Il Giornale dei Biologi - N. 7 - Luglio/Agosto 2020

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Luglio/agosto 2020 | Anno III - N. 7-8 | www.onb.it

Edizione mensile di AgONB, Agenzia di stampa dell’Ordine Nazionale dei Biologi. Registrazione n. 52/2016 al Tribunale di Roma. Direttore responsabile: Claudia Tancioni. ISSN 2704-9132

Il Giornale dei

Studio italiano rivela come questa glicoproteina possa aiutare a combattere il Covid-19 Intervista alla ricercatrice Elena Campione

LATTOFERRINA E PROPRIETĂ€ ANTIVIRALI


INAUGURAZIONE DELLA SEDE REGIONALE DI TOSCANA E UMBRIA DELL’ONB FIRENZE* 3 ottobre 2020 - Ore 10:30 Interventi: Sen. dott. Vincenzo D’Anna

Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi

Dott.ssa Stefania Papa

Consigliere dell’Onb e delegato regionale di Toscana e Umbria

Dott.ssa Antonella Gigantesco Commissario della delegazione di Toscana e Umbria

Autorità convenute

*Via dei Brunelleschi, 4 II

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Sommario EDITORIALE 3

Signori, si cambia di Vincenzo D’Anna

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PRIMO PIANO 6

Ministero dell’Università e Onb convergono su un nuovo modello di accesso alla professione di biologo di Alberto Spanò

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Protocollo d’intesa tra Onb e Cnr

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Covid-19, prorogato lo stato di emergenza fino al 15 ottobre di Daniele Ruscitti

12

Il Covid e le criticità del Ssn di Daniele Ruscitti

13

Sla, passo in avanti sulla diagnosi precoce di Daniele Ruscitti

14

Covid-19, nuove opportunità dalla lattoferrina di Daniele Tedeschi

SALUTE 30

Giro di boa per la popolazione del pianeta. Presto un declino inarrestabile di Sara Lorusso

34

La diffusione nel mondo dei FGID di Sara Lorusso

36

Malattie del fegato. Diagnosi attraverso il microbioma di Chiara Di Martino

38

I neuroni sono più vulnerabili nell’Alzheimer di Chiara Di Martino

39

Così il corpo combatte le infezioni urinarie di Chiara Di Martino

40

Il “gene Jolie” è un pericolo anche per gli uomini di Domenico Esposito

41

Tumori e malattie ematiche: la “via italiana” di Domenico Esposito

INTERVISTE 18

Elena Campione: «La lattoferrina, falange armata con il Covid» di Chiara Di Martino

20

Ecco come si formano i tumori renali di Carmine Gazzanni

42

Il legame tra diabete e rischio fratture di Sara Lorusso

22

Un possibile marcatore per la sclerosi multipla di Sara Lorusso

44

Un monoclonale per la sindrome di Clouston di Pasquale Santilio

46

Prevedere i risultati dell’editing genetico di Sara Lorusso

BIOLOGIA DEL PALAZZO 26

Smart working, la nuova frontiera del mondo del lavoro di Riccardo Mazzoni

48

Dal cordone ombelicale terapie per i grandi prematuri di Marco Modugno

28

Autostrade, Alitalia, ex Ilva: torna lo Stato gestore di Riccardo Mazzoni

50

Una nuova molecola per autismo e sindrome di down di Marco Modugno Attualità

Scienze

Contatti


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Il sonno fa bene al cuore di Carmen Paradiso

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53

La “prima volta” dell’effetto Hall della luce di Pasquale Santilio

Erosione per metà delle coste italiane di Felicia Frisi

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54

Nutrizionisti sportivi. Una risposta al doping di Marco Zanetti

Il caldo record durante l’Impero Romano di Felicia Frisi

57

La medicina nell’età ellenistica di Barbara Ciardullo

58

Dalle staminali agli organoidi pelosi di Biancamaria Mancini

60

Trattamenti al botulino e dermo-cosmetici. L’alternativa c’è? di Carla Cimmino

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INNOVAZIONE 80

Energia dal mare con il progetto Blue Deal di Felicia Frisi

81

Catturare Co2 per edilizia e strade di Pasquale Santilio

BENI CULTURALI 82

La bioetica nella società globalizzata di Luciano Corrado

AMBIENTE 64

Stiamo perdendo le foreste d’Europa di Giacomo Talignani

66

Il mistero degli elefanti africani di Giacomo Talignani

68

Microplastiche in frutta e verdura. Lo studio italiano di Giacomo Talignani

70

Italia eccellenza nel riciclo degli imballaggi di Gianpaolo Palazzo

72

Ripartire a piedi di Gianpaolo Palazzo

73

Dal vino un gel disinfettante di Gianpaolo Palazzo

74

La spesa degli italiani è green, a km 0 e “tech” di Gianpaolo Palazzo

75

La ricerca di acqua dolce nelle piccole isole di Pasquale Santilio

76

Le ripercussioni del lockdown sull’ambiente di Michelangelo Ottaviano

77

Ripulire i laghi da cianobatteri e plastiche di Felicia Frisi

A Torcello si scoprono le origini di Venezia di Pietro Sapia

SPORT 84

Nozze d’argento per i “super record” del salto triplo di Antonino Palumbo

86

La Champions League d’agosto di Antonino Palumbo

87

Tra timori e polemiche riparte la NBA di Antonino Palumbo

88

BREVI LAVORO

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Concorsi pubblici per Biologi

SCIENZE 92

L’impatto dell’attività fisica sul rischio cardiovascolare di Sara Lorusso

96

Dal diabete gestazionale al tipo 2: una firma metabolica per predirlo di Sara Lorusso

100 Il metabolismo urbano: un approccio bio-sistemico alla città di Paola Pluchino

Attualità

Scienze

Contatti


EDITORIALE

Signori, si cambia di Vincenzo D’Anna Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi

N

on capita molto spesso d’in- co, quello nel quale non esiste vera contrare ministri con la fre- libertà, non c’è separazione dei potequenza di una decina di giorni ri sotto l’impero delle leggi, bisogna e poter affrontare con calma rompere le incrostazioni e le convee ponderazione una serie di questioni nienze che si mettono in discussione che giacciono da decenni nell’elenco nel corso della rivoluzione liberale delle buone intenzioni. Incontrarli dello Stato. In sintesi, per fare la frittata ocper chiedere loro di modificare, integrare, cancellare articoli di legge corre rompere le uova. La mission e norme legislative che sono di osta- della prima parte del mandato del colo allo sviluppo della categoria dei Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Biologi in carica è staBiologi. ta appunto quella di Andare, quindi al cuorompere incrostazioni re del problema per dare L’attuale dirigenza e immobilismo, mettepiù spazio e agibilità a r e a n u d o l e c a r e n z e o rdell’Onb ha rotto le decine di migliaia di colganizzative e i servizi e leghi che a vario titolo vecchie incrostazioni proporne di nuovi e più esercitano la professione. efficienti, di attivare la Uno dei più grandi filosoe l’immobilismo, comunicazione con gli fi, dienuto in seguito lemettendo a nudo le iscritti per accorciare gislatore e uomo di Stato, le distanze con la clasCharles-Louis de Seconcarenze organizzative e se dirigente, di risoldat, barone de La Brède proponendo nuovi servizi vere i problemi di una e di Montesquieu, detto categoria professionale semplicemente Montecostruita intorno alla squieu, ebbe a scrive nel t r a t t a t o “ L’ e s p r i t d e s l o i s ” ( l o s p i r i t o p i ù g i o v a n e e p r o l i f i c a d e l l e s c i e n delle leggi) che la libertà d il pro- ze, la Biologia, ma che ha necessità gresso civile si manifestano in quello di modificare gli assetti professionali Stato nel quale esiste la separazio- e di ampliare gli orizzonti lavorativi ne dei poteri. Il potere esecutivo al nei molteplici e sempre più numerosi Governo (al Re in quei tempi), quel- campi di intervento. Disciplinare l’esistente e ampliare lo legislativo al Parlamento e quello giudiziario a coloro che vigilano e alle sempre maggiori competenze ricontrollano l’osservanza della legge, conosciute ai Biologi dalla legislazioovvero i magistrati. Afferma altresì ne entro la quale ciascuna categoria che per rompere lo Stato assolutisti- si deve muovere. Arriviamo quindi al Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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punto di dover fare non solo una ri- sciplinare. Se non lo si può fare mochiesta di novità e di ampliamento di dificando la legge, lo si potrà fare compiti, ma anche di guardare dentro modificando, per legge, i percorsi di la professione per quella che è oggi laurea che sono ritenuti compatibili con quella magistrale in biologia, effettivamente. Ecco quindi la necessità di discute- con il corso di studi adeguato e con re, rilevare pareri (grazie ai sondaggi l’iscrizione all’ONB. Ovviamente non si agirà sul predi opinione) e di dover trasfondere tutto questo in una proposta legisla- gresso, chi è iscritto resterà tale, la tiva. In sintesi, se il problema attiene norma avrà vigore una volta conclusi all’ordinaria gestione, è compito del i corsi di laurea in corso. Altra temaConsiglio dell’Ordine provvedere. Se tica è la modifica del Decreto 328/01 il problema discende da carenze di con l’innovazione dell’esame di lauprevisione legislativa oppure da una rea tripartito per Nutrizione, Genemutata esigenza che le leggi vigenti rale-Biomedico e Ambientale. A tal non contemplano, allora il problema proposito, occorre dire che il Minis i s p o s t a s u l p i a n o l e g i s l a t i v o e p a r- s t r o d e l l a U n i v e r s i t à h a p r e a n n u n lamentare. Molti colleghi ancora oggi ciato la presentazione di un Decreto non colgono la sostanziale differenza Legge che renda abilitanti le lauree che ho illustrato pretendendo modifi- cosiddette a ciclo unico, ovvero quelche dal Consiglio dell’Onb che spet- le che danno accesso, in esclusiva, tano a leggi del parlamento. Riuscire all’iscrizione all’ordine professionale. In parole povere a a inquadrare le cose nelquelle lauree che hanno la loro reale dimensione un unico corso di stue campo di intervento I problemi della nostra dio in tutte le università contribuirebbe a evitare italiane, come Medicina, malumori oppure vere e categoria che discendono Farmacia e Odontoiaproprie asserzioni camda carenze di previsione tria. pate in aria che circolano Anche in questo caso nella galassia dei gruppi legislativa o da mutate agli altri ordini resterà presenti su Facebook, esigenze che le leggi la facoltà di indicare un molto dei quali chiusi o diverso percorso abiliautoreferenziali e come non prevedono, vanno tante, che dia titolo alla tali non aperti alla conoi s c r i z i o n e a l l ’ O n b . Ve scenza e al confronto. risolti in Parlamento niamo agli specializzanDi questa frammendi non medici. Questi tazione in tribù e per categorie di esercizio professiona- combattono una battaglia che da anni le abbiamo già lungamente parlato, li vede perdenti sul piano giuridico, evidenziando che buona parte del- essendo la legge che premia i collela disaffezione all’Ordine discende ghi medici di derivazione Europea e, dallo stato di incomunicabilità e di come tale, dedicata ai medici. Tu t t a v i a r e s t a u n ’ i n g i u s t i z i a c h e reciprocità che tali gruppi determinano. Abbiamo altresì più volte chia- non può essere tollerata e quindi atrito che l’altra piaga storica è quel- tenderemo il testo ministeriale del la dell’abuso, visto che colpì oltre provvedimento che riguarda oltre il cinquanta percento dei laureati in millecinquecento soggetti interessati scienze biologiche, ovvero dei vari, per anni. Il potenziamento di Arpa troppi, corsi di laurea che consento- e delle funzioni in materia microno l’accesso alla professione di Bio- biologica ed eco-tossicologica, una logo. E cominciamo da questo punto più stretta e diretta colleganza con che appare cruciale per la qualità e la i Dipartimenti di Prevenzione come era agli inizi delle attività. Una ricoquantità dei biologi iscritti all’Onb. L’ O r d i n e b e n s a c h e n o n è f a c i l e g n i z i o n e d e l l e p o s i z i o n i g i u r i d i c h e e modificare leggi italiane che siano retributive dei Biologi passati ormai l’emanazione di leggi europee, che nella Dirigenza. Accora la proposta di istituire la i salti da lauree triennali incongrue alle magistrali di biologia, come per specializzazione in genetica della la nutrizione, sono da limitare e di- Procreazione Medicalmente Assisti4

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Continua il disimpegno di un quata ovvero in Embriologia, l’istituzione della specializzazione in Ecotos- ranta percento di colleghi che, ragsicologia, l’allargamento dei posti giunti dal questionario, rifiutano disponibili per i Biologi nelle varie di rispondere e nel contempo si ladiscipline. Sul versante sanitario, è mentano di una scarsa attenzione durissima la battaglia per difendere dell’Onb verso gli iscritti. Luoghi da un ulteriore taglio del 37% le ta- comuni antichi che dovranno sparire riffe di remunerazione delle presta- dalla mentalità di una categoria che zioni di laboratorio a fronte di una deve ritrovare compattezza e spirito spesa che è dello 0,57% del Fondo Sa- di appartenenza. Sono molto quelli nitario Nazionale. In ultimo, ma non che si atteggiano a maestri dietro una per ultimo, una legge che disciplini tastiera, quelli che si sentono eroi l’esercizio della attività di Nutrizio- all’interno di un gruppo esclusivo, nista che aggiorni compiti e funzioni ma non cambieranno di una virgotra le due figure sanitarie che in au- la l’esistente, che si modificherà fatonomia possono valutare e indicare cendo a meno di tali persone. Nella il corretto apporto nutrizionale, ov- calura agostana verranno indette le elezioni per il rinnovo dei dirigenti vero il Medico e il Biologo. Quest’ultimo deve operare in un alla Cassa di Previdenza dei biologi, quadro di certezza legislativa che l’Enpab. Gran parte degli iscritti sono numanca, surrogata da una norma di rango inferiore come è la circolare trizionisti e sostengono l’attuale pres i d e n t e Ti z i a n a S t a l l o n e , dell’Istituto Superiore che ha ben operato, ma di Sanità che dal 2010 continuano le critiche disciplina sommariaverso l’Onb. I motivi di mente la materia. InsomI nutrizionisti devo operare tale ostilità hanno radima molte cose bollono secondo una certezza ci antiche, ma sostanin pentola e creeranno zialmente vertono sul numerosi vantaggi per legislativa che ad oggi gradimento per chi tace la categoria se sapremo manca, poiché la circolare sui problemi e lascia la portare a termine l’aziobriglia sciolta, non avenne “politica” sui minidel 2010 dell’Iss do compiti istituzionali steri competenti. disciplina sommariamente di tale genere e natura. Al novero delle novità Vi c e v e r s a , l e a n t i p a t i e che sono state già realizla materia verso l’Onb che è per zate abbiamo di recensua natura costretto a te aggiunto l’ingresso dell’Onb in Accredia, l’ente di verifi- intervenire quando i colleghi vanno c a e c o n t r o l l o e d i s c i p l i n a n t e l a n o r- f u o r i d a l l e r e g o l e c h e d i s c i p l i n a n o l a mativa dei laboratori di prova e che materia. Ultimo caso di critica è l’eoperano nell’ambito della sicurezza sercizio della professione online. Un alimentare, nel quale per anni siano collega mi chiede perché l’Enpab si stati assenti, subendo attacchi da al- rivela terreno amico e l’Ordine terretre categorie che hanno spesso tenta- no ostico per i nutrizionisti. La risposta è semplice perché la to di modificare norme e procedure di accreditamento per appropriarsi cassa di previdenza si interessa ai di competenze, oppure estromettere versamenti e non ha altri compiti da svolgere. Chiunque sorride se riceve dalle stesse, i biologi. L’ a l t r a n o v i t à d i r i l i e v o è i l p r o - s o l d i . L’ O r d i n e , i n v e c e , d e v e i n t e r v e t o c o l l o d ’ i n t e s a s t i p u l a t o c o n i l C n r, n i r e a r i p r i s t i n a r e l a g i u s t a l i n e a d a uno dei più grandi e qualificati enti seguire in costanza di norme vigenti. L’ O r d i n e f a l a c a c c i a a g l i a b u s i v i pubblici di ricerca, che si aggiunge a quelli già stipulati con ISPRA e vari e agli evasori per implementare gli Enti di Ricerca come la Stazione An- iscritti che l’Enpab si ritrova anch’eston Dohrn di Napoli. Un’ultima paro- sa, in quanto iscritti all’Onb, senza la sul sondaggio, il terzo della serie, e parole da proferire. I compiti e i ruoli sui dati che sono emersi. Innanzitut- sono diversi e molti i furbi che fingoto continua la pessima abitudine di no di non capire. Spero almeno che protestare senza cognizione di causa. comprenda la dirigenza dell’Enpab. Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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PRIMO PIANO

di Alberto Spanò

S

i è svolto il 30 luglio scorso un importante e, per molti versi, storico incontro tra la delegazione dell’Ordine Nazionale dei Biologi, coordinata dal Presidente Vincenzo D’Anna, e il Ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi, dedicato ai temi del riordino della formazione del biologo, ai nuovi percorsi in settori innovativi ed emergenti, ed all’esame di criticità da tempo esistenti e mai affrontate in passato, lasciando che si producessero danni rilevanti per la figura professionale, nell’assordante silenzio di chi avrebbe dovuto prevenire o comunque affrontare tali situazioni di vero e proprio degrado. Già dalla fase di transizione da lauree a ciclo unico a triennali e magistrali, i biologi come categoria uscirono in modo discutibile. Infatti, oltre alle lauree triennali delle attuali classi L 13 (Scienze biologiche), L 2 (Biotecnologie) ed L 32 (Scienze e tecnologie per l’ambiente e la natura), proprie del settore, ed auspicabilmente da utilizzare per l’accesso alle magistrali, se ne aggiunsero altre, del tutto eterogenee, con ordinamenti per nulla sovrapponibili, non in serie con la formazione magistrale, accettate semplicisticamente. Ciò per i noti motivi di mero innalzamento degli accessi collegati agli interessi locali degli atenei, tanto che progressivamente addirittura lauree triennali riferite a professioni finite, ovvero già destinate ad altri settori, furono e sono ancora adesso utilizzate per accedere ad alcune magistrali di Biologia (la più colpita è la LM 61 Scienze della nutrizione umana), allo scopo di consentire una sorta di situazione di doppio ed agevole esercizio professionale, da parte di triennalisti di altri settori, già destinati al lavoro operativo, che con la laurea magistrale LM 61 divenivano “anche” biologi, salvo “non esserlo” per le gravissime ed insanabili carenze di formazione di base.

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MINISTERO DELL’UNIVERSITÀ E ONB CONVERGONO SU UN NUOVO MODELLO DI ACCESSO ALLA PROFESSIONE DI BIOLOGO Lo scorso 30 luglio l’incontro tra il Presidente dell’Ordine, D’Anna, e il Ministro Manfredi

Questo imponente fenomeno di de- viata da un ordine che rappresenta profesgrado formativo, quindi, ha riguardato ac- sioni dotate di lauree triennali professionacessi anomali ed impropri sia dal versante lizzanti ed abilitanti, cioè lauree che “non” sanitario (triennali destinati a professioni richiedono di proseguire con studi magisanitarie del tutto diverse dal biologo) sia strali e per i quali il governo definisce un dai versanti più diversi, anche privi di qua- fabbisogno annuale ed investe risorse, perlunque assimilabilità formativa sulle disci- venuta ad una Università che, seguendo ripline basiche essenziali e caratterizzanti del gorosamente le richieste dell’ONB, ha conbiologo. sentito l’acceso alla Da considerare, LM 61 Scienze della Confronto costruttivo per Nutrizione Umana, in tal senso, che seppure la maggioranza superare, con una soluzione esclusivamente a laudi questi triennalisti reati delle tre classi L normativa, impianti anomali si dirigeva 13, L 2 ed L 32. Abverso la magistrabiamo chiesto a tale formativi disarticolati le della nutrizione, Università di ignorare dopo l’accesso all’alla nota di tale Ordine, bo A del biologo, si verificava, ed accade ma deve essere chiaro a tutti che esiste un tutt’ora, che tali soggetti divenivano di fatto ormai diffuso metodo di “invasione” degli abilitati ad esercitare in qualunque ambito, spazi professionali del biologo, che non si dalla biologia clinica alle biotecnologie, ed fonda su una concorrenza corretta, basaa qualunque altro settore richiedente ben ta sulle conoscenze e le capacità, ma sulle altri livelli di formazione, di fatto inflazio- scorciatoie indecenti che il nostro sistema nando a ribasso gli ambiti di occupazione. formativo, oltre che l’arroganza di altre fiÈ di questi giorni una lettera di diffida, in- gure ad altro destinate, consente.


SALUTEPIANO PRIMO

Il Ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi, e il Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi, Vincenzo D’Anna.

© eldar nurkovic/www.shutterstock.com

Su questo tema, il confronto con il A dei biologi, prevedendo in modo distinto Ministro Manfredi è stato estremamente la Nutrizione, l’Ambiente e l’ambito della approfondito e costruttivo, partendo dalla Biologia generale e biomedica. Tale triparconstatazione che, poiché purtroppo l’au- tizione, e relativo distinto esame di Stato, tonomia universitaria consente agli atenei consentirebbe un oggettivo rafforzamento ogni sia pur discutibile scelta, va definita di ambiti sottoposti indebitamente a presuna soluzione normativa. In questo senso si sioni esterne inaccettabili e rafforzerebbe è concordato di operare nel testo di decreto l’ambito delle competenze peraltro attribuin via di definizione, ite dalla legge. attuativo della Legge In questo scenaL’incontro si è concluso n. 2/18 e modificativo rio di autentica rifordel DPR 328/01, in- con l’impegno di affrontare ma del sistema formativo, nel confronto serendo chiaramente la questione delle borse si sono inserite, trouna norma diretta che vando l’accoglienza preveda esclusività di di specializzazione del Ministro, le proaccesso all’albo A del blematiche formative biologo solo per i laureati triennali appartenenti alle tre classi ca- relative al settore dell’Embriologia clinica noniche. Su questo punto specifico si è regi- e Procreazione medicalmente assistita, su strata un’ampia convergenza, anche riferita cui è stata apprezzata la proposta dell’Ordine di definire un percorso di formazione ad una soluzione rapida del problema. Si è altresì convenuto con il Ministro, dedicato all’interno della Scuola di Speciain coerenza con l’impostazione delineata lizzazione di Genetica Medica, visto anche e discussa, che con le modifiche al DPR l’assenso di genetisti insigni della Società 328/01 si debba andare a tripartire l’albo Italiana di Genetica Umana. Accanto alla

riforma del percorso formativo si è convenuto, di concerto con il Ministro della Salute, di definire anche un atto legislativo-programmatorio che definisca l’efficace e qualificata attuazione di queste attività assistenziali sul territorio in ambito LEA. Si è poi affrontato il tema, reso drammaticamente evidente dalla fase pandemica, della crisi del sistema del sistema di tutela dell’ambiente e degli enti a ciò preposti, ovvero le ARPA, che, operando in modo totalmente fratturato dal sistema salute, hanno sostanzialmente fallito nei propri obiettivi istitutivi. Si è proposta, perciò, una modifica legislativa, già inoltrata al Ministro della Salute, in cui il sistema della tutela ambientale venga riportato all’interno del sistema di tutela della salute e, viceversa, perché la necessità di tale inscindibilità è ormai evidente ed indiscutibile, oltre a caratterizzarsi come urgente ed ineludibile. In questo contesto, è stato proposto dall’Ordine un nuovo ordinamento per una scuola di specializzazione in discipline ambientali, che costituisca requisito di accesso alle ARPA ed ai Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende Sanitarie. L’incontro si è poi concluso con l’impegno di affrontare in modo appropriato anche un tema da anni oggetto di dibattito, ma anche caratterizzato da interventi di tipo corporativo che hanno creato grave danno alle categorie sanitarie, relativo alla questione delle borse di studio per le scuole di specializzazione che la normativa europea ha riservato a suo tempo ai soli medici. Il Ministro ha dichiarato, al riguardo, che vanno ricercate soluzioni specifiche e idonee, tali da scongiurare il pericolo maggiore e più grave, ovvero il blocco degli accessi, come avvenuto tra il 2011 ed il 2017. Per il Ministro, quindi, la questione va affrontata ma predefinendo modalità certe ed indiscutibili che garantiscano il fabbisogno di formazione, quindi ricercando un nuovo modello, diverso e peculiare. Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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PRIMO PIANO

© Elle Aon/www.shutterstock.com

Protocollo d’intesa tra Onb e Cnr L’accordo per progetti comuni finalizzati all’occupazione dei biologi

L’

Ordine Nazionale dei Biologi ha sottoscritto, lo scorso 27 luglio, un protocollo d’intesa con il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) finalizzato alla realizzazione di progetti comuni in ambito scientifico e di orientamento per l’ingresso dei biologi nel mondo del lavoro. Ecco uno stralcio di quanto previsto nel documento: l’accordo prevede norme a carattere generale cui le parti dovranno fare riferimento in sede di stipula di futuri accordi negoziali. Per quanto non espressamente disposto dai futuri accordi o contratti, si riterranno applicabili gli articoli di cui al presente Protocollo d’Intesa. L’accordo è finalizzato alla realizzazione di un sistema di rapporti tra Ordine Nazionale dei Biologi e Cnr che favorisca l’impiego efficace ed efficiente delle risorse per il raggiungimento dei fini comuni, allo scopo di collaborare nell’ambito delle rispettive competenze. L’obiettivo comune è quello di stabilire, tra le parti, interazioni stabili, che includano la realizzazione di progetti rilevanti in ambito scientifico e di orientamento in entrata e nel mondo del lavoro. In relazione a ciascuna iniziativa saranno, di volta in volta, regolati, in maniera

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puntuale, i rapporti economici. Il protocollo d’intesa è in vigore dalla data di sottoscrizione (27 luglio 2020) ed avrà durata triennale. Potrà essere prorogato o rinnovato previa adozione di apposito provvedimento formale. Qualora lo si ritenga indispensabile, per adeguare il presente atto alle mutate esigenze delle parti, il presente protocollo d’intesa potrà essere modificato durante il periodo di vigenza mediante accordo scritto tra le parti. Le parti possono costituire un Comitato di coordinamento con funzioni tecnico-operative per l’effettiva attuazione del presente Protocollo d’Intesa. Le parti nominano un proprio referente quale membro del Comitato. Il Comitato predispone apposito documento di programma che dopo essere stato verificato ed eventualmente modificato e/o integrato sarà reso operativo, previo parere favorevole dei rispettivi competenti organi monocratici e/o collegiali di governo, mediante sottoscrizione tra le stesse parti. Il Comitato nella sua prima riunione definisce le modalità del proprio funzionamento. I responsabili designati dalle parti per la gestione del protocollo sono il Presidente dell’Onb, Vincenzo D’Anna, o suo delegato, e il Presidente del Cnr, Massimo Inguscio, o suo delegato.


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PRIMO PIANO

di Daniele Ruscitti

L

a pandemia non si è esaurita e l’emergenza provocata dal Covid-19 non è certamente conclusa. Anche se il numero dei contagi si è ridotto sensibilmente e quello dei decessi è fortunatamente crollato, la diffusione di diversi piccoli focolai ha convinto il Governo a spingere sull’acceleratore della prudenza e a decidere la proroga al 15 ottobre dello stato di emergenza. Troppi ancora i rischi con cui misurarsi. «La proroga dello stato di emergenza è una scelta obbligata» spiega in un intervento al Senato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte che si dice «rinfrancato» dal fatto che i numeri registrati dei contagi sono inferiori a mesi fa «anche se il virus continua a circolare. Il comitato tecnico scientifico rileva che la situazione nel mondo resta preoccupante», da qui «la necessità di un atteggiamento necessario di vigilanza». Conte tiene a specificare che «non c’è alcuna intenzione di drammatizzare né di alimentare paure ingiustificate nella popolazione», ma la proroga serve per assicurare «la continuità operativa di chi sta svolgendo attività di assistenza e di sostegno per chi subisce gli effetti, diretti ed indiretti, di una pandemia che seppure fortemente ridimensionata non si è esaurita». L’Istituto Superiore di Sanità continua intanto a studiare l’impatto della pandemia sulla popolazione del nostro Paese. Anche se ad oggi l’epidemia di Covid-19 ha colpito in maniera piuttosto limitata i neonati, i bambini e gli adolescenti, non sì è ancora potuto valutare un reale impatto della malattia a causa del distanziamento sociale e della chiusura delle scuole. Inoltre, la popolazione pediatrica nella trasmissione del virus potrebbe giocare un ruolo attivo. I casi pediatrici di Covid-19 in Italia sono l’1,8% del totale, con un’età media di 11 anni, e nel 13,3% dei casi sono stati ricoverati in ospedale. La fotografia è stata scattata da uno studio appena pubblicato sulla

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COVID-19, PROROGATO LO STATO DI EMERGENZA FINO AL 15 OTTOBRE Conte: “Scelta obbligata perché il virus continua a circolare”

rivista scientifica Pediatrics a cura del Re- ricoverati in ospedale e il 5,4% presentava parto di Epidemiologia, Biostatistica e Mo- patologie pregresse. La malattia da Covid-19 delli matematici, del Dipartimento Malattie è stata lieve nel 32,4% dei casi e grave nel Infettive dell’Istituto superiore di Sanità, 4,3%, in particolare nei bambini di età incon la partecipazione del ministero della Sa- feriore ai 6 anni (10,8%); tra i 511 pazienti lute e dell’ospedale Bambino Gesù di Roma, ospedalizzati, il 3,5% è stato ricoverato in da cui emerge che un rischio maggiore (più terapia intensiva e si sono verificati quattro del doppio) risulta associato a patologie pre- decessi. Tutti e quattro i bambini sono deesistenti. ceduti per un deterioSono stati analizramento di condiziozati i dati del sistema L’Istituto Superiore di Sanità ni di base già molto di sorveglianza naziocompromesse, per cui continua a studiare nale basato sui casi di l’impatto dell’infeziol’impatto della pandemia diagnosi confermate ne da Sars-CoV-2 podi Covid-19 dal 20 sulla popolazione italiana trebbe aver aggravato febbraio all’8 maggio la situazione, ma non scorso. Le caratterisembra possa essere stiche demografiche e cliniche, insieme ai considerata la causa principale della morte. fattori di rischio per la gravità della malat- Un minor rischio di gravità della malattia è tia, sono state valutate nei neonati, bambini associato all’aumentare dell’età, mentre un e adolescenti e poi confrontate con la po- rischio maggiore (più del doppio) risulta polazione adulta e anziana. I casi pediatrici associato a patologie preesistenti. Il tasso rappresentano l’1,8% delle diagnosi totali di ospedalizzazione, il ricovero in terapia (3.836/216.305), l’età mediana è di 11 anni, intensiva, la gravità della malattia e i giorni il 51,4% sono maschi, il 13,3% sono stati dall’esordio dei sintomi alla guarigione au-


SALUTEPIANO PRIMO

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L’indagine in Trentino

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mentano significativamente con l’età tra i possono essere utilizzati come ‘spia’ di circolazione del virus nella popolazione. Le bambini, gli adulti e gli anziani. Ha preso il via, intanto, il progetto di prime analisi hanno già consentito di rilesorveglianza epidemiologica di Sars-Cov-2 vare Rna di Sars-Cov-2 in diverse aree del attraverso le acque reflue urbane (Sari, Sor- territorio nazionale nel corso dell’epideveglianza ambientale reflue in Italia), che mia; inoltre, mediante indagini retrospetpotrà fornire indicazioni utili sull’andamen- tive su campioni di archivio, hanno rivelato epidemico e sull’allerta precoce di foco- to la circolazione del virus in alcune aree lai nelle prossime fasi del Nord in periodi dell’emergenza. Una antecedenti la notifiAl via il progetto di rete di strutture terca dei prima casi di ritoriali che, con il sorveglianza epidemiologica Covid-19. «Gli studi italiani hanno dimocoordinamento tecnidi Sars-Cov-2 attraverso strato l’importanza co-scientifico dell’Idi costruire una rete stituto superiore di le acque reflue urbane capillare di sorveSanità e del Coordinaglianza in grado di mento interregionale della Prevenzione, Commissione Salute, del- restituire in tempo quasi-reale la fotograla Conferenza delle Regioni e delle Province fia dell’andamento dei contagi nei conteAutonome, analizzerà la presenza di tracce di sti regionali e locali, evidenziando come Sars-Cov-2 nelle acque reflue a fini di moni- questo approccio può anticipare la conotoraggio preventivo sulla presenza del virus e scenza sui luoghi di circolazione del virus nel nostro Paese» osserva Luca Lucentini, la sua possibile propagazione in Italia. I campioni prelevati prima dell’in- direttore del Reparto di qualità dell’acqua gresso nei depuratori dei centri urbani e Salute dell’Iss.

na indagine in cinque località sciistiche del Trentino, particolarmente rilevante dal momento che le zone hanno visto nei mesi di gennaio e febbraio un rilevante afflusso di turisti, ha permesso di stimare la presenza di anticorpi IgG anti Covid-19 nel 23% della popolazione residente nell’area coinvolta. In particolare, si è rilevata una percentuale di positività del 27,73% a Canazei, del 24,7% a Campitello di Fassa, del 23,61% a Vermiglio, del 20,97% a Borgo Chiese, del 17,81% a Pieve di Bono-Prezzo. L’Istituto Superiore di Sanità ha supportato, su richiesta della Provincia di Trento, l’indagine al fine di valutare la diffusione dell’infezione nei cinque comuni della Provincia autonoma di Trento con la più alta incidenza. È stato quindi condotto uno studio di sieroprevalenza per stimare la percentuale di individui positivi all’anticorpo antiSars-Cov-2, che ha rilevato la presenza di anticorpi anti Sars-CoV-2 nella popolazione di tutte le età ad eccezione dei bambini sotto i 10 anni nell’intera area coinvolta, per Comune, per età e per sesso.

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PRIMO PIANO

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Il Covid e le criticità del Ssn Osservasalute: “Anni di tagli hanno indebolito il sistema”

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enalizzato da riduzioni di spesa pubblica e sempre magsto in una riduzione dei servizi offerti ai cittadini. Per esempio, giore carenza di personale medico e infermieristico, lo dal 2010 al 2018 il numero di posti letto è diminuito di circa 33 “stato di salute” del Sistema sanitario nazionale che emermila unità, con un decremento medio dell’1,8%, continuando il ge dal rapporto annuale “Osservasalute” non è certo dei trend in diminuzione osservato già a partire dalla metà degli anni migliori. Alla vigilia della pandemia da Sars-CoV-2, il sottofinanNovanta. ziamento della sanità, insieme alla devolution che ha di fatto creato «L’esperienza vissuta ha dimostrato che il decentramento della 21 diversi sistemi sanitari regionali diversamente performanti, ha sanità, oltre a mettere a rischio l’uguaglianza dei cittadini rispetto determinato conseguenze per i cittadini, che non hanno potuto alla salute, non si è dimostrato efficace nel fronteggiare la pandeavere le stesse garanzie di cura. mia. Le Regioni non hanno avuto le stesse performance, di conParadigmatici i principali dati economici: dal 2010 al 2018 la seguenza i cittadini non hanno potuto avere le stesse garanzie di spesa sanitaria pubblica è aumentata di un modesto 0,2% medio cura. Il livello territoriale dell’assistenza si è rivelato in molti casi annuo, molto meno dell’incremento del Pil che è stato dell’1,2%. inefficace, le strategie per il monitoraggio della crisi e dei contagi Al rallentamento della componente pubblica delle risorse finanparticolarmente disomogenee, spesso imprecise e tardive nel coziarie ha fatto seguito una crescita più sostemunicare le informazioni», rileva il direttore nuta della spesa privata delle famiglie, pari al scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla Dal 2010 al 2018 la spesa 2,5%. Nel 2018, la spesa sanitaria complessisalute nelle Regioni Alessandro Solipaca. va, pubblica e privata sostenuta dalle famiglie, sanitaria pubblica è aumentata Tagli, riduzioni, regionalizzazioni dei serammontava a circa 153 miliardi di euro, dei vizi, si riverberano inevitabilmente sulla gequali 115 miliardi di competenza pubblica e solo dello 0,2%, molto meno stione di emergenze sanitarie come l’epidemia circa 38 miliardi a carico delle famiglie. della crescita del Pil (+1,2%) da Covid-19, il cui tratto dominante, in Italia, Il rapporto è curato dall’Osservatorio naè stato infatti di disomogeneità nella gestione zionale sulla Salute nelle Regioni che opera dei contagiati sul territorio. Tante differenze nell’ambito di Vihtaly, spin off dell’Università Cattolica, presso il nella gestione dei contagiati tra le Regioni. campus di Roma. Osservasalute 2019 è una edizione di 585 pagine «La crisi drammatica determinata da Covid-19 ha improvvisaed è frutto del lavoro di 238 ricercatori distribuiti su tutto il termente messo a nudo fino in fondo la debolezza del nostro sistema ritorio italiano che operano presso Università, Agenzie regionali sanitario e la poca lungimiranza della politica nel voler trattare il e provinciali di sanità, assessorati regionali e provinciali, Aziende Ssn come un’entità essenzialmente economica alla ricerca dell’effiospedaliere e Aziende sanitarie, Istituto superiore di sanità, Concienza e dei risparmi, trascurando il fatto che la salute della poposiglio nazionale delle ricerche, Istituto nazionale per lo studio e la lazione non è un mero fringe benefit, ma un investimento con alti cura dei tumori, Ministero della Salute, Agenzia italiana del farmarendimenti, sia sociali sia economici» afferma il direttore dell’Osco, Istat. servatorio nazionale sulla salute nelle Regioni italiane Walter RicI tagli alla spesa non sono stati sempre accompagnati da un ciardi, professore ordinario di Igiene generale e applicata all’Uniaumento di efficienza dei servizi, e spesso si sono tradotti piuttoversità Cattolica. (D. R.)

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PRIMO PIANO

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Sla, passo in avanti sulla diagnosi precoce Nuovo studio che parla italiano, pubblicato su “Scientific Reports”

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arla italiano la nuova sfida alla diagnosi precoce dellaser per studiare la composizione chimica di campioni comla sclerosi laterale amiotrofica, una delle patologie più plessi come la saliva. Si tratta di una tecnica non distruttiva, che invalidanti e ancora non comprese a fondo che colpidà risposte in tempi brevi, non richiede particolari condizioni sce in Italia più di seimila persone, con un’incidenza di per l’esecuzione della misura e può essere effettuata con una duemila nuovi casi ogni anno. Tra le principali difficoltà nella minima preparazione del campione». presa in carico di questi pazienti ci sono certamente i tempi «Il ritardo nella diagnosi – aggiunge il dottor Banfi – caudella diagnosi, che a volte, ancora oggi, possono sfiorare l’anno. sa spesso nel paziente un senso di impotenza, penalizzandolo Un importante passo in avanti in questa direzione arriva dalpoi nell’accesso ai trial clinici. L’individuazione di un nuovo la collaborazione tra l’Irccs Fondazione Don Gnocchi e l’Irccs metodo per accelerare la procedura diagnostica avrà importanIstituto auxologico italiano, i cui ricercatori hanno individuato ti ricadute e costituisce un capitolo importante nello studio e nella saliva – grazie a una tecnica innovativa – un biomarcatore nella battaglia contro questa patologia gravemente invalidanutile alla diagnosi precoce della malattia. te». «La possibilità di utilizzare un semplice e non traumatico Il progetto dei due istituti - che fanno parte della rete Irccs prelievo di saliva per definire un biomarcatore diagnostico per delle Neuroscienze e Neuroriabilitazione la Sla - commenta il professor Vincenzo Si(Rin) - è stato ideato e coordinato dal lalani, ordinario dell’Università degli Studi di boratorio di Nanomedicina e Biofotonica La ricerca è stata realizzata in Milano e direttore dell’Unità Operativa di clinica (Labion) dell’Irccs Fondazione Don collaborazione tra tra l’Irccs Neurologia e Laboratorio di Neuroscienze Gnocchi di Milano, guidato da Marzia Bedell’Irccs Istituto Auxologico Italiano - rapdoni, in collaborazione con l’Unità di ria- Don Gnocchi e l’Irccs Istituto presenta un’opportunità di rilevanza storibilitazione intensiva polmonare dello stesso ca. La metodologia utilizzata ha richiesto Auxologico Italiano Irccs, diretta da Paolo Banfi. Primo autoun’attenta messa a punto iniziale, ma poi è re e responsabile dello studio - finanziato stata dirimente nel definire uno spettro didal ministero della Salute e pubblicato su “Scientific Reports” versificato nella Sla rispetto ai controlli sani e rispetto ad altre (gruppo Nature) - è Cristiano Carlomagno, ricercatore “Don patologie egualmente invalidanti come le malattie di Alzheimer Gnocchi. e Parkinson». La Sla è una malattia degenerativa che porta alla progressi«Siamo orgogliosi di questi risultati - conclude il dottor va e inesorabile paralisi della muscolatura. Ad oggi non esistono Carlomagno- perché lo sviluppo e la validazione di questa inesami di laboratorio da eseguire sul sangue o su altri fluidi cornovativa metodologia permetterà di mettere a disposizione di porei capaci di garantire una diagnosi veloce e certa, o in grado medici e pazienti uno strumento in grado sia di accelerare la di monitorarne la velocità di progressione. procedura diagnostica, che di anticipare e personalizzare il trat«Da qui l’idea di ricorrere alla spettroscopia Raman - spiega tamento terapeutico e riabilitativo in base alle caratteristiche di la dottoressa Bedoni - una tecnica innovativa in ambito biocliniogni singolo paziente, con l’obiettivo a lungo termine di miglioco, presente da tempo nel Labion, basata sull’utilizzo della luce rarne la prognosi e la qualità della vita». (D. R.) Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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PRIMO PIANO

COVID-19, NUOVE OPPORTUNITÀ DALLA LATTOFERRINA Dalla diagnosi alla cura, le proprietà antivirali e antibatteriche di questa glicoproteina

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di Daniele Tedeschi*


PRIMO PIANO AMBIENTE

La lattoferrina contribuisce alla difesa dell’ospite da infezioni batteriche e virali, ha attività immunomodulatoria, antinfiammatoria e antiossidante

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l 12 aprile 2020 il dottor Gabriel Ser- sinciziale e l’hantavirus, ma anche nei rano, uno dei più noti dermatologi confronti di virus nudi, quali il rotavirus spagnoli, nonché presidente di una SA11, il poliovirus di tipo 1, l’adenovirus piccola azienda nutraceutica valen- di tipo 2, l’enterovirus 71, il papillomaviziana annuncia alla ABC di aver dimostrato rus, il polyomavirus e l’echovirus di tipo l’utilità preventiva e curativa della lattofer- 6. La lattoferrina inibisce generalmente le rina (o lattotransferrina) contro l’infezione fasi precoci dell’infezione virale e possoda SARS-CoV-2 e quindi contro Covid-19 no avere effetto sinergico in associazione (1). L’agenzia del farmaco spagnola evi- con farmaci convenzionali. Inoltre, in aldenzia la necessità di un protocollo di cuni casi, l’attività antivirale è stata osserstudio in seguito alla vata non solo nella sperimentazione di molecola intatta, ma Le sue proprietà antivirali anche nei suoi digeSerrano che ha visto coinvolti 75 pazienti sti enzimatici. I prinsono state descritte per affetti da Covid-19 cipali meccanismi la prima volta nel 1994. Da dell’attività antivirale con sintomi clinici da moderati a gra- allora è oggetti di molti studi della proteina sono vi. La lattoferrina ha generalmente indigià il riconoscimento pendenti dal grado dell’EMA (l’Agenzia Europea del Farma- di saturazione in ferro della proteina… co) (2) e dell’Istituto Superiore di Sanità Azione antivirale diretta della lattoferrina: (3): “… La lattoferrina oltre a contribuire si lega a specifiche proteine strutturali e direttamente alla difesa dell’ospite dalle non strutturali virali impedendone il funinfezioni batteriche e virali (4-8), è dotata zionamento o inibendone l’interazione con di attività immunomodulatoria (9), antin- le cellule suscettibili. Si lega a recettori o fiammatoria (10) e antiossidante, regola a co-recettori per i virus presenti sulla sul’assorbimento del ferro e la crescita cellu- perficie della cellula inibendone il legame. lare (11) e possiede diverse attività enzimaAzione antivirale indiretta: inibisce la tiche (12). morte cellulare inL’attività antividotta dall’infezione rale della lattoferrina da parte di virus citoÈ in grado di sottrarre è stata descritta per patici, è infatti in grail ferro al metabolismo la prima volta nel do di aumentare la 1994 e da allora sono immunitaria dei microrganismi patogeni, risposta stati condotti numesistemica contro l’incausandone la morte rosi studi che hanno fezione virale...”(3). dimostrato che latA maggio 2020 viene toferrina è capace di in realtà inserita tra le prevenire l’infezione da parte di diversi “bufale#3” sul sito dell’Istituto di Ricerche virus: virus rivestiti, quali il citomegalovi- Farmacologiche Mario Negri – IRCCS, rus umano, i virus dell’herpes simplex di “mancando prove sull’efficacia” in merito tipo 1 e 2, il virus dell’immunodeficienza alla azione antivirale contro il coronavirus acquisita umana (HIV), il virus dell’epa- (13). In realtà già nel 2005 era stata dimotite B umana (HBV), il virus dell’epati- strata una up-regulation di quasi il 150% te C umana (HCV), il virus respiratorio dell’attività del gene della lattoferrina

(LTF) in pazienti con distress respiratorio (SARS) (14) ed era stato dimostrato inoltre che la lattoferrina co-localizza coi proteoglicani eparan solfato ampiamente distribuiti sulla membrana cellulare (HSPG) (15). Le proprietà della lattoferrina, tra cui quelle modulatorie del sistema immunitario ed antivirali, sono state oggetto di molte revisioni confirmatorie (16-17). Durante il picco dello stato pandemico viene osservato che i bambini risultavano paucisintomatici, pochi sintomi, e in alcuni casi immuni a SARS-CoV-2; la protezione dalla esposizione a possibili infezioni virali o batteriche durante i primi periodi di vita è correlata alla maggiore concentrazione di lattoferrina. E così ad aprile del 2020 la Prof.ssa Elena Campione ed il Prof Luca Bianchi dell’UOSD di Dermatologia del Policlinico Tor Vergata costruiscono insieme ad un Team multidisciplinare di Colleghi delle Università di Tor Vergata e della Sapienza un protocollo d’uso di lattoferrina in liposomi come possibile terapia per trattare i pazienti affetti da COVID-19 (18). La lattoferrina è una glicoproteina che trasporta il ferro nel sangue, con capacità superiori alla transferrina. Fu isolata nel latte vaccino da Sorensen e Sorensen, ed oggi trova impiego come integratore nutraceutico anche per le sue proprietà antiossidanti ed immunomodulatrici. È presente non soltanto nel latte materno, ma anche in varie secrezioni mucose, come saliva e lacrime, e nei granulociti neutrofili, coinvolti nella modulazione della risposta immunitaria dell’organismo. La lattoferrina è in grado di sottrarre il ferro al metabolismo di microrganismi patogeni, causandone la morte nell’ospite e grazie a questo meccanismo d’azione, si comporta come efficace anti-microbico ed anti-fungino. La sua azione battericida è particolarmente efficace contro i batteri Gram negativi presenti su lesioni superficiali di membrana ed ha una potente attività batteriostatica contro Escherichia coli, l’impiego di lattoferrina è particolarmente efficace per proteggere le mucose intestinali promuovendo nel microbiota la crescita di Bifidibacterium e Lactobacillus, il cui metabolismo è strettamente correlato alla biodisponibilità del ferro. Come anticipato l’azione antivirale

BSc PhD, Biologo, progetto Genobioma, Ragusa.

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PRIMO PIANO si esplica in varie modalità ed in particolare grazie all’azione inibente l’ingresso del virus nella cellula legandosi ai glicosamminoglicani della membrana plasmatica (HSPG) e contribuendo a impedire l’insorgenza di processi infettivi La capacità della lattoferrina di legare lo ione ferrico (Fe3+) è due volte superiore alla transferrina, proteina plasmatica deputata al trasporto del ferro nel torrente circolatorio (lega e trasferisce ioni Fe3+). Ogni molecola di lattoferrina può legare a sé due ioni ferrici ed in base a tale saturazione può esistere in tre forme distinte: apolattoferrina (priva di ferro), lattoferrina monoferrica (legata ad un solo ione ferrico) e ololattoferrina (che lega a sé due ioni ferrici). L’attività della proteina viene mantenuta anche in ambienti acidi ed in presenza di enzimi proteolitici: la buona resistenza di lattoferrina all’azione proteolitica degli enzimi gastrici, le permette di raggiungere l’intestino senza essere denaturata. In ambito immunostimolante incentiva la produzione di linfociti T, modulando anche l’attività delle citochine infiammatorie, ed agendo su più meccanismi funzionali legati alla immunità non anticorpale. Grazie alla elevata capacità di legare gli ioni ferro esplica anche un elevato potere antiossidante nei siti di azione. Non è un caso il fatto che la lattoferrina si concentri a livello delle mucose, ovvero stratificazioni cellulari che tappezzano la superficie interna delle cavità e dei canali dell’organismo comunicanti con l’esterno, e quindi esposti agli attacchi dei patogeni. La combinazione della doppia somministrazione di una lattoferrina pura (grazie al gruppo coordinato dalla superesperta Prof.ssa Piera Valenti) (spray nasale e integrazione per os) è una intuizione nell’intuizione e ne viene dimostrata l’efficacia (19). L’ipotesi del funzionamento e dell’azione protettiva è che la lattoferrina possa contrastare sia l’infezione che l’infiammazione legati alla colonizzazione del coronavirus ed in particolare di SARS-CoV-2, agendo sia come barriera naturale della mucosa respiratoria nonché di quella intestinale o anche attraverso la regolazione del metabolismo del ferro. Questa è una terapia, o meglio “una cura”, priva di effetti avversi. Non è stata osservata alcuna tossicità se non una efficacia terapeutica alta e rapida (12 giorni). Lo studio dimostra quindi non solo che l’azione della lattoferrina sia utile sul paziente malato ma, vista l’efficacia, anche

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come prevenzione dalla aggressione di SARS-CoV-2 anticipando di fatto i vari vaccini ancora in studio e presentandosi alla comunità italiana ed internazionale come il farmaco nutraceutico più efficace ad oggi per aggredire eventuali focolai di infezione e per prevenire l’aggressione virale su eventuali soggetti a rischio di esposizione, un “vaccino” naturale. Saranno interessanti i prossimi sviluppi relativi ai dati degli studi del Team, nonché gli studi di nutrigenetica e di nutrigenomica correlati ai polimorfismi del gene LTF (e non solo) su pazienti positivi non malati e positivi malati, per una maggiore comprensione dello sviluppo e della inibizione dell’infezione e della risposta immunitaria ed infiammatoria. Complimenti al team tutto Italiano (19).

Bibliografia 1.https://www.abc.es/sociedad/abci-dermatologo-gabriel-serrano-apunta-lactoferrina-como-clave-para-combatir-coronavirus-202004121418_video.htmlù 2. https://www.ema.europa.eu/en 3. Rapporti Istisan 08/41 ISSN 1123-3117: Sostanze naturali: attività farmacologica, meccanismo d’azione, aspetti applicativi e normativi, Istituto Superiore di Sanità Roma, 26 giugno 2008 http://old.iss.it/binary/tesa/cont/0841.1235049117.1235123478.pdf 4. Spik G, Coddeville B, Mazurier J, Cambillaut C, Montreuil J. Primary and three-dimensional structures of lactotransferrin (lactoferrin) glycans. Adv Exp Med Biol 1994;357:21-32. 5. Marchetti M., Superti F. Antiviral activity of lactoferrin. In: Pandalai S.G.. (Ed.). Recent developments in antiviral research. Trivandrum: Transworld Research Network; 2001. p.193-203. 6. Orsi N. The antimicrobial activity of lactoferrin: Current status and perspectives. BioMetals 2004;17:189-96. 7. Seganti L, Di Biase AM, Marchetti M, Pietrantoni A, Tinari A, F. Superti. Antiviral activity of lactoferrin towards naked viruses. BioMetals 2004;17:295-99. 8. Superti F, Berlutti F, Paesano R, Valenti P Structure and activity of lactoferrin. A multifunctional protective agent for human health. In: Fuchs H. (Ed.) Iron metabolism and disease. Trivandrum: Transworld Research Network; 2008a. p.1-32

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INTERVISTE

di Chiara Di Martino

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n’intuizione, di quelle che può cambiare il corso delle cose ma che può arrivare solo da una competenza strutturata, da una dedizione senza sosta e da una capacità di osservare i fenomeni come dall’alto, tenendo conto di tutte le loro sfumature. Ed è esattamente ciò che ha avuto Elena Campione, associato alla UOSD di Dermatologia del Policlinico Tor Vergata di Roma: l’intuizione che una proteina del latte, la lattoferrina, possa essere utilizzata per trattare i pazienti risultati positivi al virus Sars-Cov2. Com’è scattata la scintilla? «Dai più piccoli: quelli contagiati hanno avuto sintomi mediamente più lievi degli adulti, sono davvero pochissimi i casi con sintomatologie severe. In bambini e adolescenti, anche quando si sono manifestate, si è trattato di manifestazioni tardive, in alcuni casi successive addirittura alla negativizzazione del tampone. Anche le evidenze legate alle donne in gravidanza – pochi casi e quasi mai gravi - ci hanno fatto riflettere, e così è nata quella famosa intuizione». La lattoferrina è presente solo nei bambini? «I bambini la ereditano durante l’allattamento. È una proteina già nota per la funzione protettiva verso le infezioni: mi piace usare l’espressione “rete a maglie strette” per far comprendere a tutti la capacità “filtrante” della lattoferrina. È contenuta nei granulociti neutrofili, è già utilizzata in 143 trial nel mondo ed è attualmente decodificata come integratore alimentare. Quello che già si sapeva, comunque, è che impedisce ai patogeni (come i virus) il passaggio nelle cellule della mucosa respiratoria e intestinale: insomma, è considerata uno tra i più importanti fattori dell’immunità naturale non anticorpale, l’immunità innata insomma». Cosa è accaduto, poi, a quella intuizione iniziale? «Da aprile, con Luca Bianchi, Ordinario e Direttore della UOSD di Dermatologia e

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ELENA CAMPIONE: «LA LATTOFERRINA, FALANGE ARMATA CONTRO IL COVID»

I risultati di uno studio congiunto Tor Vergata e Sapienza di Roma sulla negativizzazione di pazienti paucisintomatici Massimo Andreoni, Ordinario di Malattie miale, una quantità ben maggiore rispetto a Infettive del Policlinico Tor Vergata, abbia- quella ipotizzata da altri studi e, soprattutto, mo disegnato uno studio clinico “blindato”, non abbinata ad altre sostanze. La molecoun protocollo preciso destinato a pazienti la arriva a livello degli enterociti e presenta paucisintomatici e asintomatici (anche se quello che chiamiamo effetto pleiotropico: sono davvero pochi gli asintomatici puri: al- sequestra, in sostanza, gli ioni ferro liberi per meno uno dei sintomi associato al Covid-19 evitare che il virus possa avere gioco facile, è quasi sempre previsto che li usa per resente) ipotizzando, plicarsi». I bambini la ereditano però, un utilizzo della Con quali esiti? lattoferrina all’esordio durante l’allattamento. È una «Premesso che della malattia, entro non abbiamo ancora pochi giorni dalla dia- proteina nota per la funzione pubblicato i risultagnosi. Ovviamente, protettiva verso le infezioni ti del trial, posso già quando un paziente iniziare a dire che abha pochi sintomi, non biamo dimostrato per si sa se resteranno tali o se potrà peggiorare: la prima volta l’efficacia della lattoferrina a loro – circa 30 quelli che hanno partecipa- nel favorire, senza effetti avversi, la remissioto al trial, tutti pazienti “puliti”, non in cura ne dei sintomi clinici nei pazienti Covid-19 cioè con altri medicinali – abbiamo sommini- positivi sintomatici e la negativizzazione del strato per uso orale ed intranasale un gram- tampone già dopo 12 giorni dall’inizio della mo di una formulazione innovativa liposo- somministrazione. Tirando le somme, pos-


INTERVISTE

Struttura della lattoferrina.

Elena Campione.

Chi è

E © Nina Buday/www.shutterstock.com

siamo dire che la lattoferrina agisce su più utilizzata. Ha inoltre eseguito delle prove in livelli: rigenera l’immunotolleranza, attiva le vitro sull’azione antivirale della lattoferrina “natural killers” dell’infezione ma allo stesso dimostrando come questa proteina inibisca tempo bilancia questa reazione immunita- l’infezione da Sars-CoV-2, bloccando le fasi ria, ruolo importantissimo dal momento che precoci dell’interazione tra virus e cellula, oggi sappiamo che uno dei danni maggiori come peraltro già dimostrato da uno studio del Sars-Cov2 è la cascata citochimica. Ini- cinese del 2011, sempre in vitro, sulla prima bisce, dunque, l’infeSars. Senza contare zione virale legandosi che può essere utilizai siti dei recettori Rigenera l’immunotolleranza, zata, perché no, anche virali e/o agli eparana fini di prevenzione attiva le “natural killers” solfati delle cellule dell’infezione». dell’infezione e bilancia dell’ospite impedenE ora? do in tal modo che il questa reazione immunitaria «Valuteremo uno virus infetti le cellule. studio allargato, una Accanto a questo stumulticentrica, naturaldio clinico, un team coordinato dalla Prof. mente con uno sharing di linee guida condissa Piera Valenti, Ordinario di Microbiolo- vise anche tra i clinici. L’intento non è quello gia dell’Università La Sapienza di Roma e di togliere spazio ad altre cure, anzi: puntiaMembro del Comitato Internazionale sulla mo piuttosto a un utilizzo combinato. La latLattoferrina ha verificato in parallelo la qua- toferrina è certamente un nobile alleato nella lità, la purezza e l’integrità della lattoferrina lotta al Covid-19».

lena Campione, laureata in Medicina all’Università di Roma Tor Vergata, si è specializzata in Dermatologia e venereologia e dal gennaio 2003 lavora al Policlinico di Roma Tor Vergata, impegnata nell’attività assistenziale nell’ambito della dermatologia oncologica, della cura della psoriasi e della chirurgia dermatologica, ricoprendo anche il ruolo di componente del Comitato etico. Nel 2013 consegue l’abilitazione da professore associato e nel 2018 quella da professore ordinario nella branca dermatologica. I suoi studi sono incentrati sull’approfondimento del meccanismo d’azione di alcuni farmaci con funzione antiproliferativa nei tumori epiteliali (basaliomi, cheratosi attiniche) e molecole ad azione antinfettiva e immunomodulanti. In collaborazione con patologi, biologi molecolari, microbiologi, genetisti e bioinformatici ha pubblicato numerosi lavori scientifici su prestigiose riviste nazionali e internazionali; da alcuni di questi progetti sono stati sviluppati brevetti per la cura di varie patologie cutanee e non.

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INTERVISTE

di Carmine Gazzanni

U

na scoperta sensazionale, che potrebbe avere dei riflessi importanti nella lotta contro i tumori, in particolar modo quelli renali. È quanto emerge da uno studio pubblicato sulle pagine di Nature, sostenuto da Fondazione Telethon, Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e Regione Campania. L’articolo, che ha come primi firmatari Gennaro Napolitano e Chiara Di Malta, due giovani ricercatori dell’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) di Pozzuoli e coordinati dal professor Andrea Ballabio, sono partiti dallo studio di un particolare gene, chiamato TFEB, e sono arrivati a svelare il meccanismo responsabile di una rara malattia genetica che ora «offre la chiave per comprendere una delle cause della formazione di cisti e tumori a carico di alcuni organi, come il rene», spiega Di Malta. Da cos’è partita questa ricerca? «Fin dalla sua scoperta nel 2009, il laboratorio di Andrea Ballabio al Tigem è focalizzato allo studio sul gene TFEB». Di cosa parliamo? «È un fattore di trascrizione che regola “l’espressione” e quindi il funzionamento di molti geni importanti per il metabolismo cellulare, in particolare la risposta alla disponibilità dei nutrienti ma anche geni che promuovono crescita e proliferazione cellulare. TFEB però si comporta anche da oncogene, in quanto mutazioni che ne aumentino l’attività promuovono sviluppo di tumore proprio attraverso la regolazione di geni importanti per la crescita delle cellule». Su quale malattia genetica vi eravate concentrati? «La malattia genetica che stavamo studiando, nota come Birt-Hogg-Dube’ (BHD) syndrome, è dovuta a mutazioni a carico di una proteina chiamata folliculina. I pazienti affetti presentano diversi sintomi, ma soprattutto sviluppano cisti e tumori renali.

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ECCO COME SI FORMANO I TUMORI RENALI

Studio finanziato da Telethon e Airc Parla la dottoressa Di Malta

La folliculina è un inibitore di TFEB ed inA quali conclusioni siete giunti? fatti studiando cellule derivanti da tumore «Abbiamo compreso che TFEB è il rerenale dovuto alla sindrome di BHD abbia- sponsabile principale della malattia renale mo notato che TFEB era sempre attivo in associata alla sindrome BHD». queste cellule. Abbiamo quindi ipotizzato Quali scenari ora potrebbero aprirsi che TFEB potesse essere il responsabile del- per la ricerca oncologica in particolare? la crescita delle cisti e dei tumori renali do«La nostra ipotesi adesso è che un’ecvuti alla mancanza di cessiva attività di folliculina. Per testare TFEB possa contriquesta ipotesi abbia- La ricerca è stata pubblicata buire allo sviluppo di mo incrociato topi su Nature e porta la firma tumore renale anche in cui avevamo inatdi altre malattie getivato geneticamente di due ricercatori dell’équipe netiche, come la scleTFEB nel rene con del professor Andrea Ballabio rosi tuberosa. Resta i topi modello della inoltre da definire il sindrome BHD, che contributo dell’attivasviluppano cisti e tumore renale, a causa dei zione eccessiva di TFEB allo sviluppo dei quali muoiono molto precocemente. Abbia- tumori renali “sporadici”. Attualmente stiamo osservato che l’inattivazione di TFEB mo cercando delle strategie farmacologiche correggeva completamente la malattia re- per inibire TFEB in modo da sopprimere la nale che i topi manifestavano, così come la formazione di tumore renale nelle patologie letalità ad essa associata». in cui un’eccessiva attività di questo fatto-


INTERVISTE

Chiara Di Malta.

Chi è © aleks333/www.shutterstock.com

re di trascrizione gioca un ruolo chiave alla vi di fondazioni private debbano essere da crescita delle cellule maligne». esempio anche per il pubblico? È un’ulteriore prova che lo studio delle «Me lo auspico. Purtroppo per ora i fimalattie rare tocca di fatto tutti... nanziamenti pubblici sono abbastanza scar«Sì, è proprio così! Studiando le malat- si. Ci sono tuttavia belle eccezioni: a questo tie genetiche rare a volte si arriva ad indivi- studio, ad esempio, ha contribuito anche un duare dei meccanismi cellulari rilevanti per finanziamento della regione Campania». differenti tipi di patoSu quali fronti di logie, come appunto i ricerca ora vorrebbe Partiti dallo studio del gene dedicarsi? tumori. Ed è anche l’en- TFEB, sono arrivati a svelare «Voglio trovare nesimo traguardo ragil modo di “spegneil meccanismo responsabile re” questa eccessiva giunto da Telethon e Airc. Quanto sono di una rara malattia genetica attività di TFEB nei importanti fondaziotumori di cui è reni di questo tipo per sponsabile, allo scopo ricercatori come lei? di inibirne la crescita. Nel contempo voglio «È solo grazie alla fiducia che tali fonda- approfondire lo studio delle patologie cistizioni riservano nel lavoro di noi ricercatori che e tumorali renali in generale, per poterche è possibile raggiungere questi risultati, le comprendere sempre meglio e quindi in futuro trovare strategie terapeutiche valide soprattutto in Italia». Crede che l’atteggiamento e gli incenti- per diverse di queste patologie».

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hiara Di Malta ha 38 anni, è originaria di Capua e lavora presso l’istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) di Pozzuoli, nel laboratorio del professor Andrea Ballabio. Non è questo il suo primo importante studio nella ricerca oncologica. Nel 2017 ha pubblicato un articolo su Science, svelando l’importanza della funzione dei lisosomi nel contrasto alla proliferazione tumorale. «La scoperta - ha raccontato a Il Mattino - si basa sullo studio dei lisosomi, piccoli organelli che si trovano all’interno delle cellule» che ricaverebbero «energia da molecole che ormai non servono più. Lo studio dimostra che proprio l’inceppamento di tale meccanismo porta alla replicazione e alla crescita delle cellule tumorali, come nel caso dei melanomi e dei tumori del rene e del pancreas».

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INTERVISTE

UN POSSIBILE MARCATORE PER LA SCLEROSI MULTIPLA Una nuova ricerca di un team italiano avanza nella conoscenza della malattia. L’intervista a Luana Gilio, la più giovane autrice dello studio

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a sclerosi multipla colpisce circa Qual è il contesto conoscitivo e scientidue milioni e mezzo di persone in fico da parte questa ricerca? tutto il mondo, generalmente gio«La sclerosi multipla (SM) è una mavani adulti di età compresa tra 20 e lattia infiammatoria cronica caratterizzata 40 anni. Di questa malattia conosciamo so- da processi di demielinizzazione e neuroprattutto l’elevata eterogeneità dei sintomi degenerazione del sistema nervoso centraclinici e delle risposte di ciascun paziente ai le (SNC). La SM provoca disabilità crotrattamenti: processi infiammatori, neuro- nica caratterizzata da deficit del sistema degenerativi e ripasensoriale, motorio, rativi si mescolano in autonomo e da alteproporzioni diverse, È una malattia infiammatoria razioni delle funzioni rendendo il decorso cognitive ed emotive. con demielinizzazione della malattia impreSebbene l’eziologia e neurodegenerazione vedibile e l’approccio della malattia non terapeutico difficile del sistema nervoso centrale sia ancora del tutto da pianificare. chiara, è ampiamente Ma una nuova riconosciuto che la ricerca coordinata dall’IRCCS Neuromed SM è una malattia autoimmune del SNC, di Pozzilli (IS), in collaborazione con l’U- che si sviluppa in individui geneticamenniversità Tor Vergata di Roma, l’Istituto te suscettibili a seguito dell’esposizione San Raffaele di Milano e l’Università di a fattori ambientali ancora da definire. Belgrado, ha fatto un ulteriore passo nella La patogenesi della SM è caratterizzata comprensione della malattia. In particolare dall’infiltrazione di linfociti autoreattivi il team di scienziati, nel SNC, dall’attivacoordinati dal profeszione di cellule imL’interleuchina (IL) -6 sor Diego Centonze, muni residenti e dal professore ordinario rilascio di mediatori è stata associata ad un di Neurologia dell’Usolubili dell’infiamniversità Tor Vergata aumentato livello di disabilità mazione. Tutto ciò e responsabile dell’adetermina un dane attività della patologia rea Funzionale Omono della mielina con genea di Neurologia perdita assonale e dell’IRCCS Neuromed, ha approfondito il morte dei neuroni. Nella nostra indagiruolo dell’interleuchina (IL) -6 come possi- ne, siamo partiti dall’idea che specifiche bile marcatore. molecole pro-infiammatorie e antinfiamNe abbiamo parlato con Luana Gilio, matorie presenti nel liquido cefalorachila più giovane autrice dello studio, da poco diano (LCR), potrebbero rappresentare pubblicato sulla rivista “Frontiers in Cellu- utili biomarcatori per prevedere il decorso lar Neuroscience”. clinico della SM».

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Come si comporta il possibile marcatore individuato? «L’interleuchina (IL) -6, una molecola pro-infiammatoria molto studiata nella fisiopatologia della SM, è stata associata ad un aumentato livello di disabilità e attività di malattia. Abbiamo quindi approfondito il ruolo della IL-6 come possibile biomarcatore della SM studiando la sua rilevabilità in un’ampia coorte di 534 pazienti di nuova diagnosi affetti da SM rispetto a un gruppo di 103 pazienti affetti da altre patologie neurologiche non infiammatorie. Abbiamo inoltre esplorato le correlazioni la presenza di IL-6 nel LCR, il fenotipo clinico e le caratteristiche della malattia. E i risultati hanno mostrato che l’IL-6 è più frequentemente rilevabile nel liquido cefalorachidiano dei pazienti con SM rispetto ai soggetti di controllo. Abbiamo inoltre rilevato che nei pazienti con SM a decorso recidivante-remittente (RR, cioè con un alternarsi di episodi acuti e periodi privi di sintomi) la rilevabilità dell’IL-6 è associata a una maggiore incidenza di attività di malattia clinica o radiologica al momento della diagnosi». Qual è l’innovatività di questa ricerca rispetto alle precedenti nello stesso ambito? «I nostri risultati, in linea con studi precedenti, indicano che le citochine pro-infiammatorie potrebbero essere utili per identificare i pazienti con SM inclini a una maggiore attività di malattia. L’IL-6 potrebbe quindi rappresentare un interessante biomarcatore prognostico della SM. Un risultato impor-


INTERVISTE

tante di questo studio è l’associazione tra la rilevabilità dell’IL-6 e l’attività di malattia nei pazienti con SM-RR. Studi precedenti hanno dimostrato che un aumentato livello di diverse molecole proinfiammatorie nel CSF al momento della diagnosi promuove un peggiore decorso della malattia. In particolare, uno studio del nostro gruppo pubblicato nel 2018 ha mostrato che aumentati livelli di IL-6 al momento della diagnosi sono stati associati a un numero più elevato di recidive e ad aumentato livello di disabilità nei pazienti con SM-RR durante un periodo di follow-up di 3 anni. Pertanto questi dati confermano che l’IL-6 è una molecola pro-infiammatoria significativamente coinvolta anche nella prognosi della SM». È un risultato utile ai fini della risposta al decorso della malattia? «Nel nostro studio la rilevabilità

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Molecola Interleukin 6 (IL-6).

dell’IL-6 non è associata all’EDSS (scala di invalidità espansa) al momento della diagnosi, né all’età né alla durata della malattia. I risultati potrebbero quindi indicare che la rilevabilità dell’IL-6 non cambia durante la progressione della malattia poiché non vi è alcuna differenza significativa tra i fenotipi della SM. Tuttavia, la rilevabilità è significativamente maggiore nelle CIS (sindromi clinicamente isolate) e nei pazienti con SM-RR rispetto ai controlli, evidenziando pertanto la sua presenza nel LCR fin dalle prime fasi

della SM. Nel complesso, in linea c o n studi precedenti, i risultati attuali suggeriscono che alcune molecole pro-infiammatorie del LCR potrebbero essere utili per identificare i pazienti con SM che sono inclini a una maggiore attività della malattia». Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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INTERVISTE Qual è l’impatto concreto del poter prevedere lo sviluppo della malattia e la disabilità del paziente? «Valutare i meccanismi alla base dei processi neurodegenerativi della SM, studiare il ruolo dei linfociti e dei mediatori solubili presenti nel liquor dei pazienti SM è utile per indirizzare il clinico verso la scelta farmacologica più appropriata per il paziente. La comunità scientifica ha prodotto notevoli sviluppi nell’identificazione dei fattori prognostici del rischio di base, ma è ancora limitata la precisione con cui ciò può essere fatto. Ad oggi numerose ricerche hanno individuato biomarcatori di attività di malattia e di progressione che si dovrebbero validare per fornire una prognosi più precisa. Un approccio metodologico condiviso e riproducibile sostiene lo sviluppo di modelli predittivi da utilizzare nella pratica clinica, nell’ottica di una medicina personalizzata». Quanto abbiamo guadagnato in conoscenza e quanto vi è ancora da fare nella ricerca sulle malattie neurodegenerative come la SM? «La SM non è più considerata una patologia che colpisce solo la guaina mielinica, ma una patologia che danneggia anche altre componenti fondamentali delle cellule nervose, provocando danni che potrebbero spiegare i deficit di memoria e di apprendimento o i disturbi dell’umore (come ansia e depressione) che possono insorgere nelle fasi iniziali della malattia. È stato infatti di-

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mostrato che l’infiammazione può alterare le connessioni sinaptiche e le risposte ai neurotrasmettitori, contribuendo, insieme al danno della mielina, alla progressiva morte delle cellule nervose. Tale processo, denominato nel suo insieme “sinaptopatia”, rappresenta una importante controparte del danno infiammatorio della sostanza bianca, che contribuisce ai processi neurodegenerativi nella SM. Poiché le alterazioni sinaptiche si verificano precocemente, la sinaptopatia rappresenta un rilevante target terapeutico per la SM». Questo lavoro è quasi tutto realizzato in poli di eccellenza italiani: una risposta concreta sulla capacità della ricerca nelle neuroscienze? «Per comprendere l’enorme impatto delle neuroscienze sulla salute pubblica e sociale è sufficiente considerare che oggi in Italia stimiamo 122.000 casi prevalenti (che significa 1 italiano ogni 500 con SM) e rimane un’incidenza di 3.400 nuovi casi all’anno (cioè 5-6 nuovi casi ogni 100.000 abitanti). Fa eccezione la Sardegna dove l’incidenza è doppia. Il costo sociale totale della malattia in Italia è stimato tra i 5 e i 5,5 miliardi di euro per i costi tangibili diretti e indiretti. Se a questo si affianca la considerazione di altre malattie neurologiche, croniche e disabilitanti, 100 milioni di persone al mondo soffrono di gravi patologie nervose e neurodegenerative, che rappresentano vere e proprie emergenze sociali e di salute pubblica.

Attualmente le neuroscienze sono uno dei campi della ricerca che maggiormente può contribuire, con il suo avanzamento, alla salute individuale e pubblica. Le collaborazioni tra poli nazionali e internazionali e scienziati di fama, quali il professor Diego Centonze, vanno in questa direzione, con l’obiettivo che la ricerca sanitaria rappresenti progresso scientifico e tecnologico, contribuendo al miglioramento dell’assistenza, delle cure e dei servizi. In altre parole, per incrementare significativamente la qualità di vita dei pazienti». (S. L.).

Luana Gilio.

Chi è

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ottoranda in neuroscienze, classe 1990, lucana, i primi studi in Abruzzo e subito l’avvio di un percorso professionale tra ricerca e attività clinica. Luana Gilio, la più giovane ricercatrice del team che ha sviluppato lo studio sull’Interleuchina (IL) -6 e il suo ruolo nella SM, è attualmente docente di Psicologia Clinica a Tor Vergata e di Processi cognitivi e tecnologie presso la Magistrale in Neuroscienze dell’Universitá Internazionale Uninettuno. Sotto la direzione del professore Diego Centonze, è referente del Centro di Neuropsicologia della Sclerosi Multipla e collabora con il Servizio di Neuropsicologia Clinica presso l’Unità Operativa di Neurologia dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli (IS). Nel suo curriculum ha già diverse pubblicazioni dedicate alla ricerca sulla sclerosi multipla. È stata anche membro del Comitato Scientifico della Società Italiana per la Promozione della Salute.


INAUGURAZIONE DELLA SEDE REGIONALE DI PIEMONTE, LIGURIA E VALLE D’AOSTA DELL’ONB TORINO* 14 novembre 2020 - Ore 10:30 Interventi: Sen. dott. Vincenzo D’Anna

Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi

Dott. Valter Canavero

Delegato regionale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta

Dott. Alessandro Miceli

Commissario della delegazione di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta

Autorità convenute

*Via Alberto Nota, 3 Terzo Piano www.onb.it

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SALUTE BIOLOGIA DEL PALAZZO

SMART WORKING, LA NUOVA FRONTIERA DEL MONDO DEL LAVORO Tutti i pro e i contro di una rivoluzione già avviata nella fase del lockdown

di Riccardo Mazzoni

L

o Smart-working è diventato, nei mesi del lockdown, la nuova frontiera del mondo del lavoro. La ministra Dadone, titolare del dicastero della Pubblica Amministrazione, punta a renderlo strutturale per i dipendenti pubblici arrivando al 60% nel 2021. Durante il lockdown le amministrazioni centrali hanno registrato un livello di adesione allo smart working molto alto, intorno all’80%, mentre le Regioni del 69%. Molto inferiori i dati dei piccoli Comuni, molti dei quali non sono ancora pienamente attrezzati dal punto di vista tecnologico. Il completamento della rivoluzione digitale, del resto, per l’Italia è un obiettivo ancora lontano, e anche il percorso verso lo smart working negli uffici pubblici è appena all’inizio: se, infatti, nel 2018 in Italia già il 56% delle grandi aziende private aveva

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avviato iniziative strutturate di smart wor- lavoro e l’abbattimento dei costi legati king, la stessa cosa è avvenuta solo nell’8% agli spostamenti. Insomma, in teoria lo smart working delle amministrazioni pubbliche, secondo i dati dell’Osservatorio Smart Working del è una leva di cambiamento per le PA e i Politecnico di Milano. Il governo ha indi- suoi lavoratori, mettendo al centro le perviduato nell’emergenza sanitaria l’occasio- sone e la fiducia tra lavoratori e amminine per ripensare l’istituto del lavoro agile strazione. Ci sono poi gli effetti “esterni”: come strumento per modernizzare il servi- lo smart working impatta infatti anche sui zio pubblico e valorizzare il capitale uma- temi della sostenibilità ambientale, con un risparmio di consumi no, con un risparmio elettrici negli uffici dei costi di gestione e una riduzione neldegli spazi interni, Nel 2018, in Italia aveva emissioni di CO2 una diminuzione del avviato il lavoro a distanza le grazie alla diminuziotasso di assenteismo e una più efficiente il 56 per cento delle grandi ne del traffico legato agli spostamenti per gestione del tempo aziende private raggiungere il posto di lavoro da parte del di lavoro. lavoratore. Non solo: prima Una grande scommessa che contiene pro e contro, del lockdown c’è stato un esempio sicuma che trova il consenso della maggio- ramente virtuoso di sperimentazione dello ranza dei dipendenti: alcuni vantaggi smart working: la creazione di un network per i lavoratori sono evidenti, a partire tra enti pubblici e privati volura dal Codalla conciliazione tra tempi di vita e di mune di Genova, una vera e propria rete


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working” quello che lui ha definito “il letargo” che ha caratterizzato gran parte delle amministrazioni pubbliche nei mesi scorsi. Una vacanza pagata. Ci è stato detto che quasi tutti i dipendenti pubblici erano impegnati nel lavoro da casa, ma tutti abbiamo avuto sotto gli occhi le amministrazioni inaccessibili e le © Fizkes/www.shutterstock.com pratiche rinviate sine die in tutti i settori, da quello tributario alla Motorizzazione cittadina nata dalla decisione di allegge- civile, alle sovrintendenze, agli ispettorati, rire la mobilità in città, ed è stata essen- agli uffici giudiziari, alla polizia urbana, ai ziale soprattutto dopo il crollo del Ponte musei”. Per poi rincarare la dose: “Come Morandi, quando la veloce attivazione facevano a lavorare da remoto i vigili urdello smart working in più realtà possibili bani, i custodi dei musei, gli operatori ha messo in luce quanto esso possa esse- ecologici, gli usceri? Anche nella scuola re un fattore decisivo per la qualità della tutti abbiamo constatato che una parte vita nelle grandi città: Basti pensare che al soltanto degli insegnanti si è attivata per la Comune di Genova lavorano 5.000 dipen- didattica a distanza e il personale tecnico e denti, e nelle parteciamministrativo è per pate circa 10.000. lo più rimasto a casa Uno strumensenza alcun compito Tra gli svantaggi, c’è to quindi in grado da svolgere”. la perdita della socialità di dare risposte anMa ci sono anche nelle situazioni che altre criticità: e i danni all’indotto delle d’emergenza locali, la prima è che l’amorganizzazioni commerciali biente domestico come le alluvioni. Ma non è tutto oro quelnon è quello idealo che riluce. Il più le per svolgervi la autorevole dei giuslavoristi italiani, Piero propria attività professionale, salvo per Ichino, ad esempio, pur non dicendosi chi dispone di una casa grande, con una contrario a questa forma nuova di orga- stanza isolabile dalle altre da destinare al nizzazione del lavoro e all’evoluzione tec- lavoro. Se poi in una casa piccola ci sono nologica, si è rifiutato di chiamare “smart anche i figli per tutta la giornata, perché

le scuole sono chiuse com’è accaduto durante il lockdown, utilizzarla come luogo di lavoro può diventare davvero molto difficile. Uno smart working generalizzato, poi, farebbe sparire del tutto lo spirito di squadra con i colleghi d’ufficio, e questo potrebbe avere conseguenze negative dal punto di vista della socialità. Ma le conseguenze più gravi sono quelle sull’indotto, soprattutto nelle grandi città, dove molti bar e ristoranti sono stati costretti a chiudere o a ridurre il personale per il drastico calo di clienti causato dall’assenza dei dipendenti pubblici. Le organizzazioni dei commercianti hanno già chiesto un piano di rientro negli uffici dei lavoratori della PA. Ma è chiaro che nulla potrà tornare come prima: l’era della digitalizzazione cambierà profondamente il nostro modo di vivere, e il mondo del lavoro ne sarà il primo banco di prova. Come dimostrano le prime sperimentazioni del South working, un mondo tutto nuovo nel quale ai lavoratori emigrati dal sud viene consentito di trasferirsi nella propria città di origine, dove il costo della vita è molto più basso, mantenendo il proprio posto nelle aziende del nord Italia. Come per lo smart working, il progetto è quello di organizzare i dipendenti in base ad obiettivi e non più sulla presenza fisica nel luogo di lavoro. Una rivoluzione, insomma. Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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Autostrade, Alitalia, ex Ilva: torna lo Stato gestore Si torna alle partecipazioni statali. I costi e i risultati delle proprietà pubbliche

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iamo al ritorno in grande stile dello Stato gestore? Il Senato ha approvato la mozione di maggioranza su Autostrade che approva “l’uscita di Atlantia in favore di Cassa Depositi e Prestiti e impegna il governo a chiarire le tempistiche della transazione, “fermo restando la risoluzione unilaterale della convenzione con Aspi in caso di mancato completamento dell’accordo transattivo”. Via libera dunque alla nazionalizzazione di Aspi, con l’opposizione che ha parlato esplicitamente di “deriva venezuelana” e di un’operazione contraria all’interesse pubblico, visto che rischia di allontanare gli investitori stranieri, con un altro colpo alla credibilità del Paese dopo lo scudo penale negato per Ilva ad Arcelor Mittal. Le zone d’ombra in effetti restano molte: non sappiamo quale sarà il costo di acquisto della maggioranza delle azioni ora in capo alla famiglia Benetton, e inoltre si sono persi due lunghi anni per la revoca della concessione, un’incertezza che ha pesato sul titolo in Borsa penalizzando soprattutto i piccoli azionisti. Certo, la concessione prevedeva clausole troppo favorevoli ai Benetton, ma è lecito chiedersi se, al di là della vicenda Autostrade, la restaurazione dello Stato padrone e tendenzialmente monopolista in campo economico sia quella giusta. La logica statalista ha infatti creato nel tempo una selva di imprese decotte, che in nome dell’interesse pubblico hanno accumulato perdite miliardarie, accrescendo così il debito ripagato in tasse dai contribuenti. Per non parlare delle diecimila aziende controllate o partecipate da Stato ed enti lo-

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cali, che sono servite a moltiplicare i consigli d’amministrazione in cui sistemare in modo clientelare il sottobosco dei partiti. Ecco: con Autostrade, Alitalia ed Ilva il governo sta riportando l’Italia all’epoca delle partecipazioni statali, ma basterebbe un breve ripasso degli ultimi cinquant’anni per scoprire che la proprietà pubblica ha sempre generato inefficienze ed extracosti. Il ministro Patuanelli, ad esempio, sostiene che è stato un errore privatizzare l’acciaio, e che solo l’intervento pubblico riuscirà a garantire insieme produzione e tutela ambientale. Ma fu proprio la gestione Italsider all’origine dell’inquinamento ambientale nell’area di Taranto di cui stiamo ancora pagando le conseguenze. Per non parlare di Alitalia: il piano presentato all’Antitrust europeo prevedrebbe infatti una compagnia con 70 aerei e 4mila esuberi, in linea con le analisi di mercato che prevedono una forte riduzione del traffico aereo almeno fino al 2022. Ma il governo ha subito smentito: sì alla riduzione degli aerei, ma niente esuberi. Su quali basi, però, si potrà reggere questo improbabile e improvvisato piano industriale? La risposta è una sola: con un’altra immissione di denaro pubblico a spese, ancora una volta, dei contribuenti. La conclusione non è confortante: ipotizzare che dove lo Stato ha fallito da controllore, funzioni invece da imprenditore è infatti un’equazione che non può reggere. La strada imboccata però è esattamente quella, visto che lo Stato è appena entrato anche nella moda con il salvataggio del marchio Corneliani, e si appresta alla stessa soluzione per risolvere la crisi Embraco, per cui s’invoca l’intervento di Invitalia. (R. M.).


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SALUTE

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SALUTE

GIRO DI BOA PER LA POPOLAZIONE DEL PIANETA PRESTO UN DECLINO INARRESTABILE Entro il 2100 sulla Terra ci saranno meno di 9 miliardi di persone. L’Italia perderà la metà dei suoi abitanti di Sara Lorusso

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on è detto che la popolazione globale continuerà a crescere: a metà del secolo potrebbe raggiungere il picco e poi avviarsi al declino demografico. Questa parabola è stata tracciata da uno studio di modellizzazione che ha stimato le tendenze demografiche del Pianeta fino al prossimo 2100. La ricerca, pubblicata sulla rivista “The Lancet”, è stata sostenuta dalla Bill & Melinda Gates Foundation ed è stata sviluppata dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) presso la School of Medicine dell’Università di Washington, attraverso i dataset del Global Burden of Disease Study 2017, un progetto che raccoglie informazioni sullo stato di salute della popolazione globale. A dispetto di quanto previsto da precedenti stime conosciute, compreso il modello elaborato dalle Nazioni Unite, la popolazione globale non avrà un trend in costante aumento. Gli scienziati dell’Università di Washington ne hanno previsto il picco nel 2064 quando sulla Terra dovrebbero esserci circa 9,7 miliardi di persone. Una sorta di giro di boa, poiché la previsione è che la popolazione globale scenda a quota 8,8 miliardi alla fine del secolo, con ben 23 Paesi che vedranno ridurre di oltre il 50% i propri abitanti. Tra questi, con Giappone, Thailandia e Spagna, c’è anche l’Italia per cui è previsto un calo drastico dai 61 milioni censiti nel 2017 ai 30,5 milioni previsti nel 2100. Il Pianeta dovrebbe affacciarsi al 2100 con 1,09 miliardi di abitanti in India, 791 milioni in Nigeria, 732 milioni in Cina, 336 milioni negli Stati Uniti e 248 milioni in Pakistan. All’appuntamento la Cina arriverà con il 48% in meno della popolazione. È stata stimata una crescita demografica solo nell’Africa sub-sahariana (da 1,03 miliardi stimati nel 2017 a 3,07 miliardi nel 2100) e nel Medio Oriente (da 600 milioni nel 2017 a 978 milioni nel 2100), soprattutto grazie all’abbattimento della mortalità. Cina e India raggiungeranno il picco prima del 2050, andando incontro a traiettorie di forte calo negli anni successivi; la flessione degli Stati Uniti, invece, comincerà esattamente a metà del secolo e sarà più graduale: meno del 10% della popolazione registrata al picco entro il 2100. Alla fine del ventunesimo secolo è possibile che il Tasso di Fecondità Totale (in inglese, Total Fertility Rate, o TFR), comunemente rappresentato come “numero medio di figli per donna”, sarà di 1,66. Un dato che si attesta al di sotto della soglia di sostituzione, fissata a 2,1 figli per donna in età fertile e considerata il limite utile per il ricambio generazionale. Solo l’immigrazione sarà a quel punto capace di compensare il calo irreversibile della popolazione. Entro il 2100, dicono gli autori della ricerca, 183 Paesi avranno un TFR al di sotto di quella

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SALUTE soglia di allarme. Anche in questo caso il primato negativo coinvolge l’Italia, che, insieme alla Spagna, farà registrare un TFR di 1,2: era di 1,33 nel 2017. La ricerca dell’istituto di Washington ha sviluppato un modello complesso che ha incrociato diversi indicatori e parametri, senza elaborarli esclusivamente in base all’avanzamento del tempo. Il modello dell’IHME utilizza le tendenze del passato rispetto ai driver di tre grandi indicatori: fertilità (basando la stima su istruzione e accesso ai contraccettivi), mortalità (tenendo conto delle variabili sociodemografiche e di oltre 70 fattori di rischio per le malattie) e migrazione (incor-

Il PIL e lo scenario economico: il Bel Paese crollerà al 25esimo posto Il cambiamento della popolazione, per dimensione e caratteristiche, è collegato all’equilibrio geopolitico nel Pianeta. La ricerca pubblicata su “The Lancet” propone alcuni possibili cambiamenti del contesto economico e del protagonismo sulla scena politica, rispetto ai rapporti di forza tra i Paesi, che oggi conosciamo. Il calo della popolazione in età lavorativa è determinante nella sfida allo sviluppo e alla risposta all’alto onere che i sistemi sanitari devono affrontare a causa di una popolazione in costante invecchiamento. Secondo lo studio, attraverso una proiezione del PIL come fattore cruciale, la Cina diventerà la più grande economia entro il 2035, per lasciare di nuovo il ruolo primario nel 2098 agli Stati Uniti, che avranno compensato il calo demografico con flussi migratori di individui in età lavorativa. Nel 2100 sarà l’India ad avere la più grande popolazione in età lavorativa al mondo. Il Giappone sarà la quarta più grande economia; per Russia e Brasile si prospetta un calo moderato, Spagna e Italia dovranno, invece, affrontare un calo sostanziale. Mentre Regno Unito, Germania e Francia rimarranno tra i primi 10 Paesi per dimensione del PIL, l’Italia passerà dalla nona posizione al venticinquesimo gradino dell’economia mondiale. Una lettura va riservata all’impatto ambientale. Il declino della popolazione potrebbe avere un effetto positivo attraverso l’alleggerimento della pressione dei consumi e dell’inquinamento. Ma, contestualmente, i cambiamenti nella struttura della popolazione per età potrebbero determinare altre conseguenze negative.

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porando nella valutazione molte variabili per donna nel 2017 a 1,7 a fine secolo. In legate al cambiamento sociale o a eventi di Niger, dove il tasso di fertilità era il più alto portata internazionadel mondo nel 2017 le, come i conflitti). I - con fino a sette parricercatori hanno poi ti per donna - il TFR La popolazione scenderà valutato anche alcuni dovrebbe scendere a a 8,8 miliardi a fine secolo, 1,8. Contestualmente parametri di incertezza, come per esempio con 23 Paesi che vedranno però, l’abbattimenl’indeterminatezza dei to della mortalità, in ridurre del 50% gli abitanti questa stessa area del flussi migratori o l’innalzamento dell’età Pianeta, permetterà media del primo parto alla popolazione di triman mano che per le donne aumenta il grado plicare. di istruzione. Il valore di questa ricerca sta tutto nelle Questo ha permesso al gruppo di autori sue implicazioni sociali e geopolitiche. Podi elaborare sia una previsione nello scenario ter prevedere l’andamento della demografia di riferimento, scattando una sorta di foto- globale significa consegnare ai decisori uno grafia a fine secolo, sia scenari alternativi mo- strumento statistico determinante ai fini della dulando variabili collegate progettazione di politiche economiche alle dinamiche politiche e e sanitarie. Ma, avvertono gli ausanitarie. Questa metotori dello studio, si dologia ha permesso di tratta pur ottenere diversi contesti di controllo e confronto delle stime ottenute. Osservando i trend negli scenari alternativi, per esempio, la stima della popolazione al 2100 cambiava da 13,6 miliardi di persone in un contesto di scarsi progressi nell’accesso all’istruzione e alla contraccezione a 6,29 miliardi in un’ipotesi di completa soddisfazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile relativi ai servizi per la salute riproduttiva fissati nell’Agenda 2030 dall’ONU. Proprio una maggiore istruzione delle donne e la possibilità di una contraccezione moderna e consapevole sono due dei fattori che più incidono sul modello demografico sviluppato, impattando sul declino della fertilità. È risultato evidente nei Paesi ad alta fertilità, in particolare quelli dell’Africa sub-sahariana, dove è stato previsto un passaggio dalla media di 4,6 nascite


SALUTE «Per i Paesi ad alto reddito con tassi di sempre di previsioni: per quanto basate su un modello più complesso e accurato di fertilità inferiori alla sostituzione – ha commentato Christopher quelli finora comuneMurray, direttore mente utilizzati, alcudell’IHME e coordine variabili risultano Per l’Italia è previsto natore della ricerca davvero imprevedibili. un calo drastico dai 61 – le migliori soluzioBasti pensare a come catastrofi naturali o milioni censiti nel 2017 ai ni per sostenere gli attuali livelli di pocambiamento climatico determineranno i 30,5 milioni previsti nel 2100 polazione, la crescita economica e la sicuflussi migratori in caso rezza geopolitica sono di fuga da alluvioni e siccità. La fragilità della stima è evidenziata politiche di immigrazione aperte e politiche dalla consapevolezza che anche lievi cambia- sociali a sostegno delle famiglie per sostementi nel TFR, determinati magari da parti- nere la possibilità di avere tanti figli quanti colari politiche economiche oppure da even- se ne desiderano». In ciascuno degli scenari ti naturali, si traducono in grandi differenze analizzati, il modello ha fatto emergere un nella dimensione demografica, soprattutto cambiamento importante nella struttura per nei Paesi al di sotto del livello di sostituzione: età della popolazione globale. Nello scenario aumentando il TFR di appena 0,1 nascite per di riferimento gli studiosi hanno previsto che donna, per esempio, ci si ritrova nel modello l’età media passerà da 32,6 anni nel 2017 a con 500 milioni di persone in più sul Pianeta 46,2 anni nel 2100. Arrivati a fine secolo 2,37 miliardi individui avranno un’età superiore ai nel 2100. 65 anni. Sarà decisamente più piccola la fetta di popolazione giovane: solo 1,70 miliardi di persone avranno meno di 20 anni, con un significativo calo della popolazione in età lavorativa. E il numero di bambini con meno di 5 anni diminuirà del 41%, passando dai 681 milioni nel 2017 a 401 milioni nel 2100. È un orizzonte demografico con cui molti Paesi occidentali hanno cominciato a fare i conti da ormai diversi anni. I ricercatori fanno notare che nel 1950 il dato globale era di 25 nuove nascite per ogni persona che compiva 80 anni; nel 2017 quel numero era già sceso a sette. Nel 2100 la previsione è di una sola nascita per ogni persona che raggiungerà gli 80 anni. Il numero di ottantenni aumenterà di sei

volte, da 141 a 866 milioni. La ricerca fornisce alcune previsioni interessanti e inaspettate anche sulla composizione della popolazione che sarà. L’aspettativa di vita aumenterà, ma non in modo così rilevante come ci si sarebbe aspettati osservando la tendenza emersa tra il 1990 e il 2017. In particolare nella seconda metà del secolo è previsto un rallentamento di questo dato, soprattutto nelle zone ad alto reddito. I ricercatori prevedono una convergenza globale dell’aspettativa di vita nel corso della parte finale del secolo. Osservando i singoli Paesi, tra i dieci con la più grande popolazione, l’aspettativa di vita sarà più elevata in Cina, Bangladesh, Brasile, Etiopia, Stati Uniti e Nigeria: il dato oscillerà tra gli 84,2 anni in Cina e gli 80,4 anni in Nigeria. Nel medesimo gruppo, Repubblica Democratica del Congo, Pakistan, India e Indonesia faranno registrare l’aspettativa di vita più bassa (passando dai 76,9 anni nel Congo ai 79,5 anni in Indonesia). Il quadro complessivo emerso con lo studio dell’IHME apre a diverse valutazioni, a seconda del punto di vista con cui vengono analizzati dati e previsioni. «Esiste un pericolo molto reale – ha continua Murray – che, di fronte al calo della popolazione, alcuni Paesi possano prendere in considerazione politiche di limitazione dell’accesso ai servizi della salute riproduttiva per le donne, con conseguenze potenzialmente devastanti. Per questo – ha continua Murray – deve essere condiviso l’imperativo che la libertà e i diritti delle donne rimangano nell’agenda dei programmi di sviluppo di ogni governo».

La fertilità in statistica Nella modellazione statistica il termine “fertilità” assume caratteristiche specifiche rispetto all’utilizzo nel linguaggio comune. In demografia, spiega Antonio Santini nell’Enciclopedia delle Scienze Sociali (1994), col termine fertilità si intende la capacità biofisiologica posseduta da un individuo o da una coppia di produrre figli, indipendentemente dal fatto che tale capacità venga effettivamente esercitata. Con il termine “fecondità”, invece, ci si riferisce al numero dei nati vivi all’interno di una specifica popolazione. Per gli anglosassoni l’uso delle espressioni “fecundity” e “fertility” è invertito. Ma nella letteratura scientifica le due locuzioni appaiono normalmente come sinonimi.

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SALUTE

Studio internazionale sulla prevalenza dei disturbi gastrointestinali funzionali: a soffrirne sono soprattutto le donne

LA DIFFUSIONE NEL MONDO DEI FGID

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disturbi gastrointestinali funzionali (FGID), cioè alterazioni croniche delle normali funzionalità dell’apparato digerente per cui non è possibile individuare una causa organica, colpiscono almeno quattro adulti su dieci. La problematica, con livelli eterogenei di intensità e gravità della malattia funzionale, colpisce dunque una fetta consistente della popolazione mondiale. Il dato è stato rivelato da uno studio internazionale sostenuto dalla Rome Foundation, un’organizzazione indipendente no profit che sostiene l’educazione e la ricerca sulla diagnosi e il trattamento dei disturbi dell’interazione intestino-cervello. La ricerca ha provato a fornire un quadro della prevalenza globale dei FGID. I risultati dell’indagine sono stati pubblicati sulla rivista “Gastroenterology”: ad elaborare l’enorme mole di informazioni a disposizione sono stati ricercatori appartenenti ad università dislocate in ciascuno dei cinque continenti. Si tratta di una vasta indagine epidemiologica che ha coperto una popolazione di circa 73 mila persone distribuita in 33 Paesi. La raccolta dati è stata completata sia attraverso interviste condotte di persona, durante colloqui familiari, sia facendo ricorso alla compilazione online di questionari. Ciò che ha mosso lo studio è stata soprattutto la consapevolezza del pesante carico globale dei disturbi funzionali del tratto gastrointestinale, che richiedono importanti interventi da parte dei sistemi sanitari e hanno un impatto fortemente negati-

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vo sulla qualità della vita. Eppure ancora se ne sa ancora molto poco. Di qui l’idea di indagare l’associazione tra la malattia e alcuni fattori considerati chiave, per valutarne la ricorrenza. L’indagine ha raccolto dati utilizzando i Criteri di Roma, una serie di criteri diagnostici internazionali nati grazie alla Rome Foundation e usati per definire la diagnosi e guidare il trattamento dei FGID. Lo studio ha poi raccolto ulteriori informazioni includendo nei vari questionari fattori demografici e di comorbilità, comportamenti relativi alla salute personale, condizioni di vita e alcuni fattori sociopsicologici. Ne è emerso che oltre il 40% della popolazione mondiale soffre di questa patologica. La condizione patologia è risultata più presente tra le donne: secondo le risposte raccolte il 49% delle donne e il 37% degli uomini soddisfacevano i criteri diagnostici per almeno un FGID. La presenza del disturbo è stata, inoltre, costantemente associata a un’inferiore qualità della vita e

a visite mediche più frequenti. Alcuni dati sulla ricorrenza della malattia sono apparsi diversi a seconda dei criteri utilizzati. In particolare, la percentuale di soggetti con sindrome dell’intestino irritabile sono risultate


SALUTE

Si tratta di alterazioni croniche delle normali funzionalità dell’apparato digerente per le quali non è possibile individuare una causa organica

inferiori quando sono stati utilizzati i Criteri di Roma nell’edizione più recente di redazione, rispetto all’applicazione dei criteri così come erano stati aggiornati nell’edizione del 2006 delle linee guida. In particolare, secondo l’ulti-

ma versione dei Criteri di Roma la sindrome dell’intestino irritabile era presente nel 4,1% della popolazione che aveva risposto alla raccolta dati online (rispetto al 10,1% emerso sulla stessa popolazione con i criteri emanati negli anni precedenti) e nell’1,5% degli individui che avevano risposte a interviste familiari (rispetto al 3,5% con i criteri emanati negli anni precedenti). Una delle informazioni più curiose riguarda proprio la leggera distanza che intercorre tra le risposte di quanti hanno compilato i questionari online e quanti hanno invece partecipato alla raccolta dati svolta di persona. Magnus Simrén, professore di Gastroenterologia alla Sahlgrenska Academy dell’Università di Göteborg fa parte del gruppo direttivo internazionale responsabile dello studio e ha provato a fare un’ipotesi. «Non sappiamo perché assistiamo a questa differenza, ma un motivo potrebbe essere l’imbarazzo provato dalle persone nel parlare di alcuni sintomi collegati al malfunzionamento di stomaco e intestino con qualcuno estraneo che sta loro seduto di fronte, e quindi tendono

a sottostimare i disturbi rispetto a quanti forniscono le proprie risposte in forma anonima su un modulo online». Questo non cambia il valore generale del progetto. «È sorprendente quanto siano simili i risultati tra i vari Paesi. – ha aggiunto Simrén, che è anche il responsabile della parte svedese dello studio, relativo a una popolazione di circa 2.000 persone – Possiamo vedere alcune variazioni ma, in generale, questi disturbi sono ugualmente comuni in qualunque Paese o continente». (S. L.).

La diagnosi per esclusione

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a diagnosi di un disturbo funzionale gastrointestinale generalmente arriva per esclusione, dopo aver effettuato con risultato negativo diversi test diagnostici tradizionali, dalle analisi del sangue fino all’endoscopia. Ci sono però vari sintomi che, in forma diversa tra i pazienti e con combinazioni molto differenti, ma che lo specialista sa individuare, una volta escluso un problema organico, portano a riconoscere i FGID. Tra questi sono molto comuni il dolore toracico non collegato a problemi cardiaci, diarrea o stitichezza croniche, la difficoltà nel deglutire, la digestione lenta e difficile, nausea cronica e un ricorrente dolore addominale, l’ipersensibilità al reflusso. A questi disturbi prettamente gastrointestinali capita spesso si abbinino altre situazioni di malessere collegate, quali la continua stanchezza e l’insonnia.

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SALUTE

MALATTIE DEL FEGATO DIAGNOSI ATTRAVERSO IL MICROBIOMA

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da tempo ormai considerato il “secondo cervello” dell’organismo umano, in grado di influenzare persino umore e psiche. È l’intestino, popolato dal microbioma, una complessa raccolta di microbi che costituisce un indicatore primario della salute: ed è da qui che ha origine uno strumento diagnostico innovativo che un team di ricercatori del Salk Institute e della University of California San Diego ha creato per individuare in modo rapido ed economico alcune tra le più gravi malattie al fegato come fibrosi e cirrosi. Una scoperta dalle potenzialità enormi, se si tiene conto che la malattia epatica cronica colpisce circa 844 milioni di persone (dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), rappresentando una delle principali cause di mortalità in Australia, Regno Unito e Stati Uniti. Lo strumento individuato in California, basato proprio sul microbioma, potrebbe rappresentare una vera svolta che, con l’accuratezza dei migliori medici, identifica in modo rapido ed economico fibrosi e cirrosi nel 90% dei casi. Il metodo, progettato a monte come non invasivo, si basa su un algoritmo che analizza i campioni di feci dei pazienti - che contengono tracce di ciò che vive nell’intestino - e potrebbe portare a un miglioramento delle cure e dei loro risultati. «Il microbioma è un rilevatore vivente dinamico di piccoli cambiamenti nella salute e nelle malattie del corpo e, in quanto tale, fornisce una lettura accurata della salute – ha spiegato il professor Ronald Evans, autore della ricerca (pubblicata sulla rivista Cell Metabolism) e membro della March of Dimes, organizzazione non profit che lavora per migliorare la salute di mamme e bambini -. Poiché questa diagnostica è veloce e a basso costo, potrebbe essere ampiamente utilizzata, soprattutto nelle molte aree in cui mancano cliniche e medici specializzati. In poche parole, potrebbe essere un vero punto di svolta, con implicazioni a livello mondiale».

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Dalla California uno studio che parte dall’intestino per individuare i pazienti a rischio

La steatosi epatica non alcolica (No«Abbiamo cercato di sviluppare un test nalcoholic Fatty Liver Disease, in sigla universale e non invasivo per la fibrosi epaNAFLD) è la principale causa di malattia tica e la cirrosi basato sulla “firma batterica” epatica cronica a livello globale e può pro- della malattia», afferma Michael Downes, gredire fino a sfociare in fibrosi epatica, scienziato senior del Salk Institute e coautore cirrosi e potenzialmente cancro, poiché il dello studio. In collaborazione con gli scienfegato inizia a subire ziati del Dipartimento cicatrici e morte celludi Medicina della UC lare. Ma, al momento, Ne sono affetti 844 milioni di San Diego, il team ha mancano strumenti individui e rappresentano le ottimizzato un metodo diagnostici per la ficomputazionale chiaprincipali cause di morte in mato machine learning brosi epatica e la cirrosi. Le biopsie sono Australia, Regno Unito e Usa per scoprire la firma invasive e può accadi malattie complesdere che non riescase basata su 19 specie no a individuare con precisione le regioni batteriche presenti nei campioni di feci di un danneggiate; le risonanze magnetiche sono gruppo di pazienti. La firma è composta dalle costose e spesso non sono disponibili nelle diverse quantità di batteri, che creano un’imaree rurali. Per affrontare queste sfide, il pronta digitale universale per identificare la team di ricerca ha esplorato il microbioma fibrosi epatica e la cirrosi. Lo studio ha inclucome strumento per soddisfare l’urgente so 163 campioni clinici di familiari sia sani sia necessità di un nuovo test per identificare i malati per identificare variabili indicative di pazienti a rischio. malattia epatica.


SALUTE

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Fibrosi e cirrosi epatica

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Utilizzando i dati del profilo genetico del bioma e il modo in cui la salute dell’intestino microbioma e dei metaboliti dei campioni di probabilmente influenza la malattia». I ricerfeci, i ricercatori hanno scoperto una firma catori hanno quindi applicato la firma del miassociata a una diagnosi di cirrosi con un’ac- crobioma a due popolazioni indipendenti di curatezza del 94%. La firma del microbioma pazienti provenienti da Cina e Italia. Il metopotrebbe anche determinare lo stadio della do che è statoindividuato potrebbe identififibrosi epatica, che care accuratamente la potrebbe consentire ai presenza della cirrosi Il metodo di screening, medici di classificare in oltre il 90% dei pai pazienti in base allo non invasivo, si basa su un zienti. stadio della malattia e «È notevole che algoritmo che analizza migliorare le strategie una firma del midi cura. i campioni di feci dei pazienti crobioma intestinale «Questi risultati derivata da pazienti dimostrano che è posresidenti nella Califorsibile utilizzare l’apprendimento automatico nia del sud per cirrosi sia stata in grado di per identificare una firma universale che può predire la cirrosi in due coorti indipendenti essere utilizzata per una diagnosi accurata residenti in Cina e in Italia – ha detto Rohit di una malattia, come la cirrosi epatica – ha Loomba, co-autore e direttore del Centro aggiunto Tae Gyu Oh, primo autore del do- di ricerca NAFLD presso la UC San Diego cumento e ricercatore post-dottorato nel la- School of Medicine -. Penso che l’utilizzo del boratorio di Evans -. I modelli che abbiamo microbioma come strumento diagnostico sia trovato riflettono la complessità del micro- solo all’inizio». (C. D. M.)

a Fibrosi epatica consiste in un accumulo eccessivo di tessuto connettivo nel fegato, formato da cicatrici sviluppate in risposta a lesioni croniche; è una condizione difficile da diagnosticare, soprattutto nei primi stadi, perché inizialmente asintomatica; spesso evolve in cirrosi, tanto da essere considerata una fase di pre-cirrosi. Cirrosi che, invece, è caratterizzata dal sovvertimento diffuso e irreversibile della struttura del fegato che consegue a danni di varia natura che si sono accumulati a lungo. Lo studio del Salk Institute, nelle sue prossime evoluzioni, cercherà di verificare se il ripristino di parti del microbioma porti alla regressione della malattia o se rimuovere determinati batteri possa peggiorarla. Il team spera anche che questo approccio possa essere utilizzato per riuscire a identificare precocemente ulteriori malattie, come la malattia infiammatoria intestinale, il cancro del colon, l’Alzheimer e altre malattie che possono essere caratterizzate da un microbioma disregolato.

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SALUTE

Rockefeller University, New York (USA).

I neuroni sono più vulnerabili nell’Alzheimer I geni che svolgerebbero un ruolo cruciale nelle prime fasi della malattia

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ono loro, i neuroni che trasferiscono le esperienze nei rirofibrillari. «Cosa sta succedendo a valle dell’accumulo di amiloicordi, i primi a essere deteriorati dalla malattia di Alzheide e come le placche innescano grovigli neurofibrillari all’interno mer: è un processo lento, che inizia con il degrado di un di neuroni vulnerabili, è molto più di un puzzle – ha proseguito gruppo di cellule cerebrali nella corteccia entorinale, parRoussarie -: è il posto dove scoprire nuovi bersagli terapeutici». te della formazione dell’ippocampo situata bilateralmente nelle Come distinguere, dunque, i neuroni vulnerabili dai loro vicini regioni mediali dei lobi temporali. Quando colpito dal morbo, il più resilienti? cervello non subisce degenerazione in una sola volta, ma gradualA questo punto è venuta in aiuto una tecnologia, la BacTRAP, mente e lentamente. I primi ad andare sono sempre quei neuroni sviluppata alla Rockefeller da Greengard e Nathaniel Heintz, che “vulnerabili”: capire perché potrebbe essere la chiave per nuovi consente, nei topi, di catalogare le proteine all’interno di popolatrattamenti. Ora un nuovo studio della newyorchese Rockefeller zioni specifiche di neuroni. Un team della Princeton University, University, pubblicato su Neuron, fa luce sul funzionamento inguidato da Olga Troyanskaya, ha quindi progettato algoritmi inforterno di questo sottoinsieme di neuroni e descrive i fattori momatici per aiutare il team a concentrarsi solo sulle anomalie genetilecolari che rendono le cellule cerebrali entorinali sensibili alla che che potrebbero essere più rilevanti per la neurodegenerazione. degenerazione. Una serie di geni potrebbe svolgere un «Se saremo in grado di comprendere le ruolo importante nelle prime fasi dell’AlLo studio è stato realizzato zheimer, decidendo in primo luogo se le propeculiarità dei neuroni più vulnerabili del cervello, potremmo potenzialmente aprire teine tau si aggregheranno in grovigli neurodalla della newyorchese nuove strade per le cure», ha premesso Jefibrillari: tra loro, in particolare, ce n’è uno Rockefeller University ed è che produce una proteina chiamata PTBP1, an-Pierre Roussarie, ricercatore associato del Greengard laboratory. Finora, la maggior stato pubblicato su Neuron fattore di giunzione che dirige le cellule a parte degli studi si è concentrata sull’accucreare uno dei due sottotipi di proteina tau. mulo di peptidi Aβ, che formano placche nel I nuovi risultati suggeriscono che la malattia cervello, primo segno della malattia seguito da un altro fenomepotrebbe essere guidata da cellule i cui livelli di variante tau sono no che potrebbe, invece, rivelarsi più promettente. Dopo la fordisturbati. «Una volta capito cosa rende i neuroni più vulnerabili, mazione delle placche, infatti, un gruppo di proteine tau, note si aprono più strade per ridurre la loro vulnerabilità», ha chiaricome “grovigli neurofibrillari”, intasano l’interno dei neuroni. to Vicky Yao, assistente professore di informatica presso la Rice A differenza delle prime, questi ammassi proteici inizialmente si University e coautore della ricerca. concentrano esclusivamente in un gruppo distinto di cellule della L’innovatività dello studio starebbe proprio in questo: nell’acorteccia entorinale. Questa scoperta ha fatto sgranare gli occhi ver preso in considerazione la diversità dei neuroni. Potrebbero agli studiosi, che vedono nella prevedibilità del processo un taressere necessari, in futuro, farmaci per colpire la formazione delle get terapeutico piuttosto interessante. placche e i grovigli neurofibrillari, e il primo passo verso la preLo step successivo dello studio è stato catalogare i fattori gevenzione di questi ultimi sarà capire, in primo luogo, cosa rende netici che rendono i neuroni entorinali vulnerabili ai grovigli neualcuni neuroni inclini al groviglio. (C. D. M.)

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Così il corpo combatte le infezioni urinarie L’uromodulina riesce a prevenire questi disturbi

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ono disturbi frequenti, sono fastidiosi e dolorosi: chiunzucchero sulla superficie dell’uromodulina e si legano a esse in que abbia mai avuto infezioni del tratto urinario come la modo estremamente rapido e forte. Successivamente, il team ha cistite lo sa. Possono essere ben trattati con antibiotici, esaminato l’uromodulina utilizzando la tomografia crioelettronima, se non curati, possono avere conseguenze gravi. A geca, una tecnica di imaging che produce viste tridimensionali della nerarle, di solito, sono quelli noti come batteri uropatogeni di E. struttura di proteine e cellule senza necessità di modifiche chicoli che si legano alle cellule della vescica, dell’uretere o dell’umiche o disidratazione. Ciò ha mostrato loro che l’uromodulina retra con i loro pili, le appendici filiformi che si diramano come forma lunghi filamenti costituiti in media da circa 400 singole peli. Ma una possibile protezione è a portata di mano sotto forma molecole proteiche messe insieme. E che ogni anello di questa di una proteina prodotta naturalmente nel corpo, chiamata urocatena proteica contiene lo schema caratteristico delle catene di modulina: circa il 70% delle persone porta una variante del gene zucchero cui si legano i pili batterici. nel proprio genoma, ne produce cioè in quantità particolarmente La tomografia crioelettronica è stata anche la tecnica scelta elevate. Di conseguenza, il rischio di contrarre infezioni del tratto dal team per studiare, su larga scala, quale effetto abbiano queste urinario si riduce. proprietà, questa volta in presenza dei colpevoli: i batteri uropaL’esatto processo mediante il quale l’utogeni E. coli. Ebbene, hanno scoperto che romodulina previene l’infiammazione, però, i filamenti di uromodulina avvolgono lettenon era mai stato compreso, almeno finora. Un team di tre istituti elvetici ralmente l’agente patogeno e che un singolo Oggi un team interdisciplinare, attinto da filamento di uromodulina può agganciarsi ha scoperto come questa tre gruppi di ricerca (facenti capo all’ETH con diversi pili di un batterio. proteina neutralizza di Zurigo, all’Università di Zurigo e all’O«Questo neutralizza i patogeni – prospedale pediatrico di Zurigo), ha colmato segue Weiss -: una volta che i batteri sono l’E. Coli uropatogeno questo divario studiando l’aspetto dell’uroschermati in questo modo, non possono più modulina e il modo in cui la proteina neulegarsi alle cellule del tratto urinario, non tralizza l’E. Coli uropatogeno. Le loro scoperte, pubblicate sulla possono cioè causare infezione». Al microscopio ottico, il team rivista Science, dovrebbero aiutare a sviluppare nuove strategie ha anche notato la formazione di grandi gruppi di centinaia di fiper il trattamento delle infezioni del tratto urinario. lamenti di uromodulina e cellule di E. coli, che presumibilmente Per iniziare, i ricercatori hanno analizzato il modo in cui la vengono semplicemente escreti con l’urina. proteina si lega ai pili batterici a livello molecolare. «Sapevamo Infine, i ricercatori hanno verificato se i processi osservati in già che c’era un legame e che presumibilmente questo aveva un laboratorio si verificano anche nei pazienti: hanno così analizzato ruolo nella funzione protettiva dell’uromodulina, ma nessuno lo campioni di urina forniti dall’ospedale pediatrico di Zurigo e hanno aveva studiato in modo più dettagliato», ha detto Gregor Weiss, trovato esattamente le stesse interazioni tra uromodulina e agenti studente di dottorato in biologia molecolare all’ETH e uno dei patogeni. La scoperta potrebbe offrire indicazioni su come “libeprincipali autori dello studio. Le ricerche biochimiche hanno ora rarsi” degli antibiotici per trattare le infezioni del tratto urinario dimostrato che i pili batterici riconoscono determinate catene di nonché sullo sviluppo di nuove sostanze attive. (C. D. M.) Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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Il “gene Jolie”, pericolo anche per gli uomini Le mutazioni di Brca1 e Brca2 possono portare lo sviluppo del cancro noto che i due geni Brca hanno un impatto diverso sul rischio oncologico, poco si sapeva su eventuali analoghe differenze negli uomini. Lo studio ci ha permesso di confrontare le caratteristiche cliniche degli n nuovo studio internazionale coordinato dal Dipartimento uomini con mutazioni di Brca1 con quelle degli uomini con mutazioni di Medicina molecolare della Sapienza, i cui risultati sono di Brca2 in un’ampia casistica, a oggi la più numerosa in letteratura, in stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Jama Oncology, ha modo da mettere in luce eventuali differenze». fatto luce sulle caratteristiche peculiari dei tumori svilupL’evidenza di maggiore interesse scientifico è quella per cui, a difpati negli uomini che presentano mutazioni nei geni Brca1 e Brca2. ferenza di quanto accade nelle donne dove è Brca1 ad associarsi a Questi ultimi sono meglio noti al grande pubblico con la definizione un rischio più alto di sviluppare tumori, negli uomini con mutazioni di “gene Jolie”: dalla famosa attrice Angelina Jolie che, ormai diversi di Brca2 è correlata una probabilità circa tre volte maggiore di avere anni fa, con un articolo pubblicato sul New York Times dichiarò di un cancro rispetto a quelli che presentano mutazioni di Brca1. Nello specifico, i tumori alla mammella, alla prostata e al pancreas risultano avere scoperto «un gene difettoso, il Brca1, che aumenta in maniera consistente il rischio di sviluppare il cancro al essere significativamente più frequenti negli uoseno e alle ovaie» e per questo motivo di aver mini con mutazioni di Brca2 rispetto a Brca1. In optato per una doppia mastectomia preventiva, questo gruppo di soggetti l’insorgere di neoplaMammella, prostata ovvero l’asportazione di entrambi i seni. sie risulta in generale più comune e avviene in e pancreas sono gli organi età più giovane. Per quanto concerne gli uomini Lo studio coordinato da Laura Ottini del Dipartimento di Medicina molecolare della Sa- maschili più colpiti da queste con mutazioni di Brca1, lo spettro di tumori è pienza, in collaborazione con il consorzio interrisultato più eterogeneo, con una più alta freanomalie genetiche nazionale Cimba (Consortium for Investigators quenza di cancro al colon. of Modifiers of BRCA1/2) e sostenuto anche da «Per migliorare l’efficacia dei programmi Fondazione Airc, ha chiarito come le mutazioni di screening e sorveglianza oncologica negli nei geni Brca1 e Brca2 rappresentino un rilevante esempio di mediciuomini con mutazioni Brca si dovranno prendere in considerazione na di genere, pur essendo ereditate in egual misura da entrambi i sessi. queste differenze», ha dichiarato la coordinatrice dello studio, Laura Se è noto il loro impatto nella suscettibilità alle forme ereditarie di Ottini, che ha anche spiegato perché questa ricerca potrebbe avere neoplasie prettamente femminili - si pensi ai tumori alla mammella e un forte impatto sulla pratica clinica. «In generale, i risultati di quedell’ovaio -, al punto da essere diventato elemento di routine nella prasto studio potranno aiutare gli oncologi a sensibilizzare gli uomini tica clinica, il rischio oncologico nei soggetti di sesso maschile è meno con mutazioni BRCA nella percezione del loro rischio oncologico conosciuto. «Grazie alla collaborazione di oltre 50 gruppi di ricerca personale, e non più solo delle loro familiari di sesso femminile. Inoltre, questi dati contribuiranno a orientare i prossimi studi, su in tutto il mondo, abbiamo ottenuto e analizzato i dati clinici di circa cui stiamo già lavorando, al fine di sviluppare linee guida sempre 7000 uomini portatori di mutazioni Brca1 e Brca2», spiega Valentina Silvestri del Dipartimento di Medicina molecolare, responsabile più personalizzate e specifiche per genere, in modo da garantire una dell’analisi dei dati. La studiosa ha spiegato che «mentre nelle donne è migliore gestione clinica a tutti i pazienti».

di Domenico Esposito

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Tumori e malattie ematiche: la “via italiana” Il successo delle cure immuno-oncologiche: in Italia si vive più a lungo

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i può parlare senza timore di risultare presuntuosi o autoNibit grazie anche al contributo di Bristol Myers Squibb e Astex referenziali di “via italiana” della sopravvivenza per tumori Pharmaceuticals, coordinato dal Centro di Siena e con Annamae malattie del sangue? Sembra proprio di sì visto che in ria Di Giacomo come principal investigator, su 160 pazienti, 80 Italia, in 8 anni, le persone vive dopo la diagnosi di cancro con melanoma avanzato e 80 con tumore del polmone, che non sono aumentate del 53%. Nel 2011 erano 2 milioni e 250mila. hanno risposto a un precedente trattamento immuno-oncologico. Nel 2019, anno in cui sono stati stimati 371mila nuovi casi di canVogliamo analizzare l’efficacia della combinazione di nivolumab cro, il numero è salito a 3 milioni e 460mila. Molto del merito e ipilimumab con una molecola ipometilante. Per la prima volta va attribuito all’immuno-oncologia, capace di mutare la storia al mondo viene sperimentato un approccio di questo tipo ed è di diverse patologie, altrimenti prive di trattamenti efficaci. Da un esempio virtuoso della collaborazione fra accademia, industria, qui l’espressione di “via italiana” al trattamento, corroborata da clinici e diversi gruppi di lavoro, perché saranno coinvolte circa dati che vedono crescere la sopravvivenza a 5 anni nel melanoma 20 strutture. Crediamo che questa via, tutta italiana, possa offrire metastatico, prima al di sotto del 10%, oltre il 50% grazie alla prospettive importanti per pazienti che avevano fallito una prececombinazione di due molecole immuno-oncologiche, nivolumab e dente terapia con i farmaci immunoterapici già disponibili nella ipilimumab, che associata alla chemioterapia pratica quotidiana». ha ridotto il rischio di morte del 31%. La prossima sfida sarà quella di controlSecondo Michele Maio, direttore del- Dal momento della diagnosi, lare la crescita dei tumori nei pazienti in stala Cattedra di Oncologia dell’Università di to metastatico, garantendo loro una buona nel nostro Paese Siena, l’immuno-oncologia «costituisce oggi qualità di vita e vincendo la resistenza alle la sopravvivenza dei malati terapie. Per farlo, Bristol Myers Squibb ha di lo standard di cura in diverse neoplasie in stadio metastatico: dal melanoma, al tumore recente acquisito Celgene dando vita ad un’adi cancro è aumentata del polmone non a piccole cellule, al linfozienda leader sia in oncologia che in ematoloma di Hodgkin, al carcinoma renale fino a gia con la mission di «trasformare la vita dei quelli della testa e del collo, al tumore squamoso della cute e al pazienti attraverso la scienza». Paolo Marchetti, Direttore Oncotumore di Merkel. Per aumentare il numero di pazienti che traglogia Medica B del Policlinico Umberto I di Roma, ha spiegato gono benefici dall’immuno-oncologia, oggi pari a circa il 30-50% che la via italiana ha assicurato ad oltre 1.300 pazienti trattati con nelle diverse patologie neoplastiche, una delle strategie da seguiipilimumab e nivolumab «grandi vantaggi rispetto ad altrettanti re è rendere le cellule tumorali maggiormente visibili al sistema pazienti trattati con solo nivolumab, indipendentemente dal tipo immunitario. Vi sono ad esempio alterazioni chimiche del Dna di tumore. L’ulteriore vantaggio di questo schema terapeutico, che spengono l’espressione di alcuni geni, cruciali per l’interaanche dal punto di vista della qualità di vita per il paziente, è rapzione fra i linfociti T e il tumore. Queste mutazioni epigenetiche presentato dall’utilizzo di cicli limitati di chemioterapia, cioè due possono essere contrastate con farmaci di vecchia generazione, invece dei classici 4-6. Questo significa che il paziente, in meno di chiamati ipometilanti». Il professor Maio ha aggiunto che «a fine un mese, termina la chemioterapia e prosegue il trattamento con luglio, partirà uno studio, Nibit-Ml1, promosso da Fondazione l’immunoterapia». (D. E.). Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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SALUTE

Uno studio dell’Università di Sheffield conferma la relazione tra malattia e fragilità ossea

IL LEGAME TRA DIABETE E RISCHIO DI FRATTURE

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na recente ricerca inglese ha messo in evidenza un’associazione tra il diabete e un maggiore rischio di incorrere in fratture delle ossa. Si tratta di un’evidenza particolarmente interessante sia per la vasta platea di pazienti affetti dalla malattia sia perché la sensibilità delle ossa fino a questo momento non era tra le complicazioni maggiormente approfondite. A tracciare un quadro più specifico di questa relazione sono stati gli scienziati dell’Università di Sheffield (Regno Unito), autori dello studio pubblicato sulla rivista “Bone”, che hanno lavorato in collaborazione con i medici del Sutter Health, una rete di servizi sanitari senza scopo di lucro con sede a Sacramento, in California. Le conclusioni principali della ricerca sono state presentate in occasione della settimana di sensibilizzazione sul diabete che si è svolta a metà giugno: le persone con diabete di tipo 1 e di tipo 2 hanno un rischio maggiore di soffrire di fratture dell’anca e fratture non vertebrali, non allocate cioè tra colonna e cranio. In generale, le persone con diabete di tipo 1 sono a maggior rischio rispetto alle persone con diabete di tipo 2. Ma per queste ultime l’uso di insulina e il periodo di tempo in cui si convive con la malattia aumenta ulteriormente il rischio di incorrere in fratture. Rispetto all’età dei pazienti, il rischio di frattura dell’anca è elevato anche nelle persone di età inferiore ai 65 anni sia per il diabete di tipo 1 che di tipo 2. L’indagine ha riguardato una popolazione vasta attraverso i database di informazione

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e letteratura scientifica di MEDLINE ed Embase, due database bibliografici per le discipline biomediche, e Cochrane, un’iniziativa internazionale no-profit che raccoglie informazioni e valutazioni sulla sicurezza degli interventi sanitari. Gli studiosi hanno incluso nell’indagine studi osservazionali precedenti e diversi rapporti pubblicati da cui sono stati estrapolati i dati. «Il diabete può causare una serie di complicazioni ben note, tra cui problemi ai reni, perdita della vista, problemi ai piedi e danni ai nervi. Tuttavia molte persone con diabete e i loro medici non sono consapevoli di essere anche a maggior rischio di fratture ossee – ha spiegato Tatiane Vilaca, del Mellanby Center for Bone Research dell’Università di Sheffield – Dobbiamo sensibilizzare sul rischio maggiore che le persone con diabete affrontano, per aiutarle a prevenire le fratture. A cominciare, per esempio, con il prevenire le cadute». Essere consapevoli di questa ulteriore fragilità a cui vanno incontro i pazienti con diabete permette, quindi, di ricorrere a piccole grandi strategie della vita quotidiana. L’associazione tra diabete e rischio maggiore di fratture ossee era emersa anche in un precedente studio della Endocrine Society pubblicato sul “Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism” a gennaio 2019. In quella ricerca era stata posta l’attenzione in particolare sull’associazione tra il grado

di controllo glicemico e il rischio di fratture. Le persone con diabete di tipo 1 devono assumere insulina ogni giorno, mentre quelle con diabete di tipo 2 possono affrontare la malattia con dieta, esercizio fisico e farmaci per via orale. I ricercatori avevano confermato che entrambe le tipologie di diabete sono associate a fratture da fragilità ossea, ma un maggior rischio era emerso per i pazienti con diabete di tipo 1 e scarso controllo della glicemia. Tornando allo studio di Sheffield, gli autori provano a spiegarne la rilevanza in termini di possibile prevenzione e limitazione dei danni prodotti dalle complicanze della malattia. Le fratture possono avere conseguenze importanti, soprattutto nelle persone anziane. Molto gravi sono le fratture dell’anca poiché causano una disabilità elevata. Delle 76.000 persone che nel Regno Unito soffrono di una frattura dell’anca ogni anno, per esempio, si pensa che circa il 20% morirà entro un


PRIMO PIANO SALUTE

Rispetto all’età dei pazienti, il rischio di frattura dell’anca è elevato anche nelle persone di età inferiore ai sessantacinque anni sia per il diabete di tipo 1 sia di tipo 2

anno dalla frattura. Per molti altri, invece, la frattura coincide con la perdita dell’indipendenza e un conseguente carico per la famiglia e l’assistenza sociale. «Questa importante ricerca evidenzia l’urgente necessità per i medici di va-

lutare il rischio di fratture per i pazienti con diabete e di esaminare potenziali trattamenti per aiutare a ridurre tale rischio – ha aggiunto Richard Eastell, direttore del Mellanby Center for Bone Research dell’Università di Sheffield – Speriamo che, aumentando la consapevolezza del maggior rischio, la densità e la forza delle ossa diventino indicatori che i medici comincino a valutare abitualmente nei pazienti con diabete, allo stesso modo con cui lo fanno attualmente per altre complicazioni più note». «I pazienti con diabete e i medici che si prendono cura di loro dovrebbero essere consapevoli dell’aumentato rischio di fratture – ha dichiarato Steven Cummings, dello Sutter Health, in California – I pazienti vanno incoraggiati a chiedere ai loro medici cosa fare per quel rischio, e i medici dovrebbero valutare il rischio e prendere in considerazione un trattamento per ridurlo». (S. L.).

Una condizione spesso inconsapevole

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el mondo sono 415 milioni le persone che vivono con il diabete e questo numero è destinato ad aumentare a 642 milioni nel 2040. In Italia il 3% delle persone tra i 35 e i 69 anni ha il diabete, ma non lo sa. Come ricorda il Ministero della Salute, la diagnosi precoce e l’adesione alle terapie sono fondamentali per prevenire o ritardare le possibili complicanze croniche. Il suggerimento principale riguarda l’atteggiamento da tenere rispetto alle abitudini quotidiane. La famiglia è il fulcro per mantenere un corretto stile di vita, per migliorare la gestione del diabete tipo 1 e di tipo 2.

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Un monoclonale per la sindrome di Clouston Può manifestarsi in ogni gruppo etnico, ma predilige quello caucasico di Pasquale Santilio

esili, radi e di colore molto chiaro. I capelli, che possono essere molto fragili, ricci o anche annodati, crescono molto lentamente. Se sono, invece, le unghie ad essere interessate, esse si riconoscono per la forma a sindrome di Clouston, conosciuta anche come displasia anomala e la fragilità. Sulla pelle, in particolare sopra le articolazioni, ectodermica idrotica, non è esattamente una singola malatsi evidenzia una pigmentazione rossa o marrone. Talvolta, sulla pianta tia, bensì un insieme di problematiche generate da anomadel piede o sul dorso della mano compaiono eruzioni ed infezioni. Colie strutturali dell’ectoderma. Attualmente si contano oltre loro i quali sono affetti da questa patologia, spesso presentano tipici 150 tipologie e venne descritta per la prima volta nella popolazione tratti somatici cranio- facciali quali la fronte prominente e il mento più franco- canadese. Poiché si tratta di una patologia ereditaria, la sinlungo e pronunciato. drome di Clouston viene trasmessa come carattere autosomico doUn recente studio dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare minante; tuttavia, la sua espressione è abbastanza variabile anche tra del Consiglio nazionale delle ricerche di Monterotondo, coordinato da Fabio Mammano e co- finanziato dalla Fondazione Telethon, ha soggetti del medesimo nucleo familiare che ne sono affetti. Pertanto, come è facile immaginare, questo aspetto incide permesso di individuare un anticorpo monosulla sua individuazione e, spesso, la malattia è clonale, denominato abEC1.1, che legandosi ad sottodiagnosticata. La sindrome di Clouston è una proteina chiamata connessina 30 (Cx30), Non è una singola causata da una mutazione del gene GJB6 (13q è in grado di ripristinare il normale funzionamalattia, ma un insieme di mento in presenza di mutazioni che causano la 12) che codifica per la connessina 30 (Cx30). Le connessine sono glicoproteine transmembrana, problematiche generate da sindrome di Clouston. I risultati della ricerca, che si associano in gruppi di 6 a formare un emisvolta in collaborazione con il Dipartimento di anomalie dell’ectoderma canale che prende rapporto con l’emicanale delfisica e astronomia “G. Galilei” dell’Università la cellula adiacente, formando in tal modo una di Padova e lo Shanghai Institute for Advanced struttura denominata connessone. Immunochemical Studies della ShanghaiTech Quest’ultimo presenta un poro centrale per il passaggio selezioUniversity, sono stati pubblicati su EBioMedicine, del gruppo Lancet. nato di sostanze tra le cellule, il quale si apre in seguito a rotazione in Fabio Mammano ha spiegato: «Le mutazioni del gene GJB6 che senso orario delle subunità. L’alterazione provoca un cambiamento causano la sindrome cambiano i blocchi costitutivi di singole proteine, dei blocchi costitutivi di singole proteine, gli amminoacidi, nella Cx30. gli amminoacidi, nella Cx30. Sebbene gli effetti di queste mutazioni Nonostante gli effetti di queste mutazioni non siano stati ancora pienon siano completamente compresi, determinano anomalie nella crenamente compresi, è noto che essi portano ad anomalie nella crescita, scita, divisione e maturazione delle cellule nei follicoli piliferi, unghie nella divisione e nella maturazione delle cellule nei follicoli piliferi, e pelle. Al momento non esiste un trattamento per la malattia, ma gli studi condotti dal Cnr- Ibbc con l’anticorpo monoclonale abEC1.1 nelle unghie e nella pelle. Cosa caratterizza la sindrome di Clouston? indicano che il trattamento, sia topico che sistemico, è in grado di riUna triade clinica, in cui distinguiamo la distrofia delle unghie, alopecia e ipercheratosi palmo-plantare. I soggetti affetti da DE presenpristinare la normale omeostasi nei tessuti della pelle affetti dalle mutano spesso anomalie dei follicoli piliferi e, pertanto, i peli appaiono tazioni di Cx30 che causano la sindrome di Clouston».

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PREVEDERE I RISULTATI DELL’EDITING GENETICO

Arriva da Harvard un modello, chiamato BE-Hive, che permette di individuare l’editor di basi più adatto tra quelli disponibili

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editing genetico è una tecnologia che negli ultimi anni sta generando ambiziose aspettative e un delicato e importante dibattito. In tutto il mondo da tempo l’ingegneria genetica concentra gli sforzi della ricerca nell’intervenire con una precisione sempre maggiore nella correzione degli errori nel DNA. Una frontiera della medicina del futuro che insegue la possibilità di agire sui geni difettosi, riparare più punti in contemporanea e non dover procedere sugli errori fornendo dall’esterno geni sani. All’Università di Harvard hanno applicato il machine learning alla ricerca nell’editing genetico e hanno sviluppato BE-Hive, un modello di apprendimento automatico, capace di indicare quale tra gli editor di basi a disposizione - strumenti di editing genetico di precisione che intervengono su singole lettere della doppia elica, trasformando una base in un’altra - potrà fornire i migliori risultati su un caso specifico di errore. Questo significa permettere

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agli scienziati di recuperare tempo prezio- passi in avanti in senso generale e ha sviso che sarebbe altrimenti impiegato per luppato il processo dando vita a un metodo prove ed errori, un tempo fondamentale per identificare quali editor abbiano maggiori probabilità di successo rispetto alle per pazienti affetti da sindromi genetiche. «Ogni settimana vengono pubbli- modifiche desiderate. Lo studio, che è stata pubblicato sulcati nuovi editor di basi – spiega David Liu, professore ad Harvard e ricercatore la rivista scientifica “Cell”, è basato sui dell’Howard Hughes Medical Institute dati sperimentali relativi a 38.000 target (HHMI) – Il progresso in questa direzione di intervento classificati nel DNA e sulle elaborazioni effetè eccezionale, ma latuate da 11 delle più scia ai ricercatori una serie molto vasta di All’Università di Harvard note tecniche di editing genetico di basi scelte da compiere su hanno sviluppato il (BE). I ricercatori di quale editor di basi utilizzare». modello di apprendimento Harvard hanno sviluppato un modello Liu parla con automatico BE-Hive di apprendimento cognizione di causa, automatico che riesce avendo dato vita a a prevedere i risultati diversi strumenti di questo tipo. Sua, in particolare, la tecnica dell’intervento. Per analizzare le informazioni e dichiamata Adenine Base Editor (ABE) che interviene sulla disposizione dell’adenina sposizione e valutare tutti i fattori che inper trasformarla in guanina. Con il suo tervengono nel processo di riparazione, il team di ricerca ha però compiuto ulteriori team di Harvard si è affidato alle macchine


SALUTE

L’ingegneria genetica concentra gli sforzi della ricerca nell’intervenire con una precisione sempre maggiore nella correzione degli errori nel Dna I risultati del lavoro sono relativi a due livelli di ricerca. Analizzando quella enorme mole di dati, Liu e colleghi hanno dato vita a un catalogo di interventi di editing molto vasto: lo hanno chiamato BE-Hive e lo hanno reso disponibile al pubblico dei ricercatori. Contemporaneamente il modello di machine learning ha scoperto nuove proprietà delle tecniche di editing genetico che alla ricerca di laboratorio erano sfuggite. Il modello computazionale sembra essersi mostrato più mirato e preciso della valutazione umana. A detta degli studiosi impegnati nel progetto, alcune delle previsioni di BE-Hive si sono rivelate sorprendenti anche per chi aveva addirittura generato gli editor di basi. «A volte può capitare – ha spiegato Liu – per motivi che ancora non riusciamo © Andrey Suslov/www.shutterstock.com a comprendere, che l’algoritmo, in presenza di due lettere analoghe nella finestra e ai colleghi del MIT. A guidare il versante dell’intervento, ci dica che un particolare computazionale è stato Max Shen, ricerca- editor potrebbe scegliere di riparare solo la tore del programma di Biologia computa- seconda». zionale e dei sistemi del Massachusetts InGli editor di basi a oggi hanno dimostitute of Technology, il quale ha progettato strato di essere più precisi di altre tecniche e sviluppato un modello di apprendimento di editing genetico, ma, allo stesso tempo, automatico per prevedere le “eccentrici- possono provocare modifiche indesiderate, tà” di ciascun editor di basi conosciuto. spesso imprevedibili, anche al di fuori del Anche in questo caso, l’approccio innova- target genetico previsto. tivo è arrivato dopo Lo strumento precedenti studi già messo a punto docompiuti dallo stesso vrebbe accompagnaIl sistema può indicare team, che aveva elare l’analisi prelimilo strumento in grado borato un modello nare in maniera più di analisi relativo a efficace. di dare migliori risultati un altro strumento di Grazie a questo su uno specifico errore editing genetico, molprogetto, infatti, i to famoso, chiamato ricercatori possono CRISPR. In particoinserire una sequenza lare, in laboratorio, Shen e colleghi erano di DNA dell’area target nel sistema BE-Hiriusciti a dimostrare che gli errori di inseri- ve e osservare le risposte sui risultati previmento o eliminazione di cui era “accusato” sti con l’utilizzo di ciascuno degli 11 editor il CRISPR sarebbero stati previsti e indivi- di basi qualora fossero applicati all’obiettiduati dall’algoritmo realizzato. vo specifico. BE-Hive ha inoltre imparato

a segnalare le occasioni in cui gli editor di basi possono apportare le cosiddette modifiche di trasversione: invece di cambiare una C in una T, è accaduto per esempio che la C fosse cambiata in una G o in A, provocando una mutazione notevole. I ricercatori pensano di poter quindi utilizzare BE-Hive per conoscere meglio e progettare nuovi strumenti al servizio della genetica. (S. L.).

Un dibattito complesso

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editing genetico è considerata una delle strade più promettenti della ricerca in ingegneria genetica per la possibilità di intervenire su siti specifici. Ma è allo stesso tempo una tecnologia che, non priva di errori, ha generato un complesso dibattito interno alla comunità scientifica. A marzo del 2019, a distanza di alcuni mesi dalle polemiche e dal clamore generati dalla notizia di due gemelle nate dopo un intervento di editing genetico sviluppato dall’Università di Shenzhen con l’obiettivo di immunizzarle per il virus dell’HIV, ha fatto altrettanto clamore l’articolo pubblicato su Nature a firma di diciotto tra i più importanti ed esperti del settore. Sulla prestigiosa rivista questi scienziati chiedevano una moratoria globale: non un divieto permanente, ma «l’istituzione di un quadro internazionale in cui le nazioni, pur conservando il diritto di prendere le proprie decisioni, si impegnano volontariamente a non approvare alcun uso dell’editing clinico delle linee germinali a meno che non siano soddisfatte determinate condizioni». Il dibattito è ancora in corso.

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DAL CORDONE OMBELICALE TERAPIE PER I GRANDI PREMATURI Le trasfusioni ematiche del funicolo potrebbero essere utili per trattare le patologie dei nati con peso inferiore al chilogrammo di Marco Modugno

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ubblicata sul “British Journal of Hematology”, una ricerca condotta dal Policlinico Gemelli-Università Cattolica di Roma, che ha messo in evidenza la possibilità di poter utilizzare il sangue derivante da cordone ombelicale per condurre terapie su neonati “grandi prematuri”, cioè tutti coloro che alla nascita hanno un peso inferiore ad un chilogrammo. Una scoperta davvero importante che attribuisce al sangue da cordone un ulteriore qualifica, quindi non più considerato solamente come fonte di cellule staminali per trattare malattie del sangue e tumori nei bambini, ma anche risorsa per proteggere i più piccoli con trasfusioni più adatte al loro organismo. «Uno studio recente - afferma Luciana Teofili, direttore medico della Banca del cordone del Policlinico Gemelli Irccs, ricercatore di Malattie del sangue Università Cattolica, campus di Roma – ha evidenziato un’associazione tra livelli di emoglobina fetale e retinopatia dei prematuri, nei bambini nati molto pretermine (quelli con emoglobina fetale sotto il 60 per cento sono più a rischio di complicanze). Ciò ha fatto nascere l’idea che sostituire l’emoglobina fetale con quella adulta, attraverso ripetute trasfusioni, aumenti il rischio di incorrere nella retinopatia della prematurità (Rop), una condizione che rappresenta la più frequente causa di cecità pediatrica». Sicuramente una spiegazio-

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ne di questo fenomeno può risiedere nel fatto che i bambini più piccoli hanno frequente necessità di sottoporsi ad un gran numero di trasfusioni, a volte si va anche oltre 10 micro-trasfusioni di globuli rossi concentrati, ciò comporta che di fatto si va a sostituire con sangue adulto tutto il volume ematico del neonato, impoverendolo così di emoglobina fetale. Il quesito che si sono posti i ricercatori è stato il seguente: È possibile trasfondere direttamente emoglobina fetale, prelevandola dal cordone ombelicale? Per dare una risposta e verificare tale ipo- a quella adulta per varie settimane dopo tesi, è stata appunto condotta una ricer- la nascita prematura, fino al raggiungica, che non solo ha dimostrato la fattibi- mento dell’età corrispondente alla data lità delle trasfusioni da sangue cordonale, della nascita a termine». ma ha inoltre evidenziato che questo tipo «Il Policlinico Gemelli – ricorda il di trasfusioni mettono al riparo dalla Dott. Papacci - è il riferimento per tutto deplezione di emoglobina fetale, molto il centro-sud Italia per ciò che riguarda preziosa nei grandi la retinopatia dei prematuri. «Quello prematuri. Stiamo Oltre a essere fonte di appena pubblicato cominciando ad utispiega la Teofili - è lizzare una terapia staminali, il cordone rende uno studio “proof of farmacologica con gli possibili trasfusioni adatte concept”; ora stiamo anti-VEGF, mentre organizzando uno in gran parte d’Italia all’organismo dei piccoli studio multicentrico si usa ancora solo il con outcome clinici laser. La retina è un per vedere quanta disabilità si riesce a tessuto molto fragile e può essere dannegrisparmiare con questa pratica. Il razio- giata da un eccesso di ossigeno. Il sangue nale delle trasfusioni di sangue cordonale fetale rilascia le giuste quantità di ossiè di una logica ineccepibile: il pretermine geno; con questo nuovo studio andremo vive di emoglobina fetale; i suoi tessuti dunque a valutare l’impatto delle trasfusono preparati a quell’emoglobina e non sioni di sangue cordonale sullo sviluppo


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dei vasi retinici e sulla Rop, una vasculo- accessibili ai centri trapianto per pazienpatia retinica che porta al distacco di re- ti che non hanno un donatore familiare». tina». Tra i problemi principali evidenziati da Una scoperta senza ombra di dubbio queste banche, in testa c’è la loro sostenirivoluzionaria, ma per fare in modo che il bilità economica. ricorso a trasfusioni di sangue cordonale si Attualmente è un sistema molto codiffonda, è senza ombra di dubbio neces- stoso e consente di curare solamente sario che si aumentiun numero limitato no le fonti di materia di pazienti. Al moprima. «Al momento La ricerca, pubblicata sul British mento l’unica indi- avverte Teofili - non Journal of Hermatology, è del cazione supportata abbiamo la possibilida evidenze scientà di fare trasfusioni Policlinico Gemelli-Università tifiche per l’uso del di sangue fetale a tutsangue cordonale è Cattolica di Roma ti i bambini perché le stata solo quella del donazioni di cordotrapianto di pazienti ne, almeno nel nostro Policlinico, avven- con problemi ematologici. «Finora - progono solo nel 20 per cento circa di tutte le segue Teofili - abbiamo utilizzato i cornascite. Al Gemelli, la banca del cordone doni solo come fonte di cellule staminali. è stata istituita nel 2003. Attualmente ol- Uno dei punti deboli della donazione del tre 630 cordoni della nostra banca sono cordone è che, per garantire il recupero esposti nella rete nazionale e sono dunque della funzione ematopoietica, occorre

che le staminali siano tante. Quando andiamo a valutare i cordoni, gran parte non risultano idonei al trapianto e vengono scartati. Per questo è nata l’idea di utilizzare il sangue di cordone ombelicale anche per trasfondere i grandi prematuri - prosegue Teofili –. Dopo aver recuperato i globuli rossi dal sangue cordonale, si effettuano tutti gli esami e i trattamenti inerenti alla pratica trasfusionale, e sui campioni di sangue materno raccolti contestualmente all’unità cordonale vengono eseguiti gli esami microbiologici per escludere la presenza di malattie infettive. Da ogni unità di sangue cordonale si può ottenere una unità di emazie concentrate sufficiente per una micro-trasfusione. Infine – conclude - un ringraziamento alle associazioni di volontariato Genitin Onlus e Gruppo donatori Sangue Francesco Olgiati che hanno sempre supportato le nostre ricerche». Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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UNA NUOVA MOLECOLA PER AUTISMO E SINDROME DI DOWN Ideata dall’IIT di Genova, potrebbe ridurre le difficoltà cognitive e neurologiche delle persone con queste patologie

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ubblicato sulle pagine della rivista scientifica “Chem” lo studio effettuato da parte dei ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova (IIT), supportati inoltre dalla Fondazione Telethon, grazie al quale si è riusciti ad individuare una nuova molecola in grado di riuscire a migliorare le difficoltà cognitive e sociali, sintomi neurologici e di altro tipo che più comunemente si associano alla sindrome di Down, a disturbi dell’autismo e altre patologie sempre legate alla sfera del neuro-sviluppo. Si tratta di un farmaco dalle opportunità terapeutiche completamente nuove e stando a quanto è stato riscontrato nei primi risultati, estremamente promettenti, assicurano gli esperti dell’IIT, i quali però sono stati cauti nello sbilanciarsi, ma ipotizzano che occorrerà attendere ancora circa un paio di anni prima di dare il via alle sperimentazioni cliniche, che poi successivamente aprirebbero le porte all’utilizzo effettivo del farmaco da parte dei pazienti.

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La ricerca è nata con l’obiettivo di in- insieme al collega. Marco De Vivo, capo del dividuare nuove molecole in grado di agire Molecular Modeling and Drug Discovery Lasu una proteina in particolare, quella de- boratory dell’IIT. «Quel farmaco ora è in fase nominata NKCC1, una proteina che ha il di studio per molte patologie del neuro-svicompito di trasportare ioni di cloro all’in- luppo, ma per quanto esso sia promettente, terno del cervello, regolandone la concen- purtroppo ha degli effetti collaterali legati trazione, processo considerato fondamen- alla sua natura di diuretico, che potrebbero tale per il corretto funzionamento di molte rappresentare un problema in caso se ne faccia un uso prolungato nel tempo. funzioni cerebrali. Proprio per que«Il nuovo lavoro sto motivo abbiamo prende spunto dai rideciso di sviluppare sultati di una ricerca Il farmaco deve agire una versione più miche abbiamo realizsulla proteina NKCC1, rata, che garantisca a zato con il mio team all’IIT nel 2015, in che trasporta ioni di cloro tutti i benefici della vecchia molecola, cercui abbiamo dimoall’interno del cervello cando però di andare strato che un vecchio ad eliminare quelli diuretico, che viene che sono gli effetti utilizzato da più di 50 anni, è in grado di migliorare alcune difficol- collaterali indesiderati». Fondamentale a tà cognitive nelle persone affette da sindrome tal riguardo per la ricerca, è stato il lavoro di Down», spiega Laura Cancedda, direttrice condotto dal team coordinato da De Vivo. del Brain Development and Disease Labora- Infatti grazie alle più moderne tecnologie tory dell’IIT e coordinatrice del nuovo studio computazionali i ricercatori sono stati in


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Giornata Mondiale dell’Autismo

azione. Si è trattato di un lavoro lungo e assai complesso, ma alla fine ci ha permesso © Photographee.eu/www.shutterstock.com di trovare la molecola più adatta, e una volta ottimizzata, per migliorarne efficacia e sicugrado di studiare a fondo la struttura del rezza, è stato possibile finalmente passare ai farmaco riuscendo così ad identificare le ca- test sul modello animale». ratteristiche che determinano la sua azione Il “candidato farmaco”, così denominadiuretica, e quelle necessarie invece per ini- to appunto per il suo enorme potenziale, è bire l’azione della proteina NKCC1. «Con le stato sperimentato su animali con patologie informazioni raccolte abbiamo realizzato un che simulano gli effetti della sindrome di modello molecolare che ci ha permesso di Down e i disturbi riconducibili all’aspetto capire cosa andava tenuto e cosa invece eli- autistico. I primi risultati ottenuti sono stati minato dalla struttura della molecola per ar- estremamente incoraggianti. rivare al farmaco che «Nei nostri especercavamo - spiega rimenti la molecola ha De Vivo -. I computer dimostrato di alleviaI primi esami mostrano ci hanno permesso di sostanzialmente le miglioramenti su memoria, re eseguire in maniera difficoltà di memoria rapida uno screening apprendimento, socialità e e apprendimento che di migliaia di pola sincomportamenti ripetitivi caratterizzano tenziali molecole, e drome di Down, e di una volta identificate migliorare notevolquelle più promettenmente anche i probleti le abbiamo riprodotte all’interno del no- mi di socialità e i comportamenti ripetitivi stro laboratorio, e sono quindi poi state spe- presenti nei disturbi dello spettro autistico rimentate in vitro dal team della dottoressa - sottolinea la dottoressa Cancedda -. Le Cancedda che ha condotto su di esse Test potenzialità terapeutiche del farmaco sono biologici per verificare l’efficacia della loro quindi molto interessanti, e potrebbero risul-

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SALUTE

tare anche maggiori se venisse somministrato precocemente, a partire già dall’infanzia, quando il cervello è ancora in una fase di pieno sviluppo. Una possibilità che approfondiremo in futuro portando avanti ulteriori ricerche». Per arrivare alla sperimentazione sull’uomo, come già anticipato in precedenza, bisognerà ancora attendere qualche anno. I ricercatori sono certi che con i fondi necessari già nel giro di pochi anni sarà possibile eseguire i primi trial clinici, inoltre lo step successivo al quale mirano i ricercatori è quello di creare una start up che sia in grado di commercializzare quanto prima il farmaco sul mercato così da renderlo disponibile nel più breve tempo possibile ai pazienti: «Al momento siamo ad un paio di anni di lavoro da un’eventuale fase clinica - afferma De Vivo -. Quello che ci serve realmente sono investitori che ci aiutino a raccogliere i fondi necessari per portare avanti le ricerche. Per questo motivo stiamo per lanciare una start-up insieme all’IIT, che ha l’obiettivo di rendere disponibile il prima possibile il farmaco per i tanti pazienti che potrebbero trarne beneficio». (M. M). Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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Il sonno fa bene al cuore Uno studio americano spiega il legame cone le patologie cardiovascolari di Carmen Paradiso

troppo corto o troppo lungo oppure frammentato e problemi della salute cardiovascolare - ha spiegato Filippo Crea, direttore della Cardiologia alla Fondazione Policlinico Universitario Gemelli Irccs ormire poco fa male al cuore. Lo rivela una studio dell’U- e questo studio è interessante perché, oltre a confermare questa niversità della California a Berkeley pubblicato sulla rivirelazione, fornisce una prima ipotesi del meccanismo con cui questo sta Plos Biology. Ciò che emerge dallo studio è che ci sia avviene, ovvero attraverso una piccola alterazione dei neutrofili». un legame tra il riposo disturbato e le patologie cardioL’aterosclerosi, che è una patologia infiammatoria cronica e il fatto vascolari. Secondo gli studiosi, infatti, nelle persone che hanno un che in generale l’infiammazione cronica sia legata all’aterosclerosi sonno interrotto i livelli dei neutrofili sono più elevati. Questa tiponon deve sorprenderci, prosegue l’esperto. «Ad esempio, i pazienti logia di globuli bianchi è alla base di molteplici processi infiammacon malattie infiammatorie croniche – ha sottolineato Crea - fra cui tori o all’aterosclerosi. 1600 sono le persone coinvolte nello studio l’artrite reumatoide, il lupus o malattie infiammatorie croniche intestinali sono in media maggiormente soggetti anche all’aterosclerosi. e sottoposte a test non invasivi che analizzano tutte le tipologie di disturbi del sonno: la polisonnografia che reAttualmente diversi studi stanno cercando di gistra, attraverso una particolare strumentaziocapire meglio il perché». ne, i parametri del sonno (ossigenazione, attiviI partecipanti allo studio non hanno avuGli scienziati hanno scoperto to una tà celebrale, respirazione, etc); l’actigrafia che, percezione che il loro sonno fosse stato che le persone con attraverso l’actigrafo, uno strumento simile ad disturbando, infatti Crea ha spiegato che «non un orologio da polso, registra tutti i movimenti un sonno interrotto hanno dobbiamo preoccuparci di come pensiamo di sia notturni che diurni, oltre alla temperatura aver riposato dato che la nostra percezione livelli dei neutrofili più elevati non è indicativa. Invece possiamo prestare atcorporea, le ore di sonno etc. In un secondo momento sono state eseguitenzione alla durata del sonno, dato che studi te, sui partecipanti, le analisi del sangue per veprecedenti hanno dimostrato una correlazione rificare i livelli di neutrofili e monociti, responsabili di alcuni processi fra il rischio di patologie cardiache e cerebrovascolari e una durainfiammatori. Infine, la tac senza mezzo di contrasto ha evidenziato la ta troppo breve (minore delle 6 ore) o troppo lunga (superiore alle presenza o meno di aterosclerosi, attraverso la quantità di accumulo di 9 ore) del sonno e non limitata a episodi sporadici ma regolari. In calcio nelle arterie che ne causa la perdita di elasticità. generale - ha concluso Crea - un sonno frammentato è di solito asCiò che è emerso dall’actigrafia, che ha monitorato i pazienti sociato a un aumento della durata del sonno che non corrisponde per una settimana, è stata proprio una associazione tra livelli elevati a una sensazione di maggiore riposo al risveglio». Fermo restando, di neutrofili, calcificazione delle coronarie e sonno frammentato. Lo conclude l’esperto, che tutti possiamo avere qualche notte di sonno disturbato questo non deve far preoccupare. Ma se diventa una constesso risultato è emerso dalla polisonnografia. Lo studio, essendo stasuetudine può essere importante cercare di comprendere meglio le tistico, non ha però evidenziato se ci sia e quale sia la causa effetto fra sonno disturbato, aumento dei globuli bianchi e patologie cardiovacause del disturbo nel riposo, sia per migliorare il benessere psico-fiscolari. «Sappiamo da tempo che c’è un legame fra sonno notturno sico sia per preservare la salute futura.

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La “prima volta” dell’effetto Hall della luce Dimostrato l’andamento anomalo nella propagazione di luce

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ricercatori dell’Istituto di nanotecnologia del Consiglio nazioproprietà macroscopiche di conduzione elettrica dei solidi. «Queste nale delle ricerche di Lecce, insieme ai colleghi dell’Istituto proprietà topologiche possono sembrare astrazioni, tuttavia, sono pascal del CNRS e della UCA a Clermond Ferrand in Francia un campo di grande interesse per i fisici. Ad esempio, i fisici agli e della Princeton University negli Usa, in un lavoro pubblicaalbori della quantistica avevano capito che i livelli energetici degli to su Nature, hanno dimostrato la prima mappatura diretta della atomi sono discretizzati, perché il numero di giravolte su se stesso curvatura locale in una banda energetica di particelle ibride di luce che l’elettrone deve fare mentre gira intorno al nucleo deve essere e materia, denominate “polaritoni”. In virtù di questa “curvatura”, intero», ha aggiunto Dario Ballarini, altro coautore e ricercatore del gli studiosi del Cnr- Nanotec sono stati in grado di osservare un Cnr- Nanotec. drift anomalo (deviazione laterale) paragonabile all’effetto Hall, «Abbiamo studiato un fluido ibrido composto da elettroni e generato da una proprietà geometrica della banda energetica anfotoni intrappolato tra due specchi altamente riflettenti», hanno diziché da un campo magnetico esterno. Questo dimostra l’effetto chiarato Guillame Malpuech e Dmitry Solnyshkov, i coautori dell’IHall anomalo nella propagazione di luce piuttosto che di elettroni, stituto Pascal. «Come avevamo previsto teoricamente alcuni anni fa, determinato da un campo magnetico “sinteticombinando le asimmetrie interne della strutco” che agisce appunto sui fotoni, particelle tura con quelle indotte da un campo magnetiglobalmente neutre. esterno che agisce sulle bande elettroniche La ricerca è del Cnr di Lecce, co Lorenzo Dominici, coautore dello studio del materiale, i colleghi di Lecce hanno potuto Istituto Pascal e UCA in e ricercatore del Cnr-Nanotec, spiega: «La toosservare l’emergere della curvatura detta “di pologia ha a che fare con la conservazione di Berry” in uno spazio delle velocità, ovvero, Francia e della Princeton grandezze poco meno familiari dell’energia o in una zona circolare sulla banda energetica University negli Usa della massa. Un esempio è la caratteristica di di questo fluido. Grazie alla generazione e riEulero, che ci dice cosa hanno in comune un levazione ottica di queste particelle di luce si dado e una piramide. La caratteristica condiviè ottenuta la prima mappatura diretta di tale sa è il numero totale dei vertici e delle facce meno quello degli spicurvatura ed è stata sperimentalmente osservata la deviazione anogoli. Numero che è pari a due come per ogni altro poliedro chiuso. mala delle particelle accelerate nel dispositivo». Questo numero intero si conserva anche se si deforma il poliedro Daniele Sanvitto, coordinatore del gruppo sperimentale, ha aggiungendo facce fino a renderlo un solido liscio, senza spigoli ne concluso dicendo: «Questi risultati sono stati raggiunti grazie ad una vertici, ma in tal caso per calcolarlo si deve considerare la curvatura piattaforma di “luce liquida” che combina le alte interazioni degli precisa in ogni punto della superficie». elettroni con l’alta coerenza e facile controllo della luce. Tali fluidi L’esistenza di proprietà geometriche invarianti per piccole dedi luce ci hanno già permesso di studiare interessanti fenomenologie formazioni arricchisce l’idea di un universo geometrico, concepita dei fluidi quantici come i condensati di Bose Einstein, che hanno da Einstein quasi un secolo fa e la topologia rappresenta un campo mostrato la formazione di un superfluido a temperatura ambiente, di ricerca della matematica moderna sviluppatosi a partire dalla concapace di oltrepassare ostacoli senza attrito, la comparsa di vortici nessione tra le proprietà topologiche delle bande energetiche e le quantici e di x- waves». (P. S.). Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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di Marco Zanetti*

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n Italia esiste da sempre un dilagante uso del doping nello sport soprattutto in quello amatoriale. Il Biologo Nutrizionista potrebbe essere la figura decisiva che, accanto alle azioni deterrenti e repressive del Ministero della Salute e dei NAS, rivolge le proprie competenze in modo professionale verso i giovani e gli atleti preparandoli e formandoli in modo corretto sull’alimentazione ed integrazione. In questo modo si eviterebbero le facili trappole illusorie di trainer spesso abusivi del loro ruolo, non competenti e senza formazione adeguata. Quello che voglio affermare è che la battaglia sull’abusivismo professionale passa anche attraverso nutrizionisti preparati nell’ ambito sportivo. La loro specifica formazione sarebbe in grado di dare delle valide e sussistenti azioni sostitutive alla attrattiva strada del doping, fatta spesso di dubbi risultati e nefasti effetti collaterali garantiti a lungo termine. La figura del nutrizionista preparato nello sport avrebbe due vantaggi: il primo di indagare, correggere, modificare e arricchire culturalmente gli atleti e sportivi in genere; secondo la nascita di una figura così specifica con conoscenze di farmacologica e nutrizione sportiva aprirebbe la strada a grandi sbocchi lavorativi perché attualmente il mercato è in balia di preparatori sprovveduti e autodidatti. Uno degli abusi cardine nella storia dello sport è sicuramente quello degli steroidi anabolizzanti, vediamo di spiegare e dare spunto di riflessione ai lettori sull’argomento e soprattutto ai nutrizionisti che in tal modo preparati potranno consigliare

Dott. in Farmacia, Biologia della Nutrizione, Scienza della Nutrizione Umana. Presidente FIBBN e responsabile controllo Doping.

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NUTRIZIONISTI SPORTIVI UNA RISPOSTA AL DOPING Come i biologi possono aiutare gli atleti al raggiungimento della perfomance in sicurezza

correttamente chi volesse invece intrapren- secondari maschili, si comprese la loro esdere la strada del doping. Gli ormoni ana- senzialità nello sviluppo sessuale maschile. bolizzanti devono il loro successo al fatto Il Dr.Brown-Sequard, neurologo inglese, fu che sono prodotti e si tra i primi a scrivere trovano naturalmensul ruolo dei testicote nel corpo umano. li nel far crescere il La battaglia contro La scoperta e l’isolavigore maschile e lo l’abusivismo professionale sviluppo dei carattemento del Testosterone ha permesso con ri sessuali. Come si passa anche per la modifiche chimiche usava fare in passato, preparazione dello sportivo per provare le proprie di aumentarne le capacità anabolizzanti teorie, si sottopose ad riducendone quelle auto somministrazioni dei suoi effetti collaterali (da li il termine di di estratto di testicolo per far vedere come steroidi anabolizzanti androgeni). aumentavano alcune caratteristiche sessuaGià nel 1771 con gli esperimenti del Dr li come lo sviluppo della voce e l’aumento Hunter su galline, che subirono un trapian- della massa muscolare. Si arriva poi agli to di testicoli di gallo sviluppando caratteri studi del Dr. Zigler responsabile dello svi-


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luppo degli steroidi anabolizzanti negli Stati tanti o nel periodo menopausale o durante Uniti e al loro uso incentivato nelle truppe alcune terapie post chirurgiche o tumorali. tedesche per incrementarne l’aggressività e Aumentando la loro efficacia aumenresistenza muscolare tava anche però l’indurante la seconda teresse da parte di guerra mondiale. Il I biologi possono sostenere preparatori e atletici loro primo uso nello desiderosi di incregli atleti nel percorso sport però lo si ritrova mentare la propria forufficialmente su di un za e diventare i numeri di crescita, correggendo gruppo di atlete della uno nello sport, spesi loro regimi alimentari Germania dell’est e so a qualunque costo della Russia degli anni sia economico che di sessanta proprio allo salute. Parallelamente scopo di incrementarne la forza e il peso alla corsa che c’è stata nella ricerca di una corporeo e averne un vantaggio sportivo. Da ottimizzazione molecolare, c’è stata una li il passo anche se graduale è stato breve. corsa a trovare metodi di rilevazione sempre Sono state sviluppate sempre più molecole più precisi per poter contrastare il doping da utilizzare in numerose patologie debili- con test mirati volti a limitarne il loro utiliz-

zo alterando la prestazione artificialmente. Non si capisce bene la strada da percorrere poiché se a livello professionale la richiesta di performance esclusive spinte da un forte interesse economico porta a cercare un miglioramento sempre e il più veloce possibile, dall’altro si è sviluppato assieme all’uso professionale anche un sempre più dilagante uso amatoriale che vede coinvolti giovanissimi atleti a volte anche adolescenti. Il fisiologico effetto del testosterone e degli steroidi anabolizzanti da lui derivati è dovuto all’azione che questi hanno su specifici recettori steroidei all’interno della cellula. La forma ridotta, il deidrotestosterone, è il principale mediatore intracellulare. Una volta che questo si è legato al suo recettore intracellulare subisce una trasformazione e grazie ad esso traslocato a livello nucleare dove potrà esercitare i suoi effetti genetici legandosi a specifici siti della cromatina. Il limite che si trova nell’azione dell’ormone sui suoi recettori è proprio dato dalla limitata disponibilità recettoriale nel muscolo scheletrico, e quindi esistono in tal senso persone che rispondono meglio a una elevata concentrazione di ormoni steroidei ed altri che rispondono meno bene, ma si tratta in questi casi di caratteristiche genetiche ben precise. L’azione degli ormoni non è quindi solo legata alla sua quantità, ma anche all’entità di recettori disponibili che è in qualche modo prestabilito geneticamente. Esercitando il suo effetto non solo sul muscolo, una introduzione esogena di testosterone causa importanti effetti collaterali, tra cui anche un’ alterazione del comportamento e una maggiore aggressività come si manifesta in molti atleti agonisti. Ma ricordiamo un po’ di chimica legata al testosterone. Non può essere preso per via orale in quanto subirebbe una trasformazione digestiva che lo renderebbe inattivo. Ecco che gli scienziati lo hanno modificato chimicamente con una alchiIl Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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SALUTE lazione 17 alfa per ridurne la metabolizzazione epatica e rendendo le molecole 17alfa alchilate utilizzabili quindi per via orale. Ecco create le forme orali particolarmente tossiche e dannose per il fegato (esempio anavar e winstrol). Oltre a questa trasformazione hanno collegato con una esterificazione il gruppo 17 beta idrossilico con diversi acidi carbossilici rendendo il derivato più solubile nei lipidi e quindi a lento assorbimento. Creando forme parenterali ( testosterone proprionato, enantato, cipionato e nandrolone ). Indubbia è la loro possibile azione a livello muscolare facilitante un più rapido recupero e soprattutto una riduzione del catabolismo muscolare indotto dall’allenamento con una maggiore ritenzione di azoto. Detto questo non essendo appropriato il loro uso, vivendo in un paese civile che tutela la salute dei propri cittadini e quindi anche degli sportivi (almeno ci si prova con norme adeguate ), la loro utilizzazione nello sport non è solo vietata e comporta delle sanzioni e sospensioni sportive, ma è anche penale e l’atleta sorpreso a utilizzare ormoni va incontro sia a un processo civile che penale con tutte le conseguenze del caso, che dovrebbero da sole avere un effetto deterrente importante, ma sembrerebbe non essere così dai rapporti del Coni e del Ministero che

narrano di dilagante uso. Da ricordare agli atleti che Il principale effetto legato al loro uso è un incremento della ritenzione idrica e ritenzione del sodio. Questo determina un aumento della dimensione muscolare e del peso corporeo. Si ha inoltre un incremento delle fibre muscolare e della sezione trasversa del muscolo con un aumento della forza. Gli effetti collaterali sono però tantissimi e pericolosi ed è bene rammentarli. Incremento degli enzimi epatici da danno epatico, steatosi epatica e cirrosi, carcinomi epatici (ecco perché gli atleti usano molti protettori durante i loro cicli ), carcinomi prostatici, ipogonadismo, ginecomastie negli uomini (dovute a una parziale trasformazione del testosterone in estradiolo, l’ormone femminile ), aumento delle LDL nel sangue, diminuzione dell’HDL, acne, perdita di capelli, irritabilità, arresto dell’accrescimento negli adolescenti ed infine visto l’aumento spesso inatteso della massa, scompensi cardiaci gravi ed infarti, una delle cause che si considera più frequente di morte tra atleti e non solo, ma anche negli amatori, dove l’abuso non viene spesso neppure rilevato. Il ruolo nella battaglia contro il doping può e deve anche essere fatta dai biologi nutrizionisti che in ambito sportivo devono istruire gli atleti che con un allenamento adeguato e una corretta alimentazione ipercalo-

rica e la giusta quantità di proteine possono ottenere dei risultati muscolari in termini di recupero e sviluppo paragonabili, ma più duraturi e reali. L’aumento della massa muscolare quando desiderato o una maggiore velocità di recupero muscolare sono ottenibili con una dieta corretta. Certo ci vuole più tempo, ma il risultato rimane ed è senza effetti collaterali. Uno dei problemi infatti legato all’abuso di steroidi è proprio quello della dipendenze psicologica in quanto essendo il principale risultato un aumento della ritenzione idrica, non appena viene interrotto il suo utilizzo, la perdita di peso e una difficoltà in allenamento è subito rilevato. Ecco qui l’importanza della guida del biologo nutrizionista per gli atleti . Deve evidenziare l’effimerità del risultato, la dipendenza, gli effetti collaterali. Nello stesso tempo deve dare un valido e professionale metodo sostitutivo a lungo termine più salutare che è la dieta ed una personalizzata integrazione sportiva che migliora la prestazione muscolare. Se si intraprende questa strada ci sarà maggior lavoro per i biologi nutrizionisti, minor campo aperto per gli abusivi e una educazione rivolta all’esaltazione più del trionfo dello sport e del carattere che quello della chimica, che ci si augura non avverrà mai con scellerate proposte di legalizzazioni di droga e doping.

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La medicina nell’età ellenistica Il contributo degli intellettuali del tempo al progresso scientifico

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urante l’età ellenistica, ad Alessandria d’Egitto, sede di una famosa biblioteca ma anche luogo di sperimentazioni e dibattiti, la medicina aveva raggiunto notevoli progressi per l’impegno di intellettuali come Erofilo di Calcedone ed Erasistrato di Ceo, vissuti nella metà del III sec. a. C. Lo spirito anticonformista e quasi spregiudicato degli Alessandrini aveva favorito l’avanzamento delle ricerche anatomiche e fisiologiche, ma pure l’applicazione del metodo quantitativo e misurativo nel campo diagnostico; allo stesso modo, poi, l’empirico Sarapione (vissuto tra la fine del III sec. e l’inizio del II sec. a. C.) aveva elaborato un metodo di diagnosi che considerava, oltre l’osservazione diretta, il confronto con le esperienze raccolte dai medici del passato in modo da proporre, per analogia, cure già sperimentate con esito positivo per malattie simili. Proprio a causa del contrasto portato anzi in maniera esagerata tra razionalismo ed empirismo, durante l’età imperiale vengono elaborati e discussi fondamentali problemi metodologici della scienza. La prevalenza delle correnti di pensiero empiristiche mediche aveva consentito lo sviluppo delle posizioni scettiche, che avevano coinvolto tutto l’ambiente scientifico. In seguito, la reazione allo scetticismo, i cui presupposti portati alle estreme conseguenze mettevano in discussione e in dubbio la vita delle stessa scienza, aveva spinto lo studioso Tolomeo a vedere nella quantificazione matematica

dei problemi l’unica via per affermare e dare una soluzione certa. Analogo metodo è quello di Galeno nel campo medico: infatti, per lui la validità scientifica di una disciplina consiste nell’adeguamento dei suoi procedimenti al rigore della prova geometrica. Così nelle opere di entrambi ritroviamo lo studio dei dati raccolti dai predecessori e, quindi, l’organizzazione delle loro conoscenze. Con queste elaborazioni, dunque, va a costituirsi una sistematizzazione tanto funzionale da tramandare la cultura scientifica dell’antichità fino alle soglie dell’età moderna, facendone un gradino indispensabile verso ogni ulteriore progresso scientifico.

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di Barbara Ciardullo

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DALLE STAMINALI AGLI ORGANOIDI PELOSI

Generati in laboratorio piccoli gruppi cellulari progettati per modellare uno strato di pelle completo

di Biancamaria Mancini

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umerosi scienziati da tutto il mondo, grazie anche all’investimento economico di molte società commerciali, da più di 40 anni sono in prima linea nella ricerca scientifica per ricreare la pelle umana in laboratorio. Ad oggi, sono stati fatti importanti passi avanti a tal proposito, senza però riuscire a riprodurre il tessuto cutaneo nella sua integralità, ovvero compresi peli, nervi e grasso. La pelle è un organo multistrato, dotato di appendici fondamentali per regolare la temperatura interna e la ritenzione dei fluidi corporei, proteggendo da stress esterni e mediando la sensazione di tatto e dolore. Ricostruire la pelle completa di appendici nelle colture e negli innesti bioingegnerizzati è una sfida biomedica che deve ancora essere soddisfatta. Per ripercorrere quanto ad ora scoperto cito due studi effettuati alla Columbia University, entrambi guidati dalla dottoressa Christiano. Nel primo studio sono state scoperte nei topi le cellule che mantengono i follicoli piliferi in una sorta di stato a riposo grazie ad un percorso molecolare chiamato JAK-STAT. Inibendo tale percorso sarebbe quindi possibile risvegliare i follicoli dormienti e potenzialmente attivare in laboratorio la crescita dei capelli umani a partire da cellule staminali. Nel contesto di un secondo studio, per la prima volta sono stati generati artificialmente follicoli piliferi umani sfruttato degli stampi piccolissimi creati con le nuove stampanti 3D. Le cellule staminali sono state poi bioingegnerizzate affinché crescessero intorno allo stampo, ottenendo la formazione di follicoli e peli. Proprio di recente un ulteriore e importante passo avanti sembra trasformare in realtà la possibilità di costruire in laboratorio pelle completa di annessi cutanei. Tale entu-

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siasmante risultato è il frutto di ben cinque MUSCOLO anni di ricerca condotti dal dott. Karl KoERETTORE DEL PELO ehler, inizialmente all’Indiana University School of Medicine e poi completati nel suo nuovo laboratorio al Boston Children’s Hospital. Nello studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature il 3 GHIANDOLA giugno 2020 si dichiara di esSEBACEA sere riusciti a far crescere in vitro pelle umana completa di epidermide, derma e follicoli piliferi. Nello specifico si è riusciti a generare organoidi pelosi, ovvero piccoli GHIANDOLA SUDORIPARA gruppi cellulari sviluppati in laboratorio a partire da cellule staminali pluripotenti, progettati per modellare uno strato di pelle completo. Le potenzialità e possibilità di applicazione di una RADICE DEL PELO tale scoperta spaziano dai test per i cosmetici e i farmaci, ai trattamenti per ustioni e cicatrici nella chirurgia ricostruttiva. Un’ulteriore potenzialità di grande risonanza potrebbe essere proprio l’utilizzo di questa pelle completa di peli per la cura della calvizie. PAPILLA DEL PELO Analizzando i passaggi che hanno fatto E CAPILLARI arrivare i ricercatori a tale risultato, osserviamo che il team ha iniziato a lavorare NERVI con le cellule staminali pluripotenti indotte dall’uomo, ovvero cellule adulte di pelle umana ricondotte a una forma embrionale, applicando a queste un cocktail di fattori di crescita e piccole molecole. Nello specifico è stata usata la modulazione graduale delle vie di segnalazione del fattore di crescita trasformante β

CORPUSCOLO DI MEISSNER

ARTERIE

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SALUTE hanno osservato l’emersione di un organoide cutaneo simile ad una cisti, fatto da epidermide stratificata ricca di follicoli piliferi pigmentati e dotati anche di ghiandole sebacee. Secondo i ricercatori questa pelle, quasi completa, prodotta in laboratorio e sostanzialmente autoassemblatasi in vitro, potrebbe essere utilizzata per ricostruire la pelle in vivo. Oltre a far crescere i capelli, gli organoidi producono cellule adipose e muscolari, oltre a nervi simili a quelli che mediano la sensazione del tatto. Le cellule adipose sono riconosciute sempre più importanti nei processi di regolazione e rigenerazione cutanea, come affermano anche recenti studi che le vedono coinvolte nella guarigione delle ferite. Gli organoidi producono anche le cellule Merkel, cellule cutanee specializzate sensibili al tocco, che TERMINAZIONI sono state anche implicate in DI RUFFINI malattie come il carcinoma a cellule Merkel, e questo espande il potenziale uso del modello organoide della pelle alla ricerca sui disturbi sensoriali PLESSO PILIFERO e sul cancro. Il sequenziamento dell’RNA e il confronto diretto con i campioni fetali suggeriscono che gli organoidi della pelle sono equivalenti alla DISCHI DI MERKEL pelle del viso dei feti umani nel secondo trimestre di sviluppo. È interessante notare come le tappe percorse in vitro sono in linea con quelle dell’embriogenesi follicolare nel feto. CLAVA DI KRAUSE Per vedere se una pelle completa poteva essere trapiantata in vivo, dopo oltre quattro mesi di incubazione, il team ha impiantato gli organoidi sul dorso di topi appositamente sviluppati per non rigettare gli innesti. Nel giro CORPUSCOLO di un mese sono nati dei capelli caDEL PACINI stani dal sito del trapianto, mostrando sorprendentemente, che anche le cellule del pigmento si sono sviluppate negli organoidi. Inoltre, si osserva che gli organoidi inTESSUTO nestati su topi nudi formano una pelle planare ADIPOSO portante. I risultati dello studio dimostrano quindi che la pelle quasi completa può autoassemblarsi in vitro ed essere poi utilizzata per ricostituire la pelle in vivo. Inoltre tale studio

(TGFβ) e del fattore di crescita dei fibroblasti (FGF) per condurre cellule epiteliali e cellule della cresta neurale all’interno di un aggregato cellulare sferico. Con questa ricetta il team ha notato per la prima volta il co-sviluppo dell’epidermide cutanea e del derma sottostante, ed è proprio l’interazione tra i due strati di tessuto che ha portato alla generazione “autonoma” dei follicoli piliferi. Dopo 4-5 mesi di incubazione in laboratorio, i ricercatori

TERMINAZIONI NERVOSE

VENE

stabilisce il metodo per generare organoidi della pelle da cellule staminali pluripotenti; quindi fornisce un nuovo modello con cui studiare la dinamica cellulare dello sviluppo della pelle umana. Gli organoidi pelosi della pelle potrebbero essere utilizzati per ricostituire la pelle completa delle sue appendici nei pazienti ustionati o feriti e potrebbe essere la soluzione definitiva alla calvizie. L’entusiasmo per quanto illustrato è alto, ma ci sono ancora degli ostacoli da non sottovalutare, infatti non si esclude la possibilità di rigetto di questi innesti, e inoltre si i costi di una tale complessa e raffinatissima metodica si prospettano molto alti.

Curiosità Un grande apporto a tale studio è stato fornito da Benjamin Woodruff, studente di biologia cellulare e dello sviluppo del team di Koehler, che in un’intervista spiega come una coltura di follicoli potrebbe essere utilizzata nella ricerca sull’elaborazione di trattamenti che riattivino la crescita capillare. Una fonte illimitata di follicoli potrebbe risolvere il problema degli autotrapianti chirurgici di capelli in chi già li ha persi. Infatti, l’autotrapianto di capelli avviene proprio escindendo i follicoli da una zona donatrice sfoltendola, per reimpiantarli nella zona ricevente diradata.

Bibliografia 1. Jiyoon Lee, Cyrus C. Rabbani, Hongyu Gao, Matthew R. Steinhart, Benjamin M. Woodruff, Zachary E. Pflum, Alexander Kim, Stefan Heller, Yunlong Liu, Taha Z. Shipchandler & Karl R. Koehler “Hair-bearing human skin generated entirely from pluripotent stem cells” Nature volume 582, pages399–404. (2020). 2. B. Mancini “Embriogenesi del follicolo pilifero” Giornale dei Biologi Ottobre 2019. Anno II n.10 pag 52-53 3. B. Mancini “Dalla stampante 3D ai capelli veri” Giornale dei Biologi Luglio-Agosto 2019. Anno II n.7 pag 52-53. 4. Hasan Erbil Abaci, Abigail Coffman, Yanne Doucet et al. “Tissue engineering of human hair follicles using a biomimetic developmental approach.” Nature Communications volume 9, Article number: 5301 (2018).

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TRATTAMENTI AL BOTULINO E DERMO-COSMETICI. L’ALTERNATIVA C’È? I risultati di un nuovo studio clinico con una nuova formulazione topica che consente la rigenerazione cutanea di Carla Cimmino

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e rughe del viso dimostrano che si sta invecchiando. La comparsa di queste può essere legata a più fattori: predisposizione genetica, esposizione al sole in modo scorretto, stress, fumo, etnia, smog, vasi sanguigni cutanei, contrazioni statiche e dinamiche dei muscoli facciali (rughe di espressione), che si evidenziano sulla fronte, sulla glabella ed intorno agli occhi (zampe di gallina). Per trattarle in genere si ricorre ad iniezioni tossina botulinica e trattamenti dermo-cosmetici. Le rughe profonde si evidenziano con solchi nasogenieni, angoli della bocca, perdita di definizione della zona mandibolare, e si associano ad uno stato di invecchiamento avanzato che potrebbe essere o meno associato a sua volta anche ad una diminuzione del peso corporeo. Le rughe compaiono perché c’è un cambiamento qualitativo e quantitativo tra matrice extracellulare ed il derma e c’è la produzione di radicali liberi.

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È stato effettuato uno studio clinico di una Germania) per ridurre la contrazione del munuova formulazione topica (TF) che ridurreb- scolo orbicolare e poi hanno ricevuto come be le rughe del viso permettendo la rigenera- trattamento domiciliare il nuovo TF, crema da zione cutanea. Sono state selezionate 100 don- applicare mattina e sera per un periodo di 6 ne dai 30 ai 65 anni di età anche con rughe al mesi. 50 pazienti (gruppo 1) hanno applicato contorno occhi (zampe di gallina) moderate/ la nuova formulazione topica (formulazione gravi secondo la scala di classificazione delle A) contenente: Aqua, etossigiglicole, glicerina, zampe di gallina (CFGS), non fumatori, chi dimeticone, copolimero di acrilati di sodio, non aveva subito trattamenti di medicina este- polidecene idrogenato, Peg-12, dimeticone, ascorbil palmitato, citica negli ultimi 6 mesi. clopentasilossano, PpgSono stati esclusi dallo studio: uomini, Per medicina rigenerativa 1, pentapeptide-4 di macrolizzato pazienti di età inferiore si intendono le procedure palmito, di idrolizzato, Elastina ai 30 anni o di età supeidrolizzata, Waglerin-1, riore ai 65 anni; grado medico-chirurgiche di proteine 1–6 del CFGS, chi era rigenerazione dei tessuti sorbitolo, del grano idrolizzato, sottoposto a cure con glutammato di sodio, farmaci antipiastrinici, pantenolo, glicole prochi aveva storia di mapilenico, acido benzoico, polisorbato 20, urea, lattia autoimmune, o droga, o alcool. I pazienti sono stati trattati con 15 unità glicina, acido lattico; 50 pazienti (gruppo 2) internazionali (UI) di tossina botulinica di tipo hanno applicato un placebo (formulazione B) A (BoNTA) (incobotulinumtoxinA, Bocotu- contenente: Aqua, etossigiglicole, glicerina, re, Merz Pharmaceuticals, Inc. Francoforte, dimeticone, copolimero di acrilati di sodio,


SALUTE

to che le rughe e la struttura della pelle sono migliorate significativamente, l’ emoglobina è aumentata del 38,5% dopo 3 mesi; 2) l’efficacia della formulazione A rispetto al placebo sulla riduzione delle rughe superficiali del viso (effetto lifting) secondo Antera 3D, le rughe sono migliorate in modo significativo solo a 3 mesi, la struttura della pelle e l’emoglobina non sono migliorate in modo significativo a 3 o 6 mesi; 3) le risposte del paziente al questionario (PSQ) dopo un confronto tra fotografie pre e post trattamento a 3 e 6 mesi. I pazienti si sono mostrati soddisfatti a 3 mesi, ma non soddisfatti a 6 mesi dal post-trattamento. Secondo CFGS “le zampe di gallina” dinamiche sono migliorate molto a 1, 3 e 6 mesi. Il confronto tra il gruppo 1 rispetto al gruppo 2, ha messo in evidenza che la riduzione iniziale delle zampe di gallina era dovuta all’iniezione di tossina botulinica e che la nuova formulazione migliorava o manteneva l’effetto dell’iniezione di tossina iniziale (nel gruppo 1). © Geinz Angelina/www.shutterstock.com Quando parliamo di medicina rigenerativa ci riferiamo a procedure medico-chipolidecene idrogenato, Peg-12, dimeticone, rurgiche che inducono alla rigenerazione dei ascorbil palmitato, ciclopentasilossano, Ppg-1, tessuti il PRP (Plasma arricchito di Piastrine), collagene idrolizzato, sorbitolo, idrolizzato di il needling, il il lipofilling (iniezione del tessuto idrolizzato Glutammato di sodio, pantenolo, adiposo del paziente nelle zone scelte, dopo glicole propilenico, acido benzoico, polisorba- averlo prelevato e preparato). to 20, urea, glicina, acido lattico. L’uso del PRP viene effettuata da un meTale studio ha focalizzato la sua atten- dico specializzato, se tale trattamento viene zione soprattutto sul trattamento delle rughe eseguito in studi privati, c’è bisogno di un facciali superficiali, conosciute come le linee iter burocratico molto complicato. La tecnica di espressione, evidenti dei nano-grassi invece sulla zona laterale degli richiede abilità chiocchi ovvero “le zamrurgiche nella raccolta Lo studio ha trattato pe di gallina”, causati del grasso, utilizzato principalmente le rughe da un aumento della per zone sempre più contrazione muscolare piccole, ormai viene facciali superficiali, statica, dal deteriorain emuldette linee d’espressione trasformato mento della qualità sione con lo scopo di della pelle, ma anche rigenerare e rivitalizzaaltri fattori estrinseci. re i tessuti trattati, può Di questo studio sono stati presi in consi- essere effettuata solo da chirurghi specializzaderazione tre punti: 1) il miglioramento della ti. Non mancano però le insorgenze di molti qualità della pelle a 3 e 6 mesi valutando gli problemi e complicanze. Per dare una svolta effetti dopo il trattamento, infatti grazie alle a tutto questo, ecco che in quato studio ci foto del sistema digitale Antera 3D si è nota- si concentra sulla nascita di un nuovo TF, il

cui meccanismo d’azione si basa su tre componenti principali: “waglerin-1, un peptide trovato nella vipera Tropidolaemus wagleri, il cui meccanismo d’azione imita quello della tossina botulinica (13-15); un estratto della microalga Nannochloropsis oculata che inibisce le metalloproteasi e agisce contro lo stress ossidativo nei fibroblasti umani producendo un sensibile effetto antirughe sulla pelle (16); e palmitoil pentapeptide-4, una matrikine in grado di regolare le attività cellulari interagendo con i loro recettori specifici.” L’ipotesi iniziale di tale studio era che se il nuovo TF avesse migliorato l’effetto della tossina botulinica iniettata o se avesse prolungato nel tempo il suo effetto nel gruppo di trattamento ( gruppo 1) rispetto al gruppo di controllo (gruppo 2), avrebbe dimostrato l’efficacia clinica della sua azione lifting. I risultati dello studio hanno così dimostrato che il nuovo TF ha: 1) migliorato significativamente le rughe e la consistenza della pelle a 6 mesi di trattamento rispetto al placebo; 2) aumentato il livello di emoglobina, infatti la TF ha apportato miglioramenti alla vascolarizzazione del tessuto bersaglio, grazie ad alcuni ingredienti presenti nella formulazione topica, che mostrano capacità rigenerativa; 3) migliorato l’effetto clinico del trattamento con botox come effetto tensivo e lifting sulle linee di espressione intorno agli occhi, sia a riposo che alla massima contrazione, come dimostrato dalla CFGS statica e dinamica. A 1 e 3 mesi di trattamento, entrambi i gruppi hanno mostrato una riduzione significativa dei CFGS statici e dinamici, questo però può essere spiegato dall’azione della tossina botulinica iniettata, che ha una durata che varia tra 3-4 mesi. A 6 mesi, solo i pazienti del gruppo 1 hanno mostrato una riduzione significativa delle rughe sia statiche che dinamiche. Tratto da Journal of Dermatology “Prospective randomized clinical study of a new topical formulation for face wrinkle reduction and dermal regeneration”. Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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SALUTE

LA BIOETICA NELLA SOCIETÀ GLOBALIZZATA Come il secolo della scienza e delle biotecnologie ha cambiato il mondo e l’umanità di Luciano Corrado*

È

questo il titolo dell’articolo da me scritto tra il 2003 ed il 2004, pubblicato su un giornale locale. Siamo alla fase due, tra poco inizieremo la tre, sperando di non dover ricominciare a contare. Una intera generazione, ci ha lasciati e, noi al momento del pericolo li abbiamo abbandonati a loro stessi noi, unici colpevoli del loro massacro. In questi giorni di forzata, ma necessaria permanenza in casa, con il tempo da dover passare, le varie riflessioni da cui scaturiscono tante domande, resta sempre il tempo per riguardare passate fotografie, vecchie carte ed ascoltare musica, e così mi è capitato di sentire la canzone di Eduardo Bennato, “Dotti medici e sapienti”, risentitela, vi prego, e rivivrete tutto quello che è avvenuto in questi mesi. Ma oltre a questo miè capitato tra le mani uno scritto, un mio articolo di 17 anni fa, che mi è sembrato tragicamente attuale, e nonostante gli anni, quanto mai profetico. Siamo alla fase due, dopo un profondo sospiro di sollievo e, tanta voglia di libertà,

Ex dirigente responsabile Laboratorio Analisi di Biochimica Clinica, Microbiologia, Biologia Molecolare e Tossicologia di I° e II° livello, ASP Cosenza.

*

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oltre ai benefici del sole delle spiagge delle sospirate movide, un po’ di senno deve spingerci a ripensare agli ultimi mesi e forse ad interrogarci sul futuro. Avrei potuto scrivere un articolo scientifico sul Covid (più semplice per me) ma mi sarei confuso con i tanti “dotti medici e sapienti”; non voglio questo. Tramite i miei pensieri e le elucubrazioni di uomo semplice, voglio spingervi a pensare, a farvi domande. Con l’articolo tra le mani mi sono messo comodo in un turbinio di pensieri, riflessioni, magone e paure. Voglio riproporre alcuni passi, allo scopo di sottolineare quanto nella storia dei nostri giorni poteva essere previsto. Evitando così lo stesso destino dei topi Lemming, i quali quando demograficamente troppi numerosi, con poche risorse ed in un ambiente non più ottimale, cercano il suicidio in massa. “….. Mai come oggi, l’uomo ha attraversato un momento tanto difficile, che coinvolge tutta la società e la sua morale, l’etica la coscienza. Si affacciano alla ribalta nuove prospettive di progresso, ed altrettanto si evidenziano fondate preoccupazioni sulle ricadute pratiche e morali di uno sviluppo scientifico e tecnologico nuovo ed incontrollato. Ciò ha determinato la rincorsa a sempre nuove sfide, senza ancora aver capitogli straordinari, ma pericolosi scenari che si possono aprire. La nostra epoca, il xx secolo, è stata sicuramente l’epoca delle

BIOTECNOLOGIE, che hanno promesso di cambiare il nostro mondo, di fare scomparire malattie, fame, dolore, ma nello stesso tempo, mettendo in discussione le fondamenta morali, su cui si è basato per millenni il crescere dell’umanità”. “…..la disponibilità tecnica del patrimonio genetico degli esseri viventi, intesa come capacità di modificare a piacimento il DNA nostro, di piante, di batteri di virus, deve essere preceduta da una rigorosa riflessione etica fondamentale, da un rispetto della vita consapevole, che non può essere confusa con l’ottusa arroganza di chi si autorizza da solo”. “….la BIOETICA deve essere un linguaggio condiviso, con il quale declinare la nostra autoconsapevolezza e modellare i rapporti con il mondo e con la società; non deve e non può essere solo un declinare arido di etica e di ontologia. Se si abbatte, grazie, alle moderne tecniche di ingegneria genetica, la barriera tra natura organica esistente, e la sfera della programmazione intenzionale, se ancora di più, l’uomo, viene inserito in quest’ambito di sperimentazioni, risulta inevitabile la nascita di un nuovo tipo di autoriferimento”. “…..viviamo in una società agitata, in bilico tra ottimismo senza limite, alimentata dalla certezza dei magnifici traguardi che solo la tecnologia poteva donarci, e gli apocalittici scenari di chi, immagina tutto mercificato e senza


SALUTE

morale. Del resto che il Capitalismo avesse una tendenza alla mercificazione, l’aveva detto Marx, “…. Se tutto si può comprare e vendere, cioè se tutto ha un prezzo, anche l’uomo, la sua dignità, il suo onore, il suo corpo, lo è…” Il pericolo più grosso è nella possibilità di nuocere a se stesso, allo stesso uomo che, biologia e medicina, in passato, si erano proposte di salvaguardare. La biologia, oggi ha mostrato, tutte le contraddizioni di cui è vittima una scienza forzatamente mercificata, al servizio della politica, senza limiti e senza controllo. Nel secolo diciannovesimo, si diceva, che la medicina è quella scienza che cura il ricco e dice al povero come potrebbe curarsi se fosse ricco. Il medesimo principio è venuto fuori alla fine del xx secolo, tagli al SSN, sbilanciamento verso il privato, mi fanno pensare,che il Welfare State, è forse stato solo una breve parentesi, fra due lunghe epoche di brutale disuguaglianza difronte alla salute, alla vita, alla morale”. “…. Oggi è possibile isolare un microrganismo in coltura, generare e far crescere batteri e

virus in grande quantità, modificarli geneti- per preservare il villaggio dal flagello dell’ecamente, rendendoli diversi da quello che pidemie, attaccavano quattro vedove ad un sono e sarà la progenie. Sono queste tecni- aratro e a mezzanotte tracciavano con quelche importanti, per la ricerca, la diagnosi lo un solco intorno al villaggio, ed i medici di laboratorio, la produzione di vaccini, ma non potevano dare consiglio migliore, come purtroppo tutto ciò, in mani sbagliate, può ora consiglio migliore non c’è stato. essere foriero di morte od utilizzato a fini Ho visto denigrare colpevolizzare, acmeno nobili”. cusare, isolare, bandire questo o quel popoQuesto è quanto scrivevo 17 anni fa, la- lo o nazione, diventati, tutto d’un tratto, scio a voi giudicare e riflettere. Oggi penso nemici acerrimi attentatori del nostro beche ci sarà un Anti-virus e un Dopo-virus, nessere, della nostra salute, untori volontaquesto secondo periodo pervaso da un sen- ri, mistificatori, gente abbominevole deditimento di sradicamento culturale, da cui ta a nutrirsi di tutte le schifezze di questo deriva una crisi di identità che ci riguarderà mondo, mostro ai nostri occhi. Questo mi fa tutti, con la consapevolezza che nulla sarà ricordare un certo Alfred Dreyfus, ed il cocome prima. Di conseguenza, comunque siddetto affare Dreyfus: ebreo, militare, ricvadano le cose, ed è difficile prevederlo da chissimo, odiava i tedeschi per la umiliante me, e credo dai più, sconfitta della Francia si è innescato un pronella guerra FranOggi è possibile isolare cesso irreversibile di co-Prussiana, autore revisione culturale e di un bizzarro razzimicrorganismi, generare di rivisitazione storismo anti-tedesco che ca, che finirà forza- e far crescere batteri e virus, si esplicitava nella tamente per danneg- modificandoli geneticamente teoria etnochimica di giare e riaggregare Edgar Berrilon. La l’esistente producenteoria sosteneva che il do nuove polarità, nuove affinità, differen- popolo tedesco fosse affetto da bromidrosi ti sensibilità culturali, sintesi strategiche e e polichesia: in poche parole, si tratta di suprogrammatiche fino a ieri impensabili. dore puzzolente ed eccessiva defecazione, In questo periodo, di forzata solitudine, dovuta ad un intestino più lungo e, da cui dobbiamo tutti genufletterci e ritrovare in derivavano una serie di anomalie carattenoi stessi la capacità di ritrovare la morale, riali e culturali. Purtroppo i secoli passano l’etica, la solidarietà, la spiritualità che sem- ma gli errori si ripetono in maniera analoga, pre ha guidato l’uomo nei millenni. Non soprattutto quando, in tempi come questi, so se riusciremo a rimettere in moto, come in crisi di identità ed in sofferenza, di sicuprima, i motori dei supersonici, o quelli dei rezza, si vede nell’attacco al nemico comune treni ad alta velocità o delle immense navi, la strategia per riaffermare la propria forza se i nostri figli e nipoti potranno più fare ed unità. Lo straniero, il diverso, viene visto l’Erasmus, se avranno più senso le parole come la minaccia alla sicurezza ed al beTAV, o Spread. nessere così faticosamente conquistato. La Quello che ho verità è che abbiamo visto in questi 3 mesi paura, ed oggi il covid L’innovazione scientifica, ha dimostrato, che, di Lockdown non mi lascia ben sperare, mi pur avendo la cultula ricerca di laboratorio mette ansia. Siamo ra e gli strumenti per in attesa del vaccino, e il progresso devono essere evitare simili errori, come del Messia per non abbiamo ancora usati con coscienza i discendenti di Saloimparato dal nostro mone, ma questo sarà passato. condiviso con tutti i popoli o sarà di alcuni Mi alzo, sono inquieto; troppe domande: e negazione per altri? Ho paura dell’uomo “Si è attenuato; ha mutato, ritornerà dopo l’edella sua ingordigia, dell’innalzare steccati, state, il vaccino ci sarà per la fine dell’anno, ci di come possa essere plagiato da propagan- sarà per tutti, la crisi economica si riuscirà a da faziosa, distorta, contro ogni principio di tenere sotto controllo, le tensioni tra stati si tolleranza, di comunione di amore. placheranno, le disuguaglianze economiche Le zone rosse, gli stati con le frontiere e sociali derivanti saranno placate;…?”Tante chiuse, mi ricordano quanto succedeva nei sono le domande…Chi sa se i nostri “Dotti desolati villaggi della Russia alla fine del di- medici e sapienti” sapranno darci una qualciannovesimo secolo. I superstiziosi mujik, che esauriente risposta Non credo. Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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STIAMO PERDENDO LE FORESTE D’EUROPA

Una ricerca basata su dati satellitari indica l’aumento della perdita di biomassa. Suona l’allarme per le foreste del Vecchio Continente

di Giacomo Talignani

I

l cuore verde d’Europa sta cambiando. Il Vecchio Continente è ben lontano, per fortuna, dalle politiche di deforestazione che vedono coinvolti territori come l’Amazzonia, l’Africa o l’Indonesia, ma ha comunque un problema relativo alle sue foreste. Queste occupano il 38% della superficie europea ma, in termini di biomassa, secondo un nuovo studio “stanno diminuendo”. Piantiamo più alberi, è vero, ma allo stesso tempo preleviamo sempre più legname privandoci così di piante adulte che hanno una maggiore capacità di assorbimento della CO2. A raccontarci come cambiano le foreste d’Europa, con uno sguardo dall’alto, è il Joint Reserach Center della Commissione Europea, centro che ha sede proprio in Italia all’Ispra. Qui, guidati da Guido Ceccherini dell’Ispra, un team di ricercatori interna-

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A tal proposito, e sulle percentuali rizionali ha raccolto e analizzato una lunga serie di dati satellitari scoprendo che la scontrate in particolare nei paesi Scandiperdita di biomassa è aumentata del 69% navi, il ricercatore forestale Giorgio Vacnel periodo che va dal 2016 al 2018 rispet- chiano dell’Università Statale di Milano to al periodo 2011-2015 in cui erano stati ha pubblicato un lungo post sui social in registrate le cifre precedenti. I dettagli di cui scrive che «pur non “vedendo” bene questo cambiamento sono stati pubblicati tutte le operazioni che avvengono in foin una ricerca su Nature Research in cui resta, le immagini Landsat sembrano sugsi fa il punto sulle foreste europee spesso gerire che l’area dei tagli più ampi (che in Europa non causano gestite proprio per la deforestazione, ma produzione e la raccolta di legname. Seppure vengano piantati possono comunque associati a imSecondo le stime più alberi, aumenta anche essere patti negativi temrealizzate grazie al saporanei) sia in forte tellite la crescita della la tendenza a prelevare aumento nell’ultimo perdita di biomassa legname e piante adulte triennio, soprattutto forestale è particonei Paesi del Nord larmente evidente Europa. Sappiamo soprattutto in Svezia (29%), in Finlandia (22%) e altri territori che il prelievo di legno è in aumento in del nord Europa. Colpite anche Polonia, Europa (+10% secondo la FAO nell’ultiSpagna, Lettonia, Portogallo e Estonia, mo quinquennio), ma secondo i dati ufche rappresentano insieme circa il 30% ficiali dovrebbe ancora essere inferiore al “tetto massimo” di sostenibilità, cioè la dell’aumento dei 26 paesi analizzati.


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Foresta nella Finlandia rurale.

dei Paesi europei di monitorare le attività umane nelle proprie foreste e assicurarsi della loro sostenibilità climatica e ambientale, riempiendo alcuni “buchi” informativi che ancora oggi rendono difficile, anche nella moderna Europa, esercitare un monitoraggio accurato». Se fosse confermato l’aumento della perdita di biomassa potrebbe nascere un problema di cui l’Europa del New Green © Filip Fuxa/www.shutterstock.com Deal, piano miliardario per contrastare la crisi climatica in corso e che punta ad abquantità di legno e di alberi che crescono battere del 40% le emissioni climalteranti ogni anno. Il lavoro su Nature potrebbe entro il 2030, dovrà tenere conto. Finora infatti le foreste europee hanmettere in discussione questo dato, almeno per alcuni Paesi». no contributo per il 10% a compensare le Sempre Vacchiano spiega che «le im- emissioni assorbendo CO2: con i nuovi magini satellitari non sono semplici da tagli questo contributo rischia di diminuiinterrogare e possono nascondere alcune re prima di poter tornare a crescere quaninsidie. Lo studio sta venendo rianalizza- do i nuovi alberi diventeranno adulti. Da to da esperti indipendenti per verificare diversi studi è noto infatti che piantare che i dati satellitari nuovi alberi, seppur siano stati usati bene fondamentale, non è (tenendo conto ad Le perdite sono consistenti lo stesso in termini esempio dell’aumenassorbimento: le soprattutto in Svezia (29%), di to della accuratezza giovani piante hanno dei sensori satellitaFinlandia (22%) e, più in minore capacità di ri nel tempo) e che carbonio di generale, nel nord Europa sottrarre gli eventi naturali quelle più anziane. (incendi, schianti Come ha spiegada vento, danni da to Guido Ceccherini, insetti) siano stati correttamente esclusi l’autore principale dello studio ottenuto e non classificati come tagli intenzionali. grazie alle immagini satellitari, «le foreste Nell’attesa delle dovute verifiche, l’arti- continuano comunque a rimanere un pozcolo ha suscitato una intensa discussione, zo di carbonio, ma meno di prima. che non potrà che migliorare la capacità Anche se parte del carbonio da bio-

© Ekaterina Kondratova/www.shutterstock.com

massa raccolto viene utilizzato in prodotti di legno a lunga durata, probabilmente sostituendo materiali più ad alta intensità energetica come acciaio o cemento, la maggior parte di esso tornerà nell’atmosfera come CO2 in un breve periodo di tempo. Fino a quando lo stock di carbonio nelle aree raccolte non tornerà ai livelli precedenti, il che richiede diversi decenni, a seconda del tipo di foresta, un aumento del raccolto equivale quindi ad un aumento delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera». Il caso della ricerca pubblicata dal Joiny Reserach Center della Commissione Europea è stato commentato sui tabloid inglesi anche da Thomas Crowther, fondatore del The Crowther Lab che all’ ETH Zürich si occupa di ricerca scientifica sulla crisi climatica. Secondo Crowther «è preoccupante vedere che la crescente domanda di prodotti forestali potrebbe ridurre il carbonio immagazzinato all’interno della biomassa vivente nelle foreste europee. Probabilmente è più preoccupante che la rimozione delle foreste possa anche minacciare lo stoccaggio di carbonio sottoterra. Queste foreste ad alta latitudine supportano alcune delle più grandi riserve di carbonio del suolo sulla terra. Se il disboscamento delle foreste minaccia l’integrità degli stoccaggi di carbonio nel suolo ad alta latitudine, gli impatti climatici potrebbero essere più forti del previsto». Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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a fauna selvatica africana è in seria difficoltà. I rinoceronti, sono sempre più vittime del bracconaggio e gli elefanti, come quelli del Botswana, stanno morendo per cause ancora poco chiare. Per via della pandemia l’Africa, dallo Zimbabwe alla Tanzania, dal Kenya al Botswana, sta perdendo turismo e, di conseguenza, i fondi necessari per la protezione degli animali. Senza visitatori infatti le risorse da destinare alla protezione dei parchi, anche semplicemente per pagare gli stipendi dei ranger, stanno venendo a mancare: in questo contesto i bracconieri a caccia di avorio sembrano riprendere slancio dopo un periodo in cui le politiche di contrasto al bracconaggio sono apparse decisamente efficaci. Se in Zimbabwe e Sudafrica, fanno sapere gli enti responsabili dei parchi e dei progetti di conservazione, «abbiamo ancora poco tempo prima di finire i fondi per pagare i ranger», in Botswana quello che i ranger ancora operativi hanno scoperto in un Paese oggi privo di turismo è forse ancor più preoccupante, dato che la causa appare un mistero. Centinaia di elefanti, si stima oltre 350, sono morti in circa tre mesi, proprio dall’inizio delle prime misure di lockdown, quando il numero di turisti e visitatori dei safari è crollato. Nel Delta dell’Okavango, una delle zone più straordinarie al mondo per la biodiversità che ospita, centinaia di pachidermi, giovani o adulti, maschi o femmine, sono stati trovati a terra senza vita. Il perché è un mistero. Il 70% delle 275 carcasse prese in esame si trovavano vicino a pozze d’acqua o bacini. Motivo per cui uno dei primi pensieri è che siano stati avvelenati, forse da parte dei bracconieri. Se sono note in tutta l’Africa, soprattutto nelle

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IL MISTERO DEGLI ELEFANTI AFRICANI

Oltre 350 pachidermi trovati senza vita in Botswana Forse un nuovo virus? Ma l’Africa teme l’aumento del fenomeno del bracconaggio

zone rurali dove ci sono villaggi e coltiva- degli elefanti del Botswana nei laboratori zioni, le difficoltà di convivenza fra uomi- di Sudafrica, Zimbabwe e Canada, dove ni e animali, sono altrettanto noti episodi sono stati inviati i campioni, sembra che passati (per esempio la pista dell’avvelein Zimbabwe) dove namento sia però per furono avvelenati ora da escludere così A causa della pandemia, con cianuro decine come l’ipotesi legadi elefanti da parte l’Africa sta perdendo turismo ta al batterio dell’andei bracconieri. trace, per cui diversi e i fondi necessari per Avvelenandoli, animali morirono in la protezione degli animali passato. Allo stesso gli animali prima di collassare a terra si tempo non sembraspostano per diverno esserci presenze si chilometri e solo successivamente, se rilevanti di cianuro. Da alcune indiscreli riescono ad individuare, i bracconieri zioni da parte dei veterinari che operano si presentano per asportare le zanne de- sul posto ci si è sbilanciati a parlare di stinate al mercato nero asiatico. Mentre utilizzo di gas nervino, ma anche questa vanno avanti analisi accurate dei resti sembra una strada poco probabile. Spa-


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© Ondrej Prosicky/www.shutterstock.com

venta invece la possibilità che si tratti di gli animali poco prima di morire. Sembra un virus o una malattia poco nota che sia che diversi esemplari girassero in cerchio in grado di uccidere così tanti animali. In prima di cadere con il muso a terra. Gli Botswana vive una animali sono apparsi popolazione di oltre deboli, malati, se130mila elefanti sui condo alcune testiSono in corso indagini circa 400mila indivimonianze “incapaci e analisi accurate per capire di cambiare direziodui presenti in tutta l’Africa. Se si diffon- cosa abbia portato al decesso ne” oppure “camdesse un virus comminavano in cerchio di così tanti esemplari plesso da arrestare, prima di accasciarsi a gli esperti temono terra” dicono i testiper la sopravvivenmoni. Niall McCann, za e il futuro dei pachidermi del Conti- direttore della conservazione dell’Ong nente nero. Ecco perché, per tentare di National Park Rescue, spiega che molti capire cosa si accaduto agli elefanti del erano “faccia a terra”. Questi dettagli Botswana, si sta dando particolare atten- fanno pensare a un problema di tipo neuzione alle testimonianze di chi ha visto rologico, motivo per cui sono stati inviati

campioni di cervello ai laboratori. Nella quasi totalità dei casi in esame gli elefanti morti avevano ancora le zanne, altro motivo per cui, sempre dalle prime ipotesi, si pensa che questa volta il bracconaggio possa non essere la causa dell’uccisione. Di conseguenza, una delle ipotesi più probabili sembra quella di una malattia. «Questa storia ha il potenziale di una crisi sanitaria» ha sostenuto addirittura il dottor McCann del National Park Rescue, precisando che nulla si può escludere «che si tratti di parassiti specifici o persino del Covid-19». La crisi degli elefanti sembra colpire solo il Botswana, Paese che basa circa il 12% del Pil proprio sul turismo legato ai safari. In Namibia o altre zone vicine per ora non sono stati infatti registrati casi e anche alcuni animali che in passato furono trovati morti a causa di avvelenamenti, come per esempio iene o avvoltoi, non sembrano essere stati coinvolti. In attesa di scoprire tutte le esatte cause della morte degli elefanti, alcuni biologi ricordano che fra i comportamenti registrati dai grandi mammiferi c’è anche quello di avvicinarsi spesso ai defunti, rimanendo per ore in presenza delle carcasse di altri pachidermi. Anche questo, in caso di virus, potrebbe essere un motivo del numero così alto - oltre 350 - di elefanti che hanno contratto un ipotetico virus. Infine, come ha ricordato Chris Thouless, a capo del progetto di conservazione dell’organizzazione Save the Elephants Piuttosto, non è da escludere nemmeno che gli elefanti possano essere morti a causa per esempio di una encefalomiocardite virale, trasmessa dai roditori, la stessa che fu osservata e uccise a metà anni Novanta circa 60 elefanti nel Kruger National Park in Sudafrica. (G. T.). Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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MICROPLASTICHE IN FRUTTA E VERDURA. LO STUDIO ITALIANO

Dai laboratori siciliani arriva l’allarme «l’impatto dei rifiuti plastici di mari e corsi d’acqua sugli habitat naturali è un problema globale»

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I dati mostrano una contaminazione con dimensioni medie delle microplastiche da 1,51 a 2,52 microns e un range quantitativo medio da 223mila a 97.800 particelle per grammo

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guardarle bene sembrano semplici cibi che consumiamo abitualmente. Le stesse mele o carote. Eppure, al loro inter- plastiche sono state trovate ormai in ogni amno, contengono anche microplasti- biente del mondo, dagli oceani alle Alpi sino che. Nella frutta e verdura che noi alla Fossa delle Marianne. mangiamo quotidianamente, alla base della Le microplastiche, frammenti inferiori nostra dieta mediterranea, sono nascoste mi- a cinque millimetri, sono presenti nell’acqua nuscole percentuali di plastiche. Esattamente e nel suolo e vengono assorbite da frutta e come accade negli oceani, dove le micropla- ortaggi che le trasportano attraverso i tessuti stiche vengo ingerite dai pesci che poi finisco- vegetali. Per effettuare una ricerca collegano nelle nostre tavole, anche le coltivazioni di ta direttamente al consumo quotidiano che ortaggi o di frutta sono facciamo di frutta e coinvolte nel drammaverdura, i ricercatori tico ciclo dell’inquinaLa ricerca è stata condotta hanno esaminato così mento da plastica. alcuni degli alimenti dal laboratorio di Igiene Per la prima volta, fra i più consumati (in uno studio italiano, ha ambientale e degli alimenti media uno al giorno). Il comprovato e misurateam ha acquistato ordell’Università di Catania to le concentrazioni di taggi e frutta a Catania, microplastiche contedove ha sede uno dei nute nella parte edibilaboratori in cui è stata le di alcuni dei frutti o delle verdure fra i più sviluppata la ricerca, acquistando i prodotti in consumati nel nostro paese. La ricerca è stata negozi diversi, dai supermercati sino ai piccoli condotta dal gruppo del laboratorio di Igiene ortofrutta e in alcuni negozi a chilometri zero. ambientale e degli alimenti dell’Università di «Ci siamo concentrati sull’esposizione Catania con Mohamed Banni del Laboratoire nella dieta con l’obiettivo di valutare il numede Biochimie et Toxicologie Environnemen- ro e la dimensione (<10 μm) delle microplatale di Sousse in Tunisia. Lo studio è stato stiche nelle verdure e nella frutta consumate pubblicato su Environpiù comunemente, in mental Research e ha relazione anche alla come titolo “Micro loro assunzione giorI risultati dello studio and nano - plastics in naliera raccomandata. sono stati pubblicati sulla edible fruit and vegeInfine, abbiamo calcotables. The first diet lato le assunzioni giorrivista internazionale risks assessment for the naliere stimate (EDI) “Environmental Research” per adulti e bambini general population”. Nel laboratorio per ogni tipo di frutta siciliano, sotto la guie verdura» spiegano da della professoressa Margherita Ferrante, gli scienziati. Secondo i risultati di laboratorio sono state esaminate mele, pere, carote, broc- le mele e le carote erano la frutta e la verducoli e patate acquistati in alcuni mercati lo- ra con maggiore contaminazione da micro e cali. La presenza di microplastiche era nota, nano plastiche. ma non si conosceva la possibile quantità da Più in generale la frutta ha mostrato la più noi ingerita. Finora microplastiche sono sta- alta contaminazione di microplastiche (<10 te trovate dappertutto, dai pesci alla birra, μm). Alla lattuga invece la “palma” dell’alidall’acqua in bottiglia al sale e in diversi altri mento (fra quelli analizzati) con minore quan-

tità di contaminanti plastici. Più in generale i dati mostrano una contaminazione variabile con dimensioni medie delle microplastiche da 1,51 a 2,52 microns e un range quantitativo medio da 223mila (52.600-307.750) a 97.800 (72.175-130.500) particelle per grammo di vegetale rispettivamente in frutta e verdura. «Possiamo ipotizzare che i frutti contengano più microplastiche non solo a causa dell’altissima vascolarizzazione della polpa del frutto, ma anche a causa delle maggiori dimensioni e complessità dell’apparato radicale e dell’età dell’albero (diversi anni) rispetto agli ortaggi (60 –75 giorni per la carota). Inoltre, la carota ha piccoli peli microscopici all’esterno dell’epidermide della radice centrale; questi servono ad aumentare la superficie della radice, ma sopravvivono solo per pochi giorni» hanno spiegato gli esperti. Sempre per i ricercatori l’assunzione giornaliera stimata di particelle sia per adulti che per bambini è “aumentata” dopo aver mangiato mele. I bambini, tuttavia, hanno assorbito più particelle a causa del loro peso corporeo inferiore. «In effetti i bambini ingeriscono quantità minori di tutte le verdure e i frutti studiati, ma l’esposizione è maggiore rispetto agli adulti se considerata in relazione al peso corporeo». Secondo Margherita Ferrante e la collega Gea Oliveri Conti, «il gruppo di lavoro sta ampliando gli alimenti investigati. Attualmente è in fase di elaborazione un ulteriore articolo sui dati derivanti dai filetti eduli di pesce. L’articolo riporta, inoltre, le Estimated Daily Intakes (Assunzioni giornaliere stimate) per adulti e bambini, divenendo di fatto il primo studio che quantifica l’esposizione a microplastiche inferiori ai 10 microns della popolazione generale mediante l’ingestione di tali alimenti». Quello che dimostra la ricerca sviluppata nei laboratori siciliani è che l’impatto dei rifiuti plastici presenti nei mari e nei corsi d’acqua sugli habitat naturali e sulla fauna selvatica rappresenta un problema emergente di livello globale. Da Parma, l’Efsa (European Food Safety Autority), con la collaborazione della Commissione europea, ha già richiesto una futura valutazione dei potenziali rischi per i consumatori derivanti proprio dalla presenza di microplastiche e nanoplastiche negli alimenti, in particolare nei pesci. Sebbene siano presenti in piccole quantità nella frutta e nella verdura, con stime che ci dicono che fra gli 8 e i 13 milioni di tonnellate di plastica ogni anno finiscono nei nostri oceani, è chiaro che gli organismi marini sono e saranno per molto tempo i più esposti al problema dell’inquinamento da plastica. (G. T.). Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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ITALIA ECCELLENZA NEL RICICLO DEGLI IMBALLAGGI

Nel 2019 il nostro Paese ha riciclato il 70% dei rifiuti di confezionamento: oltre 9 milioni di tonnellate sui 13 immessi al consumo

di Gianpaolo Palazzo

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ivere molte vite ed evitare la discarica. Più di quattro imballaggi su cinque, lo scorso anno sono rientrati nel ciclo produttivo, per un totale di nove milioni e 560mila tonnellate sui tredici e 655mila immessi al consumo. Si tratta di un incremento del 3,1% rispetto ai quantitativi del 2018, che aveva visto riciclare nove milioni e 270mila tonnellate. La crescita è spinta primariamente da un aumento (6,2%) nel riciclo dei rifiuti provenienti dalla raccolta urbana. Se a queste cifre già incoraggianti si sommassero quelle del recupero energetico, vedremmo che le tonnellate d’imballaggio recuperate superano gli undici milioni, quasi l’81% dell’immesso al consumo. Questi primi dati consolidati del Conai (Consorzio nazionale imballaggi) sono stati pubblicati sul nuovo Programma Generale di Prevenzione e di Gestione degli Imballaggi e dei rifiuti di imballaggio. «Il sistema nel suo complesso - commenta il presidente del Consorzio Giorgio Quagliuolo - ha già superato gli obiettivi di riciclo che l’Europa chiede entro il 2025. L’economia circolare in Italia funziona e s’impone per l’efficacia del suo modello. Anche i risultati per i sei materiali di imballaggio che Conai gestisce sono molto positivi: per quasi tutti gli obiettivi al 2025 sono stati superati. Manca solo la plastica, che, però, resta indietro di pochi punti percentuali, serenamente recuperabili nel corso dei prossimi cinque anni. Per questo è impor-

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tante continuare a lavorare sia sulla strada dello sviluppo di nuove tecnologie per il riciclo sia su quella della prevenzione, incentivando eco design e design for recycling». L’Italia ha riciclato 399mila tonnellate di acciaio, 51mila di alluminio, 3 milioni e 989mila di carta, 1 milione e 997mila di legno, 1 milione e 54mila di plastica e 2 milioni e 69mila di vetro. Anche nel 2019, quindi, le nostre prestazioni nel campo dell’economia circolare sono migliorate. Un trend positivo che non si arresta e al cui potenziamento concorre il lavoro portato avanti con i Co- © Don Pablo/www.shutterstock.com muni, grazie all’Accordo Quadro Anci-Conai: sono oltre 58 milioni gli abitanti serviti che vedono i propri rifiuti d’imballaggio ballaggi immessi sul mercato, quando quetrattati in modo differenziato. sti diventano rifiuti». A stipulare convenzioni con il sistema Altri 421 milioni di euro sono stati, inconsortile, lo scorso anno, è stato più del vece, destinati da Conai alla copertura dei 92% dei Comuni. Per coprire i maggiori costi per attività di trattamento, riciclo e oneri della raccolta differenziata, nel cor- recupero. Del resto, lo scorso anno i quanso del 2019 Conai ha titativi di rifiuti d’imtrasferito alle ammiballaggio conferiti al Lo scorso anno ha visto nistrazioni municipasistema dai Comuni li 648 milioni di euro. sono cresciuti del un incremento del 3,1% «Stiamo parlando «Un incredei rifuti rientrati nel ciclo 14,3%. - commenta il presimento notevole. Una dente del Consorzio produttivo rispetto al 2018 delle sue cause - comGiorgio Quagliuolo menta Quagliuolo - è - di una percentuale sicuramente il crollo significativa della spesa sostenuta per la dei listini del macero a fine 2019: avviare la raccolta differenziata degli imballaggi che, carta a riciclo non era più profittevole. Per rispetto al totale dei rifiuti urbani, rappre- questo abbiamo aperto finestre che hanno sentano una percentuale che oscilla fra il consentito a molti Comuni l’ingresso in con25% e il 28%. Si tratta di risorse prove- venzione con Comieco, il nostro consorzio nienti dalle 800mila aziende che, aderendo che si occupa degli imballaggi in carta e al Consorzio, si fanno carico della respon- cartone. Conai si è, quindi, fatto carico dei sabilità di una corretta gestione degli im- maggiori oneri per l’avvio a riciclo di questo


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Il “Riciclo in classe”

D materiale in un momento in cui il suo valore virtuosi. Il Mezzogiorno, invece, - conclude di mercato era negativo, dimostrando anco- Quagliuolo - ha più strada da fare e, quindi, ra una volta il suo ruolo di sussidiarietà al margini di miglioramento più ampi. Da parmercato nel considerare l’interesse ambien- te di Conai resta forte l’attenzione alle aree tale superiore a quello economico». ancora in ritardo nel Sud del Paese, che riA influenzare il +14,3% nei conferi- chiedono impegno e risorse, soprattutto per menti al sistema Coaffrontare il problenai ha collaborato ma della drammatica La crescita è legata a un anche lo slancio delle carenza di impianti. macro-aree geografiaumento (6,2%) nel riciclo All’Italia, però, serve che del Centro e del uno sguardo di dei rifiuti provenienti dalla anche Sud, che hanno fatto lungo periodo nell’afregistrare rispettivafrontare le questioni raccolta urbana mente un +16,4% e legate al riciclo. Il coun +16% di raccolta stante miglioramento in convenzione. Sono salite, nello specifico, delle performance del Paese fa crescere l’ofla raccolta della plastica, che al Centro passa ferta di materie prime seconde, ma a valle da 237mila a 268mila tonnellate e a Sud da la domanda di materia riciclata è scarsa e 362mila a 442mila, e quella del vetro, che debole, e va incentivata: sono urgenti norme salta da 314mila a 364mila tonnellate nel sull’End of Waste che siano chiare e sempliCentro e da 472mila a 541mila tonnellate ci, una concreta attuazione del Green Punelle Regioni del Sud. «È naturale, molte blic Procurement e un’incentivazione fiscale Regioni del Nord rappresentano già esempi per chi usa materie prime seconde».

urante l’anno scolastico 20192020, Conai ha lanciato il programma “Riciclo di classe”, realizzato in collaborazione con il “Corriere della Sera Scuola”, portando, anche con la didattica a distanza, i temi dell’educazione alla cittadinanza ambientale nelle classi primarie. L’attività formativa ha avuto come obiettivo l’apprendimento e la conoscenza della raccolta differenziata. L’iniziativa è nata per sostenere l’educazione alla corretta separazione dei rifiuti d’imballaggio e al riciclo, come atto di responsabilità verso se stessi e il pianeta. Al centro del progetto c’è lo spettacolo “Dipende da noi”, un testo teatrale che racconta, con un linguaggio semplice e accattivante, la trasformazione degli imballaggi in materie prime seconde e il valore dei comportamenti ecosostenibili. Le classi, oltre ad aver avuto a disposizione tremila kit didattici, si sono impegnate nell’arte teatrale e nel portare in scena lo spettacolo, imparando a tradurre concretamente il rispetto e la cura dell’ambiente.

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Ripartire a piedi Riscoprire le bellezze dell’Italia con 20 cammini per tutte le età

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enti itinerari, da quattro a sette giorni di cammino, con do meno te l’aspetti». Le meraviglie per gli occhi possono iniziare percorsi per tutte le età e sempre disponibili. È da pochi con «monti che non sono monti, lande rigogliose o desolate» e congiorni nelle librerie e nelle edicole “Cammina Italia”, il tinuare con boscaglie di roverelle, ornielli e carpini neri, pini neri, libro della Compagnia dei Cammini, associazione naziotestimonianze dell’Impero Austro-Ungarico, doline, inghiottitoi, nale che lavora per diffondere la cultura del camminare, con venti grotte, trincee della Prima guerra mondiale, bunker, ex campi-pro“viaggi” a piedi uno per ogni regione italiana. Il progetto, sposato fughi e resti degli antichi castellieri. Pensando ai piaceri della tavola, dalla casa editrice Ediciclo, è stato curato da Luca Gianotti, coordidopo tanta fatica, arrivano in soccorso le tradizioni di quel mondo natore della Compagnia. La prefazione, affidata allo scrittore e guial confine, che mette insieme cucina di terra e di mare, ricette slave, da Luigi Nacci, precede gli itinerari raccontati da guide celebri e di austriache e istro-venete. esperienza. Ogni tragitto contiene la descrizione del percorso giorno Per «condividere senza dover raccontare, perché le parole non per giorno, una mappa, le strutture consigliate per il pernottamento, potrebbero mai descrivere quello che gli occhi ancora vedono », il ristoro, le tracce gps gratuite e le cartine. Si va dalla Via degli Dei al Micha Calà si divide tra Basilicata e Puglia. Insegnante di qi gong Cammino dei Sibillini, dalla Via Francigena al Cammino dei Brigane tàijíquán nato a Lucerna, in Svizzera, da genitori italiani che gli ti, dal Cammino Materano alla traversata del hanno trasmesso la voglia di spostarsi, propoFinalese per attraversare Italia, anche a piedi. ne un cammino da iniziare davanti alla BasiliFabiana Mapelli, guida escursionistica Ogni tragitto contiene mappa ca di San Nicola a Bari e nel centro storico. Il ambientale, ha curato per la Toscana la Via giorno successivo si andrà da Bitetto a Cassano del percorso, strutture Francigena senese. Lì i paesaggi sono da cardelle Murge con la sua foresta di Mercadante tolina, grazie alla bellezza della campagna e consigliate per pernottamento per poi toccare Santeramo in colle, Altamura, a paesi come San Miniato, San Gimignano, Gravina in Puglia, il Santuario di Santa Maria e ristoro e cartine Monteriggioni, Buonconvento e San Quirico di Picciano, retto dai monaci benedettini olived’Orcia, percorrendo «sterrate e facili sentieri tani, fino a raggiungere Matera, Capitale eurosulle creste panoramiche delle colline. Lungo quel tratto della Via pea della cultura nel 2019. Francigena si possono ritrovare le testimonianze dei pellegrinaggi «Durante il lockdown - spiega Luca Gianotti - abbiamo capito medievali, con ospitali ancora oggi attivi come quello di Gambassi, quanta voglia ci fosse di tornare a camminare in natura, all’aria apere molte pievi di campagna. Essenziale, però, allenarsi prima della ta, di respirare, sentire l’aria che entra nei polmoni senza restrizioni partenza, alcune tappe sono lunghe! È necessaria anche la voglia di o filtri e sentirci in armonia con l’universo. Per questo abbiamo apcondividere e adattarsi a dormire nelle camerate degli ostelli, una profittato di quel momento buio per mettere nero su bianco la nogrande opportunità di vivere a fondo l’esperienza del gruppo». stra esperienza nella speranza di condividerla presto con tutti quelli In Friuli Venezia Giulia, lo scrittore Luigi Nacci, uno che si spoche sognavano di rimettersi in cammino. Il risultato è stato un libro sta a piedi, perché «camminando, oppongo l’umano al disumano», collettivo, un libro di squadra, una bella esperienza in cui mettere propone di svelare il fascino del Carso e della provincia triestina, insieme i tasselli di tutti e veder sbocciare in tipografia 144 pagine crocevia di lingue, culture, storie, popoli e «venti che arrivano quancolorate». (G. P.).

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Dal vino un gel disinfettante Una misura “salva-vigneti” per sostenere i produttori in crisi

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l lïèo italiano, come lo chiamerebbero i poeti, sta combattendo, Il provvedimento era molto atteso dato che, secondo l’indagine una battaglia liquida. Nemico numero uno è il Covid-19, contro Coldiretti/Ixè, quattro cantine italiane su dieci (39%) hanno fatto cui saranno schierati centocinquanta milioni di litri che divenregistrare, nei primi mesi dell’anno, un deciso calo dell’attività con teranno gel disinfettante o bioetanolo, grazie al semaforo verde un conseguente e preoccupante allarme liquidità. Dal vigneto al bicarrivato a favore della distillazione di crisi. I due decreti del Ministero chiere, infatti, nascono numerose opportunità occupazionali per circa delle politiche agricole alimentari e forestali (n. 6075 del 23/06/2020 e 1,3 milioni di persone. «A pesare - sottolinea la Coldiretti - è stata la 2399 del 06/07/2020) hanno attivato, per la campagna 2019/2020, la chiusura forzata della ristorazione avvenuta in Italia e all’estero con distillazione di crisi del vino comune, con una dotazione di cinquanuna forte frenata delle esportazioni dopo il record di 6,4 miliardi di ta milioni di euro. La misura, inserita nell’Organizzazione comune di euro nel 2019, il massimo di sempre, pari al 58% del fatturato totale. mercato del vino, è finanziata con fondi comunitari e ha un duplice Colpita soprattutto la vendita di vini di alta qualità, che trova un merobiettivo: ridurre le giacenze di prodotto e contribuire all’approvvicato privilegiato di sbocco in alberghi e ristoranti in tutto il mondo». gionamento di alcol etilico. Nel 2019 per l’Istat il 65,8% della popolazione maschile di 11 «Si vuole fronteggiare - ricorda soddisfatta Coldiretti - da un lato anni e più ha consumato vino, percentuale che scende al 43,4% la carenza di alcool italiano e dall’altro la proper le donne. I consumatori giornalieri di befonda crisi del vino, dove le vendite sono pravande alcoliche sono pari al 20,2%, in dimiticamente dimezzate durante il lockdown. In Il progetto ridurrà le giacenze nuzione rispetto a quanto osservato dieci anni Italia la distillazione riguarda solo i vini comuni, prima (27% nel 2009). In aumento la quota di prodotto e contribuirà al contrario della Francia, dove sarà possibile di quanti consumano alcool occasionalmenall’approviggionamento “trasformare” anche quelli a denominazioni di te (dal 41,5% del 2009 al 46,6% del 2019) e origine come lo champagne». In effetti, è stato quella di coloro che bevono alcolici fuori dai di alcol etilico previsto che il vino da avviare alla distillazione pasti (dal 25,5% del 2009 al 30,6% del 2019). debba avere una gradazione alcolica minima di L’Italia con 46 milioni di ettolitri si clas10° vol. ed essere detenuto alla data 31 marzo 2020, risultando nei sifica davanti alla Francia come il principale produttore mondiale registri ufficiali di cantina come non a denominazione di origine e non con circa il 70% della produzione destinato a vini Docg, Doc e ad indicazione geografica. Igt. «332 sono a denominazione di origine controllata (Doc), 73 L’alcool derivante dalla distillazione verrà utilizzato esclusivamena denominazione di origine controllata e garantita (Docg) e 118 te per uso industriale, compresi i fini farmaceutici e per la produzione a indicazione geografica tipica (Igt). Il restante 30% va ai vini da di disinfettanti o energetici. Essendo un solvente, infatti, quando viene tavola. Sul territorio nazionale - conclude la Coldiretti - ci sono a contatto con l’organismo di batteri e virus modifica e altera la strut567 varietà iscritte al registro viti, contro le 278 dei cugini francesi tura chimica delle loro proteine ed enzimi, impedendo a queste soa dimostrazione del ricco patrimonio di biodiversità su cui può stanze di svolgere le loro funzioni. Le proteine e gli enzimi si trovano contare l’Italia che vanta, lungo tutta la Penisola, la possibilità di in tutti gli organismi viventi e sono fondamentali per la vita. In pratica offrire vini locali di altissima qualità grazie ad una tradizione mill’alcool distruggendole, uccide molti batteri e virus. lenaria». (G. P.). Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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La spesa degli italiani è green, a km 0 e “tech” Dal campo alla tavola, più attenzione al Made in Italy e ai prodotti locali

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rodotti stagionali in tavola? Sì, perché la spesa agroalimentare una specifica ricerca. Noi - sostiene Michele Quaglia, direttore degli Italiani si sta confermando, anche nel tempo della pancommerciale e Brand di Gruppo - siamo da sempre vicini al mondemia, a chilometro zero, interessata alle tipicità, sostenibile do dell’agricoltura e, oltre alle evidenze del nostro Osservatorio, e tecnologica. Le eccellenze della Penisola hanno conquistada qualche settimana abbiamo lanciato un’iniziativa specifica, to le abitudini di spesa, tanto che più di uno su tre (41%) acquista “AGRIcoltura100”, insieme al nostro partner storico Confagricolgeneri agroalimentari dal produttore locale, senza passare da intertura. Il progetto vuole promuovere il ruolo dell’agricoltura nella mediari. Verdura, vino, formaggi e frutta vengono scelti fidandosi, in crescita sostenibile e nel percorso di rilancio del Paese, premiando molti casi, di chi vende e sono riconosciuti come garanzia di qualità e le imprese che hanno adottato soluzioni o promosso iniziative per cura verso i prodotti. I dati sono stati diffusi dall’Osservatorio Reale migliorare la sostenibilità ambientale, sociale ed economica loro e Mutua basandosi sull’indagine cawi (computer assisted web interview, della comunità in cui operano». ndr) condotta dall’istituto di ricerca “Nextplora”. Se come sosteneva Cicerone omnia praeclara rara, tutte le cose Il distanziamento fisico, tra le conseguenze del Covid-19, ha preziose sono rare, abbiamo capito che conviene aiutare e procambiato il modo di “fare la spesa”. In sofmuovere, pur con piccoli e semplici gesti, un fitta sono finite, forse, le lamentele familiari, settore importante come quello agricolo. Si tra moglie e marito o tra fratelli, del tipo «Vai preferiscono, difatti, i prodotti stagionali, perVerdura, vino, formaggi tu dal fruttivendolo? No, vacci tu, io non ché sono giudicati più salutari (36%) e capaci e frutta vengono scelti posso», dal momento che due Italiani su tre di rinforzare l’economia agricola dei territori (63%) si dicono propensi a utilizzare sempre fidandosi di chi vende e sono (30%), con un’influenza minore sull’ambiendi più app e siti per l’acquisto on-line e la conte (11%). C’è, invece, chi li sceglie perché più garanzia di qualità segna a domicilio dei prodotti. Quali? Quelli buoni, afferma, di quelli fuori periodo (12%), base della dieta mediterranea, che dal campo non dimenticando un altro settore in crescita finiscono sulla tavola e vanno di pari passo come l’agricoltura biologica. Anche in questo con l’attenzione alla sostenibilità. Un vocabolo di grande interesse, caso le preferenze si soffermano sui criteri di sostenibilità (44%) e giacché per un abitante del Belpaese su tre (31%) ricorda una filieperché fanno bene alla salute (22%). ra agricola a basso impatto ambientale, mettendo a frutto, sembra Certo, non esiste un modello unico di sostenibilità: le imil caso di dirlo, i progressi e le scoperte tecnologiche, mentre uno prese agricole si differenziano per dimensioni, contesti locali, su cinque (22%) l’associa all’immagine di agricoltura a chilometro attività e sfide da affrontare. L’Osservatorio Reale Mutua ha zero. Per altri ancora sostenibilità si sposa con stagionalità (18%), intenzione di monitorare tutto questo patrimonio per «analizetichettatura biologica (12%), mente per un successivo 11% il terzare in modo ancora più approfondito le dinamiche del rischio mine comprende valori sociali e indica una filiera equosolidale. agricolo e, quindi, sviluppare soluzioni sempre più innovative «La nostra ricerca evidenzia come il made in Italy e le pro- conclude Michele Quaglia - con cui affiancare le aziende del duzioni agroalimentari del territorio siano sempre più apprezzasettore. Auspichiamo davvero la ripresa di un comparto così ti nei comportamenti di acquisto e divengano spesso oggetto di importante per il Paese». (G. P.).

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Isola di Favignana. © Artyart/www.shutterstock.com

La ricerca di acqua dolce nelle piccole isole Un metodo per accrescere la disponibilità idrica e ridurre le navi cisterna

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n team di esperti dell’Enea ha definito una metodoloquello di Favignana, individuato e scelto per le sue caratteristiche gia multidisciplinare che consente di stimare la qualità climatiche, geomorfologiche e la grande affluenza turistica nel pee la quantità delle potenziali riserve idriche nelle falriodo estivo. In quest’ottica, la capacità di determinare la quantità de delle piccole isole. Due sono gli obiettivi essenziali di acqua che si infiltra nel sottosuolo alimentando le falde rappreche lo studio intende perseguire. Il primo è quello di accrescere senta un importante valore aggiunto. La metodologia adoperata è la disponibilità di acqua, soprattutto, durante i periodi di siccità replicabile in altri contesti con benefici di rilievo dal punto di vista e di forte afflusso turistico. L’altro, invece, riguarda la riduzione sociale, economico ed ambientale». dell’utilizzo di navi cisterna necessarie per il trasporto dell’acqua. Uno dei coautori dello studio, Marco Proposito, ha evidenL’approvvigionamento idrico ha da sempre rappresentato un ziato come «le comunità delle isole hanno da sempre utilizzato problema di non facile risoluzione. Spesso, tali necessità vengoin modo sostenibile le risorse naturali e, nello specifico, l’utilizzo no affrontate e superate tramite bettoline, piccole navi adibite al dell’acqua è stato ottimizzato. Tuttavia, la crescita del turismo ha trasporto dell’acqua. La dissalazione è già stata sperimentata, tutreso necessario nel tempo un approvvigionamento esterno che, di tavia, non ha incontrato un positivo riscontro nella popolazione. fatto, ha obbligato il ricorso a navi cisterna, considerati i costi e le In particolare, è stato studiato il caso difficoltà tecniche legate alla realizzazione di dell’isola di Favignana, nell’arcipelago delle dissalatori o condotte sottomarine per portaNell’isola di Favignana, Egadi, in Sicilia, dove nel corso della stagiore acqua dolce dalla terraferma. ne estiva si registrano fino a 60mila presenze Le nostre ricerche evidenziano che attrala stagione estiva registra turistiche giornaliere a fronte di una popoverso l’uso sostenibile di pozzi opportuna60mila presenze giornaliere mente collocati, si potrebbero ampiamente lazione residente, in maniera stabile, pari a 3500 unità. I ricercatori dell’Enea hanno stia fronte dei 3500 residenti soddisfare i bisogni idrici della popolazione mato che, le riserve di acqua potenzialmente residente nei periodi di siccità, limitando disponibili potrebbero soddisfare le esigenze così l’utilizzo delle navi cisterna durante i di circa 20mila persone, avendo calcolato un consumo giornaliero grandi afflussi di visitatori». Questa attività dell’Enea si inserisce pro capite di oltre 200 litri. nel più ampio contesto degli impatti del cambiamento climatico Attraverso misure idrogeologiche, analisi chimiche delle acche, soprattutto nel bacino del Mediterraneo, sarà in grado di deque di falda e il calcolo dei tassi di precipitazione e di evaporaterminare significative variazioni sia delle temperature che delle zione sono state stimate le possibili riserve ed individuate quelle precipitazioni generando rilevanti ripercussioni sulla disponibilità di migliore qualità o, al contrario, quelle più esposte al rischio di delle risorse idriche. Da uno studio pubblicato nel 2018 su Nature salinizzazione per l’intrusione dell’acqua di mare. Climate Change è emerso che, nell’intera regione del MediterraSergio Cappucci, uno dei ricercatori che hanno curato lo stuneo, le temperature sono mediamente aumentate di 1,4 °C rispetdio, ha spiegato: «Si tratta, in sostanza, di un bilancio idrogeoloto all’era preindustriale e di 0,4 °C rispetto alle medie globali, con gico che, al pari dei bilanci economici, consente di stimare le infiluna riduzione delle precipitazioni estive in alcune aree stimata al trazioni, ma anche i consumi e le perdite di acqua in un contesto, 10-30%. (P. S.). Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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© NadyGinzburg/www.shutterstock.com

Le ripercussioni del lockdown sull’ambiente Con le misure anti Covid-19 sono diminuiti i livelli di inquinamento di Michelangelo Ottaviano

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e misure restrittive anti-Covid hanno notevolmente rallentato l’incessante lavoro delle industrie e la circolazione dei mezzi di trasporto. Nell’epoca contemporanea non si è mai assistito ad una riduzione così massiccia della attività produttive su scala globale. L’unica entità che sembrerebbe aver beneficiato di questa drammatica situazione è il nostro ambiente. È ormai appurato che nel periodo di lockdown più ermetico l’inquinamento in tutta Europa è considerevolmente diminuito. In Italia, ad esempio, le ricerche della Royal Netherlands Meteorological Institute hanno registrato un abbassamento del 45% delle concentrazioni di biossido di azoto (NO2) nel periodo che va dal 13 Marzo al 13 Aprile 2020, rispetto alle concentrazioni medie dello stesso inquinante di Marzo-Aprile del 2019. Un recente studio tedesco ha evidenziato un altro dato significativo, che mette in relazione il sopracitato biossido di azoto e il Covid-19. In generale, il legame tra alte concentrazioni di varie forme di particolato atmosferico e l’insorgenza di casi non è un qualcosa che stupisce, poiché queste particelle hanno la capacità di indebolire l’apparato respiratorio e quello cardiovascolare. In maniera analoga, l’esposizione all’NO2 è responsabile, secondo l’OMS, di danni significativi alla salute soprattutto a carico dell’apparato respiratorio. Lo studio tedesco ha quindi rilevato che la maggior parte dei casi Covid con esito fatale si è verificato in cinque regioni in Nord Italia e Spagna che, nel periodo gennaio-febbraio 2020, hanno mostrato i maggiori livelli di NO2 combinati con condizioni meteorologiche che non hanno favorito una dispersione efficiente degli inquinanti. Alcuni studi, al momento non sufficientemente approfonditi, hanno suggerito addirittura una possibile complicità nel trasporto delle particelle virali da parte del particolato. Sorvolando quest’ipotesi ancora troppo vaga, è necessario riflettere sull’incidenza dell’inquinamento ambientale, che troppo spesso appare come un problema dalle conseguenze lontane.

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La reazione dell’ecosistema culturale

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ra i tanti settori italiani messi in ginocchio dall’emergenza coronavirus spicca senz’altro quello culturale. Una dimensione importantissima sia per il fabbisogno spirituale dell’uomo, sia per l’economia di un paese, ma che da troppo tempo e grida aiuto senza essere ascoltata. L’ecosistema culturale italiano è molto complesso, e nel momento di difficoltà più grande, ha manifestato tutte le sue fragilità, le sue contraddizioni. A Marzo si è assistito ad una situazione surreale, ma pressoché simmetrica rispetto agli altri paesi europei. Operatori, professionisti, imprese, visitatori, fino a data da destinarsi. In Italia, sempre nello stesso mese, in una sola settimana di arresto forzato di ogni attività culturale si è registrata una perdita di circa 108 milioni di valore aggiunto per la nazione. Necessità sembra stia facendo virtù. Lo shock ha scosso la sensibilità della classe dirigente italiana ed europea. Proprio da quest’ultima stanno partendo molte iniziative per la rivalorizzazione culturale dei vari stati europei, a cui piano piano stanno partecipando attivamente anche le città italiane. Tra tutte, un passo importante è stato mosso da Bologna, dove il dipartimento cultura e promozione ha curato la redazione di un documento sull’emergenza Covid-19 e le ricadute in ambito culturale. Il documento si focalizza in particolare sugli effetti del lockdown nel capoluogo emiliano-romagnolo per quanto riguarda teatri, musica live, cinema e musei presentando temi a dati aggiornati nelle sue versioni successive. Quello di Bologna deve essere solo il primo metro di una lunga traversata, dove tutti dovranno remare nella stessa direzione per far attraccare in acque sicure un settore sull’orlo di un naufragio. (M. O.).


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Ripulire i laghi da cianobatteri e plastiche I progetti BlooWater e Blue Lakes di Enea e Legambiente di Felicia Frisi

20 sono colpite da questo fenomeno. Periodiche fioriture del cianobatterio sono rilevate anche nei laghi laziali di Vico, Albano e Nemi. «Cambiamenti climatici e inquinamento – sottolinea Maria Sia qualità dell’acqua dei laghi è uno degli indicatori del lighicelli, dell’Enea – sono tra le principali cause delle fioriture algali vello di inquinamento ambientale. In Italia, e non solo qui, tossiche che compaiono ciclicamente nei laghi e nei mari dei Paesi ci sono due componenti che potrebbero minare la salute industrializzati e in via di sviluppo. I potenziali rischi per la salute dell’uomo e degli ecosistemi. Si tratta delle purtroppo famipubblica sono legati all’uso di acque potabili e prodotti ittici provegerate microplastiche e dei cianobatteri, quelli che un tempo erano nienti dai laghi contaminati». impropriamente definiti alghe verdi-azzurre. Il progetto Blue Lakes, invece, si propone di ridurre e prevenire Per contenere la diffusione di questi intrusi, Enea e Legambiente la presenza di microplastiche nei laghi italiani e tedeschi, sviluppare hanno avviato rispettivamente i progetti BlooWater e Blue Lakes. protocolli condivisi di campionamento e metodi di analisi e azioni di promozione e diffusione di buone pratiche da estendere a istituzioni, BlooWater, ricolto ai cianobatteri, punta a sviluppare soluzioni tecnologiche innovative e nuovi approcci metodologici per il monienti e autorità locali, aziende e cittadini. Il progetto è condotto da toraggio e il trattamento delle acque dei laghi Legambiente, cofinanziato da PlasticsEurope e Albano (Roma) e Castreccioni (Macerata) in vede la partecipazione di Enea, Arpa Umbria, I cianobatteri sono Italia e Erken (a Nord di Stoccolma) e MälarAutorità di Bacino dell’Italia Centrale, Global en (il terzo per superficie del paese) in Svezia. Nature Fund, Lake Constance Foundation e responsabili di fioriture Oltre all’ENEA, partecipano le Università PoUniversità Politecnica delle Marche. litecnica delle Marche e di Uppsala (Svezia) algali che possono rilasciare Nello specifico, verranno sviluppati protoe il Norwegian Institute for Water Research sostanze tossiche nell’acqua colli tecnici e una serie di azioni ad hoc tra cui la (NIVA). Carta del Lago, con indicazioni per la riduzione Nell’ambito del progetto ed entro il 2022 i dell’impatto ambientale, iniziative di sensibilizricercatori del laboratorio Biodiversità e Servizi ecosistemici dell’Ezazione, campagne di advocacy per aziende e tavoli istituzionali. nea, in collaborazione con gli altri partner, svilupperanno sistemi di Secondo i dati di Enea e Goletta dei Laghi, le microplastimonitoraggio delle fioriture algali attraverso l’integrazione di immache, cioè le particelle di plastica inferiori a 5 millimetri, minacciagini da satelliti e da droni con analisi di campioni di acqua; modelli no sempre di più anche i laghi italiani, con trend in aumento nel previsionali e sistemi di early-warning e di supporto alle decisioni, triennio 2017-2019. Nel Lago di Garda la concentrazione media di metodi innovativi per il trattamento delle acque dolci per uso potabimicroparticelle di plastica per chilometro quadrato è passata dalle le. I cianobatteri sono responsabili di fioriture algali che possono rilacirca 10mila del 2017 alle oltre 130mila del 2019. Nel Trasimeno, da 8mila a 25mila, mentre nel Lago di Bracciano dalle 117mila a sciare nelle acque sostanze tossiche, le cianotossine, contaminando le oltre 390mila. In tutti i laghi, la forma predominante nei tre anni acque utilizzate per uso potabile. Ad esempio, nel 2014 gli abitanti di Toledo, nell’Ohio, sono rimasti per tre giorni senza acqua a causa di è quella dei frammenti derivanti dalla disgregazione dei rifiuti plauna eccezionale fioritura algale di cianobatteri e in Italia 12 regioni su stici abbandonati.

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Erosione per metà delle coste italiane Legambiente: in 50 anni, -23 metri (in media) di profondità di spiaggia

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e spiagge italiane non sono in salute. Il 50% dei litorali WMonitorare i processi in corso – dice Edoardo Zanchini, viè soggetto a erosione. Si tratta di un fenomeno che negli cepresidente di Legambiente – è un prerequisito ineludibile per ultimi 50 anni ha consumato 40 milioni di metri quadrati supportare le scelte di governo e pianificazione, alle diverse scale di spiagge. A lanciare l’allarme è Legambiente, che ha territoriali, e migliorare le condizioni di tutela dei nostri patrimoni fatto un quadro dell’evoluzione dell’erosione delle nostre coste vista mare. L’erosione è un fenomeno che contraddistingue da semtra il 1970 e il 2020, partendo dagli ultimi dati pubblicati dal pre le aree costiere, per ragioni naturali e antropiche, ma che nei Ministero dell’Ambiente in collaborazione con ISPRA e con le prossimi anni diventerà ancora più urgente e importante studiare 15 Regioni marittime. e comprendere nelle sue dinamiche per i cambiamenti climatici Le cause principali sono da attribuire ai cambiamenti molto che già caratterizzano il Mediterraneo e sempre più lo caratterizzerilevanti introdotti negli ultimi decenni sulle coste dal consumo ranno con innalzamento del livello dei mari e impatti di fenomeni di suolo, con la costruzione di edifici e di nuove opere inframeteorologici sempre più rilevanti. In particolare - spiega Zanchini strutturali portuali o di opere rigide a difesa dei litorali. Con – è urgente che l’Italia approvi un piano nazionale di adattamento i rischi quasi certi che i cambiamenti climatici in atto inasprial clima, come hanno già fatto tutti gli altri grandi paesi europei, scano ora ancora più drammaticamente il che consideri le coste tra le priorità e che supfenomeno. porti i Comuni nella pianificazione delle soluPer analizzare questi fenomeni e in ge- Dal 1970 al 2020 sono andati zioni e negli investimenti, per superare la lonerale tutti quelli che riguardano i litorali perduti, complessivamente, gica dell’emergenza e degli interventi invasivi, è attivo da oggi il portale dell’Osservatorio che non fanno che peggiorare le situazioni e 40milioni di metri Paesaggi Costieri Italiani promosso da Lescomparire le spiagge». gambiente, con il supporto scientifico di Più dettagliatamente, su circa 8.000 chiquadrati di litorale ricercatori e docenti di diverse università italometri di litorale, le coste basse sabbiose (che liane (Pescara, Ancona, Bari, Ascoli, Firensono quelle sostanzialmente erodibili) coproze, Genova, Messina, Trento e Venezia) e di enti di ricerca (tra no 3.770 chilometri, di cui 1.750 chilometri sono attualmente in cui CMCC, CRESME, ENEA, GNRAC). Una piattaforma dove erosione: per un tasso di erosione del 46,4%. Negli ultimi 50 anni, si trovano analisi e ricerche scientifiche e che ne promuoverà i litorali in erosione sono triplicati: è come aver perso in media 23 con l’aiuto del comitato scientifico, con l’obiettivo di aumentare metri di profondità di spiaggia per tutti i 1.750 chilometri di litoral’attenzione nei confronti delle aree costiere e dei fenomeni di le in erosione. I dati evidenziano inoltre un profondo dislivello tra trasformazione in corso, al fine di fornire risposte concrete per la Nord e Sud del paese, con picchi fino al 60% nelle regioni di Sicitutela dei paesaggi costieri, con particolare attenzione all’effetto lia e Calabria. Le opere marittime connesse al sistema portuale nadei cambiamenti climatici, al consumo di suolo e ai nuovi mozionale si sviluppano per una lunghezza complessiva di circa 2.250 delli di uso degli spazi e di turismo. Tutti temi rispetto ai quali la chilometri (dati ISPRA 2010). Questa profonda artificializzazione pianificazione dovrà dare risposte nuove per il futuro dei nostri del litorale ha innescato fenomeni di erosione dovuti in sostanza paesaggi costieri. alla alterazione della naturale dinamica costiera. (F. F.)

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Il caldo record durante l’Impero Romano Lo ha rilevato il Cnr con carotaggi sotto il fondale marino

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onoscere la storia per prevedere il futuro. Questa massi«Questo nuovo dato è stato integrato da quelli provenienti da ma non vale solo per le discipline umanistiche, ma anche altre aree del Mediterraneo (mare di Alboran, bacino di Minorca e per quelle scientifiche in senso stretto. Le previsioni sul mar Egeo) per far emergere lo scenario complessivo e confermare clima spesso si basano sulle conoscenze che abbiamo sul che il periodo romano è stato il periodo più caldo dell’intero bapassato. In questa chiave, assume un valore significativo uno stucino negli ultimi 2000 anni: le temperature superficiali del mare dio pubblicato su Scientific Reports, del gruppo Nature, secondo erano circa 2°C in più rispetto ai valori medi della fine del XX secui la temperatura superficiale del mare, durante l’Impero Romacolo d.C.», spiega Giulia Margaritelli, ricercatrice Cnr-Irpi. «Crono, era più alta di due gradi rispetto a oggi. nologicamente, questa distinta fase di riscaldamento corrisponde La ricerca è stata condotta dall’Istituto di ricerca per la procon lo sviluppo, l’espansione e il conseguente declino dell’Impero tezione idrogeologica (Cnr-Irpi), in collaborazione con l’IstituRomano, mentre, successivamente a questa fase, lo studio mostra to di scienze marine (Cnr-Ismar) e l’Università di Barcellona, e una graduale tendenza verso condizioni climatiche più fredde in ha addotto nuovi dati sulla fase di riscaldamento della superfitutta l’area, coincidenti con la caduta del Grande Impero». cie del Mediterraneo durante il primo mezzo millennio dell’era La configurazione geografica del Mediterraneo rende questa cristiana. regione estremamente vulnerabile ai cambiaPiù in generale, è stata fatta una ricostrumenti climatici e la probabile relazione tra Duemila anni fa zione della temperatura superficiale marina le favorevoli condizioni climatiche di questa degli ultimi 5000 anni ed è stata identificata le temperature superficiali fase e l’espansione dell’Impero nell’area mel’entità del riscaldamento nella regione mediterranea è oggetto di una ricca letteratura. diterranea durante una fase dell’epoca roma- del mare erano circa due gradi «Tra il Nord Africa e i climi europei, la noa(1-500 d.C.). zona di transizione strategica occupata dal in più rispetto al XX secolo Durante la campagna oceanografica Mare Nostrum fornisce informazioni chiaNEXTDATA2014, svolta dal Cnr a bordo ve per svelare le tele-connessioni climatiche, dell’imbarcazione R/V Urania, (responsabile scientifico Fabrizio ovvero delle variazioni di temperatura che si verificano in fase in Lirer, ricercatore Cnr-Ismar), sono stati acquisiti nuovi dati in punti del globo distanti tra loro», prosegue la ricercatrice. «Lo studiversi siti del Mare Adriatico e del Canale di Sicilia, relativi al dio del clima del passato è un prezioso strumento di analisi delle clima del Mediterraneo negli ultimi millenni. In particolare, nel dinamiche del sistema climatico terrestre in condizioni differenti settore occidentale del Canale di Sicilia, ad una profondità di 475 da quelle attuali ed è dunque insostituibile per testare la validità metri, è stata recuperata un’importante successione di strati sotto dei modelli previsionali a medio e lungo termine». Il Mediterraneo il fondale marino, mediante un sistema di carotaggio a gravità che è caratterizzato da un’enorme ricchezza archeologica e storica e ha permesso di preservare l’interfaccia acqua-sedimento e quindi da dati paleoclimatici registrati negli archivi fossili. «Il bacino è anche i sedimenti gli ultimi due secoli, consentendo di ricostruire quindi un ottimo laboratorio naturale per indagare la potenziale le variazioni delle temperature superficiali del mare negli ultimi influenza del clima sulle civiltà che qui si sono susseguite», conclucinque millenni. de Margaritelli. (F. F.) Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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INNOVAZIONE

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Energia dal mare con il progetto Blue Deal Un progetto europeo per la transizione energetica nel Mediterraneo

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l mare è una fonte inesauribile di energia, ancora poco vasono business forum, open day, un concorso scolastico e i Blue lorizzata. Le onde e le maree producono un movimento Deal testing lab, laboratori pensati per coinvolgere i cittadini e fisico continuo delle masse d’acqua che può essere catturarafforzare la collaborazione tra ricerca, enti locali e aziende, in ta, traducendosi nella cosiddetta energia marenomotrice. particolare le PMI. Tutto con l’obiettivo concreto di superare le Il progetto europeo Blu Deal, che vede come partner itaattuali restrizioni tecniche e burocratiche alla diffusione della liani l’Università di Siena e l’Enea, punta a portare nei paesi blue energy e di individuare soluzioni innovative, sostenibili e mediterranei tecnologie e soluzioni “su misura” per sfruttare ‘su misura’ per l’autosufficienza energetica delle piccole comuquesta sorgente energetica nel Mediterraneo. nità, in particolare delle isole, anche in presenza di flussi turisti«I Paesi che si affacciano sul Mediterraneo – sottolinea Maci stagionali. Il risultato finale del progetto sarà la definizione di ria Vittoria Strugliadell’Enea – spesso non considerano il mare un piano comune per la diffusione di queste tecnologie nell’area come una concreta risorsa di sviluppo economico né tantomeno mediterranea. una fonte di energia pulita su cui centrare le strategie energeFinora il primo caso studio affrontato dagli esperti è stata tiche nazionali e regionali. Dobbiamo lavorare per favorire la l’isola di Malta, che nel 2016 ha approvato un Piano di Svidiffusione delle informazioni, l’innovazione luppo che menziona la risorsa energetica tecnologica e l’iniziativa imprenditoriale. marina; i partner hanno organizzato un L’Italia è il primo Paese Con il progetto Blue Deal vogliamo affronevento online, che ha permesso di testare tare queste sfide e offrire strumenti hi-tein modo preliminare la possibilità di indel Mediterraneo per ch e informativi adeguati, che permettano cludere concretamente l’energia dal mare finanziamenti pubblici di valorizzare sempre di più la risorsa mare nella pianificazione delle sue aree costiere. nel rispetto dell’ambiente e a beneficio delMa non è l’unica. L’Italia è il primo Paall’energia dal mare le comunità locali e del loro sviluppo». ese del Mediterraneo per finanziamenti «Blue Deal nasce dalle precedenti espepubblici all’energia dal mare con quasi 5 rienze dei due progetti Interreg Med, MAESTRALE e PELAmilioni di euro nel 2019; in Spagna il piano per le energie rinGOS, e mira a capitalizzarne i risultati», commenta Simone novabili 2011-2020 illustra in dettaglio una politica di energia Bastianoni dell’Università di Siena, coordinatore del progetto. pulita che punta a ottenere 750 MW di energia eolica offshore «Dimostreremo che è possibile pianificare una transizione enere 100 MW di energia delle onde entro quest’anno. Poi c’è la getica che includa l’energia dal mare e forniremo esempi pratici Grecia, dove sono state installate 300 turbine eoliche offshore in diversi luoghi dell’area mediterranea». per rifornire di energia green le isole che non sono collegate Nell’arco di tre anni i partner avvieranno molte iniziative alla rete nazionale. nelle diverse aree costiere del Mediterraneo, per far conosce«Insomma, anche se il divario con i Paesi del Nord Eurore alle comunità locali, alle amministrazioni e alle imprese le pa è ancora ampio, il bacino del Mediterraneo ha certamente un potenzialità dell’energia dal mare e i suoi positivi effetti su amenorme potenziale di sfruttamento di energia dal mare, che non biente, economia e occupazione. Tra gli eventi in programma ci tarderà a utilizzare», conclude Maria Vittoria Struglia. (F. F.)

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INNOVAZIONE AMBIENTE

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Catturare Co2 per edilizia e strade Produrre materiali di qualità e a basso costo da usare nelle costruzioni

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a cattura e sequestro (o stoccaggio) del diossido di carand storage), che sarà testata nell’impianto pilota Zecomix presso bonio (spesso indicato anche con l’acronimo CCS, deriil centro Enea di Casaccia (Roma). Spiega Stefano Stendardo, rivato dal termine inglese Carbon Capture and Storage) cercatore Enea del Laboratorio di Ingegneria dei processi e dei in scienze ambientali può definirsi un processo di consistemi per l’energia: «L’obiettivo è rendere il processo di decarfinamento geologico dell’anidride carbonica (CO2) prodotta da bonizzazione di industrie come acciaierie e cementifici economigrandi impianti di combustione. Quanto descritto rappresenta camente vantaggioso e circolare. I loro scarti non andranno più a una tecnologia che sta entrando a far parte del mix di strategie finire in discarica, ma serviranno a catturare la CO2 prodotta. E, disponibili per fronteggiare con decisione la crescente concentrauna volta esaurita la loro capacità di stoccare anidride carbonica, zione in atmosfera di CO2 di origine antropica. Esistono, sostanquesti “nuovi” materiali saranno reimmessi nei processi industriazialmente, tre diverse tipologie di sistemi di cattura della CO2 a li stessi per la produzione di cemento e di acciaio o utilizzati come livello industriale: post- combustione: la CO2 può essere catturata inerti per fondi stradali». dai fumi di combustione esausti venendo assorbita in un solvente Tra i settori di interesse c’è l’industria siderurgica che potrebchimico adatto. La CO2 viene poi separata dal solvente e combe trasformare le sue scorie in materie prime riutilizzabili per la pressa per poter essere trasportata e stoccaproduzione di cemento, calcestruzzo e malta; pre- combustione: il combustibile viene te oppure per manufatti, sottofondi e manti Possono essere usati convertito prima della combustione in una stradali. Con notevoli vantaggi sia a livello mistura di idrogeno e anidride carbonica atambientale che economico, perché vengono come combustibile per la traverso un processo chiamato gassificazione. utilizzati scarti di produzione, ma anche per L’anidride carbonica può essere poi traspor- produzione di elettricità e per la qualità dei nuovi materiali che mostrano tata e stoccata, mentre l’idrogeno, miscelato alimentare vetture a idrogeno caratteristiche chimiche e fisiche migliorate con l’aria, può essere usato come combustifatti reagire con la CO2. bile per la produzione di elettricità e, potenSottolinea Stendardo: «Ci aspettiamo i zialmente, per alimentare vetture ad idrogeno; combustione in osrisultati più promettenti dagli scarti siderurgici. La sola produsigeno: questo processo prevede l’utilizzo di ossigeno puro, o aria zione di acciaio da ciclo integrale, escludendo la fase iniziale di altamente arricchita, in camera di combustione. Questo tipo di produzione di ghisa, genera ogni anno, a livello mondiale, circa combustione produce principalmente vapore e anidride carboni126 milioni di tonnellate di scorie che, con le nostre tecnologie, ca concentrata, più semplice da trattare ed inviare allo stoccaggio. potrebbero stoccare da 6 a 9 milioni di tonnellate di CO2 e proUtilizzare gli scarti dell’industria siderurgica e del cemento durre nuova materia prima». Tuttavia, gli ambiti di applicazione per “immagazzinare” anidride carbonica e, nel contempo, pronon finiscono qui. La cattura e il sequestro della CO2 tramite cardurre materiali di qualità e a basso costo da impiegare in edilizia e bonatazione potrebbero infatti essere impiegate anche nel trattanella cantieristica stradale. Ecco delineata una delle nuove fronmento di altri tipi di scarti come le ceneri e le scorie prodotte dalla tiere della ricerca dell’Enea nel campo della separazione, riutilizcombustione di carbone e dalla termovalorizzazione di rifiuti urzo e confinamento della CO2 (CCUS- carbon capture, utilization bani e i residui di costruzioni e demolizioni. (P. S.). Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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BENI CULTURALI

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A Torcello si scoprono le origini di Venezia Rinvenuti gli affreschi più antichi della città lagunare di Pietro Sapia*

venti di restauro saranno concordati con il personale della Soprintendenza. Il restauro conservativo dei paramenti murari consentirà agli archeologici e agli storici dell’arte di tracciare anche la storia architettonica dell’intero edificio. l Patriarcato di Venezia ha annunciato il ritrovamento di antiAccanto all’altare, infatti, è stato realizzato uno scavo che ha chi affreschi, risalenti al periodo tra il IX e il X secolo, all’ingià consentito di raccogliere importanti informazioni sulla succesterno della Basilica di Santa Maria Assunta dell’isola lagunare sione delle diverse fasi edilizie della basilica. I dati raccolti finora di Torcello. Le opere, le più antiche mai rinvenute finora nelsembrano indicare che l’intera struttura risalga al IX secolo e che la città veneta, sono state individuate al di sopra delle volte durante l’edificio inglobasse una preesistente struttura ecclesiastica del VII gli interventi di restauro conservativo delle murature e dei mosaici. secolo, alla quale fu aggiunto un percorso martiriale e processionaLa scoperta consentirà di far luce sulla storia artistica della chiesa le, disposto dietro l’altare. Le absidi dell’edificio erano affrescate, di Torcello e sul periodo medievale veneziano e adriatico. il pavimento presentava un mosaico bianco e nero e, nell’intero Tra le opere rinvenute, è emerso un commovente pannello pittorico con storie della Vergine, dove è rappresentata la figura di edificio, erano presenti numerose sculture. Maria con un’ancella. Un secondo pannello, probabilmente da asGli interventi di restauro stanno chiarendo come, attorno sociare a un ciclo parallelo, racconta una all’XI secolo, sia avvenuto il passaggio delle vicende agiografiche di San Martino. alla nuova decorazione a mosaico. L’inBasilica di Santa Maria Assunta, Torcello (Venezia). Le raffigurazioni dei Santi sono accompatera opera di riqualificazione è finanziata da Save Venice, un’organizzazione amegnate da didascalie dipinte con caratteri ricana no profit che da cinquant’anni si alto-medievali. Secondo gli archeologi e occupa delle tutela del patrimonio artigli epigrafisti dell’Università di Ca’ Fostico veneziano. I lavori in corso a Torscari di Venezia che stanno collaborando cello sono tra i più importanti che il Paai lavor sotto la guida di Diego Calaon, gli triarcato di Venezia e la Soprintendenza affreschi e le didascalie consentiranno di Archeologica, Belle Arti e Paesaggio del ricostruire l’aspetto decorativo della chiecomune di Venezia stanno seguendo. sa prima che fosse ricoperta dai mosaici Il restauro fa parte di un piano di dell’XI secolo. Lo stato di questi affreschi interventi programmato da tempo e che è in corso di studio e gli eventuali interha subito accelerazioni a seguito dell’ultima grande acqua alta del 2019, che ha * riportato danni considerevoli in oltre Consigliere tesoriere dell’Onb ottanta chiese veneziane, per le quali Delegato nazionale per le regioni sono già in piedi altri cantieri sostenuti Emilia Romagna e Marche. da contributi statali.

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Dal 25 maggio 2018 è in vigore il nuovo regolamento sulla protezione dei dati personali. Prendine visione sul sito internet dell’Ordine Nazionale dei Biologi

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SPORT

NOZZE D’ARGENTO PER I “SUPER RECORD” DEL SALTO TRIPLO 18,29 m 15,50 m

di Antonino Palumbo

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hi ama l’atletica leggera l’aveva immaginato assai diverso, questo principio di agosto. Dieci giorni, compreso il 31 luglio, che avrebbero visto la regina degli sport illuminare il Nuovo Stadio Nazionale di Tokyo, eretto appositamente per le Olimpiadi 2020 nel quartiere Shinjuku. Il rinvio dell’edizione numero 32 dei Giochi, causa Covid-19, ha però privato l’estate degli sportivi di uno degli appuntamenti più attesi, proprio in coincidenza del giubileo di due tra i record più clamorosi e inarrivabili dell’atletica leggera. Correva il 1995, infatti, quando tra il 7 e il 10 agosto il britannico Jonathan Edwards e l’ucraina Inessa Kravets deliziarono il pubblico dello stadio Ullevi (quello degli Europei di calcio vinti dalla Danimarca, tre anni prima) polverizzando i primati maschile e femminile del salto triplo ai Mondiali di Göteborg. In quella che, da sempre, è una

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delle discipline più complesse e spettaco- metri e 14 centimetri. Peraltro, va detto lari dell’atletica, un concentrato di poten- che Taylor aveva eseguito uno step assai efficace, pagando però 21 centimetri nel za e leggerezza, di tecnica e di arte. Edwards era chiamato “Il gabbiano”. jump - l’ultimo salto - e fermandosi così a E quel 7 agosto volò davvero. Perfetto nel- otto dal record di Edwards. la rincorsa, negli appoggi e nei balzi (hop, Diventato successivamente giornalista step, jump) che lo portarono ad atterrare a e presentatore, Edwards ha avuto modo di 18 metri e 29 centimetri. Un macigno nel- raccontare nel dettaglio il suo prodigioso la storia della discitriplo salto dei Monplina, se si pensa che diali di Göteborg: nei 18 anni successivi Correva l’anno 1995. L’atleta dalla rincorsa alla solo lo statunitense britannico e l’atleta ucraina postura, dai balzi ai piccoli accorgimenKenny Harrison ha superato le “colonne volarono più in là di tutti ai ti. La rincorsa del Gabbiano londinese d’Ercole” dei 18 memondiali di Göteborg “è sempre stata di tri ed è successo alle 18 passi ed è stata Olimpiadi di Atlanta nel 1996. Negli ultimi sette anni si sono ag- studiata per trovare l’accelerazione subigiunti al club in quattro: il francese Teddy to all’inizio, così da provare a raggiungere Tamgho (Mosca, 2013) saltato a 18,04m, la massima velocità in modo da controlil cubano Pedro Pablo Pichardo (L’Ava- larla fino al momento dello stacco”. Il na, 2015) a 18,08m, l’americano Christian tutto “senza mai guardare in basso dove Taylor (Pechino, 2015) a 18,21m e il suo mettevo i piedi perché avrei rischiato di connazionale Will Claye che lo scorso cambiare la posizione del corpo perdendo anno a Long Beach è planato a quota 18 così velocità”. Fondamentale anche man-


SPORT

Venticinque anni fa Jonathan Edwards e Inessa Kravets stabilirono due incredibili primati tutt’ora imbattuti

Edwards Kravets

tenere una posizione retta durante tutte le balza sulla superficie dell’acqua”. Le meraviglie di Göteborg non erafasi del salto: “Ogni volta che il tuo piede tocca terra – spiega Edwards - diventa una no finite. Tre giorni dopo, il 10 agosto, fu sorta di perno attorno al quale ruota il tuo l’ucraina Inessa Kravets a migliorare di centro di gravità. Ma se ruoti troppo, sei quasi mezzo metro (41 cm) il record femin una posizione sbagliata e perdi veloci- minile nel salto triplo. Rimbalzo perfetto tà”. Il primatista del mondo ha rivelato nell’hop, perfetta apertura di compasso anche che per battere il record del mon- nello step, volo mai visto nel jump: 15 do si aiutò anche con metri e 50. Chi ha asle braccia “portando sistito a entrambe le A distanza di un quarto un po’ indietro il mio imprese dello stadio centro di gravità per di secolo, la loro prestazione Ullevi può definirsi a ragione un privilegiacontrollare la rotaè tutt’oggi giudicata to. Dopo 25 anni, inzione e facendo così fatti, anche il record un’enorme differentecnicamente perfetta di Inessa è ancora lì. za. Avere una postuL’hanno avvicinato ra del corpo stabile permette alle tue gambe e ai tuoi piedi di soltanto la camerunense Mbango Etolavorare efficacemente”. Infine, la cele- ne, saltando 15,39 a Pechino nel 2008, e rità degli appoggi: “Più il piede è a con- di recente la venezuelana Yulimar Rojas, tatto con la pista, maggiore è la velocità con il primato mondiale indoor stabilito che perdi. Quando saltavo al mio meglio, lo scorso 21 febbraio a Madrid. E chissà il mio salto era più simile a un rimbalzo come appaiono, quelle imprese, a chi l’atpiuttosto che a un atterraggio seguito da letica leggera ha iniziato a seguirla dopo un decollo. Come quando un sasso rim- gli anni Novanta, se solo pensiamo che

dai bagliori di Bolt nei 100m e nei 200m di Berlino 2009 sono volate via già undici estati. Chissà come guardano al 46”78 di Jevin Young, che nei 400 metri ostacoli è stato l’unico uomo a scendere sotto i 47 secondi, sia prima sia dopo quel 6 agosto 1992 a Barcellona. Oppure ai 2 metri e 45 del cubano Javier Sotomayor nel salto in alto, che nessuno ha eguagliato né battuto dal 1993, e agli 8,95 metri di Mike Powell nel salto in lungo (Tokyo, 1991). Chissà che effetto fanno i 74,08 metri di Jürgen Schult nel lancio del disco e gli 86,74 di Jurij Sedych nel martello, entrambi datati 1986. Fra le donne, resistono dal 1988 i primati di Florence Griffith-Joyner sui 100 e sui 200 metri piani, ma ancora più longevi sono quelli dei 400m piani di Marita Koch (Canberra, 1985) e degli 800m piani, stabilito da Jarmila Kratochvilova nel 1983. Senza dimenticare lo “Alé, ohoh” dell’Olimpico di Roma per Stefka Kostadinova, che il 30 agosto 1987 saltò a 2,09 metri nell’alto. Misura mai più eguagliata, come la sua eleganza. Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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SPORT

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La Champions League d’agosto Final Eight in programma dal 12 agosto in Portogallo

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er gli amanti del calcio e per gli amanti della maglia alla Juventus, in caso di qualificazione dei bianconeri Cristiaazzurra doveva essere l’estate degli Europei, inizialno Ronaldo giocherebbe la Final Eight praticamente a casa mente programmati dal 12 giugno al 12 luglio ma risua: la brillante carriera calcistica di CR7 è iniziata proprio mandati a causa dell’emergenza Covid-19 in Europa. da Lisbona, con la maglia dello Sporting, prima di proseguire In compenso, chi il pallone non lo sopporta si è dovuto sorbire con Manchester United, Real Madrid e infine con la Signora quasi ogni giorno il campionato di Serie A, portato a termine d’Italia. grazie a protocolli ad hoc e un programma serrato. Ma è ad Gli impegni da capogiro per le squadre di Sarri e Gattuso agosto che i tifosi delle più importanti squadre di club sogneevidenziano un dato curioso del sorteggio di Nyon: unendo ranno in grande, finché si potrà: la UEFA, Unione delle assole bacheche delle squadre pescate sulla parte sinistra del taciazioni calcistiche europee, ha infatti rimodulato il calendario bellone, si sommano 26 coppe dei campioni. Su quella destra, prevedendo una Final Eight con sfide secche in Portogallo, invece, nessuna. Ma sono sfide comunque suggestive quelle preceduta dagli incontri mancanti degli ottavi di finale. Una che attendono l’Atalanta, rinomata macchina da gol che nelle formula insolita, come insolito è stato quest’anno drammaticontestate sfide degli ottavi con il Valencia (disputate quando co segnato dall’emergenza sanitaria ancora già il Covid-19 era arrivato in Italia) si è pesante in vaste aree del mondo. I quarti di affidata a un Ilicic versione extraterrestre. Tre le squadre italiane finale della Champions League inizieranno Ai quarti di finale l’Atalanta affronterà il il 12 agosto e termineranno il 15. Le semilionario Paris Saint Germain degli assi in lizza per la vittoria. mifinali sono fissate per il 18-19 agosto, la Mbappè e Neymar. Ripartita fortissimo finale il 23 all’Estádio do Sport Lisboa e L’Atalanta sogna, per Juve e dopo la fine dell’emergenza, la Dea può Benfica. Tutte le partite sono in gara unica. Napoli calendario ostico contare su un’organizzazione di gioco Tutte le partite della fase finale si dispuconsolidata e sulla capacità di correre in teranno a porte chiuse, come confermato maniera efficace e prolifica. In caso di paspochi giorni fa dal presidente dell’Uefa, Aleksander Ceferin. saggio del turno, l’Atalanta affronterà la vincente di Lipsia-AtAspettando i quattro match che completeranno il quadro letico Madrid, ovvero la sfida tra le due squadre che hanno degli ottavi, la UEFA ha effettuato il sorteggio della Final Eieliminato le finaliste della passata edizione: Tottenham e Light, non propriamente amico con le squadre italiane. Qualora verpool. Atalanta, Psg e Lipsia non hanno mai giocato una ribaltasse lo 0-1 dell’andata con il Lione, la Juventus incrofinale di Champions League. L’Atletico Madrid ci è arrivato cerebbe ai quarti di finale una tra il Real Madrid di Zidane invece tre volte, senza mai riuscire ad alzare la coppa. e il Manchester City di Guardiola. In caso di approdo alle Non solo Champions: agosto sarà anche mese di Europa semifinali, i bianconeri potrebbero incrociare il Napoli. PriLeague. Si ripartirà dagli ottavi di finale, con sei partite del rima, però, ai partenopei serviranno un’impresa al Camp Nou torno più le gare secche Inter-Getafe e Siviglia-Roma. I quarti per eliminare il Barcellona (1-1 all’andata) e un’altra per aver di finali sono in programma il 10 e l’11 agosto, le semifinali il ragione della vincente di Chelsea-Bayern Monaco. Tornando 16-17 agosto, la finale a Colonia il 21 agosto. (A. P.)

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SPORT

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Tra timori e polemiche riparte la NBA Riprende il massimo campionato cestistico statunitense

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imori e polemiche, sogni di gloria e guerra di nervi, 22 età considerata a rischio: potranno andare in panchina, protetti da squadre per 88 partite nella bolla del Walt Disney World mascherina, o dovranno rimanere a casa? Resort a Orlando, USA. Così fra il 30 luglio la NBA torna Non rimarrà a casa Russell Westbrook, fuoriclasse dei Rockets in campo per determinare la griglia playoff del più imporrisultato positivo – anche se asintomatico – al Covid-19, che ha aftante torneo cestistico del mondo. Fino al 14 agosto, nove team della frontato la quarantena e due ulteriori tamponi, negativi, prima di Eastern Conference e 13 della Western Conference disputeranno potersi aggregare alla squadra. Con Westbrook, sono 19 gli atleti otto partite di regular season, più un eventuale play-in per l’ultimo risultati positivi tra l’1 e il 7 luglio, gran parte dei quali rimasti top posto utile in ciascuna conference, ma solo se l’ottava e la nona classecret, grazie anche alla tutela della privacy garantita dalle franchisificata di ogni zona saranno distaccate da 4 o meno partite. gie, che hanno evitato di ufficializzare i roster. Tutto ok invece per Al momento della sospensione, avvenuta lo scorso 11 marJames Harden: il Barba era stato inserito tra i possibili contagiati zo, le classifiche vedono al comando i Milwaukee Bucks a Est e dal coronavirus, invece si è presentato al campus di Orlando a metà i Los Angeles Lakers a Ovest. Una volta stabilite le 16 squadre luglio motivando la sua precedente assenza con “affari di famiglia”. che accedono ai playoff, tutte le serie - primo turno, semifinale Tra le squadre più colpite dal virus c’è quella dei Denver Nuge finale di conference, finale NBA - si svolgets che si è vista del serbo Nikola Jokic, posigeranno al meglio dei sette incontri, tutti a tivo in patria, ma anche dei vari Michael Porter Il torneo sarà ospitato porte chiuse. A inaugurare il calendario di Jr., Gary Harris e Torrey Craig. Tra gli atleti che Orlando, il derby di Los Angeles tra Clip- dalla “bolla” del Walt Disney si sono esposti c’è invece Eric Bledsoe, play dei pers e Lakers e la sfida tra Utah Jazz e New Milwaukee Bucks, il quale ha tranquillizzato i World Resort di Orlando suoi follower spiegando di essere asintomatico Orleans Pelicans. La ripresa del torneo, che non ha cone in buone condizioni. Due gli atleti risultati in Florida vinto numerosi addetti ai lavori (con diverse positivi, invece, al primo giro di controlli su rinunce tra i giocatori), è legata a un rego322 giocatori delle 22 squadre invitate a Orlanlamento ferreo, dal ridotto numero iniziale dei componenti le do: entrambi sono rimasti in isolamento ai margini della “bubble” delegazioni (37 persone per team, giocatori inclusi) ai tamponi del Disney World Resort. giornalieri per gli atleti. Misure anticontagio drastiche, eppure Prima che riprendesse la battaglia sportiva, tra i team è iniziata sull’evento aleggia lo spettro di nuove positività, già affrontato la guerra di nervi con una serie di chiamate al numero di denuncia dalle autorità sanitarie. anonima per le violazioni del protocollo anti-Coronavirus, che han«Se nella bolla di Disney World spunterà qualche giocatore pono portato a qualche ammonizione a giocatori “indisciplinati”. La sitivo al covid-19, prevediamo almeno due settimane di quarantena» NBA ha infatti attivato una linea telefonica anonima cui gli stessi ha spiegato John Di Fiori, ex presidente della Società americana di giocatori e gli addetti ai lavori possono rivolgersi per segnalare chi medicina sportiva e attualmente direttore della medicina sportiva non sta seguendo il protocollo o evita di utilizzare i dispositivi di sidel grande torneo di basket americano. Tra gli interrogativi, anche curezza che evitino la diffusione del Covid-19 all’interno del campus quello legato alla tutela degli allenatori più anziani, o comunque in di Orlando. (A. P.) Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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LA BIOLOGIA IN BREVE Novità e anticipazioni dal mondo scientifico a cura di Rino Dazzo

ONCOLOGIA Il test sul tumore al seno che evita chemio inappropriate

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stato validato con studi clinici ed è disponibile presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma. Si tratta di Oncotype DX, un test molecolare sviluppato da Exact Sciences che analizza l’espressione di 21 geni specifici del tumore al seno definendo le probabilità di risposta alla chemioterapia. Si esegue su tessuto tumorale ed è in grado di scongiurare la chemioterapia nell’80% delle donne con carcinoma mammario in fase iniziale negativo alla proteina HER2 che, dopo l’intervento chirurgico, può essere trattato solo con terapia ormonale. Sono stati 53.500 i nuovi casi di tumore al seno registrati nel 2019 in Italia, oltre il 50% delle donne operate ha poi ricevuto un trattamento chemioterapico dopo l’intervento. Il test indirizza a una corretta terapia, risparmiando l’invasivo trattamento alle pazienti che non ne hanno bisogno.

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INNOVAZIONE Rigenerazione nervosa, la nuova terapia arriva da Pisa

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durato tre anni e si è concluso con un dettagliato articolo sul Journal of Neuroscience. Il progetto coordinato dalla professoressa Vittoria Raffa del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa ha fatto luce sui complessi meccanismi di rigenerazione del sistema nervoso indotti da stimoli meccanici. La ricerca, effettuata in sinergia con l’Università di Seattle, ha dimostrato come stimoli meccanici esogeni di intensità uguale o inferiore a quelli in vivo siano in grado di stimolare la maturazione dei neuroni e di far accrescere e ramificare l’assone, la parte della cellula nervosa responsabile della conduzione degli impulsi. Il gruppo di ricerca ha sviluppato un metodo che utilizza nanoparticelle capaci di indurre una crescita superiore a quella indotta da stimoli chimici, una tecnologia in grado di progettare nuove ed efficaci terapie per la rigenerazione nervosa.


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RICERCA Bari, messa a punto la tecnica per censire i batteri

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uanti batteri ci sono nell’organismo? Una nuova tecnica di biologia molecolare denominata “droplet digital Pcr”, in grado di misurare con eccezionale precisione la concentrazione batterica all’interno di un campione, è stata sviluppata da studiosi del Cnr-Ibiom di Bari e dell’Università Aldo Moro del capoluogo pugliese, coordinati da Graziano Pesole. Una sorta di metodo per effettuare un rapido censimento dei batteri dell’organismo e in particolare del microbioma intestinale, dalla notevole importanza. La nuova tecnica, infatti, consente di quantificare il numero assoluto di copie di un particolare gene batterico, 16S rRna, essenziale alla produzione delle proteine, e può essere utilizzata per migliorare lo studio del microbioma umano, con rilevanti applicazioni sulla ricerca legata ad alcune malattie come il diabete, l’obesità, tumori e varie malattie autoimmuni.

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AMBIENTE In Italia una balena su quattro muore a causa dell’uomo

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egli ultimi anni nel Mediterraneo una balena su quattro è morta per cause imputabili all’uomo. Nessuna caccia diretta, come ancora accade purtroppo in Giappone o in alcuni paesi del Nord Europa, eppure gli esseri umani con il loro comportamento sono delle vere e proprie minacce per i grossi cetacei. Reti abbandonate o illegali come le spadare, rifiuti pericolosi, plastica: sono questi i principali pericoli per le balene, secondo uno studio commissionato da Greenpeace all’Università di Padova. Nello stomaco di una femmina rimasta spiaggiata a Olbia a inizio 2019, ad esempio, sono stati ritrovati 22 chili di plastica. Tra le cause naturali, invece, rientra un’epidemia di morbillo, virus che aveva già mietuto molte vittime nel 1990 e nel 2008 e che negli ultimi tempi ha fatto la sua ricomparsa: cinque dei sei capodogli spiaggiati in Italia nel 2019 ne erano affetti.

ALIMENTI Dispositivo raddoppia i tempi di conservazione del cibo

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n dispositivo capace di far respirare i prodotti alimentari imballati al suo interno, favorendo gli scambi gassosi con l’atmosfera e prolungando la stessa conservazione dei cibi confezionati, fino a raddoppiarla. Si chiama “BlowDevice”, si applica sui film plastici tradizionali o biodegradabili utilizzati per il confezionamento di alimenti freschi come frutta o verdura ed è il risultato del progetto MyPack, partito nel novembre 2017 e finanziato dalla Commissione Europea. A svilupparlo ventun aziende private ed enti di ricerca tra cui Unibas, l’Università della Basilicata. Sono state proprio le ricerche e gli sviluppi effettuati presso il laboratorio MacLab1 di Potenza a consentire la caratterizzazione del comportamento del dispositivo, che può essere applicato su vari prodotti ortofrutticoli come insalate pronte, uva, rucola, fragole, ciliegie e numerosi altri tipi di frutta e verdura. © Bondar Illia/www.shutterstock.com

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LAVORO

Concorsi pubblici per Biologi Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto per la Bioeconomia di Bologna Scadenza, 5 agosto 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di un assegno professionalizzante per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze bioagroalimentari” da svolgersi presso l’Istituto per la Bioeconomia sede di Bologna, via P. Gobetti 101, del CNR che effettua ricerca nell’ambito del programma di ricerca per la sostenibilità ambientale e l’Agricoltura Climate Smart per la seguente tematica: “Ricerca ed applicazione di soluzioni climaticamente sostenibili finalizzate al riutilizzo di residui e sottoprodotti della produzione vitivinicola tramite l’utilizzo di insetti”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi).

- Manifestazione di interesse per la realizzazione di technology platform nell’ambito della lotta alle patologie oncologiche”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi).

Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto per l’Endocrinologia e l’Oncologia “Gaetano Salvatore” di Napoli Scadenza, 10 agosto 2020 È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di due borse di studio per laureati, per ricerche inerenti l’area scientifica “Scienze Biomediche” da usufruirsi presso l’Istituto per l’Endocrinologia e l’Oncologia Sperimentale “G. Salvatore” del CNR di Napoli, nell’ambito del Progetto di Ricerca: “Por Campania Fesr 2014/2020

Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine di Ancona Scadenza, 17 agosto 2020 È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di una borsa di studio per laureati, per ricerche inerenti l’area scientifica Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l’Ambiente da usufruirsi presso l’Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine del CNR di Ancona nell’ambito del programma di ricerca: “Centro Innovazione e

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Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Biofisica di Palermo Scadenza, 14 agosto 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di un assegno senior per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’area scientifica “Scienze Fisiche” da svolgersi presso la Sede Secondaria di Palermo dell’Istituto di Biofisica del CNR nell’ambito del Progetto HBP per la seguente tematica “Hippocampus Modeling, HBP Voucher Program #64”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi).

Sviluppo della Pesca (CISP)”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante di Portici (Napoli) Scadenza, 20 agosto 2020 È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di una borsa di studio per laureati, per ricerche inerenti l’area scientifica “Scienze Agrarie” da usufruirsi presso l’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del CNR di Portici (Napoli), nell’ambito del progetto di ricerca con la Regione Campania “URCoFi V: Unità di coordinamento e potenziamento delle attività di sorveglianza, ricerca, sperimentazione, monitoraggio e formazione in campo fitosanitario”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante di Torino Scadenza, 22 agosto 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di un assegno professionalizzante per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Agricultural Sciences” da svolgersi presso Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante, Sede Istituzionale di Torino del CNR che effettua


LAVORO ricerca nell’ambito del programma di ricerca DBA.AD004.039 - Attività su insetti vettori, per la seguente tematica: “Cicadellidi vettori e fitoplasma della flavescenza dorata (FD) della vite: relazioni biologiche e molecolari”. Per informazioni, www. cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Nanoscienze di Pisa Scadenza, 28 agosto 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di un assegno post dottorale (Tip. B) per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze Biologiche” da svolgersi presso la Sede Primaria di Pisa dell’Istituto NANO del CNR sulla seguente tematica: “Terapia enzimatica sostitutiva a base di nanoparticelle per il trattamento della malattia di Krabbe: uno studio preclinico nel topo Twitcher” nell’ambito del Progetto finanziato da ELA (G.A. N. 2019-008I2) dal titolo “NanoERT – Nanoparticle based Enzyme Replacement Therapy for the treatment of Krabbe disease: a pre-clinical study in the Twitcher Mouse”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Chimica Biomolecolare di Napoli Scadenza, 28 agosto 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di un assegno tipologia B) “Assegni Post Dottorali” per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Chimica e materiali per la salute e scienze della vita” da svolgersi presso l’Istituto di Chimica Biomolecolare Sede di Pozzuoli (NA) del CNR che effettua ricerca scientifica nell’ambito del Progetto di Ricerca finanziato da MIUR – Progetto PON_ARS01_01270-IDF SHARID dal titolo “ Innovative Devices For SHAping the RIsk of Diabetes”, per lo svolgimento dell’attività di ricerca inerente “Identificazione di biomarcatori e

target farmacologici per lo sviluppo di terapie innovative del diabete e approcci predittivi al rischio di insorgenza di malattie metaboliche legate all’obesità”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante di Bari Scadenza, 29 agosto 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento un assegno – tipologia b): “Assegni post-dottorali” per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “.Scienze Agrarie” da svolgersi presso l’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante, sede secondaria di Bari – via Amendola 122/D – 70126 Bari del CNR che effettua ricerca nell’ambito del programma di ricerca “Entrusting Support Tasks in the Area of Plant Health: Commodity Risk Assessment for High Risk Plants” per la seguente tematica: “Entrusting support tasks for taxa traded mostly as plants for planting in fruit or vegetable production”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto per l’Endocrinologia e l’Oncologia “Gaetano Salvatore” di Napoli Scadenza, 31 agosto 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di un assegno professionalizzante per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze Biomediche” da svolgersi presso l’Istituto per l’Endocrinologia e l’Oncologia Sperimentale “G. Salvatore” del CNR che effettua ricerca in Endocrinologia ed Oncologia Sperimentale nell’ambito del programma di ricerca AIRC-Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, dal titolo “Development of innovative drug-loaded and aptamer targeted nanosystems for treatment of triple-negative breast cancer”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi).

Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Scienze Applicate e Sistemi Intelligenti “Eduardo Caianiello” di Napoli Scadenza, 31 agosto 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di un assegno “Post Dottorale” per lo svolgimento di attività di ricerca inerente l’Area Scientifica “Fisica” da svolgersi presso la sede dell’Istituto di Scienze Applicate e Sistemi Intelligenti “Eduardo Caianiello” del CNR nell’ambito del Progetto “SHARID - ARS01_01270, dal titolo “Innovative Devices For SHAping the RIsk of Diabetes” per la seguente tematica: “Tecniche di attivazione della superficie di nano-bio-sensori ottici per la diagnostica medica. Per informazioni, www. cnr.it (concorsi). Università di Verona Scadenza, 16 agosto 2020 Procedura di selezione per la copertura di un posto di ricercatore a tempo determinato, settore concorsuale 05/E2 - Biologia molecolare, per il Dipartimento di neuroscienze, biomedicina e movimento. Gazzetta Ufficiale n. 55 del 17-07-2020. Azienda Sanitaria Regionale Molise di Campobasso Scadenza, 16 agosto 2020 Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di dirigente biologo a tempo indeterminato, disciplina di microbiologia e virologia. Gazzetta Ufficiale n. 55 del 17-07-2020. Università di Bologna “Alma Mater Studiorum” Scadenza, 25 agosto 2020 Procedura di selezione per la copertura di un posto di ricercatore a tempo determinato della durata di trentasei mesi e pieno, settore concorsuale 05/E1 - Biochimica generale, per il Dipartimento di scienze biomediche e neuromotorie. Gazzetta Ufficiale n. 56 del 21-07-2020.

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SCIENZE

L’impatto dell’attività fisica sul rischio cardiovascolare Uno studio della Ohio State University certifica il ruolo dell’esercizio: anche pochi minuti al giorno possono fare la differenza

di Sara Lorusso

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astano pochi minuti di attività fisica al giorno. L’importante è garantirsi un minimo di almeno 150 minuti di movimento alla settimana, anche se diluiti in più slot da almeno una decina di minuti su più giorni, per veder calare in modo rilevante il rischio di malattie cardiovascolari (CVD) nei successivi dieci anni. Che l’attività fisica sia uno dei fattori principali di abbattimento del rischio di CVD è un dato ormai acquisito, ma un recente studio [1] sviluppato presso la Ohio State University ha verificato quanto la regola valga non solo per gli individui in sovrappeso e che non sia determinante concentrare l’allenamento in una sessione intensa. La ricerca si è basata su una platea molto ampia di soggetti, sfruttando i dati del National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES) [2], un programma basato su sondaggi dei Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie, curato dal

National Center for Health Statistics con l’obiettivo di valutare lo stato sanitario e nutrizionale di adulti e bambini negli Stati Uniti e tenere traccia dei cambiamenti nel tempo. Lo studio firmato da Xiaochen Zhang e altri utilizza un dataset che comprende informazioni dal 2007 al 2016. Nella popolazione osservata è stato incluso anche un gruppo di individui senza alcuna storia di CVD. L’età media della platea complessiva era di 45,9 anni, con un 52,3% di donne. Degli individui osservati, il 33,6% risultava in sovrappeso (BMI 25,0 – 29,9 kg/m2) e il 35,7% obeso (BMI ≥ 30 kg/m2). Tutti i partecipanti hanno fornito indicazioni sull’attività fisica svolta attraverso un’autovalutazione, secondo i criteri di “persona sedentaria”, cioè quella che svolge attività fisica settimanale nulla, “persona inattiva” quando svolge attività fisica settimanale per un tempo compreso tra uno e 149 minuti, “persona attiva” se l’attività fisica svolta è stata segnalata come pari a più di 150 © Bobex 73/www.shutterstock.com

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SCIENZE minuti settimanali di esercizio moderato o intenso. Quanto al calcolo del rischio di CVD, i punteggi di rischio di Framingham sono stati implementati in base all’età dei partecipanti, al colesterolo (HDL-C e TC), alla pressione arteriosa sistolica, all’abitudine al fumo e al diabete. Sono inoltre stati valutati la qualità della dieta e l’eventuale presenza di sintomi depressivi. Con gli aggiustamenti così apportati, il 12,3% dei partecipanti allo studio è stato classificato come ad alto rischio di CVD a 10 anni. Come prevedibile, gli individui in sovrappeso e obesi presentavano un rischio di CVD a 10 anni più elevato (rispettivamente del 9,5% e del 10,1%) in relazione a quelli con peso normale (6,3%). L’associazione tra attività fisica e rischio elevato di CVD a 10 anni è risultata differente in base al peso, ma i benefici sono stati rilevati lungo tutta la stratificazione. Tra gli adulti in sovrappeso e obesi, è emerso che gli individui impegnati in qualsiasi attività fisica avessero minori probabilità di elevato rischio CVD a 10 anni rispetto agli “Rischio cardiovascolare stimato e fattori di rischio individuali tra gli adulti senza storia di patologie cardiovascolari - Zhang X et al.(2020) Physical individui sedentari. Lo scenario in cui si inserisce activity and risk of cardiovascular disease by weight status among U.S adults, PLoS ONE”. una simile ricerca è quello che da tempo riconosce l’obesità come un importante fattore di rischio per malattie cardiovascolari, diaun grave problema sociale, soprattutto per la diffusione della conbete di tipo 2, ipertensione e cancro. dizione nei Paesi più sviluppati e per il vasto elenco di patologie Nel 2013 circa 4,5 milioni di decessi in tutto il mondo sono che ad essa sono collegate. stati causati da sovrappeso e obesità [5]. Il carico di cancro legato Secondo il documento “The Heavy Burden of Obesity. The all’obesità rappresenta fino al 9% del carico di cancro tra le donne Economics of Prevention” [3], uno studio realizzato nel 2019 in Nord America, Europa e Medio Oriente [6]. L’adiposità, acdall’OCSE per far emergere il rilevante impatto socio-economico cumulandosi, altera inoltre la funzione cardiaca: il peso eccessivo dell’obesità, più della metà della popolazione è in una condizione può influenzare il cuore attraverso l’effetto su noti fattori di rischio di sovrappeso in 34 dei 36 Paesi membri dell’organizzazione. Quacome l’ipertensione [7]. si una persona su quattro risulta obesa e i tassi medi di obesità negli Ma poiché il grasso corporeo e l’aumento di peso sono nella adulti nei Paesi OCSE sono aumentati dal 21% nel 2010 al 24% maggior parte dei casi determinati da fattori di rischio modificabili nel 2016. Un dato che equivale a 50 milioni di persone quotidiana– come per esempio un’alimentazione sbagliata o l’inattività fisimente alle prese con l’obesità. In Italia, seppur in misura minore ca – è urgente individuare valide strategie per limitare quella che che altrove, l’obesità ha comunque conseguenze significative: gli ormai viene definita un’epidemia di obesità [8]. Proprio l’inattività italiani vivono in media 2,7 anni in meno a causa del sovrappefisica è uno dei principali fattori di rischio della mortalità globale so, che rappresenta il 9% della spesa sanitaria nazionale. Dato, modificabili, con un aumento del rischio di morte stimato dal 20% quest’ultimo, superiore alla media degli altri Paesi. al 30% rispetto alla popolazione fisicamente attiva [9]. Nei soli Stati Uniti [4], nel biennio 2015-2015, il 39,8% della Le organizzazioni impegnate sul fronte sanitario e sociale conpopolazione adulta risultava segnato dall’obesità mentre il 31,8% tinuano a raccomandare di aumentare l’attività fisica o l’esercizio era in sovrappeso. aerobico per sostenere l’idoneità cardiorespiratoria [10]. Le linee Con queste cifre l’obesità sta velocemente sostituendo il fumo guida aggiornate sull’attività fisica per gli americani, per esempio, quale principale causa di morte prematura prevenibile: è, infatti, sottolineano che spostarsi di più e sedersi di meno gioverà in modo Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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SCIENZE allo stesso livello di attività fisica rispetto agli individui con peso normale proprio a causa delle differenze nel dispendio energetico [17]. Ecco perché lo studio, verificato il rischio di CVD a 10 anni negli adulti con peso normale, sovrappeso e obesità, si è concentrato sul determinare se l’associazione tra attività fisica e rischio di CVD cambi tra le diverse condizioni di peso. A livello statistico la presenza del rischio tra gli individui sovrappeso mostra un OR (Odds Ratio) pari a 0,48 con intervallo di confidenza (IC) al 95% pari a “0,36-0,64” per gli attivi e un OR di 0,53 (IC al 95% pari a “0,45-0,86) per gli inattivi. Per la popolazione obesa osservata è stato calcolato un OR di 0,50 (IC al 95% pari a “0,37-0,68”) se individui attivi e un OR di 0,66 (IC 95% pari a “0,49-0,89”). Tra gli adulti di peso normale, gli individui che erano fisica© Illus_man/www.shutterstock.com mente attivi avevano probabilità più basse di un alto rischio di CVD a 10 anni (OR = 0,59, con IC al 95% pari a “0,28trasversale a quasi tutti gli individui, indipendentemente dalla con0,87”). Ecco dunque che, rispetto agli effetti del livello di attività dizione di partenza [11]. Soprattutto per le persone sedentarie, aufisica e del peso collegati, l’attività fisica è stata associata a una mentare anche di una piccola quantità l’esercizio fisico può fornire maggiore intervallo di ridotte probabilità di incorrere nel rischio benefici rispetto alla patologia cardiovascolare, ridurre il rischio di di CVD a 10 anni rispetto al solo indicatore del peso. Da qui lo malattia coronarica e ridurre la mortalità per tutte le cause connesstudio ha rilevato che qualsiasi livello di attività fisica è associata a se. Se il livello di attività fisica viene intensificato è, poi, possibile un rischio CVD inferiore per gli adulti in sovrappeso e obesi. attenuare morbilità e mortalità cardiovascolare anche negli adulti Lo studio di Zhang e altri ha inoltre fatto emergere che l’impeobesi, con e senza CVD [12, 13]. gno in qualsiasi attività fisica viene associata a minori probabilità Spesso vengono raccomandati interventi che abbinano l’attividi un elevato rischio di CVD a 10 anni tra adulti sovrappeso e tà fisica con una dieta più equilibrata, una combinazione che offre obesi, qualunque sia l’aggiustamento eseguito dai ricercatori sui vari benefici metabolici, come l’equilibrio della pressione sanguicriteri che definiscono la popolazione. Nella lettura del rischio sengna e un miglioramento della massa grassa. Una recente analisi a za alcuna procedura di aggiustamento, gli adulti inattivi o attivi posteriori dello studio Look AHEAD, un’indagine su larga scala avevano minori probabilità di un elevato rischio di CVD a 10 anni di stile di vita tra adulti obesi con diabete di tipo 2 [14], ha riferito rispetto agli adulti sedentari, indipendentemente dalla condizione che i partecipanti sottoposti a un aumento notevole dell’abituale di partenza del peso. Come prevedibile, le dimensioni delle assoattività fisica, indipendentemente dall’assegnazione di gruppo nelciazioni sono risultate maggiori tra coloro che erano attivi rispetto lo studio, avevano una mortalità specifica per CVD inferiore del agli individui inattivi. 22% e un 23% di rischio inferiore di mortalità per qualsiasi causa, Allo stesso modo, fanno notare gli autori della ricerca, se aderispetto a quelli che non avevano aumentato il livello di attività guato per etnia, stato civile, livello di istruzione e reddito, gli adulti fisica [15]. inattivi o attivi avevano una probabilità inferiore di un elevato riDel resto, i meccanismi biologici che collegano un aumento schio di CVD a 10 anni rispetto a quelli che erano sedentari, indidell’attività fisica e un minor rischio di CVD riguardano l’apparato pendentemente dalla condizione di partenza del peso. Infine, anmuscolo-scheletrico e il sistema vascolare: aumenta lo shear stress, che un terzo modello ha confermato la tendenza. Con un ulteriore ha impatto sul colesterolo HDL e contribuisce alla funzionalità aggiustamento, usando i punteggi relativi alla dieta e alla presenza dell’endotelio. Grazie a diverse osservazioni e prove ottenute dalla di sintomi depressivi, tra gli adulti normopeso quelli inattivi avevaricerca sulle associazioni tra attività fisica e benefici cardiovascono una probabilità inferiore del 60% di un alto rischio di CVD a lari, l’esercizio fisico, non incluso nel punteggio di rischio di Fra10 anni rispetto agli adulti sedentari. Tra gli adulti in sovrappeso, mingham, può essere trattato come un fattore indipendente per il gli adulti che erano inattivi e attivi avevano una probabilità inferiorischio di CVD. re del 47% e del 52% di un alto rischio di CVD a 10 anni rispetto Non esistono risultati univoci in letteratura [16] circa la relaa quelli che erano sedentari. Allo stesso modo, tra gli adulti obesi, zione tra la perdita di peso e la riduzione del rischio di morbilità rispetto a quelli sedentari, è emersa una probabilità inferiore del e mortalità per CVD tra adulti obesi, ma sono costanti le valuta34% e del 50% di un elevato rischio di CVD a 10 anni per inattivi zioni sugli effetti positivi che comportamenti più sani potrebbee attivi. ro ingenerare negli individui, abbassando il rischio CVD a lungo Il gruppo della Ohio State University è andato avanti nell’intermine. A partire, dunque, proprio dall’attività fisica. Ed è qui dagine, sviluppando poi un’ulteriore analisi attraverso il confronto che interviene lo studio del team della Ohio State University. Il tra gli effetti congiunti del livello di attività fisica e della condizione presupposto è che essendo a rischio CVD, le persone obese o in di peso sul rischio di CVD a 10 anni guadagnato dagli obesi inattivi sovrappeso possono aumentare l’attività fisica per evitare uno stile e dagli obesi attivi, rispettivamente il 34% e il 50%, sugli obesi sedi vita sedentario. Tuttavia, fanno notare gli autori, l’obesità è assodentari. Allo stesso modo, i gruppi di individui in sovrappeso e con ciata a diverse variazioni di funzioni fisiologiche e del metabolismo peso normale, sia fisicamente attivi sia inattivi, risultavano avere che possono influenzare la risposta all’attività fisica. È possibile, minori probabilità di un elevato rischio di CVD a 10 anni rispetto quindi, che gli individui obesi possano rispondere in modo diverso agli adulti sedentari.

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SCIENZE Lo studio ha verificato che tra gli adulti di età compresa tra 30 e 64 anni senza storia di CVD, gli adulti in sovrappeso o obesi avevano maggiori probabilità di avere un rischio di CVD a 10 anni elevato rispetto agli adulti normopeso. Indipendentemente dall’etnia, dallo stato socio-economico, dalla dieta e dalla depressione, l’impegno in una qualsiasi attività fisica è risultato associato a una minore probabilità di un alto rischio di CVD a 10 anni tra gli adulti in sovrappeso o obesi. Anche per gli adulti normopeso l’essere fisicamente attivi è risultato coincidere con una probabilità inferiore di un elevato rischio di CVD a 10 anni. Tutte queste risultanze sono in linea con ricerche precedenti portate a termine in altre popolazioni e risultano coerenti con recenti prove sull’impatto dell’attività fisica che arriva a svolgere un ruolo più importante della perdita di peso nella mortalità specifica per CVD [18]. Pertanto, l’aumento del livello di esercizio, in particolare promuovendo il rispetto delle linee guida sull’attività fisica, potrebbe fornire benefici cardiovascolari per tutti. Ne deriva una responsabilità strategica per gli operatori sanitari che svolgono un ruolo essenziale nella promozione del cambiamento delle abitudini di vita. Alcuni studi hanno certificato che gli adulti in sovrappeso e obesi consigliati dagli operatori sanitari hanno quattro volte più probabilità di approcciare a uno stile di vita sano rispetto a quelli che non hanno ricevuto consigli [19]. L’evidenza osservata di un minor rischio di CVD tra coloro che si sono cimentati in qualsiasi attività fisica suggerisce, concludono gli autori, la possibilità di impegnarsi in uno stile di vita sano per alterare gli effetti negativi dell’eccesso di peso corporeo. A conferma dell’urgenza con cui bisogna intervenire sulla promozione di uno stile di vita sano e di un sostegno in tale direzione nei confronti di soggetti in sovrappeso e obesi. Costruire strategie efficaci per fornire consigli su comportamenti positivi è fondamentale in ambito sanitario, soprattutto per ridurre il successivo impatto sociale delle abitudini scorrette. Appare ancora necessario proseguire con ulteriori studi per identificare le modalità e le quantità di esercizio che offrono un beneficio ottimale. Allo stesso modo sarebbe importante avere a disposizione sulla popolazione dati e informazioni “certificate” da una valutazione sanitaria e non solo personale affidata all’individuo, così da non essere influenzate da percezioni soggettive. Tuttavia la strada per costruire risposte utili a uno dei problemi sanitari dell’epoca contemporanea sembra tracciata. Bibliografia [1] Zhang X, Cash RE, Bower JK, Focht BC, Paskett ED (2020) Physical activity and risk of cardiovascular disease by weight status among U.S adults. PLoS ONE 15(5): e0232893. https:// doi.org/10.1371/journal.pone.0232893 [2] NHANES 2015–2016 Public Data General Release File Documentation [Internet]. 2016 https://wwwn.cdc.gov/nchs/nhanes/continuousnhanes/default.aspx?BeginYear=2015 [3] OECD (2019), The Heavy Burden of Obesity: The Economics of Prevention, OECD Health Policy Studies, OECD Publishing, Paris, https://doi.org/10.1787/67450d67-en [4] Hales CM, Carroll MD, Fryar CD, et al. Prevalence of obesity among adults and youth: United States, 2015–2016: US Department of Health and Human Services, Centers for Disease Control

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SCIENZE

Dal diabete gestazionale al tipo 2: una firma metabolica per predirlo Studio dell’Università di Toronto che prosegue i risultati del progetto SWIFT: una semplice anali del sangue potrebbe diagnosticare con molto anticipo la transizione

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irca una donna su dieci sviluppa il diabete mellito gestazionale (GDM) durante la gravidanza. Di queste, una quota compresa tra il 30% e il 50%, anni dopo, svilupperà il diabete di tipo 2 (T2D) e dovrà affrontare un maggiore rischio di convivere con ipertensione e malattie cardiovascolari. Per questo da tempo a seguito del parto è raccomandato sottoporsi periodicamente a un test orale di tolleranza al glucosio. Ma la procedura richiede molto tempo e meno del 40% delle donne con GDM esegue quel test. Si basa su queste consapevolezze il tentativo, condiviso nella comunità scientifica, di mettere a punto metodi di stratificazione del rischio efficaci, per sostenere una migliore comprensione della patologia alla base della transizione dal diabete mellito gestazionale al diabete di tipo 2. Contemporaneamente, sembra importante anche progettare un test più veloce, pratico ed economico per diagnosticare con anticipo e in maniera precisa un elevato rischio di T2D nella donna che ha sperimentato una forma transitoria di malattia durante la gravidanza. In questo solco si inserisce lo studio [1] sviluppato presso l’Università di Toronto (UofT) dal team di ricercatori guidato, tra gli altri, da Michael Wheeler, professore di fisiologia alla facoltà di Medicina della UofT, in collaborazione con Mi Lai, postdoctoral researcher presso l’UofT, e Hannes Röst, docente di genetica molecolare e informatica del Donnelly Center for Cellular and Biomolecular Research presso la UofT. Allo studio ha collaborato anche il consorzio Kaiser Permanente Bernard J. Tyson School of Medicine

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del Nord California, il centro presso cui l’altra autrice della ricerca, Erica Gunderson, aveva già firmato il precedente progetto SWIFT (Study of Women, Infant Feeding and Type 2 Diabetes after GDM Pregnancy), uno studio pilota realizzato nel 2016 su 1.033 donne, che tra il 2008 e il 2011 avevano avuto il diabete gestazionale. Con lo studio SWIFT Wheeler e Gunderson avevano individuato, per la prima volta in modo specifico, il comportamento di metaboliti predittivi del diabete di tipo 2. Il nuovo studio di Toronto si basa sulla ricerca precedente e ha osservato la stessa coorte di donne per un periodo di tempo più lungo: è in quel lasso di tempo che diverse donne hanno sviluppato il diabete di tipo 2. Profilando campioni di sangue a un livello più profondo e monitorandoli nel tempo, allargando di diverse centinaia la quantità di metaboliti osservati, i ricercatori sono stati in grado di identificare un piccolo gruppo di metaboliti che potrebbe rappresentare una firma metabolica utile per predire, all’inizio del periodo post-partum, con circa l’80% di precisione, la transizione da GDM a T2D. I risultati della ricerca, spiegano gli autori, suggeriscono che la disregolazione metabolica, in particolare l’alterazione del metabolismo degli amminoacidi e dei lipidi, è presente anni prima dell’insorgenza del T2D, e tra le donne che hanno fatto esperienza di GDM viene rivelata nel primo periodo successivo al parto. Il progetto ha seguito un approccio multidisciplinare, tra biochimica e ricerca epidemiologica clinica. Il punto di partenza del gruppo è stata l’ipotesi, già sperimentata in passato, che attraverso


SCIENZE storia di GDM [3]; così come è maggiore il rischio di sviluppare il T2D in età più giovane, quasi sempre prima dei quarant’anni. Una condizione che si abbina anche al rischio di problemi al fegato, malattie cardiovascolari [4-6] e malattie renali [7, 8]. La prevenzione del diabete di tipo 2 riguarda molto i comportamenti e le abitudini, con un ruolo importante affidato al sovrappeso e all’obesità, da tenere sotto controllo con l’adozione di stili di vita sani. Fondamentale è la diagnosi precoce, per rallentarne la progressione verso le complicanze. Nell’ultimo decennio la mortalità per diabete si è ridotta di oltre il 20% in tutte le classi di età; contemporaneamente è aumentata la quota di diabetici nelle generazioni più recenti, a conferma anche di una progressiva anticipazione dell’età in cui si diagnostica la malattia [9]. Uno studio del 2017 [10] su una popolazione di circa 90.000 donne americane ha verificato che le donne con una storia di diabete gestazionale hanno un rischio maggiore del 43% di CVD (infarto del miocardio o ictus) rispetto alle donne senza diabete gestazionale precedente. E gli effetti del rischio coinvolgono anche i bambini nati da una gravidanza in presenza di GDM [11], che presentano un maggiore rischio di obesità e di T2D in giovane età. Per questo è importante poter affrontare la malattia con una efficace capacità di previsione del rischio e con una buona dose di anticipo nel trattamento. Ma gli strumenti finora a disposizione non si sono rivelati sempre adeguati, soprattutto per l’elevata macLo schema del flusso di lavoro per la costruzione del modello predittivo dello studio di Lai et al.

i metaboliti sia possibile distinguere il rischio di progressione futura da GDM a T2D: il cambiamento dei metaboliti coincide con la fisiopatologia sottostante allo sviluppo futuro della malattia. Le partecipanti si sono sottoposte a diverse visite di controllo e hanno effettuato il test orale di tolleranza al glucosio al basale dello studio (cioè 6-9 settimane dopo il parto) e annualmente per i due anni successivi. Il monitoraggio sull’eventuale insorgenza del diabete ha coperto, tramite la verifica delle cartelle cliniche, gli otto anni successivi. La popolazione osservata comprendeva donne di etnia diversa, con un’età compresa tra i 20 e i 45 anni. Di queste, il 33% era primiparo, il 37% al secondo parto, il 30% aveva già avuto due o più figli. Nel corso della ricerca sono stati osservati i metaboliti nelle donne che avevano sviluppato il T2D e le donne che non ne avevano sofferto, e sono stati elaborati modelli di previsione: è così che il team dell’UofT ha individuato la firma metabolica distinta capace di predire l’insorgenza futura del diabete. Il valore di questo studio sta soprattutto nell’aver fornito le basi per una migliore capacità di risposta al rischio di diabete di tipo 2 nelle donne e nell’aver dato un forte impulso allo sviluppo di un test diagnostico efficace basato sulla semplice analisi del sangue. Sono molte le donne che si trovano ad affrontare questa condizione, che si verifica nel 7% della popolazione femminile che porta a termine la gravidanza; il dato, però, sale fino al 20% comprendendo le forme più lievi di diabete gestazionale rilevate in base alla variazione dei criteri di diagnosi di GDM differenti a livello internazionale [2]. Per le donne con una storia di GDM il rischio di sviluppare diabete di tipo 2 è sette volte maggiore rispetto alle donne senza

I metaboliti associati dallo studio alla progressione del diabete di tipo 2 (T2D) nello studio longitudinale nello studio di Lai et al.

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SCIENZE

Lo schema del precedente studio su donne, alimentazione infantile e diabete di tipo 2 dopo la gravidanza GDM (SWIFT).

chinosità della procedura diagnostica. Alla donna è richiesto un lungo digiuno precedente e l’attesa di alcune ore per effettuare le misurazioni della glicemia successive all’assunzione controllata di una soluzione di acqua e glucosio. Nella ricerca, Lai e colleghi, sottolineano più volte come il test raccomandato, il test orale di tolleranza al glucosio da eseguire a 6-12 settimane dopo il parto, dovrebbe essere seguito da test annuali per il diabete. Ma si tratta di analisi che riescono a garantire una precisione sulla previsione di futuro T2D compresa tra il 65% e il 77% [12]. A questo si aggiunge un livello molto basso di adesione alla raccomandazione: solo il 20% delle donne effettua i controlli, e meno del 30% delle donne con GDM completa i test raccomandati [13]. È anche una questione di percezione. Una ricerca svolta all’Università del Michigan [14] ha verificato come nonostante il 90% delle donne osservate riconoscesse il diabete gestazionale come un fattore di rischio per la malattia futura, solo il 16% riteneva di avere un’alta probabilità di sviluppare il diabete. La percezione del rischio è aumentata al 39% solo quando alle donne è stato chiesto di stimare il proprio rischio presumendo di mantenere lo stile di vita allora messo in pratica. Per tutti questi motivi, fisiologici e ambientali, risulta sempre più importante un test predittivo accurato e, contemporaneamente, conveniente, per valutare la tolleranza al glucosio e prevedere l’eventuale progressione del diabete. Come detto, lo studio di Lai e colleghi, si inserisce su ricerche

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precedenti [15, 16]. Negli ultimi anni, tramite la metabolomica, è emersa l’esistenza di metaboliti specifici che possono facilitare la previsione precoce del T2D nella popolazione generale. Lo stesso gruppo che ha firmato lo studio della UofT aveva già identificato marcatori metabolici del futuro T2D tra le donne con esperienza di GDM [17] attraverso il progetto SWIFT. Portando avanti quei primi risultati, il team ha sviluppato lo studio realizzando ulteriori indagini per affinare la possibilità di previsione di T2D. Dal punto di vista del metodo, i campioni di sangue a digiuno raccolti in 658 partecipanti al basale (173 casi con T2D e 485 controlli, accoppiati in base a BMI, età ed etnia) e, successivamente, da 337 delle stesse partecipanti durante i 2 anni di follow-up, sono stati valutati tramite metabolomica. I metaboliti associati al T2D, hanno spiegato Lai e colleghi, sono stati selezionati sulla base di una revisione di precedenti studi metabolici del diabete di tipo 2. Su 188 analiti inizialmente identificati, 132 sono stati sottoposti ad analisi di previsione. Per costruire e valutare il modello di previsione, il gruppo di ricerca ha selezionato casualmente 51 casi di T2D sviluppato e 51 controlli privi di manifestazione di T2D. Il resto dei partecipanti (122 futuri casi T2D e 434 controlli non T2D) sono stati utilizzati per le elaborazioni dei set di verifica. L’analisi dei metaboliti è stata eseguita ripetendo il ciclo cento volte, con gruppi organizzati sempre in modo casuale. I 20 analiti che hanno dimostrato le migliori prestazioni di previsione sono stati selezionati per definire il pannello della firma. È stata sviluppata – spiegano gli autori dello studio – una firma composta da 20 metaboliti (esosio, 6 amminoacidi, 6 fosfogliceridi, 2 acilcarnitine, 2 sfingolipidi e 3 ammine biogene); è stato poi generato un modello di previsione testato con i diversi set di prova organizzati in maniera randomica in cento elaborazioni consecutive. La firma a venti metaboliti ha generato un’area della curva Roc (AUC) pari a 0,88 ± 0,03, dunque con un buon livello di accuratezza, superiore a quella garantita dai parametri clinici e diagnostici tradizionali (glicemia misurata a digiuno e dopo due ore dall’assunzione del glucosio durante il test, per esempio, oppure la storia familiare con il diabete). Il potere di predizione della firma è risultato, inoltre, più elevato anche di quello ottenuto con un precedente modello sviluppato nel corso del progetto SWIFT. Gli autori della ricerca fanno notare che la scoperta più sorprendente nel corso delle misurazioni ha riguardato l’osservazione dell’aumento complessivo di amminoacidi e le modifiche ai livelli delle molecole lipidiche tra le donne con incidente T2D. Per esaminare ulteriormente la dinamica individuata, il gruppo di ricerca ha sviluppato anche un’analisi longitudinale, selezionato i soli 337 partecipanti che avevano eseguito il test orale di tolleranza al glucosio sia al basale sia al follow-up. In questa seconda fase dell’indagine sono stati identificato 10 metaboliti - esosio, 5 amminoacidi, 1 ammina biogenica e 3 fosfolipidi - che sono cambiati significativamente nel corso del tempo tra le donne che avevano sviluppato il diabete di tipo 2 e quante non ne avevano fatto esperienza. È stata tracciata la variazione di concentrazione relativa a ciascun metabolita per ogni individuo osservato, con la conseguente definizione di una traiettoria per ciascun metabolita nel tempo. Come era già stato segnalato in studi precedenti [18], l’esosio è risultato aumentato nei casi di incidenza di T2D: l’occorrenza si è verificata in tutte e tre le analisi (al basale, durante il follow-up e nell’indagine longitudinale). In conclusione, la metabolomica mirata su un gruppo di ana-


SCIENZE liti, molti dei quali erano stati precedentemente associati al rischio di diabete, è stata utilizzata per valutare i cambiamenti metabolici in un contesto definito: lo studio di Lai e colleghi è riuscito a determinare una firma metabolica distinta nel primo periodo post-partum che predica in modo efficace il futuro T2D. I punti di forza di questo studio segnalati dagli autori sono soprattutto tre. Il primo riguarda la coorte prospettica caratterizzata dall’assenza del diabete di tipo 2: il 90% delle donne coinvolte aveva portato a termine tutte le visite di controllo, complete di test OGTT o di altri controlli della glicemia registrati nelle cartelle cliniche. Il secondo punto di forza riguarda la varietà etnica della popolazione osservata. Il terzo, l’esecuzione di analisi longitudinali grazie alle quali è stato possibile tracciare i cambiamenti metabolici all’interno del singolo individuo. Il limite, invece, su segnalazione degli stessi autori, sta nel fatto che tutte le analisi sono state eseguite all’interno della stessa coorte: l’ideale prosieguo dello studio è, dunque, testare la firma metabolica in una coorte indipendente. C’è poi un ulteriore valore nello studio ed è quello correlato alla ricaduta pratica dei risultati ottenuti. La ricerca della UofT ha sostanzialmente dimostrato che le donne con GDM esposte in una fase successiva al diabete d tipo 2, a distanza di due mesi dal parto, quando la maggior parte delle donne è tornata alla normoglicemia, sono portatrici di un dismetabolismo subclinico che precede l’evidenza del T2D. Durante questa fase di transizione da GDM a T2D possono emergere – e dunque essere rilevati – difetti nel metabolismo di aminoacidi e nel metabolismo lipidico. Si tratta di indicatori non direttamente conseguenza del diabete di tipo 2, ma che possono essere causalmente coinvolti nell’insorgenza e nella progressione della malattia. Questa lettura dei risultati permette di guardare a un ulteriore passo in avanti: lo sviluppo di un test predittivo basato sull’analisi del sangue. Un test più comodo e semplice rispetto a quello attualmente diffuso permetterebbe di recuperare la perdita di efficacia delle strategie di risposta alla malattia oggi determinata dalle difficoltà logistiche della diagnosi. Un semplice esame del sangue diretto all’analisi dei metaboliti individuati come predittori del T2D consentirebbe agli operatori sanitari di identificare le donne più a rischio e consigliare loro circa le azioni da mettere in pratica, a partire dai cambiamenti nel comportamento e nelle abitudini quotidiane.

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SCIENZE

Il metabolismo urbano: un approccio bio-sistemico alla città Il peso delle città, intese come organismi viventi e i processi circolari del metabolismo tipici di tutte le forme di vita

di Paola Pluchino

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econdo le più recenti stime, la popolazione mondiale nel 2050 arriverà a toccare i 9,7 miliardi di persone e ben il 66% di esse (6,4 miliardi) abiterà all’interno delle aree urbane. Questo aumento della popolazione si tradurrà in una significativa espansione delle città esistenti e nella costruzione di nuove città, determinando un notevole aumento nel consumo di materiali: nella loro costruzione e nel loro funzionamento, infatti, le città utilizzano miliardi di tonnellate di materie prime, dai combustibili fossili, ai materiali da costruzione, a risorse di origine biologica come il legno e il cibo. Le analisi sulla quantità di risorse richieste da questa crescita senza precedenti mostrano che, senza un nuovo approccio all’urbanizzazione, il consumo di materiali per le città su scala globale verrà più che raddoppiato entro i prossimi trent’anni: una così elevata domanda di materie prime supera di gran lunga ciò che il pianeta può fornire in modo sostenibile. Risulta dunque evidente l’urgenza di analizzare i problemi delle città in modo nuovo e di trovare soluzioni innovative che integrino tutte le tre componenti della sostenibilità (ambientale, sociale ed economica). Attraverso una visione sistemica dell’ecologia urbana basata sul metabolismo urbano circolare, è possibile definire i problemi e trovare le soluzioni e gli strumenti di attuazione a servizio di un modello di città sostenibile. La città come organismo vivente Il metabolismo urbano è un approccio sistemico alla visione della città ispirato ai sistemi naturali che considera la città come

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un essere vivente; in questo modello le singole componenti, che troppo spesso nella pianificazione urbanistica vengono considerate in modo separato, sono ricondotte all’interno di una sorta di “super-organismo urbano” che può essere analizzato e ridisegnato in termini completamente nuovi e sostenibili a 360°. I processi circolari del metabolismo sono tipici di qualsiasi organismo vivente, così come di tutti i sistemi complessi dinamici, ovvero di quei sistemi che sono costituiti da molteplici componenti che interagiscono tra loro con relazioni non lineari. Le città sono a tutti gli effetti sistemi dinamici complessi adattivi: la complessità delle città è strettamente legata alla presenza di interazioni multiple che intervengono tra le componenti (ambientali e socio-economiche) e i differenti elementi (famiglie, aziende, istituzioni) che influiscono su di essi attraverso decisioni che impattano sull’uso del territorio; il modo in cui tutti questi fattori interagiscono tra loro nello spazio e nel tempo dà origine a fenomeni emergenti, come la dispersione urbana, la disuguaglianza tra diverse fasce della popolazione, i fenomeni di violenza nelle periferie, l’instabilità del mercato immobiliare, l’inquinamento. Il sistema complesso urbano è, dunque, per sua natura “circolare”. Eppure, la quasi totalità delle città viene pianificata in modo lineare, trattandone le componenti come comparti stagni e ignorando le loro interazioni: così accade che materiali ed energia arrivano da lontano e vengono consumati solo in modo parziale, per essere poi accumulati o allontanati sotto forma di inquinamento (emissioni in atmosfera, rifiuti, acque reflue).


SCIENZE L’approccio del metabolismo urbano può fornire una chiave interpretativa utile per comprendere le dinamiche complesse della città e per riprogettarla in modo sostenibile Storia, definizione e modelli metodologici Il concetto di metabolismo urbano è stato sviluppato per la prima volta da Abel Wolman nel 1965 per studiare i flussi di materiali e di energia su scala urbana e si basa sulla quantificazione delle risorse in entrata e dei residui in uscita dalla città. Nel corso dei decenni l’approccio ha pian piano inglobato tutte le componenti ambientali e sociali, ha preso in considerazione le relazioni interne all’ecosistema urbano e ha espanso il suo raggio d’azione all’esterno dei confini fisici della citta; nell’accezione contemporanea, il metabolismo urbano viene definito come “la somma totale del processo tecnico e socio-economico che si verifica nelle città, con conseguente crescita, produzione di energia ed eliminazione degli sprechi”1. Di pari passo, si è passati dall’utilizzo di modelli lineari molto semplici a strumenti in grado di restituire la complessità dell’ambiente urbano attraverso visioni sistemiche interdisciplinari, che hanno dato una spinta notevole alla scelta di soluzioni di sostenibilità integrata basate principalmente sulla circolarità, la resilienza e la rigenerazione urbana. L’analisi dei flussi di materia (MFA) e l’analisi dei flussi di energia (EFA) sono stati i primi strumenti per il calcolo empirico dei flussi attraverso il sistema urbano: la metodologia material-flow-analysis (MFA) misura i materiali che entrano nel sistema, i flussi all’interno di esso, le scorte di risorse e gli output diretti verso altri sistemi sotto forma di inquinamento, rifiuti o esportazioni; il metodo energy-flow-analysis (EFA) o bilancio energetico fornisce indicazioni specifiche sui flussi energetici associati al metabolismo urbano. Queste metodologie presentano però dei limiti relativi alle connessioni che vanno oltre il contesto urbano e all’attribuzione di un riferimento spaziale ai flussi di materia e di energia; questa lacuna è stata colmata recentemente dal modello urban metabolism analyst (UMAn), che associa i flussi alle attività economiche e alla loro collocazione spaziale all’interno dell’area urbana. La valutazione del livello di sostenibilità del sistema deve poi essere ulteriormente integrata, al fine di includervi la componente sociale e quella economica; questo risultato si ottiene affiancando ai metodi per l’analisi dei flussi ulteriori strumenti quali l’analisi delle catene di valore, il modello DPSIR, l’impronta ecologica, la valutazione del ciclo di vita (LCA), il metabolismo sociale. Il modello più completo sul metabolismo urbano risulta dunque dall’integrazione di tutte le componenti relative al sistema urbano e dei differenti strumenti che ne consentono l’analisi, all’interno di un framework che i ricercatori dell’Università della California hanno definito come “metabolismo urbano 2.0”2. Questo modello è completo dal punto di vista analitico e costituisce una piattaforma integrata per l’analisi dei flussi e dei pro-

Gli elementi di un modello esteso di metabolismo urbano - elaborazione da Pincetl.

cessi metabolici per le città contemporanee. Gli strumenti del metabolismo urbano vengono utilizzati per numerose applicazioni, le principali delle quali sono i report di sostenibilità, la contabilizzazione dei gas a effetto serra e i modelli matematici per la valutazione di piani e politiche (compresa la Valutazione Ambientale Strategica); queste differenti applicazioni convergono nell’utilizzo dell’approccio del metabolismo urbano quale strumento di design per creare città più sostenibili. La città circolare e il ruolo del biologo Le città a metabolismo circolare sono più efficienti, più sostenibili e più resilienti; riducono i consumi e l’inquinamento, riciclano, massimizzano le energie rinnovabili e nel farlo generano nuovi flussi economici locali, inclusione sociale, persino godimento estetico. Si possono identificare diversi percorsi di sostenibilità urbana che rappresentano soluzioni applicabili per la realizzazione di città circolari. Preme evidenziare che alcuni di questi percorsi sono basati su elementi naturali, rispetto ai quali il ruolo del biologo risulta fondamentale nel supportare le altre professionalità che intervengono nei processi di analisi, valutazione e pianificazione urbana: in particolare, la visione sistemica propria del biologo e la conoscenza dei sistemi viventi costituiscono la premessa per la comprensione dei modelli di metabolismo urbano, che possono poi essere attuati grazie alla definizione dell’ecosistema urbano, alla gestione del capitale naturale urbano in modo coerente con il contesto territoriale locale, al ripristino dei cicli biologici e biogeochimici, alla creazione di sistemi bioeconomici in grado di generare nuove risorse

Kennedy, C., Cuddihy, J., & Engel-Yan, J. (2007). The changing metabolism of cities. Journal of Industrial Ecology, 11(2), 43-59. 2 S. Pincetl, P. Bunje, T. Holmes, An expanded urban metabolism method: Toward a systems approach for assessing urban energy processes and causes, in «Landscape and Urban Planning», CVII, n.3, 2012, p.193-202 (32). 1

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SCIENZE ambientali, economiche e sociali. Infrastrutture verdi, servizi ecosistemici e resilienza L e i n f r a strutture verdi costituiscono l’oss a t u r a dell’ecosistema urbano e forniscono una serie di servizi ecosistemici che hanno valore non solo in termini di conservazione della biodiversità, ma anche in riferimento ai meccanismi di regolazione (stabilizzazione del clima, riciclo dei rifiuti), all’approvvigionamento (produzione di ossigeno, acqua, cibo, ecc.) e alle funzioni culturali (ricreative, estetiche, attrattive). Esse possono essere utilizzate in modo complementare o alternativo (nature based solutions - NBS) alle infrastrutture grigie tradizionali, realizzate in cemento e altri materiali inerti, e possono anche essere integrate nell’ambiente costruito (come i tetti e le facciate verdi). L’utilizzo di infrastrutture verdi trova applicazione nella rinaturalizzazione dei reticoli idrografici urbani, nel potenziamento delle reti ecologiche, nella realizzazione dei piani di adattamento al cambiamento climatico e consente di ottenere due risultati fondamentali: • Il miglioramento dei servizi ecosistemici urbani (come la produzione di cibo e fibre, di legna, di aria pulita, il miglioramento percettivo del paesaggio, la depurazione delle acque); • Il miglioramento della resilienza, attraverso la mitigazione del rischio idrogeologico, l’aumento di permeabilità del suolo, la regolazione del microclima (isole di calore) e del bilancio idrico. Biocicli e bioeconomia urbana Le città interrompono i cicli biogeochimici del fosforo e dell’azoto e determinano il loro accumulo in comparti ambientali in cui non dovrebbero trovarsi, come l’atmosfera e le acque, causando inquinamento e danni alla biosfera. Applicando i principi del metabolismo circolare, questa quantità enorme di risorse estremamente preziose può essere impiegata nei diversi settori riconducibili alla bioeconomia. In un sistema di bioeconomia urbana efficace, i nutrienti vengano restituiti al suolo, generando valore e riducendo al minimo lo spreco di cibo, attraverso due principali flussi: quello legato ai rifiuti organici e agli sfalci del verde urbano, dal quale possono essere prodotti compost, biogas e biometano (quindi energia), fertilizzanti, biopolimeri; quello delle acque reflue, dal quale è possibile recuperare acqua, azoto, fosforo, cellulosa, produrre biogas e biometano, coltivare microalghe per la produzione di biocarburanti e biopolimeri.

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Conclusioni Il metabolismo urbano rappresenta un approccio sistemico alla città, che consente di mettere in evidenza le cause delle criticità e di proporre soluzioni integrate e sostenibili. Nonostante ne risulti evidente la natura circolare, esso finora è stato descritto principalmente in termini di flussi lineari, più che di relazioni multiple tra tutti i nodi del sistema. Per superare questo limite, diviene fondamentale l’adozione di un approccio sistemico sia nell’analisi delle problematiche che nella valutazione degli scenari alternativi in fase di pianificazione; l’utilizzo di modelli di sistemi complessi in seno a una visione sistemica dell’ecologia urbana può essere la chiave di volta per supportare a tutto tondo la realizzazione di città sostenibili e il ruolo del biologo in quest’ambito costituisce un elevato valore aggiunto.

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Bibliografia - Pluchino Paola, La città vivente – Introduzione al metabolismo urbano circolare, 2019, Malcor D’. - Wolman Abel, The Metabolism of Cities, 1965, Scientific American, Vol. 213, pp. 179-190.


INAUGURAZIONE DELLA SEDE REGIONALE DI LAZIO E ABRUZZO DELL’ONB ROMA* 23 novembre 2020 - Ore 16:00

Interventi: Sen. dott. Vincenzo D’Anna

Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi

Dott. Alberto Spanò

Consigliere dell’Onb e delegato regionale di Lazio e Abruzzo

Dott. Gianpaolo Leonetti

Commissario della delegazione di Lazio e Abruzzo

Autorità convenute

www.onb.it

*Viale Marco Polo n. 84 Il Giornale dei Biologi | Luglio/agosto 2020

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Il Giornale dei Mensile dell’Ordine Nazionale dei Biologi

Anno III - N. 7-8 Luglio/agosto 2020 Edizione mensile di AgONB (Agenzia di stampa dell’Ordine Nazionale dei Biologi) Testata registrata al n. 52/2016 del Tribunale di Roma Diffusione: www.onb.it

Direttore responsabile: Claudia Tancioni Redazione: Ufficio stampa dell’Onb Luglio/agosto 2020 | Anno III - N. 7-8 | www.onb.it

Edizione mensile di AgONB, Agenzia di stampa dell’Ordine Nazionale dei Biologi. Registrazione n. 52/2016 al Tribunale di Roma. Direttore responsabile: Claudia Tancioni. ISSN 2704-9132

Il Giornale dei

Hanno collaborato: Barbara Ciardullo, Carla Cimmino, Luciano Corrado, Chiara Di Martino, Domenico Esposito, Felicia Frisi, Carmine Gazzanni, Sara Lorusso, Biancamaria Mancini, Riccardo Mazzoni, Marco Modugno, Michelangelo Ottaviano, Gianpaolo Palazzo, Antonino Palumbo, Carmen Paradiso, Paola Pluchino, Daniele Ruscitti, Pasquale Santilio, Pietro Sapia, Giacomo Talignani, Daniele Tedeschi, Marco Zanetti. Progetto grafico e impaginazione: Ufficio stampa dell’ONB. Questo magazine digitale è scaricabile on-line dal sito internet www.onb.it edito dall’Ordine Nazionale dei Biologi. Questo numero de “Il Giornale dei Biologi” è stato chiuso in redazione lunedì 27 luglio 2020.

Studio italiano rivela come questa glicoproteina possa aiutare a combattere il Covid-19 Intervista alla ricercatrice Elena Campione

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Contatti: +39 0657090205, +39 0657090225, ufficiostampa@onb.it. Per la pubblicità, scrivere all’indirizzo protocollo@peconb.it. Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano l’Ordine né la redazione. Immagine di copertina: © Microgen/www.shutterstock.com

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i informano gli iscritti che gli uffici dell’Ordine Nazionale dei Biologi forniranno informazioni telefoniche di carattere generale nei seguenti orari: dal lunedì al venerdì dalle ore 9:00 alle ore 13:00. Tutte le comunicazioni dovranno pervenire tramite posta (presso Ordine Nazionale dei Biologi, via Icilio 7, 00153 Roma) o all’indirizzo protocollo@peconb.it, indicando nell’oggetto l’ufficio a cui la comunicazione è destinata. Si ricorda che, in virtù delle disposizioni di Governo attualmente in vigore finalizzate a contrastare la diffusione del Coronavirus, al momento, e fino a nuova comunicazione, non è possibile recarsi presso gli uffici dell’ONB per richiedere documenti o informazioni.

CONSIGLIO DELL’ORDINE NAZIONALE DEI BIOLOGI Vincenzo D’Anna – Presidente E-mail: presidenza@peconb.it Pietro Miraglia – Vicepresidente E-mail: analisidelta@gmail.com Pietro Sapia – Consigliere Tesoriere E-mail: p.sapia@onb.it Duilio Lamberti – Consigliere Segretario E-mail: d.lamberti@onb.it Gennaro Breglia E-mail: g.breglia@onb.it Claudia Dello Iacovo E-mail: c.delloiacovo@onb.it Stefania Papa E-mail: s.papa@onb.it

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INAUGURAZIONE DELLA SEDE REGIONALE DI EMILIA-ROMAGNA E MARCHE DELL’ONB BOLOGNA* 20 novembre 2020 Ore 10:30 Interventi: Sen. dott. Vincenzo D’Anna

Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi

Dott. Pietro Sapia

Consigliere tesoriere dell’Onb e delegato regionale di Emilia-Romagna e Marche

Dott. Massimo Zerbini

Commissario della delegazione di Emilia-Romagna e Marche

Autorità convenute

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*Via Corticella 89/2 www.onb.it


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