Il Giornale dei Biologi - N.4 - Aprile 2023

Page 1

AI BIOLOGI LA MEDAGLIA AL MERITO PER LA SANITÀ PUBBLICA

ALLERGIE STAGIONALI O CRONICHE?

Inquinamento e cambiamenti climatici alterano sempre di più le risposte del nostro sistema immunitario

Giornale dei Biologi Aprile 2023 Anno VI - N. 4 www.fnob.it

Scarica l’app della FNOB e resta sempre aggiornato su notizie e servizi

13

Sic itur ad astra di Vincenzo D’Anna

Ai biologi la medaglia d’oro al merito della sanità pubblica

PRIMO PIANO

Allergie stagionali? Adesso durano (quasi) tutto l’anno di Rino Dazzo

L’importanza di una diagnosi veloce di Rino Dazzo

Che succede durante un attacco allergico di Rino Dazzo

22 Ictus cerebrale: patologia tempo-dipendente di Elisabetta Gramolini

La molecola che modifica epigeneticamente le cellule tumorali di Elisabetta Gramolini

Dall’occhio è possibile scoprire l’Alzheimer prima che i sintomi siano evidenti di Domenico Esposito

Antibioticoresistenza. Per combatterla, risorse economiche e maggiore consapevolezza di Elisabetta Gramolini

Italia, in calo l’uso di antibiotici di Domenico Esposito

Influenza, è boom. Numeri record in Italia di Domenico Esposito

Il sensore biodegradabile per le donne che monitora il ph dei tessuti di Elisabetta Gramolini

INTERVISTE

Infiammazioni croniche. Messa a punto terapia con stimolazione ultranosica di Ester Trevisan

Diagnosi dell’osteoporosi con una microtac di Chiara Di Martino

Microbioma: le relazioni sociali influenzano i batteri della salute di Anna Lavinia

Nuove nanoparticelle trasportano l’mRna che cura le malattie polmonari di Sara Bovio

Nigella sativa. La pianta medicinale alleata per la crescita dei capelli di Biancamaria Mancini

La pressione alta un pericolo serio per il cervello di Domenico Esposito

Effetti benefici sulla pelle dei prodotti marini: cosmeceutici, algoterapia e talassoterapia di Carla Cimmino

Sommario Giornale dei Biologi | Apr 2023 C 16 18
24 26 28 30 SALUTE
20 31 32 34 36 10
EDITORIALE
3 FNOB
8 14 38 40

AMBIENTE

In trent’anni le risorse idriche nazionali diminuite del 20% di Gianpaolo Palazzo

Primo gruppo di cervi italici reintrodotti in un’area protetta della Calabria di Gianpaolo Palazzo

Turismo su due ruote. In tanti scelgono avventura e relax in bici di Gianpaolo Palazzo

INNOVAZIONE

L’abilità nella scrittura a mano specchio delle funzioni cerebrali di Elisabetta Gramolini

Sintetizzati polimeri che imitano le proteine del sangue e del citosol di Sara Bovio

Nuovo meccanismo per formare gel di Pasquale Santilio

Le immagini medicali analizzate da Mamba di Pasquale Santilio

Ippocampo umano: il primo modello 3D di Pasquale Santilio

Il kit trova sostanze tossiche nel latte di Pasquale Santilio

Ciclismo, è una generazione di fenomeni di Antonino Palumbo

Dal volley all’atletica: quando la sconfitta ti lascia di sasso di Antonino Palumbo

Primavera della ginnastica azzurra di Antonino Palumbo

Baby calciatori in autogestione di Antonino Palumbo

SCIENZE

Acquacoltura e mangimi sostenibili. Lo stato tra domanda e offerta di Martina Meola

Nutrizione e fattori probiotici nel mantenimento dell’eubiosi vaginale di Giuseppe Palma

Dagli studi sul Botrillo indizi per capire meglio Alzheimer e Parkinson di Cinzia Boschiero

Sommario D Giornale dei Biologi | Apr 2023
78 82 LAVORO
pubblici per Biologi 76 86
Concorsi
SPORT
66 70 72 BENI CULTURALI
un istante dura tutta l’eternità di Rino Dazzo 62 73 54 56
Quanto
48 50 52 58 59 LIBRI Rubrica letteraria 74 60 61

Sic itur ad astra

on c’è nulla che arrivi alle stelle che non abbia una via”. Così il poeta Virgilio sintetizzava lo sforzo che occorre compiere per raggiungere traguardi significativi nella vita e nelle umane opere. Sì, anche quelle che servono a preparare il successo professionale. Un insegnamento abbastanza semplice, ancorché crudo e amaro, che dovrebbe essere alla portata di tutti coloro i quali, nella vita, intendono farsi spazio per realizza -

“Nre le proprie ambizioni.

Quello che viviamo non è il tempo della riflessione e del sapere sul quale la massa si poggia, quanto il tempo della velocità, delle informazioni superficiali

Tuttavia, quello che viviamo non è certo il tempo della riflessione e del sapere sul quale la massa si poggia, quanto il tempo della velocità, delle informazioni superficiali che ci arrivano da quel gran fiume carsico di notizie che inonda i social network. Una quantità che non sempre corrisponde alla qualità, atteso che spesso le “informazioni”, mancando di approfondimento e di co -

gnizione di causa (per chi le legge), restano solo semplici conoscenze di fatti accaduti,

Editoriale Giornale dei Biologi | Apr 2023 3
di Vincenzo D’Anna Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi

sulle quali poi si tende a fondare personali e poco ponderate opinioni.

Devo amaramente rilevare che i Biologi, soprattutto i non veterani, quelli, cioè, che si destreggiano abilmente con lo strumento del web, si sono perfettamente adeguati alla moda dei tempi, all’uso dei sostegni che il progresso tecnologico e merceologico ci mette a disposizione, trascurando di andare a fondo sulle questioni che pure coinvolgono la nostra categoria. Ma c’è di peggio se si pensa che molti altri colleghi si erudiscono con il “sentito dire”, la peggiore forma di apprendimento, e sono ancora tanti, troppi, quelli che sono “orecchianti” delle cose che, tuttavia, pure li riguardereb -

bero personalmente e professionalmente! Decine sono i siti e le associazioni che pensano di surrogare le notizie ufficiali e la conoscenza sullo stato dell’arte della Categoria.

Molti colleghi si erudiscono con il “sentito dire”, la peggiore forma di apprendimento. Tanti sono “orecchianti” sulla professione

Se così non fosse non avremmo ancora un quinto degli iscritti sprovvisti di Pec, peraltro offerta dal disciolto ONB gratuitamente (rinnovi annuali compresi!). Non avremmo ancora circa diecimila iscritti che non usano l’area riservata del nostro sito istituzionale, attraverso la quale è possibile accedere, senza alcun onere, alla formazione a distanza, a questo stesso giornale online, alla visione di tutti gli atti amministrativi adottati dall’Ente, alle note prodotte sulle questioni tipiche della professione, all’uti -

Editoriale 4 Giornale dei Biologi | Apr 2023

lizzo di tutta una serie di notizie personali e di facilitazioni operative. Se questo, purtroppo, è ancora reale, ancorché nel passato quinquennio si siano recuperati ritardi annosi, diecimila nuovi iscritti, attivati molti canali di comunicazione e interazione con gli iscritti e lanciati diversi servizi innovativi - è chiaro come resta ancora tanto da lavorare su questo versante.

Il decentramento amministrativo farà in modo che gli enti territoriali accorcino le distanze con gli iscritti, migliorino le comunicazioni e i servizi

Molte di queste incombenze con il decentramento amministrativo che ha creato undici Ordini regionali e la Federazione Nazionale dei medesimi (la FNOB) sono a carico e cura degli enti territoriali, affinché accorcino le distanze con gli iscritti, migliorino le comunicazioni e i servizi in favore dei Biologi. “Quel

che è noto non è nuovo e quel che è nuovo non è noto”, recita un altro celebre detto. Il che significa che resta ancora da capire quali siano le strade per realizzare questi scopi nel generale interesse della Categoria. Non nego che molte siano le opinioni su come realizzare scopi e finalità poc’anzi descritti. Non tutte queste opinioni, tuttavia, sono aderenti alle norme e alle leggi che disciplinano i rapporti tra la FNOB e gli Ordini regionali e questo potrà certo innescare controversie.

La disattenzione degli iscritti verso le vicende del proprio Ordine crea, infatti, un clima artificioso, perché si discute ancora tra pochi soggetti, perlopiù con i presidenti regiona -

Editoriale Giornale dei Biologi | Apr 2023 5

li eletti e la stessa Federazione. Molte di queste diversità di impostazione, plausibili o del tutto campate in aria, finiscono col restare in un ambito circoscritto che esclude i veri protagonisti e i decisori delle cose: ossia i Biologi. A pochi giorni dall’elezione dei dirigenti nazionali della Federazione che mi hanno voluto accordare il loro voto, eleggendomi presidente, ho, mio malgrado, potuto registrare varie spinte centrifughe, rivendicazioni territoriali esasperate, polemiche sul finanziamento che gli Ordini sono chiamati a garantire obbligatoriamente alla Federazione.

La Fnob ha il compito di coordinare e indirizzare gli Ordini territoriali verso la corretta amministrazione e l’efficiente erogazione dei servizi

presenta, sul piano nazionale e nei confronti delle Istituzioni statali, ed altre di diverso ordine e grado, la categoria dei Biologi nella loro interezza! Un Ente propositivo e operativo. Ha quindi il compito di coordinare e indirizzare gli Ordini territoriali verso la corretta amministrazione, l’efficiente erogazione dei servizi delegati al territorio, la compatibilità economica in grado di assicurare ai Biologi Italiani quel che finora è stato loro garantito ed erogato.

Ritengo utile chiarire che la FNOB non è un vuoto orpello previsto in una norma, ma rap -

È tutta qui la partita da giocare! E che partita sarebbe se non vi fossero, come spettatori e giudici, i Biologi, quelli che in oltre ventimila hanno eletto e scelto i loro dirigenti?

Non ho mai sottaciuto alcun -

Editoriale 6 Giornale dei Biologi | Apr 2023

ché ai Biologi e dico loro che il decentramento territoriale ha reso la gestione molto più onerosa, decuplicandola con le sedi e quanto altro occorre per il funzionamento degli Ordini regionali. Che i servizi e le agevolazioni, finché sarò presidente, non si toccheranno, non possiamo e non dobbiamo permetterlo a vantaggio d’altro. Lo dico chiaro e tondo: non aboliremo eventi, informazione, formazione gratuita, contributi per master e summer school, agevolazioni e sostegno ai meritevoli e a quelli che ne hanno bisogno.

formazione sul campo. Il tutto con la compartecipazione diretta di Ministeri, Università, IRCCS, Enti scientifici nazionali ed internazionali.

I servizi e le agevolazioni per i biologi, finché sarò presidente, non si toccheranno. Non possiamo e non dobbiamo permetterlo a vantaggio d’altro

Per fare tutto questo useremo anche la neonata Fondazione Italiana Biologi per finanziare, con fondi acquisiti tramite le linee europee e nazionali, progetti di ricerca, start-up ed alta

Fatti concreti non programmi annunciati e ridondanti. Chiaro però che per fare tutto questo occorreranno più fondi. La scelta alla fine sarà mantenere i servizi e le opportunità per i Biologi oppure ritornare al passato remoto di un Ordine che disbrighi pratiche amministrative, arrangiarci negando agli iscritti quel che abbiamo già garantito negli ultimi cinque anni e altro che ancora intendiamo dare. Noi ovviamente propendiamo per la prima opzione e dunque ci saranno dibattiti e un sondaggio di opinione come in passato. Per andare avanti, s’intende.

Editoriale Giornale dei Biologi | Apr 2023 7

AI BIOLOGI LA MEDAGLIA D’ORO AL MERITO DELLA SANITÀ PUBBLICA

Il riconoscimento è stato consegnato da Sergio Matterella, presidente della Repubblica, e da Orazio Schillaci, ministro della Salute

«Alle biologhe e ai biologi, per l’importante attività svolta nella ricerca biomedica, per aver isolato il coronavirus codificandone il materiale genetico, consentendo così di perfezionarne la diagnosi e l’individuazione delle terapie». Con queste parole il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha conferito a Vincenzo D’Anna, presidente della Fnob – Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi, la “medaglia d’oro al merito della Sanità Pubblica” come attestazione dell’importante ruolo svolto dagli iscritti durante la pandemia.

La cerimonia, che si è tenuta all’interno del Palazzo del Quirinale, ha visto assegnare il riconoscimento a tutti i presidenti delle federazioni e dei consigli delle professioni sanitarie e ai rappresentanti delle forze armate italiane. In un comunicato congiunto, i presidenti delle professioni sociosanitarie dichiarano come «la medaglia d’oro al merito della

Sanità pubblica onori le Federazioni, i Consigli nazionali e tutti i professionisti che non fanno mai mancare la loro presenza, la loro assistenza e la loro vicinanza alle persone. È un elogio all’impegno e al sacrificio di tutti i professionisti della Sanità e del Sociale che, insieme, hanno difeso la salute dei cittadini».

Accanto al Presidente Matterella era presente il ministro della Salute Orazio Schillaci, che nel discorso di apertura dell’evento ha spiegato quanto sia importante «assicurare la stessa possibilità di accesso alle cure a tutti i cittadini in tutte le zone d’Italia. Per farlo è necessario che ci sia anche il supporto dei professionisti della salute, perché i grandi cambiamenti nascono solo dalla collaborazione multidisciplinare».

All’iniziativa è intervenuto il ministro della Difesa, Guido Crosetto. In rappresentanza della Fnob era presente anche il direttore Pasquale Piscopo. «L’attestato di stima ricevuto oggi – spiega Vin-

Fnob 8 Giornale dei Biologi | Apr 2023

cenzo D’Anna – onora il lavoro di tutti coloro che ogni giorno s’impegnano per la salute degli individui e dell’ambiente. Un plauso particolare va all’incessante lavoro svolto nel periodo pandemico dalla rete laboratoristica, che ha garantito assistenza a tutto il nostro Paese».

«Dedichiamo questa medaglia – concludono nel comunicato le Federazioni e Consigli nazionali degli Ordini sanitari e sociosanitari - a chi ha sofferto, a chi soffre e a tutti i professionisti che, con la loro attenzione e partecipazione, hanno aiutato ad arginare la pandemia».

In alto, a sinistra, Vincenzo D’Anna, Sergio Mattarella e Orazio Schillaci. In alto, a destra, Sergio Matterella. A destra Sergio Matterella, Vincenzo D’Anna e Orazio Schillaci. Sotto, la sala.

Giornale dei Biologi | Apr 2023 9

ALLERGIE STAGIONALI? ADESSO DURANO (QUASI) TUTTO L’ANNO

Le reazioni, un tempo tipiche della primavera, sono sempre più protratte nel tempo Caldo, inquinamento e cambiamenti nel paesaggio stanno ridisegnando gli scenari

primavera, tornano le allergie stagionali. Ma è davvero così? Ha ancora senso associare sintomi tipici e fastidiosi come la rinite allergica, la tosse stizzosa, il prurito, la lacrimazione, la congiuntivite o, nei casi più seri, l’asma e la febbre da fieno a un determinato periodo dell’anno? La verità è che, da stagionali, le allergie stanno diventando croniche. Quelle che, fino a qualche tempo fa, erano tipiche manifestazioni del cambio di stagione, del passaggio da un clima freddo a uno più caldo, stanno assumendo sempre più un carattere duraturo e permanente. Il risultato? Reazioni allergiche già sul finire dell’inverno, ma anche in estate e fino ad autunno inoltrato. La colpa? Anche in questo caso la ragione principale risiede nei cambiamenti climatici che stanno trasformando, sempre più a vista d’occhio, gli stessi paesaggi in cui viviamo e la stessa aria che respiriamo. Può essere utile dare uno sguardo ai numeri. Sono circa dieci milioni gli italiani che soffrono di disturbi allergici. Secondo

10 Giornale dei Biologi | Apr 2023
Primo piano
È
di Rino Dazzo

gli esperti, aumenteranno del 5% – mezzo milione circa, dunque – nei prossimi cinque anni. E molto probabilmente il numero di chi soffre a causa delle allergie già oggi è sottostimato, se si pensa che, secondo l’Istat, il 10% dei prodotti da banco venduti nelle farmacie italiane è costituito da farmaci in grado di alleviare le più comuni sintomatologie allergiche. Ma perché si soffre di allergie? Un ruolo importante è giocato dalla genetica. Le allergie, infatti, sono vere e proprie patologie del sistema immunitario e, come tali, scritte nel DNA e trasmissibili dai genitori ai figli, con probabilità che spaziano dal 40% (dal papà allergico) al 60% (da mamma allergica), fino al 100% in caso di allergia di entrambi i genitori. Ai fattori genetici si sommano poi quelli ambientali, come clima e inquinamento, in grado di peggiorare la gravità dell’infiammazione. E non è detto che un’allergia sia costante nel tempo. Può insorgere in età anziana o nella vecchiaia e può anche progredire negli anni se non curata adeguatamente, passando ad esempio da reazioni come la rinite allergica nell’adolescenza all’asma attorno ai 40-50 anni, fino a rischiare l’insufficienza respiratoria dopo i 65 anni.

Le allergie di tipo ambientale più comuni sono quelle al polline, più dettagliatamente alle proteine e alle glicoproteine presenti

Giornale dei Biologi | Apr 2023 11 © Pixel-Shot/shutterstock.com
Primo piano

soprattutto nel polline di alcune famiglie di piante: Asteraceae (tra cui lattuga, radicchio, girasoli e carciofi), Betullaceae (betulle e noccioli), Cupressaceae (cipressi, sequoie), Fagaceae (faggi, castagni e querce), Oleaceae (olivi, frassini, gelsomini), Poaceae (le graminacee quali grano, mais, riso, orzo e cereali) e Urticaceae (ortica, parietaria). L’esposizione a uno o più allergeni, soprattutto se protratta nel tempo, provoca reazioni e sintomi tristemente noti a tutti coloro che sono alle prese con questo tipo di problemi. Il punto è che da alcuni anni, ormai, il calendario pollinico non ha più contorni fissi o ben delineati. Gli allergeni, infatti, sono presenti nell’aria per un periodo più lungo e con concentrazioni maggiori rispetto al passato, favoriti dal graduale innalzamento delle temperature medie, dalla progressiva tropicalizzazione del clima e dalla scarsità di piogge e nevicate, i più efficaci strumenti naturali in grado di abbattere la quantità di pollini in circolazione.

Il clima in Italia sta cambiando e, con esso, la composizione della vegetazione. Piante un tempo tipiche delle regioni meridionali, come gli ulivi, ora sono diffuse anche al nord e con loro viaggiano gli allergeni, che si spostano al ritmo di 100 chilometri per ogni grado di temperatura in più. Va da sé che, moltiplicandosi i

Gli insetti impollinatori, però, sono in preoccupante declino, con un aumento della mortalità invernale delle api che in certe zone del paese ha raggiunto il 40%, come evidenzia l’ultima pubblicazione (12/20) dell’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, su natura e biodiversità.

fattori di rischio, aumentano le possibilità che si sviluppino reazioni allergiche in una fascia crescente della popolazione. Con il caldo e la siccità aumenta il polline nell’aria, mentre diminuiscono gli insetti impollinatori. Grano e graminacee sono tra i pochi esempi di piante impollinate dal vento. La stragrande maggioranza delle colture alimentari e quasi tutte le altre piante da fiore hanno bisogno dell’impollinazione zoofila, mediata cioè da animali come api, farfalle, sirfidi, coleotteri e vespe.

Gli insetti impollinatori, però, sono in preoccupante declino, con un aumento della mortalità invernale delle api che in certe zone del paese ha raggiunto il 40%, come evidenzia l’ultima pubblicazione (12/20) dell’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, su natura e biodiversità. I fattori?

«Distruzione, degradazione e frammentazione degli habitat, inquinamento da agenti fisici e chimici, cambiamenti climatici e diffusione di specie aliene invasive, parassiti e patogeni». Insieme a effetti potenzialmente devastanti su colture e vegetazione, la diminuzione degli impollinatori può giocare un ruolo anche sulla diffusione delle allergie. L’azione delle api e degli altri insetti aiuta infatti ad abbassare la concentrazione degli allergeni nell’aria aperta, trasferendo il polline da un fiore all’altro.

12 Giornale dei Biologi | Apr 2023
© Daniel Prudek/shutterstock.com
Primo piano

Inquadrare il problema per combatterlo con maggior efficacia. Il primo passo da compiere, quando si ha a che fare con le manifestazioni allergiche, è diagnosticare rapidamente e con esattezza l’allergene che le determina, in modo da scongiurare reazioni che possono essere gravi o addirittura gravissime, come lo shock anafilattico. Gli strumenti messi a disposizione dalla diagnostica negli ultimi anni sono sempre più accurati.

«Il classico prick test cutaneo non è quasi più richiesto, adesso si fa un comune esame del sangue per misurare il livello di immunoglobuline IgE specifiche per un particolare allergene, individuando la sostanza responsabile», spiega la biologa Antonietta Martino, direttrice di uno dei più grossi laboratori d’analisi di Roma. «I test più richiesti in questo periodo sono quelli classici: gramigna, ulivo e parietaria, un tipo di erba che cresce in modo invasivo sui muri cittadini. E poi quello specifico per il polline della betulla, principale sensibilizzante delle proteine Pr10 che sono presenti in molti alimenti vegetali anche di largo consumo come mele, carote e sedano. Per non parlare dei test su intolleranze e allergie alimentari, letteralmente esplosi negli ultimi tempi, soprattutto per quel che riguarda lattosio e lattulosio».

La diagnostica molecolare può rivelarsi fondamentale per individuare con precisione e in tempi stretti le proteine responsabili delle reazioni più comuni e fastidiose, predisponendo le opportune contromisure. «Noi utilizziamo un test che consente di misurare simultaneamente e in modo specifico la reattività individuale a 112 molecole grazie alla nuova tecnologia microarray, un biochip molto sofisticato», prosegue la dottoressa Martino. «Questo tipo di test, consistente in un singolo prelievo venoso o capillare, è basato sui componenti cross reattivi che si trovano

L’IMPORTANZA DI UNA DIAGNOSI VELOCE

Test di ultima generazione per individuare allergeni e reazioni incrociate e indicare i trattamenti più adeguati

in vari alimenti e permette di chiarire l’effettivo profilo di sensibilizzazione di un paziente».

Tutto ciò allo scopo di indicare allo stesso una dieta personalizzata o di individuare il giusto trattamento immunoterapico, consistente anche nei nuovi vaccini in gocce o in compresse assumibili a domicilio, senza necessità di ricovero ospedaliero. Per la cura di rinite o asma bronchiale sono disponibili spray nasali che sfruttano l’azione combinata di corticosteroidi e antistaminici, mentre per la dermatite atopica la speranza è nei monoclonali: l’Aifa ha approvato nuovi farmaci

biologici che hanno come bersaglio i mediatori della risposta infiammatoria allergica, che si stanno dimostrando sempre più efficaci.

Ma quali sono le insorgenze statisticamente più elevate? Come stanno evolvendo le reazioni allergiche degli italiani in rapporto ai cambiamenti climatici e paesaggistici? Risponde la dottoressa Martino: «In questo periodo le allergie che si riscontrano maggiormente in sede di analisi sono quelle classiche alla parietaria e alla graminacee, ma sono sempre di più i pazienti che risultano intolleranti a un alimento molto comune, le fragole». (R. D.)

Giornale dei Biologi | Apr 2023 13
© Jarun Ontakrai/shutterstock.com
Primo piano

CHE SUCCEDE DURANTE UN ATTACCO ALLERGICO

Il sistema immunitario reagisce in modo improprio a una sostanza, provocando disturbi più o meno gravi

Cosa succede al nostro corpo durante un attacco allergico? Quali sono i meccanismi di azione delle allergie sull’organismo? Tutti, bene o male, abbiamo esperienza diretta o indiretta dei disturbi più comuni legati a un’allergia, magari per averle vissute in prima persona o per aver assistito a qualche manifestazione particolarmente evidente in amici, parenti o conoscenti.

L’ISS, Istituto Superiore di Sanità, li elenca minuziosamente: starnuti, naso chiuso o che cola, occhi rossi con prurito e lacrimazione, respiro

sibilante e tosse, rossore e prurito sulla pelle, manifestazione o peggioramento dell’asma, shock anafilattico. Opportuno anche ricapitolare, come fa proprio l’ISS in una sezione dedicata del suo portale, la differenza tra allergia (reazione specifica prodotta dal sistema immunitario quando si è esposti a una sostanza normalmente innocua), sensibilità (aumento esagerato dei normali effetti di una sostanza: per esempio, la caffeina contenuta nel caffè può causare disturbi estremi come palpitazioni e tremore) e intolleranza (quando una sostanza provoca sintomi spiacevoli, come ad esempio

la diarrea, ma non coinvolge il sistema immunitario).

Ma perché, nel concreto, si verificano le reazioni allergiche? Quali componenti entrano in gioco nel corso di un attacco? Lo spiega Domenico Schiavino, direttore di allergologia all’Università Cattolica di Roma, autore di numerose pubblicazioni e interventi in materia: «Un attacco allergico si scatena quando il paziente ha una personale predisposizione a produrre degli anticorpi specifici, le immunoglobuline IgE. Il contatto di un allergene con le IgE sulle nostre mucose induce la liberazione di sostanze chimiche irritanti come istamina o serotonina, il cui effetto è l’infiammazione della mucosa stessa. È qui che si attiva il sintomo, che può essere prurito, rinite, asma o congiuntivite.

La reazione allergica, in questo senso, si può considerare un eccesso di legittima difesa dell’organismo. Gli allergeni, infatti, sono innocui per la maggior parte della popolazione, mentre sono responsabili di reazioni anche gravi nei soggetti atopici, che hanno cioè predisposizione di tipo allergico».

Il patrimonio genetico non è l’unico fattore che entra in gioco quando si parla di allergie. Importante anche il ruolo dell’ambiente esterno, in particolare dell’esposizione prolungata agli allergeni. Solo quando gli allergeni finiscono a contatto con le mucose dei soggetti predisposti, in un periodo di tempo più o meno lungo e costante, scattano i meccanismi che portano alle manifestazioni allergiche. Ecco spiegato perché, ad esempio, sono sempre di più i pazienti che scoprono di essere allergici a una determinata sostanza in età avanzata, senza che in passato abbiano avuto modo di sospettare un’eventualità del genere: «La predisposizione familiare è alla base, ma è necessaria anche un’elevata esposizione all’allergene, che può avvenire nei primi anni di vita ma può anche essere ritardata e avvenire in età più adulta». (R. D.)

14 Giornale dei Biologi | Apr 2023
Primo piano © wisely/shutterstock.com

PER RESTARE SEMPRE INSIEME

DIMOSTRAGLI

Il microchip è il modo migliore per ritrovare il tuo amico a quattrozampe in caso di smarrimento.

E allora cosa aspetti?

Se il tuo cane o il tuo gatto non lo hanno ancora, recati dal tuo veterinario o al servizio veterinario pubblico competente per territorio, per identificarlo e iscriverlo in anagrafe degli animali d’affezione!

● Il microchip, obbligatorio per legge per il cane e presto anche per il gatto, è un piccolo dispositivo elettronico che identifica il tuo amico a quattrozampe e lo lega a te in maniera unica. L’identificazione con microchip di cani, gatti e furetti è inoltre obbligatoria per poter acquisire il passaporto europeo, per recarsi all’estero.

● Non temere per la sua salute: l’inserimento del microchip è sicuro e indolore!

È un’iniziativa del Ministero della Salute in collaborazione con LAV

Giornale dei Biologi | Apr 2023 15
IL MICROCHIP E A COSA SERVE?
COS’È
● Il certificato di iscrizione nell’anagrafe degli animali d’affezione è la sua “carta d’identità”. Ricordati di portarlo sempre con te! IL TUO AMORE CON IL MICROCHIP Informati su www.salute.gov.it e www.lav.it

INFIAMMAZIONI CRONICHE MESSA A PUNTO TERAPIA CON

STIMOLAZIONE ULTRASONICA

Intervista a Francesco Iacoponi, dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, primo autore dello studio pubblicato sulla rivista APL Bioengineering

Grazie a una nuova terapia basata sulla stimolazione ultrasonica, è possibile contrastare con più efficacia patologie in cui l’infiammazione cronica riveste un ruolo rilevante.

Per provocare una risposta immunitaria nell’organismo a seguito di un’infiammazione, i primi a intervenire sono i macrofagi, le cellule del sistema immunitario che danno origine a segnali infiammatori alla base della risposta immunitaria.

Il gruppo di ricerca ha indagato i bioeffetti di una terapia non invasiva e molto sicura, costi-tuita da ultrasuoni pulsati a bassa intensità, capendo quali potessero essere i migliori pa-rametri in grado di abbassare il più possibile l’infiammazione indotta su macrofagi.

Come avviene il processo di infiammazione dei macrofagi umani e quali sono le ri-percussioni su chi ne viene colpito?

Tra tutte le cellule immunitarie coinvolte nel processo infiammatorio, i macrofagi rappre-sentano la prima linea di difesa contro le infezioni. Si trovano in tutti i tessuti del corpo e derivano da cellule precursori, chiamate monociti. In risposta a stimoli fisici o chimici, si at-tivano, si concentrano nel sito di interesse e maturano, divenendo così macrofagi dotati di attività fagocitaria a tutti gli effetti. Il controllo del livello infiammatorio rappresenta ancora oggi una criticità nella gestione di diverse malattie, come le patologie cardiovascolari, il cancro,

il diabete mellito e l’osteoartrosi. Attualmente, in ambito clinico, farmaci antinfiammatori e corticosteroidi sono comunemente somministrati per ridurre l’infiammazione, ma sono spesso lontani dall’essere soddisfacenti e scatenano svariati effetti collaterali come insufficienza renale, aumento del rischio cardiovascolare e possibili infezioni secondarie.

Come agisce la nuova terapia descritta dallo studio realizzato dall’istituto di BioRo-botica della Scuola Sant’Anna?

In questo studio abbiamo esplorato una nuova terapia completamente non invasiva che si basa su un particolare regime di ultrasuoni, chiamato ultrasuono pulsato a bassa intensità. Gli ultrasuoni sono onde meccaniche, ampiamente utilizzate in ambito diagnostico, ma che possono anche indurre effetti benefici su cellule e tessuti, tra cui la guarigione di fratture ossee e la rigenerazione di tessuti molli, come cartilagine, muscoli, tendini e legamenti. Purtroppo, però, l’efficacia di queste terapie non è ancora del tutto consolidata e la conoscenza dei meccanismi alla base non è al momento ancora completamente nota. Nel nostro lavoro abbiamo esplorato e selezionato per la prima volta i parametri ottimali della stimolazione ultrasonica per ridurre il livello infiammatorio dei macrofagi, individuando inol-tre due canali di membrana meccano-responsivi che vengono coinvolti nella modulazione del rilascio di citochine da parte della cellula.

16 Giornale dei Biologi | Apr 2023
Intervista
di Ester Trevisan

La stimolazione ultrasonica può presentare effetti collaterali? Quali sono i vantaggi terapeutici di questo trattamento rispetto alle cure impiegate finora?

La stimolazione ultrasonica pulsata a bassa intensità è una terapia totalmente non invasiva e non presenta effetti collaterali, al contrario delle terapie farmacologiche. Inoltre, se la dose è opportunamente ben controllata, l’ultrasuono è capace di raggiungere il target da trattare con elevata precisione, anche in profondità. Oltretutto, il regime pulsato e a bassa intensità impiegato nello studio, proprio per queste caratteristiche, è noto anche per la sua elevata sicurezza in quanto non induce effetti termici apprezzabili nella zona sottoposta a trattamento.

Da chi è composto il team di ricerca?

Il team di ricerca che ha pubblicato il lavoro è composto, oltre che dal sottoscritto, da Andrea Cafarelli, ricercatore di tipo A; Francesco Fontana, assegnista di ricerca presso l’Università di Bologna; Tiziano Pratellesi e Erik Dumont, rispettivamente dell’azienda ita-liana BAC Technology e dell’azienda francese Image Guided Therapy, che ci hanno fornito parte delle strumentazioni elettroniche per la piattaforma di stimolazione a ultrasuoni; Ivana Barravecchia, assegnista di ricerca; Debora Angeloni e Leo-

La stimolazione ultrasonica pulsata a bassa intensità è una terapia totalmente non invasiva e non presenta effetti collaterali, al contrario delle terapie farmacologiche. Inoltre, se la dose è opportunamente ben controllata, l’ultrasuono è capace di raggiungere il target da trattare con elevata precisione, anche in profondità.

CHI È

Francesco Iacoponi

è uno studente di dottorato al primo anno presso l’Istituto di BioRobo-tica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Ha conseguito la laurea triennale e magi-strale in Ingegneria Biomedica presso l’Università di Pisa. Le sue attuali attività di ricerca riguardano la progettazione e la caratterizzazione di sistemi per la stimolazione biofisica in vitro e in vivo e l’esplorazione sistematica dei relativi effetti biologici dovuti all’interazione tra gli stimoli e il bersaglio biologico. È autore e co-autore di due pubblicazioni su giornali indicizzati.

nardo Ricotti, professori associati dell’Istituto di BioRobotica.

Ci spiega di cosa si occupa il progetto ADMAIORA?

Il progetto ADMAIORA (ADvanced nanocomposite MAterIals fOr in situ treatment and ul-tRAsound-mediated management of osteoarthritis), finanziato all’interno del programma Horizon 2020 EU e coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna, mira, a lungo termine, a migliorare la qualità della vita delle persone affette da osteoartrosi, tentando di rallentare il processo di degenerazione della malattia, posticipando o addirittura, se possibile, evitando interventi chirurgici per la sostituzione totale dell’articolazione. Il paradigma consiste nell’esplorazione di idrogeli nanocompositi in cui vengono incapsula-te cellule staminali da tessuto adiposo, che vengono iniettate nel sito di interesse dell’articolazione attraverso un sofisticato dispositivo artroscopico; in seguito, con stimoli fisici esterni (basati su ultrasuoni pulsati a bassa intensità), le staminali differenzieranno in condrociti maturi con lo scopo di rigenerare il difetto creato dalla degenerazione della carti-lagine a causa dell’osteoartrosi. Attualmente il progetto è in fase di sperimentazione preclinica su animale.

Giornale dei Biologi | Apr 2023 17 ”
Intervista
© Kateryna Kon/shutterstock.com Macrofago.

DIAGNOSI DELL’OSTEOPOROSI CON UNA MICROTAC

(PERFETTA ANCHE PER GLI ASTRONAUTI)

Federico II e Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Napoli al lavoro su un dispositivo portatile in grado di “fotografare” la perdita di densità ossea. Parla l’ideatrice Laura Cerbone

Tutto ha sempre inizio da un’idea. Soprattutto nella ricerca. Così, l’idea che arriva da Napoli – più precisamente, dall’Università Federico II e dalla sezione partenopea dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare –è quella di una microTAC da utilizzare anche nello spazio. La tomografia computerizzata è uno strumento potenzialmente utile a “fotografare” la perdita di densità ossea di cui soffrono gli astronauti, perdita simile a quella registrata nell’osteoporosi, meglio di quanto faccia, ad oggi, il metodo standard, la cosiddetta Moc. Dietro questa “visione”, che vede convergere studi di biologia, medicina e fisica medica e potrebbe rappresentare una rivoluzione nel mondo della clinica, c’è Paolo Russo, ordinario della Federico II e tra i fondatori, nel ’96 e nel ’99, delle Collaborazioni Europee Medipix1

(con il CERN e le Università di Pisa, Glasgow e Friburgo) e Medipix2, per lo sviluppo di rivelatori ibridi a pixel, basati sul circuito integrato Medipix. La sua ultima generazione, il Timepix4, è stata rilasciata nel marzo 2022 ed è il punto di partenza per studiare nel dettaglio la perdita di massa ossea in condizioni di microgravità, che può arrivare fino a un 1% per ogni mese trascorso nello spazio. Paolo Russo, però, ci tiene – orgogliosamente - a lasciare la parola a chi quell’idea l’ha sviluppata e finalizzata in un progetto di ricerca in tecnologie dello

spazio, e cioè Laura Cerbone, laureata magistrale in Fisica alla Federico II e dottoranda della Scuola Superiore Meridionale, che sta dando linfa vitale al progetto. È proprio lei a illustrarlo.

Dottoressa, innanzi tutto dov’è la novità?

Attualmente la misurazione della densità minerale ossea, negli astronauti, avviene prima e dopo la permanenza nello spazio, con quello che, comunemente, è chiamato esame “Moc” di Mineralometria Ossea Computerizzata (conosciuta anche come DEXA), un esame radiologico a bassa dose di radiazioni utilizzato nella diagnosi dell’osteoporosi mediante scansione dell’anca a livello del femore e delle vertebre lombari. Con il nuovo dispositivo sarà possibile effettuare una misurazione ripetuta del deterioramento della struttura ossea, che si realizza durante la permanenza nello spazio.

Quindi è improprio dire che viaggiando nello spazio si va incontro a osteoporosi?

La perdita di densità ossea che si registra negli astronauti in un volo spaziale di alcuni mesi è simile, ma di minore entità in termini assoluti, rispetto a quella di cui soffrono, in Italia, circa 5 milioni di anziani affetti da osteoporosi. È possibile che il processo non si limiti al periodo trascorso nello spazio, ma che produca effetti a lungo termine.

Da dove nasce la confusione?

La parte interna delle ossa - l’osso trabecolare

18 Giornale dei Biologi | Apr 2023
Intervista
di Chiara Di Martino

- è quella interessata per prima e in misura maggiore: le trabecole diventano più sottili e gli spazi tra loro si allargano, rendendo la struttura ossea meno resistente. La Moc è un ottimo strumento per studiare volumi ossei grandi, ma nell’analisi del tessuto trabecolare, le cui microstrutture misurano meno di 1/10 di millimetro, si limita a restituire un valore diagnostico legato al numero e alla densità delle trabecole. La tomografia computerizzata quantitativa periferica ad alta risoluzione (HRpQCT), invece, è uno strumento di imaging che fornisce una rappresentazione tridimensionale della struttura interna dell’osso. Ciò consente di derivare vari indicatori della microarchitettura trabecolare e dell’eventuale fragilità e indebolimento strutturale dell’osso.

Quali sono i vantaggi?

Sono una innovazione nel campo di cui stiamo parlando perché, effettuare le rilevazioni su piccole porzioni ossee (caviglia e polso) può consentire di diminuire ulteriormente la (bassissima) dose di radiazioni rispetto alla Moc, di raggiungere una risoluzione dell’ordine del centesimo di millimetro e di vedere la struttura spongiosa delle ossa, rilevandone eventuali cambiamenti prima che la MOC sia in grado di osservarli.

La sua idea, dunque, cosa aggiunge a quanto già in fase di studio?

Laura Cerbone.

“La perdita di densità ossea che si registra negli astronauti in un volo spaziale di alcuni mesi è simile, ma di minore entità in termini assoluti, rispetto a quella di cui soffrono, in Italia, circa 5 milioni di anziani affetti da osteoporosi”.

Lo scanner clinico, del tipo HRpQCT, attualmente in uso per ricerche nel campo dell’osteoporosi (e della perdita di massa ossea negli astronauti) - seppur più compatto rispetto ad un classico scanner TAC - ha comunque dimensioni considerevoli: un metro cubo di ingombro per 600 kg di peso. È evidente che non sia portatile. Il mio progetto di ricerca, dunque, punta alla realizzazione di un nuovo scanner HRpQCT di tipo spettrale (“TAC a colori”), che utilizza rivelatori a pixel, del tipo Timepix4, che rivelano i raggi X uno alla volta, determinandone contemporaneamente l’energia. Si tratta di un dispositivo leggero e compatto – del peso di 1/10 di quello di uno scanner clinico HRpQCT, che ho chiamato Astro-QCT, che potrebbe avere anche applicazioni cliniche qui sulla Terra: penso, per esempio, alla possibilità di trasportarlo con facilità o di utilizzarlo su pazienti allettati.

A che punto è, adesso?

Stiamo testando il sensore Timepix4 ed effettuando simulazioni al calcolatore, che ci consentiranno di studiare preventivamente le prestazioni del rivelatore. Entro il 2024 vorremmo assemblare un prototipo e testarlo a Terra. Non è un progetto a breve termine, ma è molto promettente, tanto che nel marzo scorso sono stata chiamata a parlarne al simposio dell’Agenzia Spaziale Italiana sulla Biomedicina spaziale.

Giornale dei Biologi | Apr 2023 19 ”
© Lilia Solonari/shutterstock.com

LA PRESSIONE ALTA UN PERICOLO SERIO PER IL CERVELLO: PUÒ CAUSARE DEMENZA

Un nuovo studio ha identificato i meccanismi associati all’ipertensione in grado di provocare declino cognitivo: così il cervello diventa ‘organo bersaglio’ dell’ipertensione

di Domenico Esposito

Quando si parla di ipertensione ci si riferisce a una condizione che affligge oltre un miliardo di persone in tutto il mondo. Per parlare di pressione alta, secondo le nuove linee guida, è necessario che misurazioni effettuate ad entrambe le braccia, più volte consecutive e in giorni diversi, evidenzino valori superiori a 140mmHg per la pressione sistolica e/o a 90mmHg per la pressione diastolica. Se da tempo sono noti gli effetti negativi dell’ipertensione sul cuore, ciò che non si conosceva era la correlazione fra pressione alta e declino cognitivo. A indagare i meccanismi alla base di questo deterioramento in grado di causare demenza e a identificarli sono stati gli autori di uno studio internazionale - pubblicato su “European Heart Journal” - che ha coinvolto le Università di Edimburgo e Cracovia, e l’Irccs Neuromed di Pozzilli.Gli scienziati hanno esaminato la risonanza magnetica cerebrale di 33mila persone inserite in un progetto della Uk Biobank, alle quali è stato affiancato un gruppo di pazienti (ipertesi e non) del Neuromed di Pozzilli. I risultati sono stati poi combinati con quelli dei test cognitivi e genetici e con osservazioni cliniche su migliaia di pazienti. Così facendo gli esperti sono riusciti a individuare le

Salute 20 Giornale dei Biologi | Apr 2023

strutture cerebrali che vengono gradualmente danneggiate dalla pressione arteriosa elevata, determinando così il declino cognitivo.

Come sottolineato dall’ingegner Lorenzo Carnevale, ricercatore del Dipartimento di Angiocardioneurologia e medicina traslazionale presso l’IRCCS Neuromed e uno dei principali autori dello studio, quello della ricerca è stato «un approccio che potremmo definire triangolare. I vertici del triangolo sono costituiti da pressione arteriosa, analisi avanzate delle immagini delle risonanze e test cognitivi. In questo modo abbiamo potuto stabilire correlazioni che mettono in evidenza come, in presenza di ipertensione, alcune caratteristiche alterazioni

In particolare, una delle nove zone cerebrali coinvolte è chiamata “putamen” (si tratta di un’area collocata alla base del cervello anteriore, fondamentale per le risposte agli stimoli e all’apprendimento); le altre sono invece interessate nella funzione esecutiva e nella pianificazione di attività quotidiane semplici e complesse, nel processo decisionale e nella gestione delle emozioni. Un’altra scoperta rilevante è quella riguardante i possibili effetti distinti della pressione arteriosa sistolica (quella usualmente chiamata massima) e di quella diastolica (la minima). Quest’ultima, in particolare, da sola non appare associata a declino cognitivo: al contrario pare sortire un effetto protettivo quando si tiene conto di quella diastolica.

cerebrali, misurabili nelle risonanze, possono spiegare la comparsa di decadimento cognitivo nei pazienti. È importante notare che questo non è un semplice lavoro di associazione, ma utilizza una tecnica denominata Randomizzazione Mendeliana che sfrutta le informazioni genetiche dei soggetti inclusi nello studio per identificare un nesso causale tra la pressione arteriosa, il danno cerebrale e le funzioni cognitive. E bisogna sottolineare come i dati ottenuti dalla UK Biobank abbiano trovato riscontro nella popolazione reclutata presso il nostro ospedale in Molise».

I danni causati dall’ipertensione sembrano colpire in particolare i sistemi di connessione tra le varie aree cerebrali, sia a livello della sostanza bianca (le fibre assonali che mettono in comunicazione i neuroni) sia in quelle strutture nervose chiamate proprio a gestire le comunicazioni fra aree diverse. Ciò spiegherebbe la progressiva perdita di funzione cognitiva in alcuni pazienti.

Secondo il professor Giuseppe Lembo, docente di Scienze Tecniche e Mediche Applicate all’Università La Sapienza di Roma e direttore del Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale dell’IRCCS Neuromed, i risultati di questo studio «sono importanti a più livelli. Prima di tutto ci dicono che il cervello deve sempre più essere considerato un organo bersaglio dell’ipertensione, non solo per eventi come l’ictus cerebrale ma anche per quei danni subdoli e progressivi che, portando alla demenza, incidono in maniera rilevante sulla qualità della vita dei pazienti e portano con sé enormi costi sociali. Inoltre, abbiamo dimostrato l’esistenza di un danno cerebrale ascrivibile ai livelli di pressione arteriosa e ne abbiamo identificato le specifiche caratteristiche che possiamo valutare mediante analisi di risonanza magnetica avanzate. In futuro, quindi, potremmo focalizzarci su queste strutture per prevedere il rischio di danni cognitivi in pazienti ipertesi. Infine, questi dati potranno essere cruciali per una fase successiva di questi studi, già intrapresa nella nostra struttura e supportata da un importante finanziamento del Ministero della Salute: studiare le attuali terapie farmacologiche con l’obiettivo di ottenere, oltre a un buon controllo della pressione arteriosa, anche la prevenzione del danno cerebrale e del declino cognitivo ad essa associato».

© XStudio3D/shutterstock.com

Salute Giornale dei Biologi | Apr 2023 21
©
PopTika/shutterstock.com

ICTUS CEREBRALE PATOLOGIA

TEMPO-DIPENDENTE

Più di 150mila persone ogni anno in Italia vengono colpite. La sfida è mantenere la rete dell’emergenza all’altezza per non perdere minuti preziosi

Come in un circuito di Formula 1, dove i meccanici ai box lavorano all’unisono per battere ogni record, agevolare l’azione di squadra e guadagnare una manciata di secondi. Così anche nella valutazione e nell’intervento su un paziente con sospetto ictus cerebrale gli operatori sull’ambulanza, prima, e i sanitari in pronto soccorso, poi, devono eseguire ogni esame e intervento avendo l’obiettivo di fare presto. Nel nostro Paese, ogni anno sono 150 mila le persone colpite dalla patologia, ma secondo i dati dell’Associazione A.L.I.Ce. Italia Odv, l’80% di tutti gli episodi potrebbe essere evitato, partendo dalla individuazione delle condizioni sulle quali si può intervenire, grazie a opportune modifiche del proprio stile di vita e curando le possibili cause più frequenti (ipertensione, diabete e fibrillazione atriale).

«L’ictus è una patologia tempo dipendente: i risultati positivi che possono essere ottenuti grazie alle terapie disponibili (trombolisi e trombectomia meccanica) sono strettamente legati, infatti, alla precocità con cui si interviene», spiega il professor Danilo Toni, direttore dell’unità di Trattamento Neurovascolare del Policlinico Umberto I di Roma. Oggi la letteratura scientifica registra buoni risultati anche per la somministrazione del farmaco per la trombolisi dopo nove ore dall’esordio. Questo tuttavia non deve rilassare o far credere che la corsa si arresti: «ci sono pazienti – pre-

cisa Toni - che hanno la possibilità di essere curati anche a cinque o più ore dopo i sintomi. Ciò però non significa che una volta visto il paziente, si ha la sicurezza di avere il tempo necessario. Non ho infatti idea se la persona, giunta all’unità stroke del pronto soccorso, evolverà verso la necrosi definitiva del tessuto ischemico oppure più lo farà più lentamente». Di sicuro, i familiari o chi si trova in presenza dei sintomi tipici dell’ictus cerebrale (afasia, paresi facciale e braccio immobilizzato), non devono portare la persona all’ospedale con mezzi propri ma chiamare il numero delle emergenze e spiegare le condizioni all’operatore al telefono. Altra necessità, nella catena delle operazioni, è mantenere la valutazione da parte della diagnostica per immagini.

«Mi batto da tempo per questo passaggio necessario anche se rapido – dice il professore -. Il paziente con sospetto ictus è complesso e non può essere portato direttamente all’unità neurovascolare. Non ho infatti nessun elemento clinico per valutarlo. Sono solo le indagini strumentali, come la Tac o la Angiotac, da eseguire entro i primi 20 minuti da quando il paziente è entrato in pronto soccorso, a definire il quadro. E se la persona è candidata alla trombectomia meccanica, questa va eseguita entro i primi 60 minuti, così come dettano le linee guida. Non è facile, perché questo lavoro richiede un’organizzazione complessa. Tutti i protagonisti devono essere avvertiti e

22 Giornale dei Biologi | Apr 2023 Salute

pronti a fare la propria parte. Non può esserci un’attivazione a cascata dopo che il paziente è giunto in pronto soccorso perché si perdono minuti preziosi. Un’ora di tempo in più sono anni di vita neuronale».

La corsa a fare presto nei casi di ictus cerebrali fa i conti con la carenza di risorse nei dipartimenti di emergenza. Molti medici di urgenza, negli anni, a causa del surplus dei carichi e straordinari, si sono licenziati preferendo la strada del “medico a gettone”, cioè dell’impiego a chiamata molto più remunerativo. Al meccanismo, il ministero della Salute ha annunciato più volte di voler mettere un freno rivedendo le normative. «Se ci fosse –commenta il professore - un riconoscimento adeguato della complessità, della onerosità e a volte anche del pericolo che il lavoro in emergenza comporta - basti ricordare quante

I risultati positivi che possono essere ottenuti grazie alle terapie disponibili (trombolisi e trombectomia meccanica) sono strettamente legati, infatti, alla precocità con cui si interviene.

aggressioni quotidianamente vengono poste in essere nei confronti dei medici - credo che probabilmente la problematica sarebbe attenuata e forse anche risolta. Spetta inoltre alle scuole di specializzazione formare più medici d’emergenza, anche se sono sempre meno le domande di partecipazione al concorso da parte dei neo laureati in medicina».

Dopo gli interventi in emergenza e un periodo di degenza il 50% dei pazienti segue la riabilitazione. Una volta tornata a casa la persona, spesso è assistita solo dalla famiglia. «È importante che gli ambulatori e le strutture ospedaliere dove il paziente è stato ricoverato nella fase acuta si organizzino per poter intercettare i pazienti e dar loro il supporto necessario eventualmente per identificare ulteriori segnali come per esempio la spasticità del braccio». (E. G.)

Giornale dei Biologi | Apr 2023 23
©Tridsanu Thopet/shutterstock.com
Salute

LA MOLECOLA CHE MODIFICA EPIGENETICAMENTE LE CELLULE TUMORALI

La ricerca dell’Università di Urbino, per individuare possibili target terapeutici, procede anche grazie alla raccolta fondi della Fondazione Pirozzi di Fano

La conoscenza riguardo al ruolo delle modificazioni epigenetiche nella trasformazione neoplastica va avanti. Una parte consistente dell’impegno è italiano ed è articolato in studi finanziati dal pubblico ma anche dal privato, sia grande sia piccolo. È il caso della ricerca, condotta dal dipartimento di Scienze Biomolecolari e dal dipartimento di Scienze Pure e Applicate dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, sui meccanismi epigenetici per individuare i possibili target terapeutici e sostenuta dalla Fondazione Pirozzi di Fano, istituita con lo scopo di generare fondi per la ricerca e produrre contenuti ed informazioni utili per chi si ammala di tumore. Il progetto, in realtà, parte ancor prima dell’incontro con la Fondazione, con il lavoro sulle molecole sintetizzate svolto dall’equipe del professor Vieri Fusi, prorettore vicario dello stesso ateneo.

«Nel 2012, abbiamo iniziato a pubblicare i primi dati - ricorda Mirco Fanelli, ordinario presso il dipartimento Scienze Biomolecolari dell’Università di Urbino – e negli anni abbiamo scoperto che una molecola selezionata fra le più attive era capace modificare alcune informazioni epigenetiche delle cellule tumorali». Tramite il sostegno della Fondazione, il gruppo di ricercatori di Urbino ha avviato quindi il progetto, selezionando il modello cellulare di un sottotipo

di leucemia mieloide acuta che rappresenta e una delle più aggressive malattie ematopoietiche negli adulti. I risultati del lavoro sono già stati pubblicati alla fine del 2022 sulla rivista Cancer Gene Therapy, del gruppo editoriale Nature.

«Scrinando in vitro più di 60 linee cellulari diverse – spiega il professor Fanelli - abbiamo osservato che il modello emopoietico era quello più sensibile, insieme al modello del carcinoma del colon. Da qui, abbiamo compreso alcuni meccanismi attraverso i quali la molecola che avevamo selezionato, dal nome maltonis, agisce portando alla diminuzione della replicazione e alla morte delle cellule: diminuendo il livello di un noto marker epigenetico, la metilazione della lisina nove dell’istone H3 (H3K9me3). Nel contempo, le cellule trattate con maltonis reprimono l’espressione di un oncogene molto noto e da decenni studiato quale potenziale target terapeutico, c-Myc. Inoltre, mediante l’utilizzo di una procedura da noi perfezionata e nota a livello internazionale con il nome “PAT-ChIP”, abbiamo compreso della redistribuzione a livello genomico di alcuni marker epigenetici degli istoni».

Altro aspetto interessante emerso durante il lavoro è che le cellule rispondono al trattamento inducendo una risposta tipo anti-virale, come se fossero infettate da un virus: «questo – continua Fanelli - è un aspetto che

24 Giornale dei Biologi | Apr 2023 Salute

apre nuove ipotesi di lavoro come, ad esempio, provare ad indurre una immunomodulazione con la speranza, in futuro, di migliorare le terapie immunologiche. Le ipotesi di sviluppo vanno dunque dallo studio della immunomodulazione alla possibilità di studiare le molecole in vivo, che era poi il nostro obiettivo iniziale. Vorremmo infatti capire se queste molecole possono essere in primo luogo non tossiche ed efficaci almeno nei modelli di studio preclinici in vivo». Il lavoro proseguirà anche con il contributo dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano con cui il gruppo di scienziati dell’Università di Urbino collabora da anni. L’aspettativa è infatti quella di produrre i modelli in vivo e sottoporli ai protocolli terapeutici per capire le potenzialità della molecola. L’obiettivo sarebbe un grande traguardo, in linea con le aspirazioni della famiglia Pirozzi che hanno dato vita al fondo.

«La Fondazione ha fatto un grande lavoro - spiega Marco Pirozzi, in occasione di un evento pubblico in cui è stato presentato il lavoro. Spesso, quando si parla di raccolte fondi, tante volte non si sa con certezza dove finiscono i contributi, per questo presentiamo pubblicamente i risultati di questa ricerca che, nonostante sia nata nel piccolo, da una famiglia, in qualche modo può competere e diventare un modello con il quale supportare la ricerca in campo nazionale». (E. G.)

Il gruppo di ricercatori di Urbino ha avviato il progetto, selezionando il modello cellulare di un sottotipo di leucemia mieloide acuta che rappresenta e una delle più aggressive malattie ematopoietiche negli adulti.

© Party people studio/shutterstock.com

COSA FA LA FONDAZIONE PIROZZI

La Fondazione è nata nell’agosto 2017 grazie alla forza di Marina Magini e Marco, che hanno voluto ricordare la propria figlia, morta a 24 anni per un linfoma. L’attività è volta a sostenere la ricerca in campo ematologico, oncologico e genetico, promuovere l’informazione e la formazione per migliorare la capacità diagnostica e terapeutica. La Fondazione ha pubblicato anche un libro, intitolato “Il Cibo Ideale”, che contiene la tesi di laurea di Francesca sull’alimentazione in chemioterapia. Anche il ricavato della vendita del volume è andato a finanziare la ricerca dell’Università di Urbino (https://fondazionepirozzi.it/fondazione/).

Giornale dei Biologi | Apr 2023 25
©Tridsanu Thopet/shutterstock.com
Marco Pirozzi.

L’occhio umano può mostrare i primi segnali dell’Alzheimer prima che i suoi sintomi diventino evidenti? La risposta è affermativa secondo i ricercatori del Cedars-Sinai, autori dell’analisi più ampia mai realizzata fino ad oggi sui cambiamenti nella retina - uno strato di tessuto posto nella parte posteriore dell’occhio in cui si originano le informazioni visive - e su come queste trasformazioni corrispondano ai cambiamenti cerebrali e cognitivi nei pazienti affetti dal morbo. Nella loro analisi, che è stata pubblicata sulla rivista peer-reviewed “Acta Neuropathologica”, gli esperti hanno compiuto un importante passo avanti nella comprensione dei complessi effetti della malattia di Alzheimer sulla retina, in particolare nelle prime fasi del deterioramento cognitivo. Gli autori della ricerca sono infatti convinti che questa comprensione sia la chiave per lo sviluppo di trattamenti più efficaci che potrebbero prevenire la progressione della malattia, capace di distruggere la memoria e le capacità cognitive dei pazienti.

Maya Koronyo-Hamaoui, professore di Neurochirurgia, Neurologia e Scienze Biomediche al Cedars-Sinai e autore senior dello studio, ha

DALL’OCCHIO È POSSIBILE SCOPRIRE L’ALZHEIMER PRIMA CHE I SINTOMI SIANO EVIDENTI

Lo studio del Cedars-Sinai, il più ampio mai realizzato, ha evidenziato che l’analisi della retina, combinata ad altri esami, è in grado di anticipare l’esordio del declino cognitivo

26 Giornale dei Biologi | Apr 2023
Salute

spiegato che questa ricerca «è la prima a fornire analisi approfondite dei profili proteici e degli effetti molecolari, cellulari e strutturali dell’Alzheimer nella retina umana e di come corrispondono ai cambiamenti nel cervello e nella funzione cognitiva. I risultati raggiunti potrebbero alla fine portare allo sviluppo di tecniche di imaging che ci consentono di diagnosticare l’Alzheimer prima e in modo più accurato e di monitorare la sua progressione in modo non invasivo guardando attraverso l’occhio».

Yosef Koronyo, ricercatore associato presso il Dipartimento di Neurochirurgia del Cedars-Sinai e primo autore dello studio, dal canto suo ha spiegato che «la retina, un’estensione dello sviluppo del cervello, offre un’opportunità senza pari per un monitoraggio economico e non invasivo del sistema nervoso centrale. Grazie al contributo dei nostri collaboratori, abbiamo scoperto l’accumulo di proteine altamente

Ground Picture/shutterstock.com

tossiche nelle retine di pazienti con malattia di Alzheimer e lieve deterioramento cognitivo, che causano una grave degenerazione delle cellule». Per riuscire nell’impresa, i ricercatori hanno esaminato campioni di tessuto retinico e cerebrale raccolti in 14 anni da 86 donatori umani, il più grande gruppo di campioni retinici di pazienti umani con malattia di Alzheimer e lieve deterioramento cognitivo finora studiato. Gli esperti hanno confrontato campioni di donatori con funzione cognitiva normale con quelli con decadimento cognitivo lieve nelle prime fasi della malattia di Alzheimer e quelli con demenza della malattia di Alzheimer in fase avanzata. Così facendo, hanno esplorato le caratteristiche fisiche delle retine, misurando e mappando marcatori di infiammazione e perdita cellulare funzionale, e analizzato le proteine presenti nei tessuti retinici e cerebrali. Da quest’analisi è emerso che nelle retine di pazienti con decadimento cognitivo lieve e malattia di Alzheimer si ravvisava una sovrabbondanza di una proteina chiamata beta-amiloide 42, nota per aggregarsi nel cervello dei pazienti con malattia di Alzheimer, formando placche che interrompono le funzioni cerebrali. Sono stati registrati anche: accumulo di proteina beta-amiloide nelle cellule gangliari, le cellule che collegano l’input visivo dalla retina al nervo ottico; un numero maggiore di astrociti e di cellule immunitarie, chiamate microglia, attorno alle placche di beta-amiloide; una riduzione dell’80% delle cellule microgliali chiamate ad eliminare le proteine beta-amiloidi dalla retina e dal cervello; infine la presenza di vie biologiche specifiche responsabili dell’infiammazione e della morte di cellule e tessuti.

Il professor Koronyo ha spiegato che «questi cambiamenti nella retina erano correlati a cambiamenti in parti del cervello chiamate corteccia entorinale e temporale, centri per la memoria, la navigazione e la percezione del tempo». «Questi risultati ci permettono di comprendere meglio gli effetti della malattia di Alzheimer sulla retina» ha dichiarato Keith L. Black, presidente del Dipartimento di Neurochirurgia e della Cattedra Ruth e Lawrence Harvey in Neuroscienze al Cedars-Sinai, coautore dello studio. «Poiché questi cambiamenti corrispondono a quelli cerebrali e possono essere rilevati nelle prime fasi del deterioramento, potrebbero condurci a nuovi metodi diagnostici per la malattia di Alzheimer e a valutare nuove forme di trattamento». (D. E.).

Giornale dei Biologi | Apr 2023 27
©
Le alterazioni retiniche erano associate anche allo stadio patologico della malattia di Alzheimer e allo stato cognitivo dei pazienti. Inoltre, sono stati riscontrati anche in pazienti che apparivano cognitivamente normali o molto lievemente compromessi, il che li rende un possibile predittore precoce del successivo declino cognitivo. Salute
© Victoria Shapiro/shutterstock.com

ANTIBIOTICORESISTENZA PER COMBATTERLA, RISORSE

ECONOMICHE E MAGGIORE

CONSAPEVOLEZZA

In Italia diminuisce il consumo di questi farmaci del 3,3% ma siamo ancora al primo posto in Europa. Stanziati 40 milioni di euro l’anno dal Ministero fino al 2025

Nei confronti dell’antibioticoresistenza bisognerebbe aumentare la consapevolezza nel nostro Paese, un po’ come sta avvenendo per la crisi climatica, visto che continuiamo ad abusare di antibiotici, perdendo via via l’efficacia. Secondo l’ultimo rapporto curato dall’Osservatorio dell’Aifa, nel 2021 l’Italia ha diminuito del 3,3% l’uso, rispetto l’anno precedente ma rimaniamo saldamente i principali consumatori in Europa.

«Il consumo di antibiotici è più elevato nei primi quattro anni di vita e nella popolazione con età uguale o superiore agli 85 anni. Il rapporto rileva inoltre come in ambito ospedaliero ci sia un incremento del ricorso agli antibiotici indicati per la terapia di infezioni dovute a microorganismi multiresistenti», afferma il ministro della Salute, Orazio Schillaci, intervenuto durante un convegno organizzato sul tema da Farmindustria. Da parte del Ministero, c’è la volontà a continuare nella lotta alla resistenza attraverso un piano ad hoc per gli anni 2022-2025, predisposto con il contributo di esperti di tutti i settori. Per attuare le misure e gli interventi previsti, la legge di bilancio 2023 ha assicurato 40 milioni di euro per ciascun anno, già ripartiti fra le Regioni.

«In coerenza con la visione One Health –continua il ministro -, il nuovo piano prevede una maggiore integrazione fra settore umano, animale e ambientale; affronta il tema della corretta gestione e smaltimento degli antibiotici e dei materiali contaminati e dedica particolare attenzione all’informazione e alla comunicazione, perché è fondamentale che i cittadini siano consapevoli e informati sull’uso appropriato degli antibiotici». Di “pandemia silente” parla il professor Rino Rappuoli, direttore scientifico della Fondazione Biotecnopolo di Siena presso il Centro Nazionale Anti-pandemico, che ha ricordato come, dall’inizio del XX secolo ad oggi, l’aspettativa di vita umana è aumentata di 35 anni grazie al contributo della scienza contro le malattie infettive. «Gli antibiotici – spiega il professore - hanno dei difetti, già prima che li usiamo esiste una resistenza e dopo anni diventano obsoleti. Gli antibiotici stanno finendo e ciò diventa un problema. È la ragione per cui parliamo di pandemia silente. Ma direi – sottolinea - che non è più silente perché inizia a fare rumore: 5 milioni di morti l’anno e nel 2050 se ne prevedono 10 milioni.

I batteri stanno accumulando resistenza dappertutto. Negli ospedali e nelle case usia-

28 Giornale dei Biologi | Apr 2023 Salute
di Elisabetta Gramolini

mo gli antibiotici; 130mila tonnellate sono usati per far crescere mucche, polli e pesci. È vero che in Europa e in Italia il consumo veterinario sta diminuendo ma in Cina e India sta aumentando. La conseguenza è che finiscono nelle acque reflue aumentando la resistenza. È anche un problema economico visto che entro il 2050, ci costerà 100 trilioni di dollari. Non c’è più tempo per aspettare». I vaccini per fortuna durano, «ma – proseguesono limitati e non abbiamo vaccini per tutti i batteri che vorremmo. Dal 1984 non abbiamo sviluppato una nuova famiglia di antibiotici. Al contrario, per i vaccini il periodo d’oro è adesso. C’è stata una grossa accelerazione: per fare un vaccino prima ci volevano dieci anni, ora abbiamo visto che ci vogliono dieci mesi. Prima per gli anticorpi monoclonali ci volevano 18 mesi ora otto, ma volendo anche cinque o sei. Poi ci sono le nuove tecnologie, come i vaccini m-Rna. Le tecnologie non ci mancano e negli ultimi anni sono state accelerate, ma ci vogliono investimenti pubblici che per il privato sarebbero troppo rischiosi. Ci vuole un investimento del pubblico per la ricerca traslazionale».

I vaccini quindi sono l’arma da considerare anche nella lotta all’antibiotico-resistenza poi-

“Il consumo di antibiotici è più elevato nei primi quattro anni di vita e nella popolazione con età uguale o superiore agli 85 anni. Il rapporto rileva inoltre come in ambito ospedaliero ci sia un incremento del ricorso agli antibiotici indicati per la terapia di infezioni dovute a microorganismi multiresistenti”.

ché prevengono le infezioni e concorrono a limitare l’uso. Ecco dunque l’importanza del Piano vaccinale previsto dal ministero per gli anni 2023-2025: «attraverso i vaccini – sostiene Schillaci -, come quello antinfluenzale, possiamo inoltre ridurre le prescrizioni inappropriate e le infezioni batteriche, che spesso si sovrappongono alle virali e richiedono trattamenti antibiotici. C’è inoltre un ulteriore effetto indiretto poiché attraverso i vaccini riusciamo a ridurre il numero dei ricoveri ospedalieri delle persone fragili, abbattendo il sovraffollamento e la possibilità di complicazioni o di infezioni correlate all’assistenza». Sulla necessità di rivedere le linee guida europee per l’approvazione dei nuovi antibiotici, parla Marco Cavaleri, responsabile vaccini e prodotti terapeutici Covid dell’Agenzia europea del farmaco (Ema). Oggi, «chi sviluppa un nuovo antibiotico – dice - pensa anche da avere l’approvazione sia in Europa sia fuori. Sono anni che lavoriamo con la Food and drug administration e l’agenzia giapponese per cercare un allineamento sui requisiti per approvare rapidamente. Il processo è iniziato nel 2016 ma l’ambizione è trovare un allineamento globale. Da allora siamo riusciti a armonizzare parecchie aree».

Giornale dei Biologi | Apr 2023 29
© MD_style/shutterstock.com
Il ministro della Salute Orazio Schillaci.

ITALIA, IN CALO L’USO DI ANTIBIOTICI

Report Aifa: registrata una riduzione del 3,3% rispetto al 2020, ma se ne fa ancora troppo uso rispetto al resto d’Europa

un’infezione batterica senza far precedere gli esami del caso. Un aspetto molto grave, soprattutto considerato che proprio questa categoria di antibiotici ha un impatto più elevato sullo sviluppo delle resistenze antibiotiche che tanti grattacapi stanno causando sul fronte della salute pubblica.

Da quanto emerge dal report dell’Aifa, si conferma poi un’ampia variabilità nei consumi su base regionale: in particolare al Sud si registrano significativi margini di miglioramento per quanto concerne l’appropriatezza prescrittiva. Altri dati interessanti sono quelli che ravvisano come circa tre cittadini su dieci, nel 2021, abbiano ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici; la prevalenza aumenta all’avanzare dell’età, raggiungendo il 50% negli over 85. Nella popolazione in età pediatrica, invece, i maggiori consumi si registrano principalmente nella fascia di età compresa tra i due e i cinque anni. Fra loro all’incirca quattro bambini su dieci hanno ricevuto nell’anno almeno una prescrizione di antibiotici. I numeri migliori, come detto, si registrano al Nord, dove le riduzioni nei consumi di antibiotici hanno toccato il -6,1% a fronte del -2,2% di decremento toccato al Sud.

Dopo i ripetuti allarmi lanciati dalla comunità medico-scientifica, iniziano finalmente a vedersi i primi risultati della campagna informativa a tamburo battente finalizzata ad un consumo maggiormente consapevole degli antibiotici in Italia. Secondo il Rapporto curato dall’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed) dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) dal titolo “L’uso degli antibiotici in Italia - 2021”, è infatti confermato il trend in riduzione del consumo di antibiotici nel Belpaese, con un calo del 3,3% rispetto al

2020. Un segno meno da intendersi in chiave positiva, ma che non deve comunque illudere rispetto al fatto di avere archiviato il problema in maniera definitiva. Gli aspetti su cui lavorare, infatti, sono ancora molti se è vero, come evidenziato dal report, che i consumi di antibiotici in Italia si mantengano comunque tuttora su livelli superiori rispetto a quelli di molti Paesi europei. In particolare, nel confronto con il resto del Vecchio Continente emerge l’abitudine a ricorrere con maggiore frequenza ad antibiotici ad ampio spettro, probabilmente nel tentativo di arginare

Per quanto riguarda la distribuzione degli antibiotici somministrati in Italia, invece, il 76% delle dosi impiegate è stato erogato dal Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) e quasi il 90% degli antibiotici rimborsati dal Ssn viene erogato sul territorio (in regime di assistenza convenzionata).

Più di un quarto dei consumi a livello territoriale (26,3%) corrisponde ad acquisti privati di antibiotici rimborsabili dal Sistema sanitario nazionale (classe A). Sia i consumi in regime di assistenza convenzionata che gli acquisti da parte delle strutture sanitarie pubbliche hanno riportato un incremento nel primo semestre 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. (D. E.).

30 Giornale dei Biologi | Apr 2023
Salute
© Fahroni/shutterstock.com

Sebbene alla conclusione del monitoraggio InfluNet - il sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza - manchi ancora un mese, il numero di casi stagionali registrati in Italia nella stagione 2022-2023 sfiora già i 12,7 milioni. Numeri altissimi: basti dire che da quando l’Istituto Superiore di Sanità, nel 2000, ha creato il sistema di monitoraggio, una stagione influenzale del genere non si era mai vista. Il precedente massimo risale al 2017-2018, quando comunque non si erano superati gli 8,7 milioni di casi.

Ma che questa sia stata una stagione fuori dagli schemi lo si evince non solo dal numero complessivo di casi. A differenza degli anni scorsi, infatti, in cui il numero massimo di casi si raggiungeva solitamente alla fine del mese di gennaio, questa volta il picco è stato precoce, venendo registrato prima di Natale. Qualcosa di simile a quanto accaduto nella stagione 2009-2010, anno noto fra virologi ed epidemiologi per essere stato l’anno della pandemia da suina. All’epoca il picco, molto intenso, venne registrato attorno al mese di novembre. Anche quest’anno il picco ha raggiunto livelli molto elevati, raggiungendo un’incidenza massima di 16 casi per mille abitanti.

Altro aspetto anomalo di questa stagione influenzale? Senza dubbio la discesa, lentissima, della curva. Rispetto ad altre stagioni caratterizzate da un repentino caso dei cali immediatamente dopo il picco, infatti, nel 2022-2023 l’abbassamento della curva è stato molto più rallentato, oltre che caratterizzato dalla presenza di veri e propri periodi di plateau. Questa tendenza, del resto, è ancora in corso come si evince dall’analisi dei più recenti bollettini emessi da InfluNet. Quello del 31 marzo, ad esempio, mostra come nell’ultima settimana monitorata siano stati 342mila gli italiani costretti a letto da sindromi

INFLUENZA, È BOOM

NUMERI RECORD IN ITALIA

Monitoraggio InfluNet: dal 2000 mai una stagione simile E la curva fatica a scendere: le possibili ragioni del fenomeno

simil-influenzali, appena 15mila in meno rispetto alla settimana precedente. Dal rapporto si conferma peraltro la persistenza di virus influenzali: in particolare, dei 661 campioni esaminati dai laboratori che compongono la rete InfluNet, il 16,2% (107) è risultato positivo al virus influenzale. Una percentuale sovrapponibile a quella della settimana precedente, in cui ad essere risultato positivo era stato il 16,7% dei campioni. Per entrare ancora di più nello specifico, fra i tipi di virus influenzali, quelli prevalenti in questa fase sono quelli di tipo B, che si erano visti in maniera meno

insistente nella prima parte della stagione. Queste anomalie, secondo gli esperti, potrebbero essere in parte riconducibili alle particolari condizioni create dalla pandemia, visto che per due anni non si è praticamente assistito alla circolazione di virus influenzali. Ciò ha fatto sì che una larga fetta della popolazione fosse suscettibile all’infezione. Altro aspetto da considerare quello legato ad un’altra parte della popolazione - i bambini molto piccoli - che non aveva mai fatto conoscenza di questi virus e ha contribuito in maniera decisiva alla diffusione dei contagi. (D. E.).

Giornale dei Biologi | Apr 2023 31
© Alexander Raths/shutterstock.com
Salute

IL SENSORE BIODEGRADABILE PER LE DONNE CHE MONITORA IL PH DEI TESSUTI

L’Università di Pisa mette a punto un sistema in grado di trasmettere i dati real time Tanti gli usi possibili, fra cui la diagnosi della vaginosi batterica

Un dispositivo di controllo, grande quanto un centesimo di euro, biodegradabile e capace di rilevare il pH dei tessuti in modo continuo è stato realizzato dal team di ingegneri elettronici dell’Università di Pisa. I dati real time che il sistema miniaturizzato registra sono inviati ad uno smartphone, dove vengono processati per aiutare nell’individuazione di malattie estremamente diffuse, come ad esempio la vaginosi batterica, la cui diagnosi richiede una accurata rilevazione dell’acidità dei tessuti, spesso associata a complicazioni e a un maggior rischio di malattie sessualmente trasmissibili.

Lo studio è stato pubblicato su Advanced Materials Technologies dal gruppo di ricerca dell’ateneo pisano, in collaborazione con i ricercatori della azienda tedesca Surflay Nanotec GmbH, e rientra nel progetto europeo RESORB, finanziato dall’European Innovation Council, con l’obiettivo di sviluppare sensori chimici per il monitoraggio in vivo di farmaci chemioterapici, per i quali è importante avere anche dei sensori del pH. Ad oggi, il valore viene misurato con delle strisce colorimetriche: «un sistema qualitativo – spiega Giuseppe Barillaro, docente di elettronica al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e coordinatore del gruppo di ricerca – mentre il nostro sensore offre una valutazione quantitativa, grazie alla combinazione con un circuito elettronico in-

serito su un anello vaginale contraccettivo».

Il sensore, costruito in silice nanostrutturato, una specie di vetro puro, caratterizzato da strutture dell’ordine di grandezza 10mila volte più sottili di un capello umano, monitora in modo continuo e in tempo reale il pH vaginale. In più, questa sorta di pellicola è anche capace di sciogliersi, senza arrecare danni all’organismo.

«Lo scorso anno - ricorda il professore –, sempre nell’ambito del progetto, abbiamo messo a punto un sensore innovativo, delle dimensioni e dallo spessore di un francobollo, totalmente biodegradabile nel corpo, in grado di rilevare il pH dei tessuti tramite un semplicissimo meccanismo a fluorescenza. Se stimolato con luce verde, infatti, il sensore emette luce nello spettro del rosso, con un’intensità che corrisponde a un valore preciso di pH. Ora – continua - abbiamo fatto un ulteriore passo avanti, mettendo a punto un sistema optoelettronico miniaturizzato, che stimola il sensore, rileva la luce emessa dallo stesso e invia il valore di pH misurato a uno smartphone in modalità wireless». Il sistema rappresenta quindi un buon mix di efficienza e sostenibilità visto che è capace di rilevare il pH per quattro giorni consecutivi, il sensore si degrada senza scarti per l’ambiente, mentre l’anello con il circuito optoelettronico miniaturizzato, contenente anche il sistema di acquisizione dati, un trasmettitore wireless e le batterie

32 Giornale dei Biologi | Apr 2023 Salute

di alimentazione, può essere riutilizzato con nuovi sensori.

Le applicazioni per le analisi in situ di sensori con queste proprietà sono potenzialmente numerose per le patologie che richiedono un monitoraggio continuo del livello di acidità dei tessuti, «ad esempio - continua Martina Corsi, dottoranda del dipartimento e coautrice dello studio - quelle a carico dell’apparato gastrointestinale, le analisi di ferite o patologie oncologiche, ma anche per le analisi ancora più complesse, oltre alla rilevazione del pH, mettendo a punto sensori a fluorescenza che rispondono a marcatori diversi».

Altra partnership dello stesso team dell’Università di Pisa è quella con l’impresa lombarda ab medica con cui stanno progettando l’integrazione della tecnologia in dispositivi indossabili per diagnosi avanzate. «La plu-

I dati real time che il sistema miniaturizzato registra sono inviati ad uno smartphone, dove vengono processati per aiutare nell’individuazione di malattie estremamente diffuse.

riennale collaborazione scientifica - afferma Cosimo Puttilli, Research and Innovation Manager dell’azienda - con il dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, e in particolare con il team del professor Barillaro, rappresenta un esempio virtuoso di collaborazione tra una realtà universitaria pubblica di eccellenza e un’azienda che investe attivamente tempo e risorse nell’Innovazione. Nello specifico il nostro ruolo ha riguardato la realizzazione e miniaturizzazione del ricevitore e trasmettitore esterno al sensore, oltre che all’APP che permette di visualizzare i dati acquisiti dal sensore sviluppato a Pisa. L’obiettivo finale sarà quello di integrare la nuova tecnologia all’interno di dispositivi indossabili o impiantabili che permetteranno la diagnosi di patologie oggi molto diffuse, ma allo stato attuale difficili da monitorare». (E. G.).

LA DIAGNOSTICA DEI BIOSENSORI

L’uso dei sensori ultrasensibili in campo clinico diagnostico inizia a muovere i primi sorprendenti passi, grazie al coinvolgimento degli enti di ricerca e al finanziamento europeo. Basti pensare a RESORB, il progetto Horizon Europe EIC PathFinder Open finanziato dalla Comunità Europea con 3 milioni di euro, avviato nel 2022, che coinvolge oltre all’Università di Pisa anche l’Institut Mines-Telecom (Francia), l’Università del Salento, l’University College London (Regno Unito) e l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia. Il progetto prevede l’utilizzo di sistemi di rilevamento chimico impiantabili, biocompatibili e bioriassorbibili, integrati per il monitoraggio di farmaci in vivo e in loco.

Giornale dei Biologi | Apr 2023 33 Salute
Fonte_ www.unipi.it
© SFIO CRACHO/shutterstock.com
Biosensore (fonte: www.unipi.it). Il prototipo sviluppato in collaborazione con ab medica. Mostra i led utilizzati per stimolare il sensore e ricevere il segnale modificato.

MICROBIOMA: LE RELAZIONI SOCIALI INFLUENZANO I BATTERI DELLA SALUTE

Uno studio coordinato dall’Università di Trento svela come si acquisiscono i microrganismi e in che modo il microbiota potrebbe essere collegato a fattori di rischio di alcune malattie

Abitano nei nostri corpi, passeggiano sulla nostra pelle e sono letteralmente sulla bocca di tutti. Sono i batteri, miliardi di microrganismi che costituiscono il microbioma. Oggi, con i progressi della tecnologia stiamo assistendo ad una vera e propria rivoluzione microbiologica. Secondo un recente studio internazionale, coordinato dal Dipartimento Cibio dall’Università di Trento, i microbi della salute sono influenzati anche dalle persone con cui stiamo a contatto. I risultati, pubblicati sulla rivista Nature, mostrano come molte componenti del microbioma siano collegate alle interazioni sociali.

Un’unità microbica complessa determinata da fattori interni ed esterni, il microbiota è unico e personalizzato. Ognuno ha la sua isola di batteri, la cui variabilità può essere influenzata dalla provenienza geografica e dall’alimentazione seguita. Nicola Segata, coordinatore dello studio e professore di genetica e bioinformatica presso l’Università di Trento e l’Istituto Europeo di Oncologia, precisa:

«Quando si parla di microbiota umano, non ci riferiamo solo all’intestino ma ne esiste uno orale, cutaneo, uro-genitale e così via.

È in relazione con il sistema immunitario, i microrganismi hanno un ruolo diretto ed indiretto nel proteggersi contro i patogeni».

A dimostrazione dell’incredibile complessità biologica, non sono ancora definibili tutte le

sue funzioni ma sono molteplici per il nostro benessere. Dalla regolazione del metabolismo alle capacità digestive, grazie alle nuove ricerche si aprono nuove potenzialità anche in ambito oncologico come spiega Segata «il microbioma riesce a predire quale sia la risposta dell’individuo all’immunoterapia contro il melanoma».

La modalità di trasmissione dei microrganismi si inserisce nella linea principale di ricerca del laboratorio trentino: caratterizzare in modo avanzato e preciso il microbioma attraverso approcci biotecnologici e computazionali. Con nuovi metodi informatici si analizzano i campioni, il loro contenuto genetico complesso è sequenziato con migliaia di specie diverse. «Quello che abbiamo ipotizzato è che fosse la madre a trasmettere i batteri tramite contatto fisico e lo abbiamo dimostrato con lo sviluppo di tecniche volte ad analizzare i dati di sequenziamento del metagenoma ad una risoluzione superiore: il ceppo del batterio che il bambino aveva, corrispondeva solo a quello della madre» commenta l’intervistato. Infatti, il neonato nell’utero materno è sterile ma durante il parto la madre “contamina” positivamente il figlio con un esercito di microrganismi vaginali ed intestinali. In questo modo, il bambino acquisirà e svilupperà il microbioma continuando a cambiarlo nel tempo. Anche se il parto cesareo non permette il trasferimento madre-figlio, ciò avverrà comunque negli

34 Giornale dei Biologi | Apr 2023 Salute
di Anna Lavinia

istanti successivi alla nascita tramite il contatto con la madre e con tutte le altre persone a lui vicine. L’autore specifica che i batteri trasmessi offrono anche un aiuto fondamentale al neonato nella digestione dei composti del latte, da solo infatti non potrebbe riuscirci.

L’importante lavoro di ricerca ha portato gli studiosi ad interrogarsi sull’acquisizione di nuovi ceppi nel tempo e sulle sorgenti della trasmissione. Con persone provenienti da tutti i continenti (20 paesi) e con la reintegrazione di dati già disponibili e riutilizzati a favore dello studio «siamo arrivati a quasi 10.000 campioni di microbioma di persone di cui conoscevamo la loro interazione sociale» afferma il ricercatore. Poi continua «abbiamo osservato che due soggetti che vivono insieme nella stessa casa, dopo 3 o 4 anni, hanno tra il 10 ed il 15% di ceppi in comune che devono essersi per forza trasmessi l’uno con l’altro». Più tempo gli individui stanno insieme, più batteri condivideranno. In sostanza, i batteri si trasmettono tra generazioni (per nascita) e anche tra persone che vivono a stretto contat-

Dalla regolazione del metabolismo alle capacità digestive, grazie alle nuove ricerche si aprono nuove potenzialità anche in ambito oncologico come spiega Segata “il microbioma riesce a predire quale sia la risposta dell’individuo all’immunoterapia contro il melanoma”.

to (parenti, amici, conviventi). Lo studio ha rivelato, inoltre, che la trasmissione dei batteri è in relazione con la durata del contatto e con l’età, e che il microbiota orale è più trasmissibile di quello intestinale. Questa scoperta pone nuovi interrogativi alla comunità scientifica; l’aver dimostrato che il microbioma umano è trasmissibile ed avendo implicazioni importanti su alcune patologie definite fino ad ora “non comunicabili” (es. obesità, diabete) porterebbe a riconsiderare infatti, almeno in parte, la trasmissibilità di tali malattie. In aggiunta, il gruppo di ricerca sta cercando di capire quali sono le caratteristiche dei batteri che li rendono più o meno trasmissibili. «Perché alcuni sono più resistenti all’ossigeno e possono resistere maggiormente fuori dal corpo? Perché altri sono più sporigeni?» conclude Segata. Gli scienziati che esplorano questa straordinaria parte dell’organismo non hanno ancora sciolto tutti i nodi dell’intricata matassa del suo funzionamento ma una cosa possono già dirla. Preoccuparci dei nostri batteri è uno dei modi per mantenerci in salute.

Giornale dei Biologi | Apr 2023 35
© Alpha Tauri 3D Graphics/shutterstock.com
©
Pixel-Shot/shutterstock.com

NUOVE NANOPARTICELLE TRASPORTANO L’MRNA CHE

CURA LE MALATTIE POLMONARI

Gli ingegneri dell’MIT hanno progettato nuove nanoparticelle che non sbagliano bersaglio: raggiungono e rilasciano nei polmoni l’mRNA di proteine utili a modificare geni difettosi

Il settore della ricerca sull’utilizzo dell’RNA messaggero per il trattamento di malattie causate da geni difettosi è esploso dopo la pandemia. Un ostacolo alla diffusione di tale impiego è stato finora, per i ricercatori, riuscire a fare in modo che l’mRNA iniettato raggiungesse il bersaglio stabilito, escludendo effetti in altre parti del corpo. Ora, gli ingegneri del MIT e della University of Massachusetts Medical School hanno progettato un nuovo tipo di nanoparticella che può veicolare e rilasciare in modo efficiente nei polmoni, RNA messaggero che codifica per la sintesi di proteine utili nella terapia genica di diverse patologie. Secondo gli ingegneri, proseguendo gli studi, queste particelle potrebbero offrire nuove cure di tipo inalatorio per la fibrosi cistica e altre malattie polmonari.

Nello studio, pubblicato su Nature Biotechnology, il team guidato da Daniel Anderson, professore del Dipartimento di Ingegneria Chimica del MIT, membro della facoltà centrale dell’Institute for Medical Engineering and Science (IMES) e membro del Koch Institute for Integrative Cancer Research del MIT ha utilizzato delle nanoparticelle per veicolare nei polmoni dei topi l’mRNA del sistema CRISPR/Cas9 che può effettuare specifiche modifiche al genoma di una cellula.

«Abbiamo dimostrato per la prima volta - afferma Anderson – che il trasporto di mRNA

nei topi è avvenuto in modo altamente efficiente». «Questo risultato – prosegue il ricercatore - rappresenta un passo importante che potrebbe aprire la strada alla progettazione di nanoparticelle terapeutiche in grado di tagliare e sostituire geni che causano diverse malattie».

Le nanoparticelle oggetto dello studio state progettate per raggiungere i polmoni e sono formate da molecole che contengono due parti: un gruppo di testa con carica positiva e una lunga coda lipidica. La carica positiva del gruppo di testa aiuta le particelle a interagire con l’mRNA caricato negativamente e allo stesso tempo consente all’mRNA di sfuggire dalle strutture cellulari che inglobano le particelle una volta entrate nelle cellule.

La struttura della coda lipidica, invece, facilita il passaggio delle particelle attraverso la membrana cellulare. I ricercatori hanno individuato 10 diverse strutture chimiche per le code lipidiche e 72 diversi gruppi di testa. Esaminando diverse combinazioni di queste strutture nei topi, gli ingegneri sono riusciti a identificare quelle che avevano maggiori probabilità di raggiungere i polmoni.

Ma com’è stato possibile misurare l’efficienza del trasporto dell’mRNA? I ricercatori l’hanno verificata utilizzando le particelle per trasportare l’mRNA che codifica componenti di CRISPR/Cas9 progettati per eliminare un segnale di stop geneticamente

36 Giornale dei Biologi | Apr 2023 Salute
di Sara Bovio

codificato. La rimozione del segnale di stop attiva un gene per la sintesi di una proteina fluorescente. La misurazione di questo segnale fluorescente ha consentito ai ricercatori di determinare la percentuale di cellule che hanno espresso con successo l’mRNA iniettato. Dopo una dose di mRNA, circa il 40% delle cellule epiteliali polmonari era stato trasfettato. Due dosi hanno portato il livello a più del 50% e tre dosi al 60%. I bersagli cellulari più importanti per il trattamento delle malattie polmonari, le cellule clavate e le cellule ciliate, sono state entrambe trasfettate per circa il 15%. «Questo significa che le cellule che siamo riusciti a modificare sono davvero le cellule di interesse per le malattie polmonari», spiega Bowen Li, uno degli autori e professore assistente all’Università di Toronto. «Questa particella può permetterci di trasportare l’mRNA nel polmone in modo molto più efficiente rispetto a qualsiasi altro sistema di trasporto finora descritto».

Ma i vantaggi che offrono le nuove particelle sono anche altri. Si disgregano rapidamente e possono essere eliminate dal polmone in pochi giorni riducendo il rischio di infiam-

Le nanoparticelle oggetto dello studio state progettate per raggiungere i polmoni e sono formate da molecole che contengono due parti: un gruppo di testa con carica positiva e una lunga coda lipidica.

mazione. Possono anche essere somministrate più volte allo stesso paziente, se sono necessarie dosi ripetute. Ciò rappresenta un vantaggio rispetto al metodo di somministrazione di mRNA che utilizza come vettori innocui adenovirus modificati. Questi virus sono molto efficaci nel veicolare l’RNA, ma non possono essere somministrati ripetutamente perché inducono una risposta immunitaria nell’ospite.

«Le nuove nanoparticelle progettate presentano diversi vantaggi rispetto ai vaccini e alle terapie convenzionali, tra cui la possibilità di una produzione rapida, l’elevata versatilità e sicurezza» afferma Dan Peer, direttore del Laboratory of Precision NanoMedicine dell’Università di Tel Aviv, che non ha preso parte allo studio.

Le particelle oggetto di questo studio, sono state somministrate dagli autori per instillazione intratracheale, un metodo spesso utilizzato per la somministrazione di farmaci ai polmoni. In questo momento gli studi del team stanno proseguendo con l’obiettivo di rendere le nanoparticelle più stabili in modo da poterle aerosolizzare e nebulizzare nelle terapie inalatorie.

Giornale dei Biologi | Apr 2023 37
© Gorodenkoff/shutterstock.com

NIGELLA SATIVA LA PIANTA MEDICINALE ALLEATA PER LA CRESCITA DEI CAPELLI

Con le sue proprietà antifiammatorie, antimochitiche e antimocrobiche, antiossidanti, antitumorali e analgesiche favorisce il contrasto alla perdita dei capelli

Bibliografia

1. Bakathir HA “Detection of the antibacterial effect of Nigella sativa ground seeds with water.” African Journal Of Traditional, Complementary, And Alternative Medicines: AJTCAM 2011; Vol. 8 (2), pp. 159-64.

2. Seher Nancy Bakal et al. “Finding Novel Antibiotic Substances From Medicinal Plants – Antimicrobial Properties Of Nigella Sativa Directed Against Multidrug-Resistant Bacteri” European Journal of Microbiology and Immunology 7 (2017)

1, pp. 92–98

3. Nasiri N, Ilaghi Nezhad M, Sharififar F, Khazaneha M, Najafzadeh MJ, Mohamadi N. The Therapeutic Effects of Nigella sativa on Skin Disease: A Systematic Review and Meta-Analysis of Randomized Controlled Trials. Evid Based Complement Alternat Med. 2022.

La nigella sativa è una pianta medicinale appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae, originaria del sud-est asiatico, meglio conosciuta come Cumino Nero. Utilizzata fin dall’antichità nella medicina Yunani e Ayurvedica per le sue proprietà medicamentose, è chiamata in sanscrito Kalonji, Kalajira o Kalajaji e nella cultura islamica è definita come seme benedetto (Habbatul barakah).

Le sue importanti e straordinarie proprietà derivano dai suoi preziosi componenti; gli studi chimici eseguiti sui semi di nigella hanno isolato svariati composti, tra cui:

• il thymoquinone, un composto fitochimico dalle proprietà antinfiammatorie, antimicrobiche, antiossidanti, antifungine, antitumorali e analgesiche, una sostanza che è in grado di contrastare anche la caduta dei capelli (telogen effluvium) spesso dovuta alle infiammazioni della cute;

• il p-cymene; un composto aromatico dalle proprietà antifungine e antinfiammatorie;

• il carvacrolo, un fenolo monoterpenico dalle potenti attività antibatteriche;

• i sesquiterpeni dalle proprietà antibatteriche;

• il timolo, un monoterpene dalle proprietà antibatteriche e antifungine;

• i tannini, antimicrobici e antiossidanti;

• le saponine, con azione detergente

Salute 38 Giornale dei Biologi | Apr 2023
di

• i fitoestrogeni che stimolano la crescita dei capelli. In aggiunta, nigella risulta ricca di proteine, carboidrati, fibre, vitamine (A, C, B6), calcio, magnesio, e acidi grassi (acido linoleico, oleico, palmitico, stearico). Per tutti i composti contenuti, emergono chiare le proprietà antiossidanti ed antinfiammatorie di questo prezioso estratto, oltre ad una forte azione antimicrobica, fondamentali per la salute della pelle e del cuoio capelluto in quanto riducono i fenomeni infiammatori provocati dallo stress, dall’inquinamento, dalle malattie dermatologiche, anche di derivazione batterica, e dall’invecchiamento. Negli ultimi anni sono stati condotti molti studi sugli effetti farmacologici dei semi di Nigella sativa che ne hanno scoperto gli effetti antinfiammatori e immunologici del timochinone che agisce sulle prostaglandine infiammatorie D2 (PGD2). Come emerge in diversi studi, le PGD2 hanno un ruolo importante proprio nell’alopecia androgenetica (AGA), infatti queste prostaglandine insieme a un

Rispetto ai prodotti chimici, gli ingredienti a base di erbe sono sempre più preferiti a causa della loro facile disponibilità e dei minori effetti collaterali. Per questo è aumentata l’offerta, e quindi l’utilizzo, di nuovi ingredienti derivati da piante medicinali come nigella in varie formulazioni: tonici, gel, oli e tinture per capelli. Tali prodotti contenenti estratti naturali si sono dimostrati più vantaggiosi delle formulazioni contenenti componenti chimici. Questi nuovi ingredienti hanno contribuito a migliorare la bellezza dei capelli, ma anche a trattare le varie problematiche tricologiche come la forfora e l’alopecia.

loro metabolita contribuirebbero alla miniaturizzazione del follicolo e di conseguenza alla calvizie. L’azione negativa di PGD2 sul follicolo si esplica impedendo probabilmente la maturazione delle cellule staminali in cellule progenitrici e da qui la formazione di nuovi capelli terminali. Ad oggi, non sono ancora disponibili farmaci specifici in grado di contrastare gli effetti della PGD2 nella cura di AGA, quindi diventa ancora più importante l’azione di fitoterapici alternativi come nigella sativa.

I problemi legati ai capelli sono una preoccupazione globale e un problema in cui la domanda di soluzioni è in continua crescita. A tutto ciò possiamo aggiungere che la Nigella sativa inibisce anche l’attivazione e la sintesi del fattore NF-kB, un fattore di trascrizione pro-infiammatorio, che è coinvolto nelle alopecie più comuni, rendendola un valido aiuto nei trattamenti tricologici alternativi o complementari ai farmaci già in uso.

Il ricercatore Naser Nasiri dell’Università di Keman, in Iran, ha pubblicato una revisione sistematica della letteratura con metanalisi che aveva lo scopo di valutare l’efficacia complessiva dei prodotti derivati dalla Nigella per il trattamento dei problemi della pelle e del cuoio capelluto. Lo studio ha incluso 14 archivi di persone che avevano sperimentato diversi problemi cutanei tra cui dermatite atopica, cheratosi da arsenico, psoriasi, vitiligine, leishmaniosi cutanea acuta, verruche, eczema e acne. L’efficacia dell’olio essenziale e dell’estratto di Nigella sativa è stata dimostrata nella maggior parte degli studi clinici, candidando i derivati da questa pianta come trattamento alternativo per molte persone che soffrono di problemi dermatologici.

Altri studi in vitro hanno rivelato l’importante ruolo di nigella sativa nelle alopecie derivanti da processi infiammatori di derivazione batterica grazie al suo potente effetto antibatterico contro le specie Gram-positivi e Gram-negativi, compresi i ceppi resistenti.

Grazie alle sue proprietà calmanti, rigeneranti e vitalizzanti, i trattamenti contenenti nigella sativa sono particolarmente raccomandati anche per le pelli secche, sensibili o irritate e in caso di problemi cutanei quali acne, eczema, psoriasi, screpolature, ustioni, colpi di sole, desquamazioni, prurito e dopo i trattamenti di radioterapia.

Salute Giornale dei Biologi | Apr 2023 39
© Ollyy/shutterstock.com
© Dionisvera/elements.envato.com

EFFETTI BENEFICI SULLA PELLE DEI PRODOTTI MARINI:

COSMECEUTICI, ALGOTERAPIA E TALASSOTERAPIA

Gli oceani offrono una ricca linea di prodotti naturali, come proteine essenziali, peptidi bioattivi, enzimi, minerali, polisaccaridi, acidi grassi polinsaturi (PUFA) e vitamine

Estratto da Seaweeds as Source of Bioactive Substances and Skin Care Therapy—Cosmeceuticals, Algotheraphy, and Thalassotherapy

Marine and Environmental Sciences Centre (MARE), Department of Life Sciences, Faculty of Sciences and Technology, University of Coimbra, 3000-456 Coimbra, Portugal.

Le alghe sono oggetto di molti studi e sono ampiamente utilizzate nell’industria cosmetica, perché contengono diversi composti biochimici tra cui polisaccaridi, proteine, lipidi, composti fenolici, pigmenti, vitamine e altre sostanze bioattive, nonché macro e microelementi; producono sia metaboliti primari (polisaccaridi, proteine, amminoacidi, acidi grassi) che sono direttamente coinvolti nelle normali condizioni di crescita, sviluppo o riproduzione per svolgere funzioni fisiologiche, sia metaboliti secondari (pigmenti, composti fenolici, steroli, vitamine e altri agenti bioattivi).

L’algoterapia è quella branca della fitoterapia che utilizza piante marine (ovvero i composti bioattivi da cui si estraggono detti principi attivi) con valenza medicamentosa.

Tutti i preparati algoterapici fanno ricorso al potere curativo di principi attivi di piante e alghe, ma anche agli effetti sinergici dell’uso cumulativo di più specie (altre alghe, e questo con piante terrestri, acquatiche e/o funghi), e di elementi inorganici, che può incorporare la composizione finale della medicina erboristica.

40 Giornale dei Biologi | Apr 2023
di Carla Cimmino
Salute
Giornale dei Biologi | Apr 2023 41 © goodluz/shutterstock.com Salute

Terapie che vengono dal mare

Acqua di mare

L’acqua, contiene tutte le sostanze necessarie e favorevoli allo sviluppo dell’essere vivente (minerali, catalizzatori, vitamine, amminoacidi, ecc.).

L’acqua di mare ha un’azione riconosciuta nel trattamento di eczemi, dermatosi, psoriasi, infiammazioni rinofaringee, congiuntiviti, vaginiti e altre infezioni degli organi genitali esterni. In cosmetologia è stata utilizzata con buoni risultati anche per idratare la pelle e rassodarla, permette un’abbronzatura più uniforme e regolarizza la produzione sebacea a livello dei follicoli piliferi, evitando la conseguente formazione di desquamazione del cuoio capelluto (forfora). L’acqua di mare ha un ruolo importante nell’assorbimento di ioni salini e metallici, favorendo l’escrezione

di residui tossici e una certa ossigenazione dei tessuti.

Come prevedibile, queste caratteristiche dell’acqua di mare hanno portato allo sviluppo di biocosmesi a base di acqua di mare e di tutte le sue sostanze o organismi: alghe, sali marini, elementi organici e minerali.

Talassoterapia

Talassoterapia è un termine emerso all’inizio del XVIII secolo, originato dal greco “thalasso” (mare) e “therapia” (cura).

In termini terapeutici, l’acqua di mare ha un’azione riconosciuta nella cura delle malattie che affliggono i tessuti cutanei, siano essi cutanei (cute) e/o mucose.

Per la sua composizione (sale e iodio) l’acqua di mare è stata una delle prime terapie utilizzate dall’uomo sia a scopo estetico che fonte di benessere. L’acqua di mare oltre a calcio (Ca), ferro (Fe), magnesio (Mg), sodio (Na), zinco (Zn) e rame (Cu) è anche rivitalizzante, antinfettiva, antistress, analgesica, buona per il cattivo umore, la depressione, ecc., contiene minerali come lo iodio, che stimola la tiroide (ghiandola che regola il metabolismo).

Alcuni altri benefici associati alla talassoterapia sono:

-aumento della permeabilità cutanea;

-regolazione delle funzioni organiche attraverso il sistema neuro-endocrino, come cofattore enzimatico;

- normalizzazione della secrezione seborroica;

-riduzione dell’iperidrosi;

- mineralizzazione organica a livello del tessuto cutaneo;

-attivazione del metabolismo cutaneo e stimolazione locale della circolazione sanguigna, favorendo indirettamente l’ossigenazione e la nutrizione di questi tessuti.

Cosmeceutici e cosmetici

I cosmetici sono prodotti che non modificano le condizioni fisiologiche della pelle, agiscono sull’epidermide (strato superficiale della pelle). I cosmeceutici sono definiti dai produttori di cosmetici come prodotti che agiscono sul derma (strato profondo della pelle), contengono ingredienti attivi, come sostanze fitochimiche, oli essenziali, vitamine, antiossidanti, ecc.

La cosmesi è un campo in cui le alghe stanno consolidando la loro presenza, ed è

42 Giornale dei Biologi | Apr 2023
Salute
© Baronb/shutterstock.com

possibile trovare un’ampia varietà di prodotti ad applicazione topica, che centrano la loro attività nelle proprietà e nelle azioni che inducono all’organismo umano.

La società odierna mostra un crescente interesse per tutto ciò che può contribuire a migliorare la qualità della vita, credendo sempre più che molte delle soluzioni si trovino nella natura stessa, è infatti aumentata la domanda di prodotti realizzati con materie prime naturali (preferibilmente quelle di origine vegetale), consentendo la comparsa di una nuova nicchia di mercato (naturale e/o biologica), in cui le alghe sono fiorite, grazie al loro ruolo nel benessere umano, sempre più riconosciuto.

Pelle: antirughe e sbiancante

L’epidermide, che è lo strato più superficiale, è formata da tessuto epiteliale, costituito da diversi strati: strato corneo, strato lucido, strato granulare, strato spinoso e strato germinativo.

La pelle assorbe non solo ossigeno e acqua, ma anche alcuni farmaci, come gli steroidi topici, inoltre, è ricca di 7-deidrocolesterolo e, se esposta alla luce ultravioletta, questa sostanza viene convertita in vitamina D (colecalciferolo), che può essere ottenuta anche per ingestione di latticini. La funzione immunitaria della pelle previene i danni causati dalla luce UV, in base alla sua pigmentazione.

Sotto l’epidermide troviamo il derma, composto principalmente da tessuto connettivo, vasi sanguigni, ghiandole sudoripare, nervi, fibroblasti, poi collagene ed elastina (reticolati, forniscono sostegno alla pelle). L’acido ialuronico (HA) è uno dei principali componenti del derma ed è coinvolto nella riparazione dei tessuti, è di fondamentale importanza nella ritenzione idrica e può assorbire acqua circa 1000 volte il proprio volume. Tuttavia, il collagene e l’HA si rompono con l’invecchiamento, provocando la comparsa di rughe e la pelle perde la sua compattezza.

Invecchiamento della pelle

L’invecchiamento è un processo naturale che provoca cambiamenti fisiologici nella pelle, che è normalmente più secca, con una trama irregolare, rughe, ridotta elasticità e volume. Tutti questi cambiamenti si verificano a causa di molteplici fattori intrinseci, geneticamente programmati ed estrinseci come la radiazione UV e le tossine. Le rughe

si formano sulla pelle con l’invecchiamento, compaiono principalmente nelle zone più esposte al sole, come il viso (sulla fronte, agli angoli degli occhi e sulle guance), il collo, le mani e le braccia. L’impatto psicosociale dell’invecchiamento della pelle ha portato a una grande richiesta di prodotti cosmetici con proprietà antirughe, composti in grado di potenziare le attività inibitorie della ialuronidasi, delle metalloproteinasi di matrice (MMP), dell’elastasi e dell’espressione del collagene, possono potenzialmente essere utilizzati come ingredienti attivi in nuovi prodotti cosmetici con proprietà antirughe

E’ stato riportato, in alcuni studi, che la biomassa residua e gli idrolizzati proteici di tre specie di microalghe verdi (Dunaliella tertiolecta, Tetraselmis suecica e Nannochloropsis sp.)

mostrano attività antiossidante e antiinvecchiamento, e che i metaboliti secondari delle alghe hanno dimostrato di essere protettori della pelle, compresa la protezione dai raggi UV e la prevenzione delle rughe, ecc.

Tre generi di alghe vengono abitualmente utilizzati in cosmesi: Laminaria, Fucus (alghe brune) e Chondrus (alghe rosse) per la loro capacità di nutrire e reidratare la pelle. È stato dimostrato che l’applicazione topica di fucoidan ha attività anti-invecchiamento aumentando l’idratazione e l’elasticità delle cellule. Fucoidan è noto per stimolare la pro

duzione di HGF (fattore di crescita dell’eparina), che promuove la crescita di un’ampia varietà di cellule e tessuti ed è, quindi, sfruttato commercialmente dalla Takara-Bio Company in Giappone.

Giornale dei Biologi | Apr 2023 43
Salute
-
© goodluz/shutterstock.com

Sbiancamento della pelle

La melanina prodotta nella pelle dei mammiferi svolge un ruolo importante nel determinare il colore della pelle, proteggere la pelle umana dagli effetti nocivi delle radiazioni ultraviolette (UV) e eliminare le sostanze tossiche.

Silab ha lanciato un agente sbiancante che limita la melanogenesi e il trasporto dei melanosomi per schiarire le macchie di iperpigmentazione e creare una carnagione uniforme. Whitonyl® è un estratto (principalmente oligosaccaridi) di Palmaria palmata (alga rossa, Rhodophyta).

Guarigione della ferita della pelle

L’acido alginico, può inibire la formazione di cicatrici, agendo come barriera fisica all’invasione dei fibroblasti e contribuendo ad accelerare la guarigione delle ferite.

La dermatite atopica è una malattia infiammatoria e pruriginosa della pelle associata a una storia personale o familiare di allergia, può verificarsi a qualsiasi età; il più delle volte colpisce neonati e bambini, in alcuni casi, può persistere fino all’età adulta o comparire solo più tardi, in età avanzata. La lesione fondamentale nell’AD è una barriera cutanea difettosa che provoca secchezza cutanea, che può essere aggravata da lesioni causate da semplici graffi. Le osservazioni cliniche suggeriscono che l’AD è la manifestazione cutanea di un disturbo sistemico che potrebbe causare asma, allergie alimentari e rinite allergica. Ci sono diversi rapporti che confermano le capacità di trattamento delle malat -

tie della pelle dei florotannini. Ad esempio, i florotannini eckol e dieckol isolati da Ecklonia stolonifera (alga bruna, Phaeophyceae) hanno attenuato l’espressione di MMP-1 nei fibroblasti dermici umani. Questi risultati rivelano che l’inibizione dell’espressione di MMP-1 (che è una collagenasi interstiziale, è principalmente responsabile della degradazione del collagene dermico nel processo di invecchiamento della pelle umana) da parte dei florotannini derivati da E. stolonifera era in correlazione con l’inibizione sia di NF- κ B e l’attività reporter della proteina-1 attivatore (AP-1). Questa caratteristica unica dei florotannini nella riparazione dei danni alla pelle causati da vari allergeni potrebbe essere sfruttata per un trattamento migliore dell’AD sempre più impegnativo.

I fucoidani stimolano la crescita dei fibroblasti e delle cellule epiteliali, aumentando la secrezione di TGF- β 1, che accelera la guarigione delle ferite e modula i percorsi dipendenti dal fattore di crescita nella riparazione dei tessuti. Ad esempio, il trattamento con la frazione di acetato di etile (EtOAc) dell’estratto di Sargassum muticum ha aumentato la proliferazione delle cellule della papilla dermica (DPC) e ridotto l’attività della 5 α -reduttasi.

Proprietà snellenti e anticellulite degli estratti di alghe

Sebbene la cellulite non sia una malattia, è un problema fondamentalmente estetico, sono stati fatti molti sforzi per trovare trattamenti che migliorino i sintomi ei segni della cellulite così come l’aspetto visivo della pelle. Diverse specie di macroalghe e fanerogame marine, come Fucus vesiculosus, Laminaria digitata (alghe brune, Phaeophyceae), Posidonia oceanica (Seagrass, Angiosperme marine) e altre, sono utilizzate in formulazioni cosmetiche per ridurre la cellulite.

Al-Bader et al. hanno testato una formulazione contenente estratti acquosi di Furcellaria lumbricalis (alga rossa, Rhodophyta) e F. vesiculosus (alga bruna, Phaeophyceae) per valutare la lipolisi in vitro negli adipociti maturi e hanno misurato il pro-collagene I nei fibroblasti primari umani, scoprendo che è stato un miglioramento dei meccanismi correlati alla lipolisi e della produzione di pro-collagene I. Successivamente, hanno

44 Giornale dei Biologi | Apr 2023
Salute
© Kreminska/shutterstock.com

valutato la cellulite mediante classificazione dermatologica e misurazioni ecografiche e hanno potuto osservare un miglioramento clinico nella riduzione della cellulite.

Gli estratti di alghe possono anche essere interessanti per scopi dimagranti, poiché le prove confermano che riducono significativamente l’aumento di peso corporeo attraverso la regolazione genica e l’espressione proteica coinvolta nella lipolisi e nella lipogenesi. In generale, possiamo dire che, alcuni composti estratti dalle alghe:

-stimolano il metabolismo dei tessuti e la circolazione sanguigna nell’area di applicazione, che aiuta a mobilitano il grasso installato nel tessuto sottocutaneo, -tonificano i tessuti cutanei idratandoli, rassodandoli;

- prevengono e attenuano le rughe, ritardando l’invecchiamento della pelle, contribuendo esteticamente a una pelle più luminosa, soda e giovane;

-restituiscono al capello demineralizzato, sfibrato o devitalizzato la sua naturale luminosità, flessibilità e consistenza, conferendogli morbidezza;

-favoriscono il corretto funzionamento delle ghiandole sebacee e regolano il contenuto di acqua del tessuto cutaneo, favorendo l’eliminazione delle tossine.

Buoni risultati ottenuti nel trattamento del gozzo basato sull’uso di specie Laminaria/Saccharina (alghe brune, Phaeophyceae) sono dovuti al fatto che l’origine di questa malattia è correlata ad una dieta povera di iodio, che viene così arricchito dall’ingestione di queste alghe, in cui lo iodio (I) è presente in quantità molto significative. Lo iodio è un componente essenziale per gli ormoni tiroidei tiroxina (T4) e triiodotironina (T3), essenziali nella regolazione del metabolismo umano.

Gli ormoni tiroidei sono coinvolti nei meccanismi che migliorano la sintesi della carnitina palmitoil transferasi che, a sua volta, promuove la lipolisi e aumenta la penetrazione degli acidi grassi nei mitocondri. Fucus serratus (alghe brune, Phaeophyceae), come la maggior parte delle alghe, è un’ottima fonte di iodio, un recente studio in vivo ha riportato che la talassoterapia da bagno con questa macroalga aveva il potenziale per

aumentare la concentrazione di ioduro urinario del bagnante, indicando che l’inalazione di iodio volatile era la via predominante di assorbimento. Processi industriali utilizzati nell’elaborazione di prodotti cosmetici

Una volta raccolte, le alghe subiscono diverse trasformazioni per essere incorporate in vari cosmetici. È essenziale che questi processi non alterino le molecole bioattive, in modo che possano essere pienamente operative nei prodotti finali. Queste tecniche e la qualità dei metodi si sono evolute negli ultimi anni, quelle comunemente usate sono: - l’essiccazione all’aria o in forni o camere ventilate industriali, per la rimozione dell’acqua dai tessuti delle alghe (disidratazione), è favorita da un processo in ambiente controllato dove la temperatura non deve superare

Giornale dei Biologi | Apr 2023 45
©
donatellatandelli/shutterstock.com

i 40 °C per evitare la distruzione degli elementi attivi (ad esempio , molecole proteiche, come gli enzimi, quindi non denaturate) presenti nelle alghe;

- nell’estrazione per fase liquida, i composti vengono estratti con diversi solventi, acquosi o organici (acqua, glicerina, alcool etilico, ecc.) che consentono la separazione e l’isolamento dei metaboliti con diverse funzioni bioattive, a seconda della loro affinità chimica con il solvente, in diverse fasi, alcune delle quali vengono successivamente scartate per la purificazione e la concentrazione. A seconda dei solventi utilizzati, della temperatura, del pH e della durata dell’estrazione, è possibile ottenere diverse efficienze di estrazione.;

-l’estrazione assistita da enzimi (EAE) ha suscitato notevole interesse perché c’è un’ azione idrolitica sulle strutture e sui composti delle alghe che indebolisce o distrugge la struttura della parete cellulare rilasciando

polisaccaridi, proteine e peptidi o amminoacidi;

-l’estrazione assistita da ultrasuoni (UAE), si basa sulla migrazione delle onde sonore, che crea cavitazione che cresce e collassa, portando alla rottura delle cellule e delle loro pareti;

- liofilizzazione: il processo di disidratazione avviene a bassa temperatura e sottovuoto, il prodotto essiccato così ottenuto viene poi macinato alla granulometria più idonea;

-microcracking cellulare: un processo in cui le cellule si rompono (lisi per rottura) se sottoposte a un processo di macinazione, per compressione e decompressione (ricorrendo all’uso di perline disgregatrici meccaniche), rilasciando il loro contenuto (oligoelementi, vitamine e altri metaboliti) e da cui l’acqua viene successivamente eliminata; la polvere ottenuta contiene tutti gli elementi attivi che normalmente si trovano all’interno delle cellule. Le alghe vengono macinate a temperature molto basse (ben al di sotto della temperatura di congelamento, utilizzando azoto liquido), ottenendo un estratto fluido in grado di essere integrato in preparazioni umide, particolarmente adatto per trattamenti di talassoterapia;

- sospensioni di alghe fresche: sospensioni cellulari estremamente omogenee ottenute a bassa temperatura, vengono stabilizzate in alcool etilico per evitarne la degradazione; queste sospensioni recuperano la loro attività se diluite in acqua al momento dell’uso.

Gli oceani offrono all’umanità una ricca linea di prodotti naturali, tra ingredienti funzionali ci sono: proteine essenziali, peptidi bioattivi, enzimi, minerali, polisaccaridi, acidi grassi polinsaturi (PUFA) e vitamine. I ricercatori sono concentrati sui contenitori multifunzionali di alghe e le loro proprietà antiossidanti, antimicrobiche, antinfiammatorie, antietà, antitumorali e altre utili.

Inoltre, aumentare la consapevolezza dei consumatori sul potenziale impatto negativo dei conservanti sintetici sulla salute umana e sui benefici degli additivi naturali è diventato un interesse di ricerca prevalente, tutti gli estratti di alghe dotati di varie bioattività, sono considerati una fonte naturale quasi inesauribile per diversi settori industriali come cibo e nutrizione, cosmeceutici, farmacia e medicina.

46 Giornale dei Biologi | Apr 2023
Salute
© AleksZa Photo/shutterstock.com

È nata la FNOB

Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi

Seguici sui canali ufficiali

www.fnob.it

Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi

Giornale dei Biologi

Il Giornale dei Biologi

IN TRENT’ANNI LE RISORSE IDRICHE NAZIONALI DIMINUITE DEL 20%

Questa riduzione è da attribuire a diminuzione delle precipitazioni, incremento dell’evaporazione dagli specchi d’acqua e traspirazione dalla vegetazione, per l’aumento delle temperature

© LedyX/shutterstock.com

48 Giornale dei Biologi | Apr 2023 Ambiente

Il costante declino nella utilizzabilità delle risorse idriche italiane è una malattia che viene da lontano. Per l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) pur essendo circondati per molti chilometri dal mare o avendo laghi e fiumi, in trent’anni (1991-2020) con circa 440 mm, la disponibilità di acqua diminuisce del 20% rispetto al valore di riferimento storico di 550 mm, più o meno 166 km3 registrati tra il 1921 - 1950. Non arrivano notizie confortanti neanche dall’analisi delle stime sul lungo periodo (1951 - 2021), che indicano una significativa riduzione, pari al 16% in meno guardando al dato annuale storico. Tale calo è principalmente legato agli impatti dei cambiamenti climatici, non solo per la diminuzione delle piogge, ma anche per l’aumento dell’evaporazione e della traspirazione dalle piante, piaghe che hanno una comune origine: le alte temperature. Queste informazioni sono state riportate dal modello idrologico “Bigbang” dell’Ispra, il quale ha analizzato in settant’anni la situazione italiana, restituendoci un quadro quantitativo e qualitativo. Se l’anno 2022 è ancora in fase di valutazione, le previsioni future legate al clima indicano possibili impatti sui cicli idrologici e sulla possibilità d’impiego a breve e lungo termine sia su scala globale sia locale. L’unica condizione per invertire questa tendenza negativa è l’adozione di azioni che possano limitare le pressioni antropiche e diminuendo le emissioni di gas serra e gestendo intelligentemente l’oro blu.

La siccità del 2022 ha messo in evidenza la necessità di affrontare le problematiche connesse allo sperpero o al cattivo uso. Già in passato, gli studi avevano evidenziato un accrescimento significativo delle aree soggette a condizioni di aridità estrema su scala annuale in Italia. Inoltre, le analisi presentate dall’Istituto in collaborazione con l’Istat sul bilancio nazionale hanno portato alla luce il ruolo rilevante dei prelievi dai corpi idrici nel determinare condizioni di stress, anche in anni non siccitosi e con una larga disponibilità superiore alla norma, com’è avvenuto nell’estate del 2019. Mancanza di rovesci ed esaurimento di un bene così prezioso rappresentano una minaccia reale per l’agricoltura, l’industria e la vita quotidiana delle persone. Nel settore legato alla terra, la mancanza può causare un peggioramento nella resa dei raccolti, un decremento nella qualità dei prodotti e una risalita nei costi di produzione.

Un minor livello negli acquiferi porta alla per-

L’industria può essere gravemente colpita soprattutto nel settore manifatturiero, che richiede un elevato consumo per il processo produttivo. Come se non bastasse, la scarsità di piovaschi può avere un impatto diretto sulle nostre vite, ad esempio attraverso la riduzione della disponibilità per uso potabile. Questo può comportare la necessità di adottare misure di razionamento del servizio, con un effetto negativo pure sull’economia locale.

dita di habitat naturali e della biodiversità non tralasciando che un apporto meno considerevole da fiumi e altri corsi può pesare sulle attività di pesca e sulle strutture locali che ne dipendono.

Per cercare di contrastare i danni sono necessarie politiche a lungo termine che promuovano la gestione sostenibile come, ad esempio, l’adozione di pratiche agricole efficienti, il riciclo e il riutilizzo dell’acqua industriale, la riduzione degli sprechi domestici e la promozione di dispositivi a basso consumo. È importante, in aggiunta, investire nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie innovative per contribuire a mitigare le sofferenze già in atto, ricorrendo all’irrigazione a goccia, alla desalinizzazione del mare e al recupero degli scarichi. In base alle prime analisi nazionali relative al periodo 2016 - 2021, si può affermare che lo stato ecologico delle acque superficiali interne, fiumi e laghi italiani, stia migliorando. In particolare, oltre il 43% dei corpi idrici tocca l’obiettivo di qualità buono e superiore, mentre lo stato chimico buono vale per il 77%. La percentuale di ciò che non è stato ancora analizzato si riduce al 10%, denotando una maggiore attenzione al controllo. Rimangono stabili i numeri sulla qualità dei fiumi, mentre sembra essere cambiata in meglio quella dei laghi.

Riguardo alle acque di transizione (quelle, cioè, che si trovano vicino ad una foce, parzialmente di natura salina, ma in modo sostanziale condizionate dai flussi di acqua dolce) e alle marino - costiere, i dati percentuali che attestano lo stato ecologico buono ed elevato sono saliti di circa dieci punti rispetto ai sei anni precedenti (66% per le acque marino costiere e 15% per quelle di transizione). Tuttavia, crescono anche i “cattivi” in stato chimico non buono, (49% per le marino costiere, 57% per le acque di transizione). Occorre tener presente, tuttavia, che dal 2015 la classificazione ha introdotto l’osservazione costante di alcuni parametri negli organismi vegetali e animali dell’ecosistema, non più solo nelle acque. Studiando i corpi idrici sotterranei, il livello è buono per il 70% di essi, un’espansione notevole rispetto ai sei anni passati (58%). Quelli non ancora classificati (3%) si sono abbassati notevolmente (erano al 17%). In generale, tali cifre suggeriscono che l’Italia sta compiendo progressi nella protezione delle proprie ricchezze naturali, ma lo sforzo deve continuare con l’obiettivo di proteggere e gestire cum grano salis, pensando alle future generazioni. (G. P.).

Giornale dei Biologi | Apr 2023 49
Ambiente
© Gorodenkoff/shutterstock.com

Immaginiamo di passeggiare in un bosco di lecci, pioppi e castagni: l’aria è fresca e profumata, il silenzio viene rotto solo dal cinguettio degli uccelli e dallo scrosciare di un ruscello. Improvvisamente, nell’ombra, scorgiamo una magnifica creatura dal manto fulvo, con dei maestosi palchi, le appendici ramificate, che si staglia contro il verde intenso degli alberi. Non è un sogno né una fiaba, ma la realtà di una Calabria che nel Parco Naturale Regionale delle Serre e nelle Riserve naturali circostanti ha reintrodotto i primi venti esemplari di cervo italico. Sono stati catturati nel Bosco della Mesola (FE), l’ultimo areale residuo della sottospecie autoctona presente nella nostra penisola (Cervus elaphus italicus), falcidiata durante gli ultimi secoli.

A marzo, dopo essersi dedicati attentamente alla cattura, gli animali sono stati spostati in sicurezza a oltre mille chilometri di distanza. Tale iniziativa ha accresciuto la biodiversità del parco e costituisce una ricchezza per le comunità locali presenti e future. Il monitoraggio è assicurato dai collari satellitari. Tali dispositivi consentono di verificare gli spostamenti, i tassi di sopravvivenza e riproduzione, e le eventuali cause di morte.

L’obiettivo è catturare e rilasciare almeno venti individui all’anno nella nuova area identificata per il triennio (2023, 2024 e 2025).

La liberazione sarà effettuata tra novembre e marzo, in modo da non interferire con le delicate fasi del loro ci -

PRIMO GRUPPO DI CERVI ITALICI REINTRODOTTI IN UN’AREA PROTETTA DELLA CALABRIA

Venti esemplari sono stati reintrodotti nel Parco Naturale Regionale delle Serre e nelle Riserve naturali circostanti, grazie al lavoro delle Unità Forestali

50 Giornale dei Biologi | Apr 2023
© Andrew Swinbank/shutterstock.com

clo biologico. Per informare i cittadini sulle operazioni in corso saranno, inoltre, organizzati incontri pubblici presso i comuni che rientrano nell’area protetta. Grazie alla collaborazione di più enti e istituzioni, il fine è salvare dall’estinzione la sottospecie italica, unica al mondo. Tutti gli altri presenti in Italia sono cervi europei (Cervus elaphus hippelaphus) importati dopo la Seconda Guerra Mondiale e in costante espansione. La riserva naturale statale “Bosco della Mesola”, ospita gli ultimi trecento esemplari, che si trovano in isolamento genetico e rischiano di scomparire per fattori come la consanguineità, le eventuali modifiche dell’habitat o le epidemie.

Il progetto è stato finanziato dalla Regione Calabria oltre che dai fondi raccolti grazie al Wwf Italia, al supporto di “Arcaplanet” e altri sostenitori. L’attività fa parte della “Campagna ReNature” del Wwf, che vuole contrastare la perdita di specie e habitat, proteggere e ripristinare la natura e raggiungere, entro il 2030, un mondo nature positive, come

Questa prima fase di “Cervo Italico” è stata portata avanti da molte figure: i Carabinieri del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari, gestori della riserva nel ferrarese i quali si sono occupati anche del trasporto e della sorveglianza nel sito di rilascio, grazie al reparto territorialmente competente, il Parco Naturale Regionale delle Serre, l’Università di Siena, riferimento scientifico del progetto, il Wwf Italia come coordinatore operativo, Dream Italia, ente di studi faunistici con la propria abilità nella gestione degli ungulati, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Toscana e il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università “Alma Mater Studiorum” di Bologna.

stabilito dalle principali convenzioni internazionali. Il trasferimento era già previsto nel “Programma nazionale di conservazione del cervo della Mesola” del 2010, per creare una nuova popolazione in natura e aumentare le loro possibilità di sopravvivenza. Tuttavia, solo grazie all’attuale progetto è stato possibile realizzare il trasferimento in Calabria. L’area di reintroduzione è stata scelta dopo uno studio di fattibilità condotto dall’Ispra, basato sulle caratteristiche ecologiche della zona e l’assenza di altre popolazioni di cervo europeo.

I maschi presenti nella riserva della Mesola raggiungono le dimensioni finali non prima di dieci anni, mentre, di norma, ciò avviene a 7-8 anni e anche la statura è, in proporzione, minore rispetto ad altre popolazioni di cervo rosso. Ci sono differenze ancora più evidenti se si esaminano i palchi. Hanno dimensioni molto più semplici e un piano di costruzione ridotto guardando alla tipica struttura della specie. Tra gli adulti, spiccano quelli con sei punte totali, tre per stanga (oculare, mediano e punta terminale), mentre nel cervo rosso adulto abbiamo due stanghe con dodici ramificazioni totali, sei per ciascuna.

Per garantire un futuro sostenibile alla popolazione del cervo italico, sono necessarie diverse misure. Da un lato, è essenziale migliorare le condizioni ambientali dei territori nei quali vivono sia in termini di aree aperte sia di sottobosco limitando, al contempo, la competizione con la popolazione dei daini. Dall’altro lato, è importante attivare programmi di ripopolamento in nuove aree adatte alla sopravvivenza. In questo modo, si può contribuire alla conservazione della specie e alla diversità biologica, garantendo un futuro sostenibile.

Dopo oltre trent’anni dall’operazione “cervo sardo” lanciata dal Wwf, che ha incluso l’acquisto della Riserva di Monte Arcosu, la situazione della sottospecie Cervus elaphus corsicanus, un tempo in grave pericolo, sembra essere migliorata in Sardegna, con un aumento della popolazione da poche centinaia a quasi diecimila. Una buona notizia che fa ben sperare, perché è importante non smettere di preservare la diversità biologica e promuovere l’ecosistema forestale mediterraneo. (G. P.).

Giornale dei Biologi | Apr 2023 51
© Gianna Petrucci/shutterstock.com

TURISMO SU DUE RUOTE IN TANTI SCELGONO

AVVENTURA E RELAX IN BICI

Si stima che nel 2022 siano state oltre 33 milioni le presenze in Italia con un impatto economico superiore ai 4 miliardi di euro

Pedalare su strade panoramiche, attraversare paesaggi incantevoli e fermarsi per una breve sosta o per gustare squisitezze locali sono solo alcune delle esperienze che si possono vivere durante un viaggio in bicicletta. Secondo il Rapporto “Viaggiare con la bici 2023”, realizzato da Isnart per l’Osservatorio sull’Economia turistica delle Camere di Commercio promosso con Legambiente, nel 2022 abbiamo registrato oltre 33 milioni di presenze fra cicloturisti “puri” e viaggiatori, generando un impatto economico superiore ai quattro miliardi di euro. In particolare, si stima che i primi, vale a dire coloro che vengono in Italia consapevolmente per una vacanza sulle due ruote, siano stati più del doppio rispetto al 2019 (4,4 milioni), con un totale di oltre nove. Accanto a loro, sono da aggiungere quelli che dedicano solo una parte delle proprie ferie al trasporto lento. Per essi la stima raggiunge i 24 milioni.

«Il cicloturismo è una leva sempre più importante della valorizzazione in chiave turistica del nostro territorio - sottolinea il Presidente di

Isnart, Roberto Di Vincenzo - e perfettamente in linea con le scelte in termini di sostenibilità ambientale che caratterizzano il Pnrr. Attraverso il Rapporto, Isnart monitora già da alcuni anni il fenomeno, consapevole del grande potenziale in termini di indotto economico, allungamento della stagionalità e riorientamento dei flussi turistici verso borghi e aree interne del Paese che il bike tourism esprime, da Nord a Sud».

Scorrendo le pagine della ricerca, si scopre l’identikit dei visitatori alle prese con la fatica dei pedali: hanno un’età media compresa tra i 28 e i 57 anni, (71% dei casi). Inoltre, c’è un interessante quota di persone nate successivamente al secondo dopoguerra (il 17,3% ha tra i 58 e i 72 anni), contraddistinti da una capacità di spesa maggiore rispetto ai più giovani. Gli stranieri tendono a pagare di più che gli italiani, sia per il viaggio sia per l’alloggio, con una differenza rispettivamente di circa 143 e 15 euro giornalieri a persona.

Ambiente 52 Giornale dei Biologi | Apr 2023
© Dudarev Mikhail/shutterstock.com di Gianpaolo Palazzo

Uno su tre si sposta in coppia, mentre uno su cinque va da solo o con gli amici. Per quanto riguarda l’ospitalità, gli hotel vengono preferiti dal 28%, seguiti dagli agriturismi (11%) e dai campeggi attrezzati (7%). Il 22% indica la presenza di un luogo dove ritrovarsi in armonia con la natura come principale motivazione nelle preferenze legate alla destinazione, seguita dall’offerta artistica e culturale (16,5%) e da quella enogastronomica di ec-

cellenza (15,2%). Ci sono poi alcuni che, tra le attività sportive, optano anche per l’utilizzo della bicicletta. Si tratta principalmente di giovani che si muovono in coppia e sono molto interessati a quanto possiamo loro offrire nel settore dell’intrattenimento e degli eventi locali. Durante la villeggiatura stanno soprattutto in hotel (23,1%), ma anche da amici o parenti (19,2%) o in bed and breakfast (13%). Le loro attività spaziano dal fare acquisti (26%) alla cultura (20%).

In generale, la spesa media pro capite giornaliera del visitatore che utilizza la bici è più alta rispetto a quella del cicloturista “puro” (74 euro, 4 euro in più per beni e servizi acquistati sul luogo di vacanza), ma è più bassa per quanto riguarda il viaggio (131 euro, -32 euro) e la casa (51 euro, -2). Inoltre, gli italiani stavolta mettono maggiormente la mano nel portafoglio rispetto agli stranieri (77 euro al giorno, 7 in più).

«I dati del rapporto - aggiunge Sebastiano Venneri, responsabile nazionale Legambiente Turismo - confermano la rivoluzione a pedali in atto in Italia. In molte aree del Paese il cicloturismo è già un’eccellenza dell’offerta turistica, anche se bisogna lavorare meglio sulla crescita culturale, sul consolidamento dell’offerta di servizi specifici e l’integrazione di nuove ciclovie nei sistemi di offerta locali del turismo. La redistribuzione dei flussi cicloturistici verso il Centrosud del Paese e il lavoro che tanti territori stanno facendo per utilizzare le infrastrutture esistenti a fini cicloturistici stanno disegnando quella “via italiana” al cicloturismo che può rappresentare la risposta originale del nostro Paese alla domanda mondiale di vacanze a pedali». Il settore sta vivendo una crescita significativa e non solo nelle regioni tradizionalmente più attrezzate come Veneto, Trentino-Alto Adige e Toscana. Infatti, tra il 2019 e il 2022, quelli che hanno scelto il Sud sono passati dal 7% al 17,4% del totale, mentre il Centro Italia è salito dal 10,9% al 15,8%, confermando l’opportunità di poter contrastare il sovraffollamento turistico, allungando pure la stagionalità.

Ambiente Giornale dei Biologi | Apr 2023 53

L’ABILITÀ NELLA SCRITTURA A MANO SPECCHIO

DELLE FUNZIONI CEREBRALI

Uno studio coordinato dall’Università La Sapienza propone un sistema di monitoraggio in remoto dei pazienti neurologici basato su algoritmi in grado di analizzare la grafia

Per alcuni scrivere con una penna su un foglio è divenuto un gesto obsoleto, scalzato dal computer o dallo smartphone. Per altri invece è quasi una mania, connessa ai ricordi dell’infanzia e all’abitudine di usare inchiostro e carta. Per tutti andrebbe ricordato che scrivere a mano non è un compito banale ma è frutto di azioni coordinate fra mente e mano. Proprio sulla scrittura, e in particolare sulla grafia dei pazienti neurologici, si è concentrato un gruppo di ricercatori del dipartimento di Neuroscienze umane dell’Università La Sapienza di Roma con la collaborazione dei dipartimenti di Ingegneria dell’informazione, elettronica e telecomunicazioni dello stesso ateneo, con l’Irccs Neuromed di Pozzilli e con il dipartimento di Neurologia dell’Università di Cincinnati in Ohio.

I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Frontiers in Aging Neuroscience. Gli autori sono partiti dall’assunto che la scrittura a mano è un compito cognitivo e motorio acquisito di particolare complessità, che può offrire un’interessante finestra di osservazione sulle funzioni del cervello. Per questo motivo, il monitoraggio della scrittura fornisce informazioni biologiche utili, soprattutto nei pazienti neurologici. I disturbi della scrittura sono infatti frequentemente osservati in soggetti affetti da malattie neurodegenerative, come ad esempio nel Parkinson la micrografia, cioè la

tendenza a rimpicciolire progressivamente le lettere, e nell’Alzheimer la agrafia, ovvero l’incapacità di scrivere un pensiero.

Lo studio propone un innovativo sistema di monitoraggio a distanza dei pazienti, basato sull’analisi della scrittura da parte di algoritmi capaci di rilevare alcuni “pattern” attribuibili all’invecchiamento fisiologico di soggetti sani. I ricercatori hanno reclutato 156 soggetti sani e destrimani. Li hanno suddivisi in tre classi di età: 51 giovani tra i 18 e i 32 anni, 40 adulti di età compresa tra 37 e 57 anni e, infine, 63 soggetti in età adulta avanzata, ovvero tra i 62 e i 90 anni. A ognuno di essi è stato chiesto di scrivere con una penna a sfera nera il proprio nome e cognome per dieci volte su un foglio di carta bianca e, successivamente, di fotografare il proprio campione di scrittura con uno smartphone e inviarlo agli autori.

«Il principale traguardo scientifico del nostro studio consiste nella accuratezza dell’analisi automatica della scrittura con algoritmi di intelligenza artificiale, in grado di obiettivare la progressiva riduzione di ampiezza dei caratteri dovuta all’invecchiamento fisiologico e, quindi, di attribuire ogni campione di scrittura a una specifica fascia d’età dell’autore», spiega Antonio Suppa coordinatore del lavoro e ricercatore presso il dipartimento di Neuroscienze Umane della Sapienza. «Sebbene –continua Suppa - ricerche precedenti avessero già dimostrato cambiamenti nella destrezza

54 Giornale dei Biologi | Apr 2023 Innovazione

della scrittura legati all’aumento dell’età, per analizzare una grande quantità di dati nell’ambito della telemedicina si rendevano necessari approcci basati su tecniche di analisi più complesse come il machine learning».

Il sistema proposto nello studio potrebbe essere secondo gli autori un’alternativa alla consueta valutazione clinica ambulatoriale dei pazienti neurologici. Per svilupparlo sarebbe importante individuare nuovi strumenti di telemedicina che consentano una diagnosi precoce e obiettiva, monitorando la gravità della malattia e migliorando così la gestione clinica remota dei pazienti con malattie neurodegenerative. In questo modo si potrebbe avere un mezzo sicuro, accessibile e ampiamente disponibile in grado di raccogliere facilmente le informazioni biologicamente rilevanti.

«L’analisi della scrittura con algoritmi di intelligenza artificiale è stata svolta grazie all’utilizzo di una rete neurale convoluzionale, ovvero una rete artificiale specializzata per l’elaborazione di immagini e segnali digitali - in grado di convertire automaticamente i caratteri in parametri di interesse. Si tratta di un metodo semplice, ecologico, a basso costo e di facile utilizzo in diversi ambiti. Infatti, oltre alle notevoli implicazioni nel campo neurologico, può contribuire, ad esempio, alla datazione storica di un determinato documento, grazie alla valutazione automatica dell’età della persona che lo ha scritto. In particolare, in ambito

“Il principale traguardo scientifico del nostro studio consiste nella accuratezza dell’analisi automatica della scrittura con algoritmi di intelligenza artificiale”.

medico-legale potrebbe facilitare la datazione di un testamento al momento della stesura o della firma», aggiunge Simone Scardapane, co-autore dello studio. In finale l’auspicio del team di ricerca è che l’analisi della scrittura da remoto, mediante algoritmi di intelligenza artificiale, possa costituire in futuro un innovativo indicatore di invecchiamento per aiutare la diagnosi di malattie in costante aumento, come le neurodegenerative. (E. G.)

UNA RETE PER LA TELEMEDICINA

La missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza dedicata alla sanità stanzia oltre 15 miliardi di euro. Di questi, uno verrà destinato alla implementazione della telemedicina nel nostro Paese. I servizi in remoto infatti sono una parte della riprogettazione della sanità territoriale che vedrà la luce grazie al finanziamento. Per consentire la rivoluzione organizzativa e tecnologica, l’Agenzia per i servizi sanitari regionali (Agenas) ha prodotto un documento sulla Piattaforma di telemedicina e sull’ecosistema del Fascicolo sanitario elettronico (Fse), per collegare i due progetti e consentire la fruizione delle informazioni.

Giornale dei Biologi | Apr 2023 55
© My Ocean Production/shutterstock.com
©
everything possible/shutterstock.com

SINTETIZZATI POLIMERI CHE IMITANO LE PROTEINE DEL SANGUE E DEL CITOSOL

Gli eteropolimeri offrono diverse e importanti applicazioni in campo biomedico e sono in grado di degradarsi naturalmente aprendo a un futuro nuovo della plastica

Un team di scienziati dell’Università della California, Berkeley, ha realizzato una nuova classe di materiali plastici, chiamati eteropolimeri casuali (RHP) capaci di svolgere le funzioni delle proteine naturali presenti nei fluidi biologici. I ricercatori, in particolare, hanno dimostrato che gli RHP sono in grado di imitare le interazioni che si formano tra le sequenze proteiche e possono replicare il comportamento delle proteine del siero sanguigno e del citosol della cellula. Le basi chimiche della vita sulla Terra sono costituite da polimeri formati da venti aminoacidi che si sono evoluti in centinaia di migliaia di proteine diverse e altamente specializzate. Esse catalizzano le reazioni, formano la spina dorsale e i muscoli e generano persino il movimento. Secondo la scienziata Ting Xu, professoressa di chimica e di scienza e ingegneria dei materiali alla UC Berkeley e autore principale dello studio, tutta questa varietà di componenti non sarebbe necessaria in quanto la biologia potrebbe funzionare altrettanto bene con un minor numero di elementi costitutivi e polimeri più semplici. Xu ha sviluppato un metodo per imitare le funzioni specifiche delle proteine naturali utilizzando solo due, quattro o sei diversi blocchi di costruzione – quelli attualmente utilizzati nelle materie plastiche.

Xu ha sintetizzato con il suo metodo polimeri che imitano il plasma sanguigno: il fluido biologico artificiale derivato dalla sintesi

ha mantenuto stabili i biomarcatori proteici naturali senza refrigerazione e ha persino reso le proteine naturali più resistenti alle alte temperature. I polimeri sintetici oltre a funzionare bene sono stati molto più facili da sintetizzare rispetto al tentativo di replicare la struttura proteica che si è evoluta in natura in modo casuale nel corso nel tempo. Il metodo di Xu utilizza l’intelligenza artificiale per scegliere il numero, il tipo e la disposizione giusta dei blocchi di plastica per imitare la funzione desiderata di una specifica proteina. Nel caso del plasma sanguigno, ad esempio, i polimeri artificiali sono stati progettati per dissolvere e stabilizzare i biomarcatori proteici naturali nel sangue.

Xu e il suo team hanno anche creato una miscela di polimeri sintetici al posto del citosol cellulare. In una provetta riempita con questo liquido biologico artificiale, i ribosomi, hanno continuato a pompare proteine naturali come se non gli importasse se il liquido fosse naturale o artificiale. «Fondamentalmente – sostiene Xu - tutti i dati dimostrano che possiamo usare questa tipologia di progettazione per generare polimeri fino al punto che il sistema biologico non sarebbe in grado di riconoscere se si tratta di un polimero o di una proteina».

Xu considera i tessuti viventi come un complesso mix di proteine che si sono evolute per lavorare insieme in modo flessibile, prestando meno attenzione all’effettiva sequenza ammi-

56 Giornale dei Biologi | Apr 2023 Innovazione
di Sara Bovio

noacidica di ogni proteina che alle subunità funzionali della proteina, i luoghi in cui le proteine interagiscono. Proprio come in un meccanismo di chiave e serratura, dove non fa molta differenza se la chiave è di alluminio o di acciaio, così la composizione effettiva delle subunità funzionali è meno importante di ciò che fanno. E poiché queste miscele naturali di proteine si sono evolute in modo casuale nel corso di milioni di anni, secondo l’autrice dovrebbe essere possibile creare combinazioni simili in modo casuale, con un alfabeto diverso di blocchi di costruzione, se si utilizzano i principi giusti per progettarle e selezionarle, sollevando gli scienziati dalla necessità di ricreare le esatte composizioni di proteine nei tessuti viventi.

I risultati dello studio, pubblicato sulla rivista Nature, suggeriscono che gli eteropolimeri casuali potrebbero rappresentare una svolta per le applicazioni biomediche poiché oggi si compiono molti sforzi per modificare le proteine naturali in modo che svolgano funzioni per cui non sono state originariamente progettate, o per cercare di ricreare la struttura 3D

Xu ha sintetizzato con il suo metodo polimeri che imitano il plasma sanguigno: il fluido biologico artificiale derivato dalla sintesi ha mantenuto stabili i biomarcatori proteici naturali senza refrigerazione e ha persino reso le proteine naturali più resistenti alle alte temperature.

delle proteine naturali. La somministrazione di farmaci con piccole molecole che imitano le proteine naturali dell’uomo è per esempio un campo di ricerca su cui si sta lavorando molto. Un altro vantaggio dei polimeri sintetici sottolineato nello studio è che sarebbero in grado di degradarsi naturalmente, rendendo il sistema riciclabile e sostenibile. «Si inizia a pensare a un futuro completamente nuovo della plastica», ha detto Xu.

Lo studio apre anche la strada alla progettazione di sistemi biologici ibridi, in cui i polimeri di plastica interagiscono senza problemi con le proteine naturali per migliorare un sistema, come la fotosintesi, e suggerirebbe anche modi per realizzare più facilmente materiali biocompatibili, dalle lacrime o cartilagini artificiali ai rivestimenti che possono essere utilizzati per veicolare i farmaci. Secondo Xu è necessario ripensare totalmente il modo in cui i biomateriali sono progettati, perché i metodi attuali, incentrati principalmente sull’imitazione delle strutture amminoacidiche delle proteine naturali, non funzionano.

Giornale dei Biologi | Apr 2023 57
© Gorodenkoff/shutterstock.com
© PaeGAG/shutterstock.com

NUOVO MECCANISMO PER FORMARE GEL

Sviluppato un nuovo modello di aggregazione del gellano, uno zucchero in grado di formare gel trasparenti e reversibili

La collaborazione tra un team di ricerca dell’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma e il Dipartimento di scienze e tecnologie chimiche dell’Università di Roma Tor Vergata, ha permesso di svelare il meccanismo di aggregazione a livello microscopico del gellano, un polisaccaride naturale, uno zucchero complesso capace di formare gel trasparenti e reversibili mediante il semplice raffreddamento di soluzioni del polimero in acqua e sali.

Questa proprietà, unita alle caratteristiche di biocompatibilità, atossici-

tà e biodegradabilità, rende il gellano un composto ideale per numerose applicazioni, che spaziano dall’industria farmaceutica a quella cosmetica, dal settore alimentare al restauro di beni culturali, in particolare opere d’arte cartacee. Lo studio è pubblicato su Science Advances.

Letizia Tavagnacco del Cnr-Isc e autrice principale dello studio, ha spiegato: «La novità della ricerca consiste nell’aver sviluppato un modello molecolare per rappresentare la catena di gellano, e quindi studiare il processo di aggregazione e formazione del gel. Tale modello ha permesso di

riprodurre con un dettaglio molecolare l’aggregazione del gellano, sia in situazioni di bassa concentrazione del polisaccaride sia in soluzioni ad alta concentrazione dove si formano super-aggregati: proprio questi portano, su scala macroscopica, alla formazione di gel».

Ester Chiessi, docente di chimica fisica biologica presso l’Università di Roma Tor Vergata, che ha contribuito al lavoro ha aggiunto: «Tali complessi polimerici, oltre a semplificare la “bellezza” degli edifici molecolari naturali, hanno un’efficace funzionalità strutturale».

Gli studiosi hanno dimostrato che la formazione di super-aggregati di gellano si sviluppa in due fasi: nella prima, le catene polimeriche di gellano formano strutture a doppia elica, che nella seconda fase si assemblano, dando origine ad aggregati di ordine superiore. All’interno di tale processo, un ruolo importante è svolto dai sali. Emanuela Zaccarelli, del Cnr-Isc, ha precisato: «I sali di cationi divalenti, come il calcio, promuovono la rapida ed estesa formazione di aggregati, in quanto favoriscono la creazione di punti di giunzione tra le doppie eliche di gellano, diversamente dai sali di cationi monovalenti, come il sodio, che ricoprono un ruolo secondario».

La conoscenza a livello molecolare del meccanismo con cui le catene di gellano si organizzano per formare i gel, e la comprensione del ruolo svolto dai sali, favoriranno lo sviluppo di processi controllati di gelazione per la produzione di gel con le proprietà ottimali a seconda del tipo di applicazione richiesto. Lo studio fa parte del progetto ERC-Proof of Concept Microtech, finanziato dalla Comunità europea, e del progetto del gruppo di ricerca “Microarte”, finanziato dalla Regione Lazio, entrambi coordinati da Emanuela Zaccarelli, ricercatrice e direttrice di ricerca dell’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche.

58 Giornale dei Biologi | Apr 2023
Pasquale
Innovazione
© PrasongTakham/shutterstock.com di
Santilio

Mamba, acronimo di Multi-pAradigM voxel-Based Analysis, è il nome del software programmato per l’analisi statistica delle immagini medicali, il cui codice sorgente è disponibile liberamente sulla piattaforma GitHub, sviluppato per studiare, nello spazio anatomico del paziente, le correlazioni tra gli esiti diagnostici o terapeutici e le caratteristiche strutturali o funzionali dei tessuti. Le sue peculiarità sono state ampiamente rappresentate e argomentate in uno studio, pubblicato sulla rivista Medical Physics e condotto dall’Istituto di nanotecnologie di Lecce in collaborazione con l’Istituto di biostrutture e bioimmagini di Napoli del Consiglio nazionale delle ricerche. La ricerca è indirizzata in particolare al neuroimaging ed alla radioterapia oncologica. Uno degli obiettivi della moderna diagnostica per immagini è quello di identificare quali caratteristiche regionali della struttura o della funzione degli organi possano essere associate a determinate condizioni patologiche.

Giuseppe Palma, ricercatore dell’Istituto di nanotecnologia del Consiglio nazionale delle ricerche e coordinatore dello studio, ha spiegato: «In questo scenario, MAMBA è il primo software a mettere a disposizione alcuni strumenti di analisi che ampliano in maniera considerevole la modellizzazione statistica dei meccanismi fisiopatologici, in termini di flessibilità e compatibilità. Il programma è nato dall’idea di reingegnerizzare, a beneficio dell’intera comunità scientifica, un insieme di funzioni sviluppate per un uso interno al nostro gruppo di ricerca, che negli anni si è arricchito di funzionalità tali da potenziarne e migliorarne le prestazioni».

Il software integra e rende disponibili in un’unica piattaforma applicazioni informatiche fino ad oggi circoscritte a uno specifico ambito clinico di riferimento. Serena Monti, ricercatrice del Cnr-Ibb, ha aggiunto:

LE IMMAGINI MEDICALI ANALIZZATE DA MAMBA

Realizzato un software per l’analisi statistica di immagini biomedicali. Lo studio è pubblicato su Medical Physics

«La ricerca che abbiamo condotto, focalizzata sulla diagnostica per immagini e sulla radioterapia, combina le tecniche sviluppate per entrambi i contesti applicativi allo scopo di amplificarne le potenzialità. Inoltre, la necessità di rispondere a particolare quesiti clinici ci ha spinti a sviluppare modelli statistici che possono essere considerati inediti tra i software per l’analisi delle immagini».

MAMBA uniforma uno degli approcci più moderni e promettenti nel campo della radioterapia oncologica, ovvero l’integrazione delle immagini diagnostiche con i dati clinici.

Laura Cella, ricercatrice dell’Istituto di biostrutture e bioimmagini del Consiglio nazionale delle ricerche, ha concluso: «Questo consente di individuare i tessuti a rischio per l’insorgenza degli effetti collaterali causati dall’irradiazione. Tali risultati forniscono indicazioni fondamentali per l’ottimizzazione dei trattamenti radioterapici basati sulle più avanzate tecnologie di irraggiamento, ma solo grazie allo sviluppo di metodologie condivise e standardizzate sarà possibile ottenere delle procedure traslabili in ambiente clinico». (P. S.).

Giornale dei Biologi | Apr 2023 59
© Roman Zaiets/shutterstock.com
Innovazione

IPPOCAMPO UMANO: IL PRIMO MODELLO 3D

Sono interessate la struttura e la connettività neuronale Lo studio è pubblicato su Nature Computational Science

Una equipe di studiosi della infrastruttura di ricerca Ebrains-Italy, composta dall’Istituto di biofisica del Cnr, dall’Università di Modena e Reggio Emilia, in collaborazione con l’Institut de neurosciences des systèmes di Marsiglia, ha realizzato il primo modello virtuale in 3D della struttura e della connettività neuronale dell’area CA1 dell’ippocampo umano. Lo studio descrive la tecnologia utilizzata per la ricerca e rappresenta un primo risultato del lavoro di gruppi appartenenti a Ebrains-Italy finanziata dal Mur, tramite la Commissione Euro-

pea, nell’ambito del PNNR e diretta dal Cnr. Secondo lo studio, la stessa metodologia potrebbe essere applicata per generare modelli in scala naturale di altre aree del cervello umano, predisposte ad essere utilizzate per applicazioni di simulazione virtuale. Da immagini ad altissima risoluzione di un cervello umano è stato estratto un dataset di oltre 5 milioni di neuroni, individuando successivamente con un algoritmo, realizzato appositamente, gli oltre 40 miliardi di sinapsi che connettono la rete neurale. Il modello virtuale full-scale in 3D dell’area CA1 dell’ippocampo, attraverso la piatta-

forma EBRAINS-Italy, sarà aperto alla comunità scientifica per favorire la ricerca e lo studio sulle diverse funzioni cognitive, come l’apprendimento, la memoria e l’elaborazione spaziale, ma anche le disfunzioni, quali l’epilessia, le malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer, e l’invecchiamento; il risultato trova inoltre applicazione nella ricerca farmacologica riducendo sensibilmente i relativi tempi e costi.

Michele Migliore, del Cnr-Ibf di Palermo, coordinatore scientifico della struttura di ricerca EBRAINS-Italy, ha spiegato: «La quantità di dati sui singoli neuroni del cervello umano è molto limitata, sia in termini di coordinate 3D relative sia in termini di connettività tra i neuroni. Abbiamo eseguito un’operazione di data mining su immagini ad alta risoluzione dell’ippocampo umano, ottenute dal database BigBrain. La posizione dei singoli neuroni è stata ricavata da un’analisi dettagliata di queste immagini».

I ricercatori hanno sviluppato un algoritmo di elaborazione delle immagini personalizzato per ottenere una distribuzione realistica del posizionamento neuronale e un algoritmo per generare connettività neuronale approssimando le forme dendritiche e assonali.

Daniela Gandolfi di UNIMORE, ha spiegato: «Il nostro algoritmo analizza immagini ad alta risoluzione e, dopo la creazione di specifiche forme geometriche da associare a proprietà morfologiche, ci permette di calcolare la probabilità che due neuroni siano connessi».

La ricercatrice Gandolfi ha concluso: «Il nostro obiettivo principale con questo studio era rendere i dati prontamente disponibili con Human Brain Project, cioè il grande progetto europeo per la costruzione di una simulazione digitale completa del cervello, e la più ampia comunità delle neuroscienze. Ora stiamo usando lo stesso approccio per modellare altre regioni del cervello». (P. S.).

60 Giornale dei Biologi | Apr 2023
Innovazione
© SciePro/shutterstock.com

Enea ha messo a punto un Kit diagnostico per aziende lattiero-casearie e laboratori di analisi, in grado di rilevare in modo rapido, efficace e a basso costo la presenza dell’aflatossina M1 nel latte crudo. I risultati della ricerca, realizzata in collaborazione con l’Università di Torino, sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Toxins. L’aflatossina M1è una sostanza considerata cancerogena per l’uomo, poiché proviene da animali nutriti con mangimi contaminati. A causa degli effetti dannosi sulla salute umana e animale, l’Unione Europea ha fissato una concentrazione massima di aflatossina M1 di 50 nanogrammi/litro nel latte crudo, nel latte trattato termicamente e in quello destinato alla produzione di formaggi.

La tecnica di analisi che è stata realizzata dai ricercatori di Enea prevede, per la prima volta, l’impiego di anticorpi monoclonali prodotti da una pianta dello stesso genere del tabacco (Nicotiana benthamiana), per “intercettare” le tossine presenti nel latte anche a concentrazioni molto basse, ben al di sotto dei limiti fissati per legge, come hanno dimostrato le sperimentazioni condotte su campioni di latte crudo contenenti diverse concentrazioni di aflatossina M1.

Marcello Catellani del Laboratorio Enea di Bioprodotti e bioprocessi, ha spiegato: «Si tratta della versione green di ELISA (Enzyme-Linked Immunosorbent Assay), uno dei migliori e più diffusi metodi di screening rapido per il rilevamento delle tossine negli alimenti e nei mangimi animali, che permette l’analisi accurata, rapida e a basso costo di un numero elevato di campioni».

Per la produzione degli anticorpi, i ricercatori si sono avvalsi di un sistema di produzione alternativo ed economico offerto dal Plant Molecular Farming, un sistema che usa le piante per produrre molecole complesse come gli anticorpi. Catellani

IL KIT TROVA SOSTANZE

TOSSICHE NEL LATTE

Enea ha realizzato un kit diagnostico per aziende casearie per rilevare la presenza di aflatossina M1 nel latte crudo

ha aggiunto: «Stiamo parlando di un approccio biotecnologico che può “liberare” la produzione di anticorpi dai classici e più costosi sistemi basati su colture di cellule animali, che richiedono strutture e ambienti dedicati, reagenti e strumenti specifici per la loro crescita in condizioni di sterilità, come ad esempio bioreattori e incubatori».

Il Plant Molecular Farming permette di operare in condizioni non sterili (serra, acqua, luce, suolo) con costi ridotti al minimo. Per questo lavoro è stata utilizzata la tecnica dell’agroinfiltrazione che comporta l’utilizzo l’impiego di un particolare batterio

chiamato Agrobacterium tumefaciens che veicola l’informazione genetica di interesse nei tessuti vegetali della pianta Nicotiana benthamiana.

Cristina Capodicasa, ricercatrice del Laboratorio Enea di Biotecnologie, ha tenuto a sottolineare: «Questo processo risulta molto vantaggioso per rapidità e resa: richiede solo 1-2 giorni per la crescita degli agrobatteri, che hanno il preciso compito di veicolare l’informazione genetica nella pianta, e dopo circa una settimana è possibile raccogliere le foglie da cui estrarre fino a 1,6 g/ kg di anticorpi». (P. S.).

Giornale dei Biologi | Apr 2023 61
© Davizro Photography/shutterstock.com
Innovazione

QUANDO UN ISTANTE DURA TUTTA L’ETERNITÀ

Fino al 30 luglio a Roma la grande mostra dedicata ai rapporti col mondo classico Dai depositi dei musei italiani e greci, le opere sbarcano alle Terme di Diocleziano

62 Giornale dei Biologi | Apr 2023 Beni culturali
di Rino Dazzo

Cosa ci rimane di ciò che è stato? Che rapporto abbiamo con storie, personaggi e situazioni dell’antichità? E quali analogie ci sono tra le modalità di rappresentazione di ieri e di oggi? È carica di riflessioni e di spunti, oltre che di capolavori artistici, la mostra che, dal 4 maggio al 30 luglio, mette in esposizione 300 pezzi eccezionali al Museo Nazionale Romano di Roma. «L’istante e l’eternità. Tra noi e gli antichi» è il titolo dell’esposizione, che si compone di opere di epoca greca, romana, etrusca, italica, ma anche medievale, moderna e contemporanea. Il filo conduttore è rappresentato dalla messa in evidenza del rapporto, quanto mai complesso, che intratteniamo con gli antichi, indagato attraverso forme e modalità sorprendenti. Anche lo scenario che fa da contorno alla mostra è suggestivo: riaprono finalmente al pubblico dopo alcuni decenni di chiusura alcune Grandi Aule delle Terme di Diocleziano, che ospitarono nel 1911 la mostra archeologica promossa in occasione delle celebrazioni per il cinquantenario dell’Unità d’Italia. Una location a due passi dalla stazione Termini che è essa stessa un ponte tra passato e presente, visto che le aule conservano ancora parte del loro storico allestimento risalente agli Anni 50.

Ideatori e curatori dell’esposizione, promossa dal ministero della Cultura italiano e dal ministero della Cultura e dello Sport greco, sono Massimo Osanna, Stephane Verger, Maria Luisa Catoni e Demetrios Athanasoulis con l’organizzazione della Direzione generale Musei e del Museo Nazionale Romano, la collaborazione di Electa, il sostegno del Parco Archeologico di Pompei e la partecipazione della Scuola IMT Alti Studi Lucca e della Scuola Superiore Meridionale. Un percorso in cinque tappe che indaga, da diverse prospettive, il doppio legame che abbiamo con gli antichi. Da una parte c’è la nostra cultura classica, trasmessaci dalle opere e dalle testimonianze del passato. Dall’altra c’è l’autentico rapporto di immedesimazione che abbiamo con gli antichi, soprattutto con le persone che sono riuscite ad arrivare fino a noi con la loro fama, le loro opere, le loro gesta. La prima sezione della mostra, ospitata nell’Aula I, s’intitola «L’eternità di un istante» e si apre col calco di due vittime della storica eruzione del Vesuvio del 79 d.C., immortalate nell’attimo stesso della loro morte. Attorno a loro, diverse opere raffiguranti espressioni popolari e più elaborate di reinterpretazione moderna dell’antico. L’Aula II ospita la seconda sezione, «La fama eterna degli eroi», dedicata

Giornale dei Biologi | Apr 2023 63 © k_samurkas/shutterstock.com Beni culturali

alle modalità di rappresentazione del potere. Un viaggio che parte da Giulio Cesare e arriva fino ai Medici, per abbracciare anche i miti: alcuni di essi, come quelli omerici, sono ben radicati nella cultura popolare, mentre di altri si sono perse le tracce, prima della loro riscoperta attraverso la filologia. Nell’Aula III sono contenute diverse rappresentazioni antiche di tempo e spazio, così come divinità e personificazioni di entità astratte all’origine delle nostre categorie spazio-temporali: la sezione s’intitola infatti «L’ordine del cosmo», dove kosmos in greco antico significava proprio ordine. Opera iconica di questa sezione è l’Omphalos, l’ombelico del mondo del santuario di Apollo a Delfi.

Le Aule IV e V ospitano la seconda parte del percorso, quella che pone l’accento sull’immedesimazione tra noi e gli antichi. La quarta sezione - «Le opere e i giorni» - è ricca di scoperte recenti che hanno consentito di ricostruire i rituali, pubblici e privati, che scandivano i momenti più importanti della vita sociale, all’interno delle case come nei luoghi pubblici. La quinta sezione - «Umani divini» - consente di ammirare per la prima volta in un contesto espositivo la monumentale statua femminile di Santorini, ma

L’area archeologica di Kainua è molto interessante perché consente di apprezzare al meglio il tipico impianto urbanistico etrusco di tipo ortogonale, costituito da otto quartieri che si sviluppano attraverso quattro strade principali.

anche la statua in bronzo dell’arringatore e uno dei giganti sardi di Mont’e Prama. Tutti esempi di rappresentazione divinizzata dell’individuo che si intrecciano alle varie raffigurazioni del rituale funerario, momento di passaggio dalla vita terrena a quella dell’oltretomba, con tutto il suo repertorio di miti e credenze.

«Il valore della libertà, il valore dell’Occidente è il filo conduttore di questa mostra. L’intento è quello di proporre le origini e il cammino della nostra storia», sottolinea il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. «Nella civiltà greco-romana affondano le nostre radici ed è nostro compito salvaguardare e rendere fruibile a tutti questo patrimonio che ci ricorda la nostra eredità culturale e che ispira la nostra filosofia contemporanea. Tradizione e modernità, due facce della stessa medaglia, fanno parte del percorso della mostra». Un’esposizione in cui, oltre a quelle già citate, è possibile ammirare altre importanti opere come il carro da parata di Civita Giuliana, la statua di Ercole del Parco Archeologico dell’Appia Antica, la Tabula Chigi del Museo Nazionale Romano, insieme a un gran numero di capolavori rimasti a lungo nascosti nei depositi dei musei italiani e greci.

64 Giornale dei Biologi | Apr 2023 © wjarek/shutterstock.com
Beni culturali
Calco vittime Pompei. © Stamatios Manousiso/shutterstock.com Omphalos, l’ombelico del mondo del santuario di Apollo a Delfi.

LA VIOLENZA NON TI FARÀ STARE MEGLIO. LORO SÌ.

Gli operatori sanitari e socio-sanitari lavorano tutti i giorni per la tua salute. Aggredirli verbalmente e fisicamente è un reato e un atto di inciviltà che va contro il tuo stesso interesse e quello della collettività.

Campagna contro la violenza verso gli operatori sanitari e socio-sanitari

www.salute.gov.it #laviolenzanoncura

CICLISMO, È UNA GENERAZIONE DI FENOMENI

Da Van der Poel a Van Aert, da Pogacar a Evenepoel aspettando il ritorno di Bernal: gli assi di quest’epoca d’oro del pedale

Per noi italiani, almeno per gli appassionati di sport, la “Generazione di fenomeni” è il gruppo di atleti che condussero l’Italia della pallavolo a vincere tre Mondiali consecutivi e una ventina di altre competizioni internazionali, con l’unico “tabù” legato all’oro olimpico. Oggi, invece, questa frase d’autore ispirata a uno storico brano degli Stadio, descrive alla perfezione l’era di campioni che sta rendendo appassionante il ciclismo, un’era eccezionale per concentrazione e contemporaneità. Da Van der Poel a Van Aert, da Pogacar a Bernal, fino a Remco Evenepoel: chi segue lo sport del pedale è ben

consapevole di vivere un’epoca che ispirerà nostalgia, al netto dell’assenza di italiani fra i “grandissimi”. Per ora.

Partiamo dal campione del Mondo in carica, quel Remco Evenepoel classe 2000 che ha iniziato a incantare il mondo nel ciclocross e si è presentato tra i professionisti a 19 anni dando del “tu” a tutti, tecnicamente parlando. Dopo aver vinto a 22 anni sia la prima classica Monumento (la Liegi-Bastogne-Liegi), sia il suo primo grande giro (la Vuelta a Espana), è andato a dettar legge ai Campionati del Mondo in Australia, conquistando un bronzo a cronometro e soprattutto la maglia iridata nella prova

66 Giornale dei Biologi | Apr 2023 Sport
di Antonino Palumbo

in linea. Ha inaugurato il 2023 vincendo una gara a tappe, l’UAE Tour, e due frazioni della Volta Ciclista a Catalunya, per poi concedere il bis alla Liegi-Bastogne-Liegi. Sarà un piacere vederlo a maggio al Giro d’Italia, a contendere il successo a Primoz Roglic, con i vari Damiano Caruso, Geraint Thomas, Vlasov, João Almeida come terzi incomodi.

Cinque anni più grande del suo connazionale, il fiammingo Mathieu Van der Poel vanta un palmares scintillante con 7 titoli iridati di ciclocross (due da junior), un Mondiale du strada da junior a Firenze nel 2013, 3 europei di ciclocross e uno di MTB. L’Olandese Volante,

© AlexAnton/shutterstock.com Giornale dei Biologi | Apr 2023 67 Sport
© lassedesignen/shutterstock.com

figlio e nipote d’arte, rispettivamente di Adrie Van der Poel e Raymond Poulidor, è tornato a gareggiare su strada negli ultimi anni e quando in giornata si è dimostrato devastante. Dopo il trionfo al Giro delle Fiandre 2020 e il bis nel 2022, quest’anno ha trionfato in solitaria prima alla Milano-Sanremo, con uno spettacolare allungo sul Poggio ai -5 km dall’arrivo, e poi alla Parigi-Roubaix, complice una foratura del rivale Wout Van Aert.

Classe 1994, Wout Van Aert è un atleta particolarmente poliedrico, già protagonista di epici duelli con Van der Poel nel ciclocross: nel palmares ha 4 titoli mondiali (uno da U23) e 3 Coppe del Mondo. Su strada, è pericoloso in ogni situazione: ha dettato legge alla Strade Bianche, alla Milano-Sanremo, alla Gand-Wevelgem, all’Amstel Gold Race e in due edizioni della E3 Saxo Bank Classic. Ma va forte anche

nelle corse a tappe, con 9 successi al Tour de France e la maglia verde della classifica a punti vinta nel 2022. A completare il suo “roll of honor” sono tre campionati nazionali, due argenti iridati a cronometro più quelli nella gara in linea di Mondiali 2020 e delle Olimpiadi disputate l’anno successivo. Le classiche di primavera del 2023 non gli hanno sorriso: a parte il successo nella H3 Harelbeke davanti a Van der Poel e all’altro asso Tadej Pogacar, ha conquistato “solo” il podio sia alla Milano-Sanremo sia alla Parigi-Roubaix, frenato in questo caso da una foratura mentre era all’attacco con MVDP.

Quando si parla di atleti polivalenti, naturalmente, ecco spuntare Tadej Pogacar, 24 anni, sloveno, considerato da molti il miglior ciclista dai tempi di Eddy Merckx. Devastante in salita, efficace in arrivi ristretti, performante sul pavè, si è rivelato al mondo aggiudicandosi il Tour de France 2020 e ripetendosi dodici mesi dopo. In meno di tre anni, ha messo in cascina anche una Liegi-Bastogne-Liegi, due “Lombardia” in altrettante partecipazioni, due Tirreno-Adriatico, una Strade Bianche da dominatore (nel 2022), due UAE Tour e la medaglia di bronzo ai Giochi olimpici di Tokyo nella corsa in linea. Quest’anno si è imposto alla Parigi-Nizza, al Giro delle Fiandre, all’Amstel Gold Race e alla Freccia Vallone. Per Evenepoel, Pogacar “può vincere qualsiasi corsa”, ma alla Liegi-Bastogne-Liegi la sua stagione delle classiche si è conclusa con un polso fratturato. Attorno a questi nomi, nelle classiche, si alternano atleti di tutto rispetto come il nostro Filippo Ganna, pluri-iridato e olimpionico su pista, già maglia rosa al Giro d’Italia, Jasper Philipsen, Ben Healy, Mads Pedersen e quel Thomas Pidcock che, nel 2023, ha vinto la Strade Bianche e chiuso secondo alla “Liegi”. Nelle corse a tappe, il vecchio leone Primoz Roglic ruggisce ancora, mentre Jonas Vingegaard punta al bis al Tour de France. Nelle corse a tappe, però, si attende anche il gran ritorno di Egan Bernal, che ha passato il 2022 a recuperare al meglio dal tremendo incidente di inizio anno. Il colombiano scoperto da Gianni Savio impressionò il mondo quattro anni fa, diventando il più giovane vincitore del Tour de France, poi nell’ultima stagione a pieno regime ha conquistato il Giro d’Italia. Gli altri fenomeni lo

68 Giornale dei Biologi | Apr 2023
aspettano.
Sport
Remco Evenepoel. Quando si parla di atleti polivalenti, naturalmente, ecco spuntare Tadej Pogacar, 24 anni, sloveno, considerato da molti il miglior ciclista dai tempi di Eddy Merckx. Tadej Pogacar. © Gil Corzo/shutterstock.com © Rini Kools/shutterstock.com

LA PRIORITÀ SEI TU

Individuare precocemente un tumore può fare la di erenza. Il Servizio sanitario nazionale o re screening gratuiti, sicuri e attendibili, per la prevenzione dei tumori al colon-retto, al collo dell’utero e alla mammella.

Aderisci all’invito della tua Azienda sanitaria. Non rinviare l’appuntamento con la salute.

Scopri di più su salute.gov.it

Giornale dei Biologi | Apr 2023 69 #laprioritàseitu

DAL VOLLEY ALL’ATLETICA: QUANDO LA SCONFITTA TI LASCIA DI SASSO

Sempre vittoriosa in regular season, la Sir Safety Perugia è stata battuta ai quarti dei playoff scudetto. Una sconfitta inattesa, con precedenti illustri dal calcio alla Formula 1

Inattesa. Indigesta. Incredibile. Eppure, possibile, perché è successa. Come altre in passato. L’eliminazione della Sir Safety Perugia dai playoff scudetto, dopo una regular season da imbattuta, entra nel club degli epiloghi inimmaginabili. La sconfitta casalinga con l’Allianz Milano, nella gara 5 dei quarti di finale, è stata un vero e proprio trauma sportivo, arrivato fra l’altro a pochi giorni da un’altra cocente eliminazione, quella dalla Champions League. Il match decisivo dei playoff contro i lombardi è finito 3 set a 1 per i lombardi, che in campionato si erano classificati soltanto ottavi, ma hanno saputo sovrastare tecnicamente e mentalmente i Block Devils, che in avvio di stagione avevano vinto la Supercoppa Italiana e il Mondiale per club.

Di sconfitte clamorose, talvolta sul filo di lana, la storia dello sport è piena. Celebri, nel calcio, alcuni epiloghi in rimonta all’ultima giornata. Fra tutti, vuoi per le rivali in lotta vuoi per la data iconica, c’è quello del 5 maggio 2002. Quel giorno la Juventus conquistò lo scudetto nel turno conclusivo beffando l’Inter.

I bianconeri, che inseguivano l’Inter a -1, vinsero 2-0 a Udine con gol di Trezeguet e Del Piero, mentre i nerazzurri caddero per 4-2 sul terreno della Lazio, dopo essere andata due volte in vantaggio. E furono scavalcati anche dalla Roma, che batté il Torino.

Due anni prima, era stata la Lazio di Sven-Goran Eriksson a recuperare 9 punti

nelle ultime 8 giornate alla Juventus di Carlo Ancelotti, vincendo il tricolore negli ultimi 90’, quando i piemontesi persero la bussola nel mare d’acqua di Perugia. Una vera e propria Nemesi per la Lazio, che dodici mesi prima si era vista rosicchiare 7 punti nelle ultime 7 giornate dal Milan, trionfante proprio al Curi di Perugia. Un’abitudine, quella dei rossoneri, che nell’88 avevano scucito lo scudetto dalla maglia del Napoli con un 3-2 esterno e conseguente sorpasso sugli azzurri.

Sono passati appena dieci anni, invece, da una delle rimonte più incredibili che lo sport ricordi, quella di Oracle Team Usa contro Emirates Team New Zealand nella Coppa America di vela. Da 1-8 a 9-8, in una sfida durata 19 giorni, che vide gli oceanici passare dal dominio all’incertezza, complici radicali (e discusse) modifiche tecniche sulla barca del defender, e infine alla clamorosa sconfitta.

Fra le delusioni più grandi per i tifosi della Ferrari, in Formula 1, c’è invece il GP di Abu Dhabi 2010, nel corso del quale la scuderia di Maranello gettò letteralmente via un titolo mondiale piloti. In testa al campionato, a una gara dal termine, c’era Fernando Alonso, al primo anno su una Rossa, con 8 punti di vantaggio su Mark Webber e 15 su Sebastian Vettel. Dopo un avvio di gara caotico, Webber anticipò la sosta ai box, Alonso decise di “marcarlo” ma rientrò in pista dietro Vitali Petrov e vi rimase fino alla bandiera a scacchi. “Use

70 Giornale dei Biologi | Apr 2023 Sport

your talent” fu la frase rimasta tristemente celebre, che il box ripeté senza esito allo spagnolo.

Così l’ultimo titolo piloti della Ferrari resta ancora quello del 2007, quando il più impensabile degli epiloghi favorì il finlandese Kimi Raikkonen, arrivato al decisivo GP del Brasile con 7 punti di distacco da Lewis Hamilton e 3 da Fernando Alonso, entrambi alla McLaren. La Ferrari fu in “palla” sin dalle prove, con l’idolo di casa Felipe Massa in pole position. Il brasiliano conservò il primo posto alla partenza, seguito da Raikkonen, mentre Hamilton perse posizioni dopo aver cercato di superare Alonso e chiuse solo al settimo, rallentato anche da noie al cambio. Il successo davanti a Massa e Alonso valse a Raikkonen il trionfo iridato.

Epica la gara-5 per l’assegnazione dello scudetto italiano del basket, il 27 maggio 1989. Enichem Livorno e Philips Milano le contendenti. Serie sul 2-2, match decisivo a Livorno. A decidere l’incontro, apparentemente, il canestro a fil di sirena di Forti, per il sorpasso sull’87-86. Mentre si scatenava una clamorosa rissa in campo, iniziò la festa dei tifosi locali

Fra le delusioni più grandi per i tifosi della Ferrari, in Formula 1, c’è invece il GP di Abu Dhabi 2010, nel corso del quale la scuderia di Maranello gettò letteralmente via un titolo mondiale piloti.

che iniziarono a formare caroselli automobilistici per la città. Intanto, però, gli arbitri si erano riuniti negli spogliatoi per valutare se il canestro decisivo fosse arrivato prima o dopo il suono della sirena di fine match. La decisione fu favorevole a Milano, che vinse il tricolore in gara-5 col punteggio di 85-86.

Chi segue lo sci di fondo ormai da qualche decennio ricorderà con una “lacrimuccia” la storica affermazione dell’Italia nella 4x10 km alle Olimpiadi invernali di Lillehammer, nel 1994. Favorita della gara era la squadra di casa, capitanata dal leggendario Bjørn Dæhlie. Quel giorno invece gli azzurri Maurilio De Zolt, Marco Albarello, Giorgio Vanzetta e Silvio Fauner inflissero alla Norveglia una clamorosa batosta, nel loro sport nazionale e a casa loro, davanti a 180mila spettatori

Due anni prima, alle Olimpiadi di Barcellona, era stato l’icona del salto con l’asta Sergej Bubka a “piangere”: il superfavorito primatista olimpico e mondiale toppò incredibilmente i primi tre salti della finale, uscendo di scena a mani vuote. (A. P.)

Giornale dei Biologi | Apr 2023 71
© voronaman/shutterstock.com
Fernando Alonso al volante della Ferrari. © ZRyzner/shutterstock.com

PRIMAVERA DELLA GINNASTICA AZZURRA

Primo storico oro per l’Italia ai Campionati europei nel concorso a squadre maschile. Argento per le azzurre

Le prime volte hanno sempre un sapore speciale. E così è stato anche per l’Italia della ginnastica artistica, che ad Antalya (Turchia) ha vinto per la prima volta nella storia la medaglia d’oro ai Campionati europei nel concorso a squadre maschile. Gli azzurri Marco Lodadio, Yumin Abbadini, Lorenzo Casati, Marco Macchiati e Marco Levantesi hanno infatti preceduto i padroni di casa della Turchia e la Gran Bretagna, rispettivamente argento e bronzo, centrando un traguardo storico per la ginnastica italiana.

Assente la Russia olimpionico a

Tokyo, i ginnasti italiani si sono imposti in una gara di livello comunque molto elevato chiudendo a 249.526 punti, con un bel margine sui turchi (248.262) e sui britannici (246.961). Guidati dal direttore tecnico Giuseppe Cocciaro e dal capo delegazione Andrea Facci, con i tecnici Luigi Ricchini, Marco Fortuna e Alberto Busnari, l’Italia già quarta al mondo ai mondiali di Liverpool sale di un gradino a livello continentale, dopo l’argento a Monaco di Baviera. “Dedichiamo questo successo storico ai nostri compagni rimasti a casa, in modo particolare Nicola Bartolini che per un infortunio dell’ultimo

secondo non è potuto partire. E adesso facciamo il tifo per le ragazze” hanno dichiarato gli azzurri dopo il trionfo. “Non potevamo dirlo ma sapevamo di essere forti e di poter vincere l’oro. C’eravamo andati vicini altre volte. I ragazzi oggi sono stati straordinari. Puntiamo ai Mondiali di Anversa per strappare il biglietto di squadra alle Olimpiadi che manca dal 2012”le parole del direttore tecnico Giuseppe Cocciaro. Argento individuale invece per Carlo Macchini nella sbarra ad appena 0.033 punti da Tin Srbic.

In campo femminile, la medaglia d’oro è arrivata da Alice D’Amato, trionfatrice alle parallele asimmetriche con 14,466 punti, davanti alla britannica Rebecca Downie e alla tedesca elisabeth Seitz. Tre le medaglie d’argento, inaugurate dal secondo posto nel concorso a squadre. Qui Angela Andreoli, Alice e Asia D’Amato, Manila Esposito e Giorgia Villa si sono dovute arrendere alla Gran Bretagna trascinata da Jessica Gadirova, trionfatrice poi anche nel concorso individuale e nel corpo libero. Le azzurre hanno sommato 161,629 punti, distanti sia dalle britanniche (164,428) ma al contempo più forti delle olandesi (158,896). Argento anche per Asia

D’Amato nel volteggio con 13,600 punti, a 0,200 dalla francese Coline Devillard, sia per Manila Esposito alla trave con 13,700 punti, a 0,100 da Sanne Wevers dei Paesi Bassi.

Completa il bottino dell’Italia il bronzo di Alice D’Amato, preceduta nel concorso individuale dalla reginetta Gadirova e dall’ungherese Zsófia Kovács. Intanto cresce bene la nazionale junior, che ha sempre ad Antalya ha chiuso seconda nel medagliere, con 11 medaglie, alle spalle del Giappone: a vestirsi d’oro sono state la modenese Caterina Gaddi, figlia d’arte, magistrale nel concorso generale individuale, il 16nne marchigiano Tommaso Brugnami, esemplare sui due salti del volteggio, e la sorprendente 13enne vercellese Giulia Perotti nel cor-

72 Giornale dei Biologi | Apr 2023
Sport
© Michele Morrone/shutterstock.com Marco Lodadio.

Chi segue il calcio nella sua espressione base, la categoria Pulcini, avrà avuto modo di notare la modalità dell’auto-arbitraggi: i piccoli calciatori che giocano una gara sono anche gli arbitri della stessa, mediati e supportati in particolari situazioni dal dirigente-arbitro e dai tecnici responsabili delle squadre contendenti. Obiettivi della Federcalcio, che ha messo in pratica un’idea di Gianni Rivera: stimolare l’auto-organizzazione; conoscere e applicare correttamente il regolamento di gioco; creare un clima positivo; educare ed insegnare, giocando.

A inizio primavera, all’autoarbitraggio si è aggiunta un’altra interessante esperienza educativa e di apprendimento: l’autogestione. Ovvero: in campo senza allenatore, perlomeno in campo. E i piccoli atleti chiamati a prendere decisioni su come disporsi in campo, sui cambi da effettuare e su come gestire i momenti più delicati delle partite, riguardanti nello specifico formazioni Under 12 e Under 10. L’iniziativa è stata della Juventus, nel corso del primo “Torneo dello Stretto - Juventus Academy Italia” che si è svolto all’inizio della primavera a Messina. Da un’idea del responsabile tecnico dell’attività di base del club, Paolo De Ceglie, ex calciatore della prima squadra ai tempi di Conte allenatore, le squadre sono dunque scese in campo senza il tradizionale supporto tecnico: gli allenatori (Niello per l’Under 12 e Battaglia per l’Under 10) hanno assistito agli incontri dalla tribuna insieme ai genitori.

La necessità di prendere decisioni in autonomia ha permesso alle due squadre e ai singoli giocatori di sviluppare un senso di responsabilità applicato alla manifestazione e valorizzare la leadership interna al gruppo. Del resto, la crescita dei giovani atleti anche sul piano gestionale e dell’autodisciplina rientra fra gli obiettivi prefissati dal club a livello

BABY CALCIATORI IN AUTOGESTIONE

Idea Juve. In un torneo a Messina, gli allenatori delle categorie U10 e U12 si sono accomodati in tribuna con i genitori

giovanile ed è strettamente connessa alla formazione scolastica. Sul campo, sono arrivati anche risultati premianti nel punteggio, con il successo dell’Under 10 bianconera nella propria categoria e l’approdo dell’Under 12 ai quarti di finale. Patrocinato dal Comune e dall’Università di Messina, il torneo ha visto la partecipazione di 41 squadre provenienti da otto regioni: Basilicata, Calabria, Campania, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia e Toscana.

Come spiegato da Gigi Milani, responsabile attività di base da U7 a U13 e del progetto Academy, nonché

scopritore degli attuali professionisti bianconeri Fagioli e Miretti, «il buon valore tecnico espresso da una manifestazione calcistica è fondamentale che sia associato anche ad una buona istruzione scolastica. Calcio e scuola sono due aspetti che devono camminare a braccetto nella crescita dei giovani calciatori». Chiaramente quella di De Ceglie è un’iniziativa contestualizzata in un percorso di crescita e formazione, ma è probabile che possa essere riproposta. Non solo dalla Juventus: diverse società della Lombardia hanno manifestato interesse a studiare l’idea per metterla in pratica. (A. P.)

Giornale dei Biologi | Apr 2023 73
Vito Intini.
Sport © matimix/shutterstock.com

GUFO O ALLODOLA?

FOSTER ILLUMINA

SUI RITMI CIRCADIANI

Aboca Edizioni, 2023 - 28 euro

Un curioso aforisma sostiene che gli insonni non dormono perché si preoccupano e si preoccupano perché non dormono. In verità, per riposare davvero bene l’unica cosa di cui dobbiamo preoccuparci è il nostro orologio biologico. Questo è il manifesto del celebre neuro scienziato ed autore del saggio, in prima linea nella medicina del sonno. Russell Foster, che dirige l’Istituto di Neuroscienze Circadiane e del sonno dell’Università di Oxford, svela la scienza del sonno condividendo la sua lunga esperienza in questo campo della biologia umana, ancora poco esplorato ma fondamentale per il benessere, il metabolismo, la forma fisica e l’aspettativa di vita.

Abbiamo bisogno delle sostanze giuste nel momento giusto. Il nostro corpo è guidato infatti, in tutte le sue azioni, da un “preciso” orologio biologico. Nella sua organizzazione perfetta regolata dall’alternanza luce e buio, giorno/notte ci comunica quando è il momento migliore per dormire, mangiare e pensare. Tanto importante che, nel 2017, la scoperta del suo meccanismo molecolare è valso un Nobel della medicina a

Si stima che passiamo circa 26 anni della vita a dormire e benché quasi tutti gli esseri viventi lo facciano (anche i batteri), la società moderna ci porta sempre più a restar svegli con performance ed attività no stop, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Sarà il risultato di quel retaggio culturale che condanna il dormire troppo e connota negativamente l’essere pigri? Quanto però è pericolosa la mancanza di sonno per la salute di tutti? Non si calcola il costo sociale degli incidenti stradali generati dai disturbi d’attenzione dovuti a turni di notte o la spesa pubblica per far fronte all’aumento delle malattie cardiovascolari legate proprio all’alterazione dei ritmi circadiani.

Tra insonnia, parasonnie, bruxismo e sonnambulismo, la classificazione ufficiale consta di 83 tipi di disturbi del sonno; condizioni dovute a differenti cause sia genetiche sia ambientali. Foster (e la storia) ci insegnano però che il sonno, in alcune situazioni, può salvare anche delle vite. È il caso del mancato risveglio di Hitler durante il D-day del 6 giugno 1944. Sembra infatti che, data la sua nota insonnia, nessuno

74 Giornale dei Biologi | Apr 2023
“L’arte di dormire bene”
Libri
Consigli pratici raccolti dall’autore in quarant’anni di ricerca scientifica per comprendere come poter dormire meglio
di Anna Lavinia

quella mattina abbia osato svegliarlo per inviare rinforzi in Normandia, ed il suo ritardo così ha permesso agli alleati di avanzare. Studi dimostrano che anche il jet lag avrebbe fatto i suoi danni sullo scacchiere internazionale. In effetti, alcune decisioni di leader e capi di stato prese in occasioni di politica internazionale, prima o dopo un volo, possono essere state influenzate dalle conseguenze infauste del fuso orario.

Il sonno è un meccanismo naturale, complesso e faticoso, tutti ne sperimentano effetti positivi e negativi sulla vita. Ognuno ha il suo personale modo di dormire, con ritmi ed esigenze specifiche. A dirla con Thomas H. Huxley, senza una delle più sante e benedette grazie naturali che è il sonno, saremmo sicuramente tutti più malati e più pazzi.

Per questo dobbiamo cogliere senza esitazione l’aiuto di Foster che con parole utili e illuminanti, ci offre informazioni scientifiche da utilizzare in modo pratico per sviluppare una personale e attenta sleep routine.

Una bibbia del sonno con domande e risposte ma soprattutto soluzioni, per non dichiarare più guerra alla notte.

Ed Yong

“Un mondo immenso”

La Nave di Teseo, 2023 - 24 euro

Dall’autore premio Pulitzer, un viaggio alla scoperta delle sorprendenti percezioni degli animali. Se non entriamo nella loro esperienza soggettiva dall’interno, non sapremo cosa vuol dire essere un pipistrello, un insetto o un polpo. Con questo libro ci avvinciamo prima che sia troppo tardi. Dopo, il mondo non sarà più lo stesso. (A. L.)

Carlo Rovelli

“Buchi bianchi”

Adelphi, 2023 - 14 euro

“Si entra nell’orizzonte e si scende fino in fondo. Qui c’è uno spazio immenso, perché all’interno del buco nero, nonostante la sua piccola superficie, c’è uno spazio enorme”. Attraverso una miscela di scienza e letteratura, la domanda più misteriosa dell’Universo: che cosa c’è dentro un buco nero, al di là della fine del tempo? (A. L.)

Massimiliano Virgilio

“Il tempo delle stelle”

Rizzoli, 2023 - 18 euro

Quando in una coppia non arrivano figli, la prima a finire sotto la lente d’ingrandimento è sempre lei. Perché non è spontaneo e altrettanto naturale pensare al desiderio di paternità? Tra luci e ombre, con una scrittura delicata e potente allo stesso tempo, per la prima volta sbirciamo in quello che avviene nella mente di lui. (A. L.)

Giornale dei Biologi | Apr 2023 75
Libri

CONCORSI PUBBLICI PER BIOLOGI

“U.O.C. laboratorio di analisi chimico-cliniche dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

Scadenza, 4 maggio 2023

Conferimento dell’incarico quinquennale rinnovabile, di dirigente biologo, chimico o medico, disciplina di patologia clinica, area della medicina diagnostica e dei servizi per la direzione della struttura complessa «U.O.C. laboratorio di analisi chimico-cliniche» dell’azienda ospedaliero-universitaria Pisana. Gazzetta Ufficiale n. 26 del 04-04-2023.

FONDAZIONE I.R.C.C.S. ISTITUTO NAZIONALE DEI TUMORI MILANO

Scadenza, 14 maggio 2023

Conferimento, per titoli e colloquio, dell’incarico quinquennale di dirigente biologo direttore della struttura complessa farmacologia molecolare, disciplina di laboratorio di genetica medica. Gazzetta Ufficiale n. 29 del 14-04-2023.

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE

RICERCHE – ISTITUTO DI GENETICA E BIOFISICA “ADRIANO BUZZATI TRAVERSO” DI NAPOLI

Scadenza, 2 maggio 2023

È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di n. 1 borsa di studio per laureati, per ricerche inerenti l’Area scientifica “Scienze biomediche” da usufruirsi presso l’Istituto di Genetica e Biofisica “A. Buzzati Traverso del CNR di Napoli. Tematica “Riposizionamento di farmaci per la cura del cancro al pancreas”. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”.

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO PER LE RISORSE BIOLOGICHE E LE BIOTECNOLOGIE MARINE DI ANCONA

Scadenza, 2 maggio 2023

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO DI BIOLOGIA E BIOTECNOLOGIA AGRARIA DI MILANO

Scadenza, 2 maggio 2023

È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di un Assegno di tipologia Post Dottorale per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti all’Area Scientifica 07 Scienze agrarie e veterinarie - AGR/07 Genetica agraria presso la sede di Milano dell’Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria del CNR, nell’ambito del contratto di ricerca “GENETIC CHARACTERISATION OF THE PLANT GERMPLASM COLLECTION “LANDOLT DUCKWEED COLLECTION”, prot. CNR-IBBA n. 2092 del 06/08/2021, per la seguente tematica: “Caratterizzazione genetica, fisiologica e biochimica di una collezione in vitro di macrofite acquatiche (Lemnaceae) per la produzione di proteine alternative”. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”.

AZIENDA

SOCIO-SANITARIA TERRITORIALE DI LECCO

Scadenza, 18 maggio 2023

Conferimento, per titoli ed esami, dell’incarico di dirigente biologo, disciplina di patologia clinica, a tempo indeterminato. Gazzetta Ufficiale n. 30 del 18-042023.

UNIVERSITÀ “LA SAPIENZA” DI ROMA

Scadenza, 18 maggio 2023

Procedura di selezione per la chiamata di due professori di seconda fascia, vari settori concorsuali, per il Dipartimento di biologia e biotecnologie Charles Darwin. Gazzetta Ufficiale n. 30 del 18-04-2023.

È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di n. 1 (una) borsa di studio per laureati, per ricerche inerenti all’Area scientifica “Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l’Ambiente” da usufruirsi presso l’Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine del CNR sede di Ancona, nell’ambito del progetto “Gestione sostenibile delle risorse marine e crescita blu”. Tematica: Acquisizione e processamento dati acustici MultiBeam Echo sounder (dati batimetrici e di riflettività del fondale e della colonna d’acqua) ed integrazione con dati multisorgente (ROV, SSS etc), a supporto della mappatura degli habitat e la valutazione dei rischi naturali e antropici in particolari aree marine. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”.

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO DI CHIMICA BIOMOLECOLARE DI NAPOLI

Scadenza, 4 maggio 2023

È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di n. 1 borsa di studio per laureati, per ricerche inerenti l’Area scientifica “Chimica per la Salute” da usufruirsi presso l’Istituto di Chimica Biomolecolare del CNR di Pozzuoli (Napoli). Tematica: Studio della modulazione della microglia nella regolazione sinaptica della fisiopatologia del neurone in obesità e invecchiamento: studio mediante tecniche di biologia cellulare e microscopia time lapse”. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”.

76 Giornale dei Biologi | Apr 2023
Concorsi

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO DI BIOSCIENZE E BIORISORSE DI NAPOLI

Scadenza, 15 maggio 2023

È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di n. 02 borse di studio per laureati, per ricerche inerenti l’Area scientifica “SCIENZE BIOLOGICHE” da usufruirsi presso l’Istituto di Bioscienze e BioRisorse del CNR SS di Napoli, nell’ambito dei programmi di ricerca con AFM TELETHON CUP B67G22000790005 e con la Unione Europea CUP B79C20000590006 (G.A. n. 952183). Tematica: “Studio dei meccanismi di neuroprotezione nel nematode C.elegans”. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”.

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO DI RICERCA SULLE ACQUE DI VERBANIA

Scadenza, 18 maggio 2023

È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di n. 1 borsa di studio per laureati, per ricerche inerenti l’Area scientifica “Scienze della Terra” da usufruirsi presso l’Istituto di Ricerca Sulle Acque del CNR, sede secondaria di Verbania, nell’ambito dei progetti “CISPP Indagini sulla fauna ittica del Lago Maggiore”, CIPAIS “I-CH Indagini Limnologiche sul Lago Maggiore”, CIPAIS “I-CH Sostanze Pericolose”, CIPAIS “ICH Ambienti litorali”, LIFE21-NAT-IT-PREDATOR n. 101074458 e CUSIO2030. Tematica: Indagine sulla presenza di microplastiche nella rete trofica di

laghi subalpini. Per informazioni, www. cnr.it, sezione “concorsi”.

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO DI GENETICA E BIOFISICA “ADRIANO BUZZATI TRAVERSO” DI NAPOLI

Scadenza, 18 maggio 2023

È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di n. 1 borsa di studio per laureati, per ricerche inerenti l’Area scientifica “Scienze biomediche” da usufruirsi presso l’Istituto di Genetica e Biofisica “A. Buzzati Traverso del CNR di Napoli, sotto la responsabilità scientifica del dr. Fernando Gianfrancesco nell’ambito del progetto di ricerca AIRC IG 25110 Tematica “Identificazione di meccanismi molecolari alla base della degenerazione neoplastica”. Per informazioni, www.cnr. it, sezione “concorsi”.

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE – ISTITUTO PER L’ENDOCRINOLOGIA E L’ONCOLOGIA “GA-

ETANO

SALVATORE” DI NAPOLI Scadenza, 24 maggio 2023

È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di n. 1 Assegno Professionalizzante per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze Biomediche” da svolgersi presso l’Istituto per l’Endocrinologia e l’Oncologia Sperimentale “G. Salvatore” del CNR che effettua ricerca in Endocrinologia ed Oncologia Sperimentale nell’ambito del programma di ricerca “Progetti di ricerca di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN) Bando 2020, “Cognitive dysfunction in dysmetabolic obesity and diabetes: role of inter-organ crosstalk and cellular ageing” per la seguente tematica: “Valutazione del secretoma e del trascrittoma del tessuto adiposo di pazienti obesi e/o diabetici con e senza deterioramento cognitivo e identificazione delle modifiche epigenetiche (metilazione del DNA, espressione di miRNA) dei geni identificati differenzialmente espressi”. Per informazioni, www.cnr.it, sezione “concorsi”.

Giornale dei Biologi | Apr 2023 77
Concorsi

ACQUACOLTURA E MANGIMI SOSTENIBILI. LO STATO

TRA DOMANDA E OFFERTA

In un’ottica sostenibile deve essere garantito profitto, benessere animale e impatto ambientale minimo. Questi obiettivi fanno spostare l’attenzione sulla nutrizione degli animali allevati

Una delle principali fonti di proteine e micronutrienti essenziali per l’uomo è rappresentata dai prodotti ittici, dei quali circa la metà proviene dall’acquacoltura [1,2]. L’acquacoltura è il settore dell’industria deputato alla produzione controllata di animali e piante acquatiche [3], rappresentante uno dei modelli produttivi di proteine edibili più sostenibile [4]. Si stima che oltre il 56% della popolazione mondiale ottenga almeno il 20% dell’apporto proteico da prodotti dell’acquacoltura, come pesci e crostacei [3]. Il consumo mondiale di prodotti ittici (alghe escluse) è aumentato con un tasso medio annuo del 3% dal 1961 al 2019, quando si è raggiunto un consumo annuo medio pro-capite di 20,5 kg [2]. La FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura) prevede addirittura che l’offerta mondiale di cibo e mangimi debba crescere del 70% entro il 2050 per sostenere la crescente domanda della popolazione umana, a sua volta in forte crescita [5]. Con una domanda tanto cospicua, i settori coinvolti nel soddisfarla (come pesca e allevamento di crostacei, pesci e molluschi) devono necessariamente incrementare la produzione. La pesca, però, non può supportare questa crescita. Allo stato attuale, anche se c’è un leggero miglioramento nello status degli stock ittici per una migliore gestione e regolamentazione della pesca [6], la maggior parte di questi risulta comunque sovrasfruttato. Difatti, solo il 6,2% degli stock ittici risulta effettivamente sottosfruttato, mentre

* Assegnista di ricerca presso IRBIM CNR Collaboratrice di BioPills: il vostro portale scientifico.

il 59,6% è sfruttato ai limiti della sostenibilità [2]. Risulta pertanto evidente la necessaria implementazione dei prodotti derivati dall’acquacoltura al fine di garantire un’offerta che sia sufficiente per soddisfare le crescenti esigenze mondiali. Nonostante una lieve flessione coincidente con il periodo della pandemia di COVID-19, che ha segnato tutti i settori produttivi, l’acquacoltura è un settore in continua crescita [2]. La maggior parte dei prodotti derivanti da questo settore sono destinati al consumo umano, mentre la restante parte è dedicata alla mangimistica, diventando quindi un ingrediente fondamentale per altri animali (acquatici e non).

Per quanto riguarda la produzione ittica mondiale, il primato spetta in maniera indiscussa all’Asia, dove la sola Cina contribuisce con una quota di produzione del 35% [2]. La produzione ittica mondiale, però, a causa della crescente domanda della popolazione umana, non può bastare. Va infatti considerato che una parte del pescato deve essere utilizzata per nutrire i pesci in allevamento. Questo rappresenta un collo di bottiglia nel settore dell’acquacoltura e soluzioni alternative devono essere implementate per sostenere una produzione crescente. Per avere un’idea concreta della dimensione del problema e dell’impatto dei mangimi sulla sostenibilità dell’acquacoltura, basta pensare che occorre circa 1 kg di pesce per allevare in cattività 1 kg di pesci carnivori o gamberetti [6]. Nell’ottica di un’acquacoltura sostenibile deve quindi essere garantito il profitto, il benessere animale e un impatto ambientale minimo. Questi obiettivi fanno spostare l’attenzione sulla nutrizione degli animali allevati, al fine di garantire contemporaneamente il loro benessere e la qualità del prodotto. Raggiunti i primi due obiettivi (profitto e benessere), non può essere trascurato il terzo. Per rendere l’acquacoltura

78 Giornale dei Biologi | Apr 2023
Scienze
di Martina Meola *

sostenibile risulta allora indispensabile ridurre l’impatto ambientale, sostituendo la fonte alimentare finora utilizzata con delle soluzioni sostenibili, sia dal punto di vista dei costi che del loro impatto ambientale.

Mangimi

tradizionali e diete alternative

Uno dei principali obiettivi dell’acquacoltura, fin dagli albori dei suoi sviluppi, è stato quello di fornire prodotti, come pesci, di buona qualità. Questo, in termini pratici, si traduce in pesci che crescono bene, che non si ammalano, e che presentano le stesse qualità organolettiche della controparte pescata. I mangimi rappresentano la chiave per migliorare lo stato di salute dei pesci e la qualità del prodotto in allevamento [7] e, al contempo, rappresentano anche una delle maggiori fonti di impatto ambientale dell’acquacoltura. Le specie carnivore, infatti, anche quando alimentate in cattività, richiedono come materie prime risorse che derivano dalla pesca. Le farine a base di pesce (fish meals) e l’olio di pesce (fish oil) sono stati la risorsa principale di nutrizione in acquacoltura per lungo tempo [6]. Però, la farina di pesce e l’olio di pesce sono risorse limitate. Le statistiche sulla produzione globale di farina di pesce hanno rivelato che i tassi di produzione stanno diminuendo in media di 1,7% all’anno, andamento influenzato dal calo degli stock naturali. Su scala mondiale, la maggior parte della farina di pesce viene però utilizzata anche nei mangimi per animali terrestri: in sostanza, l’allevamento e l’acquacoltura competono per le stesse risorse. La crescente concorrenza e la disponibilità limitata di farina di pesce e olio di pesce hanno quindi motivato l’industria dell’acquacoltura a scoprire nuovi ingredienti per mangimi alternativi [8]. Queste diete alternative possono essere utilizzate per sostituire completamente o parzialmente le farine a base di pesce.

In genere, le diete alternative (Alternative Fish Meals) formulate per l’acquacoltura possono essere a base vegetale, di insetti e/o addizionate con prebiotici e probiotici. Inoltre, le diete alternative possono essere distinte in diete complete e diete supplementari. Le diete complete sono così definite perché adatte a fornire tutti gli ingredienti (proteine, carboidrati, grassi, vitamine e minerali) necessari per una crescita e una salute ottimali. Nella maggior parte degli impianti di acquacoltura si utilizzano diete complete che contengono tutto il necessario: proteine (18-50%), lipidi (10-25%), carboidrati (15-20%), ceneri (<8,5%), fosforo (<1,5%) e tracce di vitamine e minerali. Questo tipo di diete è ottimale quando l’animale non può nutrirsi liberamente in natura, quindi anche nel caso di gabbie a mare di allevamento semi-intensivo. Le diete supplementari, invece, sono usate per fortificare la dieta base addizionandola con proteine, carboidrati e lipidi specifici. I pesci, ad esempio, soprattutto se allevati ad alta densità (allevamento intensivo), richiedono una dieta nutrizionalmente completa, di elevata qualità ed equilibrata, spesso arricchita con diete supplementari [9].

Diete alternative a base vegetale

L’aggiunta di ingredienti vegetali nelle diete per i pesci è una pratica ampiamente utilizzata, perché questi ingredienti hanno maggiore abbondanza e minore costo rispetto a quelli costituenti le farine di pesce. Tra gli ingredienti vegetali utilizzati in acquacoltura vi sono cereali come frumento e mais, semi oleosi come soia e colza e legumi come lupini e piselli. La preferenza per gli uni rispetto agli altri dipende principalmente dal loro utilizzo, dalla specie allevata e dal loro costo, dato che alcuni ingredienti (come la soia) presentano costi in aumento, essendo utilizzati anche per l’alimentazione umana diretta. Gli additivi vegetali inducono effetti benèfici sulla salute dei pesci, grazie all’elevata quantità e varietà di metaboliti bioattivi secondari che contengono, cioè composti fitochimici. Tali composti sono sintetizzati dal metabolismo secondario delle piante e vengono utilizzati anche nell’industria farmaceutica perché hanno innumerevoli proprietà biologiche e sono considerati più sicuri dei farmaci sintetici [10]. I composti fitochimici sono stati etichettati come GRAS (General Recognize As Safe), ovvero “riconosciuti generalmente come sicuri”, dalla Food and Drug Administration (FDA). Tra i tanti, i composti fenolici sono considerati i più rilevanti e includono: glicosidi, saponine, antrachinoni, steroidi e tannini. I composti fenolici vegetali presentano attività biologiche che li rendono componenti addizionali ideali per mangimi: hanno attività immunostimolante, antinfiammatoria, antiossidante e antimicrobica (compresi antibatterici, antimicotici, antivirali e antiprotozoari). In questo senso, l’uso di composti fenolici come additivi per mangimi per pesci d’allevamento fornisce numerosi effetti benèfici sulla salute e sulle prestazioni degli animali, poiché possono rafforzarne il sistema immunitario, stimolarne l’appetito e migliorarne la digestione, la funzione intestinale e la composizione della comunità microbica intestinale [11].

Gli ingredienti vegetali sono stati utilizzati con successo in qualità di additivi e come alternativa sostenibile alla farina di pesce per alcune specie di grande interesse commerciale come la trota, il salmone e la tilapia [1, 12]. Un esempio di prodotti vegetali impiegati nella mangimistica sono le farine proteiche vegetali, che hanno però una digeribilità inferiore rispetto alla farina di pesce. La loro minore digeribilità è principalmente dovuta alla naturale presenza di fattori anti-nutrizionali, comprese le fibre e altri polisaccaridi non amilacei indigeribili. Sono

Giornale dei Biologi | Apr 2023 79
Scienze
© Marius Dobilas/shutterstock.com

comunque ampiamente utilizzate perché gli effetti negativi dei fattori anti-nutrizionali possono essere controbilanciati dalla loro riduzione o eliminazione dai materiali vegetali attraverso processi quali riscaldamento, estrazione acquosa o alcolica, trattamento enzimatico o miglioramento e modificazione genetica delle piante come nel caso dei semi di cotone [13]. Diete alternative a base di insetti

La maggior parte dei pesci e dei crostacei selvatici carnivori include gli insetti nella loro dieta naturale [12]. Pertanto, l’uso di ingredienti non convenzionali come farina di insetti è stato proposto come elemento rilevante della filiera agroalimentare. La farina di insetti (Insect Meal) è considerata un’adeguata fonte di proteine e lipidi e può pertanto essere un valido sostituto della farina di pesce nei mangimi per acquacoltura [14].

Attualmente è noto che la farina di insetti sgrassata potrebbe sostituire efficacemente il 100% di farine a base di pesce nella dieta di alcuni pesci con effetti positivi sulla performance di crescita complessiva [12]. Tuttavia, l’uso degli insetti come mangime è una pratica relativamente nuova su scala commerciale e rimangono molte questioni da affrontare, come il rischio di trasferimento di agenti patogeni nel sistema di produzione e il livello ottimale di sostituzione alimentare delle farine a base di pesce, che può variare considerevolmente [14]. Le specie ad oggi più utilizzate per produrre le farine sono Hermetia illucens, Tenebrio molitor, Musca domestica e Bombyx mori; meno utilizzati sono locuste, cavallette, termiti, grilli e coleotteri [15]. Tra le diverse specie, Hermetia illucens (black soldier fly, o mosca soldato nera) è una delle più interessanti, poiché la sostenibilità del suo utilizzo è legata alla capacità delle larve di convertire i materiali di scarto alimentare o il letame in nutrienti per insetti di alta qualità. Sebbene gli studi sull’uso della farina di larve di H. illucens nell’allevamento del pesce siano iniziati già nel 1987, la pratica è diventata di nuovo popolare soprattutto dopo il 2017, quando la Commissione Europea ha consentito l’uso di proteine derivate da sette specie di insetti come fonti proteiche alternative per la formulazione dei mangimi di acquacoltura. Gli studi finora condotti hanno dimostrato che la sostituzione parziale delle farine a base di pesce con quelle a base di insetto nei mangimi per pesci comporta cambiamenti nel filetto che non alterano le qualità organolettiche e non influenzano negativamente la crescita dei pesci. La cosa interessante è che i cambi della composizione del filetto potrebbero essere evasi modificando il substrato di crescita di H. illucens [14].

Diete alternative con pre- e probiotici

Gli additivi per mangimi sono stati definiti come ingredienti o componenti non nutritivi inclusi nelle formulazioni delle diete per influenzare le proprietà fisiche o chimiche o le prestazioni degli animali acquatici o la qualità dei prodotti risultanti. La natura chimica di questi additivi per mangimi è piuttosto varia e il loro uso nelle formulazioni dietetiche com-

merciali per le specie acquatiche varia considerevolmente. Gli additivi che influenzano la qualità dei mangimi nelle formulazioni commerciali includono leganti per pellet, conservanti (come composti antimicrobici e antiossidanti) e stimolanti alimentari. Tali additivi sono comunemente inclusi per ottenere e mantenere caratteristiche fisiche e chimiche ottimali. La formulazione di diete supplementari con specifici additivi determina effetti positivi sulle prestazioni di crescita, sulla risposta immunitaria e sulla resistenza alle malattie, nonché sulle comunità microbiche intestinali [16].

Tra gli additivi più utilizzati si possono evidenziare due grandi categorie. I prebiotici sono definiti come componenti che non vengono digeriti dall’animale ma che sono metabolizzati da specifici batteri che promuovono la salute, come Lactobacillus e Bifidobacterium [17]. Questi batteri sono considerati benèfici per la salute e la crescita dell’ospite perché diminuiscono la presenza di patogeni intestinali e/o modificano la produzione di metaboliti battericidi correlati alla salute [18]. I prebiotici hanno anche vari effetti sulla crescita degli animali acquatici, sulla risposta immunitaria e sulla tolleranza contro diversi fattori di stress [16].

I probiotici sono invece colture vive di batteri e funghi che, se introdotti attraverso i mangimi, hanno essi stessi un effetto positivo sulla salute dell’organismo allevato. Secondo la definizione attualmente adottata dalla FAO/OMS, i probiotici sono “microrganismi vivi che, somministrati in quantità adeguate, conferiscono un beneficio alla salute dell’ospite”. Gli organismi più comunemente usati nelle preparazioni probiotiche sono i lattobacilli, gli streptococchi e i bifidobatteri. Inoltre, come probiotici vengono utilizzati Bacillus spp., lieviti, Saccharomyces spp. e funghi filamentosi (Aspergillus oryzae). I preparati probiotici sono disponibili in compresse, polveri, capsule, paste o spray [17]

Diete alternative e antibiotici

Come accennato, la dieta influenza anche il sistema immunitario. Diete alternative, supplementari o complete, e additivi, sono quindi fondamentali per garantire uno status di salute ottimale dei pesci allevati e diminuire la somministrazione di farmaci. Quantità e tipologia di farmaci somministrati in allevamento sono difficili da sintetizzare, poiché variano in funzione del Paese, delle regolamentazioni, dello scopo di utilizzo e la specie allevata. Ad oggi, in acquacoltura sono utilizzati 67 composti antibiotici [3], una varietà così ampia da motivare un crescente interesse della ricerca nella formulazione di diete alternative immunostimolanti. L’obiettivo è quello di ridurre l’utilizzo di ossitetraciclina, sulfadiazina e florfenicolo che rappresentano il 73% del totale. Per quanto riguarda i Paesi caratterizzati dal maggiore impiego di questi farmaci, ci sono indiscussamente Vietnam e Cina [3]. L’uso su larga scala di antibiotici è destinato a dar luogo a residui nei prodotti dell’acquacoltura, difficili da definire per le differenti proprietà fisico-chimiche dei farmaci e i disparati meccanismi

80 Giornale dei Biologi | Apr 2023
Scienze

d’azione [4], quindi ridurre questi composti è urgente. Molti studi hanno perciò valutato alternative agli antibiotici, come gli additivi per mangimi funzionali [4]. Le alternative più ricercate includono probiotici, prebiotici, acidificanti, estratti vegetali, nucleotìdi e immunostimolanti [16].

Tra i diversi aspetti maggiormente studiati per difendere gli organismi allevati dagli agenti patogeni, quello che sta ricevendo una sempre maggiore attenzione è il microbiota del tratto gastrointestinale. È stato infatti documentato che esso gioca un ruolo importante nella nutrizione e, più in generale, sullo stato di salute complessivo degli organismi. Alterando il microbiota intestinale si possono ottenere risultati positivi in termini di miglioramento della crescita, della digestione e dell’immunità. Praticamente, l’integrazione alimentare di prebiotici (o probiotici) è solitamente finalizzata a favorire i batteri benèfici dei pesci, come il Lactobacillus e Bifidobacterium nell’intestino, limitando i patogeni come Salmonella, Listeria ed Escherichia coli. In generale, il microbiota del tratto gastrointestinale dei pesci, compreso quello delle specie prodotte in acquacoltura, è stato scarsamente caratterizzato fino a qualche anno fa [18], mentre ad oggi un numero crescente di studi lo pone al centro del bilancio tra benessere animale e somministrazione di farmaci.

Conclusioni

I mangimi alternativi rappresentano un tassello indispensabile per un’acquacoltura sostenibile e per il benessere animale e stanno, non a caso, sempre più prendendo parte alle azioni necessarie per raggiungere gli “Obiettivi di Sviluppo Sostenibile” (Sustainable Development Goals, SDG), noti anche come Agenda 2030, attraverso la Blue Transformation [19]. Con questo termine si indica il programma che sostiene la trasformazione verso sistemi di acquacoltura più efficienti, inclusivi, resilienti e sostenibili per una migliore produzione, una migliore nutrizione e un ambiente migliore [20]. La Blue Transformation ha un programma di marcia, nel quale la ricerca sulla mangimistica è la chiave tra sostenibilità e produttività, sovrascritta sul benessere animale delineato dal Green Deal europeo.

Bibliografia

- https://www.fao.org/documents/card/en/c/cc0461en

4. Chen J, Sun R, Pan C, et al. Antibiotics and food safety in aquaculture. J. Agr Food Chem.,2020; 68(43): 11908-11919.

5. de Bruijn I, Liu Y, Wiegertjes GF, & Raaijmakers JM. Exploring fish microbial communities to mitigate emerging diseases in aquaculture. FEMS Microbiol Ecol. 2018; 94(1): fix161.

6. Gasco L, Gai F, Maricchiolo G, Genovese L, et al. Fishmeal alternative protein sources for aquaculture feeds. Feeds for the aquaculture sector. Springer, Cham, 2018; 1-28.

7. Guerreiro I, Enes P, & Oliva-Teles A. Effects of short-chain fructooligosaccharides (scFOS) and rearing temperature on growth performance and hepatic intermediary metabolism in gilthead sea bream (Sparus aurata) juveniles. Fish Physiol. Biochem.,2015; 41(5): 1333-1344.

8. Bandara T. Alternative feed ingredients in aquaculture: Opportunities and challenges. J. Entomol. Zool. Stud, 2018; 6(2): 3087-3094.

9. Kumar P, Jain KK, MunilKumar S, & Sudhagar SA. Alternate feeding strategies for optimum nutrient utilization and reducing feed cost for semi-intensive practices in aquaculture system-A review. Agricultural Reviews, 2017; 38(2).

10. Giannenas I., Sidiropoulou E., Bonos E., Christaki E., & Florou-Paneri P. et al. The history of herbs, medicinal and aromatic plants, and their extracts: Past, current situation and future perspectives. In: Feed additives. Academic Press, 2020. p. 1-18.

11. Beltrán JMG, & Esteban MÁ. Nature-identical compounds as feed additives in aquaculture. Fish & Shellfish Immunology; 2022.

12. Hodar AR, Vasava RJ, Mahavadiya DR, & Joshi NH. Fish meal and fish oil replacement for aqua feed formulation by using alternative sources: A review. J. Exp. Zool. India, 2020; 23(1): 13-21.

13. Kokou F, & Fountoulaki E. Aquaculture waste production associated with antinutrient presence in common fish feed plant ingredients. Aquaculture, 2018; 495: 295-310.

14. Oteri M, Chiofalo B, Maricchiolo G, Toscano G, Nalbone L, Presti VL, & Di Rosa AR. Black Soldier Fly Larvae Meal in the Diet of Gilthead Sea Bream: Effect on Chemical and Microbiological Quality of Filets. Frontiers in Nutrition, 2022; 9.

15. Mousavi S, Zahedinezhad S, & Loh JY. A review on insect meals in aquaculture: The immunomodulatory and physiological effects. International Aquatic Research, 2020; 12(2): 100-115.

16. Dawood MA, Koshio S, & Esteban MÁ. Benèficial roles of feed additives as immunostimulants in aquaculture: a review. Reviews in Aquaculture,2018; 10(4): 950-974.

17. Ganguly S, Paul I, & Mukhopadhayay SK. Application and effectiveness of immunostimulants, probiotics, and prebiotics in aquaculture: a review. The Israeli Journal of Aquaculture-Bamidgeh, 2010; 62(3): 130-138.

18. Ringø E, Olsen RE, Gifstad TØ, Dalmo RA, et al. Prebiotics in aquaculture: a review. Aquaculture Nutrition,2010; 16(2): 117-136.

19. FAO – Sustainable Development Goals – SDGs https://www.fao. org/sustainable-development-goals/en/.

20. FAO – Blue Transformation https://www.fao.org/documents/card/ en/c/cc0459en/

Giornale dei Biologi | Apr 2023 81
1. Reverter M, Bontemps N, Lecchini D, Banaigs B et al. Use of plant extracts in fish aquaculture as an alternative to chemotherapy: current status and future perspectives. Aquaculture 2014; 433:50-61. 2. FAO - The State of World Fisheries and Aquaculture (SOFIA) 2022 3. Lulijwa R, Rupia EJ, Alfaro AC. Antibiotic use in aquaculture, policies and regulation, health and environmental risks: a review of the top 15 major producers. Rev Aquac, 2020; 12(2):640-663;
Scienze

NUTRIZIONE E FATTORI

PROBIOTICI NEL MANTENIMENTO DELL’ EUBIOSI VAGINALE

Il loro ruolo positivo nei disturbi della fertilità e negli squilibri ormonali come conseguenza delle prove crescenti dell’impatto dei microrganismi sul tratto riproduttivo

Negli ultimi anni, la rilevanza dei probiotici e dei loro effetti benefici attraverso la modulazione del microbiota in diversi disturbi è stata estesa a diversi ambiti clinici. Inoltre, gli integratori a base di probioti e i loro composti attivi formulati come nutraceutici sono stati meglio accettati sia dai consumatori che dia potenziali pazienti [1]. Evidenze scientifiche hanno anche mostrato che i probiotici assumono un loro ruolo positivo nei disturbi della fertilità e negli squilibri ormonali; ciò è una diretta conseguenza delle prove crescenti dell’impatto dei microrganismi sul tratto riproduttivo; infatti vi è un nu-

mero crescente di studi clinici e di base che dimostrano gli effetti benefici dei probiotici orali nell’ambito della salute endocrina e riproduttiva [2]. La somministrazione orale di Lactobacillus rhamnosus GR-1 e Lactobacillus fermentum RC-14 ha dimostrato di ripristinare il microbiota vaginale sano fino all’82% delle donne con precedente disbiosi vaginale, determinando in particolare un aumento delle specie di Lactobacillus [3]. Inoltre, un recente studio ha esaminato la relazione tra la composizione del microbiota dell’endometrio e l’infertilità, mostrando che dal 30% al 70% delle donne infertili hanno endometriosi. È interessante notare che

82 Giornale dei Biologi | Apr 2023 Scienze
di Giuseppe Palma

alcuni studi [4] hanno evidenziato una correlazione tra la colonizzazione del microbiota dell’endometrio inferiore da parte della specie Lactobacillus ed esiti negativi come scarsi risultati riproduttivi, fallimento dell’impianto e interruzione della gravidanza.

La maggior parte dei probiotici utilizzati sono della specie di Lactobacillus, come L. acidophilus, L. crispatus, L. plantarum, L. fermentum e L. gasseri, che costituiscono gli elementi predominanti del microbiota normale del tratto genitourinario e gastrointestinale di individui sani, con la funzione fondamentale nel mantenere il normale pH della vagina e prevenire le infezioni genitali. All’interno del genere Lactobacillus, come descritto sopra, è stato L. gasseri è il ceppo che viene più ampiamente usato come probiotico. Evidenze scientifiche hanno dato risalto come la somministrazione di L. gasseri OLL2809 ucciso dal calore determina la soppressione dello sviluppo dell’endometriosi nei topi. La selezione di questo ceppo è basata sulla sua attività immunostimolante.

Sempre della famiglia dei Lattobacilli sono riportati indurre effetti positivi sui parametri del processo riproduttivo nell’ uso di Lactobacillus rhamnosus CICC6141 e Lactobacillus casei BL23, sia separatamente che in combinazione [5]. Il loro uso è stato confermato anche studi clinici interventistici sulla disbiosi vaginale in trattamento con i probiotici hanno mostrato miglioramenti clinici significativi, con meno recidive di vulvovaginiti, migliorando i tassi di guarigione. Inoltre, le integrazioni con probiotici orali hanno ridotto il

punteggio di Nugent durante le diagnosi [6]. I probiotici orali a base di Lactobacillus testati sono stati in grado di resistere con successo alle condizioni del tratto gastrico al fine di colonizzare contemporaneamente l’area vaginale. Inoltre, hanno mostrato un alto livello di sicurezza in base alle dosi somministrate ed ai modelli di trattamento. Gli studi clinici più rilevanti suggeriscono che la somministrazione orale di L. acidophilus o la somministrazione intravaginale di L. acidophilus o L. rhamnosus GR-1 e L. fermentum RC-14, è in grado di aumentare la quantità della popolazione di lattobacilli vaginali, per ripristinare il microbiota vaginale determinando un ritorno eubiosi ed omeostasi normale curando cosi le donne con vaginosi batterica; contrariamente diversi studi hanno dimostrato che l’instillazione intravaginale di Lattobacilli non ha avuto effetti significativi sul trattamento delle vaginosi batteriche. Il predominio dei Lattobacilli nel microbiota vaginale sano e il suo annientamento nelle vaginosi batteriche ha suggerito il concetto di somministrazione orale o instillazione vaginale di probiotici a base di Lactobacillus per ripristinare l’equilibrio. Infatti, le evidenze scientifiche (Tabella 1) indicano che alcuni ceppi di Lattobacilli somministrati per via intravaginale sono capaci di colonizzare la vagina al fine di ripristinare la sua omeostati normale. Grande importanza bisogna dare all’impatto della dieta sulla composizione del microbiota vaginale. Essendo di natura non inerte, la popolazione femminile ha bisogno di iniziare a pensare che il microbiota è favorito seguendo un sano ed equilibriato regime alimentare. Evidenze consolida-

Giornale dei Biologi | Apr 2023 83
Scienze
Tabella 1: Schema riassuntivo dei trattamenti mediante probiotici.

te hanno riportato che le diete arricchite di nutrienti come vitamine (A, C, D, E), β-carotene e minerali (come Ca e Zn) sono state positivamente correlate al benessere vaginale, inclusa una riduzione della prevalenza di vaginosi batteriche e di HPV. Nel frattempo, le diete carenti di questi nutrienti e quindi arricchite di zuccheri (carico glicemico) o grassi (acidi grassi) hanno conseguenze negative sull’omeostasi oltre ad essere strettamente correlate all’insorgenza di vaginosi batteriche [7].

Uno studio molto datato, eseguito con valutazioni microscopiche secondo i punteggi di Nugent hanno valutato che le diete più ricche di grassi ed in assenza di fibre sono più predisponenti per le vaginosi batteriche. Mentre recenti studi osservazionali e interventistici, utilizzando metodiche molecolari hanno dimostrato che la fibra alimentare può influenzare le specie di Lactobacillus nel microbiota dell’intestino [8] e questa associazione può valere anche per il microbiota vaginale. Il potenziale di questa relazione è ulteriormente supportato dai dati di uno studio in vitro che mostra che varie fibre prebiotiche stimolano la crescita delle monocolture delle principali specie di Lactobacillus che dominano il microbiota vaginale, pur non influenzando i microbi correlati alle vaginosi batteriche come G. vaginalis [9]. Recenti

evidenze hanno anche dimostrato che c’è concordanza tra le specie Lactobacillus nel retto e la vagina [10], sebbene, nel microbiota intestinale, ci ne siano alcune differenze importanti come la mancanza di L. iners e L. crispatus. Inoltre per il microbiota intestinale, la fibra alimentare può anche modulare altri aspetti della fisiologia dell’ospite come l’integrità della barriera intestinale, la traslocazione microbica e infiammazione [11]; è evidente che il potenziale effetto della fibra alimentare sul microbiota vaginale potrebbe essere più sistemico piuttosto che attraverso la colonizzazione diretta dal intestino.

Studi multicentrici hanno mostrato che soggetti aderenti a diete semi-occidentali caratterizzata da un minor apporto giornaliero di verdure, fibra, carotene, vitamina C e selenio, incluso uno sbilanciamento calorico/energetico fornito dai grassi ha un rischio più elevato di cancro cervicale rispetto al gruppo con un aderenza ad un regime alimentare più bilanciato. Inoltre, tra i nutrienti maggiormente studiati si è notato che i soggetti con una maggiore assunzione di vitamine

A, C ed E avevano un minor rischio di cancro cervicale ed i soggetti con minori assunzioni di frutta e verdura avevano un rischio maggiore di lesioni precancerose di livello 2 o 3 [12, 13]. Recenti evidenze hanno mostrato una significativa

84 Giornale dei Biologi | Apr 2023 Scienze
© NatalieIme/shutterstock.com

associazione positiva tra vaginosi batterica e un rischio maggiore di lesioni precancerose. Infatti, un regime di dieta semi-occidentale interagisce sinergicamente con la dominanza di A. vaginae nel microbiota cervicale. La colonizzazione degli epiteli vaginali da parte di A. vaginae induce una risposta immunitaria a seguito della produzione di interleuchine, della proteina β-defensina, e della regolazione ed attivazione delle cellule T e di RANTES [14]. La presenza di L. iners viene segnalata come specie dominante della comunità microbica quando la flora vaginale è in stati di disbiosi. Nelle donne la copresenza dell’aderenza ad un regime alimentare semi-occidentale ed un microbiota cervicale in cui è dominante A. vaginae potrebbero perdere considerevolmente la capacità di ritardare o bloccare la progressione o presenza di un rischio maggiore di lesioni precancerose a seguito dell’inibizione delle attività antiossidanti, di metilazione e di risposta immunitaria. Uno studio condotto su donne orientali evidenzia che un elevata assunzione di cibi ricchi di vitamina

A ed, in particolare, di alimenti ad alto contenuto di retinolo sono associati a un rischio ridotto di carcinoma cervicale [15]. Contrariamente, gli stili di vita specifici delle donne aderenti alla dieta semi-occidentale, non sposato e che consumano quantità di alcolici medio/alte possono contribuire ad aumentare il rischio di cancro cervicale.

Jiménez-Almazán, J.; Alonso, R.; Alama, P.; Remohi, J.; Pellicer, A.; et al. Evidence that the endometrial microbiota has an effect on implantation success or failure. Am. J. Obstet. Gynecol. 2016, 215, 684–703.

3. Reid, G.; Beuerman, D.; Heinemann, C.; Bruce, A. Probiotic Lactobacillus dose required to restore and maintain a normal vaginal flora. FEMS Immunol. Med. Microbiol. 2001, 32, 37–41.

4. Moreno, I.; Codoñer, F.; Vilella, F.; Valbuena, D.; Martinez-Blanch, J.; Jiménez-Almazán, J.; Alonso, R.; Alama, P.; Remohi, J.; Pellicer, A.; et al. Evidence that the endometrial microbiota has an e_ect on implantation success or failure. Am. J. Obstet. Gynecol. 2016, 215, 684–703.

5. Brotman, R.; Gajer, P.; Holm, J.; Robinson, C.; Ma, B.; Humphrys, M.; Tuddenham, S.; Ravel, J.; Ghanem, K. 4: Hormonal contraception is associated with stability and lactobacillus-dominance of the vaginal microbiota in a two-year observational study. Am. J. Obstet. Gynecol. 2016, 215, S828–S829.

6. Bohbot, J.; Cardot, J. Vaginal Impact of the Oral Administration of Total Freeze-Dried Culture of LCR 35 in Healthy Women. Infect. Dis. Obstet. Gynecol. 2012, 2012, 503648.

7. Lightowler, H., Thondre, S., Holz, A. & Theis, S. Replacement of glycaemic carbohydrates by inulin type fructans from chicory (oligofructose, inulin) reduces the postprandial blood glucose and insulin response to foods: report of two double- blind, randomized, controlled trials. Eur. J. Nutr. 57, 1259–1268 (2018).

8. Florowska A, Krygier K, Florowski T, Dluzewska E. Prebiotics as functional food ingredients preventing diet-related diseases. Food & function 2016; 7:2147e55.

9. Collins SL, McMillan A, Seney S, van der Veer C, Kort R, Sumarah MW, et al. Promising prebiotic candidate established by evaluation of lactitol, lactulose, raffinose, and oligofructose for maintenance of a lactobacillus-dominated vaginal microbiota. Appl Environ Microbiol 2018;84.

10. Antonio MA, Rabe LK, Hillier SL. Colonization of the rectum by Lactobacillus species and decreased risk of bacterial vaginosis. J Infect Dis 2005; 192:394e8.

11. Jeffery IB, O’Toole PW. Diet-microbiota interactions and their implications for healthy living. Nutrients 2013; 5:234e52.

12. Hwang JH, Lee JK, Kim TJ, Kim MK. The association between fruit and vegetable consumption and HPV viral load in high-risk HPV-positive women with cervical intraepithelial neoplasia. Cancer Causes Control CCC 2010;21: 51e9.

13. Kim J, Kim MK, Lee JK, Kim JH, Son SK, Song ES, et al. Intakes of vitamin A, C, and E, and beta-carotene are associated with risk of cervical cancer: a casecontrol study in Korea. Nutr Cancer 2010; 62:181e9.

Bibliografia

1. García-Velasco, J.; Menabrito, M.; Catalán, I. What fertility specialists should know about the vaginal microbiome: A review. Reprod. BioMed. Online 2017, 35, 103–112.

2. Moreno, I.; Codoñer, F.; Vilella, F.; Valbuena, D.; Martinez-Blanch, J.;

14. Libby EK, Pascal KE, Mordechai E, Adelson ME, Trama JP. Atopobium vaginae triggers an innate immune response in an in vitro model of bacterial vaginosis. Microb Infect/Institut Pasteur 2008; 10:439e46.

15. Shannon J, Thomas DB, Ray RM, Kestin M, Koetsawang A, Koetsawang S, et al. Dietary risk factors for invasive and in-situ cervical carcinomas in Bangkok, Thailand. Cancer Causes Control CCC 2002; 13:691e9.

Giornale dei Biologi | Apr 2023 85
Scienze
© Evan Lorne/shutterstock.com

DAGLI STUDI SUL BOTRILLO INDIZI PER CAPIRE MEGLIO

ALZHEIMER E PARKINSON

Comprendere meglio i processi che portano al decadimento del loro sistema nervoso, anche da un punto di vista evolutivo, può aiutare a comprendere alcune neuropatologie

Uno studio recente sul Botryllus schlosseri, un tunicato coloniale marino, si rivela un utile sistema modello per la neuroscienza evolutiva e lo studio della neurogenesi, neurodegenerazione e dell’invecchiamento. Si trova dalle isole Faroe e la Norvegia occidentale e meridionale fino al Mediterraneo, compresi il Mar Nero e l’Adriatico. È presente anche nell’Atlantico occidentale dal Maine al New Jersey e in Florida. Si trova in colonie formate da zooidi larghi 2- 4 millimetri. Ogni zooide della colonia è completo, dal momento che ha i propri sifoni boccale e atriale. I zooidi sono collegati tra loro dal sistema circolatorio, e sono riuniti in sistemi a forma di stella, nel quale i sifoni atriali di ogni zooide sono direzionati verso il centro della stella, e condividono una stessa camera cloacale e un’apertura all’esterno. Il ciclo di vita unico dell’organismo, caratterizzato da due percorsi neurodegenerativi distinti ma collegati, offre una nuova piattaforma per studi comparativi progettati per identificare i meccanismi cellulari e molecolari che regolano tali processi attraverso la filogenesi.

I botrilli, piccoli invertebrati marini, sono al centro dell’articolo dal titolo “Two distinct evolutionary conserved neural degeneration pathways characterized in a colonial chordate” pubblicato di recente da un team di ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e dell’Università di Stanford, in collaborazione con il Cham Zuckerberg Biohub di San Francisco, sulla rivista scientifica «PNAS» perché presentano una degenerazione del cervello simile a quella umana. La perdita delle capacità funzionali del cervello è un sintomo comune dell’invecchiamento in diversi phyla. Sebbene i meccanismi genetici e molecolari alla base della neurodegenerazione dei mammiferi siano stati studiati in pro-

fondità, si sa molto poco sull’origine evolutiva di questi tratti e sul loro coinvolgimento nella perdita della funzione del sistema nervoso nelle specie di invertebrati anziani. Il Botrillo è un animale coloniale che appartiene al gruppo delle ascidie. La colonia ha un aspetto caratteristico: appare liscia al tatto e sulla superficie si notano delle strutture simili a fiori con 3-16 “petali” disposti a raggiera attorno al centro. Ogni “petalo” corrisponde a un singolo individuo di 2-3 mm di lunghezza e il centro rappresenta l’apertura del sifone esalante comune. È molto diffuso in tutto il Mediterraneo, soprattutto in acque lagunari su substrati duri; preferisce infatti acque basse ricche di nutrienti anche se vive altrettanto bene in acque pulite e più profonde. I ricercatori evidenziano che comprendere meglio quali siano i processi che portano al decadimento del loro sistema nervoso, anche da un punto di vista evolutivo, possa esser d’aiuto nel comprendere neuropatologie, spesso invalidanti, che coinvolgono un numero crescente di persone. Con l’avanzare dell’età nel Botryllus schlosseri si osserva una riduzione del numero di neuroni e delle abilità comportamentali, come nell’uomo. Inoltre, il suo cervello manifesta geni la cui espressione caratterizza malattie neurodegenerative umane quali l’Alzheimer e il Parkinson. I tunicati sono invertebrati marini molto comuni nei nostri mari e sono i parenti più stretti dei vertebrati, di cui fa parte anche l’uomo. Tra i tunicati il botrillo, Botryllus schlosseri, forma piccole colonie in cui gli individui adulti si dispongono come i petali di un fiore. Nella colonia, che può essere formata anche da centinaia di fiori, ciascun individuo adulto presenta ai lati del corpo uno o più piccoli individui in crescita (le sue gemme), derivate per riproduzione asessuata. Gli adulti vengono settimanal-

86 Giornale dei Biologi | Apr 2023 Scienze
di Cinzia Boschiero

mente riassorbiti e sostituiti dalle loro gemme nel frattempo maturate. Questo processo di sostituzione è ciclico e siccome ogni “genitore” produce più di una gemma, la colonia cresce di dimensioni in maniera veloce e continua. Tuttavia, se gli adulti hanno vita breve e sono continuamente sostituiti da nuovi individui, la colonia non vive in eterno: nella Laguna veneta muoiono tipicamente dopo 1-2 anni, ma in laboratorio si possono mantenere in vita anche per periodi molto più lunghi. Gli studiosi hanno analizzato il botrillo in quanto offre la straordinaria possibilità di studiare la degenerazione del cervello sia nel breve periodo, ovvero nel processo ciclico (settimanale) di riassorbimento degli individui adulti che comporta di fatto un loro rapido invecchiamento, sia nel lungo periodo, ovvero nel processo di invecchiamento dell’intera colonia, che vede nel tempo diminuire la sua capacità di produrre nuovi individui ed espandersi. La ricerca è coordinata da Chiara Anselmi, dottorata all’Ateneo patavino e ora postdoc all’Università di Stanford, Lucia Manni del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, Ayelet Voskoboynik e Irv Weissman dell’Università di Stanford. I ricercatori hanno utilizzato colonie prelevate nella Laguna Veneta ed allevate presso la Stazione Idrobiologica di Chioggia e al Dipartimento di Biologia dell’Ateneo patavino oltre a quelle prese dalla Hopkins Marine Station, nella baia di Monterey in California.

Dalle analisi fatte emerge che la degenerazione del cervello del botrillo ha fortissime analogie con il decadimento del cervello umano nella neurodegenerazione breve (settimanale) che in quella lunga (relativo all’invecchiamento della colonia).

In entrambi i processi, nell’animale si osserva una riduzione del numero di neuroni e una diminuzione delle abilità comportamentali. «È stato davvero sorprendente per noi vedere che nella degenerazione breve degli individui adulti il cervello cominciava a diminuire di volume qualche giorno prima del loro riassorbimento completo ovvero della loro morte. Dopo tre giorni di vita,” ha detto la professoressa Lucia Manni del

Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova,”il numero di neuroni nel cervello cominciava a diminuire, così come la loro capacità di rispondere a stimoli come il tocco della loro bocca, il sifone, attraverso cui l’acqua entra per la nutrizione e la respirazione. Questi stessi segni di invecchiamento erano poi presenti anche in individui di colonie neoformate rispetto a quelli presenti in colonie di soli 6 mesi. Eravamo quindi in presenza di due processi di neurodegenerazione la cui presenza non era mai stata sospettata, uno veloce e uno lento, nello stesso organismo».

Lo studio ha mostrato pure che, durante entrambi i processi degenerativi, il cervello dell’animale manifesta geni la cui espressione caratterizza malattie neurodegenerative umane come l’Alzheimer e il Parkinson. L’analisi rivela che durante il germogliamento settimanale della colonia (cioè la riproduzione asessuata), prima della programmata morte cellulare e rimozione da parte dei fagociti, le diminuzioni di numero di neuroni nel cervello dell’adulto sono associate ad una risposta comportamentale ridotta e ad un cambiamento significativo nell’espressione di 73 geni omologhi di mammiferi associati a malattie neurodegenerative. «Ancor più incredibile è stato poi verificare che entrambi i processi di neurodegenerazione erano associati all’aumento di espressione di geni che caratterizzano le malattie neurodegenerative nell’uomo come l’Alzheimer, il Parkinson, la malattia di Huntington, la demenza frontotemporale e altre ancora,” ha spiegato Chiara Anselmi dell’Università di Stanford,” Molti di questi geni erano espressi in entrambi i processi neurodegenerativi, mentre una piccola parte li differenziava.

Questi geni, pertanto, svolgono un ruolo anche in questi semplici animali e questo piccolo invertebrato può rappresentare una risorsa per comprendere come l’evoluzione abbia forgiato i processi neurodegenerativi e quali siano le relazioni tra invecchiamento e perdita della funzionalità neuronale». Gli autori dello studio spiegano che approfondire lo studio dell’invecchiamento e della neurodegenerazione in questo animale aiuterà a comprendere meglio come il botrillo riesca a controllare e coordinare la neurodegenerazione ciclica rispetto a quella associata all’invecchiamento e questo potrebbe svelare qualcosa di inaspettato rispetto alla possibilità di governare i processi neurodegenerativi nell’uomo.

Il progetto di ricerca è stato finanziato dall’Università di Padova (Progetti di Ricerca di Ateneo, Dottorato di Ricerca, Iniziative di Cooperazione Universitaria), Fondazione “Aldo Gini”, Università di Stanford (School of Medecine Deans’s Postdoctoral Fellowship), l’NIH, il Chan Zuckemberg investigator program, e le Fondazioni “Stinehart-Reed” e “Larry L. Hillblom”. Il botrillo, Botryllus schlosseri con questo studio si rivela utile come modello per le neuroscienze evolutive. Il suo genoma è stato sequenziato e un atlante delle firme molecolari e morfologiche di ogni stadio di sviluppo è stato precedentemente generato utilizzando la microscopia

Giornale dei Biologi | Apr 2023 87
Scienze
© RCB Shooter/shutterstock.com

e il sequenziamento dell’RNA(RNA-seq). Questo botrillo può riprodursi sia sessualmente attraverso l’embriogenesi o asessualmente attraverso la blastogenesi. Le larve prodotte sessualmente sviluppano due cervelli (un cervello funzionale, larvale e il rudimento del cervello adulto), un organo sensoriale che rileva la luce e la gravità, una notocorda e un cordone nervoso dorsale.

Il cervello larvale (insieme alla notocorda, muscolo segmentato e coda) viene assorbito durante l’insediamento e la metamorfosi che precede la formazione della colonia. In questo studio, gli studiosi descrivono due diversi percorsi di neurodegenerazione che si verificano durante il ciclo di vita del botrillo. Il primo si verifica ogni settimana come parte di un ciclo di sviluppo rigenerativo che si verifica indipendentemente dall’età; il secondo è associato all’invecchiamento della colonia. I ricercatori hanno integrato l’utilizzo di sistemi di imaging neurale (microscopia elettronica a trasmissione [TEM] e ricostruzioni confocali), tridimensionali (3D), test comportamentali e RNA-seq di cervelli arricchiti per studiare la morfologia e cambiamenti molecolari nel cervello di B. schlosseri adulto attraverso le fasi di sviluppo e le età associate ai cambiamenti nel comportamento zooide. Per caratterizzare la dinamica cellulare dei cervelli zooidi adulti durante la loro vita a breve termine (1 settimana) gli studiosi hanno contato il numero di neuroni che erano colorati con un anticorpo anti-alfa tubulina e un nucleare marker (DAPI) nel cervello ogni giorno. Il cervello zooide controlla i sifoni, le contrazioni muscolari del corpo, le cellule ciliate delle stimmate branchiali coinvolte nella respirazione e nella raccolta del cibo. Le analisi hanno rivelato che i cervelli continuano a svilupparsi nell’individuo zooide adulto fino a metà della durata di vita individuale, seguendo la maturazione nelle gemme e successivamente subiscono neurodegenerazione. Ogni settimana i cervelli subiscono cambiamenti dinamici che portano alla loro degenerazione che coinvolge gli immunociti. Ogni zooide ha il proprio complesso neurale situato tra il sifone orale e quello atriale ed è formato da un cervello (ganglio cerebrale), una ghiandola neurale, dorsale del cervello che si apre in una

camera branchiale attraverso un dotto ciliato e un tubercolo dorsale e un organo dorsale posteriore alla ghiandola e dorsale al cervello. Nello studio si è osservata una progressiva diminuzione del numero di neuroni nel cervello sia durante il ciclo settimanale che con l’età. Mentre nelle fasi iniziali del ciclo (giorni da 1 a 4) gli immunociti sono concentrati intorno e all’interno del cervello e dell’organo dorsale, durante le fasi avanzate delimitano la ghiandola neurale. La vicinanza di neuroni e immunociti e i cambiamenti significativi nelle loro posizioni e numeri nel ciclo settimanale suggeriscono che gli immunociti svolgano un ruolo importante nella protezione dei neuroni e rimozione (fagociti). La risposta comportamentale degli zooidi adulti è compromessa sia durante il ciclo settimanale che con l’età. Per esaminare l’espressione genica nel cervello di B. schlosseri e identificare firme molecolari potenzialmente collegate con i fenotipi di sviluppo e degenerazione, i ricercatori hanno sequenziato ed analizzato i trascrittomi del complesso neurale sezionato di zooidi ai giorni 1, 4 e 6 in entrambi i giovani (5 mesi, n = 6) e nelle vecchie colonie (da 7 a 16 anni, n = 5).

Per verificare se il cervello continua a svilupparsi nell’individuo adulto zooide e se l’apoptosi è coinvolta nel processo neurodegenerativo gli studiosi hanno calcolato l’arricchimento relativo ai set di geni associati allo sviluppo del sistema nervoso centrale umano e il processo apoptotico neuronale con omologie di B. schlosseri attraverso il ciclo settimanale. Un confronto dei 73 geni in modo differenziale espresso durante il ciclo blastogenico settimanale e i 148 geni espressi in modo differenziato con l’invecchiamento hanno rivelato che 35 geni sono condivisi e 27 di loro hanno un trend comune. I due processi di neurodegenerazione studiati risulta che condividano programmi di trascrizione. L’invecchiamento realtivo alla neurodegenerazione è ben correlato con la neuroinfiammazione nell’uomo e 28 geni che sono associati a neuroinfiammazione e a percorsi di infiammazione, sono espressi nel cervello di B. schlosseri. Durante la degenerazione settimanale gli studiosi hanno osservato cambiamenti significativi nell’espressione dei geni associati alle vie di neurodegenerazione dei cicli dei mammiferi. Durante il processo di invecchiamento hanno osservato cambiamenti significativi nell’espressione dei geni associati alle cellule staminali neurali dei mammiferi e ai percorsi di neurodegenerazione. In questo studio pertanto il B. schlosseri è presentato come un modello per le neuroscienze evolutive, come un organismo appartenente al clade parente più prossimo ai vertebrati il cui ciclo vitale è caratterizzato da due distinti percorsi (a breve e lungo termine) ma correlati agli stadi neurodegenerativi e questo tunicato coloniale offre una unica opportunità per nuove ricerche sulla neurogenesi, sulla degenerazione neurale, sull’invecchiamento e sulla perdita

88 Giornale dei Biologi | Apr 2023
Scienze
© PopTika/shutterstock.com

della funzione del sistema nervoso. Avanzati studi di tracciamento del lignaggio transgenico e traiettorie del trascrittoma unicellulare sullo sviluppo embrionale del tunicato solitario specie Ciona hanno precedentemente fornito informazioni sull’evoluzione dello sviluppo del sistema nervoso.

Questa ricerca dimostra pertanto l’utilità di questa specie come modello per analizzare le basi genetiche dell’invecchiamento e della perdita della funzione del sistema nervoso. In particolare, chiari modelli di geni differenzialmente espressi associati con malattie neurodegenerative umane come Alzheimer, Parkinson e la demenza frontotemporale sono evidenti tra i giovani e vecchie colonie insieme a fenotipi legati all’età associati ad un numero di cellule cerebrali più basso, ad un numero di cellule sensoriali più basso e ad una peggiore prestazione comportamentale. Nei tessuti dei mammiferi adulti, le cellule staminali sono mantenute stabilmente nella loro nicchia per la maggior parte, se non per tutta la vita di un organismo, sebbene negli esseri umani e nei topi esistano almeno due sottoinsiemi di cellule staminali ematopoietiche, bilanciate o linfoidi, un sottoinsieme di parte che domina nella giovinezza e un sottoinsieme di parte mieloide proinfiammatoria che domina nell’invecchiamento. Dati i collegamenti tra alterazioni della forza e dell’eccitabilità dei motoneuroni e malattie neurodegenerative associate alla perdita della funzione muscolare in specie di mammiferi (cioè sclerosi laterale amiotrofica), una successiva analisi dei fenotipi dei motoneuroni in B. schlosseri potrebbe essere particolarmente preziosa. Questi studi possono aiutare a chiarire la diversità cellulare all’interno del complesso neurale, rivelano i ligandi protettivi che consentono la loro migrazione a gemme di nuova formazione di fronte a massicce morte cellulare e fagocitosi e aiutano a identificarne il ruolo funzionale all’interno della neurogenerazione e neurodegenerazione. In questo studio gli studiosi si sono concentrati sull’asessualità della fase riproduttiva della storia della vita del Botryllus, analoga alla rigenerazione cellulare dello stelo di specie solitarie. La linea germinale e le competizioni di cellule staminali somatiche sono abilitate dalla comparsa settimanale precoce di cellule staminali nelle gemme e dallo scambio di cellule staminali attraverso vasi sanguigni extracorporei anastomizzati che li rendono coloniali. È probabile che il traffico cellulare regolato dallo sviluppo di recettori e igandi controlli l’aspetto precoce delle gemme e la successiva organogenesi.

Lo studio del B. schlosseri, data la sua blastogenesi ciclica e il tessuto semitrasparente, rappresenta un modello robusto, analizzabile e ripetibile utile per studiare tali meccanismi in tempi molto brevi (cioè settimanali) e come l’equilibrio tra loro può variare con il tempo e l’avanzamento dell’invecchiamento in scala. In effetti, date tali caratteristiche, il B. schlosseri rappresenta, secondo gli studiosi, un modello in grado di fornire insight unici e fondamentali nel campo delle neuroscienze evolutive.

Bibliografia

A. Voskoboynik, I. L. Weissman, Botryllus schlosseri, an emerging model for the study of aging, stem cells, and mechanisms of regeneration. Invertebr. Reprod. Dev. 59 (suppl. 1), 33–38 (2015).

L. Manni et al., Sixty years of experimental studies on the blastogenesis of the colonial tunicate Botryllus schlosseri. Dev. Biol. 448, 293–308 (2019).

V. L. Scofield, J. M. Schlumpberger, L. A. West, I. L. Weissman, Protochordate allorecognition is controlled by a MHC-like gene system. Nature 295, 499–502 (1982).

D. S. Stoner, B. Rinkevich, I. L. Weissman, Heritable germ and somatic cell lineage competitions in chimeric colonial protochordates. Proc. Natl. Acad. Sci. U.S.A. 96, 9148–9153 (1999).

B. Rosental et al., Complex mammalian-like haematopoietic system found in a colonial chordate. Nature 564, 425–429 (2018).

A. Peronato et al., Complement system and phagocytosis in a colonial protochordate. Dev. Comp. Immunol. 103, 103530 (2020).

A. Kraus, K. M. Buckley, I. Salinas, Sensing the world and its dangers: An evolutionary perspective in neuroimmunology. eLife 10, e66706 (2021).

V. A. Pavlov, K. J. Tracey, Neural regulation of immunity: Molecular mechanisms and clinical translation. Nat. Neurosci. 20, 156–166 (2017).

J. V. Pluvinage, T. Wyss-Coray, Systemic factors as mediators of brain homeostasis, ageing and neurodegeneration. Nat. Rev. Neurosci. 21,93–102 (2020).

A. Sabbadin, Osservazioni sullo sviluppo, l’accrescimento e la riproduzione di Botryllus schlosseri (Pallas), in condizioni di laboratorio. Bolletino di zoologia 22, 243–263 (1955).

R Core Team, R: A language and environment for statistical computing (2021). R Foundation for Statistical Computing, Vienna, Austria. URL https://www.R-project.org./ Accessed April 11 2022.

C. Anselmi et al., Botryllus schlosseri brain transcriptome during development and aging. Prjna732987. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/bioproject/PRJNA732987. Accessed 27 May 2021.

F. Cima et al., Hovering between death and life: Natural apoptosis and phagocytes in the blastogenetic cycle of the colonial ascidian Botryllus schlosseri. Dev. Comp. Immunol. 34, 272–285 (2010).

S. Tiozzo, L. Ballarin, P. Burighel, G. Zaniolo, Programmed cell death in vegetative development: Apoptosis during the colonial life cycle of the ascidian Botryllus schlosseri. Tissue Cell 38, 193–201 (2006).

N. Franchi, L. Ballarin, Immunity in protochordates: The tunicate perspective. Front. Immunol. 8, 674 (2017).

C. L��opez-Ot��ın, M A Blasco, L Partridge, M Serrano, G Kroemer, The hallmarks of aging. Cell 153, 1194–1217 (2013).

Y. Hou et al., Ageing as a risk factor for neurodegenerative disease. Nat. Rev. Neurol. 15, 565–581 (2019).

I. Beerman et al., Functionally distinct hematopoietic stem cells modulate hematopoietic lineage potential during aging by a mechanism of clonal expansion. Proc. Natl. Acad. Sci. U.S.A. 107, 5465–5470 (2010).

Giornale dei Biologi | Apr 2023 89
Scienze

Anno VI - N. 4 Aprile 2023

Edizione mensile di Agenbio (Agenzia di stampa della Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi) Testata registrata al n. 52/2016 del Tribunale di Roma Diffusione: www.fnob.it

Direttore responsabile: Claudia Tancioni

Redazione: Ufficio stampa Fnob

Progetto grafico e impaginazione: Ufficio stampa Fnob. Questo magazine digitale è scaricabile on-line dal sito internet www.fnob.it

Questo numero del “Giornale dei Biologi” è stato chiuso in redazione giovedì 27 aprile 2023.

Contatti: +39 0657090205, +39 0657090225, protocollo@cert.fnob.it

Per la pubblicità, scrivere all’indirizzo protocollo@cert.fnob.it

Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi.

Immagine di copertina: © Budimir Jevtic/www.shutterstock.com

Aprile 2023 Anno VI - N. 4 www.fnob.it Inquinamento e cambiamenti climatici alterano sempre di più le risposte del nostro sistema immunitario ALLERGIE STAGIONALI O CRONICHE? AI BIOLOGI LA MEDAGLIA AL MERITO PER LA SANITÀ PUBBLICA
Giornale dei Biologi

*Calabria

Campania-Molise

Emilia Romagna-Marche

Lazio-Abruzzo

Lombardia

Piemonte-Liguria-Valle

Veneto-Friuli Venezia

D’Aosta

Puglia-Basilicata

Sardegna

Sicilia

Toscana-Umbria

Giulia-Trentino

Alto Adige

ONB si è trasformato Sono stati costituiti la FNOB e gli Ordini Regionali dei Biologi* Tutte le informazioni su www.fnob.it
L’

Informazioni per gli iscritti

Si informano gli iscritti che gli uffici della Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi forniranno informazioni telefoniche di carattere generale dal lunedì al venerdì dalle ore 9:00 alle ore 13:30 e dal lunedì al giovedì dalle ore 15:00 alle ore 17:00.

Tutte le comunicazioni dovranno pervenire tramite posta (presso Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi, via Icilio 7, 00153 Roma) o all’indirizzo protocollo@cert.fnob.it, indicando nell’oggetto l’ufficio a cui la comunicazione è destinata.

È possibile recarsi presso le sedi della Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi previo appuntamento e soltanto qualora non sia possibile ricevere assistenza telematica. L’appuntamento va concordato con l’ufficio interessato tramite mail o telefono.

UFFICIO CONTATTO

Centralino 06 57090 200

Ufficio protocollo protocollo@cert.fnob.it

Commissario straordinario commissario.fnob@pec.it

Ufficio segreteria segreteria@fnob.it

Direzione direzione@fnob.it

Contatti

NUOVE OPPORTUNITÀ PROFESSIONALI?

Segui la sezione Bandi e Concorsi sul sito della FNOB

Troverai gli avvisi pubblici dedicati ai Biologi

www.fnob.it

Articles inside

Informazioni per gli iscritti

1min
page 95

DAGLI STUDI SUL BOTRILLO INDIZI PER CAPIRE MEGLIO

12min
pages 88-92, 94

NUTRIZIONE E FATTORI PROBIOTICI NEL MANTENIMENTO DELL’ EUBIOSI VAGINALE

7min
pages 84-87

ACQUACOLTURA E MANGIMI SOSTENIBILI. LO STATO

12min
pages 80-83

CONCORSI PUBBLICI PER BIOLOGI

4min
pages 78-79

GUFO O ALLODOLA? FOSTER ILLUMINA SUI RITMI CIRCADIANI

3min
pages 76-77

BABY CALCIATORI IN AUTOGESTIONE

1min
page 75

PRIMAVERA DELLA GINNASTICA AZZURRA

3min
pages 74-75

DAL VOLLEY ALL’ATLETICA: QUANDO LA SCONFITTA TI LASCIA DI SASSO

3min
pages 72-73

CICLISMO, È UNA GENERAZIONE DI FENOMENI

3min
pages 68-70

QUANDO UN ISTANTE DURA TUTTA L’ETERNITÀ

3min
pages 64-66

IL KIT TROVA SOSTANZE

1min
page 63

IPPOCAMPO UMANO: IL PRIMO MODELLO 3D

2min
pages 62-63

LE IMMAGINI MEDICALI ANALIZZATE DA MAMBA

1min
page 61

NUOVO MECCANISMO PER FORMARE GEL

2min
pages 60-61

SINTETIZZATI POLIMERI CHE IMITANO LE PROTEINE DEL SANGUE E DEL CITOSOL

3min
pages 58-59

L’ABILITÀ NELLA SCRITTURA A MANO SPECCHIO DELLE FUNZIONI CEREBRALI

3min
pages 56-57

TURISMO SU DUE RUOTE IN TANTI SCELGONO

3min
pages 54-55

PRIMO GRUPPO DI CERVI ITALICI REINTRODOTTI IN UN’AREA PROTETTA DELLA CALABRIA

2min
pages 52-53

IN TRENT’ANNI LE RISORSE IDRICHE NAZIONALI DIMINUITE DEL 20%

4min
pages 50-52

EFFETTI BENEFICI SULLA PELLE DEI PRODOTTI MARINI: COSMECEUTICI, ALGOTERAPIA E TALASSOTERAPIA

10min
pages 42-48

NIGELLA SATIVA LA PIANTA MEDICINALE ALLEATA PER LA CRESCITA DEI CAPELLI

3min
pages 40-41

NUOVE NANOPARTICELLE TRASPORTANO L’MRNA CHE CURA LE MALATTIE POLMONARI

3min
pages 38-39

MICROBIOMA: LE RELAZIONI SOCIALI INFLUENZANO I BATTERI DELLA SALUTE

3min
pages 36-37

IL SENSORE BIODEGRADABILE PER LE DONNE CHE MONITORA IL PH DEI TESSUTI

3min
pages 34-35

INFLUENZA, È BOOM

1min
page 33

ITALIA, IN CALO L’USO DI ANTIBIOTICI

3min
pages 32-33

CONSAPEVOLEZZA

3min
pages 30-31

DALL’OCCHIO È POSSIBILE SCOPRIRE L’ALZHEIMER PRIMA CHE I SINTOMI SIANO EVIDENTI

2min
pages 28-29

LA MOLECOLA CHE MODIFICA EPIGENETICAMENTE LE CELLULE TUMORALI

3min
pages 26-28

ICTUS CEREBRALE PATOLOGIA

3min
pages 24-25

LA PRESSIONE ALTA UN PERICOLO SERIO PER IL CERVELLO: PUÒ CAUSARE DEMENZA

3min
pages 22-23

DIAGNOSI DELL’OSTEOPOROSI CON UNA MICROTAC (PERFETTA ANCHE PER GLI ASTRONAUTI)

3min
pages 20-21

INFIAMMAZIONI CRONICHE MESSA A PUNTO TERAPIA CON STIMOLAZIONE ULTRASONICA

3min
pages 18-19

PER RESTARE SEMPRE INSIEME

1min
page 17

CHE SUCCEDE DURANTE UN ATTACCO ALLERGICO

1min
page 16

L’IMPORTANZA DI UNA DIAGNOSI VELOCE

1min
page 15

ALLERGIE STAGIONALI? ADESSO DURANO (QUASI) TUTTO L’ANNO

4min
pages 12-15

AI BIOLOGI LA MEDAGLIA D’ORO AL MERITO DELLA SANITÀ PUBBLICA

1min
pages 10-11

Sic itur ad astra

4min
pages 5-9
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.