Metal Hammer Italia - 07/2016

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con Testament, Slayer ed oggi in tour con gli Anthrax al posto dell’infortunato Charlie Benante. Meshiaak non propongono nulla di nuovo, questo va detto subito ed a chiare lettere. La loro proposta sonora è un coacervo sonoro thrash metal old style senza le derive metalcore degli ultimi anni, una miscela sonora che prende spunto dai Metallica del periodo ‘Ride the Lightning’ / ‘Master of Puppets’, Slayer di ‘South Of Heaven’ e Machine Head di ‘Burning My Eyes’. Un sound compatto, incisivo fin dalle prime note dell’opener ‘Chronicles of The Dead’, un vero e proprio fulmine a ciel sereno che ci presenta una band mai doma: ritmiche serrate, buon senso melodico della chitarra solista ed un cantato aggressivo ed ispirato. ‘I Am Among You’ ricorda da vicino i Machine Head con quel suo trash ‘sporcato’ da un groove maligno di stampo moderno ed impreziosito da un break centrale dominato da un pregevole solo chitarristico di Dean Wells. ‘Alliance Of Thieves’ si fa apprezzare anche per la produzione old style utilizzando le moderne tecnologie che rendono il suono fresco ed attuale, sapientemente mixato da Jacob Hansen. Altri brani che si fanno apprezzare sono ‘Drowning, Fading, Falling’ e ‘At The Edge of the World’ il cui senso melodico nei refrain ricorda in alcuni tratti addirittura il gusto melodico degli Shinedown, soprattutto per quanto concerne il secondo mentre ‘Maniacal’ è una thrash song dove lo spettro dei ‘Tallica di ‘The Thing That Should Not Be’ fa capolino nel

riff finale. Come non dare una chance ai Meshiaak? In un mercato dove miriadi di bands propongono musica copia / incolla, qui si nota onestà compositiva, musica suonata con il cuore senza risultare ripetitiva ma fresca ed attuale dall’inizio alla fine. Andrea Schwarz

Cry Of Dawn Cry Of Dawn (Frontiers)

80

Un’altra band fa il suo debutto questo mese per la nostrana Frontiers, si tratta dei Cry Of Dawn, un gruppo dedito all’AOR di qualità. Le band di riferimento potrebbero essere i Night Ranger, i Journey, i Bad English, ma anche cose più semplici-moderne tipo Eclispe o i Niva (per chi li conosce). Le attenzioni della nostrana etichetta sono giustificate dal fatto che dietro al microfono di questa nuova creatura c’è nientepopodimeno che Goran Egman, un cantante ormai attivo da trent’anni che ha prestato la sua voce per i generi più disparati come il metal neoclassico, il rock progressive, l’AOR, l’hard rock cantando per gente come John Norum, Yngwie Malmsteen, Brazen Abbot/Nikolo Kotzev, Glory, Street Talk e tanti altri riuscendo a realizzare oltre cinquanta album. Un signor cantante. Partiamo dalla cosa

meno importante ma d’impatto, la copertina?? Un cavallo che esce da un onda con degli iceberg. Colpisce ma non si capisce. ‘Change’ apre l’album domandogli allegria e spensieratezza. ‘Listen To Me’ non solo prosegue nel discorso, ma migliora ancora sia per coinvolgimento dell’ascoltatore che per la melodia in esso contenuta. Senza analizzare ogni brano, non è difficile capire la qualità di questo album, forse anche per merito di chi ha scritto le canzoni. Gente come Steve Newman, Alessandro Del Vecchio, Michael Palace, Soren Kronqvist quest’ultimi, insieme a Daniel Flores alla batteria, suonano rispettivamente chitarra/basso Palace e tastiera Kronqvist. Siamo al cospetto di gente che fa della musica il proprio pane quotidiano, cosa questa che permette alle canzoni di avere un facile appeal e di essere orecchiabili e canticchiabili già dal primo ascolto. Strana la scelta di mettere i tre brani lenti a metà dell’album che quindi ha una partenza decisa, un rallentamento e una chiusura di carattere. La voce di Edman regala una marcia in più a questo buon lavoro. Complimenti a tutti, un altro colpo messo a segno. Andrea Lami

Vanexa Too Heavy To Fly (FRONTIERS)

85

La storia dei savonesi Vanexa inizia a fine anni settanta, quando il quartetto Merlone/Spinelli/ Pagnacco/Bottari ha iniziato a muovere i primi passi suonando in giro per l’Italia. A livello discografico la band sembra praticamente tutta nuova, anche se è vero che questa formazione ha già un anno di vita. Intorno a Pagnacco/Bottari sono arrivati Artan Selishta e Pier Gonella alle chitarre e Andrea ‘ranfa’ Ranfagni alla voce. Un mega riff figlio della NWOBHM ci introduce l’omonima ‘Too Heavy To Fly’ dove Ranfa si presenta nella maniera migliore con un’ottima interpretazione. Da applausi l’assolo/duello delle due chitarre. Chi buon inizia…. ‘Life Is A War” ha un ché dei primissimi Iron Maiden, basso pulsante, ritmica sostenuta se non fosse per quella parte di chitarra (Gonella??) che la rende ancor più fresca e piacevole. Sempre rimanendo vicino alle sonorità della vergine di ferro ma con un pizzico di prog, ascoltiamo ‘It’s Illusion’. ‘Kiss In The Park’ inizia con una chitarra acustica per poi indurirsi un pochino per merito della batteria in stile Metallica. ‘The Traveler’ chiude l’album e contiene in sé una piccola gemma e cioè l’apparizione di Ken Hensley (ex Uriah Heep) alle tastiere che dona al brano un tocco retrò proprio delle sonorità della band in cui ha fatto parte regalandoci un assolo a dir poco splendido. La qualità dei Vanexa è quella di rinascere dalle proprie ceneri più forte che mai, coinvolgendo tra le loro fila musicisti di ottimo livello ed ancora oggi riescono nell’intento di regalarci un lavoro che convince, con una identità ben precisa. Un album per chi ama quell’heavy metal per quanto riguarda la parte ritmica ed i riff che si fa apprezzare sin dal primo ascolto. Andrea Lami

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