Febbraio 2013

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M O V I M E N T O

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Newsletter Mensile L’AMORE VIVIFICANTE L’evangelizzazione è innanzi tutto testimonianza dell’amore di Dio. E l’amore Dio si testimonia amando: non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità (1Gv 3,18). Pagina 1

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IL SABATO È PER L’UOMO Il ben-essere dell’uomo non può essere diverso o in contrasto con il progetto di Dio per l’uomo. Anche in politica. Pagina 4

200° CAPITOLO GENERALE Fra’ Marco Tasca è stato rieletto alla guida dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali. Pagina 6

DISCIPLES IN WORSHIP Si è tenuto il 6 gennaio scorso a Pergusa un worship natalizio proposto dai giovani del coro “Santa Chiara d’Assisi”. Pagina 7

QUARESIMA 2013 Il rapporto tra Fede e Carità nel Messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima 2013 che avrà inizio il 13 febbraio. Pagina 8

LA BACHECA Gli appuntamenti del mese di febbraio. Pagina 8

L’AMORE VIVIFICANTE Tra i tanti episodi evangelici che ci aiutano a comprendere cosa sia la Fede, ce n’è uno che in questi tempi mi ritorna parti-­‐ colarmente alla mente e mi suscita molteplici riflessioni, alcune delle quali voglio condividere con voi in vista anche dell’immi-­‐ nente tempo quaresimale. Newsletter - Febbraio 2013

Si tra;a dell’episodio narrato nel Vangelo secondo Luca (17,11-­‐ 19) della guarigione di dieci lebbrosi. Gesù, nel suo viaggio verso Gerusalemme, sta a;raversando i territori della Samaria e della Galilea. Sono territori abitaF da gente parFcolare: “ereFci” rispe;o alla do;rina e il culto ufficiale di Gerusalemme i primi, “secolariz-­‐ 1


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zaF” negli usi e nei costumi i secondi a moFvo della convivenza con popola-­‐ zioni greco-­‐ellenisFche, tanto che in una stessa famiglia, come quella di Simone e di Andrea che sono di Cafar-­‐ nao, ci;à di confine tra la Giudea e la Galilea, un figlio può portare un nome Fpicamente ebraico (Simone) e un altro un nome Fpicamente greco (An-­‐ drea), a dimostrazione del “rilassa-­‐ mento” della cultura, delle tradizioni e della praFca religiosa. Un contesto territoriale, culturale e religioso, dun-­‐ que, non dissimile dal nostro in cui oggi noi viviamo. È in questo contesto che, all’interno di un villaggio, si presentano a Gesù dieci lebbrosi che manifestano tutte le contraddizioni tipiche della cultura del compromesso: praticanti la legge – che è legge religiosa, non dimentichiamolo – a metà poiché si fermano a distanza obbedendo alla legge, ma la violano per il fatto stesso di stare all’interno di un villaggio, cosa a loro vietatissima. Questa situazione quasi rappresenta la realtà che li circonda. Il “villaggio”, infatti, è tradizionalmente un luogo dove più forti e radicati sono i valori culturali e religiosi, ma qui, in questo contesto, non è più così: si osservano le leggi e le tradizioni religiose, ma fino a un certo punto. Inoltre, in quanto lebbrosi – considerati morti-­‐che-­‐camminano – questi dieci esprimono la situazione pro-­‐ fonda di quanti pensano di poter vivere nel compromesso tra reli-­‐ gione e paganesimo. Morti-­‐che-­‐camminano, cioè gente che pensa di possedere la vita ma che sono sostanzialmente morti alla vita, così come oggi siamo impregnati – pur dicendoci credenti – di una “cultura di mor-­‐ te”, mille miglia distanti dal Dio della vita. Credenti, ma non prati-­‐ canti (si dice…); credenti, ma a favore dell’aborto e della “dolce mor-­‐ te”; credenti, ma costantemente affannati nella sequela del dio-­‐de-­‐ naro e dello spread; credenti, ma adoratori del successo, dei “divi” dello sport e dello spettacolo, del proprio corpo, dei propri istinti e delle proprie passioni… I discepoli di Gesù, pochi verse[ prima, gli avevano chiesto di “accrescere” in loro la fede (v. 6). Ma già nell’immediata risposta a questa domanda e ora con questo episodio Gesù dichiara che la fede non è una cosa che Dio fa piovere dall’alto, bensì la risposta dell’uomo a un dono di Dio più grande e preveniente, al dono della sua fedeltà e del suo amore per gli uomini: Dio infa( ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna (Gv 3,16). La fede è la risposta dell’uomo all’amore di Dio donatoci in Cristo Gesù. L’amore di Dio è un dono che in Gesù viene fa;o a tu[ indi-­‐ sFntamente, come il sole che sorge sui ca[vi e sui buoni e la piog-­‐ gia che cade indisFntamente sui giusF e sugli ingiusF (cfr Mt 5,45s). Perciò la fede non è data a discrezione di Dio – ad alcuni sì e ad altri no – o semplicemente a chi gliela chiede, bensì l’o;e-­‐ niamo, so;o la nostra personale discrezione e responsabilità, in quanto abbiamo risposto all’amore di Dio, risposta che perme;e a Dio di compiere in noi cose ancora più grandi! 2

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Ai dieci morti-­‐viventi che sono appunto i lebbrosi, Gesù dona nel suo amore vivificante – poiché l’amore di Dio non mortifica mai nessuno! – la possibilità di vivere una vita piena, libera, senza con-­‐ traddizioni, condizionamenti e limitazioni di sorta. Ed è proprio qui che si inserisce il “dramma” della fede! Di questi dieci, nove andran-­‐ no a godersi la vita che Dio gli ha donato e solo uno tornerà indietro lodando Dio a gran voce, prostrandosi davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Nove si terranno stretta la propria vita percorrendo le proprie strade che passeranno anche dal tempio per il riconosci-­‐ mento ufficiale della propria guarigione (molto simile alla mentalità odierna che per dirsi cristiani basta un certificato di battesimo…), uno invece rimette la sua vita ai piedi di Gesù, dando con gioia te-­‐ stimonianza a tutti circa la provenienza del dono e facendo “eucari-­‐ stia” (termine usato dall’evangelista per definire il ringraziamento dell’ex-­‐lebbroso) con Gesù. Ecco la fede, quella fede che salva e do-­‐ na all’uomo mortale una vita “eterna”, la vita stessa di Dio! Infatti, Gesù osservò: “Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove do-­‐ ve sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?". E gli disse: "Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!" (Lc 17,17-­‐19). Quell’uomo, ex-­‐lebbroso, che dimostra di avere fede con il faEo di essere tornato indietro (conversione), dando gioiosamen-­‐ te tesFmonianza a Dio nella lode e so;ome;endosi a Gesù, rico-­‐ noscendolo con graFtudine quale autore del dono, è un samarita-­‐ no, considerato ereFco dai giudei. I nove conFnueranno a vivere una vita da “comuni mortali”, contenF e forF del riconoscimento ufficiale dei sacerdoF, ma solo quel samaritano, in forza della sua fede in Gesù, vivrà una “vita nuova”, da salvato. Cari fratelli e sorelle, questa è la fede, nient’altro! E questa fede siamo chiamaJ a possedere e a suscitare nei lebbrosi del nostro tempo delle nostre ciEà. Come? Amando! Gesù non si è posto il problema di come si sarebbero comportaF i lebbrosi dopo aver ricevuto il suo amore vivificante. Non ha fa;o disFnzioni tra chi lo meritava e chi no, tra degni ed indegni... Ha amato e basta. Il suo è un amore vero, gratuito, libero e, pertanto, vivificante. Sì, perché c’è anche un amore falso, che non proviene da Dio e che di Newsletter - Febbraio 2013


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fa;o morFfica. È quell’amore che diamo so;o condizione, che si aspe;a un qualche riscontro e almeno la graFtudine, che vuole cambiare l’altro per renderlo a nostra immagine e somiglianza, che presenta Dio e il suo amore come un insieme di norme morali, di leggi e prescrizioni a cui bisogna assogge;arsi passivamente per o;enere un premio che ha da venire… I dieci lebbrosi si scoprirono guariJ mentre ancora erano per strada. L’amore vivificante, infa[, ha un effe;o immediato e cre-­‐ sce e si molFplica nel tempo, non ha niente a che fare con i nostri amori “mordi-­‐e-­‐fuggi” che sono più a beneficio personale, per il nostro tornaconto e non tengono assolutamente conto dell’altro se non come ogge;o di piacere, sia spirituale sia, ahimè!, troppo spesso, carnale. E dico, anche, tornaconto spirituale! Spesso, in-­‐ fa[, si sente dire che si fanno gesF di amore perché “è più quello che si riceve che quello che si dà”… Che questo avvenga è norma-­‐ le, ma che io ricerchi il tornaconto – sia pure spirituale – dai miei gesF di amore non ha niente a che vedere con la gratuità a cui ci richiama il vangelo. In questo senso siamo chiamaF a interpretare e vivere la “perfe;a leFzia” indicataci da San Francesco: non la ricerca di riconoscimenF e tornaconF di qualsiasi natura, ma solo la consapevolezza di avere agito secondo Dio nell’amore deve riempire e rallegrare il nostro cuore.

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Forse non tuN coloro che ameremo così saranno capaci di fare il salto della fede, riconoscendo cioè l’amore di Dio e rimet-­‐ tendo la propria vita con gioia e graFtudine ai piedi di Gesù Salva-­‐ tore; forse alcuni ne approfi;eranno solo per un proprio torna-­‐ conto umano, privo assolutamente di graFtudine, e taluni perfino lo rifiuteranno, ma lo sappiamo bene, guardando a Gesù sulla croce, che ad amare non si sbaglia mai, purché amiamo in Dio e secondo Dio. Se, allora, gli altri risponderanno a questo nostro amore morFficandoci, siamone lieF poiché, al di là dell’evidenza, sFamo certamente vivificando, fiduciosi della parola di Gesù che se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto fruMo (Gv 12,24). Questo, dunque, il mio desiderio e la mia preghiera per voi, cari fratelli e sorelle in Cristo, per la quaresima che comince-­‐ remo fra pochi giorni: il Signore vi faccia crescere e sovrab-­‐ bondare nell'amore fra voi e verso tutti, come sovrabbonda il nostro per voi, per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità (1Ts 3,12s). fra’ Saverio BenenaQ

L’amore vivificante ricevuto diventa a sua volta, come i frutti di un albero, vita per noi e per gli altri, cioè testimonianza dell’amore di Dio e fede che salva e spinge ad amare come si è stati amati da Dio. Perciò l’evangelizzazione è innanzi tutto testimonianza del-­‐ l’amore di Dio. E l’amore Dio si testimonia amando: non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità (1Gv 3,18). E nella verità, cioè in Gesù e come Gesù, per cui è chiaro che chi spe-­‐ rimenta il mio amore sperimenta e vi riconosce l’amore di Dio e nient’altro.

LE NOTTI DI NICODEMO

Sono ricominciate a gennaio le Notti di Nicodemo, il ciclo di annuncio kerygmatico rivolto ai giovani che tanto successo ha riscosso lo scorso anno nelle due città di Palermo ed Enna che le hanno ospitate in via sperimentale. Gli incontri serali si stanno tenendo ancora una volta nella ci;à di Enna, presso la Chiesa di San Francesco, e a Mascalucia (Ct), presso l’ex-­‐convento. Gli appuntamenF di quest’anno sono quindicinali e le date sono disponibili alla consultazione, come sempre, nella pagina online del Calendario MGF.

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IL SABATO È PER L’UOMO Gli evangelisJ sono concordi nel tesJmoniare che gli scribi, i fari-­‐ sei e gli erodiani, fin dall’inizio del ministero pubblico di Gesù, cercarono di accordarsi per farlo morire poiché violava il Sabato ed insegnava ai suoi discepoli a fare altreEanto. Perché questo immediato accanimento contro Gesù a moFvo del Sabato? Perché per gli israeliF il Sabato non era semplicemente un giorno di riposo, di astensione da alcune o molte incombenze. Il Sabato è il “comandamento” che anche Dio osserva, come si legge al termine del racconto della creazione. Pertanto, l’osservanza del sabato equivaleva all’osservanza di tu;a la legge data da Dio e vi-­‐ ceversa la trasgressione del sabato equivaleva alla trasgressione di tu;a la legge e per questo era prevista la pena di morte. Ma Gesù non è affaEo un trasgressore della Legge. Egli però si rifiuta di aderire alla legge per la legge, ma scava nelle sue profon-­‐ dità, nella sua origine e nelle sue moFvazioni. E Dio, autore della Legge, quando l’ha donata al suo popolo, aveva dichiarato che essa è per la sanFtà del popolo, per il suo bene e perché viva e si molF-­‐ plichi nella terra di cui Egli gli ha fa;o dono (cfr Dt 4,1-­‐20; 30,16). Perciò Gesù potrà dichiarare, inascoltato, che “il sabato è stato fat-­‐ to per l’uomo e non l’uomo per il sabato” (Mc 2,27) che equivale a dire che le leggi sono per l’uomo e non l’uomo per le leggi. E per far comprendere meglio questo conce;o – che è e dovrebbe essere il fondamento di ogni legge, anche quella prodo;a dai nostri siste-­‐ mi poliFci democraFci – immediatamente dopo, guarendo in gior-­‐ no di sabato un uomo dalla mano paralizzata lo pone al centro del-­‐ la sinagoga dove si svolge l’episodio (cfr Mc 3,1-­‐6), rappresentando così plasFcamente tu;o l’antropocentrismo di Gesù: l’uomo al cen-­‐ tro, l’uomo prima di tu;o! Ma, a;enzione, non tanto centralizzando l’uomo a prescindere da Dio e dalle sue leggi! Me;endo al centro l’uomo, Gesù dichiara che Dio è per l’uomo, che le sue leggi sono per l’uomo, che la gloria di Dio si manifesta nel ben-­‐essere dell’uomo, voluto e creato a sua 4

immagine e somiglianza per essere tempio della sua gloria. Perciò il ben-­‐essere dell’uomo non può essere diverso o in contrasto con il proge;o di Dio per l’uomo. Un ben-­‐essere senza Dio sarebbe un falso bene che condurrebbe alla morte dell’uomo, al suo non-­‐esse-­‐ re uomo quale creatura di Dio. Potremmo e dovremmo aggiungere tanto altro per spiegare e ap-­‐ profondire l’antropologia cristiana, ma tanto ci basta per catapul-­‐ tarci in un argomento che sembrerebbe avere poco a che fare con quanto detto sopra, cioè la politica e, in particolare, l’impegno dei cattolici nella politica che si esprime in un modo diretto mediante la propria candidatura ai seggi legislativi o indiretto mediante la mili-­‐ tanza nei partiti e il sostegno ai loro programmi e candidati. Già la Le;era a Diogneto, risalente ai primissimi secoli della Chiesa, affermava che i crisFani “partecipano alla vita pubblica come ci;a-­‐ dini”, cioè come persone che hanno precisi diri[ e doveri – come ogni ci;adino – nei confronF della polis e delle sue leggi, ma allo stesso tempo rileva che essi non si assogge;ano a quelle norme che vanno in contrasto con l’ordine naturale (e quindi divino, in quanto voluto da Dio per la creazione tu;a) al cui centro c’è l’uo-­‐ mo-­‐totale, essere carnale e spirituale, e quanto ad esso a[ene per il suo vero ben-­‐essere: “Si sposano come tu[ e generano figli, ma non ge;ano i neonaF. Me;ono in comune la mensa, ma non il le;o. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne” (ibidem). La Chiesa è oggi più che mai consapevole che la via della democra-­‐ zia se, da una parte, esprime al meglio la partecipazione dire;a dei ci;adini alle scelte poliFche, dall’altra si rende possibile solo nella misura in cui trova alla sua base una re;a concezione della perso-­‐ na. Su questo principio l’impegno dei ca;olici non può cedere a compromesso alcuno, perché altrimenF verrebbero meno la tesF-­‐ monianza della fede crisFana nel mondo e l’unità e coerenza inte-­‐ riori dei fedeli stessi. La stru;ura democraFca su cui uno Stato mo-­‐ derno intende costruirsi sarebbe alquanto fragile se non ponesse Newsletter - Febbraio 2013


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come suo fondamento la centralità della persona. È il rispe;o della persona, peraltro, a rendere possibile la partecipazione democraF-­‐ ca. Come insegna il Concilio VaFcano II, la tutela «dei diri[ della persona umana è condizione perché i ci;adini, individualmente o in gruppo, possano partecipare a[vamente alla vita e al governo del-­‐ la cosa pubblica» (Cost. Past. Gaudium et spes, n. 73). Pertanto, ben venga, spesso doverosa, la militanza poliJca, direEa o indireEa, dei caEolici e, sopraEuEo, la partecipazione alla vita poliJca e democraJca dello Stato mediante la partecipazione al voto, ma sapendo sempre ben discernere tra ideologie, programmi e proposte legislaFve. Non sempre il ben-­‐essere della persona idea-­‐ lizzato e prospe;ato dai parFF e dai movimenF poliFci vede al cen-­‐ tro la persona crisFanamente intesa, cioè sogge;o di diri[ e doveri civili ma anche morali. Spesso, a ben guardare, la concezione della persona e del suo ben-­‐essere da parte di alcune correnF poliFche è quanto di più distante ci possa essere dall’antropologia e dalla dot-­‐ trina sociale crisFana, e per talune non è neanche la persona al centro dell’interesse poliFco, bensì il benessere economico globale senza alcuna a;enzione agli individui, tanto meno agli ulFmi e al dovere della solidarietà verso le fasce deboli della popolazione, oppure le libertà individuali in quanto tali senza alcun fondamento antropologico e alcuna valutazione delle conseguenze sia sui singoli individui sia sulla società intera e globalizzata e sulla sua cellula-­‐ba-­‐ se che è la famiglia, ecc. Non si tratta di voler interferire, con queste sommarie valutazioni, con la libertà di coscienza del singolo cittadino, credente o meno. Però il vivere ed agire politicamente in conformità alla propria co-­‐ scienza non può prescindere dalla volontà di un ordinamento sociale più giusto e coerente con la dignità della persona umana. Infatti, non tutte le concezioni sul bene dell’uomo hanno la stessa verità e lo stesso valore poiché la pluralità di orientamenti e di soluzioni pro-­‐ spettate o attuate non sempre sono moralmente accettabili. Ciò non significa che il cristiano impegnato politicamente deve portare la religione all’interno dell’ordinamento statale che è e deve restare laico. Ma il fatto che alcune istanze antropologi-­‐ co-­‐sociali siano anche insegnate dalla Chiesa non diminuisce la legittimità civile e la “laicità” dell’impegno di coloro che in esse si riconoscono, altrimenti si dovrebbe poter affermare che ci sono verità di serie A e verità di serie B. La “laicità”, infatti, indica in primo luogo l’atteggiamento di chi rispetta le verità che scaturi-­‐ scono dalla conoscenza naturale sull’uomo che vive in società, anche se tali verità siano nello stesso tempo insegnate da una religione specifica, poiché la verità è una. In soldoni: una verità sull’uomo, condivisibile razionalmente da tutti, non è meno laica per il fatto che la condivide anche la Chiesa! Il crisJano, dunque, porta nella poliJca la sua capacità di ricono-­‐ scere e affermare la verità sull’uomo e sui valori che ne regolano la civile convivenza, già sperimentaJ nella famiglia e nella Chiesa, assumendo un linguaggio che non è più un linguaggio ecclesiale o un linguaggio confessionale, ma è il linguaggio della ragione uni-­‐ versale. Pertanto, il passaggio dall’impegno nella vita ecclesiale all’impegno poliFco dire;o va fa;o in piena autonomia e come scelta personale di colui che lo fa. Bisogna evitare in tu[ i modi di dare l’impressione che una persona che opera in un movimento, in una qualsiasi realtà ecclesiale, se la porF dietro entrando in poliFca. Nessun ca;olico può entrare in poliFca pensando di rappresentare una realtà ecclesiale. Non è questo il suo ruolo. Non è, infaN, la Chiesa che entra in poliJca, bensì le persone che riportano quello che sono e quello che hanno acquisito a livello di conoscenze e di esperienze. Bisogna, quindi, guardarsi bene dall’entrare in poliFca Newsletter - Febbraio 2013

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dando la falsa impressione che ci sia una “ecclesialità” che entra in poliFca. Si miliF pure in poliFca, dire;amente o indire;amente, ma senza senFrsi rappresentanF della Chiesa o di sue componenF e, viceversa, senza farsi strumentalizzare per “addomesFcare” la co-­‐ scienza di, almeno, una parte di essa. Nell’imminente tornata eleEorale, per cerJ aspeN cruciale per le sorJ della nostra nazione nel contesto globale di crisi economica e di credibilità delle isJtuzioni e di quanJ le rappresentano, il Mo-­‐ vimento Giovanile Francescano di Sicilia non può che essere orgo-­‐ glioso di quei suoi giovani che si stanno impegnando direEamente o indireEamente in essa. Ma allo stesso tempo invita tu[ ad una seria ed a;enta valutazione dei programmi – spesso fotocopia! e molto generici e dunque da chiunque condivisibili – e i loro modi di a;uazione che fanno la vera differenza. Per esempio, una cosa è dire di voler valorizzare il benessere familiare – lo dicono tu[ i pro-­‐ grammi poliFci – altro è che per tale benessere si favorisca ulte-­‐ riormente il divorzio o l’aborto o l’allontanamento degli anziani ammalaF dal contesto familiare; una cosa è la doverosa necessità di sviluppare i processi economici coniugaF col venire incontro alle necessità degli individui, altra cosa è che praFcamente questo si traduca nell’assenza di una domenica libera per stare insieme con la famiglia, come recentemente ha denunciato un nutrito gruppo di cassiere di un famoso marchio di distribuzione impossibilitate a trascorrere una “santa domenica” con i mariF e i figli che hanno proprio nella domenica l’unico giorno libero dal lavoro o dalla scuo-­‐ la. Su queste come su molteplici altre quesFoni inviFamo tu[ ad una seria e razionale riflessione, prima ancora che crisFana e fran-­‐ cescana, poiché non sempre ai proclami-­‐slogan corrispondono pro-­‐ ge[ di legge moralmente condivisibili. Perciò, se da una parte siamo orgogliosi dei giovani del Movimento che sono impegnaF a[vamente in questa tornata ele;orale, dal-­‐ l’altra, in quanto Movimento Giovanile Francescano di Sicilia, non ci senJamo rappresentaJ da nessuno né alcuno può pensare di rap-­‐ presentarlo. InviJamo tuN, egualmente ciEadini della nostra amata nazione, a desiderare e ricercare il vero ben-­‐essere dell’uomo e della società in cui viviamo nel suo contesto europeo e globalizzato che, se esi-­‐ ge l’a;enzione al singolo individuo, non deve per questo chiudersi – come avviene quasi sempre nei momenF di crisi economica – alla solidarietà ad intra e ad extra della nazione stessa o so;ostando a compromessi che morFficano la persona, le sue istanze e i suoi valori, individuali e sociali. Nella difficile congiuntura economica che sFamo a;raversando, i programmi per risollevare le sorF degli individui e delle famiglie e in parFcolare la necessità di eliminare l’alta disoccupazione giovanile che lede la dignità e mina le speran-­‐ ze dei giovani, non devono diventare un altare su cui immolare, oltre che gli “avversari” poliFci, i valori “non negoziabili” del rispet-­‐ to della vita e della dignità dell’uomo, dei diri[ civili ma anche del-­‐ la libertà di coscienza e di espressione da parte di tu[, credenF o meno; della giusFzia (senza giusFzialismo!), della solidarietà, della pace, della salvaguardia del creato… Se tutti sapremo avere, in coscienza, queste attenzioni, senza guardare solo al proprio tornaconto personale o partitico-­‐ideo-­‐ logico, allora potremo veramente sperare in una nazione mi-­‐ gliore fondata su leggi giuste espressione di valori stabili e im-­‐ mutabili che non mortificano bensì vivificano l’uomo, mettendo-­‐ lo al centro, come ha fatto Gesù. È questa coerenza evangelica, che è profondamente umana, che ogni credente è chiamato ad esprimere in tutti gli ambiti sociali della propria esistenza terre-­‐ na, anche quello politico. 5


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Martedì 29 gennaio, presso il Sacro Convento di Assisi, fra’ Marco Tasca è stato rieletto alla guida dell’Ordine. I giovani MGF-­‐Sicilia gioiscono e rendono lode al Signore per il dono di questo fratello sempre affabile non solo con i frati ma particolarmente con i giovani che ama e per i quali ha sostenuto il Meeting Interna-­‐ zionale di Assisi e l’accoglienza presso le strutture dell’Ordine dei giovani partecipanti alle varie GMG.

200° CAPITOLO GENERALE Fra’ Marco Tasca è stato riconfermato 119° successore di San Francesco. È stato rieletto Ministro Generale dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali dai 99 religiosi provenienti dai cinque continenti riuniti nel salone Papale del Sacro Convento di Assisi. Il 200° Capitolo Generale lo ha confermato dopo dieci giorni di preghiera, confronti e verifiche. "E stato un grande dono - ha dichiarato fra’ Marco Tasca - servire per sei anni la società e i frati sparsi nel mondo. Vedere con quanta fantasia, quanta voglia di vivere il Vangelo c'è, quanta vicinanza alla gente e ai poveri c'è e quanta voglia di futuro c'è nei nostri frati. Ed è per questo che dire ancora sì è un ridare fiducia al Signore e ai miei frati. Prego il Signore e San Francesco che ci dia la grazia di essere testimoni di bellezza e speranza. Abbiamo un grande sogno da vivere con Francesco: radici e ali. Siamo custodi della vita di Francesco, del suo carisma, dei suoi sogni, delle sue

fatiche e di quello che ha vissuto, tutto questo ci spinge ancor di più ad essere in sintonia con la proposta che lui ha fatto". Pensando ai diversi conflitti presenti nel mondo, il Ministro Generale ha sottolineato l'importanza dell'interculturalità legata alla possibilità di accogliersi nella diversità delle proprie identità: “Questo lo dimostriamo con la nostra stessa vita e penso che questa possa essere una strada che conduca alla pace, soprattutto in quei luoghi dove sono presenti conflitti etnici e guerre fratricide che si contano ad oggi in 36 paesi diversi. È, inoltre, estremamente importante il dialogo con l’Islam. Il capitolo XVI della Regola non bollata ci dice, infatti, che la prima modalità relazionale è legata ad un’esistenza e testimonianza pacifica, ponendosi senza litigiosità”. Al neo-eletto Ministro Generale vanno gli auguri da parte di tutti i giovani del Movimento Giovanile Francescano di Sicilia.

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Si è tenuto il 6 gennaio scorso, giorno del-­‐ l’Epifania, nella parrocchia del SS. Crocifisso di Pergusa, un worship natalizio proposto dai giovani del locale coro parrocchiale “Santa Chiara d’Assisi”.

DISCIPLES IN WORSHIP Tra canti e letture bibliche legate al Natale, la serata ha avuto il suo culmine nell’ingresso solenne in chiesa e l’adorazione di Gesù-­‐Euca-­‐ ristia, Verbo di Dio che continuamente si fa carne per la nostra salvezza, a cui ha fatto seguito la drammatizzazione dell’adora-­‐ zione dei magi. Unico obiettivo era, infatti, far percepire ai presenti il vero sen-­‐ so del Natale, cioè di quella nascita di Gesù nel cuore degli uo-­‐ mini che si realizza nel nostro oggi mediante l’accoglienza di Lui presente nell’Eucaristia, sua vera carne. E come i magi, dopo aver incontrato Gesù, hanno fatto ritorno a casa per un’altra strada, l’invito è stato quello di ritornare alle proprie occupa-­‐ zioni con un cuore nuovo, illuminato dall’incontro con la tene-­‐ rezza di Dio che ci permette di gustare l’indescrivibile dono sempre nuovo del suo amore.

vani emerge spontanea la rico-­‐ noscenza verso il Movimento Giovanile Francescano di Sicilia e il Gruppo Jubilate da cui traggono le risorse per contri-­‐ buire alla nuova evangelizzazione. E, soprattutto, grazie a Gesù perché dona sempre la forza e il coraggio a tanti giovani discepoli di portarlo ovunque con la gioia nel cuore nonostante i problemi personali e le preoccupazione umane di ciascuno!

La serata si è conclusa con un caloroso ringraziamento da parte del parroco, fra’ Massimiliano Di Pasquale, che insieme alla co-­‐ munità dei fraF di Pergusa ha assecondato con fiducia questa iniziaFva. Ringraziando i giovani corisF e strumenFsF del Proget-­‐ to Discepoli per aver reso lode al Signore insieme ai fedeli pre-­‐ senF mediante l’esperienza del worship, fra’ Massimiliano li ha definiF “sua benedizione”, espressione a cui fanno eco le parole dei leader locali del Proge;o Discepoli: “Noi giovani non solo ci senFamo benede[ dal Signore e perciò benedizione per il nostro parroco e per tu;a la comunità dei fraF e dei fedeli di Pergusa, ma ci senFamo chiamaF ad essere la benedizione di Gesù per tanF altri nostri coetanei! Noi lo abbiamo lodato con il canto e la preghiera e Lui ci ha ricolmaF della sua benedizione e della gioia di tanF cuori toccaF dall’amore di Dio!”. Come Salvatore che così ha ringraziato i giovani pergusini: «Momento emozionante e bel-­‐ lissimo, quasi irripeFbile; sembrava davvero di gustare a[mi di Paradiso e a tu;o ciò che siete riusciF a trasme;erci ha dato senso la presenza di Gesù EucaresFa. Ancora oggi, al solo pensie-­‐ ro di ciò che è stato quella sera, mi vengono le lacrime agli occhi. Grazie a tu[ e che il Signore Gesù per la potente intercessione della Beata e sempre Vergine Maria, che è Sua e nostra madre, vi benedica e vi custodisca sempre nel Suo Santo Amore. Bravi ra-­‐ gazzi, siete grandi!». Un grazie sentito va certamente ai coristi e agli strumentisti che hanno anteposto la preghiera e la lode a qualunque altra preoccu-­‐ pazione legata all’esibizione tecnica e, in particolare, a quanti han-­‐ no preparato e diretto artisticamente la serata, così come dai gio-­‐ Newsletter - Febbraio 2013

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CALENDARIO MGF 3 febbraio a Pergusa Assemblea pre-capitolare Gi.Fra.

in evidenza

sa raio a Pergu 23/24 febb SESA e er ed equip Ritiro Lead

NOTTI DI NICODEMO

ADORAZIONE EUCARISTICA MENSILE

7 e 18 febbraio a Mascalucia 15 e 26 febbraio ad Enna ADORAZIONE EUCARISTICA PER LE VOCAZIONI

Palermo, 28 febbraio,

Enna, 1 febbraio Catenanuova 8 febbraio Marineo, 8 febbraio Catania 14 febbraio Palermo 19 febbraio Trapani

Quaresima 2013 Con il rito dell’imposizione delle Ceneri, mercoledì 13 febbraio avrà inizio la Quaresima. La liturgia della Parola ci condurrà ogni giorno ad un processo di conversione frutto dell’incontro della nostra umanità con l’amore di Dio. La méta di questo cammino sarà la Fede, come risposta a questo amore donatoci nel Cristo risorto, vincitore del peccato e della morte, che professeremo solennemente nella notte di Pasqua.

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CENTRO REGIONALE PER LA PASTORALE GIOVANILE E VOCAZIONALE OFM CONV. Convento S. Maria della Dayna Salita San Francesco 90035 Marineo

N E W S L E T T E R

CREDERE NELLA CARITÀ SUSCITA CARITÀ «ABBIAMO CONOSCIUTO E CREDUTO L’AMORE CHE DIO HA PER NOI» (1Gv 4,16)

Partendo dalla fondamentale affermazione dell’apostolo Giovanni: «Abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi» (1 Gv4,16), Il Papa nel suo Messaggio per la Qua-­‐ resima 2013 ricorda, riprendendo un concetto della sua prima enciclica, che «all'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuo-­‐ vo orizzonte e con ciò la direzione decisiva... Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,10), l'amore adesso non è più solo un ”comandamento”, ma è la risposta al dono del-­‐ l'amore, col quale Dio ci viene incontro» (Deus caritas est, 1). La fede costituisce quella personale adesione – che include tutte le nostre facoltà – alla rivelazione dell'amore gratuito e «appassionato» che Dio ha per noi e che si manifesta pie-­‐ namente in Gesù Cristo. L’incontro con Dio Amore che chiama in causa non solo il cuore, ma anche l’intelletto: «Il riconoscimento del Dio vivente è una via verso l'amore, e il sì della nostra volontà alla sua unisce intelletto, volontà e sentimento nell'atto totalizzante dell'amore. Questo però è un processo che rimane continuamente in cammino: l'amo-­‐ re non è mai “concluso” e completato» (ibid., 17). Da qui deriva per tutti i cristiani e, in particolare, per gli «operatori della carità», la necessità della fede, di quell'«incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l'amore e apra il loro animo all'altro, così che per loro l'amore del prossimo non sia più un comandamento imposto per così dire dall'esterno, ma una conseguenza derivante dalla loro fede che diventa operante nell'amore» (ibid., 31a). Il cristiano è una persona conquistata dall’amore di Cristo e perciò, mosso da questo amore -­‐ «caritas Christi urget nos» (2 Cor 5,14) –, è aperto in modo profondo e concreto all'amore per il prossimo (cfr ibid., 33). Dunque, continua il Papa nel suo Messaggio, una fede sen-­‐ za opere è come un albero senza frutti: queste due virtù si implicano reciprocamente. La Quaresima ci invita proprio, con le tradizionali indicazioni per la vita cristiana, ad alimen-­‐ tare la fede attraverso un ascolto più attento e prolungato della Parola di Dio e la partecipazione ai Sacramenti, e, nello stesso tempo, a crescere nella carità, nell’amore verso Dio e verso il prossimo, anche attraverso le indicazioni concrete del digiuno, della penitenza e dell’elemosina. L’augurio di Benedetto XVI è di vivere questo tempo pre-­‐ zioso ravvivando la fede in Gesù Cristo, per entrare nel suo stesso circuito di amore verso il Padre e verso ogni fratello e sorella che incontriamo nella nostra vita.

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Newsletter - Gennaio 2013


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