quanto siamo di fronte a un virus altamen te trasmissibile e l’immunità che si produce nell’organismo grazie ai vaccini o al contagio stesso è transitoria».

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I

BIOLOGI IN EUROPA CON L’ECBA

Come l’Onb ha condotto la categoria verso il panorama internazionale

Negli ultimi anni, l’Ordine Na zionale dei Biologi (ONB) ha svolto una serie di importanti attività in Europa a favore della categoria. Questo proficuo di namismo è stato possibile anche attraverso il suo ricongiungimento con l’European Coun tries Biologists Association (ECBA).

L’ECBA guarda con interesse al passaggio dell’Ordine Nazionale dei Biologi da orga nismo unico nazionale a organizzazione fe derativa, grazie all’ottenuto riconoscimento di professione sanitaria. Avere in Italia un Ordine Professionale che cura l’osservanza della legge professionale e di tutte le altre di sposizioni concernenti la professione, vigila sugli abusi professionali e tutela la professio ne anche attraverso il rigoroso rispetto del codice dell’etica professionale, che provvede alla formazione, istituisce borse di studio per corsi di perfezionamento di alto livello, desta stupore e un desiderio di emulazione nei col leghi europei, sprovvisti nei loro Paesi di un tale autorevole Organo che aggrega, indiriz za e agisce anche attraverso azioni consultive e propositive con Università, Enti pubblici e strutture dello Stato per tutelare la profes sione in ogni suo risvolto.

L’ONB è stato socio fondatore di ECBA

in una riunione che fu tenuta a Bonn nel 1974, come conseguenza del “Trattato di Roma” del 1957.

La missione di Ecba è quella di appog giare lo sviluppo di una società sostenibi le facendo progredire tutti gli aspetti della biologia e le discipline biologiche, e presen tandole in modo chiaro e comprensibile agli utenti finali; di rappresentare la biologia a li vello internazionale e di sostenere la qualifi ca europea dei Biologi professionisti, ovvero il titolo EurProBiol.

ECBA aggrega in una rete vasta i Bio logi dei vari Paesi membri della Comunità Europea per equilibrare quanto più possi bile i percorsi di formazione e le loro qua lifiche professionali. Compito non facile, ma soprattutto graduale come lo sono quei processi che si interfacciano con le decisio ni politiche di ciascun Paese fino a quelle degli organi della Commissione e del Par lamento Europei.

Da molti anni, in Europa, si era persa traccia di ONB quale associato ECBA e si è rimasti positivamente meravigliati al suo ri affacciarsi in Europa nel 2020, portatore di una concreta proposta di ampio respiro gra zie alla lungimiranza del Consiglio dell’Ordi ne oggi in carica.

Già impegnato, in ambito sanitario, per conto di ONB in Europa e nel Mediterra neo, e membro del comitato scientifico in ternazionale del JIB a Parigi, mi si chiese di illustrare al Consiglio Direttivo di ECBA tali

di Corrado Marino* * Vicepresidente Ecba.
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proposte formulate anche in base ad elemen ti assorbiti dalle mie esperienze quale rappre sentante di ONB all’estero.

Tra l’altro, in programma, la ricostruzione di una rete di Biologi, laureati in Scienze, da estendere e rinnovare nelle loro mission, fino alle attività di rappresentanza e consulenza rivolte alla Commissione Europea cui dimo strare le potenzialità professionali e i risvolti economici e sociali delle attività dei Biologi, la loro influenza sulle politiche verso il terri torio, l’ambiente, la salute, la ricerca, l’indu stria, la formazione.

Pur nel limitato tempo di attività, anche complice la pandemia, sono stati presi con tatti con altre associazioni europee di Biologi, con la Commissione Europea per intrapren dere azioni favorenti il riconoscimento di qualifiche professionali comprendenti tutti i campi di azione del Biologo, per esaminare la direttiva Bolkstein per la concorrenza dei servizi, per esaminare i possibili risvolti sulla attività di alcune sentenze della Corte di giu stizia europea, per proporre, come in Italia, il riconoscimento dello status di attività sanita ria ai Biologi in possesso di qualifiche profes sionali ad essa attinenti. La facilitazione del riconoscimento della professione di Biologo tra i diversi Stati è un altro degli obiettivi che può essere raggiunto in quella che sarà la nuova direttiva sulle qualifiche professiona li e la libera circolazione delle professioni in Europa, con obiettivo l’automatico ricono scimento dello status di Biologo Europeo il

Sono stati presi contatti con altre associazioni europee di Biologi, con la Commissione Europea per intraprendere azioni favorenti il riconosci mento di qualifiche pro fessionali comprendenti tutti i campi di azione del Biologo, per esaminare la direttiva Bolkstein per la concorrenza dei servizi, per esaminare i possibili risvolti sulla attività di al cune sentenze della Corte di giustizia europea, per proporre, come in Italia, il riconoscimento dello status di attività sanitaria ai Biologi in possesso di qualifiche professionali ad essa attinenti.

cui registro EUROPROBIOL già configura una delle attività di ECBA.

Riteniamo che tali iniziative accompagna te da meetings, conferenze di studio e forma zione, tra biologi e la comunità scientifica e politica in Europa siano un mezzo per dis solvere la nebbia che in molti Paesi Europei ancora avvolge la nostra professione e per consentire il riconoscimento della sua im portanza strategica.

È, pertanto, con vivo interesse che ECBA segue questa importante fase riorganizzati va di ONB e ritiene indispensabile la conti nuazione della sua spinta in ambito europeo con indicazioni e organizzazione di attività consultive, formative e rappresentative, così come espresso nelle linee programmatiche della lista “Biologi per il Rinnovamento”.

ECBA esprime la certezza che, per l’enor me serie di attività che nessuno può discono scere, l’ONB possa continuare a bene operare nei territori regionali e in ambito federativo continuando a perseguire gli obiettivi di rap presentatività internazionale nell’interesse della rete di Biologi europei e della profes sione di biologo, con le conseguenti ricadute in Italia. Ci auguriamo che la recente linea di azione assunta da ONB possa sempre es sere un faro per la nostra categoria in una Europa in cui la funzione di Biologo spesso è sminuita, nascosta in altre professionalità, o in campo sanitario è sovente esclusa da ruoli dirigenziali affidati a professionisti di diversa estrazione formativa.

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IL RUOLO DEI MICRORGANISMI

INTESTINALI NELLA COMUNICAZIONE

TRA CERVELLO E AMBIENTE

I primi e promettenti risultati di uno studio nelle parole della sua “guida”. Intervista a Cristina Limatola (La Sapienza). Prossimo step, test e osservazioni in modelli tumorali

Non è un’affermazione nuova quella che “l’intestino è il cervel lo” e non si tratta neanche di una credenza popolare, ma di una evidenza sempre più manifesta anche a livello scientifico, a vari livelli. Il forte legame tra questi due organi, solo apparente mente distanti, è alla base di un recente studio pubblicato su Communications Biology, coor dinato da Cristina Limatola del Dipartimento di Fisiologia e farmacologia Vittorio Erspa mer della Sapienza e condotto in collabora zione con i dipartimenti di Chimica, di Bio logia ambientale e l’NMLab della Sapienza con l’Istituto Pasteur Italia, l’Istituto italiano di tecnologia, il Cnr, l’Università Di Trieste e l’IRCCS Neuromed di Pozzilli.

In particolare, questa ricerca si è concen trata sul ruolo dei microrganismi intestinali nel mediare gli ormai provati effetti benefici di un ambiente arricchito dal punto di vista motorio, sensoriale e sociale sul sistema ner voso centrale. A spiegare da dove nasce l’in tuizione che, nel lungo termine e a fronte di un avanzamento degli studi, potrebbe porta re a risultati oggi inimmaginabili è proprio la coordinatrice dello studio. Cristina Limatola, dal 2016 Componente del Comitato naziona

le per la protezione degli animali usati a fini scientifici afferente al Ministero della Salute, insegna Fisiologia alla Sapienza ed è autrice di numerosi studi. Questo pubblicato su Com munications Biology ha preso il via qualche anno fa, come lei stessa ci racconta.

Qual è stato il “momento zero” di questa ricerca?

Studi precedenti condotti dallo stesso gruppo. Il filone è stato concepito circa 7-8 anni fa a partire dalla volontà di comprendere gli effetti dell’ambiente sul sistema nervoso. In particolare, abbiamo iniziato a esplorare il ruolo dell’ambiente arricchito in una situa zione sperimentale. Si tratta di una combina zione complessa di stimoli sensoriali, emotivi, motori, che potrebbe creare una situazione potenzialmente protettiva in condizioni pato logiche grazie alla formazione di nuove con nessioni.

In sostanza cosa ci sta dicendo?

Un ambiente arricchito può avere un ef fetto benefico sul sistema nervoso centrale perché ne favorisce la plasticità cerebrale – in altre parole: può attenuare l’impatto di even tuali danni - e la funzione cognitiva. Tuttavia non era stato ancora indagato il possibile ruo lo dei microrganismi intestinali nel mediare

di Chiara Di Martino
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Intervista

questi effetti benefici. Quello che volevamo scoprire in uno dei nostri primi studi è come vivere in un ambiente arricchito possa proteg gere da patologie neurodegenerative o finan che tumorali. In parallelo, volevamo indagare la comunicazione cervello-intestino.

C’era un punto di partenza?

Diversi studi hanno messo già in relazione uno stile di vita sano (che include alimenta zione controllata e abbondanti stimoli esterni) con migliorate risposte dei pazienti ammalati di tumore alle nuove immunoterapie. Parte degli effetti che vediamo possono passare da una modifica del microbiota intestinale e sui suoi metaboliti.

La ricerca che ha coordinato quali tasselli ha aggiunto?

Ha permesso di identificare alcuni ceppi batterici e i prodotti del loro metabolismo –in particolare, gli acidi grassi a catena corta –che mediano gli effetti benefici dell’ambiente arricchito sulla plasticità del sistema nervoso centrale. In particolare, questo lavoro aggiun ge alle attuali conoscenze un elemento fonda mentale. I cambiamenti dell’ambiente in cui viviamo e gli stimoli che da esso riceviamo contribuiscono in modo cruciale a determi nare la composizione del nostro microbiota. Tali cambiamenti potrebbero influenzare le cellule microgliali – cioè le cellule del sistema nervoso centrale con funzione immunitaria coinvolte nelle funzioni cerebrali. Tali cellu le rappresentano l’interfaccia tra ambiente e segnali provenienti dal microbiota intestina le. Nello studio di partenza abbiamo iniziato

Ricco il team di scienziati coinvolti nello studio multidisciplinare pubbli cato su Communications Biology: oltre a Cristina Limatola, la ricerca porta la firma di Francesco Mar rocco, Mary Delli Carpini, Stefano Garofalo, Ottavia Giampaoli, Eleonora De Felice, Maria Amalia Di Castro, Laura Maggi, Ferdinando Scavizzi, Marcello Raspa, Federico Marini, Alberta Tomas sini, Roberta Nicolosi, Carolina Cason, Flavia Trettel, Alfredo Miccheli, Valerio Iebba e Giuseppi na D’Alessandro.

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con condizioni “sane” chiedendoci se e come cambiano il microbiota in presenza di un am biente arricchito. E i risultati sono stati più che positivi.

Cioè?

Abbiamo visto che trovarsi in condizioni ambientali diverse (ambiente standard contro ambiente arricchito) cambia effettivamente la popolazione di microbi nella porzione termi nale dell’intestino. Come sappiamo i batteri intestinali sono responsabili del metabolismo che cambia di conseguenza. Ciò si riflette sul metaboloma, cioè sull’insieme di tutti i meta boliti che partecipano ai processi biochimici di un organismo? Per capirlo, abbiamo ana lizzato tramite strumenti di risonanza magne tica le feci appena prodotte riscontrando dif ferenze evidenti nelle due condizioni.

E il legame con il cervello?

Sapendo che l’ambiente arricchito modifi ca il sistema nervoso centrale (generando tra le altre cose un aumento della neurogenesi e della plasticità sinaptica) ci siamo chiesti se ci fosse una relazione e perciò abbiamo adotta to un approccio identificativo delle molecole, in particolare dei metaboliti batterici, che si sono mostrati responsabili in parte di quegli effetti benefici sul sistema nervoso centrale.

Il prossimo step?

Testare ciò che abbiamo osservato in mo delli tumorali, in particolare di tumori del sistema nervoso centrale. Il progetto durerà ancora un paio di anni o poco più, e per ora siamo perfettamente in linea con la tabella di marcia.

Cristina Limatola. © Prapat Aowsakorn/shutterstock.com
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Intervista

RABDOMIOSARCOMA ALVEOLARE, STUDIO CNR SVELA PROCESSO CRESCITA

Uno studio condotto dall’istituto di Biologia e patologia molecolare del Cnr di Roma, pub-blicato sul la rivista Cell Reports, fa luce sul meccanismo molecolare responsa bile della crescita del rabdomiosarcoma alveo lare, un tumore pediatrico aggressivo e ancora difficile da curare. Il team di ricerca ha indivi duato due fattori “complici” della proteina di fusione, in grado cioè di promuoverne la sua azione tumorigenica.

Dottoressa Mozzetta, cos’è il rabdomiosar coma alveolare e come si sviluppa nei bambini?

Il rabdomiosarcoma è un tumore dei co siddetti tessuti molli che si ritiene si sviluppi princi-palmente da cellule muscolari. Queste cellule, in seguito all’acquisizione di mutazioni ge-niche, perdono la capacità di formare tes suto muscolare maturo e acquisiscono invece la capacità di crescere in maniera incontrollata. Il rabdomiosarcoma alveolare è il sottotipo più aggressivo di questo tipo di tumori, caratteriz zato, nella maggior parte dei casi, dalla mu tazione che porta alla formazione di un gene ibrido tra PAX3 e FOXO1, che quindi deter mina la produzione di una proteina di fusione, PAX3-FOXO1, responsabile di amplificare e perpetuare la crescita incontrollata del rabdo

miosarcoma alveolare.

In cosa consiste la scoperta ottenuta grazie alla ricerca da lei coordinata?

In questo lavoro abbiamo individuato due enzimi che aiutano la proteina PAX3-FOXO1 nella sua funzione di acceleratore della crescita del rabdomiosarcoma alveolare. Nello specifi co, abbiamo visto che un enzima coinvolto nel la regolazione della stabilità dell’RNA, l’elicasi DDX5, è anch’esso presente in quantità trop po elevate nelle cellule di rabdomio-sarcoma rispetto a cellule normali. Ciò ci ha incuriosito e permesso di approfondirne la sua funzione, scoprendo che l’elevata espressione di DDX5 è responsabile, a sua volta, della maggiore stabi lità dell’RNA che codifica per un altro enzima, EHMT2, già noto per pro-muovere la cresci ta del rabdomiosarcoma. I nostri dati indica no poi che EHMT2 è in grado di mantenere l’espressione di PAX3-FOXO1. In sostanza, questo lavoro ha permesso di individuare due fattori “complici” della proteina di fusione, in grado cioè di promuoverne la sua azione tumo rigenica.

Come si neutralizzano i due enzimi “com plici” della proteina PAX3-FOXO1?

Sia per DDX5 che per EHMT2 esistono inibitori farmacologici in grado di bloccarne

Intervista a Chiara Mozzetta, biologa ricercatrice all’Istituto di Biologia e patologia molecolare del Cnr di Roma, coordinatrice dello studio pubblicato sulla rivista Cell Reports di Ester Trevisan
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Intervista

l’attività enzimatica. Bloccando la loro azione attraverso l’uso di questi inibitori, il nostro la-voro mostra che si è potenzialmente in grado di abbassare anche i livelli di PAX3-FOXO1 e, quindi, di fermare la crescita del rabdomiosar coma alveolare.

I risultati dello studio come si traducono in termini terapeutici?

I nostri studi sono stati condotti prevalen temente su linee cellulari in vitro e necessitano di una validazione in modelli in vivo prima di poter pensare a un loro reale sviluppo tera peuti-co. Ad esempio, sebbene il nostro lavo ro mostri che inibendo l’attività enzimatica di EHMT2 si è in grado di abbassare anche i li velli di PAX3-FOXO1, queste molecole sono ancora in uno stadio di sviluppo pre-clinico, cioè in modelli cellulari e animali di laborato rio, e non sono ancora pronte per essere uti lizzate nell’uomo. Per quanto riguarda DDX5, un farmaco in grado di inibirne l’azione è at tualmente in fase di sperimentazione clinica in pazienti affetti da altri tipi di tumore, ma per poter pensare a una sua applicazione nel cam po del rabdomiosarcoma, i nostri dati sul ruolo dell’attività enzi-matica di DDX5 vanno con solidati, così come va ulteriormente indagato il meccanismo molecolare che permette all’attivi

Questo lavoro è stato portato avanti da due post-doc, il dottor Alberto Gualtieri e la dotto-ressa Valeria Bianconi, del mio laboratorio. Ci siamo poi affidati alla preziosa collaborazio-ne del dottor Valerio Licursi, ricercatore IBPM-CNR, per la parte di analisi dei dati di bio in-formatica. Il laborato rio della dottoressa Luisa Pieroni (IRCCS S. Lucia) ci ha poi supportato per le analisi di spettrometria di massa.

tà enzimatica di DDX5 di promuovere la cre scita del rab-domiosarcoma.

La proteina PAX3-FOXO1 è coinvolta an che in altri meccanismi molecolari? Se sì, con quali conseguenze?

Di fatto, ad oggi, la traslocazione cro mosomica che porta alla formazione di PA X3-FOXO1 è associata prevalentemente al rabdomiosarcoma alveolare e i meccanismi che ne per-mettono l’azione sono molteplici. La fu sione di PAX3 a FOXO1 fa sì che questa pro teina diventi un potente fattore di trascrizione che va a promuovere la continua attivazione del programma precoce di determinazione miogenica, che però non è in grado di prose guire oltre e quindi continuare verso un ma turo differenziamento. Il perché ci sia questo blocco è ancora materia di studio.

Da chi è composto il team di ricerca?

Questo lavoro è stato portato avanti da due post-doc, il dottor Alberto Gualtieri e la dot to-ressa Valeria Bianconi, del mio laboratorio. Ci siamo poi affidati alla preziosa collaborazio-ne del dottor Valerio Licursi, ricercatore IBPM-C NR, per la parte di analisi dei dati di bioin-for matica. Il laboratorio della dottoressa Luisa Pie roni (IRCCS S. Lucia) ci ha poi supportato per le analisi di spettrometria di massa.

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Intervista

CERVELLO IN FUMO LA “PANDEMIA” DEL TABAGISMO E LE RELAZIONI

CON LA SALUTE CEREBRALE

Sono molti i pericoli che possono mettere sotto attacco il cervello. In cima ci sono le malattie neurode generative, in tutto il mondo in au mento, che rappresentano la grande sfida del futuro. Poi ci sono i rischi, perfetta mente evitabili, come il fumo di sigaretta, oggi considerato il primo motivo di morte nei Paesi sviluppati. I danni in capo alle bionde infatti non sono solo per il cuore o i polmoni ma an che per la funzionalità del cervello. Al convegno organizzato da Mohre, l’Osservatorio Mediter raneo per la riduzione del rischio in medicina, presso la sede dell’Irccs Neuromed di Pozzilli (Is), gli esperti in neurologia e neuroscienze di entrambe le strutture hanno illustrato le recenti evidenze scientifiche sui danni cerebrali causati dal fumo.

«Gli stili di vita sono la chiave di una longe vità vissuta in salute», sottolinea il dottor Fabio Beatrice, direttore del board di Mohre, past-pre sident della Società italiana di Tabaccologia e primario emerito di Otorinolaringoiatria di Tori

no. «Siamo responsabili di come invecchierà non solo il nostro corpo ma anche il nostro cervello. Dovremmo pensare ai nostri comportamenti positivi e negativi come capaci di determinare un punteggio sommatorio. Ma abbiamo sco perto anche che i vari comportamenti dannosi agiscono in maniera differente sull’organo della cognizione: il consumo di alcol determina alte razioni strutturali mentre il fumo danneggia il funzionamento delle strutture. I loro effetti com binati, quindi, sono molto maggiori della loro somma, specialmente nel cervello delle persone anziane». Possiamo quindi fare molto per invec chiare con una mente lucida, a partire da stili di vita corretti, iniziati da giovani, ma proseguiti da adulti e anche nelle età più avanzate.

Non basta l’avanzare dell’età a determinare un rallentamento delle facoltà cognitive, il taba gismo rappresenta un vero e proprio “carico da 12”. Tutte le evidenze suggeriscono che i fumato ri hanno, in media, un funzionamento cognitivo globale più scarso in età avanzata con punteggi medi più bassi in diversi domini come flessibilità

I danni provocati dal tabacco al centro di un recente convegno che si è tenuto all’Irccs Neuromed di Pozzilli, organizzato dall’Osservatorio Mediterraneo per la riduzione del rischio in medicina di Elisabetta Gramolini
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Salute

cognitiva e memoria. Inoltre il fumo è associa to a un aumentato rischio di demenza: quasi il 14% dei casi di malattia di Alzheimer nel mondo può essere attribuito al fumo. Già nel 2015 una ricerca della rivista Nature aveva sottolineato che la corteccia cerebrale dei soggetti che smettono di fumare ha bisogno di almeno 25 anni per il completo recupero della funzionalità delle aree corticali. La cessazione favorirebbe quindi una reversibilità dei danni, ma in un lasso di tempo estremamente lungo.

«L’ossido di carbonio e la nicotina accelerano la formazione delle placche aterosclerotiche poi ché creano un addensamento del sangue e la ri duzione dell’ossigeno. Il fumo esercita un danno sul sistema cardiovascolare con l’aumento dello stress ossidativo», spiega Alessandro Landolfi, responsabile della Syncope unit del Neuromed. Ecco, quindi, che la sigaretta arreca un danno maggiore per chi è a rischio ictus emorragico, «il fumo – continua - incide sull’equilibrio del vaso e inibisce l’elasticità, favorendo le sacche aneuri smatiche». La dipendenza dalle vecchie sigarette

perciò ha una correlazione diretta sugli eventi cardiovascolari.

Una delle strade perseguibili, esposta durante il convegno a Pozzilli, nel caso in cui il tabagista non riesca a smettere, è la riduzione del danno tramite il fumo elettronico sebbene sia comun que dannoso. Secondo l’ultima pubblicazione lanciata dal collettivo internazionale Knowledge Action Change, la riduzione del danno da tabac co non è solo un intervento di salute pubblica potenzialmente salvavita per 1,1 miliardi di fu matori nel mondo, ma è anche supportata dal diritto internazionale sui diritti umani. Il docu mento raccomanda che la riduzione del danno da tabacco sia promossa come una questione di diritti alla salute anche per coloro che fanno uso di nicotina.

«È ovvio che non esiste un fumo sano e che l’ideale sarebbe non iniziare a fumare o bere al colici, specie in giovane età, ma per gli adulti nei quali la dipendenza è consolidata è necessario fornire una soluzione percorribile», sottolinea Fabio Beatrice. «La nicotina – aggiunge - è quin di sia il problema che la soluzione ma esiste un diritto alla salute che non deve essere ostacola to da pregiudizi o posizioni preconcette». Uno studio recente (pubblicato su Archives of Toxi cology, volume 96) sostiene che la sostituzione completa delle sigarette a combustione con le elettroniche porterebbe a milioni di vite rispar miate. In particolare, il passaggio al fumo alter nativo entro il 2040, potrebbe salvare 2,52 milio ni di vite e 26 milioni di anni di vita persi. Questo solo prendendo in considerazione l’impatto del fumo sulle principali quattro malattie fumo-cor relate: cancro del polmone, broncopneumopatia cronica ostruttiva, cardiopatia ischemica e ictus.

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«Il fumatore non si considera una vittima di dipendenza. In molti casi si affida al fai da te, fallendo nella maggior parte dei casi. La sigaretta elettronica riduce la tossicità e permette di ge stire il dosaggio della nicotina. In Gran Breta gna, dal 2014, hanno fatto un lavoro di analisi sul fumo elettronico che si può proporre come seconda linea nei soggetti che falliscono la cessa zione». Sbagliato tuttavia, come sottolinea Bea trice, considerare il fumo di sigaretta elettronica come “sano”, un errore che hanno commesso negli Stati Uniti dove il marketing delle case pro duttrici si è indirizzato soprattutto verso la fascia giovanile. «Non esiste un fumo sano – ribadisce lo specialista - ma non si possono lasciare indie tro chi non riesce a smettere».

“Siamo responsabili di come invecchierà non solo il nostro corpo ma anche il nostro cervello. Dovremmo pensare ai nostri comportamenti positivi e negativi come capaci di determinare un punteggio sommatorio”.
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25GdB | Settembre 2022
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CANCRO AL CERVELLO PERCHÉ PUÒ TORNARE

Tra le cause di recidiva, un “aiuto” dei tessuti vicini alle cellule tumorali, così come descritto in una ricerca dell’Università di Leeds pubblicata sulla rivista Cell

Un cancro guarito purtroppo può ri presentarsi. Si parla in questo caso di recidiva che può dipendere da diversi fattori come, ad esempio, un trattamento che non ha distrut to tutte le cellule tumorali. Un’altra causa, non nota, di recidiva è stata da poco scoperta da un gruppo di ricerca internazionale guidato dall’Università inglese di Leeds. Secondo la nuova ricerca, il cancro al cervello, una delle forme tumorali più letali, può ritornare perché il tumore si adatta al trattamento reclutando “l’aiuto” dei tessuti sani vicini.

Nello studio, pubblicato sulla rivista Cell, i ricercatori spiegano che i gliomi di alto grado, in risposta alla terapia, sembrano modificare il microambiente circostante creando poten zialmente interazioni con i neuroni e le cellule immunitarie vicine in modo da proteggere le cellule neoplastiche e nasconderle alle difese dell’organismo. Il team ha anche scoperto che i tumori di grado inferiore spesso sviluppano una nuova mutazione che consente alle cellule di iniziare a dividersi più rapidamente poten zialmente trasformandoli in una forma di gra do superiore.

Il glioma cerebrale è un tipo di tumore raro che, anche se al momento della diagnosi pre senta un basso grado, spesso progredisce in glioma di alto grado. Oltre il 90% dei pazienti con tumori di alto grado muore entro cinque

anni. Gli sforzi per trovare una cura definitiva sono incessanti ma purtroppo allo stato attuale ci sono solo trattamenti che comprendono la chirurgia, la radioterapia e la chemioterapia.

La dott.ssa Lucy Stead, Professoressa pres so la Facoltà di Medicina dell’Università di Leeds e tra gli autori dello studio, ha dichia rato: «Il cervello è un organo estremamente complesso, composto da molti tipi diversi di cellule, e i tumori cerebrali sono altrettanto diversi e complicati. Imparare studiando i tes suti dei pazienti è il modo migliore per curare la loro malattia». La ricercatrice sottolinea che lo studio ha richiesto uno sforzo globale per acquisire un numero sufficiente di campioni di glioma e ha permesso di ottenere una visione senza precedenti di come questi tumori mor tali progrediscono e dei modi in cui potremmo finalmente essere in grado di fermarli.

I ricercatori hanno raccolto i diversi cam pioni in particolare durante il passaggio da un basso grado a uno alto e prima e dopo il tratta mento. Hanno quindi esaminato il modo in cui le cellule sono cambiate e si sono adattate per cercare di comprendere se è possibile riuscire a fermarle, utilizzando nuovi farmaci.

Per identificare i cambiamenti cellulari e ge netici associati al trattamento, i ricercatori han no analizzato i dati di sequenziamento dell’R NA e/o del DNA delle coppie di tumori di 304 pazienti adulti utilizzando il gene biomarker

di Sara Bovio
26 GdB | Settembre 2022
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isocitrato deidrogenasi (IDH) di tipo selvatico e IDH-mutante. I tumori si sono ripresentati con modalità distinte, dipendenti dallo stato di mutazione del gene IDH e attribuibili a cam biamenti nella composizione delle caratteristi che istologiche, alle alterazioni somatiche e alle interazioni con il microambiente.

Gli scienziati hanno quindi scoperto muta zioni e interazioni cellulari in precedenza sco nosciute che potrebbero diventare bersaglio di nuovi farmaci che impediscono alle cellule tumorali di progredire e adattarsi al trattamen to. Si aprono perciò nuove possibilità di ricerca che potrebbero portare alla nascita di farmaci più efficaci per i pazienti.

Il dottor Varn, un altro autore dello studio, ha dichiarato: «Analizzando i dati genetici e trascrizionali di questa ampia coorte di pa zienti, stiamo iniziando a capire come i tumori cambiano per adattarsi alle terapie standard. Questo studio - prosegue Varn - ha chiarito che non tutti i tumori mutano nello stesso modo. Questa scoperta ci permetterà in futuro di svi luppare terapie mirate alla malattia di ciascun paziente».

I ricercatori spiegano che i gliomi di alto grado, in risposta alla terapia, sembrano modificare il microambiente circostan te creando potenzial mente interazioni con i neuroni e le cellule immunitarie vicine in modo da proteggere le cellule neoplastiche e nasconderle alle difese dell’organismo.

Il dottor Verhaak, che ha partecipato alla ri cerca. Gli studi proseguiranno coinvolgendo an cora più pazienti. «Siamo a buon punto per tri plicare la nostra coorte di pazienti – ha detto - e i nostri set di dati. Siamo pronti a esaminare in modo esaustivo il processo di resistenza e a com piere importanti progressi verso un miglioramen to dei risultati per i pazienti affetti da glioma».

Marie Hughes, che ha creato a York la OSCARs Paediatric Brain Tumour Charity dopo che i suoi due figli e suo marito sono morti per un tumore al cervello, sottolinea l’importanza dello studio anche per la cura dei gliomi nei bambini. «Sostenere il lavoro della Banca dei tessuti – ha dichiarato Hughes - è per noi molto importante. I gliomi sono i tu mori cerebrali pediatrici più comuni e le ri cerche condotte sono essenziali per adattare i trattamenti in modo che siano meno devastanti e più efficaci e per aumentare la sopravvivenza dei pazienti. Si tratta di un progetto veramente entusiasmante – evidenzia la dott.ssa Hugespoiché l’impatto che avrà sulla ricerca sui tu mori cerebrali non solo nello Yorkshire, ma a livello nazionale e globale è enorme».

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27GdB | Settembre 2022
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Il rischio di avere un ictus precoce, ovvero prima dei 60 anni, potrebbe essere legato al gruppo sanguigno, e dunque previsto a partire da esso. È quanto emerge dai risul tati di una metanalisi di 48 studi realizzati fra Nord America, Europa, Australia, Giappone e Pakistan sugli ictus ischemici di diciassettemila pazienti under 60 e seicentomila persone sane. A detta dello studio, coordinato dall’Università del Maryland è pubblicato su “Neurology” con il ti tolo “Contribution of Common Genetic Variants to Risk of Early Onset Ischemic Stroke”, il rischio di ictus precoce risulta più alto fra le persone di gruppo sanguigno A e meno tra quelle di gruppo 0, rispetto al rischio riscontrato fra le persone con sangue di altri gruppi.

In Italia, così come altrove, in tre casi su quattro (dati del ministero della Salute) l’ictus colpisce le persone con più di 65 anni. Dovunque, però, è in crescita il numero di persone che sperimentano un ictus precoce. Steve J. Kittner, professore di neu rologia all’Università del Maryland e fra i principal investigator della ricerca, spiega che «sono proprio queste persone ad avere maggiori probabilità di morire a causa dell’evento ischemico e di affron tare decenni di disabilità». Nonostante un impatto così pesante, però, poche ricerche fino ad oggi si erano concentrate sulle cause degli ictus preco ci. Un vulnus che Kittner e un’altra cinquantina di esperti hanno deciso di colmare esaminando i cromosomi sia dei pazienti sia delle persone sane, così da identificare le varianti genetiche associate all’ictus. Questo sforzo ha consentito di trovare un legame tra l’ictus precoce e l’area del cromosoma dove è localizzato il gene del gruppo sanguigno. Una volta corretti i dati sulla base del sesso e di altri fattori potenzialmente confondenti, i ricerca tori hanno infatti osservato che il rischio di ictus ad esordio precoce è più alto del 18% fra le persone con gruppo sanguigno A e più basso del 12% tra

coloro con gruppo sanguigno 0, rispetto a tutti gli altri. Braxton D. Mitchell, professore di Medicina all’Università del Maryland, a sua volta principal investigator dello studio, ha sottolineato che «l’as sociazione tra gruppo sanguigno e ictus tardivo era molto più debole di quella che abbiamo tro vato tra gruppo sanguigno e ictus precoce». Gli autori dello studio hanno voluto rimarcare come l’aumento di rischio ictus tra i soggetti con gruppo san guigno A sia modesto e non

RISCHIO ICTUS PRECOCE: UN NESSO

Le persone più esposte, secondo un recente
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debba provocare allarmismi tali da impegnarsi in particolari screening o test medici aggiuntivi. Spetta adesso alla scienza approfondire le ragioni di questo legame. D’altronde è lo stesso professor Kittner ad ammettere che «non sappiamo ancora perché il gruppo sanguigno A conferirebbe un ri schio più alto di ictus precoce». Si pos sono però fare delle ipotesi. Tra le più accreditate vi è quella secondo cui le ragioni abbiano qual co

L’ictus ischemico è un danno cerebrale che ha luogo quando l’afflusso di sangue diretto al cervello viene improvvisamente interrotto per l’ostruzio ne di un’arteria. Dopo un ictus, una persona può avere problemi di movimento, difficoltà di linguaggio o di pensiero e, sebbene la riabilita zione possa fare molto, l’impatto dell’evento cerebrovascolare sulla qualità della vita è generalmente pesante. In pas sato altri studi sul gruppo A avevano evidenziato un rischio più elevato di sviluppare trombosi venose profonde nelle gambe e quindi coaguli di sangue. Indicazioni che non devono comunque condurre a conclusioni affrettate.

sa a che fare con «fattori di coagulazione del sangue come le piastrine, o con le cellule che rive stono i vasi sanguigni, o con le proteine circolanti che svolgono un ruolo nella formazione di coaguli di sangue». Ma è chiaro, ha aggiunto e concluso lo studioso, che siano necessari più studi di fol low-up per arrivare a comprendere i meccanismi alla base dell’aumento di rischio di ictus. A com mentare i risultati della ricerca è stato anche Mark T. Gladwin, vicepresidente per gli Affari Medi ci, professore e preside della facoltà di medicina dell’Università del Maryland, secondo il quale «questo studio solleva una questione importante che richiede indagini più approfondite sul modo in cui il gruppo sanguigno, geneticamente deter minato, possa avere un ruolo nel rischio di ictus precoce. E - ha aggiunto - indica l’urgente neces sità di trovare nuovi modi per prevenire questi eventi potenzialmente devastanti nelle persone giovani». Il convincimento diffuso all’università del Maryland è che in questo senso la ricerca sia in grado potenzialmente di portare a nuove me todiche in grado di prevedere e prevenire gli ictus nei giovani e, probabilmente, ad un migliore trat tamento di questi.

Il gruppo sanguigno di una persona è ereditario e dipende dagli antigeni presenti sulla superficie dei globuli rossi. Nel sangue sono presenti gli anticorpi contro gli antigeni che non sono sui globuli rossi di una persona. Esistono oltre 30 differenti sistemi di classificazione ma, secondo il sistema AB0 (ABze ro), i gruppi sanguigni sono quattro: A, B, AB op pure 0. Il gruppo A ha l’antigene A sulla superficie dei globuli rossi e gli anticorpi anti-B nel sangue. Quello B presenta l’antigene B sui globuli rossi e gli anticorpi anti-A nel sangue. Per quanto riguarda il gruppo AB, gli antigeni A e B sono sui globuli rossi, ma non vi sono anticorpi nel sangue. Chi ha il grup po 0 non presenta antigeni sui globuli rossi, ma ha anticorpi anti-A e anti-B nel sangue. (D. E.).

NESSO COL GRUPPO SANGUIGNO

studio, sarebbero quelle di gruppo sanguigno A
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Neanche l’Al zeimher e le altre forme di demen za sarebbero in grado di contra stare le emozioni suscitate dall’ascolto di una musica amata durante la giovinez za. A sostenerlo sono gli studiosi della Northwe stern University, negli Stati Uniti, che in collaborazio

ne con gli esperti dell’Institute for Therapy through the Arts si sono resi protagonisti di un’incredibile scoperta. Svolgendo una ricer ca, gli esperti hanno osservato che quando i malati di Alzheimer, o demenza, ascoltavano della musica amata durante la loro vita, sin tomi quali ansia, agitazione e depressione mi glioravano, sia nei pazienti che nei caregivers. A spiegare questo fenomeno sorprendente è probabilmente il fatto che le regioni coinvolte nell’elaborazione musicale e nella sua memo ria, quali per esempio il cervelletto, vengono colpite dalla malattia più tardi; ciò consente ai pazienti di conservare più a lungo questi ricor di, nonostante possano averne già smarrito di altri o perso l’uso del linguaggio.

I ricercatori nel corso dello studio - di per sé insolito per il fatto di aver messo sotto la lente di ingrandimento tanto i pazienti quanto i ca regivers - hanno effettuato un test chiedendo

PAZIENTI

30 GdB | Settembre 2022 Salute Le melodie amate nel corso della vita migliorano sintomi quali agitazione, ansia e depressione di Domenico Esposito ALZHEIMER , LA MUSICA DELLA GIOVINEZZA AIUTA I

ad un ensemble di musicisti da camera e ad un cantante di suonare dal vivo, agli stessi pazienti, le musiche legate ai ricordi della loro giovinezza. In particolare il progetto, denominato “Musical Bridges to Memory”, ha usufruito di canzoni del musical “Oklahoma” o “The Sound of Music”. I partecipanti allo studio, individui con demenza, residenti a Silverado Memory Care (in un sob borgo di Chicago), e i loro partner di cura, sono stati registrati conversando e interagendo per dieci minuti prima e dieci minuti dopo l’inter vento. Prima di riprodurre la musica, ogni cop pia è stata istruita su come interagire in maniera più efficace durante la riproduzione musicale. A poco a poco si è avuto modo di osservare come l’ascolto della musica portasse i malati di Alzhei mer a risvegliarsi, iniziando a cantare, ballare e a suonare alcuni strumenti (come i tamburelli) con l’aiuto degli operatori sanitari e dei musi coterapisti appositamente formati. Al termine della sessione di ascolto è seguita una conversa zione di gruppo nella quale i pazienti risultava no socialmente più coinvolti, meno agitati e in generale maggiormente sereni ri

Altro aspetto interessan te messo in luce dalla ricerca è stato quello riguardante le dirette conseguenze dell’ascol to della musica della giovinezza nei pazienti. La scoperta ha infatti mostrato anche il legame che si viene a creare in questo caso con i caregi vers, gli operatori sanitari e i familiari, consentendo ai malati e a chi li ha a cuore di ritagliarsi una finestra di tempo fatta di bei momenti togliendo spazio ad una malattia altrimenti nota per il far dello psicologico (e non solo) che porta con sé.

spetto a quando ricevevano le cure “standard” stilate nel programma di assistenza quotidiana, all’interno del quale non sono compresi inter venti musicali. L’intervento ha avuto una durata complessiva di 45 minuti. I benefici apportati da questo tipo di approccio sono stati evidenti in ragione della presenza di un maggiore contatto visivo, da livelli meno alti di distrazione ed agi tazione, oltre che da un umore elevato. In con fronto, il gruppo di controllo che non ha ricevu to lo stesso trattamento ed è stato esposto alle consuete cure e ai programmi quotidiani, non ha mostrato questi miglioramenti nello stesso arco di tempo.

Il dottor Borna Bonakdarpour, professore associato di neurologia presso la Northwestern University Feinberg School of Medicine e neu rologo di Northwestern Medicine, tra gli au tori dello studio, ha osservato che i pazienti, attraverso la musica, sono stati capaci di ripor tare un risultato non banale per chi è affetto dall’Alzheimer e dalla demenza: stabilire una connessione con i loro partner altrimenti non disponibile verbalmente. Un obiettivo straor dinario, rimarcato dalle parole di Jeffrey Wol fe, musicoterapeuta neurologico presso l’In stitute for Therapy through the Arts e leader del programma “Musical Bridges to Memory”, secondo cui quella sperimentata sui pazienti della struttura sanitaria è diventata «un’espe rienza normalizzante per tutta la famiglia. Tutti potevano relazionarsi con la persona amata no nostante il loro grado di demenza».

Il passo successivo nella ricerca sarà quello di condurre lo studio su un gruppo più ampio di pazienti. La scoperta in questione, se con fermata, promette infatti di regalare a milioni di pazienti e ai loro familiari la possibilità di tornare a trascorrere dei momenti piacevoli in sieme, squarciando quella cortina di incomu nicabilità che spesso confina nell’isolamento i malati e getta nella depressione i loro cari, fa cendo sperimentare loro un frustrante senso di impotenza rispetto alla possibilità di aiutare i propri cari. Attualmente si stima che la demen za colpisca oltre 55 milioni di persone in tutto il mondo, con un nuovo caso ogni tre secondi. In Italia la stima suggerisce che ad esserne af fette siano oltre 1,2 milioni di persone, che nel 2030 diventeranno 1,6 milioni: un’emergenza sanitaria e sociale. Le possibili cause alla base della demenza sono molteplici ma la più comu ne, nel 60-70% dei casi, è l’Alzheimer.

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FERTILITÀ E STILI DI VITA NEI GIOVANI

Un parametro che risente di fattori modificabili e non, quali l’età, il sovrappeso, l’alcol e il fumo

«La fertilità è la capacità biofisio logica, posseduta da un indivi duo o da una coppia, di pro creare, indipendentemente dal fatto che tale capacità venga effettivamente esercitata: è l’attitudine a conce pire» (Ministero della Salute).

La fertilità, maschile e femminile è un pa rametro fortemente influenzato, positivamente e negativamente, da molteplici fattori, modifi cabili e non. Tra i fattori di rischio non modi ficabili rientra il fattore età: sia nell’uomo che nella donna, con l’avanzare dell’età, si verificano cambiamenti fisiologici che compromettono la fertilità. In particolare, si verifica un’alterazio ne dell’asse ipotalamo–ipofisi–gonadi (ovaie nella donna, testicoli nell’uomo), ghiandole la cui attività endocrina è regolata mediante un meccanismo a feedback negativo, il quale è in direttamente proporzionale all’età: le gonado tropine non stimolano più sufficientemente ed efficacemente la sintesi e la secrezione degli or moni sessuali (estrogeni nella donna, androgeni nell’uomo), ne deriva un calo dei livelli di questi ultimi ed il conseguente peggioramento della qualità dei gameti, che rappresenta un ostacolo alla fecondazione.

Tra i fattori di rischio modificabili, cioè gli elementi sui quali insistere per contrastare il peggioramento della fertilità, vi sono: il peso corporeo definito da un indice di massa cor porea (IMC) che abbia un valore compreso tra 18.5 e 24.9 kg/m2 (1), il mantenimento di un

buon livello di attività fisica (2), scelte alimentari salutari e consapevoli (3) e l’astensione dall’alcol e dal fumo (4).

La divulgazione di stili di vita salutari, e della loro connessione con la capacità di procreare, è necessaria per fronteggiare il forte calo della fer tilità che si sta verificando attualmente. Indagini epidemiologiche evidenziano quanto il tasso di fecondità in Italia risulti essere uno dei più bassi d’Europa (1,3 figli in media per donna); si sti ma che circa il 15% delle coppie sia infertile. In particolare, negli ultimi 35 anni si è verificato un progressivo declino della fertilità maschile consistente nella riduzione della concentrazione di spermatozoi. In questo scenario, un fattore contribuente è stata, certamente, l’abolizione, nel 2004, del servizio di leva obbligatorio, per il quale i giovani maschi sono sottoposti a control li uro-andrologici fondamentali per la preven zione di patologie associate negativamente con la fertilità - tra le quali il varicocele, l’idrocele, l’ipotrofia testicolare, l’ipogonadismo etc. - e per l’individuazione precoce di queste, compa tibile con un intervento terapeutico precoce e maggiormente efficace.

La fertilità può dipendere in egual mi sura dalla donna e dall’uomo, pertanto, di nanzi ad una coppia che non riesce a pro creare, è più corretto adottare una visione a 360°. In ambo i sessi, la fertilità può essere influenzata da patologie prevenibi li o curabili se individuate precocemente; la prevenzione, dunque, gioca un ruolo di

La divulgazione di stili di vita salutari, e della loro connessione con la capacità di procreare, è necessaria per fronteggiare il forte calo della fertilità che si sta verificando attualmente. Indagini epidemiologiche evidenziano quanto il tasso di fecondità in Italia risulti essere uno dei più bassi d’Europa (1,3 figli in media per donna)

di Giuseppe Palma e Paolo Cirillo
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primaria importanza non solo per lo sta to di salute in generale, inteso come stato di benessere fisico, mentale e sociale, ma anche per la capacità di procreare. La pre venzione deve mirare non solo all’evitare l’insorgenza di patologie che intaccano ne gativamente la fertilità, ma anche alla pro mozione di stili di vita salutari per, così, scongiurare “elementi” compromettenti la fertilità, tra questi il fumo, l’alcol e le so stanze stupefacenti.

Il fumo

Dati recenti mostrano quanto sia diffuso, in Italia, il fumo di sigaretta (anche da sigaretta elettronica) tra po polazioni di giovani ragazzi di ambo i sessi, i quali, inol tre, risultano essere anche esposti al fumo passivo, in particolare in casa.

Il fumo è una miscela di sostanze, tra le quali la nico tina e minerali come il piom bo ed il cadmio, ai quali sono attribuiti effetti mutagenici e pro-ossidanti. L’incremento dello stress ossidativo, deri vante da uno squilibrio tra gli elementi antiossidanti –endogeni ed esogeni – ed i radicali liberi dell’ossigeno (ROS), a favore di questi ultimi, determinano altera zioni di processi biologici e degli effetti a questi annessi.

La relazione inversa tra fumo di sigaretta ed alcuni parametri che definiscono la qualità del liquido seminale – e, quindi, la fertilità ma schile - è ampiamente docu mentata. Tuttavia, i mecca nismi implicati sono ancora incerti. Il fumo di sigaretta si associa ad alterazioni delle reazioni di capacitazione e reazione acrosomiale – pro cessi fondamentali per la fe condazione – e dell’attività mitocondriale e della strut tura della cromatina degli spermatozoi. Inoltre, il fumo di sigaretta sembra essere implicato nella rego lazione della steroidogenesi incrementando il metabolismo epatico del testosterone - i cui li velli ematici si riducono – ed inducendo disfun zione delle cellule testicolari del Sertoli e del Leydig, deputate alla sintesi e secrezione delle gonadotropine FSH ed LH, rispettivamente. Alla luce dei meccanismi sopracitati ed in linea con i dati della letteratura scientifica, il liquido seminale di uomini che fumano moderatamente e dei grandi fumatori presenta una qualità – in

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termini di concentrazione e motilità - peggiore rispetto ai non fumatori, con una relazione do se-dipendente.

Nelle giovani donne, il fumo di sigaretta esercita effetti deleteri su molteplici parametri che definiscono la fertilità, in primis riducendo i livelli di estrogeni e progesterone e favorendo più alti livelli di androgeni (principalmente te stosterone), alterando così il ciclo mestruale (fa vorendo la condizione di amenorrea o di disme norrea). Inoltre, il fumo esercita effetti negativi sui diversi tessuti e organi dell’apparato ripro duttore femminile: 1) ovaie, favorendo lo stress ossidativo e danni a carico del DNA degli ovoci ti, riducendone la qualità ; 2) tube di Falloppio, interferendo con la contrazione delle cellule mu scolari che favoriscono il trasporto dell’ovocita ed aumentando il rischio di gravidanza ectopi ca; 3) utero, riducendo la ricettività dell’utero, impedendo o comunque rendendo difficoltoso l’impianto dello zigote.

L’alcol

Sostanza largamente diffusa tra i giovani è l’alcol, il cui uso, e soprattutto abuso, ha effetti nocivi sulla salute, anche riproduttiva. Da recen ti dati dell’ISTAT si evince che, nei ragazzi si è verificata una progressiva riduzione del consu mo di alcol, mentre, nelle ragazze si osserva un trend opposto, che ha allineato i livelli di consu mo a quelli dei coetanei maschi.

L’alcol incide negativamente sulla fertilità maschile, intaccando sia il metabolismo del te stosterone sia la spermatogenesi. Gli effetti al col-associati di riduzione dei livelli di testoste rone, di incremento dei livelli di estrogeni, sulla quantità e qualità del liquido seminale, sono evi denti in consumatori cronici di alcol; gli effetti di un moderato consumo di alcol, invece, sono ancora dibattuti, ma, certamente, la qualità del liquido seminale di soggetti che consumano al col abitualmente e/o moderatamente è minore rispetto a quella del liquido seminale di consu matori occasionali di alcol e, ancor di più, di soggetti astemi.

Nelle donne, il consumo di alcol si associa ad un incremento dei livelli di estrogeni – ad esem pio, stimolando l’azione di un enzima chiave nel loro metabolismo - ed alla riduzione dei livelli di progesterone, alle quali seguono irregolarità del ciclo mestruale (oligomenorrea, dismenorrea etc.) e, in particolare, del processo dell’ovulazio ne. Al di là degli effetti negativi sulla steroido

L’alcol incide negativamente sulla fertilità maschile, intaccando sia il metabolismo del testosterone sia la sper matogenesi. Gli effetti alcol-associati di riduzione dei livelli di testosterone, di incremento dei livelli di estrogeni, sulla quantità e qualità del liquido seminale, sono evidenti in consumatori cronici di alcol; gli effetti di un moderato consumo di alcol, invece, sono ancora dibattuti, ma, certamente, la qualità del liquido seminale di soggetti che consuma no alcol abitualmente e/o moderatamente è minore rispetto a quella del liquido seminale di consumatori occasionali di alcol e, ancor di più, di soggetti astemi.

genesi, l’alcol si associa a difetti del processo di impianto dello zigote, ad esempio promuo vendo l’apoptosi delle cellule implicate in tale processo.

Le sostanze stupefacenti

L’uso e l’abuso di sostanze stupefacenti co stituisce un ulteriore ostacolo alla riproduzione umana. Inoltre, ulteriore problematica legata all’infertilità causata dalle sostanze stupefacenti è rappresentata dal fatto che, spesso, in soggetti che usano ed abusano di droghe co-esistono al tri fattori di rischio per la capacità di procreare, tra i quali il fumo di sigaretta e le malattie ses sualmente trasmissibili.

Le sostanze stupefacenti – cocaina, MDMA, oppioidi – incidono sulla fertilità mediante un’azione ormonale ed un effetto diretto sulla quantità e qualità dei gameti; tale correlazio ne è mostrata in soggetti dipendenti da queste droghe mentre non è stata riscontrata in con sumatori occasionali. Tuttavia, i risultati pre senti nella letteratura scientifica necessitano di essere riprodotti e validati da ulteriori studi, che possano comprendere meglio non solo i meccanismi, ma soprattutto la loro associazio ne con l’utilizzo, in una certa dose, di uno spe cifico tipo di droga.

Il regolare uso di marijuana si associa al peg gioramento della qualità del liquido seminale (volume, numero di spermatozoi, morfologia, motilità e capacità di fecondazione), mentre un uso irregolare non sembra associarsi a tali alte razioni. L’esposizione, invece, ad un altro tipo di droga, la cannabis, sembra rappresentare un fattore di rischio per anomalie della morfologia degli spermatozoi.

Nelle giovani donne, l’uso di marijuana e co caina si associa alla riduzione dei livelli dell’or mone luteinizzante e del progesterone – favo rendo cicli anovulatori. Essendo il fumo, l’alcol e le sostanze stupefacenti, degli stressors per la fertilità ed essendo comune il loro utilizzo in soggetti di giovane età, una strategia razionale è la delucidazione e divulgazione degli effetti deleteri in ambienti accademici e la diffusione dell’importanza della prevenzione e dei con trolli, ginecologici ed andrologici, ai fini di in coraggiare i ragazzi a ricorrere costantemente a questi. La fertilità va preservata non solo per garantire la riproduzione, ma anche per evitare i costi relativi al suo ripristino, o comunque in cremento, e l’impatto sulla salute pubblica.

35GdB | Settembre 2022
Salute

L’ALTRUISMO NON È NEL

CUORE, MA NEL CERVELLO

che procura vantaggio solamente a noi stessi. A dirlo sono gli studiosi inglesi alla luce di quanto emerso nella ricerca, che ha visto 38 par tecipanti di età compresa tra i 18 e i 35 anni coinvolti nello studio nell’atto di prendere parte ad un difficile, quanto faticoso, compito decisionale, e completare successi vamente un questionario che auto valutasse i propri livelli di empatia. I ragazzi sono stati inoltre sottopo sti a risonanza magnetica mentre si sottoponevano al test, così da otte nere una valutazione migliore dello stesso mentre veniva eseguito.

Se fino ad oggi avete sem pre pensato che la spin ta ad aiutare il prossimo fosse merito del vostro buon cuore, è ora di ri considerare quelle certezze. Secon do una ricerca realizzata dalle Uni versità di Birmingham e di Oxford, i cui risultati sono stati pubblicati su “Current Biology”, dietro l’altru ismo vi sarebbe infatti una specifi ca regione del cervello: la corteccia cingolata anteriore (ACCg).

Quando si parla di altruismo ci si riferisce per definizione all’atteg giamento di chi orienta la sua opera verso il fine di raggiungere il bene

altrui: insomma, l’opposto dell’e goismo. Una qualità che si riterreb be essere morale, e che viene non a caso applicata a diverse scienze, quali la biologia, la psicologia, la sociologia, l’antropologia e la fi losofia. Gli scienziati degli atenei britannici hanno invece esaltato il ruolo del cervello nella predisposi zione all’altruismo. La parte di cor teccia cingolata anteriore, situata nella parte anteriore del cervello, si attiva infatti quando un soggetto si rende protagonista di comporta menti altruistici. Al contrario, essa resterebbe silente quando eseguia mo uno sforzo fisico e decisionale

Patricia Lockwood, psicologa sperimentale e prima autrice della ri cerca, ha così commentato lo studio: «Dal tenere aperta una porta per chi arriva subito dopo al volontariato in un’organizzazione di beneficenza, spesso dobbiamo decidere se preoc cuparci di impegnarci per aiutare al tre persone, ma i meccanismi cerebra li alla base di questi atti sono rimasti finora poco chiari. Identificando la specifica regione del cervello che si attiva quando le persone hanno biso gno di impegnarsi in comportamen ti altruistici, abbiamo compiuto un passo avanti verso la comprensione di ciò che spinge alcuni individui, ma non altri, a prendere decisioni spesso anche fisicamente impegnative per aiutare altre persone, anche quando ciò non avvantaggia loro stessi diret tamente».

I risultati dello studio spalanca no le porte a nuove prospettive di ricerca. Il prossimo passo da com piere, per il team di studiosi, sarà quello di indagare su cosa succe de nelle persone che hanno subito danni all’area del cervello coinvolta in concomitanza di comportamenti altruistici a causa di un ictus o di altre lesioni cerebrali. Allargando la platea dei soggetti coinvolti, scien ziati dovranno indagare anche cosa accade nelle persone che hanno alti livelli di comportamento antisocia le. (D. E.).

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Uno studio ha evidenziato che in presenza di comportamenti altruistici ad attivarsi è una specifica regione cerebrale © DorSteffen/shutterstock.com Salute

Quel senso di benesse re che spesso capita di provare, quella felicità mista a rilassamento che fa capolino dopo ave re passato del tempo vicino ad un corso d’acqua, come un fiume o un canale, non è dettata da una predi sposizione personale, ma potrebbe essere una sensazione più universa le del previsto. Ad indicarlo sono i risultati di un nuovo studio condot to dai ricercatori del King’s College London, del Nomad Projects e del J&L Gibbons, in collaborazione con il Canal & River Trust. Secondo la ricerca, che è stata pubblicata sulla rivista “Plos One”, la combinazione di spazio blu e verde con la fauna selvatica esercita infatti un impatto maggiore sul benessere rispetto al tempo trascorso in un ambiente ca ratterizzato da soli spazi verdi.

Per arrivare a questa conclusione, gli esperti hanno impiegato “Urban Mind”, un’applicazione per smar tphone mediante la quale hanno rac colto migliaia di dati in tempo reale inerenti la posizione dei partecipanti allo studio e sul loro benessere men tale. In totale ad essere coinvolti nel monitoraggio sono state 299 persone, 87 delle quali con una diagnosi di malattia mentale, che hanno fornito 7.975 valutazioni. Mettendo sotto la lente di ingrandimento i risultati, i ri cercatori hanno riscontrato l’esisten za di un’associazione positiva fra il tempo trascorso nelle vicinanze di ca nali e fiumi e l’umore dei partecipanti allo studio. Le esperienze vissute in questi luoghi sono anche correlate a maggiori sentimenti di sicurezza e inclusione sociale rispetto a tutti gli altri tipi di ambienti (quali spazi in terni, esterni di un ambiente urbano e prossimità di spazi verdi).

Andrea Mechelli, professore del King’s College London specializzato in interventi precoci nell’ambito del la salute mentale, ha spiegato come nelle zone vicine ai canali e fiumi non vi sia solamente l’acqua, ma an

I CORSI D’ACQUA

MIGLIORANO L’UMORE

Lo studio: il mix di spazio blu, verde e fauna selvatica e il suo impatto sul benessere

che abbondanza di alberi e piante, «ciò significa che la loro capacità di migliorare il benessere mentale è probabilmente dovuta ai molteplici vantaggi associati sia agli spazi verdi che a quelli blu». Il docente ha poi aggiunto che «canali e fiumi ospita no anche una vasta gamma di animali selvatici e sappiamo da altre ricerche che esiste un’associazione positiva tra l’incontro con la fauna selvatica e il benessere mentale. Presi colletti vamente, questi risultati supportano la proposta che visite a canali e fiumi possano diventare parte di schemi di prescrizione di attività sociale, svol

gendo un ruolo nel sostegno alla sa lute mentale».

Lo studio ha anche raccolto infor mazioni dettagliate sugli individui, consentendo ai ricercatori di esplo rare come l’impatto della visita di canali e fiumi dipenda da caratteristi che come l’età, il sesso o la diagnosi di malattia mentale. «Una migliore comprensione degli effetti di queste caratteristiche è fondamentale per la pianificazione e la progettazione di ambienti urbani e rurali che sup portino il benessere mentale in tutti i cittadini», chiosano gli autori dello studio. (D. E).

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37GdB | Settembre 2022
Salute

L’IMPORTANZA DEL COENZIMA Q10

Una difesa naturale del corpo contro lo stress ossidativo

Il coenzima Q10 scoperto nel 1957 da Fredrick L. Crane e i suoi ricercatori all l’Università di Wisconsin–Madison. Successivamente Karl Folkers ne scoprì la struttura chimica e gli eventuali effetti benefici sulla salute, con integratori e cosmetici. E’ una molecola organica la cui struttura chimi ca è un benzochinone con catena laterale isopre nica. Risulta insolubile in acqua infatti è poco assorbito nel tratto gastrointestinale e, quindi, relativamente biodisponibile.

Alla base della salute della pelle, dopo il buo no stato di integrità c’è quello dell’idratazione, essa svolge funzioni di: 1) protezione: protegge il corpo da attacchi meccanici, fisici, chimici o batterici provenienti dall’ambiente esterno, gra zie a cellule specializzate, meccanismi immuni tari, impermeabilità, resistenza e adattabilità; 2) trasmissione: comunica con gli organi interni trasmettendo informazioni provenienti dall’am biente esterno mediante i nervi, dopo aver rice vuto stimoli; 3) scambio: attraverso meccanismi particolari è coinvolta nel controllo della tempe ratura corporea, elimina il calore, fa evaporare il sudore secreto dalle ghiandole sudoripare elimi nando sostanze dannose. L’aspetto fondamenta le è l’effetto barriera permettendo alla cute di trattenere l’acqua, che può essere incrementa ta se si utilizzano sostanze filmanti, protettive. La funzione protettiva infatti non prescinde da quella idratante, che sono alla base delle caratte ristiche estetiche e funzionali della pelle. Dopo l’idratazione è importante fornire alla pelle an che protezione nei confronti della luce e della formazione di radicali liberi, grazie all’utilizzo di

prodotti cosmetici da applicare regolarmente, con funzione di fotoprotezione e antiossidante, proprio tra gli antiossidanti il coenzima Q10 è presente in molte formulazioni cosmetiche. Tale coenzima può essere sintetizzato dall’organismo stesso attraverso l’assunzione di diversi cibi quali cereali, soia, noci, vegetali, carne, fegato, pesce, olio di salmone e di tonno, oli vegetali, germe di grano, è presente nelle membrane plasmatiche, mitocondri, lisosomi e nel Golgi, ed è fondamen tale nei processi di fosforilazione ossidativa a li vello mitocondriale, partecipa infatti al processo di conversione dei carboidrati e acidi grassi in ATP, e come antiossidante previene il processo di perossidazione lipidica, come scavenger di ra dicali liberi e superossidi, responsabili di danni cellulari e dei processi di invecchiamento. Quin di appare come una difesa naturale del corpo contro lo stress ossidativo. Alcuni studi hanno dimostrato che anche l’introduzione integrato ri per os può offrire numerosi benefici al corpo contro l’emicrania, ipertensione, ipercolestero lemie; anche l’uso topico porta: il rallentamento della formazione di pieghe e rughe della pelle e come prevenzione dell’invecchiamento, perché svolge una sorta mantenimento della struttura proteica (collagene, elastina). Il coenzima Q10 offre numerosi benefici anche nella protezione dai raggi solari, previene i danneggiamenti a ca rico delle radiazioni UV, che inducono la forma zione di eritemi, decolorazione e macchie sulla pelle, rughe e insorgenza di tumori. Il coenzima Q10 agisce come uno scudo cellulare, infatti è stato dimostrato essere un complemento nella produzione di formulazioni efficaci per la pro

di Carla Cimmino
38 GdB | Settembre 2022
Salute

tezione solare. Lo troviamo presente in reazio ni di ossidoriduzione e, a seconda dello stato di ossidazione, può essere presente sottoforma: ossidata o ubichinone, indicato anche come Q; un intermedio semi-chinonico, indicato anche come QH; e una forma completamente ridotta, indicata anche come QH2 , che è quella attiva (ubichinolo). Le cellule lo utilizzano nella sua forma ridotta (ubichinolo), perché ha azione antiossidante, trasporta l’idrogeno, a livello mi tocondriale, nelle catene di ossidoriduzione e protegge le strutture cellulari dai radicali liberi.

Dove trovarlo? È molto diffuso in natura, pre sente in prodotti di origine animale e vegetale che si assumono quotidianamente con la dieta. Può essere inserito come ingrediente puro in formu lazioni destinate all’integrazione alimentare, in prodotti cosmetici, infatti è indispensabile che il prodotto abbia elevata purezza e sicurezza, grazie all’utilizzo di metodiche di sintesi idonee ad ottenere un coenzima Q10 isolato e privo di impurezze. Choi et al. nel loro studio parlano di tecniche biosintetiche per la produzione del coenzima Q10 sfruttando precursori presenti in alcune specie batteriche (es. Agrobacterium, Rhodobacter, Paracoccus) o lieviti (es. Candida, Rhodotorula, Saitoella). –a messa a punto della veicolazione di Q10. Per non avere problemi di stabilità dell’attivo e formulativi (omogeneità e stabilità della formulazione, biodisponibilità) il coenzima Q10 è stato incluso in diversi sistemi di veicolazione per formulazioni cosmetiche.. Mili vojevic et al. nel 2009 mostrano nel loro studio che il coenzima Q10 viene complessato con ci clodestrine, sia di tipo β che γ, questo complesso

Molto diffuso in natura, presente in prodotti di origine animale e vegetale che si assumono quotidianamente con la dieta. Può essere inserito come ingrediente puro in formulazioni destinate all’integrazione alimenta re, in prodotti cosmetici, infatti è indispensabile che il prodotto abbia elevata purezza e sicurezza, grazie all’utilizzo di metodiche di sintesi idonee ad ottenere un coenzima Q10 isolato e privo di impurezze.

mostra avere un piccolo aumento della solubilità in acqua, soprattutto a temperatura ambiente e a pH 6.5, con anche un miglioramento della resi stenza dell’attivo alle radiazioni UV . Nonostante i buoni risultati, durante il processo di inclusione del coenzima Q10 nelle ciclodestrine, bisogna utilizzare un solvente organico (esano) per ri muovere l’eccesso di attivo non incluso a causa della sua insolubilità in acqua. Questo limita l’uso di questi sistemi per la veicolazione del coenzima Q10, insieme ai costi e alla bassa scalabilità dei metodi di inclusione. Gokce et al. hanno creato liposomi a base di coenzima Q10 raggiungendo con ottime capacità di incapsulamento (~73%).

Da studi in vitro su colture cellulari di fibroblasti, in condizioni normali e di stress ossidativo, si è notato un aumento della proliferazione cellulare con riduzione di radicali liberi in seguito ad incu bazione con liposomi contenenti coenzima Q10. I dati molto promettenti, ma ci sono limiti nell’al lestimento di preparazioni liposomiali. Lo step di incapsulamento consiste nello sciogliere la specie da incapsulare (coenzima Q10) insieme alla com ponente lipidica e anche in questo caso, è neces sario l’impiego di solventi organici (cloroformio). Lo stesso studio, eseguito sempre da Gokce et al., prevede anche la veicolazione di coenzima Q10 in nanoparticelle solide lipidiche SLN.

Sebbene la preparazione di SLN preveda l’impiego di specie lipidiche, e quindi non l’u so di solventi organici, dallo studio in vitro sulle colture di fibroblasti si è evidenziato che il coe nzima Q10 veicolato viene rilasciato in quanti tà molto limitata e, quindi, non sufficiente per offrire un buon effetto protettivo nei confronti delle cellule, non costituendo quindi un buon sistema per veicolare. Sino ad oggi non sono state individuate strategie tecnologiche alta mente performanti per migliorare la solubilità in acqua di tale enzima e ridurre la suscettibi lità alle radiazioni UV. La sua insolubilità in acqua rende difficoltosa la preparazione anche di formulazioni topiche, spesso ricche di acqua e di componenti idrofili, e soprattutto ostacola la sua biodisponibilità, essendo molto instabile alla luce e alle alte temperature. In particolare l’esposizione ai raggi UV, unitamente alla tem peratura di 80 °C, porta alla degradazione del 73% in due ore. È molto importante che in fase di studio formulativo non venga tralasciata nes suna di queste problematiche, perché solo una formulazione ad hoc può garantire l’effettiva efficacia di cosmetici a base di Q10.

39GdB | Settembre 2022
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Salute

CORTISOLO NEI CAPELLI COME INDICATORE DI STRESS

Bibliografia

1. Lynch R, Flores-Tor res MH, Hinojosa G, Aspelund T, Hauksdóttir A, et al. (2022) Per ceived stress and hair cortisol concentration in a study of Mexican and Icelandic women. PLOS Global Public Health

2(8): e0000571.

2. Kunz M, Seifert B, Trüeb RM. Seasonality of hair shedding in healthy women complaining of hair loss. Dermatology.

2009;219(2):105-10.

Lo stress, un termine spesso usa to nel linguaggio comune, è un termine scientifico utilizzato per descrivere le reazioni cognitive, emotive e fisiologiche risultanti da uno squilibrio tra richieste e risorse percepi te dall’individuo. A tale definizione bisogna aggiungere due variabili molto importanti: la percezione personale dell’evento e la sua durata nel tempo. Lo stress subito è capace di scatenare nel corpo reazioni psicosomati che, dalle più lievi alle più drammatiche, e per questo è stata creata una scala di misu ra: la Perceived Stress Scale (PSS), ad oggi lo strumento psicologico più utilizzato per misurare la percezione dello stress.

A livello ormonale, in condizioni di stress, dall’asse ipotalamo-ipofisi-surrene viene prodotto il cortisolo, un ormone che induce l’aumento della glicemia e dei grassi nel sangue, così da mettere a disposizione dell’organismo in difficoltà tutta l’energia di cui ha bisogno. Insieme al cortisolo ven gono anche liberate le catecolamine (adre nalina e noradrenalina) che portano, in aggiunta, ad un aumento di pressione san guigna allo scopo di migliorare le prestazio ni fisiche e la prontezza.

Come l’ormone influenza il ritmo vitale del capello
40 GdB | Settembre 2022
Salute

Il cortisolo è anche l’ormone che ci fa ri manere concentrati, ed è secreto infatti du rante le ore di luce e influenza la caduta dei capelli. Infatti, il ciclo vitale dei capelli è re golato dal ritmo circadiano luce/buio grazie a 2 ormoni: il cortisolo che induce la caduta (fase di telogen) e la melatonina, prodotta in assenza di luce, che mantiene la crescita atti va (fase di anagen). I livelli di cortisolo pos sono essere misurati nel sangue, nelle urine e nella saliva ma la sua concentrazione cambia rapidamente rendendo le misurazioni poco ripetibili e convalidabili. Si è pensato così di misurare il livello di stress dal cortisolo accumulato nel fusto capillare (HCC).

La proposta nasce da un nuovo studio danese in cui sono stati esami nati i capelli di 1.279 donne provenien ti dal Messico e dall’Islanda. In questo studio è stata valutata la HCC per stabilire se ci fosse real mente una correlazio ne fra il cortisolo

e lo stress reale o percepito, acuto o cronico. Per misurare i livelli di cortisolo e cortisone nei capelli, sono stati prelevati dei fusti ca pillari di 3 cm dalla porzione posteriore del cuoio capelluto e poi conservati in un foglio di alluminio, a temperatura ambiente e in un luogo buio e asciutto. Poiché i capelli cre scono di circa 1 cm al mese, i 3 cm più vicini al cuoio capelluto rappresentavano proprio i tre mesi precedenti al prelievo e quindi il relativo stress subito in quel periodo. I cam pioni capillari sono stati analizzati mediante cromatografia liquida accoppiata con la spet trometria di massa tandem (LCMS/MS) per quantificare i valori di cortisolo e cortisone contenuti. Lo stress personale è stato valuta to con il PSS, ma sono state segnalate anche variabili personali importanti come l’età, lo stato civile, l’occupazione, il livello di istru zione, il BMI e lo stato di fumatore, poiché questi parametri possono essere possibili fat tori confondenti nell’associazione tra perce zione di stress e HCC.

Analizzando e combinando i dati raccolti, i risultati hanno confermato un’associazione lineare dose-risposta tra stress percepito e HCC. Inoltre, confrontando le risposte sul lo stress percepito e la durata dello stesso, è emerso che le donne che dichiaravano sen sazione di ansia cronica avevano nei capelli una concentrazione di cortisolo maggiore del 24,3%, a prescindere dal loro paese di prove nienza. Ad oggi, questo è il più grande studio sullo stress percepito e sull’HCC. Uno dei suoi punti di forza è la valutazione armonizzata e l’analisi centralizzata delle donne provenienti da due background etnici e geografici consi derevolmente diversi, che producono risultati sostanzialmente simili. Un altro punto di for za di questo studio è che entrambe le coorti erano composte da donne, poiché ricerche precedenti hanno mostrato differenze signi ficative sia nella concentrazione di cortisolo nei capelli che nello stress percepito in base al sesso. Sebbene lo studio sia trasversale, il progetto si adatta perfettamente alla doman da di ricerca sull’associazione tra due misure dinamiche di stress, auto-riferito e biologico, in un singolo momento. Dai risultati dello stu dio discusso si può concludere che il livello di cortisolo nei capelli potrebbe essere utilizzato come un biomarcatore affidabile per identifi care lo stress psicologico cronico.

A livello ormonale, in condizioni di stress, dall’asse ipotalamo-ipofi si-surrene viene prodotto il cortisolo, un ormone che induce l’aumento della glicemia e dei grassi nel sangue, così da mettere a disposizione dell’organismo in difficol tà tutta l’energia di cui ha bisogno. Insieme al cortisolo vengono anche liberate le catecolamine (adrenalina e noradre nalina) che portano, in aggiunta, ad un aumento di pressione sanguigna allo scopo di migliorare le prestazioni fisiche e la prontezza.

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41GdB | Settembre 2022 Salute

nasteri, che diventavano già allora un luogo assai importante per la co noscenza delle erbe, base principale della farmaceutica. Le erbe veniva no coltivate, curate e poi lavorate in modo che il loro utilizzo fosse giove vole per ogni tipo di stato morboso. Durante il primo Medioevo, quindi, nei monasteri e nei conventi era lar gamente diffuso l’uso della coltiva zione delle piante e delle essenze vegetali: il primo centro di medici na monastica è stato il monastero di Montecassino, fondato nel 529 d.C. da San Benedetto da Norcia, che era un valente studioso di medicina ed era considerato un ottimo guarito re. Nelle vicinanze dei monasteri, intanto, venivano costruiti ospedali e notevole a questo punto è stato lo sviluppo delle della cultura medica conventuale, che si diffuse in tutti i monasteri anche di diverso ordine, sparsi in Italia ed in Europa.

LA FARMACEUTICA NEL PRIMO MEDIOEVO

Con la caduta dell’impero romano ed il sempre più frequente affermarsi del Cristianesimo, l’interesse per la medicina antica era oramai diminuito

Dopo l’età antica, la farma ceutica conobbe un pro cesso evolutivo durante il Medioevo; infatti, con la caduta dell’impero roma no ed il sempre più frequente affer marsi del Cristianesimo, l’interesse per la medicina antica è, soprattutto, greco- romana era oramai diminu ito. Tante le motivazioni che hanno portato a questa fase critica della me dicina antica, prima di tutto perché non rispondeva più alle esigenze dei popoli, privi di qualsiasi conoscen za scientifica; poi, gli Arabi che non solo facevano sentire il loro predomi

nio nel Mediterraneo e nel continen te europeo, ma miravano anche ad in trodurre nei paesi da loro sottomessi influssi della loro cultura e della loro civiltà. E tanti furono gli arabi che dedicavano i propri studi al mondo del pensiero, alla medicina con le nuove conoscenze dalla farmaceutica che, al loro giudizio, doveva essere il tramite per esplicitare praticamente quanto veniva teorizzato dal sapere scientifico ma rappresentare anche un nuovo metodo di ricerca.

Una ricchezza immensa, con l’af fermazione del Cristianesimo, è sta ta la crescita di un numero di mo

I monaci, che erano diventati ri cercatori e avidi di conoscenze, de scrivevano le loro cognizioni ed espe rienze negli “Hortuli”, testi scritti della medicina monastica, in cui esponevano e spiegavano la vita delle piante coltivate negli orti dei mona steri, utili per la preparazione di un guenti e misture, secondo gli annali tramandati da Galeno a Discoride. Le ricette erano di solito preparate dal monaco erborista, che era rite nuto assai competente e capace nella preparazione di farmaci e medica menti ad uso interno, per via orale, e di uso esterno, come lo spalmare su ogni parte corporea. Lo stesso mo naco erborista aveva al suo fianco un discepolo di sua fiducia, che lo segui va come un tirocinante abbastanza desideroso di acquisire le conoscenze scientifiche attraverso fasi esperien ziali; il monaco erborista era, inoltre, custode di una specie di magazzino “armarium pigmentariorum”, in cui venivano conservate le erbe medici nali, che venivano utilizzate per com battere le malattie o morbi che im perversavano in quegli anni. (B. C.).

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42 GdB | Settembre 2022
Salute

La civiltà islamica del VII e VIII secolo cominciò a far sentire il suo influs so in tutti i campi, da quello scientifico e re ligioso a quello umanistico ma an che a quello artistico-urbanistico. Durante questo periodo notevole é la fase espansionistica degli Arabi nell’Europa mediterranea, com presa la Sicilia, dove con le armi procedono alla conquista di tante città, consolidando in questo modo il loro potere territoriale.

Nel frattempo, la cultura euro pea e quella islamica confrontano i loro saperi e le loro esperienze, in crementando le conoscenze e dira dando tanti dubbi e tanto scettici smo nel campo della farmaceutica e della medicina in generale. Infatti, gli Arabi hanno avuto il merito di avere sperimentato come attraver so l’alchimia si potessero estrarre dalle piante medicinali e dalle erbe i primi principi attivi nell’azione farmacologica e, quindi, nella cura delle malattie.

L’alchimia, parola di derivazio ne araba, è un’antica scienza, che si è sviluppata durante l’età ellenisti ca in Egitto nel I secolo d.C.: essa si proponeva, con lo studio delle erbe e la loro lavorazione, di pre parare medicine e rimedi per ogni tipo di malattia. La critica scienti fica ha riferito come l’alchimia sia stata la scienza che ha reso possibi le lo sviluppo della chimica gene rale e della chimica farmaceutica. Colui che è considerato il creatore di questa scienza è stato lo studio so arabo Abu Musa Jiabir (Geber), vissuto nell’VIII secolo.

Geber, infatti, è stato il primo ad introdurre nuove sostanze ve getali, come anice-canfora-zaffe rano-noce, e sostanze chimiche, come alcol-acido acetico-sali d’o ro. L’insieme di queste sostanze lavorate ha originato medicine utili per tante malattie, soprat tutto quelle gravi, contro cui fino

LA MEDICINA ARABA E L’ALCHIMIA NELL’ALTO MEDIOEVO

Gli Arabi hanno il merito di avere sperimentato come attraverso l’alchimia si potessero estrarre dalle piante medicinali e dalle erbe i primi principi attivi nell’azione farmacologica

a quel tempo non era stata creata alcuna cura lenitiva. Insieme a Ge ber vi furono altri studiosi arabi, come Avicenna, che viene citato da Dante nella Divina Commedia, e ar-Razi e al-Kindi, i quali han no contribuito a diffondere la co noscenza su altre piante, come ra barbaro-senna- agrumi e, poi, sui nuovi farmaci, come valeriana-ta marindo, attraverso la stesura di opere, che potessero essere utili alla scienza medica e farmaceutica. E proprio la composizione di que ste opere ha fatto sì che i rapporti tra mondo orientale ed occidentale cominciassero ad incrementare, al

di là delle credenze e costumi sicu ramente diversi.

Intanto la farmaceutica aveva acquisito una sua importanza nel mondo scientifico per la prepara zione delle medicine, per cui ora mai si parlava di essa come disci plina a sé stante ed indipendente rispetto alla medicina. A conferma di quanto detto, abbiamo cono scenza, attraverso opere scritte di ricercatori, che il medico arabo ar-Razi ha scritto uno dei primi ricettari dal titolo “Totum conti nens” e che nell’ospedale di Bag dad ha contribuito all’apertura di una delle prime farmacie.

43GdB | Settembre 2022
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Il monitoraggio scientifico di “Goletta verde” e “Goletta dei Laghi” ha visto finire sotto la lente d’ingrandimento 18 regioni e 37 specchi d’acqua italiani. Ol tre duecento i volontari di Legambiente che, dal venti giugno al primo agosto, hanno prelevato 387 campioni, analizzati microbiolo gicamente, di cui 124 rivelatisi fuorilegge. Ri sultati? È inquinato o intensamente ammorbato quasi un campione su tre. Il 55% dei posti peri colosi è stato riscontrato nei pressi di foci fiumi, canali e torrenti, arrivando alla conclusione per l’associazione ambien

talista che tra cattiva depurazione e scarichi il leciti, il nostro Belpaese sia in molte occasioni un malato cronico. Le due campagne itineranti sono state realizzate con le partnership princi pali di Conou, Novamont, Anev e Renexia, la partnership di Aipe e la media partnership di “Nuova Ecologia”.

Analizzando i dati ancora più nello specifico, dei 188 “punti critici” controllati (sui 387 com plessivi), il 55% (103) è risultato oltre i limiti di legge. Nei restanti 199 campionati a mare o nel le acque lacustri, invece, i valori hanno oltrepas sato la soglia soltanto in 21 casi (l’11%).

«Le campagne sul mare e sui laghi italiani continuano a rappresentare - dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente - un’azione importante dell’associazione, che coinvolge tutte le regioni con un monitoraggio attento e puntuale sulla qualità delle acque, ma non solo Anche quest’anno, infatti, grazie a una delle principali iniziative a livello internaziona le di citizen science (attività scientifiche parte cipate dai cittadini), abbiamo voluto scattare una fotografia dello stato di salute delle acque marine e lacustri italiane, per le quali la manca ta o inadeguata depurazione si conferma tra le principali criticità. L’edizione 2022 non poteva, inoltre, non mettere al centro la crisi climatica, denunciandone le conseguenze ormai eviden ti sulle acque interne, dall’emergenza siccità, a partire dal bacino padano, agli effetti sull’eco

44 GdB | Settembre 2022 Ambiente È “fuorilegge” il 32% delle acque costiere e dei laghi analizzate da Legambiente DIFENSORI DELLA BIODIVERSITÀ © Valerii_M/shutterstock.com

sistema marino. Non ci siamo però fermati alla denuncia ma abbiamo concretamente ragionato anche sulle proposte, iniziando dalla transizione energetica per uscire dalle fonti fossili ed entrare definitivamente nell’era delle rinnovabili, a par tire dal sole e dal vento».

È stata analizzata, come di consueto, la concentrazione di parametri, quali Enterococ chi intestinali ed Escherichia coli. Sono stati considerati come “inquinati” quei posti in cui almeno uno dei due termini di raffronto presi in considerazione supera il valore limite rego lato dalla normativa sulle acque di balneazione (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 mar zo 2010); “fortemente inquinati” quelli in cui i “confini” sono sovrastati per più del doppio della valutazione prescrittiva.

Il 31% dei posti classificati da “Goletta Ver de” (83 su 261) ha dato esiti oltre il consenti to. In media, un punto “malato” ogni 91 km di costa. Irregolare, in particolare, il 55% delle foci studiate, il 42% delle quali è risultato “for temente inquinato”, «dimostrazione, sottolinea Legambiente, del fatto che i pericoli di una cat tiva o assente depurazione sono la principale minaccia per la salute dei nostri mari e che c’è ancora molto da fare per recuperare il deficit im piantistico e della rete fognaria». Qualche punto percentuale in più, invece, il 33% fra quelli va gliati, 42 su 126 prelievi in 37 laghi e suddivisi in undici regioni italiane. Il 53% dei prelevamenti

svolti presso foci, canali e punti critici (32 punti su 60) eccedeva quanto consentito per le acque superficiali e interne.

«Il nostro viaggio itinerante dal Nord al Sud del Paese ci ha permesso di toccare con mano le criticità che minacciano la salute dei mari e dei laghi italiani. Tra queste, - sottoli nea il responsabile scientifico di Legambiente, Andrea Minutolo - la mancata depurazione degli scarichi è una delle emergenze che dob biamo affrontare in maniera strutturale Anche quest’anno la fotografia scattata attraverso il monitoraggio scientifico delle due campagne dimostra che le criticità dovute a una assente o cattiva depurazione sono ancora il tallone d’Achille delle nostre acque. Se circa un terzo delle nostre analisi dà esito negativo ormai da diversi anni vuol dire che poco o nulla è sta to fatto per uscire dall’emergenza depurativa. Un’emergenza cronica che ci costerà centinaia di milioni di euro nei prossimi anni, a causa del pagamento di multe che l’Europa non ci condonerà. Le nostre analisi non vanno a so stituire o invalidare i campionamenti effettuati dalle autorità competenti, ma vogliono stimo lare da parte loro la soluzione all’origine del problema della depurazione nel nostro Paese, per prevenire i problemi di qualità delle acque che troppo spesso creano problemi ai bagnan ti». (G. P.).

45GdB | Settembre 2022 Ambiente

Un cre scione stellare e salutare.

Quest’erba, ricca di sali minerali, vitamine C ed E, viene molto usata per insalate. La possibilità di poter sfamare con essa gli astronauti nello spa zio è una sfida che l’Italia ha deciso di cogliere, anche per contrastare le previsioni su una Terra sempre più sovrappopolata e povera di risorse alimentari. L’iniziativa è stata chiamata “Gre enCube” (MicroGREENs cultivation in a Cu beSat) e si tratta del primo esperimento di orto spaziale lanciato in orbita insieme al volo inau gurale del nuovo vettore “VEGA-C” dell’Agen zia Spaziale Europea (ESA) dalla base di Kou rou (Guyana francese), con il satellite scientifico “LARES2” e ad altri cinque nano-satelliti. Il mi cro-verziere che misura 30 x 10 x 10 centimetri è stato progettato da un team di scienziati italia ni composto da Enea, Università Federico II di Napoli e Sapienza Università di Roma, nel ruolo

di coordinatore e titolare di un accordo con l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI).

Basato su coltura idroponica a ciclo chiuso e dotato di sistemi d’illuminazione specifica, con trollo di temperatura e umidità per rispondere ai requisiti restrittivi degli ambienti spaziali, è in grado di garantire un ciclo completo di crescita alle microverdure selezionate fra le più adatte a sopportare condizioni estreme. Il già citato cre scione è stato sottoposto a venti giorni di spe rimentazione. Dopo la lattuga romana, cavolo rosso, radicchio e pomodoro la dieta dell’astro nauta potrà contare su un nuovo ingrediente, che garantisce, insieme agli altri, un corretto apporto nutrizionale all’insegna di un’alimen tazione vitata all’alta qualità.

Posizionato in un ambiente pressurizzato e confinato, la piccola ortaglia ha, inoltre, un sistema integrato di sensori hi-tech per l’osser vazione e il controllo da remoto dei parametri ambientali, della crescita e dello stato di salute e può trasmettere a Terra, in autonomia, tutti i

CIBO PER I FUTURI PIONIERI SPAZIALI

Lanciato in orbita il primo micro-orto made in Italy

di Gianpaolo Palazzo

46 GdB | Settembre 2022
Ambiente

dati acquisiti. Il sa tellite è costituito da due unità: la prima contiene le verdure, il sistema di col tivazione e controllo ambientale, la soluzione nutritiva, l’atmosfera necessaria e i sensori; la seconda custodisce la piattaforma di gestione e controllo del veicolo spaziale.

«La ricerca spaziale - sottolinea Luca Nar di del Laboratorio Biotecnologie Enea - si sta concentrando sullo sviluppo di sistemi biori generativi per il supporto alla vita nello spazio; le piante hanno un ruolo chiave come fonte di cibo fresco per integrare le razioni alimentari preconfezionate e garantire un apporto nutri zionale equilibrato, fondamentale per la soprav vivenza umana in condizioni ambientali difficili. I piccoli impianti di coltivazione in assenza di suolo come “GreenCube” possono svolgere un ruolo nodale per soddisfare le esigenze alimen tari dell’equipaggio, minimizzare i tempi opera tivi ed evitare contaminazioni, grazie al control lo automatizzato delle condizioni ambientali. Lo spazio di coltivazione deve consentire sia recupero dell’acqua sia il riutilizzo del substra to il quale ha grande ritenzione idrica, cioè non permette di disperdere l’acqua; per questo la coltura idroponica è stata la scelta migliore, un metodo che permette di erogare le giuste quan tità nei giusti tempi».

Il sistema di coltivazione permetterà di por tare al limite massimo l’efficienza sia in termini di volume sia il consumo di energia, aria, H2O e nutrienti. Nel corso della missione sono stati previsti in parallelo anche esperimenti di coltiva zione a Terra, all’interno di una copia esatta del satellite, per verificare gli effetti delle radiazioni, della bassa pressione e della microgravità sulle piante. Confrontando i risultati degli esperimen ti ottenuti nello spazio e a terra si potrà valutare

la ri sposta dei ve getali alle condizioni di stress estremo e la crescita delle microverdure in or bita con lo scopo di utilizzarle come alimento fresco nelle future missioni.

«Oltre alla capacità di convertire anidride carbonica in biomassa edibile, gli organismi vegetali sono in grado di rigenerare risorse preziose come aria, acqua e nutrienti. Da non sottovalutare è anche - prosegue Nardi - il be neficio psicologico per l’equipaggio, derivante dalla coltivazione e dal consumo di verdura fre sca che richiamano la familiarità di abitudini e ambienti terrestri per far fronte allo stress psi cologico cui gli astronauti sono soggetti, dovu to alle condizioni di isolamento in un ambiente totalmente artificiale. Non posso rivelare infor mazioni sull’esito della sperimentazione, perché ci sono accordi di riservatezza, ma il satellite ha funzionato bene, l’elettronica è stata stabile, il sistema ha continuato a trasmettere foto della pianta ed una serie di parametri come tempera tura e umidità rilevati dai sensori».

A bordo del razzo, sono stati lanciati nell’or bita spaziale anche altri cinque mini-satelliti, della classe “CubeSat”, che costituiscono il ca rico secondario del lanciatore e sono: gli italiani “AstroBio” e “ALPHA”, lo sloveno “Trisat-R” e i due francesi “MTCube-2” e “Celesta”, men tre il carico principale è costituito dal già nomi nato satellite “LARES-2” dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) che ha condotto studi nel campo della relatività generale e di altre teorie di fisica fondamentale. Sviluppato dall’azienda italiana “Avio”, il nuovo razzo “Vega-C” rappresenta l’ultima evoluzione del lanciatore europeo inau gurato nel 2012, ma più grande, potente, poliva lente e con una maggiore capacità di carico, non dimenticando i minori costi.

47GdB | Settembre 2022 Ambiente

ESEMPI VIRTUOSI DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA

Irifiuti sono croce e delizia per cittadi ni e pubbliche amministrazioni. Nel rapporto annuale “Comuni Ricicloni”, Legambiente ha analizzato quanto gli italiani e le singole comunità si stiano impegnando nella raccolta differenziata per un corretto smaltimento. Guardando alla classi fica assoluta, spiccano al primo e al terzo po sto due centri del salernitano, rispettivamente San Gregorio Magno (88,9% RD) e Prignano Cilento (87,2%). Tra loro il paese di Tramu tola, nel potentino, (88,3%). La top ten dei capoluoghi di provincia vede trionfare il Nord con Treviso (86,8%), Trento (83,4%), Belluno (84,4%) e Pordenone (85,2%). Quattro anche le città oltre i 30mila abitanti a rientrare nelle classifiche: Carpi (MO) con 72mila, Castelfran co Emilia (MO) e Misilmeri (PA) con 33mila e Bra (CN) con poco più di 30mila.

L’analisi dei dati, raccolti nel 2021, pro muove 590 Comuni Rifiuti Free, quelli nei quali la produzione pro-capite di spazza tura avviata a smaltimento è inferiore ai 75 Kg, ritornando quasi ai livelli dell’edizione 2020, con 598 amministrazioni comunali premiate. All’appello mancano 33 virtuosi in meno rispetto al 2021 (623), con una per centuale di popolazione coinvolta solo leg germente diminuita, dal 6,4% al 5,9% sul totale degli italiani.

È stato registrato un aumento di ciò che finisce nei sacchetti della pattumiera compre so tra 1 e 5 Kg/pro-capite/anno, con talune punte intorno ai 10 Kg/pro-capite/anno. Uni ci in controtendenza: il Consiglio di Bacino

Priula, nel trevigiano, che ha visto scendere di un ulteriore mezzo chilo il pro-capite smaltito e la Comunità della Val di Non (Trentino-Alto Adige) la quale lo contiene di ulteriori 0,3 Kg rispetto al 2020. Gli effetti della pandemia, insomma, si sono fatti sentire: l’obbligo di conferire nell’indifferenziato quanto prodot to nelle abitazioni dove il virus ha contagiato gli occupanti non poteva che incidere in ne gativo. Ciò, tuttavia, non ha messo freni alla costante crescita del Mezzogiorno, che ha 167 Comuni Rifiuti Free (+5 rispetto allo scorso anno), merito anche dei dati offerti alla classi fica da ARPA Campania. Il primato resta del Nord Italia (391), anche se segna una decre scita rispetto al dato del 2021 (-32). Il Centro rimane marginale: 32 amministrazione muni cipali (-6).

«Il primo cantiere dell’economia circolare si deve realizzare nelle nostre case, con una buona raccolta differenziata e la riduzione di rifiuti indifferenziati che finiscono in di scarica e i 590 Comuni Rifiuti Free premiati ce lo dimostrano. Amministrazioni, Sindaci e cittadini sono protagonisti - ha commenta to Giorgio Zampetti, direttore nazionale di Legambiente - di un nuovo approccio, soste nibile e strategico, nella raccolta dei rifiuti, spesso reso possibile da un unico gestore e da una buona pianificazione. Raccolte diffe renziate porta a porta, impianti per l’avvio a

Nell’edizione 2022 i Comuni Ricicloni sono 590
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riciclaggio, ma anche acquisti di beni, opere e servizi, che valorizzano i materiali recuperati da raccolta differenziata: sono queste storie virtuose che premiamo oggi a darci una spe ranza per il futuro, augurandoci che queste esperienze puntuali, possano presto divenire una concreta buona prassi nazionale di eco nomia circolare».

Nella graduatoria meritocratica stilata dal “cigno verde” spicca la grande assenza, in termini di partecipazione, da parte dei Co muni sardi (-38 rispetto all’edizione 2021) e del Veneto che, seppur in testa alla classifica per percentuale, vede diminuire il numero dei migliori da 162 a 151 dovuto ad un lieve in cremento dell’indifferenziato pro-capite che ha prodotto l’uscita dagli elenchi. È il caso, per esempio, di Valdobbiadene che, passando da 73,8 kg/ab/anno a 77,7 kg/ab/anno di ri fiuto indifferenziato, ha, di fatto, impedito un vero e proprio record: avere l’intera provincia, quella di Treviso, Rifiuti Free.

Rispetto alle Regioni, per percentuale Comuni Rifiuti Free, vince proprio il Vene to (26,8%), seguito da Trentino-Alto Adi ge (20,9%), Friuli-Venezia Giulia (18,1%) e Campania (14,7%). Fanalino di coda, invece, per la Liguria con lo 0,4%. Riguardo la spe ciale classifica “Cento di questi Consorzi”, so pra i 100.000 abitanti medaglia d’oro ancora al Veneto, con il Consiglio di Bacino Priula

L’iniziativa di Legambiente premia ogni anno comunità locali, amministratori e cittadi ni, che hanno raggiunto i migliori risultati con: raccolte differenziate avviate a riciclaggio, ma anche acquisti di beni, opere e servizi, capaci di valorizzare i materiali recuperati. Dall’edizione 2016 l’accento è stato posto sui Comuni Rifiuti Free, ossia quelli a bassa produzione d’indifferen ziato destinato a smal timento. La valutazione del sistema di controllo avviene tenendo conto della capacità di contene re e ridurre le quantità di spazzatura. La parteci pazione è volontaria da parte di Comuni, Consorzi e gestori, che decidono di aderire all’iniziativa nazionale con l’invio dei loro dati.

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e quello di Sinistra Piave, seguito dall’Emi lia-Romagna con Aimag Spa. Per i consorzi sotto i centomila occupa le prime tre posizioni il Trentino-Alto Adige con Amambiente Spa, Asia Azienda Speciale per l’Igiene Ambienta le e Comunità della Val di Non.

Tra le storie di ordinaria buona gestione si segnala quella della “Re Tech Life Onlus” a Usmate Velate (MB) che offre, a soggetti provenienti dal disagio sociale e dalla disa bilità, un’opportunità di reinserimento nel mondo del lavoro e nella società, grazie alla rigenerazione dei computer e al riciclo. Sono migliaia i pc dismessi da grandi aziende ogni anno che, una volta sistemati, vengono poi destinati a progetti italiani, nei Paesi in via di sviluppo e, in parte, nel mercato dell’usa to. Quanto non è più riutilizzabile è trattato nell’impianto R.A.E.E. (Rifiuti da Apparec chiature Elettriche ed Elettroniche) della co operativa, dove viene trasformato in materia prima (ferro, alluminio, plastica, vetro etc.), assicurando la tracciabilità e la reportistica riguardante il recuperato. Dal 2006, anno di fondazione, ad oggi nonostante il grave incendio che a fine gennaio ha rallentato le opere meritorie portate avanti, sono più di trecentomila le apparecchiature informati che “ravvivate”, grazie all’impiego di 29 per sone, parte delle quali finite in oltre 3.100 tra scuole ed enti no profit. (G. P.).

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49GdB | Settembre 2022
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UN SITO MINERARIO IN ACQUE INTERNAZIONALI

L’estrazione di metalli dagli oceani è una scelta in favore del clima, ma che può mettere a rischio l’ambiente e la biodiversità di alcune aree: il caso della Metals Company

le tonnellate di rocce ricche di cobalto, rame e nichel, sarebbero sufficienti ad alimentare 280 milioni di veicoli elettrici, circa l’equivalente del numero di auto mobili immatricolate negli Stati Uniti.

È chiaro che la possibilità di dete nere un così forte monopolio di risorse da parte di una sola azienda abbia fatto discutere non poco l’opinione pubblica. Sorvolando sull’inchiesta condotta dal New York Times, il quale ha analizzato i rapporti esistenti tra la Metals Com pany e l’International Seabed Authority (un’agenzia affiliata all’Onu) e ha mes so in luce i nodi di un’intricata vicenda legale, una riflessione assai più impor tante nasce dalle preoccupazioni di ambientalisti e scienziati. Un’estrazione su larga scala dei fondali marini non è ovviamente realizzabile senza distrug gere una delle più grandi aree selvagge rimaste. Craig Smith, oceanografo ed ex appaltatore dell’industria mineraria, ora docente all’Università delle Hawaii a Manoa, ha trascorso quasi cinque anni studiando la vita marina di questi luo ghi. Smith considera la zona d’interesse della Metals Company un patrimonio naturale da preservare, uno degli habi tat più incontaminati e ricchi di biodi versità sul pianeta.

Il Congresso degli Stati Uniti ha approvato in agosto l’Inflation Reduction Act, un maxi piano di interventi in favore del clima, della sanità pubblica e del fisco. I dollari stanziati dal presidente Joe Biden per la transizione energetica e climatica sono 374 miliardi, e rappresentano un investimento sul clima senza eguali nella storia del paese.

La normativa, per quel che riguarda la lotta alla riduzione delle emissioni, di sciplinerà in particolar modo i trasporti e la produzione elettrica, includendo diversi crediti d’imposta ai cittadini che sceglieranno veicoli elettrici o renderan

no le proprie case più efficienti dal pun to di vista energetico. Questo provvedi mento ha quindi aumentato la domanda di metalli necessari alla produzione delle batterie per i veicoli elettrici, accelerando così la corsa all’estrazione di queste risor se e la ricerca di nuovi siti idonei.

La Metals Company è una startup mi neraria canadese intenzionata a costruire il primo sito minerario su scala industria le in acque internazionali. La società con sede a Vancouver ha infatti individuato in Texas, nella parte del fondale marino dell’Oceano Pacifico distante 1500 mi glia a sud-ovest di San Diego, una zona ricchissima di risorse. Secondo le stime,

Infine, un’altra questione stretta mente legata ai veicoli elettrici e spesso sottovalutata, è quella che riguarda lo smaltimento e il riciclo delle batterie al litio. Molti esperti, tra cui il professor Paul Anderson dell’Università di Bir mingham, hanno manifestato una certa preoccupazione riguardo la messa in atto di queste operazioni su larga scala, poiché sono processi che viaggiano ad una velocità minore rispetto alla produ zione. Alcuni dati del 2019, raccolti dalla Circular Energy Storage, testimoniano come USA e Canada fossero tra i paesi che smantellavano meno tonnellate di accumulatori al litio (un numero inferio re anche a quello europeo). Risulta quin di necessario che l’importante processo di transizione ecologica e climatica, a cui la maggior parte dei paesi del mondo sta partecipando, avvenga di pari passo alla salvaguardia dell’ambiente

di Michelangelo Ottaviano © Viacheslav Lopatin/shutterstock.com
50 GdB | Settembre 2022
Ambiente

L’ibis è un genere di uccello famoso e diffuso in tutto il mondo (nonché venerato dagli antichi egizi), ma il Ge ronticus eremita, anche det to ibis eremita nel linguaggio corrente, è tra i pochi a vivere in Europa. Fino al Cinquecento era possibile vedere que sta specie in diversi luoghi del continen te a seconda delle stagioni: Svizzera, sud della Germania, Austria, Spagna, Italia, Grecia e nei paesi balcanici.

A causa di una caccia particolar mente estesa e, più in generale, dell’in terferenza umana, le popolazioni superstiti smisero di migrare (è pro babile che migrassero in Nord Africa) e si rimpicciolirono. Il progetto del Waldrappteam (Waldrapp è il nome dell’ibis eremita in tedesco), fondato e guidato da Johannes Fritz, mira a ri popolare il territorio europeo di questi affascinanti uccelli.

Il metodo attraverso cui questa operazione viene messa in atto è quel lo della migrazione a guida umana. Quest’anno, dal 16 agosto al 2 settem bre 2022, si è infatti svolta la quindice sima migrazione a guida umana degli ibis eremiti: 26 esemplari di questa spe cie hanno volato dall’Austria (Seekir chen am Wallersee, a nord-est di Sa lisburgo Salisburgo) fino alla Toscana (Orbetello, vicino Grosseto) seguendo le loro due “madri adottive” Lisa Kern (studentessa di biologia e geografia presso l’Università di Karlsruhe) e He lena Wehner (geografa), che guidavano lo stormo a bordo di un paraplano. Gli ibis, di circa cinque mesi, sono nati in cattività e sono stati separati dai geni tori naturali a pochi giorni dalla nascita per essere cresciuti da quelli che sono i loro “genitori adottivi” umani (in que sto caso “madri”).

Ciò avviene perché la migrazione non è un processo del tutto istintivo, e gli uccelli che la praticano devono seguire i propri genitori per conoscere in che direzione andare. Questo tipo di migrazione “assistita” funziona infatti grazie al legame che viene stretto con gli umani che li hanno nutriti e accu

L’IBIS EREMITA TORNERÀ SUL TERRITORIO EUROPEO

Il progetto del Waldrappteam: la migrazione a guida umana per la ripopolazione della specie

diti. La “fiducia” degli ibis si basa sul meccanismo dell’imprinting filiale, un fenomeno che avviene nel primo perio do di vita, grazie al quale gli uccelli im parano a riconoscere un oggetto o un altro animale (che di norma corrispon de alla madre o ai genitori biologici).

I genitori adottivi sono sempre due, poiché in natura gli ibis sono allevati da madre e padre, e possono essere sia donne che uomini. L’importante, se condo il protocollo sviluppato da Fritz, è che essi siano dello stesso sesso per ogni generazione (il dimorfismo uma no può confondere gli ibis). La nuova generazione di ibis vivrà tutta nei din

torni di Orbetello (nell’Oasi della La guna di Orbetello gestita dal WWF) per circa tre anni, fino al raggiungi mento della maturità sessuale.

A quel punto gli uccelli sentiranno l’istinto di tornare verso Salisburgo, dove sono nati, per accoppiarsi, e sa pranno come arrivarci perché ricor deranno la prima migrazione. Da pro gramma, il Waldrappteam continuerà a fare migrazioni guidate fino al 2028, anno in cui gli scienziati si augurano che il numero di ibis migratori europei raggiunga e superi una soglia minima per prosperare senza ulteriori interven ti umani. (M. O.).

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vari alveari in ambiente urbano ha spa ventato la popolazione, soprattutto nel la capitale. Non si tratta però di un fatto nuovo, poiché da diversi anni questa specie sta risalendo la penisola. L’areale di distribuzione della specie si sta infatti espandendo, probabilmente a causa dei fenomeni atmosferici che rendono il cli ma più mite e meno ostile.

La Vespa orientalis è una specie scientificamente detta termofila, ossia che vive e si moltiplica a temperature relativamente elevate e, visto l’aumento delle temperature medie, è del tutto na turale il suo spostamento verso nord. È inoltre un insetto opportunista, che ama cioè l’ambiente urbano e si nutre spesso degli scarti dell’uomo. Una peculiarità della Vespa orientalis è quella di costru ire nidi relativamente piccoli rispetto a quelli imponenti dei calabroni, e di farlo in luoghi come anfratti, fessure o nelle crepe degli edifici, che possono però contenere centinaia di esemplari.

LA RISALITA A NORD DELLA VESPA ORIENTALIS

Un insetto impropriamente classificato come “alieno”. Una specie diversa dal consueto calabrone europeo, ma con cui è stata spesso confusa

L’estate italiana 2022 verrà ri cordata senza dubbio come una delle più calde di sempre, ma non solo. Un’altra novità, non proprio “lieta”, che que sto caldo anomalo ci ha fatto conoscere è quella che riguarda un insetto ormai famosissimo nel nostro territorio, ed im propriamente classificato come “alieno”. Parliamo della Vespa orientalis, una spe cie diversa dal consueto calabrone euro peo (Vespa crabro), ma con cui è stata spesso confusa poiché appartenente alla stessa famiglia (quella dei vespidi).

Questo imenottero è facilmente rico noscibile per le sue caratteristiche esclu

sive: lungo dai 3 ai 5 centimetri, il suo tratto estetico identificativo è un cor po dalla colorazione rossiccia con una banda gialla sull’addome. È una specie che si trova normalmente e da svariati decenni nelle regioni meridionali dell’I talia (Sicilia, Calabria, Campania), ed è per questo inappropriato definirla una specie “aliena” (poiché è nativa del ba cino del Mediterraneo).

Durante il periodo estivo i suoi av vistamenti si sono fatti più frequenti e sono state coinvolte anche altre regioni centro-settentrionali. È il caso della Li guria, della Toscana, del Friuli-Venezia Giulia e del Lazio, dove la presenza di

Come tanti imenotteri, è in grado di produrre un veleno tossico per l’uomo, ma la quantità che è in grado di iniettare è simile a quella degli altri insetti dello stesso ordine e, pur potendo pungere più volte, la maggior parte del veleno viene rilasciata alla prima puntura. Al tre rassicurazioni nascono dall’indole non aggressiva della Vespa orientalis, che attacca solo se si sente in pericolo o minacciata. Attualmente le maggiori preoccupazioni sono rivolte all’apicol tura: il rischio che possa diventare un flagello per gli allevatori è concreto, e nasce dal fatto che, non trovando più cibo, questi insetti aggrediscano le api allevate dall’uomo.

È quindi importante tenere moni torata la situazione poiché, ad oggi, è difficile prevedere gli impatti a medio e lungo termine, soprattutto se le con dizioni ambientali favoriranno la diffu sione di questi insetti, e la conseguen te scomparsa di tanti altri. Ancora una volta, dunque, è probabile che la causa scatenante di questa “invasione” sia il riscaldamento globale e tutte le conse guenze ambientali dirette e indirette che determina. (M. O.).

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FRIP: IL PRIMO FORMAGGIO SENZA FOSFATI PER I PAZIENTI

CON INSUFFICIENZA RENALE

Brevettato dal Policlinico di Milano e concesso gratuitamente ai caseifici per la produzione Sarà possibile applicare questo trattamento ad altri prodotti caseari

Ipazienti con insufficienza renale e in dialisi lo sanno bene, alcuni alimenti ed in particolare i formaggi sono pres soché proibiti. Per ragioni di salute, infatti, seguono quotidianamente un attento e specifico regime alimentare, limitan do anche l’assunzione di potassio e fosfati.

Si chiama FriP (FreePhosphate) il formag gio che potrebbe rivoluzionare questo parti colare ambito alimentare. È stato ideato dalla Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano ed il suo bre vetto è stato concesso gratuitamente ad alcune aziende casearie per la produzione sul territo rio. Il nuovo metodo di produzione rende il formaggio senza fosfati accessibile ai numerosi pazienti affetti da insufficienza renale.

Secondo studi epidemiologici, si stima che il 9% della popolazione generale abbia una li mitazione funzionale ai reni ed il 20% di questi soffrano di insufficienza severa. L’infiamma zione dei reni è una condizione molto diffusa negli adulti che hanno complicanze importanti dovute al diabete, che hanno forme ereditarie di malattie renali o che, per esigenze terapeu tiche, sono costretti ad assumere un numero

elevato di farmaci tutti i giorni. L’insufficienza renale è una disfunzione che coinvolge piena mente la vita del soggetto. Il compito dei reni è quello di depurare l’organismo attraverso la pulizia del sangue, grazie al milione di nefroni presenti, che filtrano le sostanze di scarto delle funzioni metaboliche.

Per produrre meno “rifiuti renali” occorre alimentarsi meglio e introdurre nutrimenti che siano compatibili con lo stato di salute del sog getto. E quando i reni non lavorano più bene, la loro funzione viene sostituita dalla dialisi, una cura necessaria ma molto invalidante. A questa si aggiunge la terapia farmacologica composta il più delle volte da numerose pillole quotidia ne ed in ultimo ma non meno importante, il paziente dovrà osservare un regime alimentare con limitazioni e privazioni.

Una dieta rigorosa e ripetitiva per far fronte alla carenza dei reni a smaltire adeguatamente le scorie in eccesso.

Nel menù quotidiano occorre fare attenzio ne a determinati alimenti: le verdure per non accumulare troppo potassio, formaggi e lattici ni per non assumere troppi fosfati.

Questi, infatti, si accumulerebbero nel san

di Anna Lavinia
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Innovazione

gue e porterebbero ad una aterosclerosi preco ce. Serve controllare costantemente ciò che si mangia: non troppi alimenti salati, non troppa carne o non troppo pesce e nè tantomeno for maggio, soprattutto a lunga stagionatura.

L’intuizione che rivoluziona la condizione dei pazienti nasce in ambito pediatrico, area di lavoro del dottor Gianluigi Ardissino, speciali sta della nefrologia, dialisi e trapianto pediatri co al Policlinico di Milano.

Alla base della tecnologia FriP c’è un ragio namento semplice. In passato, quando neonati e bambini avevano problemi renali non poten do assumere il latte materno (naturalmente ric co di fosfati) si ricorreva a tipi di latte speciali addizionati con una sostanza inerte, il calcio carbonato. Un integratore alimentare insapore e inodore che legandosi al fosfato dà il via al processo di chelazione e ne riduce l’assorbi mento da parte della mucosa intestinale.

Allo stesso modo, oggi, il componente viene addizionato al latte di mucca per la produzione dei formaggi, ciò li rende idonei per la patolo gia renale degli adulti.

L’idea è realtà e dal laboratorio ai caseifici il passo è breve: così come si riformula il latte dei neonati, si trasforma il latte utilizzato per la preparazione dei formaggi. L’inglobamento avviene pochi istanti prima dell’inoculo del ca glio, questo permette di non modificare né il gusto né l’aspetto del prodotto finale.

Secondo studi epidemiologici, si stima che il 9% della popolazione generale abbia una limitazione funzionale ai reni ed il 20% di questi soffrano di insufficienza severa.

Il formaggio prodotto con il metodo FriP ha ancora un’ulteriore funzione, riesce ad eli minare i fosfati eventualmente contenuti in al tri cibi se assunti a poca distanza dal formaggio stesso.

L’eccezionalità di questa tecnica di produ zione è la possibilità di applicarla a tutti gli altri prodotti caseari rispettando le tradizioni loca li al fine di produrre così mozzarelle ed altre specialità. La validità dell’innovativo metodo è stata riconosciuta dalla comunità scientifica e da diverse aziende casearie che, in accordo con il brevetto del Policlinico di Milano e grazie al sostegno di associazioni di pazienti, hanno ini ziato la produzione dei formaggi sul territorio.

Oggi, si può trovare in vendita in diverse zone tra Lombardia e Piemonte ed i produttori principali sono quelli di Biella e Domodossola. Il prossimo traguardo sarà quello di amplia re la gamma di prodotti con tecnologia FriP, sono numerosi i caseifici candidati per la pro duzione. L’iter autorizzativo non è breve ma la speranza di molti pazienti è quella di accedere molto presto in tutta Italia ad un alimento che altrimenti gli sarebbe proibito.

Una piccola ma geniale intuizione che migliora la qualità di vita dei pazienti. Non dovranno più scegliere tra gusto e salute e rinunciare ad un prodotto di eccellenza da sempre presente nella tradizione gastronomi ca italiana.

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55GdB | Settembre 2022
Innovazione

RINNOVABILE

Il progetto europeo di ricerca denominato “Formate for Re newable Energy Storage” (Fre sh), della UE Horizon Europe, avviato il 1° luglio 2022 e finan ziato dall’Agenzia Esecutiva Europea per il Clima, l’Infrastruttura e l’Am biente per un importo di 2,6 milioni di euro, è coordinato dall’Istituto di chimica dei composti organomettalici del Consiglio nazionale delle ricerche.

Il progetto, che avrà una durata preventivata di tre anni, ha l’obiettivo di contribuire alla riduzione della di pendenza dai combustibili fossili per

la produzione di energia elettrica, su perando in tal modo la discontinuità della produzione di elettricità da fonti rinnovabili e conducendo a dei prezzi più stabili e prevedibili dell’energia. Quanto detto è la rappresentazione di aspetti cruciali e fondamentali per un futuro sviluppo su larga scala e per fa vorire la transizione energetica italiana ed europea.

Il progetto sarà in grado di cen trare il risultato attraverso lo svi luppo, la costruzione e la validazio ne di un processo elettrocatalitico alimentato mediante elettricità ot

tenuta da fonti rinnovabili. L’eleva ta stabilità del formiato di potassio generato dal processo di elettro reduzione della CO2 garantisce lo stoccaggio in modalità sicure in ser batoi per periodi variabili (a breve termine o stagionalmente).

Ricordiamo che il formiato di po tassio è il sale di potassio dell’acido formico. Con una massa molecolare di 84,12 g/mol, questo prodotto altamen te solubile in acqua ha molte applica zioni industriali, tra cui il trasferimen to di calore, lo sbrinamento e come salamoia per l’uso in applicazioni pe trolifere come le operazioni di perfo razione e completamento. Il formiato di potassio può essere utilizzato anche come agente riducente per la produ zione di stampe e tinture e come inter medio nella produzione di diformato di potassio. Il formiato di potassio è un’industria concentrata con alcuni produttori che dominano il mercato. Una variabile chiave nelle prestazioni dei produttori di formiato di potassio è il costo delle materie prime, in parti colare la velocità con cui qualsiasi au mento può essere trasferito ai clienti.

La successiva conversione on de mand del formiato in elettricità avverrà attraverso l’utilizzo di celle a combu stibile diretto. Il progetto include l’ap provvigionamento e la purificazione della CO2, la conversione della stessa a formiato, il formiato ad energia elet trica e, da ultimo, la costruzione e la convalida di un prototipo integrato a TRL 4: a tal fine sono state ipotizzate una serie di attività di ricerca stretta mente interconnesse (work package) tra gli attori che partecipano al pro getto. Il consorzio è costituito da sette partner: tre centri di ricerca, tra cui l’Istituto di chimica dei composti or ganometallici del Consiglio nazionale delle ricerche, l’Università Forschun gszentrum Julich GMBH (Germania), e Danmrks Tekniske Universitet (Da nimarca); quattro partner industriali (COVAL ENERGY BV, ENGIE labo elec, HYSYTECH srl, EEMPOWER BV) di cinque nazioni europee.

56 GdB | Settembre 2022
“FRESH” PER STOCCARE ENERGIA
Il progetto contribuirà alla riduzione della dipendenza dai combustibili fossili per la produzione di energia elettrica Innovazione © urbans/shutterstock.com di Pasquale Santilio

Èstato denominato “An choisFert” il nuovo fer tilizzante organico “ma rino” scoperto dal team congiunto calabro-sici liano guidato da Adele Muscolo e Francesco Mauriello dell’Università di Reggio Calabria e Rosaria Ciri minna e Mario Pagliaro del Consi glio nazionale delle ricerche di Pa lermo. Anche i fertilizzanti chimici ed organici in questi ultimi mesi di carenze, ritardi nei trasporti e di speculazioni hanno triplicato il loro prezzo mettendo in grandi difficoltà le aziende agricole di tutto il mon do. Ora, questa sensazionale scoper ta diventa la soluzione a costo zero, ovvero, un concime naturale estratto dagli scarti di lavorazione delle ac ciughe grazie ad un altro scarto, le bucce (“pastazzo”) rimaste dalla tra sformazione industriale degli agru mi, da cui si ottiene il limonene.

Il prodotto, derivato dai due rifiu ti, si è persino rivelato il più potente fertilizzante al momento esistente. È stato ottenuto lasciando asciuga re gli scarti di lavorazione dei filetti di acciuga dopo averne estratto con il limonene un olio ricchissimo di omega-3, acido oleico e vitamina D. Il team di ricerca ha analizzato sia la composizione che le prestazioni del fertilizzante, che si è rivelato molto ricco di azoto e carbonio in forma organica, ma anche di preziosi flavo noidi, magnesio, potassio, fosforo e zolfo. A differenza di molti fertiliz zanti organici, “AnchoisFert” non contiene antibiotici e geni che pos sano favorire e promuovere la resi stenza microbica agli antibiotici.

Il gruppo di ricercatori, dopo aver pubblicato lo studio sulle pre stazioni del nuovo fertilizzante, ha proceduto anche alla divulgazione di uno studio sulla fattibilità tecni co-economica del processo “circola re” di produzione di “AnchoisFert”. Solo in Italia, ogni anno, si contano oltre 5 mila tonnellate di scarti dalle circa 10 mila tonnellate di acciughe

ACCIUGHE E ARANCE IL FERTILIZZANTE È FATTO

Si chiama “AnchoisFert” ed è un concime naturale a costo zero scoperto dal Cnr di Palermo

usate per la produzione di filetti sa lati sottolio. Con circa l’11% del to tale del pescato mondiale, l’acciuga è di gran lunga il pesce più catturato del globo. La gran parte viene pe scata nel Pacifico di fronte le coste del Perù ed è utilizzata per produr re farina di pesce. Nel Mediterraneo l’acciuga è pescata da tutti i Paesi ri vieraschi per le sue importanti qua lità nutrizionali. Solo nell’area di Sciacca, principale porto di sbarco delle acciughe in Sicilia, sono mil le gli addetti alla pesca e alla lavo razione delle acciughe con un giro di affari che raggiunge i 30 milioni

di euro. La scoperta chiude il ciclo materiale per la specie ittica e apre la strada alla produzione di un nuo vo fertilizzante che troverà impiego nelle colture più redditizie. Da sola, la cipolla rossa di Tropea genera in Calabria un fatturato superiore ai 25 milioni di euro. A rendere possi bile tutto questo è la scoperta, rea lizzata in Sicilia, che un “modesto” solvente ricavato dalle arance è in grado di estrarre il prezioso olio e di stabilizzare gli scarti di pesce dalla decomposizione. Il limonene viene recuperato e utilizzato in successivi cicli di estrazione. (P. S.).

57GdB | Settembre 2022
Innovazione © New Africa/shutterstock.com

LA CLOROFILLA

ILLUMINA LE PIANTE

Le foglie utilizzano l’energia luminosa del sole per la cre scita attraverso il processo della fotosintesi clorofillia na. La pianta può andare in difficoltà sia senza luce solare o con cambi continui di illuminazione nell’ambiente che a causa di tempe rature troppo elevate. Francesca Rap parini dell’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche, spiega i meccanismi e le dinamiche di questo importante processo: «La luce solare ricevuta dalla clorofilla, oltre a essere utilizzata per la fotosintesi, vie

ne ri-emessa, cioè restituita all’ester no, dopo essere stata trasformata in una luce fluorescente che non produ ce da sola, ma insieme a oltre duecento molecole, tra cui proteine e pigmenti, collegate in un sistema molecolare che fa quello che nei gatti e negli uomini fanno le pupille, cioè assorbe più luce possibile quando ce n’è poca e se ne libera quando è tanta, trasformandola in luce fluorescente.

Questo segnale fluorescente è sem pre attivo, ma non è costante, varia continuamente in base a come cam bia l’ambiente attorno. Questo per

ché le piante sentono, reagiscono ai cambiamenti, sono essere vivi e non passivi come noi li percepiamo, e co municano anche quando sono soffe renti, come per esempio quando non sono annaffiate. Quando una pianta è stressata per mancanza di acqua o per aumento della temperatura, il segnale luminoso può cambiare di intensità e lo fa in anticipo, prima che i sintomi siano visibili. La fluorescenza, come strumento diagnostico per rilevare lo stress nelle piante, è aumentato note volmente da quando può essere cattu rato dallo spazio con sofisticati stru menti scientifici».

Uno dei fattori che incidono su questo processo è l’elevata tempera tura della foglia. A tal proposito, la ricercatrice ha dichiarato: «Le com ponenti strutturali dell’apparato foto sintetico sono anch’esse sensibili allo stress da calore, con differenti rispo ste da parte delle varie specie vegetali: quelle originarie degli ambienti freddi mostrano tassi fotosintetici ottimali a basse temperature, mentre per quelle dei climi caldi sono meglio le alte tem perature. Nella maggior parte delle piante, i danni da stress termico sulla fotosintesi sono reversibili nel giro di poche ore o alcuni giorni. L’esposi zione a temperature superiori, però, in alcuni casi può causare danni irre versibili al sistema fotosintetico nelle sue singole componenti molecolari e proteiche, avviando un processo di se nescenza della pianta che può essere molto rapido”. Anche il caldo delle nostre città influenza in buona misura lo stato di salute delle foglie:” Le fo glie di diverse piante sono molto sot tili e quando sono esposte alla piena luce solare e al calore possono riscal darsi notevolmente, al di sopra della temperatura dell’aria.

Se poi, nel contempo, si verificano anche eventi di siccità, il calore della foglia aumenta ulteriormente perché con poca acqua le piante perdono la capacità di traspirazione e, quindi, di raffreddamento delle foglie» ha con cluso Francesca Rapparini. (P. S.).

58 GdB | Settembre 2022
Come la fotosintesi clorofilliana attiva il processo di fluorenscenza Innovazione

Una ricerca condotta da Enea insieme all’Univer sità degli Studi di Salerno (Dipartimento di Inge gneria Industriale) e pub blicata sulla rivista Nanomaterials, ha messo a punto un nuovo rivestimento antimuffa a basso costo da applicare direttamente su frutta e verdura per mantenerne inalterate qualità e pro prietà nutrizionali fino a dieci giorni. Si tratta di uno speciale film protetti vo trasparente, commestibile, inodore e insapore, costituito da nanocompo siti naturali a base di pectina, estratta dalla buccia di mela, e di olio di semi di pompelmo, dalle proprietà antimi crobiche, che viene incapsulato in na notubi di silicato di alluminio.

Il gruppo di ricerca, al fine di te stare il biorivestimento alimentare, ha scelto un frutto particolarmente deperibile, cioè la fragola; i risultati ottenuti in termini di conservazione del prodotto sono stati alquanto in coraggianti, soprattutto, nel caso del film protettivo che conteneva la mag giore concentrazione di olio di semi di pompelmo. Loredana Tammaro, ricercatrice Enea del Laboratorio Na nomateriali e dispositivi del Centro Ricerche Enea di Portici, ha spiegato: «Abbiamo immerso per due minuti le fragole in tre diverse formulazioni caratterizzate da un differente con tenuto di olio di semi di pompelmo. Poi, le abbiamo lasciate a temperatura ambiente per dieci giorni, con tasso di umidità del 60%. Al decimo giorno, i frutti trattati con la maggiore con centrazione di olio essenziale erano ancora integri e commestibili, mentre quelli senza biorivestimento, dopo solo due giorni, erano già marci, rico perti completamente di muffa».

La pectina è un addensante natura le presente nella buccia di mele e agru mi, utilizzata nell’industria alimentare anche come rivestimento per le sue proprietà filmogene. La ricercatrice Enea ha aggiunto: «I film a base di pectina pura, però, favoriscono la cre scita microbica poiché sono una fonte

FRUTTA E VERDURE PIÙ

FRESCHE CON RIVESTIMENTO BIO

La ricerca di Enea è stata pubblicata sulla rivista Nanomaterials e ha messo a punto un nuovo rivestimento antimuffa a basso costo che mantiene le proprietà nutrizionali

di carbonio per funghi e batteri. Ecco, quindi, l’idea di rendere “attivo” questo polimero naturale con agenti antimicrobici, come l’olio di semi di pompelmo, per ottenere materiali so stenibili, sicuri per la salute e a basso costo, adatti per il confezionamento e la conservazione degli alimenti». Gli oli essenziali sono sostanze naturali attive, che hanno un’interessante at tività antimicrobica nei confronti di alcuni batteri e patogeni di origine alimentare. Tra tutti gli oli essenziali, quello ottenuto dai semi di pompelmo è noto per le sue proprietà antimico

tiche, antiparassitarie, antibatteriche, antiossidanti e antitumorali e mostra un’azione di inibizione della crescita microbica contro i batteri Gram-posi tivi e Gram-negativi.

«L’impiego di pectina accoppiata all’olio di semi di pompelmo incapsula to in nanotubi di halloysite (un’argilla a base di silicato di alluminio), ha deter minato un miglioramento delle presta zioni meccaniche del film biodegrada bile e una riduzione dell’assorbimento dell’acqua, rispetto al film di pectina pura», ha così concluso la ricercatrice Enea Loredana Tammaro. (P. S.).

© leonori/shutterstock.com
59GdB | Settembre 2022
Innovazione
60 GdB | Settembre 2022 Beni culturali VILLA FOGAZZARO ROI, ELEGANZA E PROFUMI SULLA SPONDA ITALIANA DEL LAGO DI LUGANO In questa dimora sul Ceresio il grande scrittore ha composto e ambientato «Piccolo mondo antico». Tutto è fermo alle atmosfere di fine ’800 di Rino Dazzo

Il piccolo mondo antico di Fogazzaro era questo, un elegante villino appartato sul le sponde italiane del Lago di Lugano. È qui che il grande scrittore ha trovato ispirazione per comporre e ambientare una delle sue opere più conosciute, il romanzo che lo ha consacrato. Un gioiello inca stonato in uno degli angoli più nasco sti del Ceresio, arredato con gusto e immerso nei profumi più autentici dell’ambiente circostante, come quello intenso dell’olea fragrans, l’osmanto. Un luogo incantato in cui Fogazzaro ha trascorso buona parte della sua esistenza in serenità e armonia, trovando conforto nella bellezza del po

sto per superare e dare un senso a un’immane tragedia, la perdita del figlio Mariano. E non a caso, Villa Fogazzaro Roi (ovviamente il nome della dimora è rimasto associato a quello del fa moso letterato) sembra essersi letteralmente fer mata nel tempo, immersa in un eterno presen te, quello legato alle atmosfere ovattate di fine Ottocento che facevano da sfondo alle vicende di Franco e Luisa Maironi, i protagonisti del ro manzo.

Tutto o quasi è come lo ha lasciato Fogazza ro, a partire dallo scrittoio personale del poeta e romanziere, che custodisce numerose annota zioni autografe vergate direttamente sul legno dei cassetti. Tra queste, si possono apprezzare la data in cui venne terminata la stesura di «Pic colo mondo antico», oltre alla dedica - molto

Casa Noha, interno.
61GdB | Settembre 2022 Beni culturali Fonte: Fai

significativa - al povero Mariano, morto di tifo ad appena vent’anni nel 1895: «Mariano, Maria no mio. Finito nel pianto (il romanzo uscito un anno dopo, ndr)». Ma tutto all’interno della di mora, che il marchese Giuseppe Roi (pronipote di Fogazzaro) ha donato al FAI nel 2009, sembra rimandare al mondo borghese del XIX secolo, con la sua atmosfera intima e domestica, quasi raccolta. Lo spirito del luogo è negli interni, nel raffinato salone chiamato «Siberia», nella cura tissima sala da pranzo, nella galleria affrescata o negli arredi e nei cimeli di famiglia gelosamente custoditi e lasciati intatti nei decenni, che sem brano raccontare con la vivida forza delle imma gini quello che il grande scrittore faceva con la sua penna e il suo genio creativo.

Ma lo è anche negli esterni, a cominciare dal lo splendido giardino pensile adornato con siepi e cespugli, tra cui proprio l’olea fragrans, che, come scrisse Fogazzaro, «diceva in un angolo la potenza delle cose gentili sul caldo impetuoso spirito del poeta». O la piccola darsena privata che, nel romanzo, è il luogo dove si consuma la tragedia familiare dei Maironi, la drammatica morte della piccola Ombretta in cui è sin troppo facile scorgere riferimenti alla tragedia personale dello stesso Fogazzaro. O, ancora, il vezzoso ter razzino che, come definito sempre in «Piccolo mondo antico», rappresentava la «la poesia li rica della casa». Terrazzino che offre una vista incantevole su un angolo forse recondito e poco conosciuto della Lombardia, allora come oggi. «Adolescente ardito, un dì giurai a questa oscura valle aggiunger fama», è una frase dello scrittore che, già nel 1876, dedicò una raccolta di liriche e poesie a Valsolda, a testimonianza dell’amore e dell’attaccamento per questi luoghi. Oria, dove sorge Villa Fogazzaro Roi, è proprio una frazio ne del comune di Valsolda.

«È un mondo questo di Oria che colpisce chiunque venga qui», racconta il presidente del FAI Marco Magnifico. «Si tratta di un pezzo d’Italia completamente fermo. Per arrivarci bi sogna attraversare due volte la dogana, chi viene da Milano deve entrare a Lugano e poi uscire da Lugano e rientrare in Italia. È un mondo con gelato, quasi per rispetto all’atmosfera raccon tata da Fogazzaro nel suo romanzo. Basti pen sare che la sponda opposta è piena di case, ma non ci sono strade: si possono raggiungere solo con la barca». Del resto, lo stesso Ceresio è un lago particolare, diverso dagli altri grandi laghi lombardi: «Non è battuto dai venti, ha le acque

È qui che il grande scrittore ha trovato ispi razione per comporre e ambientare una delle sue opere più conosciute, il romanzo “Piccolo mondo antico”.

verdi, ferme. Questo mondo straordinariamente sospeso tra l’ieri e l’oggi ebbe nel pronipote di Fogazzaro, Giuseppe Roi, il suo straordinario scenografo. Lui aveva ereditato la casa dalla sua famiglia e, da appassionato delle memorie fa miliari, decise di ricreare, anche inventandolo, un mondo particolarmente affine all’atmosfera del romanzo. Ci sono – continua Magnifico – la chiesa, il salone, la galleria, la darsena: c’è una corrispondenza incredibile tra il romanzo e la realtà. Anche la sfilata di antenati alle pareti del salone presentano persone che Roi non conosce va neppure, non sapeva chi fossero. Tutto que sto consente di immergersi nell’atmosfera e nella memoria del posto».

Un piccolo angolo di paradiso che il FAI ha messo a disposizione della collettività, rispettan do la volontà di Fogazzaro e Roi, e che è circon dato da borghi incantati e pittoreschi come Ca stagnola, dove sorge la casa di Carlo Cattaneo, oppure Porlezza col suo bellissimo centro stori co, oppure Gandria, ricca di scorci mozzafiato, o ancora Claino, zeppa di giacimenti di fossili e di stalattiti, o per finire Corrido e Carlazzo, da cui si possono ammirare panorami incantevoli.

62 GdB | Settembre 2022 Beni culturali
© Fabio Caironi/shutterstock.com

Una ricerca condotta dall’Istituto di Chimica dei composti organo metallici del Consiglio Nazionale delle Ricer che ha dimostrato come i composti organici volatili degli oli essenziali, come timolo, carvacrolo e eugeno lo, che contengono elevati livelli di attività antimicrobica e repellente per gli insetti, possano divenire un valido strumento per il controllo degli agenti degradanti della carta, salvaguardando così il patrimonio archivistico e librario, spesso colo nizzate da biodeteriogeni.

Allo studio hanno collaborato anche i ricercatori dell’Istituto di bioscienze e biorisorse (Cnr-Ibb), dell’Istituto per la protezione so stenibile delle piante (Cnr-Ipsp), dell’Istituto di scienze del patri monio culturale (Cnr-Ispc), oltre a quelli della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, dell’Univer sità di Parma e dell’Università di Palermo.

«Per molto tempo si è usato il gas ossido di etilene, che però si è rivelato estremamente tossico e cancerogeno per l’uomo. Tra i metodi fisici impiegati, l’irradia zione gamma è il più riuscito, ma può compromettere la struttura della carta», ricorda Andrea Ienco del Cnr-Iccom. «Gli oli essenziali – prosegue - estratti dalle piante e i composti organici volatili (Voc), loro principali componenti, co stituiscono una classe di sostanze dalle molteplici proprietà biologi che, tra cui una spiccata azione an tibatterica, antifungina ed effetto insetto repellente. La volatilità di queste sostanze, tuttavia, ne pre giudica l’efficacia a lungo termine, un aspetto non trascurabile ai fini del loro utilizzo».

Negli anni sono stati diverse le

GLI OLI ESSENZIALI PER LA CONSERVAZIONE DEI LIBRI

Una ricerca del Cnr ha dimostrato come i composti organici volatili quali timolo, carvacrolo e eugenolo, possano contrastare gli agenti degradanti della carta

di Pietro Sapia*

metodologie sperimentate per la protezione dei materiali cartacei, ma nessuna si era mai dimostrata allo stesso efficace, non invasiva e sicura per gli operatori.

«I composti organici volatili contenuti in oli essenziali quali ti molo, carvacrolo ed eugenolo, sono stati stabilizzati all’interno di reti cristalline di ciclodestrine e cocri stalli a base di fenazina, formando un solido cristallino – conclude Ienco -. Queste formulazioni, ot tenute grazie a metodologie prive di solventi, permettono di sfruttare la loro attività antimicrobica quale

valido strumento per il controllo degli agenti degradanti della carta, come polveri facili da maneggiare e adatte per il trattamento a contatto indiretto di articoli cartacei».

Il ricercatore ha spiegato come Il rilascio del principio attivo sia favorito dall’aumento della tempe ratura e dell’umidità, permettendo quindi un aumento della sua con centrazione nelle stesse condizioni che favoriscono anche la crescita dei funghi. I composti studiati po tranno aprire la strada al loro uti lizzo come antimicrobici in in ar chivi e musei.

culturali © ninoon/shutterstock.com
63GdB | Settembre 2022
Beni
* Consigliere tesoriere dell’Onb

LA SCALATA DI JAY VINE

Gli allenamenti sui rulli durante la pandemia, il concorso della Alpecin, il debutto fra i pro. La “favola” del ciclista australiano che ha vinto due tappe in Spagna, prima di cadere e ritirarsi

64 GdB | Settembre 2022 Sport

Dalle gare ciclistiche virtuali, sui rulli di casa, ai successi sulle salite della Vuelta a Espana, in poco più di due anni e mezzo. Da perfetto sconosciuto ad outsider di lusso, capace di lasciare tutti sul posto e di resistere ai tentativi di rimonta di prestigiosi avversa ri come Remco Evenepoel, Enric Mas, Juan Ayuso. Fra le storie più belle che il più gio vane dei Grandi Giri ci ha regalato, quest’an no, c’è quella di Jay Vine, 26enne australiano di Townsville, nel Queensland, a nord della Sunshine coast nella parte nordorientale del Paese. Città popolata più da rugbisti e turisti che da ciclisti, almeno sinora. Ora c’è Jay, che

EmilioZehn/shutterstock.com Jay Vine.
65GdB | Settembre 2022 Sport ©

dai successi in soggiorno è passato ai trionfi in due tappe della Vuelta 2022, certificazione ufficiale che la sua vita è davvero cambiata: «È incredibile quello che sta succedendo e quando è arrivata la prima vittoria, il primo pensiero è stato per mia moglie, che in questi anni ha fatto tanti sacrifici per me» ha detto Vine.

Sui rulli, Jay, aveva iniziato ad allenarsi con maggiore frequenza già prima del lockdown imposto dalla pandemia. L’ondata di incendi boschivi in Australia, infatti, aveva portato molti ciclisti a evitare le pedalate all’aperto: «Dieci minuti fuori equivalevano a fumare tre sigarette», ha ricordato l’australiano.

Il 2019 era stato un anno di promesse, per l’ex amatore di Townsville. La squadra con tinental Nero Bianchi gli aveva dato fiducia, ripagata con un successo nella terza tappa (a cronometro) e nella classifica finale del Tour of the Tropics. Qualcosina, insomma, ma nul la che giustificasse particolari sogni di gloria, per un ragazzo di 23 anni senza trascorsi ec cellenti.

Allenarsi seriamente, da professionista, ha continuato a essere la sua quotidianità, oltre che la sua passione. Così, prima a causa degli incendi e poi del lockdown – inframezzati da un buon quinto posto al Jayco Herald Sun vinto da Jay Hindley - Vine si è avvicinato e ha approfondito Zwift, la piattaforma di cor se virtuali che molti atleti hanno sfruttato per mantenersi in forma. La svolta è stata quel contest sui rulli che l’ha visto andare più forte di tutti. «Pensavo che la mia carriera come ci clista fosse finita - ha ricordato Jay - poi però è arrivato il concorso della Zwift Academy, con un contratto che offriva l’opportunità di en trare in Alpecin e io ho vinto».

La sua avventura in Alpecin-Deceuninck è iniziata subito con risultati incoraggianti e con un secondo posto al Giro di Turchia 2021, maturato grazie all’analogo piazzamen to nella tappa di Elmalı. Ed è proseguita con un pregevole quinto posto nella quinta tappa della Vuelta Burgos, alle spalle di Egan Bernal e davanti a corridori di spessore internazio nale come Landa e Yates, e con podio di tap pa alla Vuelta 2021, all’arrivo in salita di Pico Villuercas.

Vine non ha però dimenticato l’amore per le competizioni virtuali, quelle che lo hanno effettivamente lanciato nel grande ciclismo.

Sui rulli, Jay, aveva iniziato ad allenarsi con maggiore frequenza già prima del lockdown imposto dalla pandemia. L’ondata di incendi boschivi in Australia, infatti, aveva portato molti cicli sti a evitare le pedalate all’aperto: «Dieci minuti fuori equivalevano a fumare tre sigarette», ha ricordato l’australiano.

Così a febbraio scorso ha partecipato alla se conda edizione del mondiale Uci di Esports, laureandosi campione del mondo di e-cycling alla vigilia di un’intensa stagione su strada. Pedalata dopo pedalata, Jay ha imparato a muoversi meglio in gruppo e a cadere meno (almeno fino a... no, niente spoiler, pardon!), e intanto ha continuato a ottenere buono risultati grazie al suo “passo” agile e al con tempo potente. La maglia di miglior scalatore all’Etoile de Bessèges, i successi finali sfio rati al Giro di Turchia e al Giro di Norvegia hanno reso una pura formalità la sua seconda convocazione per la Vuelta.

Fiducia ripagata, in grande stile, con il suo primo successo da professionista (e in un grande giro), la memorabile cavalcata sulla salita finale della sesta tappa, da Bilbao a Pico Jano. “Mi sembra tutto irreale. Ho mancato la fuga nei primi 5 km a causa di una fora tura. È veramente pazzesco. È un sogno che diventa realtà dopo aver lavorato tantissimo in questi ultimi due anni” le sue parole dopo l’impresa. Due giorni dopo il bis, nell’ottava frazione con arrivo a Collau Fancuaya, dopo sei gran premi della montagna. Una tappa che ha permesso a Vine di consolidare il suo primato nella classifica degli scalatori. «È incredibile quello che sta succedendo – ha dichiarato un entusiasta Vine - e quando è arrivata la prima vittoria, il primo pensiero è stato per mia moglie, che in questi anni ha fatto tanti sacrifici per me. Penso di aver ri pagato tutti i suoi sforzi».

Quando sembrava - sorprendentemente ma con merito - lanciato verso la conquista della maglia a pois, che come al Tour de Fran ce è l’icona del miglior grimpeur, Jay Vine ha dovuto fare i conti con il poco lieto fine della sua favola. O almeno del capitolo relativo alla Vuelta a Espana 2022. L’australiano della Al pecin-Deceuninck è infatti rimasto coinvolto in una maxi-caduta nelle prime fasi della di ciottesima tappa, da Trujillo all’Alto del Pior nal, e sin dagli istanti successivi al capitombo lo si è capito che per lui sarebbe stato difficile continuare.

Un finale amaro dopo una Vuelta dolce. Una torta senza ciliegina. Ma il romanzo di Jay Vine, c’è da giurarci, ha solide chance di arricchirsi di nuovi, grandi capitoli. Non più sui rulli, ma strade vere e davanti ai migliori scalatori del pianeta.

nobeastsofierce/shutterstock.com
66 GdB | Settembre 2022 Sport
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BONIFICHE

SITI INQUINANTI

DEI
E DANNO AMBIENTALE Luglio-dicembre 2022 Corso Fad www.onb.it

QUELLI CHE NON RIPOSANO MAI: IÑAKI WILLIAMS E GLI STAKANOVISTI DEL CALCIO

I numeri da record dell’attaccante basco di origine ghanese (239 partite consecutive in campionato) e le storie di chi, nei più importanti tornei nazionali europei, ha fatto meglio di lui

Non per i due gol in cinque partite, una media normale per chi gioca a calcio da centravanti. E non sol tanto per la singolare vicenda del la convocazione contemporanea, per lui e il fratello, in due diverse nazionali di calcio: il Ghana e la Spagna. No: a far parla re di Iñaki Williams, nell’ultimo mese, è stato soprattutto una banale e comunissima distor sione alla caviglia, che ha però rischiato di in terrompere un primato molto meno consueto. Duecentotrentasei partite - 236 - consecutive in campo nella Liga, il massimo campionato spagnolo di calcio, senza che né infortuni né squalifiche potessero interrompere l’attività del solito e corretto calciatore basco d’origine ghanese. Che, intanto, è arrivato a quota 239, battendo anche l’infortunio.

Presente in ogni impegno di campionato dell’Athletic Bilbano a partire dall’aprile 2016, Williams è uscito malconcio dal campo duran te il match sul campo del Cadice, dopo aver segnato il primo dei quattro gol dei Colcho neros. Chiaramente, visto il primato aperto, a fare notizia è stata più la distorsione che il gol: chissà se Iñaki ha ripensato a tutte le volte che ha “dribblato” squalifiche, infortuni e cali di forma per portare avanti il suo record o se in effetti tutto è maturato in maniera naturale. Un primato davvero notevole, se si pensa che il precedente nella Liga spagnola era stato sta bilito da Juanan Larranaga: 202 partite fra San Sebastian e Real Sociedad, fra gli anni ‘80 e ‘90.

Di fatto, comunque, Williams ha stretto i denti ed è riuscito a rimettersi in tempo per la sfida del 4 settembre con l’Espanyol, unica squadra capace di battere l’Athletic, a domi cilio, in questo avvio di stagione. Con il Rayo Vallecano, Iñaki è anche tornato al gol, festeg giando poi la rete del più giovane fratello Nico, altro nazionale. Uno l’ha rimessa in piedi, dopo lo svantaggio iniziale. L’altro l’ha chiusa, prima dell’illusoria rete del 3-2 dei castigliani.

Williams senior è fra i calciatori di movi mento più “stakanovisti” della storia, ben ol tre i primatisti della Serie A che rispondono al nome di Javier Zanetti (137 partite) e Fran cesco Acerbi (126), mentre fra i portieri del massimo campionato italiano il recordman di presenze consecutive appartiene a Gianluca Pagliuca (207), davanti a “Gigio Donnarum ma” (136).

Mito assoluto, in tal senso, è l’ex portiere tedesco Sepp Maier, una carriera dedicata al Bayern Monaco e alla sua nazionale e un contri buto importante allo sviluppo dei primi guanti da portiere, quasi 50 anni fa. Maier debuttò in Bundesliga nella stagione 1965-66 e da allora ha disputato 473 partite, di cui 422 consecu tive fino al 1979, anno in cui un incidente au tomobilistico ha posto fine alla sua carriera da portiere. Se il nome vi dice qualcosa, non state sbagliando: ne prese quattro dall’Italia nella “Partita del Secolo” a Mexico 1970. Ma si è ampiamente riscattato vincendo l’Europeo del ’72 e i Mondiali casalinghi due anni più tardi.

68 GdB | Settembre 2022
Sport

Dietro di lui, nella “Serie A” tedesca, spic ca il nome di Heinz Simmet, stella del Colonia con cui ha vinto tre coppe di Germania e una Bundesliga, nel 1978. L’anno precedente si era interrotta la sua ammirevole striscia di partite consecutive in campo, ben 259: niente male, per un atleta che ha fatto l’altalena fra attacco e centrocampo. Tedesco è anche Manfred Binz, libero, 246 volte di fila a “gettone”: è lui il pros simo obiettivo di Iñaki Williams fra i calciato ri di movimento. Simmet e Binz sono gli unici due “non portieri” che precedono Williams nella speciale classifica della continuità agoni stica, nei cinque principali campionati europei. È stato un portiere, infatti, Brad Friedel che ha collezionato 310 presenze consecutive nella Premier League inglese fra il 2004 e il 2012, con le maglie di Blackburn, Aston Villa e Tottenham. Stanunitense di Lakewood, nell’Ohio, è stato un esempio di professionalità e di longevità, se si considera che il suo record si è fermato quan do di anni ne aveva ben 41. Eloquente presagio, in tal senso, era stato l’arrivo di Hugo Lloris nell’estate del 2012. Pur giocando comunque numerosi match di Premier League, complice l’infortunio del collega francese, Friedel ha det to addio al suo record il 7 ottobre di quell’anno, finendo in panchina contro l’Aston Villa.

Il portiere tedesco Sepp Maier in azione, negli anni Settanta, con il campione olandese, Johan Cruijff.

Mito assoluto, in tal senso, è l’ex portiere tedesco Sepp Maier, una carriera dedicata al Bayern Monaco e alla sua nazionale. Maier debuttò in Bundesliga nella stagione 1965-66 e da allora ha disputato 473 partite, di cui 422 consecutive fino al 1979, anno in cui un incidente automobilistico ha posto fine alla sua carriera da portiere.

Portieri sono stati anche Fabien Cool e Dominique Baratelli, i due portieri record man della Ligue1, in Francia. Cool è l’incar nazione della nostalgia per un calcio che non c’è più: se si eccettua un prestito al Gueugnon all’età di 21 anni (con 2 presenze), il portiere di L’Isle-Adam ha militato per l’intera carriera nell’Auxerre. Diventato titolare con il passag gio di Lionel Charbonnier ai Rangers, Fabien è stato un autentico stakanovista, difendendo la porta dei borgognoni per 307 partite di fila, fino al 2006. E togliendosi anche qualche sod disfazione: nel 2003 ha battuto nella finale di Coppa di Francia il Psg di Ronaldinho e Po chettino, due anni dopo si è ripetuto con il Sedan.

Il nizzardo Dominique Baratelli detiene il secondo e il terzo “score” di presenze conse cutive nel massimo campionato francese, allora Division 1. Fra il 1970 e il 1977 è sceso in cam po per 273 match, prima con l’Ajaccio e poi col Nizza. Nel 1978 è passato al Paris Saint-Ger main giocando per 236 volte senza mai riposa re fino al 1985, a quasi 38 anni. Chi seguiva già il calcio negli anni Ottanta, lo ricorderà oppo sto alla Juventus, negli ottavi della Coppa delle Coppe 1983-1984, che i bianconeri avrebbero poi vinto battendo in finale il Porto. (A. P.)

© Christian Bertrand/shutterstock.com Iñaki Williams.
69GdB | Settembre 2022
Sport

TITA & BANTI, CAMPIONI DELLA VELA OLIMPICA

Dopo il successo di Tokyo 2020, lo scorso anno, Ruggero e Caterina sono rimasti imbattuti e questa estate hanno trionfato sia all’Europeo sia al Mondiale

zo posto. Questione di tempo: il 2018 ha restituito a Tita e Banti il sogno solo accarezzato l’anno prima, ovvero il tito lo mondiale – nella cara Aarhus – che ha fatto il paio con il secondo alloro conti nentale, vinto a Gydia.

A Tokyo i due campioni azzurri sono balzati subito in testa vincendo la prima regata, hanno rinsaldato la leadership con tre successi nelle prime sei, per poi arrivare alla Medal Race - dopo 12 regate - con la certezza di vincere almeno l’ar gento. È bastato, poi, un sesto posto per controllare il vantaggio sugli inglesi John Gimson e Anna Burnet e riportare un oro olimpico all’Italia a vent’anni dall’im presa di Alessandra Sensini a Sidney.

La consacrazione olimpica non ha placato la fame di successi dei due az zurri, lui tesserato per le Fiamme Gialle e lei per il Circolo Aniene. Eccome. Dal Trofeo Princesa Sofia a Maiorca alla Kie ler Woche in Germania, passando per la Semaine di Hyeres in Francia, non c’è gara di Nacra 17 che non li abbia visti guardare tutti dall’alto in basso, sia nella classifica finale e sia (quasi sempre) nelle singole regate.

Alle Olimpiadi di Tokyo han no sbaragliato l’intera flotta di avversari. Poi ci hanno preso gusto e hanno con tinuato a farlo. A guardar bene, però, Ruggero Tita e Caterina Banti una gara nella classe Nacra 17 non la perdono da due anni e mezzo. L’Eu ropeo intascato ad Aarhus (Danimarca) lo scorso luglio e il Mondiale dominato all’inizio di questo mese a Halifax, in Nuova Scozia (Canada) hanno solo certi ficato lo strapotere tecnico dei “campio ni di tutto”.

Parliamo di vela, naturalmente, e del la classe olimpica che ha preso il nome dal nome del catamarano ad alte presta

zioni, progettato ad hoc per un equipag gio misto timoniere-prodiere.

Ruggero Tita ha iniziato a brillare sin dagli esordi da adolescente. Nel 2016, dopo le Olimpiadi di Rio de Janeiro, Tita ha sperimentato la novità Nacra 17 con a prua la romana Caterina Banti, classe 1987. Un connubio rivelatosi subito pro mettente, con il terzo posto al Campio nato italiano classi olimpiche, “benedi zione” ufficiale sulla campagna olimpica per Tokyo 2020. I risultati a livello inter nazionale hanno subito premiato la scel ta; dopo l’oro all’Europeo 2017 di Kiel, Ruggero e Caterina hanno visto sfumare il titolo iridato a La Grande Motte solo nell’ultima giornata, concludendo al ter

Lo scorso luglio, all’Europeo di Aarhus, su 15 prove complessive Banti e Tita hanno ottenuto 9 vittorie, 5 secondi e un ottavo posto, scartato alla fine da regolamento. Titolo vinto con due regate d’anticipo e alla fine un vantaggio mon stre sui neozelandesi Wilkinson e Daw son (la partecipazione è ammessa anche a equipaggi extraeuropei) e sui finlandesi Kurtbay e Keskien. Poi, vacanze? Niente affatto. Tita e Banti sono andati a provare il campo di regata di Parigi 2024 e poi ad allenarsi sul lago di Garda, in vista del Mondiale di inizio settembre.

Anche la competizione iridata, però, si è rivelata una passeggiata. Sull’acqua, va’, che è un po’ più difficile. Tita e Banti hanno certificato ancora una volta la loro classe, bissando il titolo del 2018 con 13 vittorie nelle prime 14 regate. Alle loro spalle ci sono già gli eredi: Gianluigi Ugo lini e Maria Giubilei, argento assoluto, ma anche Vittorio Bissaro e Maelle Frascari, vincitori dell’ultima prova. La scia dei “campioni di tutto” è azzurra. (A. P.)

Fonte: Coni Ruggiero Tita e Caterina Banti.
70 GdB | Settembre 2022
Sport

Yannick Noah, leggenda del tennis, lo ha definito musica classica. Per Matteo Berret tini è stato il motivo per cui ha iniziato a impugnare una racchetta. Per Rafa Nadal, invece, è stato un eterno rivale e un grande amico. Fatto sta che c’era lui, Rafa, accanto a Roger Federer, nell’ultima partita della carriera del Mozart della racchetta. Quella persa per due set a uno, con gli statunitensi Jack Sock e Frances Tiafoe in un doppio di quella Laver Cup che oppone il Team Europa al Team Mondo. È finita così, almeno sul campo. Di fatto, però, non finirà mai. Perché come accade a tutti gli artisti, specie ai più grandi, le opere di Roger Federer continueranno a essere guardate, riguardate, ammirate su ogni supporto video presente e futuro, oltre che sul web.

Alla O2 Arena di Londra, gremita da ventimila spettatori, l’ultimo canto del “divo” Roger è stato un canto triste, mi nato da un anno di inattività. Il post-par tita ha regalato momenti da consegnare alla storia dello sport e da mostrare ai ra gazzi: lui e Nadal, rivali di una vita, mano nella mano in lacrime. La loro mano “de bole”, tecnicamente parlando, quasi una metafora in quel momento che ha visto venir fuori la fragilità emotiva degli uo mini.

A lasciare il tennis non è stato il tenni sta più vincente di sempre. Perché con i suoi 103 tornei portati a casa è il secondo di sempre, così come è secondo (dietro Djokovic) per numero di settimane to tali, 310, in testa al ranking ATP. E con 20 vittorie nei tornei del Grande Slam, i più importanti e prestigiosi, è “solo” ter zo alle spalle di Novak Djokovic e Rafael Nadal. Restano suoi, per ora, il primato di settimane consecutive da numero uno della classifica ATP, ben 237 (tra il feb braio 2004 e l’agosto 2008) e quello di atleta meno giovane diventato numero 1, a oltre 36 anni.

Non è stato il tennista più vincente della storia, Roger. Ma sicuramente è sta to il più amato, a tratti idolatrato. Per il suo giocare in maniera differente, per il suo essere continuo stimolo agli avver

IL RITIRO DI RE ROGER IL PIÙ GRANDE DI SEMPRE?

Federer chiude la sua infinita carriera nel tennis giocato a 41 anni, con 20 vittorie nei tornei del Grande Slam e la sensazione che sia stato il più amato dal pubblico

sari. E per la sua sensibilità da artista, come i suoi colpi eleganti. Già: proprio la ricercatezza delle sue giocate e la natu ralezza con cui il talento si esprimeva, nel contesto di un tennis moderno musco lare e agonistico, hanno fatto di Federer qualcosa di meravigliosamente diverso e amato. Una delle più grandi espressioni del tennis, se non la più grande.

Un’epifania del Bello che si è mani festata, ora brillando ora abbagliando, in gran parte delle oltre mille partite giocate da Federer. E nei giorni scorsi i tanti esperti, appassionati di tennis, fan del Mito si sono prodotti in svariate clas sifiche dei suoi colpi migliori e delle sue partite migliori. Dalla finale di Wimble

don 2003, con il suo primo titolo Grand Slam, all’oro nel doppio ai Giochi di Pechino nel 2008, anno dell’epica fina le-maratona a Wimbledon, vinta da Na dal in 4 ore e 48 minuti e considerata la più grande partita di tennis di tutti i tem pi. Dalla finale dell’unico Rolang Garros vinto in carriera, nel 2009, che ne ha fatto il sesto uomo a vincere tutti e quattro i Grand Slam, al suo ottavo Wimbledon, nel 2018, fino all’Australian Open di due anni fa, ultimo trionfo nel Grand Slam. Sono solo alcuni dei momenti che lo han no reso Federer “King Roger” e “The Swiss Maestro”: una leggenda con cui è stato un piacere condividere oltre cinque lustri di bellezza. (A. P.)

Rogerer Federer. © Leonard Zhukovsky/shutterstock.com
71GdB | Settembre 2022
Sport

CONCORSI PUBBLICI

PER BIOLOGI

ENTE DI GESTIONE PER I PARCHI E LA BIODIVERSITÀ ROMAGNA DI RIOLO TERMECO Scadenza, 2 ottobre 2022

Concorso pubblico, per esami, per la copertura di un posto di istruttore direttivo tecnico - profilo naturalista, categoria D, a tempo pieno ed inde terminato, riservato ai volontari del le Forze armate. (Gazzetta Ufficiale n.70 del 02-09-2022).

AZIENDA OSPEDALIERA OSPEDALI RIUNITI VILLA SO FIA - CERVELLO DI PALERMO Scadenza, 6 ottobre 2022

Mobilità volontaria, per titoli e colloquio, per la copertura di un po sto di dirigente biologo, specialista in genetica medica, a tempo indetermi nato e pieno. (Gazzetta Ufficiale n.71 del 06-09-2022).

AZIENDA OSPEDALIERA “S. CROCE E CARLE” DI CUNEO Scadenza, 6 ottobre 2022

Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di dirigente biologo, disciplina di microbiologia e virologia. (Gazzetta Ufficiale n.71 del 06-09-2022).

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO PER L’ENDOCRINOLOGIA E L’ONCOLOGIA “GAETANO SAL VATORE” DI NAPOLI

Scadenza, 3 ottobre 2022

È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di n. 1 borsa di studio per laureati, per ricerche inerenti l’Area scientifica

“Scienze Biomediche” da usufruirsi presso l’Istituto per l’Endocrinologia e l’Oncologia Sperimentale del CNR di Napoli, nell’ambito del Progetto di Ricerca: “SerGenCOVID-19 (Se rum Genetic Covid-19) Indagine sie rologica e genetica sull’immunità e la suscettibilità all’infezione da SARSCoV-2 e creazione di una biobanca”. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”.

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO DI RICERCA SULLE ACQUE DI BARI

Scadenza, 5 ottobre 2022

È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferi mento di n. 2 Assegni professiona lizzanti per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze della terra e dell’ambiente” da svolgersi presso l’Istituto di Ricer ca Sulle Acque del CNR – Sede Se condaria di Bari che effettua ricerca nell’ambito dei programmi di ricerca nel settore della tutela dell’ambiente e delle acque per la seguente temati ca: “Sviluppo di metodi biomoleco lari e chimici per la valutazione della qualità delle matrici acqua e suolo relativamente a contaminanti am bientali per soluzioni Nature-Based. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”.

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO PER L’ENDOCRINOLOGIA E L’ONCOLOGIA “GAETANO SAL VATORE” DI NAPOLI Scadenza, 6 ottobre 2022

È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di n. 1 borsa di studio per laureati, per ricerche inerenti l’Area scientifica “Scienze Biomediche” da usufruirsi presso l’Istituto per l’Endocrinologia e l’Oncologia Sperimentale del CNR di Napoli, nell’ambito del Progetto finanziato: “Monitoring the thera peutic effects of ECP: the immunu nosuppressive role of FoxP3-Exon2+ Treg cells in heart transplantation”. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”.

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO DI FISIOLOGIA CLINICA DI PISA

Scadenza, 9 ottobre 2022 É indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferi mento di n. 1 Assegno Professiona lizzante per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze Biomediche” da svolgersi presso l’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR che effettua ricerca scien tifica nell’ambito dell’epidemiologia delle anomalie congenite e delle ma lattie rare attraverso il programma di ricerca Progetto H2020 ConceP TION, in particolare per le seguenti tematiche: “Validazione dei dati di esposizione contenuti nei registri del le anomalie congenite tramite linkage tra i dati dei registri e i database delle prescrizioni farmaceutiche in gravi danza. Confronto dell’accuratezza delle informazioni contenute nei re gistri delle anomalie congenite rispet to ai database delle prescrizioni, per

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Lavoro

specifiche anomalie congenite. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”.

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO DI TECNOLOGIE BIOMEDICHE DI MILANO

Scadenza, 10 ottobre 2022

È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferi mento di n. 1 Assegno Professiona lizzante per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze Biomediche” da svolgersi presso l’Area di Ricerca del CNR di Milano 4 - Istituto di Tecnologie Bio mediche (ITB), sulla seguente tema tica di ricerca: validazione e utilizzo

di tool computazionali e loro applica zione per l’analisi di dati omici (Ge nomici, Metabolomici e Proteomici), in relazione al OR2 - Portale per l’ac cesso degli utenti ai servizi dell’infra struttura ELIXIR. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”.

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO DI RICERCA SULLE ACQUE DI BARI

Scadenza, 22 ottobre 2022 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferi mento di n. 2 assegni professionaliz zanti per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze della terra e dell’ambien

te” da svolgersi presso l’Istituto di Ricerca Sulle Acque del CNR – Sede Secondaria di Bari che effettua ri cerca nell’ambito dei progetti di ri cerca: FILWARE, PAVITRA GAN GA, EUIP, PRIN, WATER4ALL e AGRARSENSE, per la seguente te matica: “Ricerca sperimentale sulle tecnologie per il trattamento di acque reflue anche a scopo di riuso degli ef fluenti; gestione di impianti in scala da laboratorio e pilota, caratterizza zioni mediante analisi chimico-fisi che e microbiologiche, elaborazione di dati sperimentali, sintesi critica dei risultati e collaborazione alla redazio ne di rapporti e articoli scientifici”. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”.

73GdB | Settembre 2022
Lavoro

Macroinvertebrati bentonici come indicatori di inquinamento

La tutela delle acque, che siano esse salate o dolci, costiere o fluviali, è infatti indispensabile tanto per l’equilibrio ecosistemico quanto per le attività umane

L’

inquinamento dell’ecosistema marino è or mai una realtà amaramente tangibile, che sta interessando la società a più livelli, dal sin golo individuo a intere nazioni. La proble matica è così urgente da diventare centrale anche nei piani politici a scala comunitaria. Non a caso, contrastare l’inquinamento dell’ambiente è una priorità a livello europeo: con il Patto Verde (Green Deal) l’Eu ropa mira a ridurre entro il 2030 e almeno del 55% le emissioni nette di CO2 (rispetto ai valori del 1990) e raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Tra le diverse strategie per perseguire questi obiettivi, il Pat to Verde europeo ne include diverse che sono dedicate all’ambiente acquatico [1].

La tutela delle acque, che siano esse salate o dolci, costiere o fluviali, è infatti indispensabile tanto per l’e quilibrio ecosistemico quanto per le attività umane. In particolare, le acque marine sono state tradizionalmente e largamente usate dall’uomo per un’ampia gamma di attività, dalla pesca al turismo, dal trasporto agli scari chi agricoli e urbani. Attualmente ci sono anche nuove attività legate all’ambiente marino, che competono fisi camente con quelle tradizionali: è il caso, ad esempio, dell’estrazione di minerali e l’implementazione di ener gie rinnovabili, che si contendono le acque con attivi tà più “antiche” come la pesca. Tutte queste pratiche hanno aumentato l’impatto dell’uomo sull’ecosistema marino, peggiorandone sensibilmente lo stato di conser vazione [2].

L’effetto delle attività umane sull’ecosistema marino è ben documentato e, per quanto riguarda l’Europa, gli ultimi dati si riferiscono al rapporto dell’Unione Euro

* Assegnista di ricerca presso IRBIM-CNR, collaboratrice di Bio

Pills: il vostro portale scientifico.

pea del giugno 2020. Da tale rapporto emerge che, seb bene si sia giunti a una riduzione dei contaminanti, c’è stato un maggiore accumulo di plastica sia nell’ambiente che negli animali marini (a seguito di ingestione). No nostante lo sforzo di pesca sia diminuito nell’Atlantico Nord-Orientale, circa il 79% dei fondali marini europei è fisicamente disturbato, principalmente a causa della pesca a strascico. Inoltre, il 46% delle acque costiere europee è ancora soggetto a un’intensa eutrofizzazione.

La nuova Strategia sulla Biodiversità per il 2030, adottata dall’ UE nel maggio 2020, mira a rafforzare la protezione degli ecosistemi marini e a ripristinarli per raggiungere un buono stato ambientale (GES – Good Environmental Status). Echeggia quindi l’obiettivo della Marine Strategy Framework Directive (MSFD), anche attraverso l’espansione delle aree protette e l’adozione di un approccio ecosistemico alla gestione delle attivi tà umane in mare. Ciò significa contrastare le pratiche che danneggiano i fondali marini, affrontare il proble ma della sovrapesca ed eliminare le catture accessorie, al fine di proteggere gli organismi in via di estinzione o in pericolo [3].

Per raggiungere obiettivi tanto ambiziosi, si è reso necessario definire dei parametri che permettessero di uniformare la descrizione di “buono stato ambientale”. In accordo alla MSFD si ricorre in particolare all’utiliz zo di 11 descrittori (come biodiversità, reti trofiche e contaminanti), a cui sono associati specifici criteri (cioè caratteristiche tecniche distintive strettamente collegate ai descrittori stessi), delineabili a loro volta attraverso degli indicatori [4]. Ad esempio, per il descrittore della biodiversità si valutano i criteri di distribuzione delle specie, taglia e condizioni della popolazione e distribu zione e condizioni dell’habitat. I criteri sono a loro volta descritti tramite gli indicatori.

L’analisi degli indicatori rappresenta quindi la cor nice per definire il quadro dello stato ambientale, nelle

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Scienze

sue diverse sfumature, grazie a un approccio ecologico. L’indicatore ecologico è un parametro (fisico, chimico o biologico) in stretta relazione con un fenomeno o un carattere ambientale di cui è in grado di riassumere gli aspetti più importanti. Molto diffuso è anche l’utilizzo di indici ecologici che, invece, sono la rappresentazione funzionale o integrata di uno o più indicatori. Le norma tive europee in materia di ambiente prevedono l’utilizzo di più indici biologici a livello di comunità per valutare lo stato ecologico complessivo di un dato ambiente.

Il macrozoobenthos come indicatore

Per macrozoobenthos (o macroinvertebrati bentoni ci) si intende un gruppo ecologico di animali inverte brati che vivono sul fondale dei corpi idrici. All’interno di questo gruppo rientrano ad esempio numerosi cro stacei, molluschi e anellidi. Un’elevata biodiversità, stili di alimentazione diversificati, cicli vitali lunghi e scarsa mobilità rendono il macrozoobenthos un utile bioin dicatore. Molti studi hanno dimostrato il ruolo fonda mentale del macrobenthos nei vari processi ambientali, poiché possiede delle dinamiche biologiche più o meno note, costituisce una memoria biologica capace di inte grare nel tempo eventi distinti [5] e risponde in manie ra relativamente rapida alle pressioni antropiche e agli stress naturali [6].

Infatti, diversi indici ambien tali sono basati proprio sulla comunità macrozoobentonica marina [6], sulla sua diversità, abbondanza e biomassa. Alcuni di questi permettono ad esempio di valutare l’impatto dell’arric chimento organico [7], mentre altri l’input di metalli pesanti in termini di inquinamento da por ti ed efflussi industriali [8].

Macrobenthos e analisi di diver sità I cambiamenti della struttura delle comunità bentoniche pos sono essere predicibili, come suggerito dal modello di Pear son & Rosenberg [5]: se sogget te a perturbazione, le comunità bentoniche possono infatti mo strare una diminuzione generale della taglia media, con l’infauna (animali che vivono all’inter no del substrato) che occupa la porzione più superficiale del sedimento [8]. Rispetto alla di stribuzione verticale del macrozoobenthos, Pearson & Rosenberg [5] affermano che i detritivori (deposit fe eders) sub-superficiali diventano dominanti nelle aree che presentano arricchimento organico, mentre Rho ads & Boyer [9] suggeriscono che l’arricchimento de termina la dominanza delle specie che si nutrono sulla superficie del sedimento (ad esempio, entro i primi 2 cm di sedimento). Weston [7] riporta una disparità tra il livello di arricchimento organico e gli indici biologi ci, suggerendo che i trend della fauna riflettono effetti integrati di diversi fattori ambientali. Gli eccessivi ar ricchimenti organici possono, ad esempio, essere sotto lineati dall’aumento di specie indicatrici, ampiamente descritte in letteratura, come il polichete Capitella ca pitata (Fabricius, 1780). Più in generale, un impatto di tale tipo, porta a un incremento numerico delle specie R-strateghe, cioè quelle opportuniste o pioniere, di pic cole dimensioni, a discapito di quelle K-strateghe, che invece diminuiscono poiché richiedono condizioni am bientali più stabili e vengono pertanto definite “specie esigenti”. Come riportato da Simboura et al. (1995) [8] la struttura della comunità bentonica permette inoltre di identificare un gradiente dell’inquinamento che col pisce un’area.

Gli indicatori bentonici, come la diversità specifica, l’abbondanza e i taxa chiave, possono essere combinati

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in indici multimetrici al fine di distinguere tra impatto e comunità bentonica di riferimento [10]. Questa è una doverosa considerazione poiché la comunità del macro benthos è caratterizzata da una notevole variabilità spa ziale e temporale, dettata da molteplici fattori sia biotici che abiotici (come idrodinamismo e granulometria del substrato) [11]. Per poter distinguere se i cambiamen ti della composizione in specie e nell’abbondanza sono determinati da una contaminazione, o da altri fattori, bi sogna identificare la comunità di riferimento. Una volta identificata, le differenze possono evidenziare la presen za di contaminanti nei sedimenti.

Gli indici ecologici maggiormente utilizzati per de scrivere il macrobenthos sono: l’AMBI (AZTI Marine Biotic Index), dedicato allo studio del macrobenthos di fondi molli [10]; l’indice di diversità di Shannon–Wie ner per stimare la diversità delle specie presenti in una comunità; la ricchezza di specie di Margalef; l’indice di equiripartizione (evenness) di Pielou, utile a valutare la distribuzione degli individui entro le diverse specie

Macrobenthos e reti trofiche

Le deduzioni riguardanti lo stato ambientale a partire dall’analisi del macrobenthos non sono solo legate alla biodiversità. Il macrobenthos, opportunamente studiato, fornisce infatti anche informazioni sulla struttura trofica della comunità di un dato ambiente e quindi sullo status

di conservazione dell’ambien te stesso. Le informazioni sul le reti trofiche rappresentano uno strumento utile per ca pire quale sia lo stato trofico dell’ecosistema in analisi. La loro analisi permette infat ti di capire la struttura della comunità e le funzioni ecosi stemiche che sono alla base degli scambi di materia tra or ganismi e l’ambiente esterno. Questo va a definire un’im magine integrata nel tempo di quelle che sono le relazioni tra gli organismi e i flussi di energia e materia all’interno dell’ecosistema [12].

Osservando le categorie trofiche di appartenenza dei vari taxa in un habitat e de finendo la struttura stessa delle reti trofiche, si pos sono dedurre informazioni sullo stato di salute di un ecosistema, poiché in caso di presenza di un impatto si possono osservare cambiamenti sia a livello della composizione della comunità che rispetto all’intera struttura trofica [13]. La categoria trofica di qualsi asi organismo animale può essere definita come l’in sieme di relazioni che esistono tra le caratteristiche delle particelle di cibo e le modalità di alimentazione dell’animale. Si deve altresì considerare l’efficacia nel procurarsi il cibo nonché l’efficienza digestiva e as similatoria e la quantità di alimento richiesta per la

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sopravvivenza e riproduzione della specie.

L’organizzazione trofica di diversi ambienti marini, in particolare quelli di fondo molle, risulta importante nel regolare la distribuzione degli organismi e dipende da molti fattori, come la granulometria, il contenuto di ma teria organica nel sedimento [14], la presenza di disturbi ambientali e di stress, le condizioni idrodinamiche [13]. Da queste caratteristiche delle reti trofiche risulta dun que chiaro come il macrobenthos possa essere un utile indicatore sullo stato di salute di un ambiente acquati co. Inoltre, va considerato anche che la struttura trofica dei popolamenti può rimanere costante al variare della composizione in specie [15]. Di conseguenza, la rispo sta collettiva dei gruppi trofici a cambiamenti ambientali è probabilmente più indicativa della risposta dell’intera comunità piuttosto che della singola specie. Per darne un concreto esempio, le comunità dei fondi molli marini sono solitamente rappresentate da diversi gruppi trofici (filtratori, detritivori, predatori o carnivori). In caso di impatto antropico, ad esempio eutrofizzazione, si può notare l’aumento dell’abbondanza di organismi detriti vori e necrofagi (scavenger) e una parallela diminuzione dei filtratori. Questo accade perché in caso di arricchi mento organico, i filtratori risentono della diversa com posizione sedimentaria che interferisce con il loro com portamento alimentare, mentre i detritivori (solitamente specie opportuniste) ne sono avvantaggiati. Ne consegue un impoverimento della rete trofica che porta alla dimi nuzione dei predatori, solitamente rappresentati da spe cie K-strateghe. Un aumento delle comunità di carnivori è infatti associato a un miglioramento della struttura di comunità e della qualità ambientale [16].

Al fine di raccogliere e ricostruire informazioni sul le reti trofiche, negli ultimi anni è stata focalizzata l’at tenzione sull’analisi degli isotopi stabili (Stable Isotope Analysis, SIA), con la quale si analizza il contenuto e la concentrazione degli isotopi di carbonio e azoto nei tes suti degli organismi in funzione di quello di cui si nutro no [17]. In tal modo, è possibile collocare un organismo nel livello trofico di appartenenza. L’analisi degli isotopi stabili permette di discriminare l’origine della materia organica, marina o terrestre [18] e valutare, ad esempio, eventuali disturbi dovuti all’arricchimento organico.

Conclusione

Si può concludere che il macrobenthos risulta esse re un indicatore efficace e versatile per stabilire lo stato degli ambienti marini. Grazie alle caratteristiche di stan zialità, gli organismi fungono da memoria biologica del disturbo antropico, rendendo lo studio di tali comunità utile per l’analisi di diversi tipi di impatto, dalla presen za di arricchimenti organici all’analisi degli inquinanti di interesse emergente.

Bibliografia

1. European Commission – Green Deal.

2. Ban N, Alder J. How wild is the ocean? Assessing the intensity of anthropogenic marine activities in British Columbia, Canada. Aquat Conserv 2008; 18: 55-85.

3. European Commission – Biodiversity strategy for 2030.

4. Borja A, Elliott M, Andersen JH, et al. Good Environmental Sta tus of marine ecosystems: What is it and how do we know when we have attained it?. Mar Pollut Bull 2013; 76(1-2):16-27.

5. Pearson TH and Rosenberg R. Macrobenthic succession in relation to organic enrichment and pollution of the marine envi ronment. Oceanogr Mar Biol Ann Rev 1978; 16:229-311.

6. Warwick RM and Clarke KR. A comparison of methods for analysing changes in benthic community structure. J Mar Biolog Assoc UK 1991; 71(1): 225–244.

7. Weston DP. Quantitative examination of macrobenthic com munity changes along an organic enrichment gradient. Mar Ecol Prog Ser 1990; 61(3): 233-244.

8. Simboura N, Zenetos A, Panayotidis P, et al. Changes of benthic community structure along an environmental pollution gradient. Mar Pollut Bull 1995; 30(7): 470-474.

9. Rhoads DC and Boyer LF. The effects of marine benthos on physical properties of sediments: a successional perspective. In: McCall PL, Tevesz M. (Eds), Animal-Sediment Relations. Sprin ger, Boston, MA, 1982; pp.3-52.

10. Borja A, Franco J, Pérez V. A marine biothic index to establish the ecological quality of soft-bottom benthos within European estuarine and coastal environments. Mar Pollut Bull 2000; 40(12): 1100-1114.

11. Occhipinti-Ambrogi A, Savini D, Forni G. Macrobenthos com munity structural changes off Cesenatico coast (Emilia Romagna, Northern Adriatic), a six-year monitoring programme. Sci Total Environ 2005; 353(1-3): 317-328.

12. Fry B and Sherr EB (1988). 13C measurements as indica tors of carbon flow in marine and freshwater ecosystems. Stable Isotopes in Ecological Research. Springer, New York, NY, 1989; pp.196–229.

13. Probert PK. Disturbance, sediment stability, and trophic structure of soft-bottom communities. J Mar Res, 1984; 42(4): 893-921.

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Innovazione nella medicina rigenerativa

Tra gli studi se ne segnala uno relativo ad un nuovo trattamento per la ricostruzione del compartimento mediale della caviglia con l’uso combinato di materiali biologici

La medicina rigenerativa sta rivoluzionando il modo di intervenire in vari ambiti. Tra gli studi se ne segnala uno relativo ad un nuovo trattamento per la ricostruzione del compartimento mediale della caviglia con l’uso combinato di materiali bio logici. Lo studio di Marcello Lughi, Alessandro Campagna, Valeria Purpura, Elena Bondioli evidenzia come l’approccio rigenerativo combinato che utilizzi tessuto osseo morseliz zato e DHDM, entrambi infiltrati con PRP omologo in una procedura chirurgica “one-step”, possa essere considerato il primo passo di un nuovo approccio rigenerativo alle proble matiche basato sull’uso della medicina rigenerativa.

Gli autori dello studio ringraziano il dott. Melandri, Di rettore del Burn Center e della Banca Regionale dell’Emilia Romagna, AUSL della Romagna, per aver fornito la matrice dermica umana decellularizzata; il prof. Dallari, Direttore della Musculoskeletal Tissue Bank, dell’Istituto Ortopedi co Rizzoli, AUSL di Bologna, per aver fornito tessuto osseo morselizzato; il prof. Agostini, Direttore del Servizio di Im munoematologia e Unità Operativa di Medicina Trasfusio nale, AUSL della Romagna, per aver fornito PRP omologa; il dott. Bazzocchi, radiologo dell’Ospedale Morgagni, AUSL della Romagna, per aver fornito studi di follow-up MRI. “Le fratture, specie se articolari e periarticolari,” spiegano gli autori dello studio,” sono frequentemente associate a esiti invalidanti funzionali e clinici e dolore cronico. In partico lare, le lesioni con perdita di tessuto osseo, legamentoso e/o tendineo in cui non si ottiene il pieno recupero dell’area del la ferita rappresentano le peggiori condizioni anatomiche/ patologiche da guarire”.

In questo studio, sono stati utilizzati tre diversi materiali biologici come approcci rigenerativi per ricostruire la frat tura del malleolo mediale della caviglia in cui si verifica la perdita di tessuto osseo, legamentoso e tendineo. In partico lare, il tessuto osseo umano morsicato è stato combinato con il derma umano decellularizzato, entrambi aumentati con plasma ricco di piastrine omologo. Lo studio di risonanza

magnetica con contrasto al follow-up ha mostrato un segnale compatibile con la vascolarizzazione del tessuto senza segni di degenerazione. “Il nostro nuovo approccio rigenerativo in cui diversi materiali biologici sono stati combinati insieme”, sottolineano,” ha mostrato una buona scelta di trattamento per la ricostruzione dell’esito non riparabile di una frattu ra”. Il trattamento delle fratture è una sfida per il chirurgo, soprattutto quando si verifica una perdita di tessuto osseo, legamentoso e/o tendineo. Negli ultimi anni l’uso di approc ci di medicina rigenerativa in queste condizioni cliniche è in aumento per la loro capacità ricostruttiva/rigenerativa. Ad oggi, diversi materiali biologici sono distribuiti dalle ban che dei tessuti per la ricostruzione dei tessuti. In particolare, l’efficacia biologica del tessuto muscolare scheletrico e dei suoi derivati dipende dalla loro capacità di promuovere pro prietà osteogeniche, osteoinduttive e osteoconduttive. Altri materiali biologici frequentemente utilizzati da soli come soluzione ricostruttiva/rigenerativa in diverse condizioni cliniche sono le matrici biologiche prive di cellule ottenute dalla decellularizzazione del derma in cui l’integrità struttu rale rimane inalterata. Il plasma ricco di piastrine (PRP), in prevalenza autologo, è inoltre frequentemente utilizzato per potenziare l’azione rigenerativa e il processo di guarigione dell’area lesa.

Lo scopo di questo studio è stato l’utilizzo per la pri ma volta di questi tre materiali biologici combinati insieme come approccio innovativo per il trattamento della stessa lesione non riparabile. Nello studio si valuta un case report ovvero una paziente di sesso femminile di 38 anni, che ha mostrato ai raggi X un malleolo mediale pluriframmentario della caviglia e fratture dell’ileo omolaterale e dei rami ischio pubici a causa di un incidente avvenuto 8 mesi prima della osservazione del team che ha sviluppato questo studio. La lesione era stata trattata in modo conservativo con uno stiva le in gesso non portante per 30 giorni. Dopo questo periodo, la paziente mostrava caviglia secca, nessun dolore e nessuna limitazione nei movimenti, e di conseguenza era stata pre

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scritta una riabilitazione funzionale. Durante la convalescen za, la paziente lamentava dolore costante, impossibilità a so stenere il peso, piede fisso in pronazione, grave limitazione della caviglia e dolore intenso alla palpazione del distretto retromalleolare mediale. La caviglia era apparsa progressi vamente più gonfia soprattutto sul segmento mediale e non erano stati eseguiti test per valutare la caviglia e la lassità sottoastragalica a causa dell’intenso dolore. La tomografia computerizzata (TC) della caviglia aveva evidenziato un’area “simil-cistica” con perdita di tessuto osseo senza un appa rente muro di contenimento a livello della parte posteriore del malleolo mediale e presenza di numerosi frammenti ossei perimalleolari, probabilmente mobili. Ecco perché è stata presa in considerazione l’indicazione chirurgica e sono sta te scelte procedure ricostruttive/rigenerative per trattare la perdita ossea, le lesioni del legamento deltoide e il “dolore” nell’aspetto retromalleolare della caviglia.

L’applicazione clinica di un singolo materiale rigenerativo e il suo utilizzo in combinazione con PRP sono stati descrit ti in precedenza in letteratura scientifica. Tuttavia, il livello di evidenza dei lavori scientifici pubblicati non è ancora co stantemente elevato, quindi i buoni risultati clinici riportati sono ancora di dubbia significatività statistica. In ortopedia

le possibili applicazioni di materiali biologici sono numero se e topograficamente variegate con lo scopo principale di risolvere problemi di perdita di sostanza o di degenerazione tissutale. Pertanto, un aumento della produzione scientifica sul loro utilizzo potrebbe essere molto utile per migliorare i trattamenti in questo campo.

Sono molto interessanti i risultati di questo studio e del caso clinico ivi trattato con tre diversi materiali biologici in cui si era verificata la perdita di tessuto osseo, legamentoso e tendineo degenerativo. E’ la prima volta che tre diversi materiali biologici sono stati combinati insieme per lo stes so paziente, il che sembra essere un approccio innovativo per il trattamento della stessa lesione non riparabile. In par ticolare, hanno ottenuto tessuto osseo morselizzato dalla banca dei tessuti muscolo-scheletrici dell’Istituto Ortopedi co Rizzoli che ha un’elevata esperienza nella produzione di tessuto osseo per scopi ortopedici. Inoltre, è stata utilizzata anche la matrice dermica acellulare sviluppata e distribu ita dalla Banca Regionale della Pelle dell’Emilia Romagna dell’AUSL Romagna. In particolare, la banca dei tessuti cu tanei ha sviluppato un metodo di decellularizzazione bre vettato che viene applicato sul derma umano per produrre uno scaffold privo di cellule del derma che, in precedenza,

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ha mostrato ottimi risultati in diversi campi clinici. Infatti, la capacità del DHDM di mantenere un equilibrio tra integrità strutturale e rimozione della componente cellulare lo ren de adatto a diversi tipi di ricostruzione tissutale. “Abbiamo quindi deciso”, spiegano gli autori dello studio,” di utilizza re il DHDM poiché è in grado di imitare le caratteristiche strutturali e biologiche dei tendini evitando problemi deri vanti dal rigetto. Il PRP ottenuto dal servizio trasfusionale dell’AUSL Romagna è stato utilizzato anche per valorizzare le nostre cure e per promuovere ulteriormente l’efficacia sia dei materiali biologici che, a loro volta, del processo di gua rigione. Sebbene il suo utilizzo sia ancora dibattuto in lette ratura, la sua efficacia è indubbia. Il nostro risultato clinico è stato ottimale considerando che il paziente ha recuperato l’intero ROM dell’articolazione della caviglia, non avverte dolore anche dopo lunghi periodi in piedi per lavoro e non segnala instabilità della caviglia e dell’articolazione sottoa stragalica”.

Inoltre, può svolgere qualsiasi attività e segnalare miglio ramenti nella sua qualità di vita. Da un punto di vista stru mentale, la risonanza magnetica con mezzo di contrasto ha individuato una rigenerazione ottimale e “percorribile” del le strutture ossee, tendinee e legamentose. Pertanto, questo case report mostra, anche se non in modo significativo, che la conoscenza del potenziale rigenerativo di diversi materiali biologici può determinare scelte tecniche e chirurgiche uni che e anche di alto valore pratico. Si può certamente dire che siamo dinanzi ad una medicina rigenerativa personalizzata di alto livello. Ci sono infatti delle eccellenze di banche dei tessuti e della cute in Italia e sono in rete con altre banche europee ed internazionali. Di recente l’associazione UGIS (Unione Giornalisti Italiani Scientifici) ha visitato la banca regionale della cute dell’Emilia Romagna. (Nella foto la dott. ssa Bondioli, il dott. Melandri, il dott. Stefano Palo, la dott. ssa Valeria Purpura del Centro Cute RER e due giornaliste Ugis, la dott.ssa Nadia Grillo e la dott.ssa Tiziana Rambelli). Il centro afferisce al centro grandi ustionati dell’Ospedale Bufalini ed è una delle cinque banche del tessuto cutaneo italiane accreditate ed autorizzate dal centro nazionale tra pianti e dall’Istituto Superiore di Sanità e riconosciuta a li vello europeo per la qualità del suo team. La banca della cute, unitamente alla Cell factory interna, al settore di crio biologia sono iscritte nell’elenco europeo ufficiale dell’EU Coding Platform. Tra le attività di spicco vi sono tre brevet ti in ambito sanitario con ricadute pratiche a livello clinico

ed assistenziale nell’ambito della medicina rigenerativa: un brevet to internazionale per un metodo di trattamento di tessuto connettivo e relative applicazioni cliniche (inven tori dott.ssa Elena Bondioli, dott. Davide Melandri); un brevetto na zionale (inventori dott.ssa Elena Bondioli, dott.ssa Valeria Purpura, dott. Davide Melandri) con una nuova metodica di conservazione a temperatura ambiente di tessuti e organi destinati all’uso clinico e un brevetto nazionale (inventori dott.ssa Elena Bondioli, dott. ssa Valeria Purpura, dott. Davide Melandri) per un metodo di decellularizzazione di tessuti ed organi destinati all’uso clinico. Occorrerebbe informare maggiormente i cittadini sull’importanza di donare i tessuti. La banca della cute ha stipulato numerose convenzioni con centri pubblici e pri vati a livello nazionale e internazionale per la distribuzione clinica dei tessuti prodotti, utilizzati in vari ambiti clinici per il trattamento di svariate patologie nell’ambito della medici na rigenerativa. Il derma decellularizzato è un prodotto di bioingegneria utile nella clinica in vari ambiti dalla derma tologia, all’oculistica, alla chirurgia senologica, alla chirurgia ricostruttiva, all’ortopedia, all’odontoiatria, all’urologia, alla chirurgia vascolare e ricostruttiva; il derma de-epidermizza to è un bioprodotto particolarmente efficace per le ulcere croniche recidivanti, per le ulcere traumatiche, e per la vul nologia cutanea; la cute omologa è una terapia salvavita nel caso di gravi ustioni o gravi malattie della pelle; la membrana amniotica ottenuta dalla donazione di pazienti sottoposte a parto cesareo invece trova ampia applicazione clinica in am bito dermatologico, vulnologico, chirurgico plastico, e viene distribuita come medicazione bioattiva per il trattamento di ustioni e/o ferite di difficile guarigione. Ci sono degli avan zamenti rilevanti nel settore della medicina rigenerativa gra zie all’impegno costante delle banche dei tessuti e della cute. La Banca della cute RER dell’Emilia Romagna fa parte del Servizio Sanitario Nazionale e si occupa sia di medicina rige nerativa che di bioingegneria tissutale. Di recente ha brevet tato una innovativa metodica di decellularizzazione con bre vetto internazionale. Si ricorda, a proposito di tessuti, che, al momento del parto è possibile e consigliata la donazione della placenta per la ricerca sulle cellule staminali.

Si può donare la membrana amniotica se si effettua un par to cesareo; è dotata di attività anti-infiammatorie, antimicrobi che, immunosoppressive e fornisce un efficace supporto per la crescita cellulare; per le sue proprietà rigenerative la mem brana amniotica trova ampia applicazione clinica in ambito dermatologico, nella chirurgia plastica, in ambito vulnologico e viene distribuita dalle banche della cute, come la RER, come medicazione bioattiva per il trattamento di ustioni e/o ferite di difficile guarigione. La placenta è l’organo di scambio tra la madre e il feto che esplica fondamentali funzioni nutritive,

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respiratorie, escretrici, ormonali e protettive nel grembo ma terno, rappresenta l’oggetto delle ricerche più avanzate. Sono utili per la ricerca i tessuti placentari, le cellule della placenta che hanno proprietà immunomodulanti tali da renderle utili in situazioni di trapianto fra individui diversi (allo-trapianto) ma anche in situazioni in cui un’azione immunomodulante possa avere un effetto terapeutico (ad es. malattie che coinvolgono processi infiammatori e fibrotici). Infine, dato che la placenta dopo il parto non ha più alcuna funzione e viene gettata via, il recupero di cellule da questo organo non è invasivo per il donatore e l’utilizzo delle cellule non evoca alcun problema etico. Il tessuto adiposo autologo invece viene prelevato dal paziente, lavorato, convalidato, stoccato presso la Banca della Cute con finalità di autotrapianto sul paziente che debba fare interventi rigenerativi in ambiti ortopedico e di chirurgia pla stica. La Banca della Cute RER come le altre banche dei tes suti e della cute sono 29 strutture sanitarie pubbliche e hanno stipulato convenzioni con diversi ospedali di tutta Italia. Gra zie al loro lavoro e ricerche sono possibili studi e innovazioni come quello trattato in questo articolo. Lo studio che abbiamo analizzato infatti rientra nell’elenco di alcuni degli studi più recenti proprio della banca della cute RER.

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Nuovi progressi nello studio dell’Alzheimer

Il 13 aprile 2022 su “The Journal of the Alzheimer’s Association- Alzheimer’s & Dementia” è stato pub blicato uno studio inerente i progressi nell’analisi del colesterolo HDL e del suo ruolo nella prevenzione dell’Alzheimer. Ricercatori della Keck School of Medi cine della USC hanno prelevato campioni di liquido cerebro spinale da persone di età pari o superiore a 60 anni e hanno misurato la quantità di piccole particelle di HDL in ciascun campione. La Keck School of Medicine della USC fondata nel 1885, è la seconda scuola di medicina più antica della Cali fornia dopo la UCSF School of Medicine. Si trova nel campus universitario di scienze della salute nel nord-est di Los Ange les, adiacente ai quartieri di Boyle Heights e Lincoln Heights. Si tratta del primo studio in assoluto per misurare il numero di particelle di lipoproteine ad alta densità nel liquido spinale condotto dalla Keck School of Medicine della USC. “Questo studio rappresenta la prima volta che vengono contate pic cole particelle di HDL nel cervello”, ha affermato Hussein Yassine, MD, professore associato di medicina e neurologia presso la Keck School of Medicine della USC. “Potrebbero essere coinvolte nella clearance e nell’escrezione dei peptidi che formano le placche amiloidi che vediamo nell’Alzheimer, quindi ipotizziamo che potrebbe esserci un ruolo per queste piccole particelle di HDL nella prevenzione della patologia”. Nel cervello, l’HDL aiuta a formare le guaine che isolano il cervello e le cellule nervose in modo che possano comunicare rapidamente tra loro e svolge un ruolo nella crescita e nel la riparazione dei neuroni. Sembra anche aiutare a prevenire l’infiammazione della barriera tra il cervello e il sistema san guigno, che può provocare un declino cognitivo. E potrebbe essere possibile che, allo stesso modo in cui l’HDL elimina il colesterolo in eccesso e i grassi nel corpo che portano a malat

* Biologo ricercatore, Istituto Tumori di Napoli, Fondazione “G. Pascale”.

tie cardiovascolari, aiuti a eliminare i grumi di peptidi e pro teine mal ripiegati prima che causino danni nel cervello che portino al morbo di Alzheimer. A differenza della maggior parte delle HDL nel sangue, le particelle di HDL nel cervello sono più piccole e hanno bisogno di una proteina chiamata apolipoproteina E, o ApoE, per fare il loro lavoro. Il fattore di rischio più forte per l’Alzheimer, il gene APOE4, è una mutazione o una variante del gene APOE che codifica per quella stessa proteina. Il team di ricerca ha già studi in corso utilizzando la microscopia elettronica, in grado di acquisire immagini fino al livello molecolare, al fine di comprendere meglio la struttura e la funzione di ApoE HDL. Sperano an che di studiare nel tempo l’ApoE HDL e il rischio di Alzhei mer in gruppi più ampi di partecipanti, con un occhio rivolto a chiarire fattori come gli effetti dei farmaci e di malattie tra cui il diabete.

Il team ha scoperto che un numero maggiore di queste particelle nel fluido è associato a due indicatori chiave se condo cui le particelle potrebbero avere un effetto protettivo contro la malattia di Alzheimer. Piccole particelle di HDL potrebbero essere coinvolte nella clearance e nell’escrezione dei peptidi che formano le placche amiloidi, quindi potrebbe esserci un importante ruolo di esse nella prevenzione della malattia.

Gli autori dello studio hanno valutato l’ipotesi che piccole particelle di lipoproteine ad alta densità (HDL) riducano il rischio di malattia di Alzheimer (AD) in virtù della loro capa cità di scambiare lipidi, influenzando la composizione della membrana neuronale e le funzioni vascolari e sinaptiche. “Le concentrazioni di piccole HDL nel liquido cerebrospinale (CSF) e nel plasma sono state misurate in 180 individui di età ≥60 anni utilizzando la metodologia della mobilità ioni ca. Piccole concentrazioni di HDL nel liquido cerebrospinale erano positivamente associate alle prestazioni in tre domini della funzione cognitiva indipendentemente dallo stato dell’a polipoproteina E (APOE) ε4, dall’età, dal sesso e dagli anni di istruzione”, spiegano gli studiosi, ”Inoltre ci siamo resi

Scoperti indicatori chiave per valutare effetti protettivi contro la patologia. Si tratta del primo studio in assoluto per misurare il numero di particelle di lipoproteine ad alta densità nel liquido spinale condotto dalla Keck School of Medicine della USC
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conto, facendo le analisi, che c’era una correlazione signifi cativa tra i livelli di piccole HDL nel liquido cerebrospinale e nel plasma”. Sono previsti ulteriori studi volti a determinare se componenti specifici delle piccole HDL si scambino attraverso le barriere del sangue, del cervello e del liquido cerebrospina le e si punta allo sviluppo di nuovi approcci per sfruttare le piccole HDL a fini terapeutici. I partecipanti a questo studio erano 180 uomini e donne sani che sono stati iscritti al pro gramma di invecchiamento dell’Università della California me ridionale (USC) Alzheimer Disease Research Center (ADRC) e Huntington Memorial Research Institute (HMRI). I criteri di inclusione erano l’arricchimento con fattori cardiovascolari quali ipertensione (pressione sanguigna [BP] ≥140/90 mmHg) e dislipidemia (HDL-C <40 mg/mL per gli uomini e HDL-C <50 mg/mL per le donne). I criteri di esclusione includevano l’assenza di precedenti di ictus e la mancata somministrazione di insulina.

Lo studio e le procedure sono stati approvati dal comita to di revisione istituzionale (USC IRB: HS-16-00888). Tutti i partecipanti hanno fornito il consenso informato prima dell’ar ruolamento nello studio. I centottanta uomini e donne arruo lati nell’Alzheimer Disease Research Center (ADRC) dell’U niversità della California meridionale (USC) e nel programma di invecchiamento dell’Huntington Memorial Research Insti tute (HMRI) avevano un’età media di 76,6 anni e un indice di massa corporea (BMI) di 26,8. Della popolazione campione, 111 erano femmine e 69 maschi. Inoltre, 165 della popolazione campione sono stati identificati come non ispanici/latini e 15 sono stati identificati come ispanici/latini. C’erano 53 (30%) vettori APOE ε4 e 126 (70%) vettori non ε4. In un sottogrup po di n = 141 in cui è stata valutata la cognizione, 101 non presentavano alterazioni del dominio, 31 avevano un dominio alterato e 9 avevano due o più domini alterati e non erano stati inclusi nelle analisi cognitive.

Il tutto parte dal fatto che studi precedenti autoptici cere brali hanno da tempo dimostrato l’accumulo di goccioline lipi diche1 nella malattia di Alzheimer, a partire dalla descrizione iniziale di Alois Alzheimer dei “sacculi adiposi” nel cervello nel 1907. Si rileva che il metabolismo del colesterolo periferico

in relazione al cervello è legato ad un’as sociazione di livelli più elevati di coleste rolo plasmatico nella mezza età con un aumento del rischio di questa patologia. Inoltre, sono stati segnalati che livelli plasmatici di colesterolo HDL (HDL-C) più bassi erano associati a una maggiore gravità dell’Alzheimer e, al contrario, che livelli di HDL-C più elevati erano asso ciati ad una migliore funzione cognitiva. Nel complesso, tuttavia, i risultati degli studi precedenti che hanno esaminato le associazioni tra i livelli plasmatici di HDL-C e il rischio di Alzheimer sono stati incoerenti, tanto che una meta-analisi di 100 studi non ha dimostrato che questa relazione sia significativa. Allo stes so modo c’è ancora molto da fare sull’analisi delle misure del contenuto di colesterolo nel cervello in pazienti con Alzhei mer. Servono quindi più monitoraggi, analisi e controlli e ben vengano i risultati questo studio della Keck. Infatti questi ri cercatori della Keck hanno evidenziato che le concentrazioni di piccole particelle HDL nel liquido cerebrospinale erano positivamente associate a migliori prestazioni nella funzio ne cognitiva prima dell’insorgenza della patologia, indipen dentemente dall’età, dal sesso, dall’istruzione e dal genotipo APOE. Inoltre, le direzioni future della loro ricerca sono mi rate ad una analisi per vedere se c’è conferma dell’associazio ne di piccole particelle HDL con risultati cognitivi in coorti più grandi e se ciò possa portare ad un nuovo biomarcatore di Alzheimer a potenziali bersagli terapeutici per la preven zione dell’Alzheimer. Il punto di domanda rimane in quanto una meta-analisi di 100 studi primari dal 1986 al 2000 ha tro vato associazioni non significative tra i livelli di colesterolo HDL (HDL-C) e il rischio di Alzheimer.

Le misurazioni dell’HDL-C non riflettevano la funzione di trasporto del colesterolo dell’HDL. Piccole particelle HDL hanno proprietà neuroprotettive, ma la loro associazione con la cognizione non è ancora del tutto nota. In questo studio però i ricercatori presentano dati a supporto dell’ipotesi che la misurazione e la caratterizzazione di piccole particelle HDL nel liquido cerebrospinale fornisca nuove informazioni sul rischio di Alzheimer. Tra le varianti genetiche associate al rischio di Alzheimer negli studi di associazione sull’intero genoma vi sono un certo numero di loci per proteine che influiscono sulla struttura e sulla funzione delle HDL. Questi includono l’apolipoproteina E (APOE) e l’apolipoproteina J (APOJ), il membro della sottofamiglia G 1 (ABCG1) per codificare le proteine di membrana che trasportano i lipidi sulle HDL e Sortilin Related Receptor 1(SORL1), Bridging Integrator 1 (BIN1), Phosphatidylinositolo Binding Clathrin Assembly Protein (PICALM) (che codifica per proteine coinvolte nell’assorbimento cellulare e nel riciclaggio delle HDL). Inoltre, il sequenziamento genico in questo studio ha

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identificato associazioni di rari varianti del legame dell’ATP (ABCA1) per mediare l’efflusso cellulare di colesterolo e fo sfolipidi per formare HDL con rischio di Alzheimer.

Queste associazioni supportano un ruolo chiave per le proteine che influenzano la struttura e la funzione delle HDL nella patogenesi dell’Alzheimer. Per l’analisi statistica in questo studio della Keck la media e la frequenza sono state calcolate sui dati demografici. La correlazione di Spearman è stata utilizzata per testare la relazione tra le concentrazioni di proteine nel plasma e nel liquido cerebrospinale dopo la normalizzazione rispettivamente alle concentrazioni di albu mina nel plasma e nel liquido cerebrospinale. Inoltre, sono state eseguite correlazioni tra le concentrazioni di particelle HDL, CSF Aβ42 e rapporti tra proteine e lipidi nel liquido cerebrospinale. Per valutare lo stato cognitivo i ricercatori di questo studio hanno utilizzato sia il CDR che la valutazione neuropsicologica da Uniform Data Set (versioni 2 o 3) del National Alzheimer’s Coordinating Center. La valutazione neuropsicologica ha coperto molteplici considerazioni sul dominio cognitivo. Dei 180 partecipanti inclusi in questo stu dio, 141 sono stati sottoposti a una batteria neuropsicologica completa. Per alcune analisi, i partecipanti sono stati divisi in quelli che avevano un dominio cognitivo compromesso vs nessun dominio cognitivo compromesso. Avere tre o più pun teggi dei test alterati negli otto test effettuati è stato inoltre classificato come danno di dominio. I partecipanti con due o più domini compromessi sono stati esclusi da ulteriori analisi, per un totale di 132 partecipanti inclusi nelle analisi cognitive.

Il sesso non ha influenzato l’associazione di piccole HDL con le misure della cognizione e questa associazione non è sta ta influenzata dall’uso di statine da parte dei pazienti parteci panti allo studio. Per determinare se la relazione tra le piccole concentrazioni di HDL nel liquido cerebrospinale e la memo ria differisse tra i sottogruppi di compromissione del dominio, i ricercatori hanno utilizzato un modello di regressione lineare multivariato che includeva il termine di interazione di piccole HDL per sottogruppo e che variava per età, sesso, istruzione e stato APOE. Per comprendere la relazione con il rischio di Alzheimer, le distribuzioni proteiche e lipidiche insieme alle concentrazioni di HDL sono state analizzate in due gruppi: gruppi CSF Aβ42 ≤190 pg/mL (Aβ42+) o CSF Aβ42 >190 pg/mL (Aβ42-). Lo scopo del presente studio era di verificare l’ipotesi che livelli maggiori di piccole HDL nel liquido cere brospinale siano associati ad un minor rischio di Alzheimer, come valutato da una migliore performance sulle misure della cognizione e da una correlazione positiva con livelli maggiori di Aβ42 nel liquido cerebrospinale come surrogato di amiloi dosi cerebrale.

Lo studio ha alcune limitazioni. Le particelle lipoproteiche nel plasma e nel liquido cerebrospinale presentano differenze nella composizione proteica e lipidica e potrebbero non es sere adeguatamente definite dalle loro dimensioni. Gli studi in corso nei laboratori di questo team di ricercatori stanno

esaminando la struttura e la composizione di queste particel le, compresi i loro effetti sulle membrane neuronali/vascolari. È inoltre necessario ulteriore lavoro per determinare se vi sia uno scambio di piccoli costituenti specifici dell’HDL tra il cervello e la circolazione sistemica e per testare la possibilità che i componenti dell’HDL di origine sistemica influenzino la lipidazione cerebrale e, in definitiva, il rischio di malattie neurodegenerative. Gli autori di questo studio ammettono che la coorte studiata risulta essere eterogenea e che i risul tati potrebbero non essere generalizzabili. Proprio per que sto intendono espandere la presente coorte per caratterizzare meglio l’associazione tra piccole HDL del liquido cerebrospi nale e funzione cognitiva in popolazioni distinte che differi scano per stadio della malattia, etnia, sesso, genotipo APOE ed esiti cognitivi. Studi in coorti longitudinali valuteranno se le misurazioni di piccole HDL nel plasma e/o nel liquido ce rebrospinale sono predittive degli esiti cognitivi. Inoltre, le strategie che possono aumentare le piccole HDL, ad esempio il trattamento con agonisti ABCA1 (ad esempio CS625328), sono ora in fase di sperimentazione su scimmie ed esseri uma ni e potrebbero portare a nuove opzioni terapeutiche per la prevenzione dell’Alzheimer.

I risultati di questo studio, insieme alle funzioni note delle piccole HDL, costituiscono la base per proporre l’ipotesi del le piccole HDL dell’Alzheimer. La conferma del ruolo delle piccole HDL nelle fasi iniziali dell’Alzheimer ha importanti implicazioni per la prevenzione. Le misurazioni delle picco le HDL neuroprotettive o di componenti nel plasma e nel liquido cerebrospinale potrebbero fungere da biomarcatori per guidare i futuri studi clinici sulla prevenzione dell’Al zheimer e la determinazione del loro scambio tra plasma e liquido cerebrospinale potrebbe aiutare nello sviluppo di nuovi agenti terapeutici. D’altra parte ad esempio la forma sporadica della malattia di Alzheimer (AD) è causata da un accumulo di peptidi di beta-amiloide (Αbeta) nel cervello. Questi peptidi possono essere legati a lipidi o a proteine di trasporto di lipidi, come l’apolipoproteina E (ApoE), oppure essere liberi in soluzione (Αbeta-LD). I livelli di Αbeta-LD sono più elevati nel plasma di persone con AD, ma non è nota la presenza di tali peptidi nel liquido cerebrospinale (CSF). La comprensione dell’ambiente lipidico in cui Abeta sussiste e di come modulare tale ambiente è di particolare interesse poiché è probabile che sia Αbeta-LD a formare gli oligomeri neurotossici per il cervello. Una dieta sana può ridurre il ri schio di sviluppare l’Alzheimer. La malattia di Alzheimer è una sindrome a decorso cronico e progressivo che colpisce circa il 5% della popolazione al di sopra dei 65 anni. L’inizio è generalmente insidioso e graduale e il decorso lento e la du rata media di malattia è di 8-10 anni dalla comparsa dei sinto mi. L’Alzheimer rappresenta la causa più comune di demenza nella popolazione anziana dei paesi occidentali nonché una delle maggiori cause di disabilità nella popolazione generale. Il rischio di contrarre la malattia aumenta con l’età: si stima

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che circa il 20% della popolazione ultra-ottantacinquenne ne sia affetta. Esistono tuttavia rari casi in cui la malattia esordisce in età precoce, ovvero prima dei 65 anni.

Ad oggi gli studi indicano che l’accumulo di beta-amiloi de comincia tra i 15 e i 20 anni anni prima dei tipici disturbi di memoria, mentre l’accumulo di gomitoli neurofibrillari e la conseguente perdita di cellule nervose cominciano circa 10 anni prima dei sintomi. Queste proteine neurotossiche nel giro di pochi anni portano a gravi difficoltà nelle usuali attività del la vita fino alla totale perdita dell’autosufficienza. La diagnosi precoce è preliminare a interventi farmacologici con farmaci attivi sull’acetilcolina volti a mantenere integre le funzioni co gnitive per un periodo di tempo fino ad un anno superiore a quanto accadrebbe lasciando il malato a sé stesso e a ritardare l’esordio della disabilità. Sono attualmente in corso studi con farmaci sperimentali anti-amiloide. Recenti scoperte mostrano che alterazioni del microbiota, l’insieme di microrganismi re sidenti in simbiosi con l’organismo umano, potrebbero avere un’influenza sul deposito di beta-amiloide, una proteina tos sica per il nostro cervello, e portare allo sviluppo della malat tia di Alzheimer (AD). Come i batteri influenzino il funzio namento del cervello non è ancora noto ma un meccanismo potrebbe essere legato alla modulazione del sistema immu nitario e infiammatorio. Il chiarimento di questi meccanismi potrebbe permettere la definizione di nuovi biomarcatori per la diagnosi precoce di Alzheimer ed aprire nuove opportuni tà terapeutiche. Purtroppo al giorno d’oggi non esiste alcun tipo di prevenzione nei confronti dello sviluppo della malattia di Alzheimer. Diversi studi suggeriscono che il rischio della malattia possa essere ridotto diminuendo il rischio di malattie cardiache (pressione alta, colesterolo alto), sovrappeso e dia bete, tutte patologie che influiscono negativamente sul benes sere vascolare). Una dieta equilibrata, unita ad attività fisica e a un’appropriata stimolazione cognitiva sono considerati tutte strategie a favore del benessere cerebrale e cognitivo.

Attualmente per porre una diagnosi di Alzheimer è neces sario sottoporre il paziente a degli esami cerebrali specifici che siano in grado di rilevare l’accumulo della proteina neurotos sica beta amiloide. Vengono utilizzati per tale scopo: la riso nanza magnetica ad alta definizione; la tomografia a emissione di positroni con fluorode-sossiglucosio; una puntura lombare per misurare la presenza nel liquido cerebrospinale della beta amiloide e della proteina tau (un’altra proteina coinvolta nella patologia). Co-primi autori dello studio presentato in questo articolo sono Ashley Martinez della Keck School of Medici ne della USC, Gali Weissberger della Bar Ilan University e Zsuzsanna Kuklenyik dei Centers for Disease Control and Prevention. Altri autori sono Xulei He, Cristiana Meuret, Tru sha Parekh, Jon Rees, Bryan Parks, Michael Gardner, Melanie Sweeney, Michael Harrington, Xinhui Wang, Berislav Zloko vic, Elizabeth Joe, Lon Schneider, Helena Chui, John Barr e Duke Han, tutti USC; Sarah King dell’UCSF; Timothy Collier di Quest Diagnostics a Cleveland; e Daniel Nation dell’Uni

versità della California, Irvine. Lo studio è stato sostenuto da: National Institutes of Health, L.K. Whittier Foundation, Huntington Medical Research Institutes, Dairy Research Institute, Quest Diagnostics, Saliogen, Della Martin Foun dation, Cure Alzheimer’s Fund, Fondazione Leducq Tran satlantic Network of Excellence for the Study of Perivascular Spaces in Small Vessel Disease, i Centers for Controllo e pre venzione delle malattie e Washington University. La Batey Foundation ha finanziato la strumentazione utilizzata per l’analisi della mobilità ionica. Questo studio rappresenta co munque di un importante passo avanti visto che i ricercatori della Keck School of Medicine della USC hanno scoperto che un numero maggiore di piccole particelle HDL nei cam pioni di liquido spinale era associato a due indicatori chia ve e che le particelle potrebbero avere un effetto protettivo contro il morbo di Alzheimer. Questo nuovo studio infatti suggerisce un’importante connessione tra le particelle di co lesterolo buono nel liquido cerebrospinale e anche la salute del cervello. (C. B.).

Bibliografia

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- Hanson AJ et al. (2013) Effect of Apolipoprotein E Genotype and Diet on Apolipoprotein E Lipidation and Amyloid Peptides: Randomized Clinical Trial.JAMA Neurol.

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Scienze

Interazioni alimenti e terapie

Nel precedente articolo, proposto su questa rivista, abbiamo trattato l’argomento di ampia considerazione che riguarda le in terazioni tra gli alimenti, integratori e le terapie farmacologiche. Con questo arti colo approfondiamo ulteriori effetti degli alimenti, non legati ai principi nutrizionali contenuti negli stessi, ma ad altre sostanze chiamiamole inquinanti che hanno un effetto nocivo, farmacologico e dannoso per la salute.

Un esempio sono gli INTERFERENTI ENDOCRINI

Negli ultimi due decenni c’è stata una crescente consapevolezza dei possibili effetti negativi sull’uomo e sulla fauna selvatica derivanti dall’esposizione a so stanze chimiche che possono interferire con il sistema endocrino. Questi effetti possono includere:

• malformazioni dello sviluppo,

• interferenza con la riproduzione,

• aumento del rischio di cancro; e

• disturbi della funzione del sistema immunitario e nervoso.

Esistono prove chiare che alcune sostanze chimiche causano questi effetti nella fauna selvatica, ma prove limitate sugli effetti negli esseri umani. Pochissime so stanze chimiche sono state testate per il loro potenzia le di interferire con il sistema endocrino. Gli attuali metodi di prova standard non forniscono dati che le Agenzie governative reputino adeguati per identificare potenziali interferenti endocrini (DE) o per valutarne i rischi per l’uomo e la fauna .

Negli ultimi anni comunque i dati si sono accumu lati e alcuni scienziati hanno proposto che le sostanze chimiche potessero inavvertitamente alterare il sistema endocrino degli esseri umani. È stato riscontrato che una varietà di sostanze perturba i sistemi endocrini de gli animali in studi di laboratorio e ci sono forti prove che l’esposizione chimica sia associata a effetti negativi

Gli effetti degli alimenti, non legati ai principi nutrizionali contenuti negli stessi, ma ad altre sostanze che hanno un effetto nocivo, farmacologico e dannoso per la salute di Marco Zanetti
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Scienze

sullo sviluppo e sulla riproduzione dei pesci e della fau na selvatica.

La relazione tra le malattie umane del sistema endo crino e l’esposizione a contaminanti ambientali, tutta via, è poco conosciuta e scientificamente controversa

Alcune sostanze chimiche imitano un ormone natu rale, inducendo il corpo a rispondere in modo eccessivo allo stimolo (ad esempio, un ormone della crescita) o a rispondere in momenti inappropriati (ad esempio, pro ducendo insulina quando non è necessaria). Altri inter ferenti endocrini bloccano gli effetti di un ormone da alcuni recettori . Altri ancora stimolano o inibiscono direttamente il sistema endocrino e causano sovrappro

duzione o sottoproduzione di ormoni .

Un esempio delle conseguenze devastanti dell’e sposizione degli animali in via di sviluppo, compreso l’uomo, agli interferenti endocrini, è stato il caso del potente farmaco dietilstilbestrolo (DES), un estro geno sintetico. Prima del suo divieto nei primi anni ‘70, i medici prescrivevano erroneamente DES a ben cinque milioni di donne in gravidanza per bloccare l’aborto spontaneo e promuovere la crescita fetale. È stato scoperto dopo che ai bambini che hanno attra versato la pubertà il DES ha influenzato lo sviluppo del sistema riproduttivo e ha causato il cancro vagi nale.

Sono stati pubblicati diversi rapporti contrastanti riguardo al calo della qualità e della quantità della produzione di sperma nell’uomo negli ultimi 4 decen ni e sono stati segnalati aumenti in alcuni tipi di can cro (ad es. Mammella, prostata, testicolo). Tali effetti possono avere una base endocrina, il che ha portato a speculazioni sulla possibilità che questi effetti endo crini possano avere origini ambientali. Tuttavia, pur permanendo dei dubbi, anche la scelta di alimenti provenienti da coltivazione lontane da zone di inqui namento potrebbe rappresentare una saggia scelta.

Gli INQUINANTI E I MINERALI TOSSICI presenti nei cibi possono trovarsi anche nei supplemen ti e integratori alimentari

In tutto il mondo, gli integratori sono designati come integratori dietetici, alimentari o per la salute e varie autorità nazionali sono responsabili del loro controllo e monitoraggio. Essi sono inseriti nella ca tegoria degli integratori alimentari negli Stati Uniti e rientrano nella competenza della Food and Drug Administration (FDA) e rientrano nella giurisdizio ne dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) in Europa, dove sono classificati come inte gratori alimentari

Negli Stati Uniti sono disponibili circa 55.000 di versi integratori alimentari, di cui circa il 60% degli americani li utilizza. In Europa, circa il 50% delle per sone utilizza prodotti a base di erbe naturali (NHP), così come circa il 71% dei canadesi (con il 38% che li utilizza quotidianamente) ( 1 ) Esistono convinzio ni sull’efficacia dei farmaci a base di erbe, ma sono emerse segnalazioni di tossicità acuta/cronica causata dal loro utilizzo ( 2 ) È stato dimostrato che i rimedi tradizionali asiatici e indiani possono essere ricchi di mercurio, piombo e arsenico (3 ) o livelli elevati di piombo (4).

Casi di avvelenamento attribuibili a metalli tossici presenti nelle piante medicinali sono stati segnalati negli Stati Uniti, in Europa e in Asia( 5, 6 ). Un’unità

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di tossicologia con sede a Londra ha pubblicato una serie di casi dal 1991 al 1995 di eventi avversi lega ti ai farmaci tradizionali ( 7 ). Su una dozzina di casi di avvelenamento da mercurio, arsenico o piombo, il 75% aveva associazioni con rimedi erboristici indiani. Ci sono stati molti casi di avvelenamento da metal li pesanti attribuibili alla medicina tradizionale cinese (MTC)( 8 ); il piombo è il colpevole più citato, ma ci sono stati anche casi di tallio, rame, arsenico, cadmio e mercurio trovati nella MTC ( 9 ). Uno studio su 251 prodotti testati, 23 presentavano contaminanti/adulte ranti multipli, 36 contenevano una media di 14,6 ppm di arsenico, 24 avevano un minimo di 10 ppm di piom bo e 35 contenevano una media di 1046 ppm di mer curio ( 10 ).

Ulteriori ricerche di Koh e Woo hanno mostrato che 42 medicinali cinesi contenevano metalli pesanti tossici a livelli superiori ai limiti legali per Singapore ( 11 ). Negli adulti, l’avvelenamento da piombo può aumen

tare la pressione sanguigna, causare malattie cardiova scolari, ritardare lo sviluppo cognitivo e causare tumori renali. Il piombo ha un grave impatto sul cervello uma no; questo sembra essere il caso in particolare dei bam bini, con l’esposizione al piombo associata a una scarsa capacità di apprendimento e a un QI inferiore ( 12, 13 ) . Elevati livelli di esposizione al mercurio inorganico o organico possono provocare problemi neurologici, che includono convulsioni e persino morte ( 14 ).

L’eccessiva ingestione di cadmio attacca princi palmente i reni e, in misura minore, il sistema ri produttivo (15), con l’arsenico che ha dimostrato di causare tumori, disturbi del sistema riproduttivo e aterosclerosi. Inoltre, l’esposizione cronica al cadmio può portare a nefrotossicità nell’uomo, principalmente a causa di anomalie del riassorbimento tubulare ( 16 ). Il mercurio e il piombo possono essere dannosi per il sistema nervoso e renale e sono in grado di attraversare la barriera placentare e di avvelenare il feto ( 17,18 ).

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Negli alimenti sono presenti anche SOSTANZE TOSSICHE E CANCEROGENE e non solo inter ferenti ormonali, inquinanti e minerali tossici ( 19 )

La Coldiretti ci indica alcuni cibi di cui fare at tenzione nella nostra alimentazione in quanto più pe ricolosi di altri per il loro rischio tossicità . Si basa su allarmi per rischi alimentari verificati a causa di residui chimici, metalli pesanti,micotossine, contami nanti microbiologici, diossine o additivi e coloranti.

• Nocciole e frutta secca turche ricche di aflatossi ne cancerogene

• arachidi dalla Cina inquinate da aflatossine can cerogene

• spezie dall’India, come il peperoncino contami nato da pesticidi oltre i limiti o con problemi da infezioni microbiologiche

• Curcuma dell’India

• Bacche di Goji dalla Cina

• Fagioli Azuchi cinesi

• Zenzero cinese e indiano, zenzero e fagioli a ri schio

• Pesce spagnolo ricco di metalli pesanti soprattut to nel tonno e pesce spada

• Frutta e verdure turche con fichi secchi poco si curi

• Frutta e verdura dall’egitto ricche di sostanze chi miche da noi vietate come alcuni pesticidi nei pe peroni

• Semi di sesamo indiani con allarme salmonella e aflatossine

• Pistacchi dell’Iran aflatossine

• Olive e Fragole nord africane ricche di pesticidi

• Pistacchi dagli Stati Uniti

• Pesce del Vietnam alto rischio di metalli pesanti

• Erbe e spezie come paprika e peperoncino cinesi ricchi di pesticidi

• Formaggi francesi con contaminazioni microbio logiche

• Pollo della polonia

Con molti di questi Paesi l’ Europa ha tessuto ac cordi internazionali di scambio importanti e poco tutelanti delle eccellenze italiane e della salute cosi tutelata nel nostro paese

L’agricoltura italiana è la più green d’Europa con 843 prodotti a denominazione di origine (Dop/ Igp), il divieto all’utilizzo degli Ogm e il maggior numero di aziende biologiche, ma è anche al ver tice della sicurezza alimentare mondiale con il mi nor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,4%), quota inferiore di qua si 4 volte rispetto alla media europea (1,4%) e di oltre 14 volte quella dei prodotti extracomunitari (5,7%). ( 20 )

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Anno V - N. 9 Settembre 2022

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