Il Giornale dei Biologi - N.6 - Giugno 2022

Page 1

Giornale dei Biologi

Edizione mensile di AgONB, Agenzia di stampa dell’Ordine Nazionale dei Biologi. Registrazione n. 52/2016 al Tribunale di Roma. Direttore responsabile: Claudia Tancioni. ISSN 2704-9132

Giugno 2022 Anno V - N. 6

LE ULTIME VARIANTI DI OMICRON FANNO RISALIRE LE INFEZIONI

Non ci sono limitazioni all’orizzonte ma il Consiglio Superiore di Sanità raccomanda prudenza. Locatelli: “Offrirei il vaccino ai fragili e agli ultra-sessantenni”

www.onb.it


Siru e CNBA dell’ONB presenti al

38° ANNUAL MEETING ESHRE il congresso europeo della riproduzione ed embriologia

Milano, 3-6 luglio 2022


Sommario

Sommario EDITORIALE 3

Rimorchi e... motrici di Vincenzo D’Anna

PRIMO PIANO 6

Covid, dopo settimane di calma i contagi salgono significativamente di Rino Dazzo

8

Vaiolo delle scimmie: la diffusione in Europa di Rino Dazzo

18 SALUTE

23

18

Il diabete di tipo 2 accelera l’invecchiamento cerebrale di Domenico Esposito

20

Adenocarcinoma. Macrofagi pro-tumorali possibili bersagli di Elisabetta Gramolini

22

Polmone, meno recidive con chemio e immunoterapia di Elisabetta Gramolini

24

Linfoma, risposte significative dopo il trattamento con la terapia Car-T di Domenico Esposito

26

Il luogo d’origine della “peste nera” di Michelangelo Ottaviano

27

Le metastasi al seno accelerano di notte di Sara Bovio

28

L’interruttore molecolare che riaccende l’udito di Domenico Esposito

29

Un gel per la difficoltà a deglutire le pillole di Domenico Esposito

30

Lievito di birra e nutricosmetica di Carla Cimmino

34

Baricitinib (ctp-543). Nuovo farmaco per alopecia areata di Biancamaria Mancini

INTERVISTE 10

12

14

Mieloma multiplo, ecco come si blocca la comunicazione tra tumore e midollo osseo di Ester Trevisan Lesioni spinali, ricerca europea punta alla rigenerazione dei tessuti di Chiara Di Martino Medulloblastoma, una nuova terapia con virus ingegnerizzati di Ester Trevisan

RECENSIONE 16

“L’ultimo sogno d’amore. Vivere all’infinito” Esplosione di emozioni e inno alla vita di Ester Trevisan


Sommario AMBIENTE 38

Sempre meno coste naturali di Gianpaolo Palazzo

40

Aumenta la popolazione di lupi in Italia di Gianpaolo Palazzo

42

Due ruote trionfanti di Gianpaolo Palazzo

44

Microplastiche nelle acque dolci di Michelangelo Ottaviano

45

L’antenato della giraffa usava il collo come arma di Michelangelo Ottaviano

58 SPORT

INNOVAZIONE

54

Nel dopo Pellegrini il nuoto italiano continua a esaltarsi di Antonino Palumbo

46

Gli astrociti modulatori dei circuiti cerebrali di Pasquale Santilio

47

Poca vitamina D? Ecco un pomodoro biofortificato di Pasquale Santilio

58

Dopo Tokyo, atletica azzurra all’esame di maturità di Antonino Palumbo

48

Una filiera nazionale per radiofarmaci di Pasquale Santilio

60

Arco, frecce d’oro per l’Italia agli europei di Antonino Palumbo

49

Rivelatori di tracce nucleari contro il cancro di Pasquale Santilio

61

Tour De France, duelli sloveni e appeal italiano di Antonino Palumbo

LAVORO 62

Concorsi pubblici per Biologi

SCIENZE

40 BENI CULTURALI 50

53

64

Integrazione udito-olfatto per la scelta del partner sessuale nei roditori di Arianna Bodo

70

Ecologia, Malaria e Caio Coluzzi Bartoccioni di Giuliano Russini

80

Studio di coorte nel Comune di Trino (Sede di Ex Centrale Nucleare) di C. Salerno, M. Fracassi, L.A. Palin

Il giardino di Donnafugata gioiello siciliano del FAI di Rino Dazzo L’Enea protagonista al salone del restauro di Pietro Sapia

ECM 84

Nutrizione e disturbi del sonno di Luigi Barrea


Editoriale

Rimorchi e... motrici di Vincenzo D’Anna Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi

G

overnare gli italiani quismo con i quali si seguono le vicende non è difficile. È inuti- politiche e sociali, salvo poi lamentarci le. Questo epigramma perpetuamente delle cose che il governo risale agli anni Venti propone e realizza. In sintesi, si preferidel secolo scorso, allorquando in Italia si sce piangersi addosso e commiserarsi più instaurava un regime dittache rendersi consapevoli In passato l’Ordine si è toriale, con a capo Benito di quanto accade intorno mostrato poco attento Mussolini, duce del Fascia noi. alle molteplici criticità smo. L’espressione non è Non sono lontano dal della categoria e che non ha mai saputo o voluto certo lusinghiera per il novero se questo tipo di inaccorciare le distanze con stro popolo, ma spesso la si clinazione la propongo angli iscritti può rintracciare nella storia che per la nostra categoria patria come puntuale esempio del disin- professionale. È pur vero che in passato teresse e del menefreghismo che sovente l’Ordine si è mostrato poco attento alle s’impossessa di noi altri, allorquando ri- molteplici criticità della categoria e che nunciamo ad essere informati e partecipi non ha mai saputo o voluto accorciare le delle sorti della Nazione. A cominciare distanze tra amministratori ed amminidall’elevato tasso di astensionismo elet- strati, preferendo gestire tra pochi intimi torale, dalla superficialità e dal qualun- le questioni di un’intera classe profesGdB | Giugno 2022

3


Editoriale

sionale. E tuttavia le cose sono cambiate webinar e Fad, borse di studio ed ausili in questo quinquennio e molti e ripetuti vari riservati agli iscritti. sono stati gli sforzi compiuti dal ConsiUn panorama d’informazioni e d’integlio dell’Ordine in carica per addivenire razioni che proietta ciascun iscritto nel ad un proficuo e fecondo confronto con cuore delle attività ordinistiche e profesgli iscritti. sionali. Abbiamo anche voluto rilevare, Di questi cambiamenti potrà accorgersi in tre diversi sondaggi di opinione, la perchiunque abbia la buona volontà di infor- cezione che dell’ONB hanno i biologi, le marsi attraverso i molteplici canali di co- critiche, le preferenze, i suggerimenti e le municazione che sono stati proposte, ma circa la metà Le cose sono cambiate attivati o potenziati. Bastedei potenziali intervistati in questo quinquennio e rebbe, ad esempio, conha rinunciato a rispondere, molti sono stati gli sforzi sultare il sito istituzionale lamentandosi però di non compiuti dal Consiglio (i cui accessi unici si sono essere mai stata interpeldell’Onb per addivenire ad un proficuo e fecondo moltiplicati), leggere i due lata prima! Assistiamo di confronto con gli iscritti giornali che ONB edita continuo a comportamenoppure utilizzare l’area riti anarchici e disinformati, servata. Quest’ultima ormai conta adesio- all’isolamento degli iscritti dentro gruppi ni per circa 45mila iscritti che, volendo, sociali auto referenziali e suddivisi per capossono avere conto e ragione di tutto tegorie di attività che ignorano sistemaquanto riguardi sia la loro posizione sia ticamente l’Ordine, gli uffici preposti, le quella di tutti quanti gli atti amministrati- informazioni e le opportunità che pure si vi adottati dall’Ordine: delibere, decreti, snodano quotidianamente unicamente a bilanci, acquisti di beni e servizi, regola- vantaggio degli iscritti. Insomma: se da menti, circolari, pareri legali, formazione un lato c’è un continuo sforzo a cercare gratuita, eventi, master, summer school, contatti ed interazioni, dall’altro lato i se4

GdB | Giugno 2022


Editoriale

gnali sono ignorati se non denigrati. Per platea degli iscritti è quella che ho decapirci: circa diecimila iscritti sono anco- scritto per almeno il 40 percento degli ra privi di una PEC (che pure è stata of- iscritti medesimi. ferta gratuitamente dall’ONB) e migliaia, Chi pensa che le cose siano dovute e pur avendola, non l’hanno mai attivata. che l’Ordine sia solo una specie di tutor La sensazione è che il solipsismo ed il “fai personale da utilizzare per l’occasione da te” siano ancora le forme comporta- specifica e che tutto, poi, potrà tornare mentali più diffuse. Nel contempo, cir- nell’oblio e nella quotidiana indifferenza, colano in rete informazioni sbagliate si trova fuori sia dalla realtà, sia dai suoi frutto del “sentito dire” stessi interessi. Peggio anI biologi oggi hanno che è la peggiore fonte cora se si considera l’istituun panorama d’informazione. zione di categoria una tassa d’informazioni e Un unico comune deda pagare per poter esercid’interazioni che proietta nominatore sembra essere tare l’attività professionale ciascun iscritto nel cuore delle attività ordinistiche la lamentazione e la comdimenticando tutto quello e professionali miserazione, che arrivano che viene offerto in termiprecise e puntuali ogni ni di servizi (informazioni, qualvolta un intoppo colpisce il singolo formazione, consulenze, tutele ecc.) oltre soggetto nella propria gestione professio- a quello che si ottiene dal punto di vista nale ed individualistica. I nascenti Ordi- normativo e legislativo. Nessuno potrà ni Regionali dei Biologi (ricordiamo che liberarsi dai propri problemi senza avesi vota nel prossimo autunno) nella loro re alle spalle una categoria organizzata e piena autonomia di legge e nelle loro pe- sensibile e soprattutto senza farvi affidaculiari facoltà operative, potranno colma- mento con la collaborazione reciproca. re parte di queste distanze, ma dovranno, Abbiamo bisogno di motrici, non di riahimé, anche prendere coscienza che la morchi, per uscire dal guado. GdB | Giugno 2022

5


Primo piano

COVID, DOPO SETTIMANE DI CALMA I CASI SALGONO SIGNIFICATIVAMENTE Nessun allarme, ma serve prudenza. Si stima che la nuova ondata avrà il picco nella seconda metà di luglio. Omicron 4 e 5 a un tasso di diffusione del 50%. In arrivo vaccini “aggiornati” di Rino Dazzo

Q

uant’è difficile convivere col virus. Dopo settimane di relativa calma, che hanno portato al progressivo allentamento delle misure di prevenzione e di limitazione dei contagi, l’Italia si ritrova a fare i conti con dati relativi al Covid nuovamente in peggioramento. Crescono infatti i casi giornalieri, passati in un mese da 18mila a 50mila di media, e i ricoveri in terapia intensiva e nei reparti ordinari, seppur ancora ampiamente sotto il livello di guardia. Torna a salire il numero degli attualmente positivi, che ha superato nuovamente quota 700mila, mentre rimane stabile quello dei decessi, di poco superiore ai 50 al giorno. Non sono dati allarmanti, almeno per il momento, ma che invitano alla prudenza. Anche perché c’è una differenza sostanziale rispetto agli anni scorsi. Se nel 2020 e nel 2021 l’inizio dell’estate aveva fatto registrare una marcata riduzione dei contagi, quest’anno in Italia la nuova ondata ha avuto inizio proprio con i primi caldi. E durerà, secondo gli esperti, almeno fino a metà luglio, quando i casi inizieranno a diminuire. Scrive il ministero della Salute nel suo ultimo monitoraggio settimanale: «Nonostante il periodo estivo in cui molte attività si svolgono all’aperto, si rileva un diffuso peggioramento del rischio

6

GdB | Giugno 2022

epidemico. Si è completata la transizione a una fase epidemica acuta caratterizzata da un forte aumento dell’incidenza, da una trasmissibilità al di sopra della soglia epidemica e da un aumento, al momento contenuto, nei tassi di occupazione dei posti letto in area medica e terapia intensiva». L’invito è sempre lo stesso: «In questa fase si ribadisce la necessità di continuare a rispettare le misure comportamentali individuali e collettive previste/raccomandate, l’uso della mascherina, aereazione dei locali, igiene delle mani e ponendo attenzione alle situazioni di assembramento. L’elevata copertura vaccinale, il completamento dei cicli di vaccinazione e il mantenimento di una elevata risposta immunitaria attraverso la dose di richiamo, con particolare riguardo alle categorie indicate dalle disposizioni ministeriali, rappresentano strumenti necessari a mitigare l’impatto clinico dell’epidemia». Ma come mai l’inversione di tendenza è stato tanto marcata? In primis per l’elevata contagiosità delle nuove varianti che stanno progressivamente diventando dominanti nel Paese, Omicron 4 (BA.4) e Omicron 5 (BA.5), giunte ormai a un tasso di diffusione del 50%. L’accantonamento delle misure di prevenzione, a cominciare dall’obbligo di mascherine, può aver fatto il resto. I numeri non mentono. In una settimana,


Primo piano

l’ultima di giugno, le reinfezioni da Covid sono salite all’8,4%, contro il 7,5% della settimana precedente. E c’è un fenomeno su cui riflettere: quello dei casi non notificati. Con la possibilità di «autodiagnosticare» il contagio attraverso tamponi rapidi e test fai da te, l’Istituto Superiore di Sanità stima che siano tanti i nuovi positivi che non hanno comunicato la propria condizione alle strutture preposte per non essere costretti al periodo di isolamento. Revisioni significative delle misure non sono previste, almeno a breve: l’appello generalizzato è quello alla «responsabilità individuale», che vuol dire semplicemente indossare la mascherina in luoghi chiusi o affollati, igienizzare le mani, mantenere insomma almeno in casi di assembramenti - quei piccoli accorgimenti diventati ormai di uso comune durante il periodo della pandemia. Secondo Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, non ci sarà bisogno di reintrodurre limitazioni. Ma bisogna fare attenzione, perché le nuove varianti hanno «indici di contagiosità altissimi, a livello del morbillo». In autunno è prevista la ripresa della campagna vaccinale e anche in tal senso Locatelli ha le idee chiare: «La offrirei, oltre ai fragili, a chi ha dai 60 anni in su. Da quell’età c’è un maggiore rischio di sviluppare una malattia grave. Anche il personale sanitario deve rispettare l’obbligo». E a proposito di vaccino, c’è un aggiornamento importante che arriva da Moderna. La società

Franco Locatelli (a sinistra) con il Ministro della Salute Roberto Speranza. Secondo Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, non ci sarà bisogno di reintrodurre limitazioni. Ma bisogna fare attenzione, perché le nuove varianti hanno «indici di contagiosità altissimi, a livello del morbillo».

© Alessia Pierdomenico/shutterstock.com

© Arif biswas/shutterstock.com

statunitense ha annunciato che a fine estate dovrebbe essere pronta a effettuare le prime spedizioni del nuovo siero mRNA 1273.214, la versione del vaccino aggiornata su Omicron. Un vaccino che nasce dalla combinazione del siero classico, sviluppato sul ceppo virale di Wuhan, con quello pensato specificamente contro l’ultima delle varianti del virus. Un vaccino per cui è stata attivata la procedura di validazione da parte dell’Ema, ma che nei risultati preliminari ha offerto risultati molto promettenti. I dati, infatti, indicano una robusta produzione di anticorpi neutralizzanti contro Omicron e in particolare contro le ultime sottovarianti BA.4 e BA.5, un numero ben più alto rispetto alla versione tradizionale del vaccino. Sia Omicron 4 che Omicron 5, infatti, sono caratterizzate da un’alta capacità immuno-evasiva e questo spiega molta della loro capacità di infettare sia soggetti immunizzati attraverso il vaccino, sia guariti anche da infezioni con la stessa Omicron. Ovviamente è presto per cantare vittoria e bisogna attendere il completamento di tutte le procedure di controllo. Ma se è vero, come sembrano indicare i primi dati, che la versione aggiornata del vaccino sia più efficace contro il virus che circola attualmente in gran parte del pianeta, potrebbe essere un altro passo verso quel sospirato ritorno alla piena normalità, garantendo protezione dalle forme gravi e potenzialmente letali del virus anche in futuro. GdB | Giugno 2022

7


© Irina Starikova3432/shutterstock.com

Primo piano

VAIOLO DELLE SCIMMIE LA DIFFUSIONE IN EUROPA In Italia contagi contenuti, con poco più di cento casi, quasi tutti uomini con un’età media di 45 anni. Le raccomandazioni per chi viene colpito dalla patologia

A

umentano i casi e il livello di allerta si alza. Il vaiolo delle scimmie è ormai un’emergenza sanitaria di portata internazionale, che ha nell’Europa il suo centro di diffusione. Un dato fornito dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità chiarisce più di ogni altro la portata del fenomeno: se fino all’inizio di quest’anno il monkeypox faceva registrare regolarmente dei focolai solo in Africa centrale, principalmente nella Repubblica Democratica del Congo ma anche nel Camerun e nella Repubblica Centrafricana, in poco più di sei settimane sono stati confermati

8

GdB | Giugno 2022

più di 3200 casi in 48 paesi, con un decesso. La maggior parte dei contagi è concentrata nel Regno Unito e in altri paesi europei, Italia compresa. E le principali modalità di diffusione rimangono le stesse. I contagi nei paesi colpiti più di recente continuano a verificarsi principalmente attraverso la trasmissione sessuale, ha spiegato il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus. In Nigeria, però, «la percentuale di donne colpite è molto più alta che altrove ed è fondamentale capire meglio come si sta diffondendo la malattia». Da qui l’esigenza «di cercare i casi, tracciare i contatti, fare indagini

di laboratorio, sequenziare il genoma virale e attuare misure di prevenzione e controllo». Il sospetto è che sia in corso una mutazione sospetta del virus, molto più veloce e profonda di quanto la scienza potesse aspettarsi. Ipotesi confermata da uno studio di un gruppo di ricercatori portoghesi, pubblicato sulla rivista Nature Medicine e riguardante la composizione genetica del vaiolo delle scimmie su 15 sequenze. Nel corso dell’analisi sono state scoperte circa 50 variazioni genetiche del virus rispetto ai dati del 2019, il che suggerisce una «evoluzione accelerata» del virus stesso. Un altro studio, condotto dall’Università di Manchester, ha scoperto invece che la maggior parte delle mutazioni è di un tipo particolare, che potrebbe essere stato introdotto dall’APOBEC3, un meccanismo di difesa umana. Un fattore che di solito introduce mutazioni nei virus per impedire loro di funzionare e di replicarsi, ma che nel caso del monkeypox sembra aver aiutato i suoi meccanismi di adattamento, addirittura favorendo la trasmissione uomo-uomo. Ovviamente sono necessari ulteriori studi e verifiche, nel frattempo è opportuno provare a limitare e a frenare la diffusione dei contagi. Che in Italia rimangono comunque contenuti, di poco superiori ai cento casi, quasi tutti uomini con un’età media di 45 anni: Lombardia e Lazio le regioni più colpite. Ma cosa deve fare chi manifesta i sintomi più comuni del vaiolo delle scimmie, che comprendono di solito febbre, mal di testa, dolori muscolari, mal di schiena e astenia, oltre alle tipiche eruzioni e lesioni cutanee? L’indicazione del ministero della Salute è quella di contattare immediatamente il proprio medico e di mettersi in autoisolamento. I sintomi in genere durano da due a quattro settimane e scompaiono da soli, senza trattamento. Un vaccino specifico contro il monkeypox è stato messo a punto dall’azienda danese Bavarian Nordic, che si è detta pronta a rifornire facilmente il mercato globale. (R. D.)


Webinar

SICUREZZA ALIMENTARE

NOVITÀ E OPPORTUNITÀ PROFESSIONALI PER I BIOLOGI

18 luglio 2022

GdB | Giugno 2022

9


Intervista

MIELOMA MULTIPLO, ECCO COME SI BLOCCA LA COMUNICAZIONE TRA TUMORE E MIDOLLO OSSEO Intervista a Raffaella Chiaramonte, docente di Patologia Generale dell’Università Statale di Milano, che ha coordinato l’équipe di ricerca. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Haematologica

di Ester Trevisan

U

na sequenza di molecole RNA anti-senso può mettere a tacere l’oncogene NOTCH2 e impedire che tumo-re e midollo osseo comunichino, frenando così la progressione del mieloma multiplo. È la conclusione alla quale sono giunti i ricercatori dell’Università Statale di Milano, coordinati dalla professoressa Raffaella Chiaramonte, docente di Patologia Generale nello stesso ateneo meneghino, nello studio sul mieloma multiplo. La ricerca, condotta sullo zebrafish, un piccolo pesce utilizzato di frequente nella ricerca biomedi-ca, è stato pubblicato sulla rivista Haematologica. Il mieloma multiplo è una neoplasia ematologica delle plasmacellule e la sua mortalità in Italia, in lieve calo, è di circa 4.1 persone ogni 100.000 all’anno. In gene-rale, lo sviluppo e la progressione di un tumore sono legati anche alla propria capacità di modificare il comportamento delle cellule circostanti affinché rendano il microambiente tumorale più favorevole al cancro stesso. Professoressa Chiaramonte, che tipo di tumore è il mieloma multiplo e come si comporta? Il mieloma multiplo è il secondo tumore ematologico, colpisce circa 9 persone su

10 GdB | Giugno 2022

100.000 ogni anno. Si svi-luppa nel midollo osseo dalle plasmacellule, le cellule che producono anticorpi. Purtroppo, nonostante il miglioramento dei trattamenti, è un tumore ancora incurabile; inoltre, è associato a malattia ossea nell’80 per cento dei pazienti, nei quali è causa di dolori e fratture. Come funziona la comunicazione tra tumore e midollo osseo e cosa ha scoperto la vostra ricerca in meri-to? Il midollo osseo per il mieloma multiplo è generalmente essenziale per la sua progressione. Le cellule di mieloma, infatti, stimolano le cellule midollari a supportare la crescita del tumore. Questa stimolazione viene attuata mediante contatto diretto e rilascio di fattori solubili. Inoltre, recentemente, si è evidenzia-to il coinvolgimento di nuovi attori, le vescicole extracellulari, capaci di trasferire messaggi molecolari (pro-teine, acidi nucleici, metaboliti) dalle cellule tumorali alle cellule midollari modificandone il comportamen-to. Lo studio del mio team sta esplorando proprio questa forma di comunicazione e ha individuato tra i messaggi patologici veicolati dalle vescicole extracellulari quello portato dalla proteina codificata dall’oncogene NOTCH2. Cos’è l’oncogene NOTCH2 e che ruolo ha?


Intervista

Raffaella Chiaramonte.

NOTCH2 è una proteina appartenente a una famiglia di recettori transmembrana capaci di regolare diversi processi rilevanti per la crescita e lo sviluppo dell’organismo. Di conseguenza le sue alterazioni sono spes-so associate al cancro. Nel mieloma multiplo, NOTCH2 è espresso ad alti livelli e il mio team ha osservato che può essere trasferito in altre cellule del midollo attraverso le vescicole extracellulari. Qui, grazie alle sue molteplici attività regolative, può influenzare due importanti processi associati alla progressione neo-plastica. Il primo è l’angiogenesi tumorale, ovvero la crescita di vasi sanguigni che favorisce la crescita del tumore tramite l’apporto di ossigeno e nutrienti e la sua diffusione metastatica. Il secondo processo è la stimolazione del differenziamento degli osteoclasti, con conseguente demineralizzazione del tessuto os-seo, osteoporosi grave e fratture. Perché è stato scelto lo zebrafish per la sperimentazione? Zebrafish è un modello animale estremamente interessante per le fasi di sperimentazione preclinica. Gli embrioni di questo pesce riproducono la complessità di un organismo e possono essere ingegnerizzati co-stituendo modelli transgenici. Queste proprietà ci hanno

Raffaella Chiaramonte è professore associato di Patologia generale presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegna nei corsi di laurea di area medica, e Vice direttrice del Dipartimento di Scienze della Salute. I contributi scientifici più rilevanti della sua ricerca hanno portato all’identificazione di alcuni meccanismi molecolari che promuovono aspetti essenziali della progressione del mieloma multiplo e rappresentano bersagli per lo sviluppo di approcci terapeutici anti-tumorali.

permesso di verificare che le vescicole extracel-lulari iniettate negli embrioni possono raggiungere attraverso il circolo sanguigno sedi lontane attivando la segnalazione di NOTCH2. Questo risultato preliminare suggerisce che le vescicole originate dal tumore primitivo possano contribuire a preparare le future sedi metastatiche veicolando NOTCH2 e favorendo la formazione di nuovi vasi e la degradazione della matrice ossea per creare lo spazio necessario all’attecchimento delle cellule tumorali. Quali i risvolti terapeutici del vostro studio? Il nostro lavoro rappresenta la proof-of-concept che, silenziando il gene NOTCH2 con molecole a RNA (shRNA) nelle cellule di mieloma, è possibile bloccare il trasferimento dell’oncogene NOTCH2 mediato dal-le vescicole extracellulari, inibendone gli effetti patologici. Questi risultati aprono la via alla progettazione di farmaci a RNA volti a contrastare gli effetti patologici delle vescicole extracellulari sia nel mieloma che in altri tumori. Da chi è composta l’équipe di ricerca? L’équipe di ricerca ha il suo nucleo presso il Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università di Milano. È composta da ricercatori e tecnici, ma anche da giovani in formazione, dottorandi e studenti tirocinanti. Il primo autore, per esempio, Domenica Giannandrea, è una dottoranda del corso di Dottorato in Experi-mental Medicine. Ma la ricerca sempre più richiede l’integrazione di competenze diverse, di conseguenza abbiamo ricevuto il supporto di altri colleghi dell’Ateneo. Per esempio, abbiamo usufruito delle compe-tenze della professoressa Bollati sulle vescicole extracellulari, del contributo della professoressa Pistocchi per realizzare gli esperimenti su zebrafish. Inoltre, è stato possibile studiare le vescicole prelevate diret-tamente dal midollo osseo dei pazienti con mieloma grazie alla fiducia dei pazienti stessi e alla sinergia con l’equipe dell’Ematologia dell’Ospedale Valduce del dottor Turrini. Infine, il gruppo della professoressa Do-lo dell’Università dell’Aquila ci ha fornito le bellissime immagini delle vescicole in microscopia elettronica. Su quali finanziamenti avete potuto contare? Un sentito ringraziamento sentito va all’Associazione Italiana Ricerca sul cancro (AIRC) che ha creduto nel nostro progetto e ci ha permesso di avviare questo lavoro con un finanziamento di cinque anni. GdB | Giugno 2022

11


Intervista

LESIONI SPINALI, RICERCA EUROPEA PUNTA ALLA RIGENERAZIONE DEI TESSUTI Lo studio guidato dall’ENEA punta sulla stimolazione con impulsi elettrici di cellule staminali con un supporto biocompatibile, biodegradabile ed elettrificato. Intervista a Claudia Consales

di Chiara Di Martino

D

ue tipi di cellule staminali – le cellule mesenchimali e le cellule staminali neuronali originate da cellule indotte ad essere pluripotenti - sono le “protagoniste” del progetto europeo Riseup (Regeneration of Injured Spinal cord by Electro pUlsed byo-hybrid aPproach), finanziato nell’ambito del programma FET-OPEN H2020, che si propone di mettere a punto un metodo innovativo di rigenerazione delle lesioni del midollo spinale, per le quali oggi non esiste ancora una cura risolutrice. Ogni anno in tutto il mondo ci sono circa 500mila nuove diagnosi di lesioni, che sono le principali cause di paralisi. Questo progetto, iniziato a maggio 2021, si propone di ottenere la rigenerazione funzionale del tessuto lesionato mediante (un approccio altamente tecnologico di trapianto e stimolazione elettrica di cellule staminali) il trapianto e la stimolazione con impulsi elettrici di cellule staminali attraverso un supporto biocompatibile, biodegradabile ed elettrificato e, per limitare l’invasività dell’intervento, la somministrazione degli impulsi elettrici avverrà in maniera wireless. A tenerne le fila è un consorzio europeo, guidato dall’Agen-

12 GdB | Giugno 2022

zia ENEA, che include anche l’Università di Roma La Sapienza, il CNRS francese, il Politecnico e il CIPF di Valencia, nonché l’azienda romana Rise Technology Srl.A spiegare quali siano gli sviluppi finora raggiungi e quelli attesi - chiarendo che le prospettive di cura, che restano l’obiettivo prioritario, non sono certo dietro l’angolo – è Claudia Consales, ricercatrice ENEA del Laboratorio Salute e Ambiente, laureata in Biologia alla Federico II di Napoli, dottore di ricerca in biologia e patologia cellulare e molecolare e specialista in genetica medica. All’Enea è approdata 12 anni fa e da allora studia l’impatto dei campi elettromagnetici sulla salute. A che punto è, oggi, il progetto Riseup? Abbiamo appena terminato il primo anno, che è stato dedicato alla messa a punto del bio-ibrido, la struttura che servirà a trapiantare e stimolare le cellule staminali nelle regioni lesionate. Si tratta di un materiale biocompatibile, biodegradabile ed elettrificato, perché il principio è che si possa indurre la trasformazione delle cellule staminali in neuroni attraverso la stimolazione con impulsi elettrici ultra-brevi, favorendo il loro attecchimento. Cioè?


Intervista

Cos’è il progetto RISEUP

“R

ISEUP” è un progetto che ha ottenuto un finanziamento europeo nell’ambito del programma Horizon2020, grazie ad un bando “Future Emerging Technologies, novel ideas for radically new technologies” (FET). I bandi Fet finanziano progetti visionari con l’intento di “avviare strategie tecnologiche radicalmente nuove, attraverso collaborazioni inesplorate tra scienza multidisciplinare avanzata e ingegneria. Tutti i dettagli sono consultabili sul sito https:// riseup-project.eu/.

Per agevolare il differenziamento delle cellule staminali l’idea è di utilizzare due diversi tipi di stimoli elettrici: la corrente continua – i cui effetti sul sistema nervoso sono già noti - e impulsi elettrici ultra-brevi. Questi sono attualmente utilizzati per inserire materiale genetico o farmaci nelle cellule, noi li utilizzeremo con un altro fine: modulare l’oscillazione di calcio intracellulare. L’ipotesi è che, essendo il Calcio il più importante secondo messaggero nel sistema nervoso, questi flussi possano indurre il differenziamento delle staminali in neuroni maturi. Più precisamente, che gli stimoli possano differenziare le cellule staminali neuronali, originate da cellule indotte ad essere pluripotenti (quelle che si ottengono dai fibroblasti della pelle, per esempio), in neuroni, mentre le cellule mesenchimali dovrebbero differenziare in cellule “neuronal like”, cioè “simil neuronali”, fungendo da supporto dei neuroni neo-formati. Fisicamente come possiamo immaginare questo scaffold? Come un foglio sottilissimo di biomateriale che viene posto sulla dura madre del midollo spinale del modello animale della lesione. Esso, quindi, deve avere la capacità di adattarsi all’anatomia e deve essere leggero. Quanto ha inciso la pandemia sul lavoro? Ha avuto un impatto enorme, non tanto sulla gestione del gruppo che ha potuto continuare a riunirsi virtualmente, quando sulla reperibilità dei materiali per lavorare. Fortu-

Claudia Consales.

A tenerne le fila è un consorzio europeo, guidato dall’Agenzia ENEA, che include anche l’Università di Roma La Sapienza, il CNRS francese, il Politecnico e il CIPF di Valencia, nonché l’azienda romana Rise Technology Srl.

natamente, i tre paesi coinvolti – Italia, Francia e Spagna – hanno tempi di differenti di consegna, per cui siamo riusciti a fronteggiare il problema scambiandoci i materiali non appena erano consegnati in ognuna delle nazioni diverse. Ha inciso anche la Brexit, perché molti materiali arrivano dal Regno Unito. E ora? Qual è il prossimo obiettivo? Dopo aver messo a punto l’elettrodo e il protocollo di stimolazione, presenteremo il prototipo a breve in Spagna all’officer europeo e ai revisori. Poi sarà la volta della caratterizzazione, mediante esperimenti in vitro, della risposta biologica delle cellule staminali alla stimolazione mediante il bio-ibrido, e, successivamente, tutto il sistema, trapianto di cellule e loro stimolazione, sarà validato in un modello animale di lesione spinale acuta (perché nella fase immediatamente successiva al danno il tessuto è più “ospitale”: nella fase cronica si forma una cicatrice che impedisce il trapianto). È importante precisare che RISEUP è un progetto di ricerca, per cui non prevede alcuna sperimentazione clinica sui pazienti. Chiaramente, però, lo scopo finale sarà riuscire a mettere a punto una tecnologia che potrà, in futuro, portare verso il trattamento delle lesioni. Tra un anno a che punto dovreste essere? Una volta messo a punto il protocollo di stimolazione saranno analizzati gli effetti sulle cellule, poi saremo pronti per il trapianto in vivo. GdB | Giugno 2022

13


Intervista

MEDULLOBLASTOMA UNA NUOVA TERAPIA CON VIRUS INGEGNERIZZATI Intervista a Mariateresa Mancuso, prima ricercatrice Enea. Il progetto NanoCross, sostenuto dall’Airc, è stato pubblicato sulla rivista International Journal of Molecular Sciences

N

on tutti i virus vengono per nuocere. Si può sintetizzare così il senso della sperimentazione condotta da un gruppo di ricercatori dell’Enea che ha messo a punto un nuovo approccio terapeutico per il trattamento del medulloblastoma. Il lavoro, realizzato nell’ambito del progetto NanoCross e sostenuto da Fondazione Airc, è stato pubblicato sulla rivista International Journal of Molecular Sciences. La ricerca si basa sull’utilizzo di un virus del pomodoro, innocuo per gli esseri umani, ingegnerizzato per essere impiegato come veicolo per la somministrazione mirata di chemioterapici, in grado di raggiungere selettivamente il tumore e di ridurre le dosi di farmaco e i suoi effetti collaterali. Per comprendere bene la portata di questa sperimentazione, abbiamo intervistato la dottoressa Mariateresa Mancuso, prima ricercatrice Enea e responsabile del laboratorio di Tecnologie Biomediche. Dottoressa Mancuso, cos’è il medulloblastoma e quali sono le terapie utilizzate per curarlo? Il medulloblastoma è un tumore del sistema nervoso centrale e rappresenta il 20% circa di tutti i tumori cerebrali dell’infanzia. Si tratta di una neoplasia del cervelletto, frequentemente associata a un aumento della pressione intracranica e i cui sintomi predominanti sono il vomito mattutino, l’emicrania,

14 GdB | Giugno 2022

l’atassia e la nausea. Attualmente la terapia per il trattamento del medulloblastoma, basata sulla resezione chirurgica, l’irraggiamento craniospinale e la chemioterapia, permette un tasso di sopravvivenza globale di circa l’80% per i pazienti a rischio ‘standard’; il dato scende al 50% nei pazienti ad alto rischio. La gravità del rischio è influenzata dall’età all’insorgenza, dal sottotipo molecolare e dalla disseminazione della malattia alla diagnosi. Ulteriore aspetto da considerare sono i gravi deficit neurologici che spesso insorgono in seguito alla terapia convenzionale. In cosa consiste l’approccio terapeutico messo a punto dalla vostra sperimentazione? Il nostro approccio prevede l’utilizzo di virus vegetali, non infettivi per le cellule animali, strutturalmente stabili, biocompatibili e biodegradabili, e prodotti rapidamente e a basso costo utilizzando le piante come biofabbrica. Sono inoltre facili da modificare sulla superficie con ligandi per specifici recettori cellulari. In particolare, la nostra strategia è stata quella di utilizzare il virus del pomodoro ingegnerizzato sulla superficie e poi riempito con un farmaco chemioterapico. L’obiettivo è di riconoscere in maniera selettiva unicamente le cellule tumorali, riducendo la dose di chemioterapico necessaria a indurre la morte cellulare. Cosa significa ingegnerizzare un virus? Significa modificare il genoma del virus


Intervista

Chi è

L

a dottoressa Mariateresa Mancuso ha conseguito la laurea in Scienze Biologiche nel 1990 presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Dal 1991 al 2001 ha frequentato il centro Enea Casaccia in qualità di borsista acquisendo una profonda esperienza nell’ambito degli effetti biologici indotti da agenti chimici e fisici in sistemi in vitro e in vivo. Dal 2001 è ricercatore Enea e dal 2009 dirige il laboratorio di Tecnologie Biomediche. Responsabile scientifico di progetti nazionali ed europei, è Principal Investigator del progetto Airc Ig n. 20314 (NanoCross).

Logo progetto NanoCross.

in modo da inserirvi una sequenza aggiuntiva, codificante per ciò che ci interessa, nella fattispecie il ligando per il riconoscimento di un recettore cellulare. Questa nuova porzione viene aggiunta fondendola al gene per la proteina di rivestimento del virus, in modo che quando la proteina viene prodotta in pianta e si autoassembla a formare il virus, questo esporrà sulla propria superficie il ligando e il virus avrà acquisito la nuova funzione di poter interagire con le cellule tumorali. Parafrasando un vecchio proverbio, potremmo dire che non tutti i virus vengono per nuocere? Esattamente. Ovviamente, se parliamo di virus animali, il cui ospite potrebbe essere l’uomo, dovranno essere prima disarmati, quindi resi innocui, esattamente come si fa nelle formulazioni vaccinali. Ma nel caso dei virus vegetali che non sono patogeni per l’uomo, essi hanno una biosicurezza intrinseca estremamente elevata. E quel che è un nemico dell’agricoltura diventa un prezioso alleato per l’uomo. L’alleanza tra natura e scienza, che nel

La ricerca si basa sull’utilizzo di un virus del pomodoro, innocuo per gli esseri umani, ingegnerizzato per essere impiegato come veicolo per la somministrazione mirata di chemioterapici in grado di raggiungere selettivamente il tumore e di ridurre le dosi di farmaco e i suoi effetti collaterali.

© SeanidStudio/shutterstock.com

Mariateresa Mancuso.

caso della vostra ricerca si è rivelata vincente, potrebbe dimostrarsi efficace anche nel trattamento di altri tipi di tumore? Si, e da vari punti di vista. Intanto altri gruppi di ricerca stanno impiegando strategie similari, magari usando altri tipi di virus vegetali, differenti per forma e dimensione, per il trattamento di vari tipi di tumori solidi quali il tumore al seno, al colon, alla prostata. E poi perché la natura è fonte inesauribile di sostanze e metaboliti secondari (e sicuramente ne conosciamo solo una piccolissima parte), che possono avere effetti benefici sulla saluta umana anche nel trattamento dei tumori. Ci spiega di cosa si occupa il progetto NanoCross? Per riassumere, l’obiettivo del nostro progetto è quello di sviluppare una nuova strategia terapeutica in grado di veicolare farmaci antitumorali alle sole cellule bersaglio, risparmiando i tessuti sani. In questo modo si può essere ugualmente efficaci dal punto di vista terapeutico, ma gli effetti collaterali potrebbero essere minimizzati garantendo una migliore qualità della vita del paziente. (E. T.) GdB | Giugno 2022

15


Recensioni

“L’ULTIMO SOGNO D’AMORE. VIVERE ALL’INFINITO” ESPLOSIONE DI EMOZIONI E INNO ALLA VITA Nel libro autobiografico, Nadia Fucci, biologa e docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, apre il suo cuore e racconta di un amore che ha saputo sfidare il tempo e lo spazio

U

n amore intenso, viscerale. Un amore profondo tra anime che a 20 anni incrociano i loro cammini davanti a una chiesa, luogo simbolo, non a caso, dell’eternità alla quale quell’incontro, 40 anni dopo, ha dimostrato di essere consacrato a dispetto della lontananza, dell’abbandono, del silenzio. È questo sentimento, così forte e autentico da aver sfidato lo scorrere inesorabile del tempo, il protagonista del libro “L’ultimo sogno d’amore. Vivere all’infinito” (edizioni La Bussola, 2021), nato dal cuore e dalla penna di Nadia Fucci, biologa e docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma dove si occupa da diversi anni di tossicologia forense presso l’Istituto di Medicina Legale. Non romanzo frutto della fantasia, ma racconto autobiografico con cui l’autrice condivide pubblicamente pensieri, a volte molto intimi, inizialmente destinati soltanto a quell’uomo che le ha inondato la vita di amore e felicità. E sarà proprio quell’uomo, leggendo le pagine in cui lei gli racconta dei quarant’anni vissuti senza di lui, a incoraggiarla a condividere pubblicamente quell’esplosione di emozio-

16 GdB | Giugno 2022

ni messe nero su bianco. Perché la storia di Nadia, che potrebbe essere la storia di tante altre persone, testimonia che la vita può riservare sorprese inimmaginabili e rappresenta un invito a lasciare il cuore aperto per accoglierle. La scintilla dell’amore tra Nadia e il suo compagno scocca a 18 anni, un’età in cui nulla sembra impossibile, ogni impresa appare a portata di mano e la vita è una distesa infinita di tempo e spazio. Fino a quando non arriva il momento di scegliere la strada da intraprendere per costruire il futuro e lui parte, va via da Roma per arruolarsi in polizia. La lontananza è una nemica spietata per due giovani innamorati, ancora di più in un’epoca in cui non esistono internet e social media. Ad alimentare e a tenere viva la fiamma, scrive l’autrice, “tante lettere d’amore, perché in quegli anni era così che funzionava, ci si scriveva e si aspettava con ansia la risposta, niente cellulari, niente messaggi, solo lunghe file davanti ad una cabina telefonica con una manciata di gettoni”. Lettere custodite come un tesoro. Poi lui, quel ragazzo bellissimo dalla barba rossa e dagli occhi verdi che le aveva


Recensioni

Il volume

L

a vita a volte ti chiama e sta a te decidere cosa vuoi rispondere, non hai il tempo per pensare, per aspettare. L’Autrice l’ha fatto, ha abbracciato con tutta sé stessa quell’amore infinito che è stato in letargo per tanto tempo. A parlare sono solo le emozioni che sono esplose dentro di lei, il ricordo di una vita passata, attimi di un presente vissuto intensamente, quell’amore che tutti almeno una volta nella vita dovrebbero provare. (Nadia Fucci, “L’ultimo sogno d’amore. Vivere all’infinito”. La Bussola, 2021).

conquistato completamente il cuore, decide di interrompere la relazione e, senza dare alcuna spiegazione, si eclissa. Un dolore lancinante e profondo si impadronisce di Nadia che si getta a capofitto nello studio per non pensare, per dimenticare. Non riesce a darsi pace, si pone mille interrogativi, si colpevolizza per la fine di quel grande amore che l’aveva prima inebriata di promesse di futuro per poi lasciarla con un vuoto incolmabile. La felicità diventa un’estranea nella vita di Nadia che, suo malgrado, impara a sopravvivere con il cuore a brandelli. Diventa comunque moglie e madre di due figli. Trascorrono quarant’anni e un giorno quel grande amore interrotto ricompare nella sua vita. È lui a cercarla in ateneo, per lei è un tuffo al cuore. La rabbia che l’aveva funestata dopo l’abbandono e il risentimento che aveva covato nei primi anni sono ormai un lontano ricordo. «L’età è importante – dice Nadia - ciò che si metabolizza a 20 anni, quando manca l’esperienza sentimentale, non è quello che si metabolizza più in là». Adesso, nel rivederlo, c’è soltanto un forte desiderio di verità. E, in un attimo, anche di amore.

La scintilla dell’amore tra Nadia e il suo compagno scocca a 18 anni. Poi l’amore si eclissa e ritorna dopo 40 anni con un desiderio di eternità.

© Emotions studio/shutterstock.com

Nadia Fucci.

Nell’incontrarlo dopo tutto quel tempo, Nadia realizza di abitare un’esistenza che non la rende felice, capisce che ha bisogno di altro. Si separa dal marito e apre il cuore ai suoi figli che, ormai adulti, restano colpiti dal trasporto che la madre prova verso quest’altro uomo e comprendono le ragioni della sua decisione. «A 60 anni ci siamo lanciati in questa storia con la stessa energia e lo stesso entusiasmo che provavamo quando ne avevamo 20. Il nostro amore è anche un messaggio di speranza per chi, giunto alla nostra età, pensa di non avere più diritto a una vita sentimentale appagante. Per essere felici e per amare non esiste età». Ed è questo il senso racchiuso nel titolo del libro: quel primo amore sbocciato a 18 anni è poi diventato l’ultimo sogno d’amore, ma con un desiderio forte di vivere all’infinito sentimenti che vanno oltre il tempo e diventano eterni. «Perché, come ha detto il presidente (D’Anna, ndr) dopo aver letto il libro, la vita a un certo punto non si deve allungare ma si deve allargare, bisogna far parlare il cuore». E quando è un cuore colmo d’amore a parlare, non c’è platea che possa restare sorda. (E. T.) GdB | Giugno 2022

17


Salute

I

l diabete mellito di tipo 2 può accelerare del 26% il processo di invecchiamento cerebrale e cognitivo. È quanto emerge da uno studio condotto dagli studiosi della State University of New York e del Massacchussetts General, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista “eLife”. Botond Antal, primo autore dello studio, ha spiegato come le valutazioni cliniche di routine per la diagnosi del diabete siano solite concentrarsi generalmente sulla glicemia, sui livelli di insulina e sulla percentuale di massa corporea. Tuttavia, ha precisato lo scienziato, «gli effetti neurologici del diabete di tipo 2 possono rivelarsi molti anni prima». Ciò implica che quando il diabete viene diagnosticato può essere già troppo tardi per i pazienti, che a quel punto hanno già sperimentato «danni cerebrali irreversibili». Per esaminare a fondo il fenomeno e definire con chiarezza il maggiore impatto del diabete sul cervello, in paragone al normale invecchiamento, gli scienziati hanno esaminato con attenzione i dati relativi a ventimila pazienti di età compresa fra i 50 e gli 80 anni, di cui poco più di mille affetti da diabete mellito di tipo 2. La valutazione di questi dati ha consentito di constatare che sia l’invecchiamento sia il diabete di tipo 2 sono in grado di innescare cambiamenti nelle funzioni esecutive, quali la memoria di lavoro, l’apprendimento e il pensiero flessibile, nonché cambiamenti nella velocità di elaborazione del cervello. E i pazienti diabetici hanno manifestato un ulteriore calo, pari al 13,1%, rispetto alla funzione esecutiva, oltre agli effetti legati all’età. La velocità di elaborazione è scesa invece di un ulteriore 6,7% rispetto alle persone della stessa età ma senza diagnosi di diabete. Da qui la conferma della tesi dei ricercatori: le persone affette da diabete di tipo 2 hanno fatto registrare prestazioni cognitive decisamente inferiori rispetto a quelle riportate da individui sani della stessa età e con un’istruzione simile. Nel corso dello studio, gli scienziati si sono anche dedicati alla messa a confronto fra la struttura e l’attività del cervello nelle persone con diabete e quelle sane. Per farlo gli esperti si sono serviti delle scansioni ottenute me-

18 GdB | Giugno 2022

diante l’esame della risonanza magnetica. Sotto questo punto di vista, l’analisi degli esami ha mostrato una diminuzione fisiologica della materia grigia riconducibile ad un fattore anagrafico, ma nelle persone con diagnosi di diabete, è stata riscontrata un’ulteriore diminuzione, pari al 6,2%, della sostanza grigia nello striato ventriale, oltre a una perdita di materia grigia in altre regioni del cervello. La coordinatrice della ricerca, Lilianne Mujica-Parodi, direttrice del Laboratory for Computational Neurodiagnostics, ha sottolineato come i risultati ottenuti nel corso dello studio suggeriscano che il diabete di tipo 2 e la sua progressione «possono essere associati all’invecchiamento cerebrale accelerato, potenzialmente dovuto alla disponibilità di energia compromessa che causa cambiamenti significativi nella struttura e nella funzione del cervello». La scienziata ha ribadito che «quando il diabete viene diagnosticato formalmente, questo danno potrebbe già essersi verificato. Ma l’imaging cerebrale potrebbe fornire una metrica clinicamente preziosa per identificare e monitorare questi effetti neurocognitivi associati al diabete». In questo senso Mujica-Parodi ha rimarcato come i risultati del team indichino la necessità di fare ricerca sui «biomarcatori cerebrali per il diabete di tipo 2 e sulle strategie di trattamento che mirano specificamente ai suoi effetti neurocognitivi».


Salute © Brazhyk/shutterstock.com

L a docente ha riassunto con una frase che non necessita di particolari spiegazioni l’impatto del diabete sull’invecchiamento cerebrale: «È come perdere dieci anni», ha detto. Tutto ciò potrebbe essere dovuto al meccanismo alla base della patologia. Nel diabete di

tipo 2, una malattia cronica che colpisce in Italia circa il 5% della popolazione, ovvero oltre tre milioni di persone, il corpo non è in grado di utilizzare correttamente l’ormone insulina, che consente alle cellule del corpo di consumare glucosio (zucchero) per produrre energia. Ne deriva che i livelli di zucchero nel sangue sono cronicamente alti, il che può danneggiare i vasi sanguigni e i nervi in tutto il corpo. Per queste ragioni le persone affette da diabete mellito di tipo 2 sono a rischio di complicazioni molto gravi, come malattie cardiache, malattie renali e ictus. Ma la connessione diabete-cervello va oltre, secondo la professoressa della Stony Brook University School of Medicine di New York. Il cervello, ha detto, è «un enorme consumatore» di glucosio, e se le cellule cerebrali (i neuroni) non possono utilizzare l’insulina, sono nei guai. «Se si fa morire di fame un neurone, questo si atrofizza», ha detto Mujica-Parodi. La ricercatrice sospetta che sia questa fame di neuroni, piuttosto che il danno ai vasi sanguigni, la forza principale che determina un invecchiamento cerebrale più rapido. «Tendiamo a pensare al corpo e al cervello come a due cose separate», ha aggiunto la scienziata, anche se chiaramente non è così. Alla luce di questo assunto è lecito domandarsi se trattare il diabete possa aiutare a contrastare anche il declino cognitivo. Studi clinici in tal senso sono in corso per testare la presenza di eventuali benefici per il cervello su metformina e altri farmaci per il diabete. Nel presente studio, l’uso di metformina non era collegato ad alcuna protezione del cervello ma, ha rimarcato Mujica-Parodi, non si tratta di una conclusione definitiva. (D. E.).

IL DIABETE DI TIPO 2 ACCELERA L’INVECCHIAMENTO CEREBRALE L’impatto della patologia a livello cerebrale si verifica molti anni prima della diagnosi: curare il diabete potrebbe portare benefici sul cervello? GdB | Giugno 2022

19


Salute

ADENOCARCINOMA MACROFAGI PRO-TUMORALI POSSIBILI BERSAGLI Nel microambiente legato a questa patologia, i ricercatori individuano le cellule del sistema immunitario presenti in abbondanza nei versamenti pleurici dove alimentano la crescita tumorale di Elisabetta Gramolini

I

ndividuare il tumore ed esaminare il microambiente in cui si insinua è uno dei nuovi obiettivi della ricerca per consentire cure più efficaci. Uno studio, frutto della collaborazione fra la Sapienza Università di Roma e l’Irccs Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (Ire), ha avuto come obiettivo l’esplorazione delle componenti essenziali dell’habitat circostante l’adenocarcinoma, considerato il sottotipo istologico più comune fra i tumori del polmone non a piccole cellule (NSCLC). Per lo studio, i cui risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista internazionale Journal for ImmunoTherapy of Cancer (JITC), i gruppi di ricerca hanno utilizzato i versamenti pleurici di pazienti per scoprire meglio i segreti della malattia metastatica. I versamenti pleurici sono una condizione patologica che si verifica quando le cellule neoplastiche invadono la cavità pleurica, con conseguente accumulo anomalo di liquido di tipo essudativo. I versamenti, che nella routine clinica vengono drenati dai pazienti a scopo terapeutico-palliativo, contengono lesioni metastatiche facilmente accessibili con metodi non troppo

20 GdB | Giugno 2022

invasivi. Il loro esame inoltre risulta utile per studiare in laboratorio le interazioni tra cellule all’interno del microambiente tumorale, assai più difficili da osservare in altri tipi di contesti metastatici. Per i ricercatori è stato così possibile scoprire una firma molecolare associata ai macrofagi, specifiche cellule del sistema immunitario, presenti in abbondanza nei versamenti pleurici, dove alimentano la crescita tumorale. In particolare, la firma molecolare, che è purtroppo associata a una prognosi particolarmente infausta, è costituita da alcuni geni che quando sono alterati contribuiscono alla maggiore aggressività del tumore. «I risultati sono rilevanti dal punto di vista clinico perché aprono una nuova via allo sviluppo di terapie mirate specificamente ai macrofagi pro-tumorali, bloccando i segnali che ne permettono la localizzazione a livello del tumore», precisa la professoressa Rita Mancini della Sapienza Università di Roma. «Nello studio abbiamo utilizzato approcci altamente innovativi, cosiddetti “omici” e resi possibili da recenti investimenti tecnologici e da competenze bioinformatiche maturate negli ultimi anni», spie-


“I risultati sono rilevanti dal punto di vista clinico perché aprono una nuova via allo sviluppo di terapie mirate specificamente ai macrofagi pro-tumorali, bloccando i segnali che ne permettono la localizzazione a livello del tumore”.

molecolare preciso, come ad esempio una mutazione genica, sono particolarmente sensibili a quei farmaci che agiscono contro un determinato evento molecolare. Sono tumori che hanno una evoluzione diversa rispetto ad altri e sono riscontrabili nei fumatori scarsi o nei non fumatori. Le terapie intelligenti usano farmaci che vanno ad agire contro delle proteine alterate e sono usati nella malattia ongene addicted, ovvero, quando è presente un evento molecolare preciso che testiamo in tutti i nostri pazienti». La biopsia liquida consente con un banale prelievo di vedere se esistono delle alterazioni geniche specifiche della malattia: «può essere fatta alla diagnosi – ricorda Cappuzzo - e aiutare in alcuni casi a identificare le mutazioni. La malattia nel tempo può modificarsi e identificare queste alterazioni, in particolar modo i meccanismi di resistenza ai farmaci impiegati, può consentire di individuare nuove alternative terapeutiche».

Lo studio sul vaccino

A

ll’ultimo congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), tenuto a Chicago, il professor Cappuzzo ha illustrato il disegno di uno studio di fase 2, cominciato un anno fa, che ha per obiettivo valutare l’efficacia di un innovativo vaccino sperimentale (basato su neoepitopi), combinato con chemioterapia o immunoterapia, contro il tumore al polmone non a piccole cellule (NSCLC). Lo studio ha coinvolto 20 centri italiani e 10 centri francesi e spagnoli.

© Kateryna Kon/shutterstock.com

gano i ricercatori Matteo Pallocca e Maurizio Fanciulli, dell’Irccs Istituto Nazionale Tumori Regina Elena. Il lavoro è stato condotto grazie al sostegno della Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro e può segnare un tassello in più lungo la strada dell’identificazione di nuovi bersagli terapeutici e sviluppare terapie di combinazione. Da oltre un decennio, infatti, l’introduzione dei moderni approcci di immunoterapia, che mirano a riattivare le cellule del sistema immunitario contro le cellule neoplastiche, ha iniziato a cambiare il panorama terapeutico per diversi tipi di tumore. Tuttavia, il tasso di risposta nel caso del tumore al polmone non a piccole cellule è ancora basso e solo il 20-30% dei pazienti beneficiano dei trattamenti di immunoterapia. Il risultato ancora modesto è dovuto a meccanismi di resistenza in parte dipendenti dalle caratteristiche intrinseche delle cellule tumorali, in parte legate al microambiente che circonda il tumore stesso. Nel caso della neoplasia al polmone in stadio avanzato, sono ancora molti i casi in cui, dopo un iniziale beneficio dato dall’immunoterapia, la malattia evolve e progredisce. «Sui pazienti resistenti all’immunoterapia si stanno concentrando maggiormente gli sforzi dei clinici e dei ricercatori, per identificare nuovi farmaci o nuove combinazioni terapeutiche che consentano di aumentare la percentuale che trae beneficio da questo approccio», evidenzia Federico Cappuzzo, direttore dell’Oncologia Medica 2 dell’Irccs Istituto Regina Elena. «I tumori del polmone oncogene addicted – continua Cappuzzo -, la cui crescita è sostenuta da un evento

© Gorodenkoff/shutterstock.com

Salute

GdB | Giugno 2022

21


Salute

POLMONE, MENO RECIDIVE CON CHEMIO E IMMUNOTERAPIA Due studi presentati al congresso dell’American Society of Clinical Oncology aumentano e speranze per quella che in Europa è la seconda neoplasia maligna più comune tra gli uomini

L

a chemioimmunoterapia neoadiuvante può ampliare la platea di pazienti operabili chirurgicamente affetti da tumore al polmone. A sostenerlo è uno studio di fase 3, il CheckMate-816, che ha osservato l’associazione di nivolumab, la molecola immunoncologica rimborsabile in Italia, alla chemioterapia su persone con tumore del polmone non a piccole cellule resecabile dallo stadio IB a IIIA. I risultati del lavoro internazionale, che ha coinvolto 13 Paesi fra cui il nostro con quattro centri, sono stati illustrati al congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology, tenuto a Chicago nel mese di giugno. Nei pazienti che, dopo il trattamento con chemio e immunoterapia, ottengono la risposta patologica completa (cioè non presentano più segni di malattia) la riduzione del rischio di recidiva ha superato l’80%. «Troppo spesso la malattia è scoperta in fase avanzata e le diagnosi in stadio precoce, candidabili all’intervento chirurgico, non superano il 25%», commenta Federico Cappuzzo, Direttore dell’Oncologia Medica 2 all’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma. I risultati dello studio CheckMate-816, che ha arruolato 358 pazienti, sono davvero significativi e possono condurre a una modifica delle linee guida del trattamento in fase precoce. «Ad oggi – continua Cappuzzo -, l’intervento chirurgico è considerato l’unico strumento per ottenere la guarigione definitiva. Una percentuale compresa tra il 30% e il 55% dei pazienti però sviluppa recidiva dopo la chirurgia, confermando quindi una forte necessità di opzioni aggiuntive che interrompano questo ciclo. Se l’intervento

22 GdB | Giugno 2022

chirurgico è preceduto da nivolumab più chemioterapia, è possibile ottenere una importante regressione tumorale e una potenziale guaribilità del paziente». L’associazione del farmaco aveva già mostrato un miglioramento statisticamente significativo nel tasso di risposta patologica completa, ottenuta dal 24% dei pazienti rispetto al 2% di quelli trattati con la sola chemioterapia. «I dati aggiornati dello studio, presentati al Congresso – continua il professor Cappuzzo –, mostrano la straordinaria capacità della chemio-immunoterapia neoadiuvante di ridurre di oltre l’80% il rischio di recidiva nei pazienti che ottengono la risposta patologica completa. In questo modo possono aumentare non solo le guarigioni, ma anche le persone candidabili all’intervento. Oggi, infatti, i pazienti con malattia non metastatica non operabile sono trattati con la chemioradioterapia, ma l’impatto dello studio CheckMate-816 è tale da poter portare a una modifica nella cura delle persone con malattia localmente avanzata, finora escluse dalla chirurgia». Un altro studio di cui è stato presentato il disegno a Chicago è il CheckMate -9LA, sempre dedicato alla terapia del tumore al polmone per migliorare la sopravvivenza a lungo termine. «A tre anni, è vivo il 27% dei pazienti trattati in prima linea con la duplice terapia immunoncologica, costituita da nivolumab più ipilimumab, in associazione con due cicli di chemioterapia, rispetto al 19% con la sola chemioterapia», spiega Filippo de Marinis, direttore della divisione di Oncologia Toracica dell’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) di Milano.


Salute

© Marko Aliaksandr/shutterstock.com

Un killer nei Paesi avanzati

S

olo in Italia, nel 2020, sono stati contati 40 mila nuovi casi di tumore del polmone. In Europa, è la seconda neoplasia maligna più comune negli uomini (dopo quello della prostata) e la terza più comune nelle donne (dopo mammella e colon-retto). I tassi di incidenza sono più̀ alti nei Paesi sviluppati, dove è più diffuso il tabagismo. Il fumo di sigaretta è infatti il principale fattore di rischio per insorgenza del tipo di cancro. © Inside Creative House/shutterstock.com

I risultati del lavoro internazionale, che ha coinvolto 13 Paesi fra cui il nostro con quattro centri, sono stati illustrati al congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology, tenuto a Chicago nel mese di giugno. Nei pazienti che, dopo il trattamento con chemio e immunoterapia, ottengono la risposta patologica completa (cioè non presentano più segni di malattia) la riduzione del rischio di recidiva ha superato l’80%.

© Gorodenkoff/shutterstock.com

«I dati dello studio CheckMate-9LA – continua l’esperto -, su più di 700 pazienti, si riferiscono anche a due sottogruppi tradizionalmente a prognosi sfavorevole, caratterizzati da bassa espressione del biomarcatore PD-L1 (inferiore all’1%) e dall’istologia squamosa. Nel primo caso, la sopravvivenza globale a 36 mesi ha raggiunto il 25% rispetto al 15% con la sola chemioterapia, nel secondo il 24% rispetto all’11%. Si rafforza, quindi, il valore di questo schema terapeutico, rimborsato dallo scorso gennaio anche in Italia. Nello studio CheckMate-9LA, sono somministrati solo due cicli di chemioterapia, a distanza di 21 giorni. Il paziente in meno di un mese termina la chemioterapia e prosegue con la sola immunoterapia. La riduzione della durata della chemioterapia porta indubbi vantaggi nella tollerabilità delle cure e nella qualità di vita». «Inoltre – conclude – in circa il 30% dei pazienti servono almeno 3-4 mesi perché l’immunoterapia diventi efficace. In questa fase di “attesa”, la malattia può progredire. Da qui la necessità di nuove opzioni in grado di migliorarne il controllo. Il disegno dello studio CheckMate-9LA consente di sommare i benefici a lungo termine dell’immunoterapia con l’efficacia immediata della chemioterapia, nella fase critica iniziale di stimolazione del sistema immunitario. È come se ci fossero due motori, elettrico e a benzina, che al momento della partenza funzionano insieme, per poi spegnerne uno. Così possiamo superare il limite critico di 3-4 mesi necessari per riavviare il sistema immunitario in alcuni pazienti, senza che ci sia progressione di malattia». (E. G.)

GdB | Giugno 2022

23


Salute

LINFOMA, RISPOSTE SIGNIFICATIVE DOPO IL TRATTAMENTO CON LA TERAPIA CAR-T

La terapia cellulare CAR-T “Breyanzi (Lisocabtagene maraleucel)” ha mostrato una riduzione della malattia dopo il trattamento di prima linea: più della metà dei pazienti ha avuto una risposta completa

di Domenico Esposito

R

isposte durature e significative dopo il trattamento di prima linea, ovvero quello che viene somministrato a pazienti che non hanno mai ricevuto prima una chemioterapia, sono state registrate nell’ambito del linfoma a grandi cellule B recidivato o refrattario (LBCL). A dimostrarlo sono stati i dati relativi allo studio di fase 2 denominato “PILOT” riguardante la terapia cellulare CAR-T “Breyanzi (Lisocabtagene maraleucel)” di Bristol Myers Squibb (Bms). Proprio la casa farmaceutica ha rimarcato in un comunicato che nello studio sono stati coinvolti soggetti adulti che non sono stati considerati candidati per la chemioterapia ad alte dosi e il trapianto di cellule staminali ematopoietiche (HSCT) in base a parametri quali età, la funzionalità dell’organo interessato e le comorbidità, al di là del tempo legato alla recidiva dopo il trattamento di prima linea. La prima presentazione dei risultati dell’analisi primaria della ricerca ha mostrato che con un follow-up mediano di 12,3 mesi, la

24 GdB | Giugno 2022

maggior parte dei pazienti affetti da linfoma a grandi cellule B recidivante o refrattario trattati con Breyanzi ha visto una riduzione della malattia. In particolare l’80% dei pazienti ha risposto al trattamento e il 54% dei pazienti ha ottenuto una risposta completa. Leo I. Gordon, ricercatore dello studio, Professore di Medicina presso la Northwestern University Feinberg School of Medicine e il Robert H. Lurie Comprehensive Cancer Center di Chicago, ha spiegato: «Per i pazienti con linfoma a grandi cellule B refrattario o recidivante dopo la prima linea di trattamento, il trapianto di cellule staminali è sempre stato l’unica opzione di trattamento potenzialmente curativa. Ma la realtà è che molti pazienti non sono candidabili al trapianto di cellule staminali, rendendo quindi limitate le opzioni terapeutiche». I risultati dello studio “PILOT”, compresi gli esiti riferiti dai pazienti, dimostrano però che «il trattamento con liso-cel come terapia di seconda linea offre risposte durature, con un miglioramento della qualità di vita dei pazienti che avevano storicamente una prognosi sfavorevole», ha aggiunto. Il LBCL, il tipo più


comune di linfoma non-Hodgkin, è un tumore del sangue aggressivo: circa il 40% è refrattario alle terapie o va incontro a recidiva dopo il trattamento di prima linea. La miglior terapia di seconda linea è una chemioterapia ad alto dosaggio seguita da trapianto; tuttavia, meno della metà dei pazienti con malattia primaria refrattaria o recidivante sono considerati candidati al trapianto di cellule staminali. Per questi pazienti, i trattamenti che garantiscono il controllo della malattia a lungo termine sono limitati e le cure palliative sono spesso l’unica opzione. Se non trattati, i pazienti hanno un’aspettativa di vita di soli tre o quattro mesi. Anne Kerber, vicepresidente senior per lo sviluppo di terapie cellulari, ha spiegato: «In Bristol Myers Squibb ci impegniamo per la cura, promuovendo terapie innovative che possano fornire benefici clinici a lungo termine per alcuni dei tumori più difficili, con la speranza di creare nuovi standard di cura che migliorino non solo i risultati, ma anche l’esperienza del paziente. Con Breyanzi, abbiamo progettato con coraggio un ampio programma di sperimentazione clinica per il LBCL recidivato o refrattario, che comprende pazienti non destinati al trapianto di cellule staminali dopo il fallimento della terapia di prima linea. I risultati dello studio PILOT continuano a dimostrare il potenziale di Breyanzi di cambiare la pratica in questo contesto, mantenendo la promessa di una terapia con cellule CAR T per un maggior numero di pazienti».W Proprio l’analisi degli esiti riferiti dai pa-

La terapia è attualmente approvata dalla FDA per il trattamento di pazienti adulti con LBCL recidivante o refrattario dopo due o più linee di terapia sistemica, tra cui il linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) non altrimenti specificato (compreso il DLBCL derivante da un linfoma indolente), il linfoma a cellule B di alto grado, il linfoma primario mediastinico a grandi cellule B e il linfoma follicolare di grado 3B.

© Nemes Laszlo/shutterstock.com

© Kateryna Kon/shutterstock.com

Salute

zienti nel corso dello studio “PILOT”, riportano gli esperti, ha indicato che la terapia con “Lisocabtagene maraleucel” ha migliorato i parametri della qualità di vita legati alla salute degli stessi partecipanti. La terapia cellulare CAR-T, esaminata in due studi differenti nel setting di seconda linea del linfoma a grandi cellule B, potrebbe diventare, se approvata, una particolare ed importante opzione terapeutica nel caso di fallimento della terapia di prima linea. Il trattamento ha mostrato infatti un profilo di sicurezza gestibile, senza nuovi rischi di sicurezza e con basse percentuali di sindrome da rilascio di citochine (CRS) o eventi neurologici gravi. La CRS di qualsiasi grado si è verificata nel 38% dei pazienti, con CRS di grado 3 riportata in un paziente (2%). Eventi neurologici di qualsiasi grado sono stati osservati nel 31% dei pazienti, con eventi neurologici di grado 3 riportati in tre pazienti (5%). Un’analisi a livello di singolo paziente ha mostrato che il 70% dei pazienti ha riportato miglioramenti significativi della qualità di vita sulla base dei punteggi FACT-LymS al sesto mese. Una domanda di licenza biologica supplementare per Breyanzi per il trattamento del LBCL recidivante o refrattario dopo il fallimento della terapia di prima linea è attualmente in fase di revisione prioritaria presso la Food and Drug Administration (FDA) statunitense. GdB | Giugno 2022

25


Salute

© Kateryna Kon/shutterstock.com

IL LUOGO D’ORIGINE DELLA “PESTE NERA” Un gruppo di ricerca nato da una collaborazione tra Germania e Scozia sostiene di avere trovato il luogo in cui iniziò la pandemia di peste del XIV secolo

C

hissà quante volte Boccaccio e i suoi contemporanei si sono interrogati sulle origini della terribile calamità che falcidiò Firenze e l’Europa del Trecento, ora passata alla storia con il nome di “peste nera”. A dirla tutta, risalire al suo luogo di provenienza non è stato facile neanche per i nostri contemporanei. Ma un gruppo di ricerca nato da una collaborazione tra Germania e Scozia, sostiene di avere trovato il luogo in cui iniziò la pandemia di peste del XIV secolo. Lo studio, pubblicato sulla rivista Science, spiega

26 GdB | Giugno 2022

di aver identificato tracce di Yersinia pestis (il batterio che causa la malattia) in alcuni denti ritrovati nei pressi del lago salato di Issyk-Kul’ nel Kirghizistan. Lo stesso team aveva sperimentato anni prima il sistema di tracciamento del DNA del batterio, attraverso l’analisi del tessuto molle all’interno dei denti, dando quindi un contributo importantissimo nel quadro di ricostruzione. Tracciare il percorso della “peste nera” è sempre stato particolarmente difficile, poiché la malattia ha un decorso rapido e non lascia praticamente tracce nelle ossa. Gli storici, attraver-

so l’aiuto di alcune testimonianze del XIV secolo, erano comunque riusciti a ricostruire un itinerario ipotetico del batterio: dalla Cina esso sarebbe arrivato fino al suo confine occidentale, approdando quindi in Europa e, in seguito, in Nordafrica e Medio Oriente. Proprio a causa delle difficoltà sorte nel raccogliere prove dirette dalle ossa, non c’erano però elementi sufficienti per dimostrare che la pandemia che aveva percorso quell’itinerario fosse effettivamente causata da Yersinia pestis. Quindi, dimostrata l’efficacia del metodo, il gruppo di ricerca ha analizzato il materiale genetico di altre persone morta a causa della “peste nera” nel mondo, tracciando man mano la comparsa delle varianti del batterio, e riuscendo così a costruire una sorta di albero genealogico delle infezioni da Yersinia pestis. Arrivati ad una ramificazione di quest’albero, e sospettando da tempo che l’epidemia fosse iniziata al confine occidentale con la Cina, il gruppo di ricerca aveva identificato due cimiteri cristiani in Kirghizistan. Lo studio delle date aveva reso evidente come la quantità di decessi in quella zona fosse aumentata sensibilmente alla fine degli anni Trenta del XIV secolo. Analizzando i denti di tre corpi sepolti in quei cimiteri, sono state scoperte tracce di DNA del batterio. Lo studio segnala che il ceppo batterico identificato in Kirghizistan si colloca nell’albero genealogico della peste nera intorno al punto in cui vi è la ramificazione. Il gruppo di ricerca ritiene che sia il punto di partenza della pandemia, che si verificò soprattutto attraverso le vie commerciali e non a causa dello spostamento degli eserciti e delle attività militari svolte nei secoli precedenti, come ipotizzato da altri storici. Il batterio sarebbe stato diffuso inizialmente da alcune marmotte, che ancora oggi hanno pulci portatrici di ceppi di Yersinia pestis, le cui origini possono essere ricondotte a quelle della pesta nera. (M. O.).


© ORION PRODUCTION/shutterstock.com

S

econdo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il tumore al seno colpisce ogni anno circa 2,3 milioni di persone e in Italia è la neoplasia più frequente. Purtroppo è anche una malattia potenzialmente molto grave in quanto le cellule malate possono invadere i tessuti circostanti e col tempo formare tumori secondari (detti metastasi) in organi anche lontani. Finora i ricercatori ritenevano che le cellule maligne si staccassero nel tempo in modo costante dal tumore primario. Tuttavia, un nuovo studio condotto da ricercatori del Politecnico di Zurigo, dell’Ospedale Universitario di Basilea e dell’Università di Basilea è giunto a una conclusione sorprendente e inaspettata: la maggior parte degli eventi di intravasazione spontanea delle cellule tumorali circolanti (CTC) nei vasi sanguigni avviene durante il sonno delle pazienti. Nello studio pubblicato su Nature gli autori dimostrano che le CTC originate nella fase di riposo sono più inclini a metastatizzare rispetto alle CTC generate durante la fase attiva. «Quando la persona colpita dorme, il tumore si risveglia», riassume il responsabile dello studio Nicola Aceto. L’analisi del sequenziamento dell’RNA di una singola CTC rivela infatti una marcata upregulation di geni mitotici soprattutto durante il riposo. Dividendosi più rapidamente le cellule tumorali che circolano di notte hanno un potenziale più elevato di formare metastasi rispetto a quelle che circolano durante il giorno. Nel corso dello studio, che ha incluso 30 pazienti oncologiche e modelli murini, il team ha inoltre scoperto che ormoni chiave del ritmo circadiano come la melatonina, il testosterone e i glucocorticoidi, hanno un ruolo di controllo sulle metastasi. «La nostra ricerca dimostra che il distacco delle cellule tumorali dal tumore primario e la loro circolazione è controllata da ormoni come la melatonina, che determinano i nostri ritmi diurni e notturni», spiega

Salute

LE METASTASI AL SENO ACCELERANO DI NOTTE Studio svizzero, pubblicato su Nature: le cellule tumorali circolanti nel sangue “approfittano” delle ore di sonno. Il ruolo degli ormoni che regolano il ritmo circadiano

di Sara Bovio Zoi Diamantopoulou, autrice principale dello studio. A mettere i ricercatori sulla strada giusta è stata una scoperta accidentale: “Alcuni dei miei colleghi lavorano la mattina presto o la sera tardi; a volte analizzano anche il sangue in orari insoliti”, dice Aceto con un sorriso. Gli scienziati hanno notato che i campioni prelevati in momenti diversi della giornata presentavano livelli molto differenti di cellule tumorali circolanti. Un altro indizio è stato il numero sorprendentemente alto di cellule tumorali trovate per unità di sangue nei topi rispetto agli esseri umani. Il motivo è che, essendo animali notturni, i topi

dormono durante il giorno, quando gli scienziati raccolgono la maggior parte dei campioni. «A nostro avviso, questi risultati possono indicare la necessità che gli operatori sanitari registrino sistematicamente l’ora in cui eseguono le biopsie», conclude Aceto. «Questo potrebbe contribuire a rendere i dati realmente comparabili». Tra gli obiettivi dei ricercatori ci sono quelli di capire come utilizzare i risultati dello studio per ottimizzare le terapie oncologiche, verificare se diversi tipi di cancro si comportano in modo simile al cancro al seno e se le terapie esistenti possono avere più successo se i pazienti vengono trattati in tempi diversi. GdB | Giugno 2022

27


Salute

© Rido/shutterstock.com

L’INTERRUTTORE MOLECOLARE CHE RIACCENDE L’UDITO La molecola, denominata TCPfast, potrebbe aiutare le persone sorde o con gravi deficit dell’udito a percepire la musica o conversazioni in ambienti rumorosi

U

n interruttore molecolare capace di riaccendere l’udito mediante una serie di impulsi di luce. Non è fantascienza, ma il frutto del lavoro di ricerca condotto da un team internazionale guidato dagli studiosi dell’Istituto di bioingegneria della Catalogna (Ibec) col contributo di Carlo Matera, chimico farmaceutico da due anni al lavoro presso il dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università Statale di Milano, i cui risultati sono stati pubblicati sul “Journal of the American Chemical Society”. Questo interruttore altro non è una molecola, denominata 28 GdB | Giugno 2022

“TCPfast”, che possiede la capacità di trasformare i normali neuroni uditivi in neuroni che si attivano con la luce, senza bisogno che questi vengano modificati geneticamente. Gli esperti hanno spiegato come la molecola sia stata sperimentata con successo sulle cellule e sugli animali da laboratorio. Il prossimo passo? Fare luce (letteralmente) su una nuova ed elaborata generazione di impianti cocleari che, rispetto a quelli elettrici attualmente in uso, potrebbe permettere alle persone sorde o affette da gravi deficit dell’udito di percepire in maniera corretta suoni quali la musica o conversazioni in ambienti

rumorosi. Il dottor Carlo Matera ha precisato come allo scopo di evitare la manipolazione genetica i ricercatori abbiano privilegiato nell’ambito di questo nuovo progetto lo sviluppo di un «metodo alternativo per accoppiare la luce all’attività elettrica dei neuroni». Così facendo gli studiosi hanno ideato la molecola TCPfast, capace di «legarsi a un recettore neuronale e di funzionare come una protesi molecolare che trasforma i normali neuroni uditivi in neuroni in grado di attivarsi con la luce». È stato invece Antoine Huet, ricercatore dello University Medical Center di Gottingen e altro firmatario della ricerca, a spiegare perché gli utilizzatori di impianti cocleari tradizionali non riescano a percepire in modo corretto il suono della musica o distinguere nitidamente le parole pronunciate durante conversazioni che avvengono in ambienti rumorosi. Il motivo principale, ha affermato l’esperto, è che «la coclea, per sua stessa natura, contiene dei liquidi: questo fa sì che in alcuni casi gli stimoli di natura elettrica si propaghino al suo interno in maniera eccessiva». Huet ha poi precisato che poiché «la luce può essere trasmessa in maniera più definita attraverso i liquidi, la nostra tecnica consente di stimolare i neuroni della coclea con una precisione di gran lunga superiore». Alcuni esperimenti eseguiti su cellule e piccoli roditori hanno dimostrato che, nel momento in cui la molecola “TCPfast” viene colpita da luce blu, questa ha la capacità di indurre un segnale nei neuroni della coclea, struttura dell’orecchio interno che traduce l’informazione acustica in impulsi nervosi, rendendola così comprensibile al cervello umano. Huet ha concluso: «Le nostre simulazioni al computer ci dicono che ascoltare la luce dovrebbe permettere di recuperare un udito molto più simile a quello fisiologico: il prossimo passo sarà verificarlo sperimentalmente». (D. E.).


Salute

P

er coloro che al momento di deglutire compresse e pillole si domandano ogni volta titubanti se ce la faranno oppure no, arriva una buona notizia: i ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit) coordinati dal gastroenterologo e bioingegnere Giovanni Traverso, in collaborazione con il Brigham and Women’s Hospital, hanno infatti messo a punto un gel per la somministrazione orale di pillole, molto più semplice da deglutire e che non richiede l’uso di acqua. Una soluzione, quella elaborata dagli scienziati, che potrebbe rappresentare un importante aiuto per migliorare la corretta adesione alle terapie farmacologiche prescritte dai medici, rendendole così enormemente più efficaci. Il gel, a base di oli vegetali, si presenta gradevole al gusto e, aspetto da non sottovalutare, è poco costoso. Il prodotto risulta stabile anche lasciato fuori dal frigorifero, caratteristica che potrebbe renderlo utile in particolare nei Paesi poveri o in via di sviluppo dove non sempre è disponibile acqua potabile e dove non è possibile mantenere la catena del freddo per la conservazione. I primi test condotti sugli animali, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista specializzata “Science Advances”, hanno visto gli scienziati dimostrare di essere in grado di utilizzare il gel per veicolare i principi attivi di diversi farmaci nelle stesse dosi somministrate da pillole o compresse. Il team di studiosi sta ora programmando una sperimentazione clinica sull’uomo, che dovrebbe avere luogo nel giro di pochi mesi. A detta degli esperti, il gel potrebbe rappresentare una svolta per i bambini, ma anche per gli adulti e gli anziani affetti da problematiche di tipo neurologico che comportano difficoltà ad ingoiare le pillole: ad esempio dopo un ictus o anche nella disfagia che si accompagna al morbo

© solarseven/shutterstock.com

UN GEL PER LA DIFFICOLTÀ A DEGLUTIRE LE PILLOLE Un “compromesso evolutivo” avrebbe generato nell’essere umano una maggiore propensione all’insorgenza del cancro, in favore del miglioramento della sua fertilità

di Alzheimer negli stadi più avanzati della malattia. Entrando più nel dettaglio, per realizzare una formulazione compatibile con i farmaci non solubili in acqua, gli scienziati hanno deciso di impiegare nello sviluppo del gel degli oli vegetali quali semi di cotone, olio di sesamo o lino, già usati nell’industria alimentare, combinati con agenti gelificanti commestibili. In questo modo hanno così ottenuto gel di diverse consistenze, più simili a frullati oppure a budini e yogurt. La consulenza di assaggiatori professionisti ha poi consentito agli scien-

ziati di selezionare le formulazioni maggiormente appetibili, cioè quelle a base di oli dal sapore neutro o leggermente nocciolato, come l’olio di sesamo, e le hanno utilizzate per veicolare tre farmaci che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) considera essenziali per i bambini: praziquantel contro le infezioni parassitarie, l’antimalarico lumefantrina e l’antibiotico azitromicina. Durante lo studio i ricercatori hanno dimostrato che, per ogni farmaco, il gel ha consentito di veicolare dosi uguali o superiori a quelle assorbite grazie alle compresse. (D. E). GdB | Giugno 2022

29


Salute

I

l termine “Nutricosmetica” viene fuori dalla fusione di Nutrizione e Cosmetica. I nutricosmetici non sono altro che integratori studiati per pelle, capelli e unghie, in modo da far risaltare al meglio la bellezza di un individuo. Al giorno d’oggi non si usano solo creme, sieri, maschere ecc. per prendersi cura della propria pelle, ma a questi vanno aggiunti compresse, bustine, pillole, che rappresentano il mondo degli integratori alimentari. Il lievito di birra è ricco di carboidrati (soprattutto glicogeno), proteine (ricche in istidina, lisina, triptofano, leucina, fenilanina, cistina) fibre, vitamine, soprattutto del gruppo B (tiamina, riboflavina, niacina, piridossina, acido panto-

tenico, folato, vitamina B12, biotina), minerali e oligoelementi (potassio, calcio, fosforo, manganese, zinco, cromo, ferro e selenio). E’ indicato in caso di pelli acneiche, seborroiche, grasse o impure; la sua attività esercita un buon effetto nel rafforzare gli annessi cutanei (unghie e capelli). Nella preparazione delle maschere il lievito utilizzato può essere secco, fresco o liofilizzato; se la pelle da trattare presenta psoriasi, acne ed eczemi il lievito di birra deve essere applicato in crema, in modo da prolungare il contatto di questo con la pelle. Il lievito utilizzato nelle formulazioni di creme è quello essiccato,

© Jiri Hera/shutterstock.com

di Carla C

LIEVITO DI BIRRA E

Integratori studiati per pelle, capelli e unghie, in mod 30 GdB | Giugno 2022


perchè mantiene inalterate tutte le proprietà, qui gli enzimi sono inattivati garantendo la il mantenimento di tutte le condizioni per preparare formulazioni stabili. In Germania la Commission E, comitato scientifico della Bundesinstitut für Arzneimittel und Medizinprodukte ha confermato l’utilizzo del lievito di birra per trattare l’acne dermatologicamente perchè mostra avere un’ azione antibatterica. Il lievito di birra grazie alla sua composizione, fa da supporto al ciclo vitale dei capelli e il suo uso, sia topico con applicazioni dirette sul cuoio capelluto, che sistemico come integratore, è un valido trattamento. I capelli sono costituiti in 6595% da una proteina (la cheratina) composta da lisina e

Il lievito di birra è indicato in caso di pelli acneiche, seborroiche, grasse o impure. La sua attività esercita un buon effetto nel rafforzare gli annessi cutanei (unghie e capelli).

© Kateryna Kon/shutterstock.com

Salute

cistina, il resto da acqua, lipidi, oligoelementi e pigmenti quali la melanina che conferisce il colore al capello. Strutturalmente il capello è composto da tre parti: 1) fusto, che è la parte esterna al follicolo, visibile sul cuoio capelluto, con uno spessore medio nell’adulto di 65-78 μm, formato da cellule cheratinizzate che e resistenti; 2) radice, parte interna al follicolo, responsabile di crescita e rinnovamento; 3) bulbo pilifero, che si trova dove è presente la papilla dermica ricca di terminazioni nervose e vasi sanguigni. Dalla papilla dermica si origina una matrice di cellule germinative che, riproducendosi, spingono verso l’alto le cellule create in precedenza, una volta che le cellule risalgono verso la cute avviano il processo di cheratinizzazione, che irrigidisce il capello dando origine al fusto. Per garantire la salute del capello è indispensabile che vengano assunti: amminoacidi (cistina e lisina, taurina e arginina) che favoriscono l’alimentazione dei bulbi piliferi provvedendo al nutrimento dei capelli; vitamine, quelle del gruppo B che regolano il metabolismo del follicolo pilifero (B1 permette una crescita del capello sano e robusto, B3 agisce sul funzionamento del metabolismo

Cimmino

NUTRICOSMETICA

do da far risaltare al meglio la bellezza di un individuo GdB | Giugno 2022

31


Salute

© Kiian Oksana/shutterstock.com

energetico, B4 migliora l’attività dei follicoli piliferi, B5 aumenta la robustezza del fusto e accelera la ricrescita dei capelli, B6 favorisce una corretta assimilazione delle proteine, B8 (biotina) ottimizza il metabolismo lipidico, stimola la crescita del capello e limita la caduta; B9 sintetizza proteine ed è importante per la produzione di cheratina); E contrasta i radicali liberi, responsabili della caduta dei capelli. Gli 32 GdB | Giugno 2022

oligoelementi prevengono la caduta dei capelli: il ferro, interviene nella sintesi dell’emoglobina e l’ossigenazione del sangue, il rame contribuisce alla sintesi della melanina dove interviene anche il magnesio nello sviluppo di enzimi, lo zinco favorisce la crescita dei capelli, lo zolfo contrasta i capelli deboli e sfibrati, il selenio entra nella composizione di un dell’enzima glutatione perossidasi, mantiene l’integrità delle membrane cellulari prevenendo la caduta dei capelli. Le potenzialità del lievito di birra per problematiche a carico del capello hanno trovato applicazione in campo cosmetico nella realizzazione di numerosi prodotti a uso topico. Sono state brevettate molte formulazioni tricologiche, es.: I Di’Tucci, nel trattamento e prevenzione dell’alopecia, propone una soluzione da applicare nella zona interessata, contenente lievito di birra in una percentuale dell’8%. L’effetto positivo del trattamento si riscontra dopo due mesi con due applicazioni a settimana. Durante la chemioterapia si producono elevate quantità di radicali liberi responsabili dei principali effetti collaterali associati a questo tipo di trattamento, come la perdita di capelli, per l’accumulo di questi farmaci a livello dei follicoli piliferi. Essendo il lievito di birra una fonte antiossidante, nella realizzazione di formulazioni (gel, soluzioni, emulsioni ecc.) per uso topico nel trattamento di pelle e capelli, K. Golz-Berner, col suo studio, che riguarda proprio la caduta dei capelli, propone formulazioni a uso topico contenenti antiossidanti e microparticelle per prevenirla. Tra le varie specie antiossidanti oggetto di studio ci sono miscele di enzimi (superossido dismutasi) e vitamine ottenute da ceppi di lieviti, una delle più interessanti è il Saccharomyces cerevisiae. Infatti, si è osservato che l’impiego delle specie antiossidanti derivanti da questo ceppo (in una percentuale compresa tra l’1% e il 10% in peso) ha elevate capacità protettive nei confronti di specie radicaliche. La realizzazione di una formulazione a uso topico ha lo scopo di applicare le specie attive antiossidanti nella zona interessata (capelli e cuoio capelluto) per favorire l’accumulo di queste solo dove serve. Questo trattamento può essere fatto prima, simultaneamente o dopo la chemioterapia. Massaggiare il prodotto (per 5-10minuti) una volta applicato permette una migliore penetrazione degli antiossidanti.


Convegno nazionale

CONVEGNO NAZIONALE

COSMETOLOGIA COSMETOLOGIA UNA NUOVA OPPORTUNITÀ PER I BIOLOGI UNA NUOVA OPPORTUNITA’ PER I BIOLOGI Dalla cosmetica alla nutrizione dalla Cosmesi alla Nutrizione

Milano Responsabile Scientifico: Dott.ssa Carla Cimmino 24 settembre 2022

Sabato 24 Settembre, Milano

WWW.ONB.IT


Salute

BARICITINIB (CTP-543) NUOVO FARMACO PER ALOPECIA AREATA

Un importante passo avanti nel trattamento di una patologia fin ora senza risposta terapeutica di Biancamaria Mancini

È

attuale la notizia che la Food and Drug Administration (FDA) ha approvato il Baricitinib, un nuovo farmaco prodotto dalla società Eli Lilly, per il trattamento dell’alopecia areata (AA). Sicuramente un importante passo avanti nel trattamento di una patologia fin ora senza risposta terapeutica, ma così impattante da cambiare per sempre la vita delle persone che ne soffrono! La notizia è tale che si prevede una grande richiesta del farmaco, per questo anche le società farmaceutiche Pfizer e Concert stanno lavorando allo sviluppo di un farmaco simile. L’AA colpisce a tutte le età, anche bambini in età pediatrica, indifferentemente sia uomini che donne. Questo particolare tipo di alopecia è capace in poco tempo di far perdere i propri capelli, può manifestarsi con una o più chiazze circolari glabre fino a svuotare tutta la testa (alopecia totale) e interessare tutti i peli del corpo comprese ciglia e sopracciglia (alopecia universale). A volte è reversibile, altre permanente. La causa è un’infiammazione cronica persistente, innescata da una risposta autoimmune del proprio organismo che attacca il follicolo.

34 GdB | Giugno 2022

Il follicolo così colpito dall’infiammazione riceve segnali specifici per passare dalla fase di crescita a quella di caduta e perde il suo privilegio immunitario. Inoltre, in seguito alla caduta si assiste ad un altro evento che cambierà per sempre l’estetica della capigliatura, ovvero il blocco delle ricrescite in una fase precoce dell’anagen. La repentina caduta e il blocco delle ricrescite si traducono in aree circolari glabre sul cuoio capelluto. Non ci sono mai state cure risolutive per AA, non è possibile neanche effettuare il trapianto di capelli in questi casi, proprio perché non è prevedibile la prognosi e il trauma chirurgico potrebbe rinnovare e acutizzare la risposta infiammatoria. Ben diversa è la situazione della calvizie più comune, l’alopecia androgenetica (AGA) che ha un andamento degenerativo e cause multifattoriali, a cui questo farmaco non è destinato. È importante non confondere le due condizioni, infatti AGA si manifesta con la miniaturizzazione progressiva delle ricrescite e la causa più accreditata è quella ormonale ereditaria, per cui il gold standard rimane il trattamento specifico e/o l’autotrapianto chirurgico. Baricitinib, venduto come Olumiant, è


Salute

un farmaco di fascia H, il cui utilizzo dev’essere limitato all’ospedale o a strutture analoghe ed è sempre necessaria la presentazione di ricetta medica, non ripetibile di tipo limitativo. La sua azione farmacologica consiste nell’inibizione selettiva delle Janus chinasi di tipo 1 e 2 (JAK 1-2), interferendo così con la via di segnalazione delle JAK/STAT fondamentale per la risposta infiammatoria. Più nello specifico la segnalazione JAK-STAT è composta da tre proteine principali: 1) i recettori della superficie cellulare, 2) le Janus chinasi (JAK) e 3) il trasduttore di segnale e attivatore delle proteine di trascrizione (STAT). Una volta che una citochina si lega al recettore, i JAK vi aggiungono fosfati a cui si legano successivamente anche due proteine STAT. Le proteine STAT legate al recettore vengono a loro volta fosforilate dai JAK per formare un dimero che entra nel nucleo, si lega al DNA e provoca la trascrizione dei geni bersaglio, modulando la trascrizione genica. Questo non è il primo farmaco inibitore delle Janus chinasi, infatti il primo inibitore di JAK a raggiungere gli studi clinici è stato tofacitinib, un inibitore specifico di JAK3 capace di bloccare l’attività di specifiche interleuchine (IL 2-4-15 e 21). Il blocco delle IL inibisce la differenziazione dei linfociti T helper CD4, pertanto il farmaco è efficace nel trattamento delle malattie allergiche

© cristina87/shutterstock.com

GdB | Giugno 2022

35


Salute

© Alona Siniehina/shutterstock.com

36 GdB | Giugno 2022

e la psoriasi. Altri farmaci con meccanismo simile già in commercio sono: il ruxolitinib per la mielofibrosi e l’artrite reumatoide approvato dalla FDA nel 2011; il peficitinib viene usato per il trattamento dell’artrite reumatoide, approvato per l’uso in Giappone nel 2019; il fedratinib per il trattamento della mielofibrosi primaria approvata nel 2019; l’u per l’artrite reumatoide approvato dalla FDA nel 2019; l’abrocitinib per dermatite atopica e psoriasi da moderata a grave, approvato dall’FDA nel 2022. Tutti questi farmaci che inibiscono l’attività di JAK bloccano la via di segnalazione delle citochine, che a loro volta svolgono ruoli chiave nel controllo della crescita cellulare e della

risposta immunitaria. Baricitinib è un farmaco già conosciuto è precedentemente utilizzato nel trattamento dell’artrite reumatoide e psoriasica e, nel maggio 2022, approvato per il trattamento del Covid-19 in adulti ospedalizzati con necessità di ossigeno supplementare. L’ a p p r o v a z i o n e della pillola per AA si basa su due studi clinici condotti su 1.200 persone con grave perdita di capelli. Sono stati testati tre gruppi: un gruppo placebo, un gruppo che ha ricevuto una dose giornaliera di due milligrammi e un gruppo che ha ricevuto una dose giornaliera di quattro milligrammi. Dopo 36 settimane, quasi il 40% dei casi con la dose più alta aveva riacquistato l’80% dei capelli, (23% con la dose più bassa e al 5% il gruppo placebo). Si è osservata la crescita anche le sopracciglia e le ciglia nel 45% circa dei casi con la dose più alta. Esistono senza dubbio degli effetti collaterali con l’assunzione di Olumiant, tra cui le infezioni del tratto respiratorio superiore, mal di testa, acne, eruzioni cutanee, vescicole, herpes, aumento dei livelli di colesterolo e trombosi. Il farmaco non è stato ancora approvato in Italia. Restiamo tutti in attesa di conoscere l’evoluzione delle applicazioni di questo farmaco, coscienti che gli scienziati e i ricercatori hanno finalmente preso in seria considerazione il mondo tricologico, per molti versi ancora poco conosciuto, ma il cui impatto sulla qualità di vita delle persone si mostra sempre più importante.


GdB | Giugno 2022

37


Ambiente

I

l ritmo e il consumo sembrano inarrestabili: continuiamo a “consumare” le nostre spiagge. Ogni anno vengono persi cinque chilometri di costa naturale, colpa della costruzione di nuove strutture artificiali: una scomparsa che equivale all’intero litorale di una località balneare come Fregene, frazione laziale del comune di Fiumicino. L’artificializzazione risalta agli occhi molto di più nelle zone retrostanti le spiagge, zone dove dune costiere, terreno messo a coltura, flora e formazioni naturali sono rimpiazzate da oltre dieci chilometri di opere antropiche. I dati non tanto confortanti vengono a galla dall’aggiornamento della banca dati “Linea di Costa Italiana 2020”, presentato da Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), che esamina la fascia costiera italiana. La nostra linea di costa è lunga circa 8.300 Km, di cui il 13% è occupato da opere artificiali come porti, opere di difesa costiera o idrauliche d’impianti industriali, strutture artificiali a supporto della balneazione. Nell’ultimo ventennio la costa artificializzata si è ampliata globalmente di oltre cento chilometri. Un discorso simile concerne l’interfaccia tra le spiagge e il territorio circostante. Nell’insieme, la linea di retrospiaggia si estende per circa 4.000 Km, tra cui solo metà restano naturali, mentre oltre il 20% è completamente occupa-

SEMPRE MENO COSTE NATURA Ogni anno dune costiere, terreni e formazioni naturali vengono sostituite da opere antropiche 38 GdB | Giugno 2022


to da opere artificiali, come infrastrutture viarie, abitazioni, lidi, siti produttivi. L’incremento, in questo caso, è stato di oltre 200 Km negli ultimi venti anni. Il rimanente 30% si contraddistingue come “urbano sparso”, conquistato, dunque, in modo circoscritto e irregolare da opere umane. Il WebGis dell’Assetto Costiero Italiano è disponibile al link: https://sinacloud.isprambiente. it/portal/apps/sites/#/coste dove è possibile la consultazione dei contenuti geografici relativi alla linea di costa. Il Geodatabase comprende la digitalizzazione dell’intera linea di costa nazionale, delle opere di difesa, portuali, del limite di retrospiaggia con relativa caratterizzazione dell’uso del suolo e della delimitazione degli areali delle spiagge emerse negli anni 2000, 2006 e 2020. L’Ispra svolge da vent’anni attività di analisi sulle coste; il monitoraggio e l’evoluzione nel lungo periodo, dovuta all’azione del mare, all’attività umana e ai cambiamenti climatici è fondamentale per la pianificazione e la gestione dei litorali. L’elaborazione dei rilievi contenuti nella banca dati è stata potenziata anche dal miglioramento dello standard qualitativo e dalla possibilità di rendere accessibili i risultati degli studi, attraverso il nuovo Portale delle Coste Ispra, per essere sempre più un solido aiuto per enti, università e tutti quelli interessati al controllo e alla gestione di un bene pubblico come la spiaggia. Se le elaborazioni vengono confrontate con l’ultimo “Rapporto spiagge 2021” di Legambiente disponibile, si può vedere come i litorali siano uno dei territori e degli ecosistemi in maggiore trasformazione nel nostro Paese. L’erosione co-

Tra le buone pratiche contro l’erosione costiera si segnalano Ameglia (SP), dove nel 2014, con interventi per la navigabilità alla foce del fiume Magra, sono stati dragati centomila metri cubi di materiale, spostati nella spiaggia limitrofa. Nel 2016 la fascia critica dell’arenile è aumentata di 20-30 metri. A Bergeggi (SV) la spiaggia delle Sirene è rinata dopo il ripascimento del 1992, mentre a Vallecrosia (IM), i finanziamenti ottenuti nel 2004, hanno dato la possibilità di utilizzare 300 mila metri cubi di materiale preso dall’alveo del torrente Verbone creando un lido di 60-70 metri. A Gallipoli (LE) sono state utilizzate palizzate in castagno come struttura di difesa dall’erosione marina, accumulo del trasposto eolico per il ripascimento spontaneo del piede dunare e graticciate sui versanti per la stabilizzazione del sedimento.

© LUIS CANDELAS/shutterstock.com

Ambiente

stiera incide non solo sugli arenili dei nostri mari: dal 1970 i tratti spariti si sono triplicati e oggi ne soffre il 46% delle coste sabbiose, con picchi del 60% e oltre in Abruzzo, Sicilia e Calabria. In media è come se avessimo perso ventitré metri di profondità per tutti i 1.750 km erosi e questo andamento, certamente, diverrà più complesso da governare in un futuro legato ai cambiamenti climatici. Intanto, quello che sta accadendo è un aumento d’intensità dei fenomeni meteorologici estremi, come mareggiate e trombe d’aria, passate da 11 nel 2012 a 80 nel 2020, tra quelle con effetti considerevoli. Negli ultimi cinquant’anni circa quaranta milioni di metri quadrati sono stati intaccati, nonostante siano stati spesi, secondo l’associazione ambientalista, circa 4,5 miliardi di euro, in teoria per preservarli. «Il 90% dei sistemi dunari è scomparso e molte aree umide - si legge nel Rapporto - presentano un equilibrio compromesso non solo da un punto di vista fisico ma anche ecologico. Per anni ci siamo ripetuti che la causa dell’erosione costiera dipendesse dalle dighe e dalle briglie poste nell’entroterra, che non permettevano ai sedimenti di arrivare a mare e, quindi, di partecipare al bilancio sedimentario costiero. Poi è arrivato l’eco dei disastri associabili al riscaldamento globale. Ma il vero problema è stato ed è, soprattutto, quello di avere antropizzato la spiaggia e le dune che rappresentano il confine dinamico tra terra e mare, uno degli elementi geomorfologici più dinamici esistenti». Indubbiamente anche ciò che si fa nell’entroterra provoca reazioni più immediate. «Occupando con lottizzazioni, lungomare, strade costiere, linee ferroviarie e zone industriali, la fascia dunare e la spiaggia, di fatto si è tolta resilienza al sistema che così non ha più avuto la naturale capacità ad autoproteggersi, mandando in erosione le spiagge e mettendo a rischio i manufatti stessi che avevano provocato l’innesco del processo». (G. P.).

ALI © Alexandree/shutterstock.com

GdB | Giugno 2022

39


AUMENTA LA POPOLAZIONE DI LUPI IN ITALIA On-line i risultati del primo monitoraggio nazionale condotto dall’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale

di Gianpaolo Palazzo 40 GdB | Giugno 2022

© AB Photographie/shutterstock.com

Ambiente


Q

uanti sono i lupi in Italia? Dove sono? Per rispondere a questi e altri quesiti è stato realizzato il primo monitoraggio nazionale, coordinato dall’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale ISPRA, su mandato del Ministero della Transizione Ecologica MiTE. Il lavoro è stato svolto tra il 2018 e il 2022, con una raccolta realizzata tra Ottobre 2020 - Aprile 2021 che ha permesso di valutare la quantità (intesa come numero d’individui) e la distribuzione (area minima occupata nella regione alpina e l’area stimata nella zona peninsulare) della specie. Il numero stimato si aggira sui 950 esemplari presenti nelle regioni alpine, mentre sono quasi 2.400 quelli lungo il resto della Penisola. Complessivamente la presenza sull’intero territorio è di circa 3.300. Una buona notizia per la specie che è protetta dalla normativa internazionale e nazionale. Tale “scudo” ha coadiuvato la ripresa demografica e geografica notata negli ultimi decenni, ma mai adeguatamente documentata, su scala nazionale, attraverso attività di osservazione coordinate. Il controllo continuo nel tempo di alcuni parametri della popolazione (come distribuzione e abbondanza) è uno strumento necessario per valutare la conservazione e verificare la validità delle misure di gestione e salvaguardia adottate. Prima delle cifre disponibili all’indirizzo: https://www. isprambiente.gov.it/it/attivita/biodiversita/monitoraggio-nazionale-del-lupo come si “contavano” i lupi in Italia? I lupi sono stati “quantificati” nel nostro Paese su scala locale da Regioni e Provincie autonome, Parchi nazionali e regionali. La preparazione degli operatori, il campionamento, la raccolta e archiviazione con cui i conti erano effettuati non si presentavano in maniera omogenea nelle modalità e non venivano attuati in contemporanea. L’uso di protocolli standardizzati, regolati e condivisi su base nazionale ha consentito di oltrepassare la divisione metodologica offrendo dati studiati con un unico approccio scientifico, oggettivo e partecipato. Ovunque la popolazione è cresciuta, tuttavia sulle Alpi c’è stato l’aumento più considerevole. L’attività ha messo insieme una vasta rete di persone abili nella raccolta dei segni legati alla presenza degli animali da Nord a Sud. Nelle regioni alpestri, il monitoraggio è stato coordinato dal Centro referenza grandi carnivori del Piemonte e dall’Università di Torino (DBIOS) all’interno del progetto Life WolfAlps EU. Lo studio ha sfruttato sia l’integrazione di tecniche d’indagine di

campo sia genetiche, controllando quanto emerso con modelli statistici più recenti elaborati dalla comunità scientifica. Essendo, comunque, stime per ciascuno dei numeri relativi alla presenza va considerata una forchetta di errore: tra gli 822 e i 1099 per le regioni alpine, tra 2020 e 2645 per le aree peninsulari. Se si misura l’estensione dei territori legati alla presenza (41.600 km2 nelle aree alpine e 108.500 nelle peninsulari), si può concludere che risultano occupati quasi tutte le nostre zone idonee. Sulla base dei dati raccolti, la presenza nel Settentrione, biennio 2020 - 2021, valutando l’anno biologico della specie (1° maggio 2020 - 30 aprile 2021), è stata stimata di 41.600 km2. Nelle peninsulari l’estensione complessiva della distribuzione è pari a 108.534 km2 (forchetta = 103.200 – 114.000 km2). Il lavoro sul campo è stato gestito frazionando in celle di 10x10 km il nostro territorio e compiendo due analisi distinte per le Regioni - Province autonome della zona Alpi e quelle dell’Italia peninsulare. In particolare, per le zone che vanno dalla Liguria al Friuli-Venezia Giulia sono state selezionate il 100% delle celle. Nel resto del Belpaese, guardando alla maggiore estensione dell’areale di presenza presunta della specie, sono state classificate il 35% delle celle riconosciute idonee. La presenza del lupo è stata comprovata da 6.520 avvistamenti fotografici con fototrappola, 491 carcasse di ungulato predate, 1.310 tracce, 171 lupi morti, oltre che da 16.000 escrementi ritrovati sul terreno. Sono state condotte 1500 analisi genetiche che hanno permesso di identificare la specie. Nell’insieme gli operatori hanno percorso a piedi 85.000 km per completare l’indagine. Sono state impegnate oltre tremila persone, tra operatori volontari formati e personale dei Parchi nazionali e regionali, Regioni e Provincie autonome, università, musei, cinque associazioni nazionali (Aigae, Cai, Legambiente, Lipu, Wwf Italia), trentasette associazioni locali, 504 reparti dei Comando Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari (CUFAA) dell’Arma dei Carabinieri. La rete di operatori è stata coordinata nella regione alpina dal progetto Life WolfAlps EU e nella regione dell’Italia peninsulare da venti tecnici incaricati da Federparchi Europarc Italia (la Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali). I dati raccolti e la rete creata offrono un supporto a Enti locali e Parchi nazionali per una corretta conservazione del lupo e per mitigare i conflitti di questo predatore con le attività umane.

La popolazione del lupo in Italia è suddivisa in due componenti, alpina e appenninica o meglio peninsulare, esaminate come due “grandezze” gestionali disgiunte secondo le “Guidelines for Population Level Management Plans for Large Carnivores”, approvate nel 2008 dalla Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea e dal Comitato Permanente della Convenzione di Berna. In realtà, le due componenti posseggono lo stesso pool genetico dall’Aspromonte alle Alpi, ma il flusso genico tra entrambi è limitato; per di più ci sono differenze del contesto ecologico-gestionale tra la Penisola e le Alpi, dove la popolazione è condivisa anche con altri Paesi (Francia, Svizzera, Germania, Austria e Slovenia) ed è richiesta una collaborazione internazionale.

GdB | Giugno 2022

© Facanv/shutterstock.com

Ambiente

41


Ambiente

S

emplice da utilizzare, conveniente e amica dell’Ambiente. La bici è uno dei simboli riconosciuti della sostenibilità e noi italiani, grazie agli oltre 3,2 milioni di pezzi fabbricati nel 2021, siamo i primi produttori europei, anche nella smart mobility. Un incremento stimolato dal fenomeno e-bike e dal reshoring, ossia il rientro nel nostro Paese delle attività produttive. L’allentamento delle restrizioni e la voglia di stare all’aria aperta hanno portato all’accrescimento del fatturato, in aumento del +7,4% rispetto al 2020 a 1,6 miliardi di euro. I numeri positivi provengono dalla seconda edizione della ricerca “Ecosistema della Bicicletta” realizzata da Banca Ifis (dati Format Research) per descrivere dettagliatamente tendenze e previsioni di un settore sempre in movimento è proprio il caso di dirlo. Lo studio, presentato nell’ambito di “Italian Green Road Award - Oscar del Cicloturismo Italiano”, di cui l’Istituto quest’anno è partner principale, ha approfondito due orientamenti del comparto: il ritorno a casa delle aziende che, in precedenza, avevano delocalizzato all’estero e il cicloturismo: «”Ecosistema della bicicletta” - dice Ernesto Fürstenberg Fassio, vicepresidente di Banca Ifis - mette in luce quest’anno due fenomeni rilevanti per l’economia del Paese: l’ascesa del cicloturismo e il reshoring delle attività produttive. Per quanto riguarda il “viaggiare dolce”, lo studio rileva aspetti positivi per la sostenibilità, il benessere psico-fisico e l’inclusione, ma anche e soprattutto l’impulso che imprime all’economia,

42 GdB | Giugno 2022

con risvolti immediati sui servizi e il turismo. Anche per questo, in linea con l’obiettivo di Banca Ifis di promuovere la crescita sostenibile dei territori - abbiamo lavorato insieme ad autorevoli stakeholder del settore per mettere a sistema diverse competenze che lavorano per costruire uno sviluppo economico con impatti positivi sull’ambiente e sulle comunità in cui operiamo». Nel triennio 2021 - 2023, per la produzione di due ruote si prevede un balzo di oltre il 7% anno su anno. In cima tra le preferenze l’ebike che, con un +25%, rappresenta l’11% della produzione (in salita dal 9% del 2020). Dietro il nostro podio, ottenuto mediante una quota di mercato del 21%, abbiamo Germania e Portogallo; il saldo export/ import


Ambiente

è positivo per 1,3 milioni di pezzi e in progresso del +23% sul 2020. La maggiore facilità di acquisto della e-bike per prezzo, performance e comfort la rendono più “amica” anche nelle fasce di popolazione meno allenate o meno giovani e favoriscono un turismo alternativo e più sostenibile. Non dimentichiamo gli oltre due milioni di tonnellate d’inquinamento da anidride carbonica e solforica che vengono risparmiate ogni anno in Europa, grazie al “rientro” della produzione di bici, e-bike e componenti. Ogni modello ricollocato nell’industria del vecchio continente porta a un risparmio che va dai 30 ai 50 milioni di tonnellate nelle emissioni nocive. Dal punto di vista della sostenibilità sociale, per ogni mille bici riconsegnate all’assemblaggio ogni anno, si possono avere da 3 a 5 posti di lavoro, mentre per ogni mille e-bike l’intervallo è compreso tra 6 e 9. Essere nei sogni e a portata di tasca ha sostenuto anche i ricavi: +7.4% nel 2021 sul 2020 e +7,3% la crescita media annua legata al ricavo dei produttori prevista nel biennio 2022 - 2023, alla fine del quale potrebbe oltrepassare gli 1,8 miliardi di euro. Traguardi e attese conseguiti da un alto tasso d’innovazione: il 25% dei produttori ha allargato la propria parte degli investimenti nel biennio 2020-2021 e un altro 70% li ha tenuti inalterati procedendo sulla strada del rinnovamento tecnologico. Spostando l’attenzione sul cicloturismo, scopriamo di avere 4.900 percorsi adatti alle due ruote per una lunghezza complessiva di 90.000 km, 4.940 operatori turistici con un’offerta cicloturistica e 4.550

alberghi che offrono servizi riservati alla bici. Sono otto milioni quelli attratti da un modo di viaggiare più lento, pari a circa il 16% della popolazione maggiorenne. Il Trentino-Alto Adige è la regione più ricca in termini di offerte ed è il Nord-Est la destinazione scelta più frequentemente (32% tra le mete cicloturistiche). I servizi inseriti, di solito, nei pacchetti turistici sono nove, tra cui quattro risultano più utilizzati: noleggio della bicicletta, tour di gruppo, alloggio e copertura assicurativa. Il servizio destinato a prosperare è la guida turistica. Il cicloturismo porta con sé i concetti di sostenibilità, sicurezza, salute e inclusione, attivando circoli virtuosi in grado di valorizzare i territori. Allo stesso tempo, l’elevato costo dell’energia, e l’attenzione verso la sostenibilità potrebbero incentivare l’uso della bicicletta per una vacanza attiva. In tutta Europa sale l’interesse dei fondi d’investimento verso l’industria della bicicletta: nel 2021 c’è stata una prestazione straordinaria con un +175% nel numero di operazioni di M&A finalizzate e un consolidamento degli investimenti, anche sui servizi collaterali (da piattaforme di sharing ad assicurazioni dedicate, fino al noleggio), che ha incoronato, ancora una volta, la bici come prima attrice della rivoluzione nella mobilità. (G. P.).

DUE RUOTE TRIONFANTI Con una crescita di oltre 7% annuo l’Italia si conferma il primo produttore europeo di biciclette GdB | Giugno 2022

43


Ambiente

© Deemerwha studio/shutterstock.com

MICROPLASTICHE NELLE ACQUE DOLCI Enea e Cnr suonano un campanello dall’allarme sulla questione delle microplastiche nei laghi italiani

di Michelangelo Ottaviano

E

nea e Cnr, in collaborazione con Goletta dei Laghi e Legambiente, hanno condotto tre importanti studi sul problema delle microplastiche. Tali ricerche, diffuse in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente del 5 giugno, hanno permesso di ampliare notevolmente le conoscenze sull’impatto delle microplastiche nelle acque dolci, quelle maggiormente utilizzate per i diversi usi antropici. La prima indagine, realizzata da Enea e Legambiente (che dal 2016 collaborano in un percorso di analisi, monitoraggio e studio del fenomeno

44 GdB | Giugno 2022

delle microplastiche dei laghi), ha avuto come soggetti i laghi Maggiore, Iseo e Garda. Dallo studio è emersa una presenza media di microplastiche per km2, rispettivamente di 39mila, 40mila e 25mila. Le indagini hanno mostrato la presenza dominante di frammenti (circa il 74%) di palline di polistirolo (20% del totale) di polietilene (45%) e polipropilene (15%), con concentrazioni più elevate in prossimità di input fluviali e restringimenti del bacino idrico. Nell’indagine successiva, si è aggiunta la collaborazione dell’Istituto di Ricerca sulle Acque (Irsa) del Cnr

di Roma (Irsa-Cnr) per lo studio dei biofilm associati alle microplastiche, quella che in gergo tecnico viene chiamata plastisfera, cioè l’insieme delle comunità microbiche che colonizzano le superfici d’acqua. Oltre ad alcuni dei laghi subalpini quali Iseo, Como, Maggiore e Garda sono stati indagati il Trasimeno in Umbria e quelli di Bracciano e di Paola nel Lazio. Attraverso tecniche di biologia molecolare e microscopia a scansione laser, è stato possibile analizzare la diversità e la struttura della plastisfera, nonché definire la composizione microbica della componente batterica di queste comunità. Il risultato è che essa differisce fortemente da quella delle comunità planctoniche dell’acqua di mare, e dipende principalmente dal lago campionato. Inoltre, è stata evidenziata la presenza di batteri coinvolti nei processi di biodegradazione delle plastiche, mentre sono tuttora in corso studi volti alla comprensione dei meccanismi di adesione dei microrganismi alle microplastiche, dei processi di biodegradazione e del ruolo delle microplastiche come veicolo di trasporto e di diffusione di geni di resistenza agli antibiotici, di microrganismi patogeni e/o microalghe tossiche per gli organismi acquatici e per l’uomo. Il terzo studio, condotto da un team di ricerca Enea con l’Irsa-Cnr di Verbania, ha consentito di valutare i potenziali rischi della presenza delle microplastiche per la salute delle specie ittiche e, ovviamente, attraverso il loro consumo, per l’uomo. In particolare, sono stati raccolti dati sull’ingestione di microplastiche da parte del pesce persico (Perca fluviatilis), una delle specie d’acqua dolce più diffusa e commercialmente sfruttata. Dai laghi di Garda, Como, Orta e Maggiore sono stati prelevati 80 esemplari di pesce persico per quantificare e analizzare le microplastiche presenti nel tratto gastrointestinale tramite analisi chimiche e morfometriche: nell’86% degli individui sono stati trovati frammenti di derivazione antropica.


Ambiente

C

he la teoria evoluzionistica di Lamarck fosse superata è cosa ben nota. Le incrinature del suo ragionamento sembrano però essersi fatte ancor più vistose a causa di una nuova tesi scientifica, legata proprio all’evoluzione del collo delle giraffe. Secondo questa teoria più recente, esso non si sarebbe sviluppato di generazione in generazione per poter riuscire ad arrivare alle foglie degli alberi d’acacia, bensì per esigenze legate al combattimento degli esemplari per la conquista delle femmine. Un’osservazione più approfondita del comportamento delle giraffe ha permesso agli scienziati di riconsiderare l’importanza della funzione del collo come arma da combattimento. A sostenere tutto questo, sono stati i ricercatori dell’Istituto di Paleontologia e Paleoantropologia dei Vertebrati (IVPP) dell’Accademia Cinese delle Scienze, in uno studio pubblicato sulla rivista Science. Le giraffe usano i loro colli oscillanti (lunghi dai due ai tre metri) per scagliare contro i rivali i pesanti crani, a loro volta dotati di piccole corna cartilaginee dette ossiconi. Di conseguenza, più è lungo il collo, maggiore è il danno per l’avversario. I ricercatori dell’IVPP e i loro collaboratori hanno elaborato la loro tesi studiando un fossile di Discokeryx xiezhi, uno strano giraffoide primitivo. Le ossa erano state trovate negli strati risalenti al Miocene inferiore (circa 17 milioni di anni) del margine settentrionale del bacino di Junggar, nello Xinjiang, in Cina. Nello specifico, si trattava di un cranio completo e di quattro vertebre cervicali. Il Discokeryx xiezhi presenta molte caratteristiche uniche tra i mammiferi, tra cui lo sviluppo di un grande ossicone simile a un disco, proprio al centro della testa. Secondo i ricercatori, le vertebre cervicali delle Discokeryx xiezhi sono molto robuste e presentano le articolazioni più complesse tra testa e collo di qualsiasi mammifero. Il team ha dimostrato che tali articolazioni tra

© Shoaib_Mughal/shutterstock.com

L’ANTENATO DELLA GIRAFFA USAVA IL COLLO COME ARMA Discokeryx xiezkhi, un violento antenato della giraffa che potrebbe per primo aver usato il collo come arma da combattimento

il cranio e le vertebre cervicali del Discokeryx xiezhi erano particolarmente adatte agli impatti testa a testa ad alta velocità. È stata poi confrontata la morfologia del corno di diversi gruppi di ruminanti (giraffoidi inclusi), ed è stato evidenziato che la diversità delle corna nelle giraffe è molto maggiore rispetto ai diversi gruppi. Questo sta quindi ad indicare come le lotte di corteggiamento sono più intense e peculiari nelle giraffe rispetto agli altri ruminanti, ed è un importante elemento di contatto con le caratteristiche del Discokeryx xiezhi. Infine, i ricercatori hanno studiato l’ambiente in cui viveva questo

violento antenato: la Terra, ai tempi di questo violento animale, era in un periodo caldo e, generalmente, era densamente boscosa. Ma nella regione dello Xinjiang, dove viveva il Discokeryx xiezhi, era più arida di altre aree dal momento in cui l’altopiano tibetano, a Sud, si era alzato drammaticamente. Secondo i ricercatori, dunque, il comportamento particolarmente violento ed incline al combattimento del Discokeryx xiezhi, che ha quindi condotto allo sviluppo del suo collo come arma, potrebbe anche essere correlato allo stress da sopravvivenza causato dall’ambiente in cui viveva. (M. O.). GdB | Giugno 2022

45


Innovazione

© whiteMocca/shutterstock.com

GLI ASTROCITI MODULATORI DEI CIRCUITI CEREBRALI Lo studio, pubblicato su Cells, ha evidenziato possibili sviluppi positivi sull’epilessia

di Pasquale Santilio

G

li astrociti sono la classe di cellule gliali più abbondante del tessuto nervoso ed esercitano il ruolo indispensabile di supporto ai neuroni, partecipando attivamente ai processi di diffusione dell’informazione al cervello. Inoltre, gli astrociti svolgono una funzione importante nella protezione del tessuto cerebrale dai danni causati da agenti patogeni o sostanze tossiche. Sulla base di alcune caratteristiche strutturali e funzionali, si distinguono tre differenti tipi di cellule astrocitarie: gli astrociti pro-

46 GdB | Giugno 2022

toplasmatici, gli astrociti fibrosi e gli astrociti radiali. Diversi studi hanno dimostrato che gli astrociti, attraverso il rilascio di gliotrasmettitori contribuiscono alla modulazione della trasmissione sinaptica. Nella corteccia cerebrale, la popolazione neuronale è rappresentata da neuroni eccitatori e interneuroni inibitori. Le disfunzioni interneuronali sono coinvolte in alcune malattie del cervello, come l’epilessia, schizofrenia ed autismo, nelle quali è presente uno squilibrio nell’eccitazione-inibizione. Chiarendo i ruoli dei neuroni inibito-

ri nel circuito neuronale-astrocitario, sarà possibile comprendere il contributo degli stessi nei disturbi cerebrali. Uno studio dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche, recentemente pubblicato sulla rivista Cells, argomenta un meccanismo che modula la trasmissione inibitoria tra astrociti e interneuroni finora non identificato, che rivela l’importanza degli astrociti nel bilanciare l’attività sinaptica nella corteccia visiva di modelli murini attraverso tecniche di imaging (microscopia a due fotoni per studiare l’attività Ca2+ degli astrociti) ed elettrofisiologia (che permette di indagare se il reclutamento degli astrociti, in seguito ad un’intensa stimolazione degli inter neuroni, modula l’inibizione sinaptica sui neuroni eccitatori), combinate con optogenetica (una tecnica utilizzata per stimolare le cellule cerebrali attraverso l’emissione di un fascio di luce blu). Vanessa Jorge Henriques, prima autrice dello studio, svolto durante il suo dottorato di ricerca all’Università di Padova sotto la responsabilità scientifica di Giorgio Carmignoto, ha affermato: «Un’intensa stimolazione optogenetica in una sottopopolazione di interneuroni riduce l’inibizione nei neuroni eccitatori, per un fenomeno denominato disinibizione. Questo evento viene controbilanciato dagli astrociti che riducono la disinibizione, garantendo l’equilibrio del sistema e rafforzando così l’idea che queste cellule siano ingranaggi importanti dei circuiti cerebrali, soprattutto per quanto riguarda le sinapsi inibitorie. Un potenziale impatto dell’attivazione degli astrociti tramite il segnale degli interneuroni è rivolto ai disturbi cerebrali, come l’epilessia. Tuttavia, la disinibizione può svolgere un ruolo importante nell’epilessia, poiché oltre a un’attività eccitatoria anormale rivela un abbassamento della soglia di attivazione dei neuroni coinvolti, facilitando l’innesco di crisi convulsive».


Innovazione

S

ulla base di alcune stime, circa il 40% della popolazione europea, il 26& di quella americana e il 20% di quella orientale sarebbe a rischio di carenza di vitamina D. Una ricerca dell’Istituto di scienze delle produzioni alimentari del Consiglio nazionale delle ricerche di Lecce, in collaborazione con Cathie Martin del John Innes Centre (Norwich) propone una nuova soluzione alimentare proprio con l’obiettivo di ridurre tale rischio, vale a dire una nuova linea di pomodoro in grado di accumulare in tutti gli stadi di maturazione pro-vitamina D3, ovvero, il precursore assumibile della Vitamina D. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Plants. Ricordiamo che, i pomodori sono ricchi di acqua, che ne costituisce oltre il 94%; i carboidrati rappresentano quasi il 3%, mentre le proteine sono all’ 1,2%, le fibre nell’1% e i grassi sono lo 0,2%. Angelo Santino del Cnr-Ispa, ha spiegato: «L’assunzione quotidiana di questa importantissima vitamina può avvenire prevalentemente da fonti animali come il latte, uova, olio di fegato di merluzzo e salmone. Gli alimenti di origine vegetale non ne contengono, tranne alcuni funghi in grado di produrre pro-vitamina D2, che è tuttavia meno attiva rispetto alla pro-vitamina D3. La conversione da pro-vitamina D2 o D3 a vitamina D avviene esponendo la pelle alle radiazioni UV, che però in maniera prolungata e inadeguata può comportare rischi anche gravi come tumori della pelle. Inoltre, le persone anziane hanno spesso bassi livelli di assorbimento e di traslocazione di pro-vitamina D3/D2 a livello epidermico». Il nuovo pomodoro biofortificato rappresenta pertanto un’importante alternativa potenziale. Aurelia Scarano del Cnr-Ispa ha dichiarato: «Dai calcoli effettuati, il consumo di un paio di pomodori freschi al giorno di questa nuova linea di pomodoro po-

© eugenegurkov/shutterstock.com

POCA VITAMINA D? ECCO UN POMODORO BIOFORTIFICATO Pubblicato su Nature Plants uno studio per una nuova linea di pomodoro con maggiore vitamina D

trebbe soddisfare in buona parte la dose giornaliera raccomandata di vitamina D. Questa nuova linea di pomodoro è stata ottenuta grazie alle emergenti tecnologie di editing del genoma che si stanno imponendo in molti dei campi delle scienze, da quelle biomediche a quelle agroalimentari. Grazie a queste nuove tecnologie e, più precisamente, all’utilizzo del sistema CRISPR/Cas9, è stato possibile introdurre in maniera estremamente specifica una piccola modifica in un gene di pomodoro, il gene che codifica l’enzima 7-deidrocolesterolo reduttasi 2, coinvolto nella conversione della provita-

mina D3 a colesterolo senza intaccare in alcun modo altre regioni del genoma. Dopo due generazioni successive, si sono ottenute piante che presentano solo una piccola mutazione stabile e prive di alcun tipo di transgene. Con questa tecnologia abbiamo ottenuto importanti quantitativi di pro-vitamina D3 nei frutti delle nuove linee di pomodoro. Inoltre, il trattamento dei pomodori di questa linea con luce UV è stato in grado di convertire la pro-vitamina D3 in vitamina D, aprendo nuove prospettive per la produzione di pomodori in grado di fornire direttamente la vitamina attiva». (P. S.). GdB | Giugno 2022

47


Innovazione

© RGtimeline/shutterstock.com

UNA FILIERA NAZIONALE PER RADIOFARMACI Un approccio innovativo finalizzato a sviluppare una filiera nazionale di impianti per produrre radiofarmaci destinati alla diagnosi dei tumori

E

nea ha presentato, sulla rivista internazionale Nature, un approccio innovativo finalizzato a sviluppare una filiera nazionale di impianti per produrre radiofarmaci destinati alla diagnosi dei tumori. In particolare, lo studio riguarda la produzione sicura e sostenibile di Molibdeno, il radioisotopo precursore del Tecnezio-99, l’elemento più utilizzato al mondo nella medicina nucleare per diagnostiche di tipo SPECT. Ogni anno se ne effettuano circa 30 milioni, con un mercato che vale circa 8 mi-

48 GdB | Giugno 2022

liardi di dollari a livello globale. Antonino Pietropaolo e Marco Capogni, i ricercatori Enea che hanno firmato lo studio insieme a Lina Quintieri dello Science and Technology Facilities Council, hanno spiegato: «L’obiettivo è di realizzare impianti di taglia media, compatti, modulari e decentrati su tutto il territorio nazionale, in grado di assicurare processi sostenibili e sicuri per la produzione del Molibdeno, anche in relazione alla crisi pandemica dovuta al COVID-19 che ha creato nuove ed inaspettate criticità nella filiera. Creare filiere locali

solide e resilienti per produrre questo radioisotopo è una necessità urgente anche per far fronte all’attuale scarsità dopo la chiusura del reattore a fissione canadese NRU, uno dei principali produttori a livello mondiale, e alla vetustà di altri reattori utilizzati per la produzione». In Italia un progetto che va in questa direzione è stato avviato presso il Centro Enea di Brasimone; si chiama SORGENTINA-RF e si inserisce nel contesto delle soluzioni alternative di medio-lungo periodo sia ai reattori a fissione che all’utilizzo dell’Uranio-235 per motivi di non proliferazione nucleare. I processi di produzione di Molibdeno alternativi alla fissione e all’utilizzo di uranio sono da tempo oggetto di studio da parte della comunità scientifica internazionale e degli operatori del settore dei radiofarmaci. Enea, sin dal 2015, sta studiando questa problematica con esperimenti innovativi sull’uso dei neutroni da fusione e, il progetto SORGENTINA-RF rappresenta il punto di approdo di questi esperimenti. SORGENTINA-RF nasce nel contesto del potenziamento del polo di ricerca Enea del Brasimone (Bo) al quale, tra l’altro, la Città metropolitana di Bologna, nell’ambito del PNRR, ha recentemente destinato 7 milioni di euro per interventi di miglioramento dell’accessibilità e riqualificazione di alcuni edifici, che vanno ad aggiungersi ai 3,5 milioni di euro di investimenti della Regione Emilia-Romagna e al 1,5 milione dell’Enea, direttamente destinati allo sviluppo di un prototipo termomeccanico dell’impianto SORGENTINA-RF. Il progetto è sviluppato da un team di 50 tra ricercatori e tecnici Enea esperti di fisica della fusione, dello stato solido e degli acceleratori, di radiochimica, di ingegneria nucleare e scienza dei materiali. Ulteriore aspetto strategico del progetto sono le nuove prospettive per la produzione di altri radioisotopi medicali come il radionuclide teranostico, cioè al contempo terapeutico e diagnostico. (P. S.).


Innovazione

E

nea, in occasione della Giornata Internazionale della Luce, proclamata dall’Unesco per l’anniversario nella realizzazione del primo laser al mondo nel 1960, ha presentato una nuova generazione di rivelatori di tracce nucleari da utilizzare nella lotta contro il cancro. Rosa Maria Montereali, responsabile del Laboratorio Enea di Micro e nanostrutture per la fotonica, ha spiegato: «Quello attuale è il secolo della fotonica e delle tecnologie basate sulla luce, vale a dire laser, sensoristica ottica e nuovi rivelatori di radiazione per imaging e dosimetria clinica, tutte innovazioni ormai mature per contribuire ad affrontare le sfide globali della salute dell’uomo». La novità di questi rivelatori a stato solido consiste nell’utilizzare esclusivamente la luce visibile e il laser al fine di misurare l’esatta quantità delle dosi cliniche somministrate in radioterapia per il trattamento di tumori che sono in prossimità di organi delicati come il cervello o l’occhio. La Montereali ha anche aggiunto: «La rivelazione delle tracce nucleari si basa sulla lettura della fotoluminescenza indotta in un cristallo di sale, il floruro di litio dal passaggio delle particelle cariche utilizzate in adroterapia, un tipo di radioterapia innovativa, il cui principale vantaggio rispetto ai più tradizionali raggi X è quello di colpire e distruggere in modo mirato la massa tumorale, preservando, per quanto possibile, i tessuti e gli organi sani adiacenti». È opportuno specificare che, la adroterapia è una forma di radioterapia per il trattamento e la cura di tumori spesso inoperabili o resistenti ai tradizionali trattamenti radioterapici. Dal 2017 è entrata a far parte dei Livelli Essenziali di Assistenza previsti dal Sistema Sanitario Nazionale. A differenza della radioterapia tradizionale, che si basa sull’utilizzo di raggi X o elettroni, l’adroterapia prevede l’uso di protoni e ioni carbo-

© jovan vitanovski/shutterstock.com

RIVELATORI DI TRACCE NUCLEARI CONTRO IL CANCRO La fotonica e le tecnologie basate sulla luce, le innovazioni per contrastare gravi patologie

nio. Queste particelle atomiche, definite “adroni”, da cui deriva il nome della terapia stessa, hanno il vantaggio di essere più pesanti e dotate di maggior energia rispetto agli elettroni e, di conseguenza, di essere ancora più efficaci nel distruggere le cellule tumorali. Per poter essere efficaci nel colpire con estrema precisione il tumore, gli adroni impiegati nel trattamento di adroterapia devono subire una potentissima accelerazione tramite un acceleratore di particelle. Combinati con film di microgel “intelligenti” per colture cellulari, i

rivelatori di tracce nucleari sono in corso di studio nell’ambito del progetto Biotrack, finanziato dalla Regione Lazio per lo sviluppo di tecnologie innovative nelle Scienze della vita. «Quando il singolo protone interagisce con il fluoruro di litio lascia una scia osservabile al microscopio a fluorescenza ed è possibile integrare questi rivelatori di tracce nucleari con strati biocompatibili di microgel che fungono da interfaccia con le cellule per esperimenti di radiobiologia», ha sottolineato la ricercatrice di Enea Rosa Maria Montereali. (P. S.). GdB | Giugno 2022

49


Beni culturali

IL GIARDINO DI DONNAFUGATA GIOIELLO SICILIANO DEL FAI Un albero di arancio può crescere tra forti venti e in una terra eccezionalmente dura e arida? La risposta è sì: nell’isola di Pantelleria, tra i vigneti di Zibibbo, si compie un piccolo miracolo di Rino Dazzo

50 GdB | Giugno 2022


P

antelleria è una perla al centro del Mediterraneo, dai contorni aspri ma dall’anima dolce: proprio come il vitigno caratteristico dell’isola, lo Zibibbo. Qui le vigne sono coltivate con un sistema unico, ad «alberello pantesco», che è stato dichiarato patrimonio Unesco. La vite, in buona sostanza, è allevata all’interno di vere e proprie conche e attraverso un sistema

di potatura che fa sviluppare la pianta orizzontalmente, in modo molto basso, su terrazze di piccole dimensioni delimitate da muretti a secco in pietra lavica utili a prevenire l’erosione del suolo e a preservare la vita delle stesse piante dall’azione del vento. Tra le numerose contrade dell’isola, dislocate su un’altitudine variabile dai 20 ai 400 metri e tutte con un microclima unico e peculiare, si tramandano da secoli metodi e segreti di produzione di autentiche prelibatezze come il Passito, il nettare più conosciuto e apprezzato di Pantelleria. Nel bel mezzo di una di queste contrade, a Khamma, nel cuore della cantina di una celebre azienda vinicola, sorge una delle meraviglie dell’isola: il Giardino Pantesco Donnafugata. Più che di un giardino in senso stretto,

GdB | Giugno 2022

51

© Dionisio iemma/shutterstock.com

Beni culturali


Beni culturali

si tratta dello spazio racchiuso all’interno di una struttura a pianta circolare in pietra lavica dalle origini antichissime, che si possono addirittura far risalire a tremila anni prima di Cristo. Il suo diametro è di 11 metri, le mura toccano un’altezza di quattro ed è possibile accedere al suo interno attraverso una stretta apertura. Altre piccole aperture secondarie consentono invece il passaggio dell’acqua piovana. Una struttura senza tetto, scoperta, ma ricca di vita al suo interno dove è possibile ammirare una secolare pianta di arancio “Portogallo”, che si staglia fiera e vezzosa e che puntualmente regala frutti dal caratteristico sapore zuccherino. Un piccolo miracolo, se si pensa che Pantelleria è battuta da venti molto forti e che deve fare i conti, praticamente da sempre, con un castigo atavico: quello della scarsità di acqua. A volte passano fino a 300 giorni tra una precipitazione e l’altra, ma per l’arancio del Giardino Donnafugata questo non ha mai rappresentato un problema. Qui, infatti, è stato creato un antico e ingegnoso sistema agronomico completamente autosufficiente, che utilizza la condensa provocata dall’escursione termica fra il giorno e la notte e la porosità delle spesse mura in pietra lavica, inclinate sapientemente verso l’interno per captare l’acqua direttamente dall’atmosfera. Il resto lo fanno i canali, sempre in pietra lavica,

A volte passano fino a 300 giorni tra una precipitazione e l’altra, ma per l’arancio del Giardino Donnafugata questo non ha mai rappresentato un problema. Qui, infatti, è stato creato un antico e ingegnoso sistema agronomico completamente autosufficiente, che utilizza la porosità delle spesse mura in pietra lavica, inclinate sapientemente verso l’interno per captare l’acqua direttamente dall’atmosfera.

Fonte: Fai

52 GdB | Giugno 2022

realizzati in modo da raccogliere e non far sprecare neppure una goccia di pioggia, bene raro e prezioso da queste parti. Ecco com’è possibile che, pur in assenza di irrigazione, all’interno del giardino l’arancio cresca rigoglioso da secoli, grazie allo speciale microclima che lo circonda. E se può sembrare poco, va ricordato come un solo albero possa bastare e avanzare per un’intera famiglia. Fino a qualche decennio fa una pianta di agrumi poteva rappresentare una sorta di riserva di vitamine per il contadino e per i suoi affetti più cari. Una scorta a buon mercato e che, di fatto, non necessitava di cure particolari. Un tempo a Pantelleria erano numerose le strutture del genere, oggi il Giardino Donnafugata è uno dei pochissimi ancora presenti. Il meccanismo semplice e complesso al tempo stesso che lo regola è spiegato con chiarezza da Giuseppe Barbera, docente di colture arboree all’Università di Palermo: «Il muro protegge la pianta dal vento, e crea un ombreggiamento che riduce l’evaporazione dell’umidità dal suolo e la traspirazione della pianta. Molto importante è anche la condensazione notturna della rugiada che contribuisce a soddisfare il fabbisogno idrico dell’albero». Proprio grazie a Barbera, che nel 2005 stava compiendo una sorta di censimento dei giardini panteschi ancora presenti sull’isola, si deve la riscoperta del Giardino Donnafugata. Ne parlò infatti con Marco Magnifico, allora vicepresidente esecutivo del Fondo Ambiente Italiano, e con Giacomo Rallo, fondatore e proprietario dell’azienda vinicola Donnafugata. Tre anni dopo, nel 2008, il giardino è stato donato al Fai con una missione precisa: far conoscere il più possibile questa antica tecnica di architettura agraria e ricordare con forza quanto importante e fondamentale sia la preservazione di una risorsa vitale per tutti, l’acqua. Da allora il legame tra Fai e Donnafugata si è fatto intenso e strettissimo. Rimesso a nuovo, il bellissimo Giardino Pantesco è diventato meta di visite e passeggiate turistiche in ogni mese dell’anno, entrando a buon diritto a far parte delle attrazioni più caratteristiche e ricercate dell’isola. Lo si raggiunge facilmente: è infatti nel bel mezzo delle Cantine Donnafugata, in contrada Khamma Fuori, a un chilometro e mezzo dal porto di Pantelleria. L’ingresso, libero e consentito negli orari d’apertura della cantina, è delimitato da due costruzioni che sono altri marchi di fabbrica panteschi: due bianchi dammusi, la tipica abitazione dell’isola.


Beni culturali

I

n occasione del Salone del Restauro, organizzato a Ferrara dall’8 al 10 giugno, l’Enea (Ente Per Le Nuove Tecnologie, L’Energia e L’Ambiente) ha presentato prodotti e metodologie innovative dedicate a restauro, tutela, conservazione e valorizzazione di beni culturali, archivistici e librari. Nello specifico, l’ente e i suoi ricercatori hanno esposto quindici nuovi prototipi di tecnologie e software avanzati, dieci progetti di ricerca e tre infrastrutture, fra cui le tavole vibranti per la simulazione dell’impatto dei terremoti, tutti dedicati alla tutela dei patrimoni artistici. Durante le tre giornate, pubblico e ricercatori si sono confrontati su temi importanti, quali radiazioni per il recupero del biodegrado, tecnologie nucleari per la conservazione del patrimonio culturale, restauro sostenibile delle opere d’arte attraverso batteri e fitoderivati, laser scanner per la diagnostica da remoto, soluzioni per il deterioramento dei manufatti causati da agenti ambientali, sperimentazioni su tavole vibranti per la prevenzione del rischio sismico o delle vibrazioni causate dal traffico su strada e rotaia. Su quest’ultima novità, ad esempio, si basa il progetto “Monalisa”, che ha messo a punto una piattaforma antivibrazioni per ridurre gli effetti dannosi che il traffico quotidiano può arrecare al “Sarcofago degli Sposi”, uno dei principali capolavori dell’arte etrusca, conservato nel Museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma. E ancora, sono stati presentati gli innovativi laser scanner RGB-ITR (Red Green Blue Imaging Topological Radar) e il sistema di imaging LIF (Laser Induced Fluorescence), che grazie all’utilizzo di sorgenti laser monocromatiche in grado di agire a una distanza di 30 metri dall’opera d’arte e a tecniche di realtà virtuale, consentono la fruizione di siti archeologici e beni culturali non visitabili, come nel caso della spezieria di *

Consigliere tesoriere dell’Onb

© GIACOMO MORINI/shutterstock.com

L’ENEA PROTAGONISTA AL SALONE DEL RESTAURO L’Ente Per Le Nuove Tecnologie, L’Energia e L’Ambiente ha esposto prodotti e metodologie innovative dedicate al restauro e alla tutela del patrimonio artistico

di Pietro Sapia*

Santa Maria della Scala a Roma, la più antica farmacia d’Europa. Solo per citarne alcuni, il Distretto Tecnologico per i Beni e le Attività Culturali della Regione Lazio ha avviato il progetto “COLLINE” per valutare le condizioni reali dei monumenti in corso di restauro e per recuperare le opere degradate grazie a materiali innovativi e a moderne tecniche diagnostiche e di sensoristica. Il progetto 3DH-solutions, invece, ha mostrato come stampa 3D e nanomateriali possano riprodurre parti mancanti di edifici e di elementi scultorei danneggiati dal tempo o da fenomeni esterni. Tra le proposte più innovati-

ve c’è stato anche “BioNanoinLegno”, trattamenti basati su bio e nanotecnologie per il restauro di opere in legno dell’arte contemporanea, archeologica e subacquea. Alle imprese, invece, Enea, Cna, Confapi, Confartigianato, Confindustria e Unioncamere hanno dedicato lo spazio “KEP - Knowledge Exchange Program”, all’interno del quali le aziende hanno potuto usufruire delle competenze di ricercatori specializzati nel campo dello sviluppo di soluzione innovative e personalizzate nel trasferimento tecnologico e nella crescita della competitività delle società. GdB | Giugno 2022

53


Sport

NEL DOPO PELLEGRINI IL NUOTO ITALIANO CONTINUA A ESALTARSI Ai mondiali di Budapest, incetta di medaglie, con cinque ori Rassegna dei risultati degli azzurri, con il record di Ceccon di Antonino Palumbo

Gregorio Paltrinieri. © BrunoRosa/shutterstock.com

54 GdB | Giugno 2022


Sport

È

iniziato con grandi speranze, si è chiuso con un record fantastico. Il primo Campionato del Mondo dopo il ritiro di Federica Pellegrini è stato un autentico trionfo per l’Italia del nuoto in corsia. Cinque medaglie d’oro non le avevamo mai viste luccicare, in azzurro. Né avevamo mai festeggiato nove podi complessivi, con due argenti e due bronzi a integrare i trionfi di Martinenghi, Ceccon, Pilato, Paltrinieri e della staffetta mista maschile. A completare le loquaci cifre, il numero di italiani in finale (24), che racconta di un intero movimento in salute, proiettato ora con il morale alle stelle verso gli Europei di agosto a Roma. DALLA 4x100 sl MASCHILE LA PRIMA MEDAGLIA La prima grande emozione per l’Italia a Budapest è arrivata nella staffetta 4x100 stile libero. Argento olimpico a Tokyo, il quartetto formato da Alessandro Miressi, Thomas Ceccon, Lorenzo Zazzeri e Manuel Frigo si è confermato ad altissimi livelli vincendo la medaglia di bronzo nella prima giornata di finali. Davanti a loro, soltanto Stati Uniti e Australia. TETE E LA RANA D’ORO Un’impresa storica, quella firmata nei 100m rana da Nicolò Martinenghi. Il 22enne varesino ha spezzato il tabù azzurro nella specialità, vincendo la finalissima in 58”26 e migliorando di due centesimo il suo precedente primato nazionale. “Tete” ha virato alle spalle dell’americano Nic Fink a metà gara, poi il sorpasso e l’oro, davanti all’olandese Arno Kamminga (58”62), già argento ai Giochi di Tokyo. Nei 50m rana Nicolò si è invece fermato a soli tre centesimi dalla leggenda, piazzandosi secondo dietro lo statunitense Nic Fink, con Simone Cerasuolo quinto malgrado un avvento segnato dal Covid. IL RECORD DEL MONDO DI CECCON Trentatré anni dopo Giorgio Lamberti, l’Italia è tornata a firmare un record del mondo in campo maschile. A stabilirlo, nei 100m dorso, è stato il neocampione del mondo Thomas Ceccon. Dopo aver migliorato

in semifinale il proprio precedente primato italiano, fermando il cronometro in 52”12, il 21enne vicentino ha scritto la finale perfetta, virando in seconda posizione e poi sorpassando Ryan Murphy e abbassando di 25 centesimi il suo primato mondiale, in 51”60. Il plurispecialista vicentino ha dovuto invece restituire il bronzo dei 50m dorso, arrivato nell’ultima giornata di gare: squalificato per arrivo irregolare, lo statunitense Justin Ress ha vinto il ricorso per l’oro, facendo scivolare Thomas al quarto posto. L’IMPLACABILE “LEGGE” DI PILATO Neppure il tempo di realizzare la portata dell’impresa di Ceccon, che nella stessa vasca si è concretizzato un altro splendido oro azzurro. A coglierlo è stata la 17enne tarantina Benedetta Pilato, vincitrice dei 100m rana davanti alla tedesca Anna Elendt e all’olimpionica di Londra, Ruta Meylutite. Spettacolare la rimonta di Benny nella seconda vasca, dopo la virata in quarta posizione. Toccante il suo “crollo” emotivo, nell’intervista del dopo gara. Cancellata, di colpo, la delusione olimpica di Tokyo. Come Martinenghi, anche la pugliese è andata a pochi centesimi nella doppietta, ma si è dovuta accontentare dell’argento nei 50, la gara nella quale a Budapest stabilì il record del mondo in 29”30. A vincere l’oro è stata proprio la Meylutite, prima in 29”70 contro i 29”80 di Pilato. QUADARELLA, DALLE LACRIME ALLA GIOIA Deludente nei 1500 metri, Simona Quadarella si è rifatta negli 800 stile libero, confermando la medaglia di bronzo vinta alle Olimpiadi di Tokyo. Davanti a lei solo l’extraterrestre Katie Ledecky e l’australiana Kiah Melverton. Partita in testa, scivolata al quinto posto fino ai 300 metri, la romana è risalito fino alla seconda posizione prima del rientro della Melverton che l’ha preceduta di tre centesimi. Ma con un Europeo in casa questa estate è una gran bella iniezione di fiducia. GREG L’INFINITO: PALTRINIERI E I 1500sl DA LEGGENDA Gregorio Paltrinieri c’era rimasto male davvero, per quel bronzo negli 800 stile libe GdB | Giugno 2022

55


ro, dopo aver gareggiato in zona podio fino alla penultima vasca. Tutta la sua rabbia e la sua voglia di riscatto, però, sono state i propulsori per una gara da leggenda nei 1500, nella quale ha impartito una sonora lezione ai rivali, i vari Finke, Wellbrock e Romanchuk. In corsia 1, il fondista di Carpi ha impostato una gara d’attacco fino dalla seconda vasca, con un passo micidiale che ha fatto tremare lo storico record del mondo di Sun Yang. Sorpresi e disorientati, gli avversari sono scivolati ben presto oltre i tre secondi da Greg, che a sua volta ha virato più volte quasi tre secondi sotto il primato del fuoriclasse cinese. Incitato da tutta la Duna Arena, Paltrinieri ha resistito al ritorno di Finke & Co. con parziali da urlo fino ai 1400, prima di chiudere con il primato europeo (14’32”80) e una fantastica medaglia d’oro. Dedicato a qualche miscredente che aveva iniziato a di-

Fonte: Coni.

Sport

Simona Quadarella. Deludente nei 1500 metri, Simona Quadarella si è rifatta negli 800 stile libero, confermando la medaglia di bronzo vinta alle Olimpiadi di Tokyo.

pingerlo sul viale del tramonto. I PRINCIPI AZZURRI DELLA STAFFETTA MISTA A chiudere un’edizione da record, e non solo perché mancava la Russia, è stata la staffetta 4x100 mista maschile dell’Italia, già bronzo alle ultime Olimpiadi. A scrivere la storia sono stati, frazione dopo frazione, Thomas Ceccon (51”93 a dorso), Nicolò Martinenghi (57”47 a rana), Federico Burdisso (50”63 a delfino) e Alessandro Miressi, che nella frazione a stile libero ha tenuto dietro Held grazie a una frazione da 47”48, stampando il nuovo record europeo in 3’27”51. Stati Uniti secondi a 28 centesimi, più distanti Gran Bretagna e Australia, divise da sei decimi. «La prestazione di Gregorio ci ha gasati a manetta» le parole di Miressi dopo l’impresa. E Martinenghi: «È la medaglia più bella». Se lo dice lui, che ne ha vinte tre, non abbia-

Thomas Ceccon (Fonte: Cioni)

56 GdB | Giugno 2022


Corso Fad

BONIFICHE DEI SITI INQUINANTI E DANNO AMBIENTALE Luglio-dicembre 2022

www.onb.it GdB | Giugno 2022

57


Sport

DOPO TOKYO, ATLETICA AZZURRA ALL’ESAME DI MATURITÀ Dal 15 al 24 luglio andrà in scena la rassegna iridata a Eugene (Oregon). Ecco il punto sullo stato di salute e sulle prospettive di successo degli atleti favoriti, tra cui quelli italiani

C

hi ama l’atletica leggera, o le Olimpiadi delle quali è considerata la “regina”, ha ancora negli occhi le storiche imprese degli azzurri ai Giochi di Tokyo 2020, slittati alla scorsa estate causa Covid. Intanto, però, è quasi tempo di “recuperare” i Campionati del Mondo, posticipati di conseguenza rispetto alle date originali. La rassegna iridata andrà in scena a Eugene, nell’Oregon (Stati Uniti), dal 15 al 24 luglio prossimi. Di motivi per seguirli, ce ne sono tanti. Noi ve ne diamo una decina. GLI OLIMPIONICI AZZURRI A CACCIA DELL’IRIDE Ai Mondiali sarà difficile bissare i cinque ori delle Olimpiadi, anche perché Giorgia Palmisano (marcia 20 km) è infortunata e la staffetta 4x100 (Jacobs, Patta, Desalu, Tortu) deve ancora ritrovare gli automatismi di Tokyo. Sulla via del recupero è Marcell Jacobs, infortunatosi lo scorso 23 maggio (distrazione-elongazione di primo grado) rientrato agli Assoluti, vinti senza brillare. Deludente al Golden Gala, Tamberi può tirar fuori una delle “sue” prestazioni nell’alto, Massimo Stano punta a far rilucere il suo oro olimpico nella 20 km maschile di marcia. LE “MARTELLATE” DI SARA FANTINI Sogna in grande in prospettiva mondiale anche Sara Fantini, che in primavera ha migliorato per quattro volte il record italiano, salendo al quinto posto delle classifiche stagionali femminili del lancio del martello. Lo scorso 28 maggio ha superato dopo 17 anni il primato di Ester Balassini, facendo segnare 74,38 metri.

58 GdB | Giugno 2022

Poi si è migliorata di un metro e mezzo a Samorin, in Slovacchia, e di ulteriori 90 centimetri nel Continental Tour a Madrid, salendo prima a 75,76 e poi a 75,77 metri. IL SALTO DI DUPLANTIS OLTRE IL TABÙ CON L’ASTA Che sia il favorito dei favoriti, nel salto con l’asta, nessuno lo mette in dubbio. Ma mai dire mai. Perché, può suonare strano, l’uomo dei record non ha mai vinto l’oro ai Mondiali di atletica all’aperto, eccezion fatta per quelli giovanili da U18 e U20. Tre anni fa, a Doha, il primatista del mondo fu infatti battuto dall’americano Sam Kendricks. Dopo quella data, Duplantis ha vinto tutto ciò che c’era da vincere e lo scorso marzo, a Belgrado, ha migliorato per altre due volte il primato del mondo, portandolo a 6,20m in occasione dei Mondiali indoor. I SOGNI TRIPLI DI ANDREA DALLAVALLE Il minimo per i Mondiali di Eugene l’ha ottenuto solo al Meeting Internazionale Città di Grosseto, a giugno. Ma l’ha fatto in grande stile. Nono alle Olipiadi, campione europeo Under 23, Andrea Dallavalle si è qualificato per la rassegna iridata saltando 17,25 metri al debutto stagionale, proiettandosi ai piani alti quinto - nelle liste mondiali del 2022. E non si pone limiti. DEVON ALLEN “CUORE” A METÀ Fra i protagonisti dei Mondiali è atteso Devon Allen, statunitense, specialista dei 110 ostacoli e quarto classificato ai Giochi Olim-


Sport

Roberta Bruni (Fonte: Coni).

LO SPETTACOLO DEI 400M OSTACOLI Mentre l’Italia applaude il ritorno alle competizioni dello specialista Alessandro Sibilio, gli appassionati di pronostici “studiano” quale potrà essere l’epilogo dei 400m ostacoli ai Mondiali di Eugene. Lo stop inatteso, a Roma, dell’olimpionico e primatista mondiale Karsten Warholm, fa sperare i rivali. Fra gli altri, sperano il 21enne brasiliano Alison dos Santos e lo statunitense Rai Benjamin.

pici di Tokyo. Il suo percorso verso Eugene 2022 è stato impreziosito da vittorie importanti, come quelle di New York e Oslo, e dal terzo crono di sempre nella specialità. Il suo obiettivo: vincere i Mondiali e tirmbrare il tecord del mondo. Poi si dedicherà al football americano: ha infatti firmato un triennale con i Philadelphia Eagles in NFL. “Cuore” a metà, ma gambe veloci assai. L’ASTA TRICOLORE DI UNA ROBERTA BRUNI IM GRAN FORMA Se Duplantis vola ad altezze proibite per qualunque altro essere umano, l’asta italiana si gode l’eccellente stato di forma di Roberta Bruni e spera possa durare fino ai Mondiali. Fra maggio e giugno, l’azzurra ha chiuso per quattro volte sopra quota 4,60m, per poi conquistare il minimo per Eugene 2022 grazie al nuovo primato italiano. Il salto a 4,71m rappresenta anche la miglior misura europea e la terza mondiale della stagione. LA BATTAGLIA DEI 200m FEMMINILI Fra le gare più combattute, almeno in previsione, ci sono i 200m piani femminili. Se, infatti, l’olimpionica Elaine Thompson-Herah ha iniziato la stagione in bellezza, la sua collega giamaicana Shericka Jackson ha vinto lo “scontro” diretto al Golden Gala di Roma, candidandosi a sua volta per l’oro iridato. Ma attenzione alla 22enne statunitense Abby Steiner, che a giugno ha dominato le finali Ncaa di Eugene in 21”80, miglior prestazione stagionale sulla distanza, e all’argento olimpico Christine Mboma, di appena sette centesimi più lenta quest’anno.

I BIG D’AFRICA, DALLA VELOCITÀ AL MEZZOFONDO I Paesi africani hanno giocato, da sempre, carte validissime nei grandi eventi dell’atletica leggera e anche a Eugene non faranno eccezione. Dal bronzo olimpico e iridato Fabrice Zango nel salto triplo ad Abel Kipsang (argento a Doha 2019) nei 1500m maschili, da Ferdinand Omanyala e Gina Bass - keniota l’uno, gambiana l’altra - nei 100m piani al sorprendente teenager Emmanuel Wanyonyi, fino al marocchino Soufiane El Bakkali, medaglia d’oro nei 3000m ostacoli alle Olimpiadi di Tokyo.

Mi piace tanto fare palestra perché è un modo per superare limiti. Quando ero piccola facevo squat con 30 chili, ora li faccio con 160.

GIAVELLOTTO SENZA LIMITI Da non perdere, ai Mondiali, anche la finale del lancio del giavellotto. In “pole” per l’oro ci sono il grenadino campione del mondo Anderson Peters e l’argento olimpico Jakub Vadlejch, oltre naturalmente all’indiano Neeraj Chopra, oro a Tokyo 2020. Pronti a fare i guastafeste i tedeschi Julian Weber, Andreas Hoffman e Johannes Vetter (che due anni fa lanciò a 97,76m), il finlandese Tero Pitamaki, iridato nel 2007 e Keshorn Walcott, olimpionico a Londra dieci anni fa. (A. P.) GdB | Giugno 2022

59


Sport

Mauro Nespoli (Fonte: Coni.)

ARCO, FRECCE D’ORO PER L’ITALIA AGLI EUROPEI Gli azzurri campioni nella gara a squadre della divisione Olimpico. Argento per le ragazze del Compound, bronzo per Nespoli e Andreoli nel mixed team

U

n oro, un argento e un bronzo. Con qualche rammarico. Questo il bilancio dell’Italia ai Campionati europei di tiro con l’arco, andati in scena a Monaco di Baviera, in Germania. Gli azzurri hanno confermato le loro qualità sfiorando il successo nel Compound femminile a squadre e trovandolo nell’Olimpico maschile, completando il tris di medaglie nel mixed team dell’Olimpico. La prima medaglia è arrivata nel torneo a squadre femminile Compound con Elisa Roner, Marcella Tonioli e Sara Ret, la cui “cavalcata” si è arrestata solo in finale, contro la Gran Bretagna

60 GdB | Giugno 2022

di Carpenter, Gibson e Stretton, che si è imposta con il risultato di 229-232. Le britanniche hanno scavato il solco decisivo nella seconda volée (58-55), dopo che la prima si era conclusa in assolita parità. La nazionale d’Oltremanica è cresciuta di un punto alla volta, fra i quarti e la finale, dopo essersi qualificata col secondo punteggio. Quarta nelle fasi preliminari, l’Italia ha invece espresso il massimo potenziale in semifinale con la Turchia, battuta 233-231, dopo aver fatto il proprio dovere con l’Olanda. Poi l’argento, la classica medaglia dolce-amara. Se le parole di Elisa Roner non nascondono una punta di delusione («Speravamo nell’oro, siamo

comunque soddisfatte anche se abbiamo avuto un po’ di sfortuna in alcune frecce»), quelle di Sara Ret raccontano il bicchiere mezzo pieno: «L’anno scorso abbiamo preso il bronzo, questa volta l’argento, ci riproveremo nella prossima occasione». E Marcella Tonioli: «Ci riproveremo, siamo contente di questo argento». Nell’individuale, amaro quarto posto per Roner. Domenica 12 giugno Mauro Nespoli, Alessandro Paoli e Federico Musolesi hanno battuto la Spagna nella finale per l’oro dell’Olimpico maschile a squadre. Prestazione da applausi per il terzetto italiano, che si è imposto per 5-1, trovando la vittoria dopo due argenti in Coppa del Mondo. La finale perfetta per gli azzurri, terzi nelle qualifiche e arrivati in finale battendo Portogallo (6-2), Ucraina (5-4) e Gran Bretagna (5-3). All’atto decisivo, l’Italia ha iniziato bene e concluso in bellezza, contro una selezione iberica (Acha, Alvarino Garcia, Castro) che non è riuscita ad affinare la mira. Prima volée azzurra in maniera netta, 56-49, mentre nella seconda il gap si è assottigliato a tre punti (55-52) ma tanto è bastato per portare Nespoli e soci sul 4-0. Alla volée decisiva, e all’ultima spiaggia, gli iberici hanno tirato fuori l’orgoglio ma Nespoli, Paoli Musolesi hanno chiuso il discorso grazie a tre “10” nelle ultime tre frecce, pareggiando sul 58-58 e trovando il punto del 5-1 finale e del titolo europeo. Nespoli ha completato l’opera vincendo il bronzo con Tatiana Andreoli nel mixed team dell’Olimpico, sconfiggendo in rimonta l’Ucraina (Marchenko-Hunbin) per 6-2 nella finale del bronzo. Al di là dei podi, fra le note più piacevoli degli Europei c’è stata la convocazione della campionessa paralimpica Elisabetta Mijno, per la prima volta in trasferta con la nazionale “normo”, dopo gli eccellenti risultati degli ultimi mesi. Come lei, in passato, nella divisione olimpica, solo Paola Fantato che fu titolare sia ai Giochi Olimpici sia ai Giochi Paralimpici ad Atlanta ’96. (A. P.)


© Radu Razvan/shutterstock.com

P

er gli amanti del ciclismo, il mese di luglio vuol dire solo una cosa, di 12 lettere: Tour de France. Dal 1° al 24 luglio gli occhi degli sportivi saranno calamitati dalla “Grande Boucle”, la corsa a tappe più affascinante e più ricca di tutte. Partenza da Copenaghen, arrivo a Parigi dopo 21 tappe, per l’edizione numero 109. Con un favorito d’obbligo, il vincitore delle ultime due edizioni: lo sloveno Tadej Pogacar. Brillante scalatore, classe 1998, Pogacar ha confermato al Tour of Slovenia di essere in condizioni ottimali, aggiungendo la gara a tappe di “casa” a un palmares stagionale già impreziosito da UAE Tour, Strade Bianche e Tirreno-Adriatico. Il rivale numero uno non può che essere Primoz Roglic, sloveno pure lui, 33 anni da compiere il prossimo autunno. Quest’anno si è aggiudicato la Parigi-Nizza e il Critérium du Dauphiné. Lo scorso anno fu costretto a lasciare il Tour, per gli effetti di una brutta caduta nella terza tappa, riscattandosi poi con il successo assoluto alla Vuelta a Espana, il terzo consecutivo. Non dovesse “girare” Roglic, la Jumbo Visma ha un altro asso nella manica, il danese Jonas Vingegaard che lo scorso anno chiuse in seconda posizione, così come al “Delfinato” vinto dal proprio capitano. Altra insidia per il duo sloveno è rappresentato da Aleksandr Vlasov, russo della Bora-Hansgroe, che stava guidando in maniera brillante il Giro di Svizzera prima della positività al Covid che l’ha costretto al ritiro. Quest’anno ha già vinto la Volta a la Comunitat Valenciana e il Giro di Romandia, chiudendo terzo all’Iztulia Basque Country alle spalle di Daniel Felipe Martinez (Ineos Grenadiers) e Ion Izagirre (Cofidis). Ineos Grenadiers che si presenta al Tour de France con tre potenziali capitani, considerato che schiererà anche Adam Yates e Geraint Thomas, quest’ultimo reduce dalla vittoria al Giro di Svizzera, frutto di un rendimento costante e di una splendida cronometro conclusiva. La Francia spera nei “soliti” Thibaut

Sport

Tadej Pogacar al Tour 2021.

TOUR DE FRANCE, DUELLI SLOVENI E APPEAL ITALIANO Luglio “in giallo” per gli amanti del ciclismo, con la 109esima edizione della “Grande Boucle”. Partenza da Copenaghen, arrivo a Parigi dopo 21 tappe

Pinot, David Gaudu, Romain Bardet e Guillaume Martin, che sembrano però più in grado di regalare imprese isolate che di sfatare il tabù della vittoria assoluta, lungo 37 anni. Noi italiani, invece, tiferemo per Damiano Caruso, l’asso della Bahrain Victorious per l’evento clou del calendario. Sarà supportato da Gino Mader e Jack Haig. Se l’Italia, salvo sorprese, esprime poco in termini di favoriti per il podio, potrebbe invece vivere da protagonista l’edizione 111 del Tour de France, nel 2024, grazie ai suoi luoghi e alla sua storia. Secondo indiscrezioni giornalistiche, infatti, la Grande Boucle dell’anno olimpico potrebbe partire il 29 giugno da Piazzale

Michelangelo a Firenze, per concludersi a Nizza il 21 luglio. Parigi, da sempre location d’arrivo del Tour, si farebbe eccezionalmente da parte, visto che dal 26 luglio all’11 agosto ospiterà le Olimpiadi. Firenze, per il ciclismo, vuol dire Gino Bartali e Gastone Nencini, entrambi “re” del Tour de France, oltre che personalità di spicco. La prima tappa si dovrebbe concludere a Rimini, mentre la seconda partirebbe dalla Cesenatico di Marco Pantani - ultimo campione a realizzare l’accoppiata Giro/ Tour - per concludersi a Bologna. Terza tappa ipotizzata da Modena a Piacenza, attraverso l’Appennino, mentre la quarta partirà da Pinerolo in omaggio a Fausto Coppi, per arrivare in Francia. (A. P.) GdB | Giugno 2022

61


Lavoro

CONCORSI PUBBLICI PER BIOLOGI UNIVERSITÀ DI PERUGIA Scadenza, 7 luglio 2022 Procedura di selezione per la copertura di un posto di ricercatore a tempo determinato per un periodo di tre anni e pieno, settore concorsuale 05/E2 - Biologia molecolare, per il Dipartimento di chimica, biologia e biotecnologie. Gazzetta Ufficiale n. 45 del 07-06-2022. AZIENDA SANITARIA LOCALE DELLA PROVINCIA DI BARI Scadenza, 7 luglio 2022 Concorso pubblico per la copertura di un posto di dirigente biologo, disciplina di laboratorio genetica medica, per la UOC di genetica medica del PO di Venere. Gazzetta Ufficiale n. 45 del 07-062022. ISTITUTO NAZIONALE TUMORI IRCCS - FONDAZIONE G. PASCALE DI NAPOLI Scadenza, 10 luglio 2022 Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di nove posti di dirigente sanitario biologo, disciplina di patologia clinica, a tempo pieno ed indeterminato. Gazzetta Ufficiale n. 46 del 10-06-2022. UNIVERSITÀ SAINT CAMILLUS INTERNATIONAL UNIVERSITY OF HEALTH SCIENCES DI ROMA Scadenza, 17 luglio 2022 Procedura di selezione per la copertura di un posto di ricercatore a tempo determinato, settore concorsuale 05/E2 Biologia molecolare, per la Facoltà dipartimentale di medicina e chirurgia. Gazzetta Ufficiale n. 48 del 17-06-2022. UNIVERSITÀ DEL MOLISE IN CAMPOBASSO

62 GdB | Giugno 2022

Scadenza, 21 luglio 2022 Procedura di selezione per la copertura di un posto di ricercatore a tempo determinato e pieno, settore concorsuale 05/B1 - Zoologia e antropologia, per il Dipartimento di bioscienze e territorio. Gazzetta Ufficiale n. 49 del 21-06-2022. AZIENDA SOCIO SANITARIA TERRITORIALE DEI SETTE LAGHI – VARESE Scadenza, 24 luglio 2022 Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di dirigente sanitario - biologo, specializzato in microbiologia e virologia, a tempo indeterminato e pieno, per la struttura complessa laboratorio di microbiologia. Gazzetta Ufficiale n. 50 del 24-06-2022. CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – Istituto di Neuroscienze di Milano Scadenza, 4 luglio 2022 È indetta una selezione pubblica per titoli e colloquio ai sensi dell’art. 8 del “Disciplinare concernente le assunzioni di personale con contratto di lavoro a tempo determinato” per l’assunzione, con contratto di lavoro a tempo determinato ai sensi dell’art. 83 del CCNL del Comparto “Istruzione e Ricerca” 2016-2018, sottoscritto in data 19 aprile 2018, di una unità di personale con profilo professionale di Ricercatore - III livello, fascia stipendiale iniziale, full time, presso l’Istituto di Neuroscienze - sede di Milano, situata in via Raoul Follereau, 3 a Vedano al Lambro (MB), per lo svolgimento della seguente attività di ricerca scientifica: sviluppo di assay in vitro per la valutazione del danno infiammatorio indotto dalle cellule microgliali sugli oligodendrociti e

dell’azione protettiva delle cellule mesenchimali verso il danno; - scongelamento e mantenimento di cellule mesenchimali umane in condizioni che favoriscono il loro potenziale immunomodulante; - allestimento di colture di cellule microgliali e di oligodendrociti che saranno mantenute in cocoltura indiretta con le cellule mesenchimali umane; nell’ambito del progetto denominato PREMSTEM citato nelle premesse. Per informazioni, www. cnr.it, sezione “concorsi”. CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO DI NEUROSCIENZE DI PADOVA Scadenza, 4 luglio 2022 È indetta una pubblica selezione per titoli ed eventualmente colloquio, per il conferimento di n. 1 borsa di studio per laureati, per ricerche inerenti l’Area scientifica “Neuroscienze” da usufruirsi presso l’Istituto di Neuroscienze del CNR di Pisa sotto la responsabilità scientifica del Prof. Tullio Pozzan. Tematica: Caratterizzazione del ruolo delle fosfatasi nella generazione e compartimentazione di microdomini di attività di protein kinasi calcio-dipendenti, mediante l’applicazione di tecniche di live FRET imaging. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”. CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO DI BIOLOGIA E BIOTECNOLOGIA AGRARIA DI MILANO Scadenza, 4 luglio 2022 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di un assegno di tipologia Professionalizzante per lo svolgimento di attività di ricerca inerente all’Area Scientifica “05 – Scienze biologiche”, presso la sede di


Lavoro

Milano dell’Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria del CNR che effettua ricerche nell’ambito del Programma di ricerca “ENPHOT - Meccanismi di efficienza fotosintetica sia in ambiente naturale che artificiale”, Premio Lombardia è Ricerca Edizione 2020, ammesso alle agevolazioni con Deliberazione Giunta Regione Lombardia N° XI/5432 Seduta del 25/10/2021, per la seguente tematica: “Sviluppo di strumentazione per spettroscopia ottica risolta nel tempo e sua applicazione allo studio del processo fotosintetico in vitro ed in vivo”. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”. CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO PER L’ENDOCRINOLOGIA E L’ONCOLOGIA “GAETANO SALVATORE” DI NAPOLI Scadenza, 6 luglio 2022 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di n. 1 Assegno Post Dottorale per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze Biomediche” da svolgersi presso l’Istituto per l’Endocrinologia e l’Oncologia Sperimentale “G. Salvatore” del CNR nella sede secondaria di NAPOLI in Via P. Castellino 111, che effettua ricerca in Endocrinologia ed Oncologia Sperimentale nell’ambito del programma di ricerca :“AIRC IG 2018 N. 21420 MICROSCOPIA CORRELATIVA PER L’IMAGING DEL CANCRO” per la seguente tematica: “Imaging Raman/SERS di cellule e tessuti tumorali”. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”. CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO DI SCIENZE E TECNOLOGIE CHIMICHE DI MILANO Scadenza, 7 luglio 2022 È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di n°1 borsa di studio per laureati, per ricerche inerenti l’Area scientifica “Chimica” da usufruirsi presso l’Istituto di Scienze e Tecnolo-

gie Chimiche (SCITEC) “Giulio Natta”, nell’ambito delle attività sperimentali finali del progetto “HYDROGEL ADOR”; Tematica: “Ottenimento di varianti ingegnerizzate di transaminasi di interesse sintetico e loro immobilizzazione in matrici idrogel”. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”. CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO PER LE RISORSE BIOLOGICHE E LE BIOTECNOLOGIE MARINE DI ANCONA Scadenza, 11 luglio 2022 È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di n. 1 (una) borsa di studio per laureati, per ricerche inerenti all’Area scientifica “Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l’Ambiente” da usufruirsi presso l’Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine del CNR sede di Ancona. Tematica: “Attività di campionamento e di trattamento ed elaborazione dati, finalizzate allo studio delle comunità epimegabentoniche ed ittiche sottoposte a perturbazioni fisiche, impatti antropici e cambiamenti climatici”. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”. CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO DI BIOMEMBRANE, BIOENERGETICA E BIOTECNOLOGIE MOLECOLARI DI BARI Scadenza, 7 luglio 2022 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di N. 1 assegno Tipologia di Assegno: B) “Post doc” per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze Biomediche” conferito dall’Istituto di Biomembrane, Bioenergetica e Biotecnologie Molecolari CNR di Bari sotto la responsabilità scientifica del Prof. Graziano Pesole, nell’ambito del Progetto ELIXIR FOE previsto nella Roadmap Esfri CUP B55F21001010005 per la seguente tematica: “Sviluppo di metodologie bioinformatiche per l’analisi di dati di sequenziamento massivo mediante piattaforme di terza generazione”. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”.

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO PER LO STUDIO DEGLI IMPATTI ANTROPICI E SOSTENIBILITÀ IN AMBIENTE MARINO DI ROMA Scadenza, 14 luglio 2022 È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di n.1 borsa di studio per laureati, per ricerche inerenti l’Area scientifica “Rischi naturali e impatti antropici e tecnologie per l’ambiente” da usufruirsi presso l’Istituto per lo Studio degli Impatti Antropici e Sostenibilità in ambiente marino – Sede di Roma del CNR, nell’ambito del Progetto di Ricerca “SNSvS 2 - CATEGORIA 1NP 1.25 SICILIA_BioGoal -Dalle aree ad elevato rischio ambientale alla Bioeconomia circolare per costruire strategie regionali a partire dai Goal dello sviluppo sostenibile, progetto finanziato da fondi MiTE Bando Snsv2 per lo Sviluppo Sostenibile. Tematica: “Studio di design thinking per promuovere la multi-disciplinarietà nella formazione e divulgazione sui temi della bioeconomia per la rigenerazione ambientale sociale ed economica in aree ad elevato rischio ambientale”. Per informazioni, www.cnr. it, sezione “concorsi”. CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO DI BIOSTRUTTURE E BIOIMMAGINI DI TORINO Scadenza, 29 luglio 2022 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di n. 1 assegno (Tipologia B: “Assegni Post Dottorali”) - per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze Biomediche” da svolgersi presso la sede secondaria di Torino dell’Istituto di Biostrutture e Bioimmagini del CNR, nell’ambito di “Euro-BioImaging MedHub” per la seguente tematica: “Scientific project management nell’ambito di imaging preclinico/medico in open access presso le Infrastrutture di ricerca Europee per lo studio delle malattie infettive e del cancro”. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”. GdB | Giugno 2022

63


Scienze

Integrazione udito-olfatto per la scelta del partner sessuale nei roditori Integrazione multisensoriale e comportamento riproduttivo nei topi nei quali l’interpretazione dei segnali fenotipici avviene nella corteccia prefrontale mediale

di Arianna Bodo*

N

el Regno Animale, le capacità sensoriali assumono rilevanza essenziale ai fini riproduttivi. In particolare, l’integrazione multimodale udito-olfatto riveste un ruolo cruciale nella scelta del partner riproduttivo dei roditori. Rango sociale, stato di salute e non-consanguineità sono le caratteristiche che più di tutte vengono considerate significative della qualità genica di un individuo. Tale interpretazione dei segnali fenotipici, nei roditori, avviene a livello della corteccia prefrontale mediale. Tuttavia, per altre specie animali, tra cui la nostra, la sensorialità non riveste un ruolo altrettanto essenziale, sebbene non del tutto irrilevante. La selezione sessuale Il successo riproduttivo di un organismo animale è strettamente correlato alle sue interazioni con gli individui di sesso opposto. 1 Ciò si deve al fatto che, soprattutto nelle specie dioiche, gli aspetti che riguardano la riproduzione dipendono dalla complementarità dell’anatomia e fisiologia maschili e femminili, e dei relativi comportamenti.2 Nella maggior parte delle specie di vertebrati la scelta del partner sessuale spetta alla femmina. Fanno eccezione quei sistemi sociali in cui il sesso maschile è limitante perché in numero minore. In tal caso saranno le femmine a “corteggiare” i maschi.2 La scelta è basata sull’analisi della qualità dei segnali che questi sono in grado di emettere. 1 Così accade anche per i roditori. La ragione per la quale è solitamente la femmina a scegliere il compagno riproduttivo, e non viceversa, risiede nella sua minore possibilità riproduttiva,1 dovuta, Laureata in scienze biologiche e collaboratore di BioPills: il vostro portale scientifico.

*

64 GdB | Giugno 2022

in primis, alla lunghezza del periodo di “incubazione” della propria discendenza (con le dovute differenze di specie), ma anche alla richiesta energetica che deve sostenere per portare a termine lo sviluppo della prole. In altre parole, dipende dal diverso grado di investimento nelle cure parentali.2 La scelta del partner sessuale in base alle sue caratteristiche si definisce selezione sessuale e dipende prevalentemente da due fattori: • i caratteri fisiologici e comportamentali che permettono il riconoscimento del sesso; • i tratti fenotipici che, presumibilmente, indicano un maggior successo riproduttivo.2 Perciò, per incrementare il più possibile la sua fitness3, la femmina sceglie il partner qualitativamente migliore tra quelli disponibili. 3A supporto di ciò, la teoria dei buoni geni (good genes hypothesis) stabilisce come l’individuo che opera la scelta del partner sessuale preferisca il compagno in grado di tramandare alla propria discendenza i tratti genetici più vantaggiosi.1,4 Il maschio cercherà, dunque, di dimostrare la qualità dei propri geni,2 sia essa reale (segnali definiti come significativi, e quindi onesti) o solo “recitata” (segnali disonesti o ingannevoli), assumendo particolari comportamenti, esibendo specifiche colorazioni o porzioni anatomiche, producendo e rilasciando segnali chimici/acustici, ecc. In quest’ultimo caso, la femmina percepisce e poi processa gli stimoli chimici e acustici a livello del sistema nervoso centrale (SNC), in una maniera integrativa definita come multisensoriale.1 1. Su quali basi viene effettuata la scelta? La preferenza manifestata durante la scelta del partner riproduttivo dipende, in primis, dal rango sociale e dallo stato di salute dell’individuo in esame.1 In particolare, i maschi dei roditori rilasciano feromoni, stimoli chimici percepiti dalle femmine, grazie ad appositi


Scienze

© sirtravelalot/shutterstock.com

recettori olfattivi. Tali molecole sono significative del grado gerarchico, del ruolo sociale e dello stato di salute dell’individuo che li produce. 1,5 Allo stesso modo, i vocalizzi di un individuo maschio non solo attraggono la femmina, ma possono anche stimolare la sua efficienza riproduttiva. 1 Tuttavia, questi due tipi di segnali sono soggetti a un controllo di compatibilità per evitare l’inbreeding e garantire così la diversità genetica della prole.1,6 2. Caratteristiche dei segnali acustici e chimici 2.1 Nei roditori Solitamente, la posizione gerarchica di un topo maschio è correlata ai suoi livelli di testosterone.1,7 La quantità di questi non solo è apprezzabile direttamente tramite i segnali chimici rilasciati (es. feromoni), bensì determina anche l’intensità di alcuni fenotipi, quale il tono delle vocalizzazioni.1 Ecco perché segnali acustici e chimici sono quantitativamente correlati alla presenza di testosterone. Inoltre, la scelta del partner sessuale si indirizza sempre nei confronti di individui in buono stato di salute. In particolare, le femmine di topo tendono a non accoppiarsi con maschi parassitati. Informazioni circa la presenza o meno di parassiti vengono dedotte anch’esse da segnali chimici olfattivi.1

2.2 E per i roditori maschi? Non sono solo le femmine di roditore a essere abili recettrici delle diverse molecole odorose, bensì, anche i maschi possiedono notevoli capacità. Infatti, è stato dimostrato sperimentalmente che essi percepiscono, tramite l’olfatto, se una femmina è in estro, e perciò recettiva, o meno, mostrando una preferenza nei confronti della prima.3 2.3 Nell’uomo Il ruolo dell’olfatto nella specie umana è, in realtà, un argomento alquanto controverso. È ovvio che non tutte le persone sono ugualmente attente agli odori presenti nell’ambiente circostante.8 Ad ogni modo, si è generalmente d’accordo nell’affermare che il senso dell’olfatto sia notevolmente meno sviluppato nell’uomo, rispetto ad altre specie. Infatti, l’uomo ha sviluppato una complessità di linguaggio tale per cui, questo è diventato il principale strumento di comunicazione, intesa come trasmissione di informazioni, e ciò ha reso i segnali olfattivi decisamente secondari.9 Ecco perché, storicamente, si considera il senso dell’olfatto come solo minimamente coinvolto nella comunicazione umana, tanto da aver inserito la specie umana all’interno della categoria degli animali anosmatici, a fianco di cetacei e altri primati. Tuttavia, in molti concordano nell’attribuire all’uomo l’appartenenza a un GdB | Giugno 2022

65


Scienze

© Juan Gaertner/shutterstock.com

gruppo più mitigante, quale quello degli animali microsmatici, dal momento che l’uomo è comunque in grado di percepire molecole chimiche odorose.9 Inoltre, non è del tutto corretto affermare che l’essere umano non impieghi il proprio olfatto nelle relazioni interpersonali. Infatti, il corpo umano produce alcuni odori, definiti sociali: si tratta di stimoli olfattivi, in grado di veicolare numerose informazioni e messaggi sociali, quali il sesso, l’età, lo stato fisico e di salute, e le condizioni transitorie dell’individuo con cui si entra in contatto, il quale suscita, di conseguenza, una serie di particolari emozioni e reazioni nell’interlocutore.8 Infine, è anche stato osservato che gli esseri umani non sono del tutto indifferenti alla discriminazione olfattiva dei propri familiari, che infatti, sarebbero in grado di distinguere, seppur non sempre consapevolmente, gli odori corporei di un parente, da quelli di uno sconosciuto, o comunque di un individuo esterno alla propria cerchia familiare.10 66 GdB | Giugno 2022

destavano interesse anche da parte di altri partecipanti o che mostravano interesse reciproco.15 Tali evidenze dimostrano come, anche nella nostra specie, il comportamento vocale e la sua modulazione fenotipica sia funzionale nella comunicazione non-verbale, per ottenere giudizi favorevoli da parte del sesso opposto, nella scelta di un potenziale partner.15 4. Riconoscimento della compatibilità genetica L’evoluzione per selezione naturale, in molti casi, premia la variabilità genetica. Ciò spiega perché molto spesso gli animali adottino dei meccanismi per riconoscere gli individui consanguinei ed evitare di accoppiarsi con esemplari con cui condividono il patrimonio genetico, garantendo così la diversità genetica della prole. 4.1 I Major Hystocompatibility Complex Gli MHC sono complessi proteici coinvolti principalmente nella resistenza nei confronti dei patogeni, ma è


Scienze

Per quanto riguarda i feromoni, invece, il ruolo sessuale-riproduttivo di questi nell’uomo è certamente più marginale rispetto a quello di molti altri animali, seppur non del tutto irrilevante.11 Alcuni studi hanno rivelato che nell’essere umano, la percezione dei feromoni sarebbe mediata, non dall’organo vomeronasale (per lo più vestigiale, e dunque privo di funzionalità nell’adulto), bensì dal sistema olfattivo.11 3. Onestà dei segnali La domanda che sorge spontanea è: la qualità dei vocalizzi e dei segnali chimici rilasciati corrisponde effettivamente a caratteri vantaggiosi per la prole? La risposta dipende dal tipo di segnale e dalla specie in cui esso viene espresso. Nel caso dei roditori, i maschi di rango più alto (i dominanti) tendono a emettere una maggiore quantità di feromoni rispetto ai subordinati. In questi ultimi, invece, la funzionalità delle gonadi viene soppressa.1 Pertanto, la quantità di testosterone sarà inferiore e di conseguenza, anche la sintesi di feromoni. La maggior quantità di feromoni si traduce in un vantaggio per la prole: i maschi dominanti, infatti, tendono a generare una discendenza più numerosa.1 Un’urina ricca in testosterone, oltre a essere più attrattiva nei confronti delle femmine, è in grado anche di incrementarne il successo riproduttivo, accelerando la pubertà nelle più giovani.1,12 Trattandosi di ormoni, infatti, i feromoni riescono a modulare i circuiti neurali, influendo sull’asse ipotalamo-ipofisi-gonadico (HPG), che induce un aumento del rilascio dell’ormone luteinizzante (LH) e della prolattina (PRL),13 due tra gli ormoni principalmente coinvolti nelle funzioni riproduttive.1 Specialmente in alcuni animali, tra cui i roditori, anche la durata e la complessità dei vocalizzi dipendono direttamente dalla quantità di testosterone, che dipende a sua volta dal rango sociale.1,14 Pertanto, si tratta, anche in questo caso, di un segnale fenotipico onesto che riguarda numerosi altri taxa di vertebrati oltre ai roditori e, su tutti, gli uccelli. Ecco perché la possibilità di scelta del partner è sempre evoluzionisticamente vantaggiosa.2 Al contrario, nella specie umana, i segnali acustici risultano assai più ingannevoli, come dimostra lo studio sperimentale pubblicato dalla Royal Society (Pisanski K et Al. 2018).15 Sebbene in un certo senso si possa affermare che il tono di voce, vale a dire la frequenza fondamentale (F0), sia predittivo del successo riproduttivo di un individuo, è anche vero che l’essere umano possiede la capacità di alterare e distorcere di molto, la frequenza della propria voce.15 Infatti, l’esito dello studio ha dimostrato che durante gli incontri con il sesso opposto, tanto gli uomini quanto le donne tendevano ad abbassare il tono di voce al fine di rendersi più attraenti per gli individui che

ormai assodato come essi possano svolgere un ruolo preponderante nella selezione sessuale e in particolare, nel garantire la diversità genetica della prole.16 Le femmine dei roditori sono in grado di riconoscere tali segnali genetici, che consentono loro di esprimere una preferenza nei confronti degli individui che mostrano un certo grado di diversità genetica rispetto a loro.1,16,18 Infatti, i roditori possono percepire le molecole di istocompatibilità (MHC)19 unicamente dall’odore e, sulla base di esse, scegliere il partner che ne esprima di diverse rispetto alle proprie. 1,16 Al contrario, nella specie umana non è stato evidenziato alcun nesso tra la diversità degli MHC e la scelta del partner riproduttivo.17 4.2 Proteine MUP Non solo gli MHC possono fungere da marker della consanguineità. Infatti, recenti studi hanno rivelato che le femmine di roditore sono in grado di usare anche i profili MUP (Major Urinary Protein), al fine del riconoscimento della compatibilità genetica.19 Tali molecole proteiche, presenti nelle urine, agiscono come un codice a barre individuale, per identificare un soggetto della stessa specie e riconoscerne la somiglianza (o la diversità) genetica.1 Infine, è anche tramite le vocalizzazioni che è possibile, per le femmine di roditore, distinguere un consanguineo da un individuo geneticamente diverso. Tale capacità dipende dal fatto che le vocalizzazioni, nei roditori, sono in gran parte sotto il controllo della genetica.1 Anche in questo caso, le femmine tendono a essere attratte dai segnali acustici che risultano diversi da quelli del proprio padre,6 cioè quelli che provengono da individui geneticamente differenti. Tale riconoscimento dipende dall’esperienza che la femmina ha avuto nei primi momenti di vita.1,6 Infatti, è plausibile ritenere che i primi contatti che la femmina di roditore abbia avuto con il sesso opposto, siano quelli con il padre. Di quest’ultimo, memorizzerà subito i vocalizzi consentendole di riconoscere, una volta raggiunta la maturità sessuale, il proprio padre (consanguineo, e quindi “non attraente”) dagli altri maschi geneticamente diversi, con i quali potrà accoppiarsi. 5. Centri di ricezione I feromoni, nei roditori, vengono riconosciuti a livello del sistema olfattivo primario (MOS), deputato alla ricezione delle molecole volatili, e dall’organo vomeronasale (VSN),20 che per lo più riconosce le molecole non-volatili. Queste ultime, per poter essere percepite, di solito, richiedono un contatto diretto, o comunque molto ravvicinato con l’individuo che le produce.1 Per i segnali uditivi, invece, lo stimolo viene percepito e codificato a livello della coclea; poi raggiunge il GdB | Giugno 2022

67


Scienze

SNC e arriva alla giunzione tra il ponte e il midollo spinale; passando attraverso una serie di neuroni, raggiunge poi la corteccia uditiva, regione di grande plasticità neurale, e presunta sede dell’apprendimento e della memoria vocale.1 6. Integrazione multisensoriale nella scelta del partner L’integrazione multisensoriale di più stimoli, durante la scelta del partner riproduttivo, è l’elemento che, forse più di tutti, permette di esprimere una preferenza nei confronti di un potenziale partner.3 In sintesi, le femmine di roditore sfruttano segnali olfattivi e acustici per la scelta del proprio compagno riproduttivo. Seppur ancora non si possiedano certezze a riguardo, si ipotizza che tali stimoli multisensoriali vengano processati e integrati a livello della corteccia prefrontale mediale (mPFC).1 Nel caso dei primati non-umani, la corteccia prefrontale mediale è coinvolta nell’assunzione di partico© Pikovit/shutterstock.com

lari risposte comportamentali, così come in alcune funzioni relazionali. Nel modello murino con i roditori, è stato possibile osservare come lesioni a livello di tale struttura anatomica, possano influire sulle competenze decisionali. 1,21 Ecco perché l’ipotesi più accreditata afferma che ciò può essere dovuto a una comune convergenza dei due circuiti neurali, quello olfattivo e quello acustico,1 a livello della mPFC. È stata, inoltre, individuata un’altra area cerebrale in cui le due vie sensoriali, olfattiva e auditiva, confluiscono anatomicamente, anche se l’esatto meccanismo resta ancora un interrogativo. Tale regione è il tubercolo olfattivo. A dimostrazione di ciò, è stato riscontrato che il 19% delle unità del tubercolo olfattivo rispondono anche a stimoli di tipo acustico, e il 29% di queste generano un‘interferenza costruttiva o distruttiva, se stimolate contemporaneamente con input olfattivi e acustici.22 In ogni caso sembra ormai assodato che il processamento e l’integrazione dei segnali olfattivi e acustici, dovuti alla convergenza tra le due vie di trasmissione, permettono alle femmine di topo di adottare il comportamento riproduttivo più appropriato ed evoluzionisticamente più vantaggioso.1 6.1 Nell’uomo Una recente sperimentazione (Zhou G. et Al., 2019) ha rilevato l’attività neurale che si verifica, tanto a livello della corteccia olfattiva quanto di quella auditiva, durante un’attività di abbinamento acustico-olfattivo.23 Ciò che è emerso è stato che uno stimolo acustico è di per sé in grado di attivare la corteccia olfattiva primaria, suggerendo un qualche tipo di integrazione multisensoriale.23 Questo non dovrebbe sorprenderci più di tanto, dal momento che l’essere umano trae informazioni circa l’ambiente circostante da più sensi contemporaneamente. Ciò impone un tipo di integrazione multimodale, che garantisca la coerenza tra le informazioni in entrata.23 Infatti, ad esempio, un odore induce una particolare reazione/ comportamento solo in determinati contesti.23 Pertanto, per generare un output nei confronti di un partico-

68 GdB | Giugno 2022


lare stimolo chimico olfattivo, serve la contemporanea elaborazione di tutti gli altri indizi-input non-olfattivi, che aiutino ad aggiungere informazioni circa il contesto di appartenenza/provenienza di quello stimolo olfattivo. Le aree cerebrali ipoteticamente coinvolte in questo tipo di integrazione multisensoriale sono il solco temporale superiore, la corteccia occipitale-temporale laterale, la corteccia parietale posteriore e la corteccia frontale ventro-laterale. In queste regioni anatomiche gli input unimodali convergerebbero in aree multisensoriali superiori, che inducono l’adozione di una determinata risposta comportamentale.23 Dunque, anche nell’uomo, la sincronia acustico-olfattiva è associata a un’efficiente performance di integrazione cross-modale.23 7. Ruolo degli stimoli unimodali nella selezione sessuale Sebbene i segnali unimodali non inducano un effetto attrattivo come quelli multisensoriali, non si può negare che anche essi svolgano un ruolo rilevante. Possono fungere, infatti, da incentivi, ponendo in risalto un fenotipo “attraente” di per sé. Tuttavia, in condizioni naturali è raro, se non impossibile, poter contare unicamente su di una modalità di input sensoriale. Invero, è più probabile che un conspecifico si presenti come una combinazione di diverse modalità sensoriali. 3

Bibliografia 1. Asaba A et Al. Sexual attractiveness of male chemicals and vocalizations in mice. Front Neurosci. 2014. DOI: 10.3389/ fnins.2014.00231. PMID: 25140125; PMCID: PMC4122165. 2. Gore AC et Al. Mate choice, sexual selection, and endocrine-disrupting chemicals. Horm Behav. 2018. DOI: 10.1016/j. yhbeh.2017.09.001. Epub 2017 Sep 11. PMID: 28888817; PMCID: PMC5845777. 3. Ågmo A et Al. A cooperative function for multisensory stimuli in the induction of approach behavior of a potential mate. PLoS One. 2017. DOI: 10.1371/journal.pone.0174339. PMID: 28306729; PMCID: PMC5357056. 4. Mead LS et Al. Quantitative genetic models of sexual selection. Trends Ecol. 2004. DOI: 10.1007/BF01952072. PMID: 4043312. 5. Kavaliers M et Al. Aversive Responses of Female Mice to the Odors of Parasitized Males: Neuromodulatory Mechanisms and Implications for Mate Choice. Ethology. 1993. DOI: 10.1111/j.14390310.1993.tb00471.x 6. Asaba A et Al. Developmental Social Environment Imprints

Female Preference for Male Song in Mice. PLoS ONE. 2014. DOI: 10.1371/journal.pone.0087186. PMID: 24505280; PMCID: PMC3914833. 7. Xiao K et Al. Sex-specific effects of gonadal steroids on conspecific odor preference in the rat. Horm. Behav. 2004. https:// doi.org/10.1016/j.yhbeh.2004.05.008 8. Dal Bò E et Al. The social odor scale: Development and initial validation of a new scale for the assessment of social odor awareness. PLoS One. 2021. https://doi.org/10.1371/journal. pone.0260587 9. Roberts SC et Al. Human olfactory communication: current challenges and future prospects. Philos Trans R Soc Lond B Biol Sci. 2020. DOI: 10.1098/rstb.2019.0258. Epub 2020 Apr 20. PMID: 32306869; PMCID: PMC7209938. 10. Lundström JN et Al. The neuronal substrates of human olfactory based kin recognition. Hum. Brain Mapp. 2009. https://doi. org/10.1002/hbm.20686 11. Cherry JA et Al. Sex differences in main olfactory system pathways involved in psychosexual function. Genes Brain Behav. 2020. DOI: 10.1111/gbb.12618. Epub 2019 Nov 4. PMID: 31634411. 12. Bronson FH. The Reproductive Ecology of the House Mouse on JSTOR. Q. Rev. Biol. 1979. https://doi.org/10.1086/411295 13. Mak GK et Al. Male pheromone-stimulated neurogenesis in the adult female brain: possible role in mating behavior. Nat. Neurosci. 2007. DOI: 10.1038/nn1928. Epub 2007 Jul 1. PMID: 17603480. 14. Galeotti P et Al. Song correlates with social context, testosterone and body condition in male barn swallows. Animal Behaviour. 1997. https://doi.org/10.1006/anbe.1996.0304 15. Pisanski K et Al. Voice pitch modulation in human mate choice. Proc Biol Sci. 2018. DOI: 10.1098/rspb.2018.1634. PMID: 30963886; PMCID: PMC6304053. 16. Santos PSC et Al. The best smellers make the best choosers: mate choice is affected by female chemosensory receptor gene diversity in a mammal. Proc Biol Sci. DOI: 10.1098/ rspb.2018.2426. PMID: 30963892; PMCID: PMC6304065. 17. Havlíček J, et Al. Major histocompatibility complex-associated odour preferences and human mate choice: near and far horizons. Philos Trans R Soc Lond B Biol Sci. 2020. DOI: 10.1098/ rstb.2019.0260. Epub 2020 Apr 20. PMID: 32306884; PMCID: PMC7209936. 18. Penn D et Al. How do major histocompatibility complex genes influence odor and mating preferences? Adv. Immunol. 1998. DOI: 10.1016/s0065-2776(08)60612-4. PMID: 9646849. 19. Cheetham SA et Al. The genetic basis of individual-recognition signals in the mouse. Curr. Biol. 2007. DOI: 10.1016/j. cub.2007.10.007. PMID: 17949982. 20. Tirindelli R et Al. From pheromones to behavior. Physiol. Rev. 2009. DOI: 10.1152/physrev.00037.2008. PMID: 19584317. 21. Kvitsiani D et Al. Distinct behavioural and network correlates of two interneuron types in prefrontal cortex. Nature. 2013. DOI: 10.1038/nature12176. Epub 2013 May 26. PMID: 23708967; PMCID: PMC4349584. 22. Wesson DW et Al. Smelling sounds: olfactory-auditory sensory convergence in the olfactory tubercle. J. Neurosci. 2010. DOI: 10.1523/JNEUROSCI.6003-09.2010. PMID: 20181598; PMCID: PMC2846283. 23. Zhou G et Al. Human olfactory-auditory integration requires phase synchrony between sensory cortices. Nat Commun. 2019. DOI: 10.1038/s41467-019-09091-3. PMID: 30858379; PMCID: PMC6411726.

GdB | Giugno 2022

69


Scienze

Ecologia, Malaria e Caio Mario Coluzzi Bartoccioni Biologo paludista e ambientale, colui che connesse l’ecologia a una delle patologie ambientali più impattanti di origine animale, zoonosi (ma non solo la malaria) e venne dimenticato

di Giuliano Russini*

L’

Italia è un paese strano per molti versi, uno di questi è spesso non dare il giusto valore a tecnici e scienziati natii, che hanno dato contributi in determinati campi del sapere, di grande valore; il perché ciò accada, non è facile da sapere, ma spesso si percepisce uno strano sentore di gelosia verso determinate classi professionali, supportate anche dall’ignoranza in campo scientifico di alcuni elementi coinvolti della classe politica, questo in qualsiasi periodo storico italiano. In questo articolo, voglio parlare di uno scienziato e studioso, che con lavori su campo, contribuì fortemente a comprendere la Malaria, la sua storia evolutiva e la necessità di un approccio ecologico, per la sua eradicazione, dimostrando che non fu l’uso massivo del DDT a garantirne l’eradicazione, puntando su studi di campo, grazie alla sua formazione di biologo nello specifico ecologo sanitario e biologo paludista. Mi riferisco a Caio Mario Coluzzi Bartoccioni (da ora in poi indicato come CMCB), figlio dell’Epidemiologo Alberto Coluzzi e della educatrice tedesca Anna Wimmer. Nacque a Perugia nel 1938 e morì a Roma nel 2012. Il padre Alberto Coluzzi medico epidemiologo, spinse il figlio Caio Mario a iscriversi a Scienze Biologiche, poiché era cosciente del fatto che solo l’approccio medico per malattie che hanno origine ambientali, non era sufficiente, ma necessitava di una robusta preparazione in botanica, zoologia (invertebrati e vertebrati), ecologia (animale e vegetale), entomologia, etno-antropologia, biologia evolutiva, ovvero discipline biologico-naturalistiche, molto antiche, che non erano bagaglio culturale del medico, o veterinario, ma del biologo…e sono la base di formazione di esso, ove sinergia con la microbiologia sia animale che vegetale, dell’acqua e del suolo, la parassitologia e la genetica, formavano la cosiddetta “igiene ambientale”. Descriverò brevemente la carriera di CMCB, per notifica*

Biologo.

70 GdB | Giugno 2022

re che ha avuto un ruolo fondamentale a livello internazionale, poi una panoramica della Storia della Malaria in Italia e i vari progetti Nazionali per la sua eradicazione, vedremo come CMBC ebbe un ruolo chiave, durante gli anni ’50 del secolo scorso, dove la malaria era ancora presente in Italia in alcune aree e nel mondo in diversi continenti, per capirne le caratteristiche ecologiche e i metodi di contrasto. Tra le varie affiliazione e riconoscimenti di CMCB, troviamo (oltre 150 pubblicazioni di livello internazionale e nazionale e diversi libri su questi argomenti), l’essere stato membro del Committee on Malaria Prevention and Control dello United States Nationale Academy of Science (USNAS), ha fatto parte della Task Force on Malaria Prevention and Control dell’Advisory Group on the Control of Tropical Diseases, e della Task Force for the Multilateral Initiative on Malaria (MIM). Fu sodale della Royal Society of Tropical Medicine and Hygiene e della Società Italiana di Parassitologia. Venne premiato nel 1989 dall’Accademia dei Lincei con il Premio Feltrinelli. Breve storia della Malaria (mal…aria: Aria insalubre) in Italia I primi metodi di lotta al fenomeno del paludismo (sinonimo di malaria), avvennero in Sardegna, mediante la raccolta con retini delle larve di anofele, nelle acque insalubri (fossati, canali agricoli, capifossi, zone umide, pozze di acqua, zone a canneto, pozzi agricoli…), con una percentuale di successo bassa. La Malaria nella seconda Guerra Mondiale, venne utilizzata come vera e propria arma biologica dai tedeschi La Seconda Guerra Mondiale, come si era verificato durante la Prima, determinò una grave ripresa delle infezioni di Malaria e della trasmissione del plasmodio in diverse zone del paese, a causa dell’interruzione degli interventi profilattici e, verso la fine della guerra, per la distruzione sistematica delle opere di bonifica del periodo Fascista, da parte dei tedeschi.


Scienze

© Afonso Martins/shutterstock.com

I sabotaggi furono veri e proprio atti di “guerra biologica”, progettati da malariologi tedeschi chiamati appositamente dalla Germania alla fine del 1943 per ricreare, soprattutto nell’Agro Pontino e nell’Agro Romano, l’ambiente adatto allo sviluppo dei vettori malarici più pericolosi (Anopheles labranchiae). Epidemie di notevoli proporzioni colpirono le zone più predisposte, ma anche regioni in cui la malaria era scomparsa da anni, o era ormai avviata ad una rapida estinzione, come la provincia di Frosinone. L’epidemia di Cassino e della valle del Liri, fu la conseguenza delle devastazioni prodotte dal bombardamento nel febbraio del 1944, in particolare della formazione di crateri che, a seguito delle piogge, fornirono ambienti adatti alla riproduzione di zanzare. Nel 1944, il numero di casi a livello nazionale salì a 133.842, però con “soli” 421 decessi - meno dei due anni precedenti. L’illusione americana del DDT (dicloro-difenil-tricloroetano) Durante la guerra emergeva una nuova idea di controllo antimalarico, basato sull’uso di insetticidi ad azione residua. Gli insetticidi a base di fiori di piretro erano già utilizzati, ma poco efficaci per un impiego diretto contro la zanzara alata, a causa della elevata quantità necessarie per raggiungere un ef-

fetto tossico e della scarsa persistenza dell’azione insetticida. Con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, le difficoltà di approvvigionamento del piretro, la cui produzione era controllata in gran parte dai giapponesi, aveva stimolato la ricerca di nuove sostanze. L’insetticida che avrebbe consentito di controllare le epidemie causate dalla Guerra e poi di sconfiggere la malaria in Italia e in altre zone temperate del mondo, era il DDT (dicloro-difenil-tricloroetano), che arrivò insieme agli americani nel settembre del 1943 e fu utilizzato per la prima volta in polvere, per spegnere un’epidemia di tifo esantematico (trasmesso dai pidocchi) a Napoli. Sintetizzato nel 1874, era stato ignorato fino al 1939, quando la sua efficacia fu scoperta dallo svizzero Paul Hermann Müller, alla ricerca di un prodotto da usare contro i pidocchi. Fu sperimentato negli Stati Uniti su diversi insetti, comprese le zanzare, nel 1942. Nel 1944, il DDT fu sperimentato per la prima volta in Italia, per il controllo della malaria a Castel Volturno (a nord di Napoli) dall’”Unità Dimostrativa per il Controllo della Malaria” della Rockefeller Foundation, guidata dal malariologo Patrick Russel e dal biologo Fred Soper. Spruzzato sulle pareti delle abitazioni e delle stalle, il prodotto si rivelò efficace nel ridurre la densità di zanzare e il livello di trasmissione della malattia. Nel luglio GdB | Giugno 2022

71


Scienze

© Sanimfocus/shutterstock.com

dello stesso anno furono trattate numerose abitazioni a Ostia e nel giugno del 1945 la sperimentazione fu estesa al Delta del Tevere, alla zona sud-orientale delle paludi pontine e alla zona di Cassino. Il DDT fu utilizzato nella prima fase di sperimentazione, anche per la lotta contro le larve, spruzzandolo a intervalli regolari sulle zone allagate per mezzo di aerei. Piano di Eradicazione in Italia L’azione sanitaria che avrebbe portato all’eradicazione della malaria in Italia, fu possibile grazie all’offerta dell’UNRRA, che nel 1946 stanziò 1.179.075.000 lire per un programma “Quinquennale” di lotta antimalarica volto a risolvere definitivamente il problema attraverso l’impiego “esclusivo” dei nuovi insetticidi a effetto residuo. Un Piano quinquennale per il risanamento dell’Italia fu presentato nel gennaio del 1946 da Alberto Missiroli, che suddivideva l’Italia in quattro zone, in rapporto alla specie vettrice prevalente e alla sua diffusione. L’Alto Commissariato per l’Igiene e la Sanità (ACIS) ritenne di attuare il piano con criteri strategico-organizzativi diversi. I punti fondamentali erano: a) conduzione unitaria, ovvero centralizzata, della lotta antimalarica; b) riconoscimento dell’inutilità e impraticabilità di qualsiasi progetto che mirasse all’eradicazione di specie vettrici esistenti da tempi immemorabili nella Penisola (come si cercava di fare in Sardegna); c) disponibilità da parte dello Stato a farsi carico degli oneri finanziari necessari per raggiungere l’obiettivo dell’eradicazione, dato che i fondi UNRRA sarebbero stati insufficienti; d) la messa al bando di ogni esclusivismo dottrinario, come quello sostenuto dagli esperti dell’UNRRA che intendevano finanziare esclusivamente la lotta contro la zanzara alata mentre si dovevano identificare anche i portatori del parassita (Plasmodium falciparum, P.vivax, P.ovale, P.malariae e P.knowlesi; si pensa che la forma che affligge di più l’essere umano il Plasmodium falciparum, la malaria terzana, la forma maligna, sia originato dallo scimpanzé o gorilla, è che recentemente, circa 8-10.000 anni fa, si trasmise all’Homo sapiens) e sostenere lavori di piccola bonifica. 72 GdB | Giugno 2022

Caio Mario Coluzzi Bartoccioni, scopre i danni del DDT capendo che il miglioramento e l’eradicazione della Malaria in Italia avvennero per altre ragioni «Le infezioni sono ecosistemi»: partendo da questo paradigma, il biologo paludista ed ecologo sanitario Bartoccioni, comprese che in realtà, non fu il DDT ad avere la meglio sulla malaria, nelle paludi insalubri e nei centri rurali italiani, spruzzandolo sia all’interno delle abitazioni che nelle stalle, poiché effettivamente l’agente abbassava solamente di un po’ la densità della forma alata dell’insetto, non agendo sulle larve, né sulle loro capacità infettive, nel momento in cui inoculavano l’agente plasmodio. Lui arrivò a comprendere che le bonifiche idrauliche, la sistemazione fondiaria, la riduzione dell’umidità relativa (UR%), il drenaggio dei terreni erano i veri fattori che limitavano il progredire del ciclo biologico della anofela, facendola morire e quindi interrompendo la progressione della malaria. Inoltre, comprese che in ambiente subsahariano, al contrario, i fattori di trasformazione ambientale indotti dall’uomo (deforestazione, irrigazione, desalinizzazione delle aree costiere), hanno il solo effetto di moltiplicare i siti e le opportunità riproduttive del vettore, incrementando la trasmissione parassitaria. Il biologo italiano intuì anche nei suoi studi su campo in Albania, nelle aree sub-sahariane ma anche in aree Tropicali come Venezuela, Bolivia, Costa Rica e Borneo dove passò molti anni, facendo perlopiù lavoro da campo, studiando i cicli biologici delle anofele, correlandoli con il clima e microclimi in relazione all’ecosistema in cui si trovava, che nel caso dell’Italia, il DDT usato secondo il “metodo italiano” non uc© Kateryna Kon/shutterstock.com


cideva le zanzare, ma esercitava solo un effetto irritante, per cui causava la loro fuoruscita dalle abitazioni, dove la temperatura consentiva lo sviluppo del parassita. Nelle regioni temperate Malattia della malaria in tutto il mondo, 2014 invece, anche in estate, la stagione principale della trasmissione, la temperatura di notte scende normalmente sotto i 19-18°C, cioè sotto il minimo termico necessario perché il plasmodio riesca a svilupparsi nel vettore. In pratica le zanzare infette morivano prima di diventare infettanti. L’eradicazione della Malaria dall’Italia usando il DDT fu possibile quindi perché, dato il contesto climatico ed ecologico e il miglioramento degli ecosistemi agricoli, la trasmissione dipendeva solo dalla presenza dei vettori nelle abitazioni e la presenza di una variazione stagionale, ne interrompeva la trasmissione. Contrariamente a quanto avviene invece nelle aree Tropicali Nelle regioni tropicali ove ancora oggi persiste la malaria, le temperature sono costanti giorno e notte e sempre favorevoli allo sviluppo del parassita, per cui la trasmissione è perenne e il DDT non esercitava alcun effetto di controllo in quei contesti ecologici di riproduzione del vettore, nei quali peraltro le attività agricole umane non contrastano la malaria, ma la favoriscono. Caio Mario Coluzzi Bartoccioni a solo diciotto anni, appena iscritto a Scienze Biologiche, intuì e pubblico sulla resistenza da parte dei vettori anofeli italiani al DDT Importanti sono i suoi contributi anche sulla genetica dei vettori malarici, che lo hanno portato al riconoscimento dell’esistenza di sei specie gemelle del genere Anopheles, ciascuna in possesso di diversa capacità di contribuire alla diffusione della malattia. Collegato a questo lavoro è l’ipotesi da lui avanzata sull’origine e diffusione della forma «fatale di malaria, la terzana», dovuta all’opera di una specie di Anopheles spiccatamente antropofilica che circa 8.000-10.000 anni fa, probabilmente passando dallo scimpanzé (Pan troglodytes) o, secondo ipotesi più recenti dal Gorilla (Gorilla gorilla) all’uomo, ha dato inizio al processo che avrebbe portato all’espansione e diffusione attuale della malattia; questo, secondo il biologo italiano, avrebbe coinciso anche con la capacità dell’Homo sapiens di divenire stanziale e con la nascita dell’agricoltura e pastorizia, ovvero i prodromi alla nascita dei villaggi, città e della urbanizzazione. Nel contempo, fu molto esplicito anche nel definire come il DDT utilizzato massiva-

© Peteri/shutterstock.com

mente ovunque, anche in Italia, fosse lesivo per gli ecosistemi e le biocenosi, per le piante, gli animali (flora e fauna) e quindi anche per l’essere umano e che i suoi effetti nocivi, essendo un insetticida a «effetto residuo» si sarebbero protratti negli anni ed entrati nelle catene alimentari e in contemporanea alla biologa americana Rachel Carson aveva intuito come esso sarebbe stato causa, di molte “Primavere Silenziose”. Attuale distribuzione geografica della Malaria Alla fine della seconda guerra mondiale la malaria interessava tutta l’Europa, ad eccezione dei paesi Scandinavi, l’Africa, l’Asia e la settentrionale dell’Australia. Era inoltre diffusa nel continente Americano all’incirca tra il 40° parallelo Nord ed il 20° Sud. Attualmente essa permane in buona parte del continente Sud-Americano, in Africa, lungo le coste dell’Arabia, nei paesi dell’Asia sud occidentale (Iran -Persia-, Pakistan, etc.) nella Cina sudorientale, in Indocina e Indonesia. Si sta riducendo in America centrale (Mesoamerica) e in India. L’eradicazione della malaria nelle zone caldo-umide è difficile per l’andamento non stagionale, ma continuo dell’infezione durante il corso dell’anno.

Bibliografia - Landscapes of Disease- Malaria in modern Greece, Katerina Gardikas, 2018 - UNRRA is now carrying out an intensive anti-malaria campaign in Greece by means of DDT spraying planes. - Interférences politiques et médicales : le rôle de l’UNRRA à la lutte antipaludique en Grèce, 2018 - Malaria, DDT e Disinformazione, Alberto Guidorzi, 2017

GdB | Giugno 2022

73


Scienze

Studio di coorte nel Comune di Trino (Sede di Ex Centrale Nucleare) Rischi di mortalità per quartieri e di origine occupazionali dal 1985 al 2014 L’Osservatorio Socio Ambientale Trinese (OSAT), ha indagato le condizioni di mortalità dei residenti per conoscere quali rischi sanitari incombono e quali eventuali fattori espositivi hanno determinato danni sia in termini residenziali che occupazionali

di C. Salerno*,**,***, M. Fracassi*, L.A. Palin*,**

C

ercare di comprendere e valutare i livelli di malattie e morti appartiene alle comunità evolute che, attraverso le relative osservazioni, riescono a stabilire mirati interventi preventivi e migliorare la qualità di vita delle popolazioni limitandone e mitigandone le maggiori affezioni. L’Osservatorio Socio Ambientale Trinese (OSAT) attivo dal 2014 (30), con quest’ultimo lavoro ha la finalità di indagare le condizioni di mortalità dei residenti nella comunità in oggetto e riconoscere quali rischi sanitari incombano e quali eventuali fattori espositivi hanno determinato tali danni sia in termini residenziali che occupazionali.(3-5,8,9,19,2529,38,40,43-45,54-59) Dalle diverse indagini emerse nel quadriennio, di monitoraggio dell’OSAT (30,47,48), sono emersi con insistenza alcuni aspetti di maggior interesse rilevati e ritenuti meritevoli di ulteriori investigazioni quali: eccessi per tumori celebrali(22), leucemie (6,34,35) e mesotelioma.(14,11) Gruppo di Ricerca O.S.A.T. (Osservatorio Socio Ambientale Trinese). ** Department of Translational Medicine. University of Eastern Piedmont “Amedeo Avogadro”. Via Solaroli n. 17 – 28100 Novara, Italy. *** Collaboratore presso D.A.I.R.I. (Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione), Ospedale “S.Spirito” di Casale M.to. *

74 GdB | Giugno 2022

Figura 1.

L’individuazione di un maggior numero possibile di nessi causali potrà permettere di comprendere quale quota di casi non sia indotta dal pregresso occupazionale e/o attività ambientali e voluttuario; tale frazione ignota resta potenzialmente associabile ad attività esistenti tuttora sul territorio, ad esempio l’ex Centrale Nucleare E.Fermi (33,50,51) o a eziologia ad oggi sconosciuta. Lo studio di coorte dal 1985 al 2014 prende in considerazione svariati pressanti ambientali molti dei quali emersi già nelle ricerche di questo primo quadriennio di ricerca; tale metodologia di analisi (12,32,42,53,55,56) più raffinata e complessa permetterà oltre che di confermarne le criticità fornire anche


Scienze

indicazioni più precise per il proseguimento del monitoraggio. MATERIALI E METODI La popolazione e l’area in studio Ci riferiamo a tutta la popolazione residente in Trino dal 1985 al 2014 comprensiva dei residenti attuali, immigrati, deceduti ed emigrati. Il totale dei soggetti costituenti la Coorte (42) in studio è di 15150 soggetti (7553 uomini e 7597 donne). Il Comune in studio (vedi fig.1) sorge a circa 15 chilometri a sud-ovest del capoluogo, poco discosto dalla riva sinistra del Po ed ai piedi delle colline del Monferrato. Periodo di follow-up Lo studio è stato condotto con un approccio di coorte di popolazione (42,55,56). Si è considerata d’interesse la popolazione che ha risieduto nel Comune nel periodo compreso tra l’1 gennaio 1985 e il 31 dicembre 2014, e più precisamente tutti i soggetti residenti all’1 gennaio 1985 e successivamente entrati/ usciti/deceduti fino al 31 dicembre 2014, termine del follow-up. Come detto lo studio di coorte, permette di identificare il tempo esatto in cui ogni soggetto è stato a rischio di sviluppare l’evento in studio (tempo-persona): la coorte di Trino ha contribuito nel suo complesso con 225095mila anni-persona (media 14,8 per soggetto). Popolazione di confronto/riferimento In questa ricerca abbiamo optato come popolazione di confronto quella interna alla coorte, assumendo che il rischio di morte sia connesso e maggiore con la distanza/vicinanza della propria residenza rispetto alla fonte di rischio quali Fonderie, Cementifici, Campi Agricoli ecc…(1,2,7,11,14,17,24,39) Il vantaggio e i motivi che ci hanno fatto optare per una popolazione di confronto “interna” sono quelli di mantenere una certa omogeneità e confrontabilità tra la popolazione esposta e quella di riferimento; in particolare come medesima omogeneità s’intende la stessa struttura della popolazione in termini di età media, distribuzione dei generi uomini/donne e ad esempio stili di vita. Fattori di rischio ambientali ed occupazionali Sul territorio di Trino dal 1960 alla metà degli anni 90 si sono insediate numerose industrie impegnate nella produzione di: • Acciaio/Tondini • Manufatti in Gomma

• • • • • • • • •

Manufatti di Plastica Legno Tessile/Confezionamento Sintesi chimica in ambito farmacologico Cementifici Manufatti in cemento per grandi opere Metallurgia/Carpenteria Metallica Edilia generale Produzione energia nucleare L’insieme di queste ditte portò Trino alla meta degli anni 70 ad un indotto occupazionale di oltre 2000 addetti (tra operai e personale amministrativo) di cui gran parte risultò esser residente in Trino o in paesi limitrofi. Inoltre il territorio in oggetto è da considerarsi a forte vocazione agricola (1,2,10,15,16-18,31,39), anche se tale comparto, tra la meccanizzazione dell’attività risicola e il trasferimento di manodopera dalle terre alle industrie, nel corso dei decenni si è visto ridurre numericamente. L’insieme di questo complesso occupazionale ha certamente esposto gran parte dei suoi dipendenti a sostanze/miscele tossico-cancerogene e passivamente anche una quota di popolazione limitrofa ai suddetti impianti. Per quanto concerne i rischi ambientali (sub-zone di Trino) si consideri che tale analisi è stata condotta sull’intera coorte (circa 15mila soggetti) mentre quella riguardante i rischi occupazionali è limitata solo ai soggetti di cui si disponevano informazioni occupazionali (26,38,55) o per l’età troppo giovane non potevano appartenere a nessun comparto e/o con un rischio minimo trascurabile (circa 9mila residenti). Si è considerata la popolazione esposta nel suo complesso e suddivisa in sotto aree residenziali di Trino specifiche quali: • Area Limitrofa Ex Fonderia Prolafer (raggio di 800 metri) • Area Limitrofa Cementifici (raggio 350 metri) • Frazione Robella • Area limitrofa a ex Centralina Primaria Enel di via Don Minzoni (Raggio 150metri) • Resto Trino: tutta la parte del Comune/Coorte non rientrante nelle sotto aree sopra riportate. A seconda del pressante industriale e dei relativi spazi temporali d’impatto per alcune co-variate sono stati previsti dei criteri d’inclusione/esclusione: Zona limitrofa fonderia - Inclusi/Esposti: Soggetti Coorte fino al 1990 Esclusi/Non Esposti: Soggetti Coorte dal 1991. • La Prolafer rimase attiva sul territorio dal 1960 al 1989/1990. GdB | Giugno 2022

75


Scienze

Figura 2.

Tabella 1 (sotto). Per le patologie oncologiche evidenziano per la zona limitrofa all’ex Fonderia Prolafer trend in riduzione per colon-retto, stomaco, totale apparato respiratorio (polmone+laringe), mieloma, totale oncoematologiche, rene vescica e mammella. Anche la Frazione Robella, a prevalenza agricola sia occupazionale che residenziale, mostra per alcune patologie, delle riduzioni quali neoplasie polmonari, colon-retto, totale apparato respiratorio, totale neoplasie ematologiche e pancreas. Da segnalare infine, come trend sempre in discesa, quello a carico del tumore a polmone nella restante area di Trino indotto certamente sia da esposizioni occupazionali, ma soprattutto voluttuarie, a scemare. Le neoplasie invece in aumento per la zona limitrofa ai cementifici riguardano il mieloma e il totale oncoematologiche. Nella frazione Robella si osservano eccessi a carico di leucemie, vescica e apparato respiratorio. La sub zona riguardante la centralina primaria Enel di via Don Minzoni (all’interno della zona limitrofa alla Fonderia) presenta alcuni trend in aumento quali neoplasie celebrali, totale app. digerente; quest’ultimo risulta anche in crescita per il resto del Comune di Trino unitamente alle neoplasie del Pancreas.

76 GdB | Giugno 2022


Scienze

Tabella 2 (sopra) e 3 (sotto).

GdB | Giugno 2022

77


Scienze

Tabella 4 (sopra). Analizzando invece la tab. 4 per le patologie non tumorali si evincono trend in aumento nella frazione Robella a carico dell’apparato respiratorio e altri incrementi nell’area della centralina primaria per totale cause (tumori e non) , totale cause non oncologiche e apparato cardiovascolare.

78 GdB | Giugno 2022

Tabella 5 (sotto). I dati occupazionali (tab.5) invece mostrano alcuni incrementi meritevoli di particolare attenzione: per il comparto fondiario si segnalano eccessi significativi per tumore al polmone e totale apparato respiratorio. Da segnalare invece un HR superiore all’atteso per neoplasie dell’encefalo, fegato, mieloma e vescica. Per le cause non tumorali invece si osserva una situazione migliore con eccessi limitati all’apparato-urogenitale e patologie a carico del sangue. Tra gli occupati dei cementifici si osservano eccessi statisticamente significativi per tumori celebrali e fegato/vie biliari; prossimi invece alla significatività o comunque degni di attenzione sono i tumori dell’apparato digerente, mieloma, linfomi e mesotelioma/peritoneo. Per le cause cronico degenerative segnaliamo invece un importante incremento a carico dell’apparato ematologico.Il comparto agricolo presenta numerosi incrementi significativi per i decessi oncologici quali a carico del polmone, linfomi, totale oncoematologiche, rene e mesotelioma/peritoneo; in aumento invece i tumori del fegato, leucemie, pancreas, vescica. Per le cause non tumorali particolare attenzione per il totale cause (tumori e non) con un +20% in eccesso significativo e incrementi per il sistema nervoso. Il settore dell’edilizia in ambito oncologico evidenzia solo un eccesso prossimo alla significatività per la vescica; mentre si registrano maggiori criticità nelle cause cronico degenerative quali apparato respiratorio, sangue e uro-genitale anche se quest’ultimo non ha conferma della significatività Per gli addetti della chimica si osservano incrementi doppi per leucemie e totale oncoematologiche; si segnalano aumenti seppur non significativi per linfomi ,vescica e mesotelioma/peritoneo. Nel gruppo di controllo (comparto commercianti e pubblico impiego) si segnalano eccessi non significativi per encefalo, vescica e apparato respiratorio; per le patologie non oncologiche invece si segnalano un rischio quasi doppio a carico del sistema nervoso. I restanti occupati (indicati con la variabile “ALTRO”) prevalentemente nel comparto tessile non mostrano particolari problematiche se non a carico della vescica (non significativo) Gli addetti della centrale E.Fermi oltre a evidenziare il risaputo eccesso per mesotelioma/peritoneo, mostra problematiche a carico di alcuni organi dell’apparato digerente quali pancreas e stomaco; si segnalano incrementi non significativi per linfomi. Niente meritevole d’attenzione per cause cronico-degenerative. Per il settore “misto” di carpenteria (Leedemac, Veelcont, Hydromac) si segnala un eccesso molto alto a carico delle neoplasie renali e linfomi. La variabile utilizzata per verificare un maggior rischio tra gli operai rispetto ad altre mansioni (amministrativi, dirigenti, quadro ecc…) mostra per la maggior parte delle cause di decesso notevoli incrementi di rischio anche significativi; fanno eccezione le neoplasie celebrali, leucemie e rene. Mentre per le cause non tumorali sembra non avere un ruolo la mansione svolta nell’insorgenza di patologie dell’apparato digerente, uro-genitale, S.Nervoso e sangue.


Scienze

• Zona limitrofa cementifici - Nessuna limitazione temporale vista l’esistenza dei cementifici prima del 01/01/1985 e la loro persistenza sul territorio per l’intero periodo di follow-up della coorte. Da precisare che uno dei due cementifici (Victoria) nel 2013/2014 ha cessato la sua attività produttiva. • Centralina Primaria (Via Don Minzoni) - nclusi/ Esposti: iscritti fino al 2000 Esclusi/Non Esposti: Soggetti Coorte dal 2001. La centralina fu trasferita in via Podgora (dove si trova attualmente) nel 2001/2002. Per una migliore visualizzazione delle aree e del loro possibile impatto, vedere figura 2. Fattori di rischio e confondenti I principali fattori di rischio e i confondenti (32,42,55,56) identificati ed utilizzati nella nostra indagine inferenziale sono stati: • Vicinanza residenza dai diversi pressanti industriali attivi o dismessi. • Luogo nascita (Trino = Si/No) • Genere (Femmine/Uomo) • Tempo, anni, di residenza urbana; si è calcolato singolarmente il tempo complessivo a decorrere dal momento della nascita/immigrazione al termine del follow-up, inteso come “percorso” dello studio considerato, e se sono avvenute condizioni di decesso o emigrazione. • L’effetto casa di riposo è stato quasi totalmente annullato (collocata in Corso Italia 7 e 7p) ricercando per i suoi residenti in Trino la loro ultima residenza antecedente a quella della RSA; mentre i residenti della struttura ricettiva provenienti dai comuni limitrofi sono stati esclusi dalla coorte. • Controllo di confondenti, quali ad esempio l’età del soggetto: si sa che le malattie/decessi aumentano con l’invecchiamento della popolazione perciò produrre delle stime di rischio annullando tale effetto può rilevare anomalie epidemiologiche meritevoli d’indagine. Infine si è provveduto a stratificare il follow-up totale di 29 anni in tre diversi livelli espositivi quali: - 0-5 anni - 6-20 anni - >20 anni Tale ripartizione, come si vedrà, nei risultati, ha fornito rischi diversificati indotti sia dall’età dei soggetti, dal periodo storico di residenza e dalla componente occupazionale delle diverse aree cittadine . MODELLO DI COX Nel nostro studio il numero di fattori ambientali considerati che influenzano la probabilità di soprav-

vivere o morire non è limitato a uno solo ma ad una serie, questo fatto ci consiglia ad impiegare il modello dei rischi proporzionali, detto anche Modello di Cox. (9,27,29,40,42,43,53,56,59) Tale modello misura l’eventuale eccesso di morte per una specifica causa attraverso un indicatore definito Hazard Ratio (HR= rapporto di rischio), che è tanto maggiore quanto più è alto il tasso di decesso generale e specifico; in particolare, esso rappresenta la probabilità di morte nell’unità di tempo considerata nel nostro caso dal 1985 al 2014. L’HR è soggetto a tutte quelle variabili stabilite e inserite nel data base quali l’età, il genere, le distanze rispetto ai maggiori siti di pressione, luogo di nascita ecc… (40,43,53,56) Si è provveduto allo studio del maggior numero di cause di morte ove la numerosità lo permettesse anche con la stratificazione del follow-up indicato nel precedente paragrafo; per alcune cause minori con meno osservazioni si è eseguita un’analisi aggregativa del periodo di follow-up. PRINCIPALI RISULTATI Procediamo con l’analisi dei dati ambientali riferenti le varie zone del Comune di Trino (tabelle1,2,3,4). Si precisa e ribadisce che le aree di rischio qui desunte si basano sul semplice fattore vicinanza/lontananza vista la non disponibilità di modelli di dispersione riferite alle immissioni industriali CONCLUSIONI Le risultanze epidemiologiche condotte negli anni passati su Trino (30,47,48) , hanno rappresentato l’avvio d’indagini sulle possibili relazioni tra l’ambiente e la salute degli abitanti di questi luoghi. A tale fine, tramite modelli matematici di analisi multivariate( 9,27,29,40,42,53,59) , si sono verificati se alcuni presunti fattori di rischio ambientali ed occupazionali (variabili indipendenti) siano potenzialmente associabili all’evento morte (variabile dipendente). Si sono così appaiate le varie cause di decesso con alcuni fattori di rischio di origine ambientale e occupazionali locale (12,13), per riconoscere potenziali correlazioni: si sono inoltre controllate alcune variabili di errore, in grado di sovra/sottostimare le relazioni di rischio se non valutati congiuntamente, definibili come confondenti quali il genere, l’effetto casa di riposo, luogo di nascita (nato a Trino sì o no) e l’età dei soggetti. Ribadiamo che si è deciso di produrre due analisi distinte, residenziali e occupazionali, per limitare la perdita di casi Infatti mentre per l’analisi residenziale, disponendo di dati per tutti i soggetti inclusi nella GdB | Giugno 2022

79


Scienze

coorte, si è adoperato l’intero dataset per quella occupazionale ci si è dovuti limitare solo ai residenti di cui si disponeva un dato occupazionale di buona qualità. Analisi rischi Ambientali La zona Prolafer conferma quanto già evidenziato nei precedenti studi OSAT (30,47,48). con un Trend in riduzione per i residenti con più anni di residenza e che pertanto, considerando il periodo di partenza del follow-up dal 01/01/1985, hanno trascorso buona parte della loro vita in Trino senza impatto della Prolafer la cui attività produttiva è cessata nel 1991. Significativi in tal senso sono le riduzioni per le patologie oncologiche del sangue e dell’apparato respiratorio; il calo invece di alcune sedi dell’apparato digerente dimostra che la riduzione immissiva cessata ha ridotto l’esposizione alimentare tramite i numerosi orti adiacenti al sito produttivo. (5,13,23,49) Al di fuori dell’analisi Trend si segnala e conferma un eccesso doppio per tumori celebrali e incrementi molto alti per le patologie croniche dell’apparato respiratorio. Discorso abbastanza opposto per l’area cementifici dove la sussistenza ancora di un sito (il Victoria ha cessato l’attività produttiva nel 2014) può verisimilmente determinare degli incrementi per mieloma e totale oncoematologiche, indotte da possibili immissioni atmosferiche (11,19,20,36,37,41) dei due cementifici cittadini. Ricordiamo che le patologie non solide di origine neoplastica hanno tempi di latenza/induzione relativamente brevi che , da letteratura scientifica, sono compresi tra i 2 e i 5 anni. L’area cementifici comunque, escludendo lo studio dei Trend, presenta eccessi per tumori celebrali, neoplasie stomaco e apparato respiratorio. Quest’ultimo incremento e quello delle neoplasie celebrali risulta compatibile con la vicinanza residenziale di lunga durata a impianti di tale tipologia (3-5,8,9,43-45,54-57). C’è da considerare che grazie anche a normative e controlli più severi questo genere di produzione presenta ormai negli ultimi 5/10 anni rischi ambientali sempre più contenuti. L’eccesso molto alto per tumori gastrici può esser eventualmente correlabile o a esposizioni occupazionali e voluttuarie ad oggi non conosciute/ controllate ma anche alla presenza di orti coltivati (eventualmente anche presso le abitazioni stesse) esposti alle ceneri di ricaduta degli impianti. Da non trascurare lo storico occupazionale (qui non considerato) come ad esempio soggetti che hanno 80 GdB | Giugno 2022

risieduto nelle vicinanze della fonderia con un orto (19,25-27,38,40) che possono aver indotto certamente un’esposizione del tratto gastro-intestinale. La frazione Robella evidenzia sia trend in riduzione che qualcuno in aumento. Tra i primi segnaliamo quelli a carico delle neoplasie del polmone, colon-retto, totale tumori apparato respiratorio, totale oncoematologiche e pancreas; tra gli aumenti segnaliamo neoplasia vescica, leucemia e croniche dell’apparato respiratorio. Il fattore espositivo prevalente in Robella è certamente la presenza massiccia tra i suoi residenti di agricoltori e dell’esposizione passiva/involontaria di tipo residenziale ai pesticidi (1,2,10,15,1617,31,39) adoperati nelle risaie. Per il resto di Trino si osserva una riduzione per neoplasie al polmone che certamente può esser dettato dalla riduzione del consumo di tabacco, specie tra gli uomini, ma anche del carico occupazionale storico i cui effetti stanno lentamente scemando. Analisi per comparto occupazionale Il settore Fondiario evidenzia eccessi già riscontrati negli studi di coorte sugli addetti quali Neoplasia del Polmone, Apparato Respiratorio e Sangue. ( L’eccesso seppur non significativo per mieloma multiplo può costituire un ulteriore conferma della medesima criticità osservata nella popolazione limitrofa al sito. Sui rischi della Fonderia Prolafer si rimanda alla relazione ad hoc prodotta da OSAT nel 2016. (30) Anche il comparto cementifici conferma problemi riscontrati in altre ricerche come gli eccessi per Linfomi, Encefalo, mieloma, mesotelioma e sangue. (6,,11,14,22,34,35) Tali incrementi in parte simili alle Fonderie fanno propendere per ambienti di lavoro, specie nei decenni passati, saturi di sostanze tossico-cancerogene con addetti non protetti in maniera adeguata. La difficoltà di riscontrare tali problematiche anche nella popolazione limitrofa può esser spiegata oltre che per motivi meteo (direzione venti) anche dall’altezza delle vecchie ciminiere che erano molto alte con ricaduta immissiva anche a centinaia di metri dal punto di emissione. Il Comparto agricolo, il più numeroso tra quelli qui considerati, evidenzia numerosi problemi epidemiologici di cui buona parte già evidenziati in letteratura medica (1,2,10,15,16-17,31,39). A tale riguardo si citano incrementi per fegato, stomaco, leucemie, linfomi, totale oncoematologiche, rene, pancreas, vescica e mesotelioma; per quelle non oncologiche, si segnala un HR in eccesso per


Scienze

apparato uro-genitale. Tale settore occupazionale presenta numerosi addetti che si sono dedicati “esclusivamente” a tale impiego nel corso della loro vita occupazionale, ciò pertanto rafforza il nesso tra esposizione di fitofarmaci e i vari organi bersaglio che le diverse molecole possono prediligere nella loro cinetica enzimatica. Discorso a parte è l’eccesso del mesotelioma, neoplasia strettamente associata alla fibra di amianto (11,14), ad oggi l’ipotesi che ci sentiamo di fornire in maniera più credibile è il contatto dell’addetto con la fibra involontariamente presso campi agricoli/risaie limitrofe a siti ove l’amianto era utilizzato nel ciclo produttivo .Da far presente anche l’eccesso significativo del 20% per tutte le cause (tumori e non) ciò a dimostrazione che gli addetti in agricoltura sono più a rischio per neoplasie, cause croniche degenerative ma anche ad accidenti/traumatismi spesso verificatasi sul posto di lavoro.(7,24) Per gli addetti all’edilizia si riscontrano poche criticità in eccesso riferibili a neoplasia vescica e apparato respiratorio, uro-genitale e sangue. Anche per tale settore c’è sempre da considerare un effetto “diluitivo” determinato dal mercato del lavoro molto dinamico dove gli addetti edili risultano spesso esser impiegati per periodi brevi/medi a seconda della durata del cantiere o della commessa di costruzione; inoltre manca il controllo dei confondenti individuali in una popolazione lavorativa di livello socio-culturale bassa e a rischio deprivazione. Certamente l’eccesso dell’apparato respiratorio e sangue evidenziano ambienti di lavoro non esenti da esposizioni di tipo polveroso con all’interno sostanze tossiche/irritanti.(11,28,43,44) Nel gruppo di controllo, costituito da soggetti che si sono dedicati quasi esclusivamente al pubblico impiego e/o al commercio, si rilevano alcuni eccessi meritevoli d’attenzione e monitoraggio in quanto probabilmente indotti o da fattori ambientali e/o personali. Ad esempio gli incrementi seppur non significativi di tumore polmonare e patologie croniche apparato respiratorio confermano il ruolo ancora non indifferente (specie nelle donne) del fumo di sigaretta mentre l’analoga criticità per tumori celebrali (22) mostra come vi sia a oggi una serie di pressanti ambientali/ignoti che incide su tale neoplasia. Il valore di HR elevato per patologie del sistema nervoso per tale comparto occupazionale e in raffronto agli altri settori lavorativi, evidenzia comunque una maggiore sopravvivenza esponendo biologicamente i soggetti a patologie neurodegenerative tipiche dell’età più avanzata.

Tra gli addetti dell’ex centrale E.FERMI, oltre a presentare il risaputo eccesso per mesotelioma pleurico,(14) si registrano alcune criticità significative per tumori del pancreas e stomaco. Si ribadisce che in letteratura non vi sono dimostrazioni di correlazione epidemiologica e/o biologica sufficienti tra l’insorgenza di questi tumori e possibili esposizioni di radiazioni.(33-35,50,51) Discorso potenzialmente diverso per l’eccesso riguardante i linfomi che sarà valutato con più attenzione nel prossimo studio di coorte di tutti gli addetti del sito in oggetto. Nel settore di carpenteria e produzione componentistica meccanica emergono problematiche significative per linfomi e neoplasie renali; per tali settori i fattori di rischio, in parte associabili a tali neoplasie, potrebbero derivare da alcuni passaggi nei processi lavorativi come ad esempio le verniciature e/o l’utilizzo di solventi. Infine la variabile mansione, che valuta il rischio di decesso per la specifica causa tra il comparto operaio rispetto ai restanti (amministrativi e dirigenti), conferma il preventivabile maggior rischio per la categoria operaia più strettamente esposta alle lavorazioni e sostanze adoperate e socialmente più deprivata. Le sedi tumorali ove tale eccesso non si riscontra sono i tumori celebrali (22) a conferma di quanto già indicato in precedenza e le neoplasie del rene dove i fattori voluttuari come l’abuso di alcool rivestono un ruolo non indifferente. Per le cause non tumorali la non differenza invece, secondo lo scrivente, è indotta dal fatto che tali patologie legate comunque all’età avanzata possono riguardare indifferentemente entrambe le categorie.(46,52) Lo studio complessivamente ha evidenziato criticità ambientali e occupazionali risapute o prevedibili permettendo nei prossimi anni di attività OSAT un miglior monitoraggio e interventi di prevenzione sia in termini sanitari ma anche più strutturali qual ora le problematiche di salute si ripresentassero con tendenza all’aumento. Per quanto riguarda i rischi ambientali/residenziali si tenga presente che le zone ritenute “esposte” sono da considerarsi del tutto indicative poiché a oggi non vi è disponibilità di modelli di ricaduta delle relative immissioni industriali. (4,8,21,26,38) I prossimi studi caso-controllo, tramite utilizzo dei questionari già raccolti o somministrazioni ad hoc per definite cause, permetteranno di confermare o meno gli eccessi per patologie ove i fattori voluttuari rivestono un ruolo eziologico non indifferente e perciò da considerare nel loro complesso. GdB | Giugno 2022

81


Scienze

Bibliografia 1. Alavanja MCR., (2009). Introduction: Pesticides use and exposure extensive worldwide. Rev Environ Health 24:303–309. 2. Andreotti G et al., (2010). Body mass index, agricultural pesticide use, and cancer incidence in the Agricultural Health Study cohort. Cancer Causes Control. 3. ARPA Puglia. Rapporto sulla valutazione del danno sanitario stabilimento Ilva di Taranto. Technical report, ARPA Puglia, http://www.arpa.puglia.it/web/guest/vds, 2013. 77 4. ARPA Puglia. Relazione sui dati qualità dell’aria(2014). Technical report, ARPA Puglia, http://www. arpa.puglia.it/web/guest/rete aria ILVA, 2014. 5. Bagnardi V, Rota M, Botteri E et al. Alcohol consumption and site-specific cancer risk: a comprehensive dose-response meta-analysis. Br J Cancer. 2015 Feb 3;112(3):580-93. 6. Baker PJ, Hoel D: Meta-analysis of standardized incidence and mortality rates of childhood leukemias in proximity to nuclear facilities. Eur J Cancer Care 2007 , 16:355-363. 7. Beamer PI, Canales RA, Ferguson AC, Leckie JO, Bradman A., (2012). Relative pesticide and exposure route contribution to aggregate and cumulative dose in young farmworker children. Int J Environ Res Public Health 9:73–96. 8. Berti G, Galassi C, Faustini A, Forastiere F. EPIAIR Project. Air pollution and health: epidemiological surveillance and prevention. Epidemiol Prev 2009; 33; (Suppl 1); 1-143. 9. Biggeri A, Bellini P, Terracini B. Meta-analysis of the Italian studies on short-term effects of air pollution--MISA 1996-2002. Epidemiol Prev 2004; 28; (4-5 Suppl); 4-100. 10. Bonner MR, et al., (2010). Occupational exposure to terbufos and the incidence of cancer in the Agricultural Health Study. Cancer Causes Control. 2010 Jun;21(6):871-7. 11. Cappa R. Appunti per un archivio di archeologia industriale. Gli insediamenti industriali nel Casalese tra ‘800 e ‘900. Alessandria: Edizioni Dell’Orso, 1985. 12. Charles C. Branas, Rose A. Cheney, John M. MacDonald,Vicky W. Tam, Tara D. Jackson, and Thomas R. Ten Have. A difference-in-differences analysis of health, safety, and greening vacant urban space. American Journal of Epidemiology, 2011. 13. David Card and Alan B. Krueger. Minimum wages and employment: A case study of the fast-food industry in New Jersey and Pennsylvania. The American Economic Review, 84(4):772–793, 1994. 14. Di Paola M, Mastrantonio M, Carbono M, et al. Esposizione ad amianto e mortalità per tumore maligno della pleura in Italia (1988-1994). Roma: ISS, 2000 (Rapporti ISTISAN 00/9). Filippini G. (2006). 15. Dirtu AC, Covaci A., (2010). Estimation of daily intake of organohalogenated contaminants from food consumption and indoor dust ingestion in Romania. Environ Sci Technol 44:6297–6304. 16. Donna A, Betta P, Robutti F. 1984. Ovarian me-

82 GdB | Giugno 2022

sothelial tumors and herbicides; a case-control study. Carcinogenesis 5:941–42 17. Donna A, Betta PG, Robutti F. 1986. Carcinogenicity testing of atrazine: preliminary report on a 13 month study of albino mice treated intraperitoneal administration. Med. Lav. 8:119–21 18. Donna A, Cosignani P, Robutti F. 1989. Triazine herbicides and ovarian epithelial neoplasms. Scad. J.Work Environ. Health 15:47-534 19. E.P.A. Emissions Factors & AP 42, Compilation of Air Pollutant Emission Factors. 20. E.P.A., 2006, AP 42, Fifth Edition, Volume I, Chapter 13: Miscellaneous Sources, Section 13.2.5, Industrial wind erosion. 21. EMEP/EEA air pollutant emission inventory guidebook — 2009. Technical report No 9/2009. 22. Epidemiologia dei tumori cerebrali. Mediterranean School of Oncology, Roma 6-7 luglio 2006 23. Ferri GM, Gallo A, Sumerano M et al. Exposure to PAHs, urinary 1-pyrenol and DNA adducts in samples from a population living at different distances from a steel plant. G Ital Med Lav Ergon 2003; 25; (Suppl3); 32-4. 24. Fleming LE, Bean JA, Rudolph M, Hamilton K. 1999. Cancer incidence in a cohort of licensed pesticide applicators in Florida. J. Occup. Environ. Med. 41:279–88 25. Gariazzo C, Papaleo V, Pelliccioni A, Calori G, Radice P and Tinarelli G. Application of a Lagrangian particle model to assess the impact of harbour, industrial and urban activities on air quality in the Taranto area, Italy. Atmospheric Environment, 41:6432–44, 2007. 26. Gariazzo C. Analisi modellistica dell’inquinamento atmosferico di origine industriale e antropica nell’area di Taranto. Texmat Editore, Roma, 2006. 27. Giua R, Morabito A, Tanzarella A, Spagnolo S, Pastore T, Bevere M, Valentini E, La Ghezza V. Application of a Lagrangian particle model to the source apportionment for primary macropollutants in Taranto area (South Italy). Int J.Environment and Pollution 2014; 55 (Nos 1/2/3/4): 31-40. 28. Giua R, Spartera M, Viviano G, Ziemacki G, Carbotti G. Cancer risk for coke-oven workers in the Taranto steel plant. Epidemiol Prev 2005; 29; (5-6 Suppl); 42-4. 29. Graziano G, Bilancia M, Bisceglia L, de Nichilo G, Pollice A, Assennato G. Statistical analysis of the incidence of some cancers in the province of Taranto 1999-2001. Epidemiol Prev 2009; 33; 37-44. 30. http://www.comune.trino.vc.it/articoli/ambiente-politiche-sociali/osservatorio-socio-ambientale-trinese 31. IARC 2004. Some Drinking-water Disinfectants and Contaminants, including Arsenic.Monographs on the Evaluation of Carcinogenic Risks to Humans, volume 84. 32. Il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica a cura del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità- La sorveglianza PASSI. http://


Scienze

www.epicentro.iss.it/passi/ 33. International Agency for Research on Cancer: Monographs on the evaluation of carcinogenic risks to humans. I. X- and gamma radiation, and neutrons. Ionizing radiation. Volume 75. Lyon, France: IARC; 1999. 34.Kaatsch P, Spix C, Schulze-Rath R, Schmiedel S, Blettner M. Leukaemia in young children living in the vicinity of German nuclear power plants. Int J Cancer. 2008 Feb 15;122(4):721-6 35. Laurier D, Bard D: Epidemiologic studies of leukemia among persons under 25 years of age living near nuclear sites.Epidemiol Rev 1999 , 21(2):188-206 36. Liberti L, Notarnicola M, Primerano R, Vitucci G. Air pollution from a large steel factory:toxic contaminants from coke-oven plants. In Air Pollution XII. Brebbia CA (ed) Southampton (GB), WIT Press, 2004. 37. Liberti L, Notarnicola M, Primerano R, Zannetti P. Air pollution from a large steel factory:polycyclic aromatic hydrocarbon emissions from coke-oven batteries. J Air Waste Manag Assoc 2006; 56; 255-60. 38. Marinaccio A, Belli S, Binazzi A et al. Residential proximity to industrial sites in the area of Taranto (Southern Italy). A case-control cancer incidence study. Ann Ist Super Sanita 2011; 47; 192-199. 39. Martin SAJr, Sandler DP, Harlow SD, Shore DL, Rowland AS, Alavanja MC. 2002. Pesticide use and pesticide-related symptoms among black farmers in the Agricultural Health Study. Am J Int Med., 41:2029. Pimentel D. 1996. Green revolution agriculture and chemicals hazards. Sci Total Environ 40. Martinelli D, Mincuzzi A, Minerba S et al. Malignant cancer mortality in Province of Taranto (Italy). Geographic analysis in an area of high environmental risk. J Prev Med Hyg. 2009; 50; 181-90. 41. Martuzzi M., Mitis F., Iavarone I. Serinelli M. Health impact of PM10 and ozone in 13 Italian cities. World Health Organization - Regional Office for Europe. Copenhagen 2006 (E88700).(www.euro.who.int/document/e88700.pdf, ultima consultazione 1 agosto 2011). 42. Mataloni F, Stafoggia M, Alessandrini E, Triassi M, Biggeri A, Forastiere F. Studio di coorte sulla mortalita` e morbosita` nell’area di Taranto (in Italian). Epidemiol Prev 2012;36(5):237–252 43. Perizia chimica della Procura di Taranto (2012) available on Environment Ministry site http://aia.minambiente.it/DomandeAIADocumenti.aspx?id=333.78 44. Perizia Epidemiologica (2012) available on Environment Ministry site http://aia.minambiente.it/DomandeAIADocumenti.aspx?id=333. 45. Pirastu R, Ancona C, Iavarone I, Mitis F, Zona A, Comba P, SENTIERI Working Group.SENTIERI Project. Mortality study of residents in Italian polluted sites: evaluation of the epidemiological evidence. Epidemiol Prev 2010;34; (5-6 Suppl 3); 1-96. 46. Ronksley PE, Brien SE, Turner BJ, Mukamal KJ, Ghali WA. Association of alcohol consumption with selected cardiovascular disease outcomes: a systematic review and meta-analysis. BMJ. 2011 Feb 22;342:d671 47. Salerno C, Bagnasco G, Palin L. Stato di salute

della popolazione del comune di Trino V.se: mortalità oncologica 2000-2007 e analisi storica per tutte le cause di morte dal 1980 al 2000. Ann Ig 2011,1:0-0 48. Salerno C, Bagnasco G, Trovato AM, Panella M. Analisi dello stato di salute della popolazione del comune di Trino V.se :studio epidemiologico sull’incidenza e mortalità delle patologie neoplastiche. .Ann Ig 2009; 21: 501-5. 49. Sebastian Galiani, Paul Gertler, and Ernesto Schargrodsky. Water for life: The impact of the privatization of water services on child mortality. Journal of Political Economy, 2005. 50. Spix C. Schmiedel S. Kaatsch P. Schulze-Rath R. Blettner M. Case-control study on childhood cancer in the vicinity of nuclear power plants in Germany 19802003. Eur J Cancer. 2008 Jan;44(2):275-84. Epub 2007 Dec 21. 51. Stather JW, Phipps AW, Harrison JD, Eckerman KF, Smith TJ, Fell TP, Nosske D: Dosecoefficients for the embryo and fetus following intakes of radionuclides by the mother. J Radiol Prot 2002 , 22:7-24 52. Taghizadeh N, Boezen HM, Schouten JP et al. BMI and lifetime changes in BMI and cancer mortality risk. PLoS One. 2015 Apr 16;10(4) 41. Kenneth J. Rothman. Epidemiology: An Introduction.OUP USA, 2012. 53. Taghizadeh N, Vonk JM, Boezen HM. Lifetime Smoking History and Cause-Specific Mortality in a Cohort Study with 43 Years of Follow-Up. PLoS One. 2016 Apr 7;11(4):e0153310. doi: 10.1371/journal. pone.0153310. eCollection 2016. 54. Tinarelli G., Anfossi D., Bider M., Ferrero E., Trini Castelli S., 1999, A new high performance version of the Lagrangian particle dispersion model SPRAY, some case studies, Air Pollution Modelling and its Applications XIII, S.E. Gryning and E. Batchvarova eds., Kluwer Academic / Plenum Press, New York, 499‐507. 55. Vigotti MA, Cavone D, Bruni A, Minerba S, Conversano M. Analisi di mortalità in un sito con sorgenti localizzate: il caso di Taranto. In Comba P, Bianchi F, Iavarone I, Pirastu R (eds). Impatto sulla salute dei siti inquinati: metodi e strumenti per la ricerca e le valutazioni. Rapporti ISTISAN (07/50). Roma, Istituto Superiore di Sanità, 2007. 56. Vigotti MA, Mataloni F, Bruni A, Minniti C, Gianicolo EA. Mortality analysis by neighbourhood in a city with high levels of industrial air pollution. Int J Public Health; 2014 Aug;59(4):645-53. 57. Viviano G, Ziemacki G, Settimo G et al. Air quality assessment in an urban-industrial area: the Taranto case study. Epidemiol Prev 2005; 29; (5-6 Suppl); 45-9. 58. Wang Y, Kloog I, Coull BA, Kosheleva A, Zanobetti A, Schwartz JD. Estimating Causal Effects of LongTerm PM2.5 Exposure on Mortality in New Jersey. Environ Health Perspect; http://dx.doi.org/10.1289/ ehp.1409671 59. Zanini G. Il Sistema MINNI, modello integrato nazionale per la valutazione degli effetti dell’inquinamento atmosferico e dell’efficacia delle politiche di riduzione delle emissioni di inquinanti atmosferici. Epidemiologia e prevenzione 2009 Nov-Dic Suppl 1; anno 33(6), PMID 20418584. 79 GdB | Giugno 2022

83


Ecm Questo articolo dà la possibilità agli iscritti all’Ordine di acquisire 4,5 crediti ECM FAD attraverso l’area riservata del sito internet www.onb.it.

Nutrizione e Disturbi del Sonno L’articolo assegna i crediti Ecm in modalità Fad se scaricato dall’area riservata MyOnb

di Luigi Barrea*, **

N

egli ultimi decenni si è assistito ad un aumento dei tassi di sovrappeso e obesità in tutto il mondo, sia negli adulti che nei bambini. Parallelamente, diverse evidenze scientifiche hanno riportato un peggioramento sia della durata che della qualità del sonno. Alcuni studi hanno mostrato un’associazione bidirezionale tra obesità e disturbi del sonno. In particolare, l’apnea ostruttiva del sonno (OSA) è il più diffuso disturbo del sonno correlato all’obesità che porta ad un aumentato rischio di numerose condizioni patologiche, incluso il diabete mellito di tipo 2 e la sindrome metabolica. Inoltre, l’aumento del tessuto adiposo viscerale è responsabile della secrezione di citochine infiammatorie che potrebbero contribuire ad alterare il ritmo sonno-veglia. Sebbene l’obesità possa causare attraverso diversi meccanismi patogenetici un’alterazione della qualità e durata del sonno, è stato riportato anche che i soggetti che soffrono di disturbi del sonno sono più inclini a sviluppare sovrappeso e obesità. Di interesse, è stato dimostrato come anche la dieta, oltre ad agire sul peso corporeo, può influenzare diverse variabili legate sia alla durata che alla qualità del sonno. In particolare, una dieta caratterizzata da un elevato consumo di grassi saturi e carboidrati semplici,

Dipartimento di Scienze Umanistiche, Università Telematica Pegaso, Napoli, Italia. ** Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II, UOC di Endocrinologia, Ambulatorio CIBO (Centro Italiano per la cura e il Benessere del paziente con Obesità), Napoli, Italia. *

84 GdB | Giugno 2022

© Kateryna Kon/shutterstock.com

sembra influenzare negativamente la qualità del sonno mentre una dieta ricca di fibre è associata ad un sonno più ristoratore e profondo. Inoltre, l’alimentazione può influenzare profondamente diversi ormoni (come leptina, cortisolo e grelina) e lo stato infiammatorio che, direttamente o indirettamente, contribuiscono sia all’obesità che ai disturbi del sonno. Per questo motivo l’alimentazione, nei soggetti con sovrappeso e obesità, potrebbe rappresentare uno strumento “terapeutico” importante non solo per il calo ponderale ma anche per migliorare la qualità e la durata del sonno. Pertanto, lo scopo di questa FAD è di fornire una panoramica degli studi che hanno valutato l’associazione tra obesità e disturbi del sonno, riportando possibili consigli nutrizionali e regimi dietetici come strumento “terapeutico” per migliorare la qualità e la durata del sonno nei pazienti con obesità.


Corso Fad

SERVIZI ECOSISTEMICI URBANI Luglio-dicembre 2022

www.onb.it GdB | Giugno 2022

85


Anno V - N. 6 Giugno 2022 Edizione mensile di AgONB (Agenzia di stampa dell’Ordine Nazionale dei Biologi) Testata registrata al n. 52/2016 del Tribunale di Roma Diffusione: www.onb.it

Direttore responsabile: Claudia Tancioni Redazione: Ufficio stampa dell’Onb

Giornale dei Biologi

Edizione mensile di AgONB, Agenzia di stampa dell’Ordine Nazionale dei Biologi. Registrazione n. 52/2016 al Tribunale di Roma. Direttore responsabile: Claudia Tancioni. ISSN 2704-9132

Giugno 2022 Anno V - N. 6

LE ULTIME VARIANTI DI OMICRON FANNO RISALIRE LE INFEZIONI

Non ci sono limitazioni all’orizzonte ma il Consiglio Superiore di Sanità raccomanda prudenza. Locatelli: “Offrirei il vaccino ai fragili e agli ultra-sessantenni”

Contatti: +39 0657090205, +39 0657090225, ufficiostampa@onb.it. Per la pubblicità, scrivere all’indirizzo protocollo@peconb.it. Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano l’Ordine né la redazione. Immagine di copertina: © Niphon Subsri/www.shutterstock.com

www.onb.it

86 GdB | Giugno 2022

Progetto grafico e impaginazione: Ufficio stampa dell’ONB. Questo magazine digitale è scaricabile on-line dal sito internet www.onb.it edito dall’Ordine Nazionale dei Biologi. Questo numero de “Il Giornale dei Biologi” è stato chiuso in redazione martedì 28 giugno 2022.


Contatti

Informazioni per gli iscritti Si informano gli iscritti che gli uffici dell’Ordine Nazionale dei Biologi forniranno informazioni telefoniche di carattere generale dal lunedì al venerdì dalle ore 9:00 alle ore 13:30 e dal lunedì al giovedì dalle ore 15:00 alle ore 17:00. Tutte le comunicazioni dovranno pervenire tramite posta (presso Ordine Nazionale dei Biologi, via Icilio 7, 00153 Roma) o all’indirizzo protocollo@peconb.it, indicando nell’oggetto l’ufficio a cui la comunicazione è destinata.

CONSIGLIO DELL’ORDINE NAZIONALE DEI BIOLOGI Vincenzo D’Anna – Presidente E-mail: presidenza@peconb.it

In applicazione delle disposizioni in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 è possibile recarsi presso le sedi dell’Ordine Nazionale dei Biologi previo appuntamento e soltanto qualora non sia possibile ricevere assistenza telematica. L’appuntamento va concordato con l’ufficio interessato tramite mail o telefono.

Duilio Lamberti – Consigliere Segretario E-mail: d.lamberti@onb.it

UFFICIO TELEFONO Centralino 06 57090 200 Anagrafe e area riservata 06 57090 241 Ufficio ragioneria 06 57090 222 Iscrizioni e passaggi 06 57090 210 - 06 57090 223 Ufficio Pec, assicurazione 06 57090 202 certificati, timbro e logo Quote e cancellazioni 06 57090 216 - 06 57090 217 06 57090 224 Ufficio formazione 06 57090 207 - 06 57090 218 06 57090 239 Ufficio stampa 06 57090 205 - 06 57090 225 Ufficio abusivismo 06 57090 288 Ufficio legale protocollo@peconb.it Consulenza fiscale consulenzafiscale@onb.it Consulenza privacy consulenzaprivacy@onb.it Consulenza lavoro consulenzalavoro@onb.it Ufficio CED 06 57090 230 - 06 57090 231 Ufficio segreteria Ctu 06 57090 215 Presidenza e Segreteria 06 57090 229 Organi collegiali

Pietro Miraglia – Vicepresidente E-mail: analisidelta@gmail.com Pietro Sapia – Consigliere Tesoriere E-mail: p.sapia@onb.it

Gennaro Breglia E-mail: g.breglia@onb.it Claudia Dello Iacovo E-mail: c.delloiacovo@onb.it Stefania Papa E-mail: s.papa@onb.it Franco Scicchitano E-mail: f.scicchitano@onb.it Alberto Spanò E-mail: a.spano@onb.it CONSIGLIO NAZIONALE DEI BIOLOGI Maurizio Durini – Presidente Andrea Iuliano – Vicepresidente Luigi Grillo – Consigliere Tesoriere Stefania Inguscio – Consigliere Segretario Raffaele Aiello Sara Botti Laurie Lynn Carelli Vincenzo Cosimato Giuseppe Crescente Paolo Francesco Davassi Immacolata Di Biase Federico Li Causi Andrea Morello Marco Rufolo Erminio Torresani GdB | Giugno 2022

87


88 GdB | Giugno 2022


GdB | Giugno 2022

89


Corso Fad

STRESS AMBIENTALI E RICADUTE SU ANIMALI E UOMO Luglio-dicembre 2022

www.onb.it


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.