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Una svista nella traduzione può essere letale. Come quando, nel 1944, portò al

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CON SVISTA

CON SVISTA

bombardamento dell’abbazia di Montecassino

HIROSHIMA E NAGASAKI 1945

Sfumature pericolose

Nel luglio 1945, quando la Seconda guerra mondiale nel Pacifico era alle ultime battute, gli americani lanciarono al Giappone un ultimatum, noto come “Dichiarazione di Potsdam”, dove esponevano le condizioni per la resa immediata dell’impero nipponico. In caso di mancata accettazione, recitava il documento, si prospettava la “rapida e totale distruzione” del Paese. Incomprensione fatale. Nel fornire una risposta a questa ingiunzione, il premier nipponico Kantarō Suzuki usò una parola enigmatica per le lingue occidentali, mokusatsu, a cui si attribuiscono i seguenti significati: “ignorare”, “prendere nota di”, “non rilasciare commenti”. «Dinanzi a queste sfumature di significato, tutte poco risolutive, non fu facile per gli americani intendere quali fossero le effettive decisioni giapponesi», racconta Gianni Fazzini. «In buona fede, ritennero respinta la loro intimazione di resa. La guerra, perciò, continuava». In realtà, Suzuki intendeva guadagnare tempo in attesa di sviluppi, ma il danno ormai era fatto. Il 6 e il 9 agosto, come preannunciato dall’ultimatum, gli americani procedettero alla distruzione del Paese ostile, sganciando due ordigni nucleari sulle città di Hiroshima e Nagasaki.

Incomprensioni

Italiani al cospetto dell’imperatore etiope Menelik II, durante la Guerra di Abissinia (1895-1896). Le ostilità iniziarono anche per equivoci linguistici.

Etiopia 1889

L’ambiguo Trattato di Uccialli

Dopo aver esteso il proprio controllo sul Corno d’Africa, il Regno d’Italia volle assicurarsi una pacifica convivenza con l’Impero d’Etiopia, Paese confinante in quella parte del continente africano. A tale scopo, nel 1889 l’ambasciatore Pietro Antonelli e il negus (imperatore) etiope Menelik II stipularono il controverso Trattato di Uccialli, che avrebbe regolamentato i rapporti politici e commerciali tra i due Stati. Il testo fu redatto in doppia lingua, italiano e amarico, ma a causa di una maldestra traduzione dell’articolo 17 nacquero alcune controversie. Dovere o facoltà. L’articolo incriminato riguardava la politica estera del Paese africano. Secondo la “nostra” versione, l’Etiopia doveva essere rappresentata dal Regno d’Italia per i suoi rapporti con potenze terze, come se fosse un protettorato italiano, mentre la versione amarica stabiliva che Menelik aveva solo la “facoltà” di rivolgersi all’Italia e non il “dovere”. In seguito, l’Etiopia allacciò relazioni diplomatiche con l’Impero russo e con la Francia in maniera autonoma, avviando la catena di eventi che portò nel 1895 allo scoppio della Guerra di Abissinia (antico nome dell’Etiopia). Nel 1896 si concluse con la disfatta italiana ad Adua.

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