
1 minute read
STORIA
di Federica Campanelli
La Storia è costellata di equivoci e malintesi che hanno avuto conseguenze inaspettate per l’umanità. Talvolta si è trattato di errori grossolani dai risvolti bizzarri ma perdonabili. Un esempio?
La “Bibbia malvagia” del 1631, una
GUERRE PUNICHE 226 A.C.
Violato il trattato tra Roma e Cartagine!
O no?
Nel 226 a.C. Roma e Cartagine conclusero il Trattato dell’Ebro, che fissava il confine tra le due potenze nella Penisola iberica: a nord del fiume Ebro si estendeva l’area di competenza dei Romani, a sud quella dei Cartaginesi. All’interno delle rispettive zone, ognuno poteva esercitare la propria politica, ma senza disturbare gli interessi dell’altra potenza. E così, quando nel marzo 219 a.C. Annibale mise sotto assedio la città di Sagunto, fedele alleata di Roma, fornì il casus belli della Seconda guerra punica, uno dei conflitti più importanti e sanguinosi dell’antichità.
Questione di punti di vista. Il generale cartaginese aveva davvero violato il trattato? Sagunto si trovava ben al di sotto del corso dell’Ebro, dunque nell’area cartaginese. Ma agli occhi dei Romani il suo attacco non poteva rimanere impunito. Chi aveva ragione? «La città non era indicata tra gli alleati di Roma, nemmeno nell’accordo del 226», racconta lo studioso Gianni Fazzini, autore del libro Gli errori che hanno cambiato la Storia (Newton Compton). «A ben vedere, Annibale agì nell’ambito di quanto gli era consentito dagli accordi e formalmente non violò alcun trattato. Egli, tuttavia, non poteva fingere di ignorare le implicazioni politicomilitari della sua azione, e affrontò dunque consapevolmente le conseguenze della sua aggressione».
Patti chiari?
A destra, in un’illustrazione moderna, l’esercito cartaginese di Annibale assedia la città di Sagunto nel 219 a.C. Secondo i Romani, questo attacco violò il patto che avevano stretto con i Cartaginesi e fu la causa scatenante della Seconda guerra punica: ma fu davvero una violazione di quell’accordo?