
1 minute read
R EMOTE B IOMETRIC I DENTIFICATION
Esiste un limite alle misure di sicurezza?
Fino a che punto, in nome della tutela, è lecito ricorrere a un controllo pervasivo e costante delle persone? È possibile un bilanciamento tra il dovere di proteggere e il diritto alla privacy?
Advertisement
Sottoposti, come siamo, a uno sguardo globale che monitora, traccia e profila, non possiamo non interrogarci sulla portata, anche etica, di quella che, giustamente, è stata indicata come una “esagerazione della sorveglianza”. Non sembri ridondante il ricorso a un frasario che pone in causa questioni morali, perché, a ben riflettere, il problema ha una rilevanza morale, date le sue ricadute in termini di diritti umani.
Senza scomodare acclarate strategie di controllo istituite in contesti autoritari, basta osservare il nostro mondo occidentale per accorgerci di come l’ossessione per la sicurezza abbia legittimato una vigilanza sempre più invasiva e, pertanto, inibitoria.
Determinante, in questa prospettiva, è l’uso di tecnologie per il riconoscimento biometrico, il cui impatto sulla vita individuale e collettiva è tale da motivare una querelle tra fruizione dell’Intelligenza Artificale (IA), non ancora del tutto risolta: una condizione, questa, che, se da un lato restituisce la complessità del problema, dall’altro consente di valutare la responsabilizzazione dei governi, soprattutto in riferimento ai dibattiti, anche normativi, promossi dall’Unione Europea.
Evoluzione dei più classici sistemi di vigilanza, l’autentificazione biometrica (nello specifico, quella facciale) rischia di snaturare il concetto