Metal Hammer Italia 05/2017

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di Andrea Schwarz

ProgSpective

Se dovessimo fare un sondaggio chiedendo quale sia la band prog metal più famosa al mondo, non ci sarebbero dubbi: i Dream Theater sarebbero il nome più gettonato, sicuramente. Ci sono altre band per così dire di prima fascia che comprendono nomi illustri come Queensrÿche e Fates Warning...e poi? Comincia così un sottobosco di gruppi dediti al genere che per svariati motivi non sono riusciti a raggiungere il tanto agognato “posto al sole”, vuoi per oggettive incapacità compositive vuoi per la mancanza di esposizione mediatica tale da poter vedere riconosciute le proprie oggettive capacità musicali. I Threshold sono una band che è riuscita nel corso della sua venticinquennale carriera a raggiungere uno status quasi di cult band trovando successo e notevoli riscontri tra i cultori del genere senza peraltro ‘sfondare’ proprio questo sottilissimo confine tra i cosiddetti die hard fan e coloro che seguono il metal a tutto tondo. Uno dei limiti che ne ha in un certo senso tarpato le ali è stato certamente l’instabilità e i svariati cambi di line-up, basti pensare che al microfono si sono avvicendati dal 1993, anno di pubblicazione del loro debut album ‘Wounded Land’

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ben tre vocalist: Damian Wilson, Glynn Morgan, Andrew McDermott. Certo, questi avvicendamenti mischiati di tanto in tanto a un ritorno dietro al microfono dei vari Wilson e Morgan hanno saputo donare colori e sfumature diverse e per alcuni

aspetti inattesi alle musiche che il duo Karl Groom - Richard West ha saputo comporre disco dopo disco. Ebbene sì, in questo turbinio di avvicendamenti questi due musicisti sono stati gli unici che hanno invece marchiato a fuoco ogni composizione che i Threshold abbiano pubblicato

dal 1993 a oggi. Karl Groom, chitarrista già conosciuto per aver militato in band come Landmarq, Pendragon e Shadowland, con le sue taglienti e precise chitarre unite alle tastiere di Richard West sono riusciti a produrre un sound

unico che pochi altri gruppi posseggono, un suono epico con assoli melodici e quei breaks di pinkfloydiana memoria che rendono affascinante ogni loro uscita discografica. Durante oltre venticinque anni, i Threshold hanno vissuto momenti di grazia compositiva alternati ad altri nei quali si è temuto

P RO

G MUSIC

addirittura lo scioglimento tanto scarse erano le informazioni che riguardavano il quintetto britannico ma fin dal proprio esordio i Threshold hanno saputo far parlare di sé gli amanti del genere. Diciamo che durante i primi 3 album, fino a quel ‘Extinct Instinct’ del 1997 che vedeva impegnato Damian Wilson prima dell’abbandono e il suo clamoroso ritorno il suono era più rarefatto, la produzione meno curata ed essenziale mentre dal successivo ‘Clone’ del 1998, il primo di una lunga serie con al microfono Andrew McDermott i suoni cominciano a trovare una connotazione più personale, per uno stile che ancora oggi li contraddistingue nel panorama prog, non solo metal. Il loro debutto è un po’ un fulmine a ciel sereno nel metal e fin da quel momento vengono additati come la risposta inglese al prog metal Made in USA dei Dream Theater che l’anno prima avevano pubblicato il seminale ‘Images & Words’ anche se le differenze sono notevoli: al quintetto inglese non fanno difetto complicate strutture armoniche e compositive, ma a differenza del combo statunitense la band di


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