Metal Hammer Italia - 02/2017

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l a t u r B Stay di Trevor Tra le tante interessanti realtà nostrane, ci sono due band, uscite di recente con il loro debut album, da subito entrambe si sono fatte notare, suscitando curiosità da parte degli addetti ai lavori, passando attraverso ottime recensioni. In questa puntata incontriamo i Blue Hour Ghots! Di recente siete usciti con il nuovo album, siete soddisfatti? Siamo molto soddisfatti. Il nostro album di debutto omonimo ha avuto una gestazione molto lunga, segnata da numerose difficoltà dovute alla ricerca, quasi certosina, di arrangiamenti originali e funzionali all’impatto sonoro che volevamo creare. L’incontro con i ragazzi della Dysfunction Productions (Giuseppe Bassi ed Eddy Cavazza) è stato decisivo, avendo loro plasmato il nostro sound con sonorità ed arrangiamenti efficaci e moderni. Dopo l’uscita del disco i riscontri sono stati molto positivi, sia da parte della stampa specializzata che del pubblico che ci segue nella nostra attività live. Cosa chiedere di più? Anni fa, realizzare un disco rappresentava arrivare in vetta, siete convinti sia la stessa cosa oggi? Assolutamente no. Un tempo non c’era una saturazione del mercato come quella presente oggi, e quelle “poche” band che uscivano potevano sperare in una maggiore attenzione. Inoltre, oggigiorno, con una quantità non spropositata di denaro si possono realizzare prodotti assolutamente professionali. La vetta è molto affollata, ed è un piacere ormai così comune da non essere vissuto

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fino in fondo. Quanto è stata dura lavorare sul disco, quanto tempo impiegato in sala prove? Diciamo che il periodo più duro è stato quello che ha preceduto le registrazioni finali. Prima di questa fase eravamo molto concentrati sulla ricerca di un sound e arrangiamenti convincenti, e questa voglia di realizzare il disco “perfetto” ci ha portato al nostro produttore, il quale è riuscito a dar forma a tutto quello che avevamo cercato, invano, in precedenza. Dopo circa due anni di tentativi autonomi, in brevi sessioni, durante l’estate del 2015, abbiamo completato le registrazioni dell’album. Cosa pensate del Death Metal? Il death metal è una nostra passione comune, soprattutto quello melodico di stampo scandinavo. Siamo tutti cresciuti musicalmente negli anni Novanta, periodo nel quale hanno visto la luce i capolavori di At the Gates, Dark Tranquillity e In Flames, tanto per citarne alcuni. Parte dei Blue Hour Ghosts, un tempo, faceva parte di un gruppo death metal: gli Oblivion 999. Credete che l’underground italiano sia sempre molto vivo? Certo. La situazione è molto florida. Sono tanti i gruppi validi, alcuni dei quali meriterebbero attenzioni ben più ampie di quelle che hanno avuto fino ad ora. Siamo in attesa di una grande esplosione, come quella che in passato, ad esempio, ha investito gruppi come Lacuna Coil e Rhapsody of Fire. Noi ci siamo. Quali sono stati i vostri punti di riferimento, le band che vi

hanno influenzato maggiormente? Ognuno di noi ha i suoi punti di riferimento. La situazione è molto eterogenea. Principalmente potrei citare Porcupine Tree, Anathema e Fates Warning per quanto concerne la nostra anima più prog. Del death metal scandinavo ne abbiamo già parlato. Katatonia e Metallica chiudono il cerchio. Siete convinti anche voi del fatto che, per un musicista la cosa più ambita è salire sul palco? Assolutamente sì. Il palco è la vita. È un elemento imprescindibile. Il palco è il “locus amoenus” dove si scambia energia col pubblico, dove si vedono i risultati del tuo lavoro ed il luogo dove tutto diventa reale e tangibile. La musica non può considerarsi completa senza la dimensione live. Un musicista ha bisogno di tutto questo per sentirsi realizzato. Non importa il numero di persone che ti troverai davanti, ma il loro livello di partecipazione. Un palco importante vale mille recensioni positive, mille interviste e migliaia di copie vendute. Perché suonare oggi, in un periodo dove le opportunità sono sempre meno e soprattutto, non sembra essere cambiato nulla per la musica Rock e Metal. Difficile rispondere. È una tautologia infinita. Molte volte il rock e il metal sono stati dichiarati clinicamente morti, ma sono

sempre risorti, in un modo o nell’altro. Oggi suonare significa portare gente e soldi ai locali, cosa che, sovente, è realizzabile in modo pieno e sicuro soltanto dalle tribute band. La piaga del pay to play è sempre dietro l’angolo, e, a volte, risulta molto difficile rifiutare. La brama di successo porta a decisioni opinabili, ma, a volte, si ragiona più col cuore che con la testa. Bisognerebbe salire sul palco come se fosse l’ultima volta, e mostrare con tutta l’energia che si ha quello di cui si è capaci. Bisognerebbe avere la fortuna di incontrare le persone giuste al momento giusto. Il metal, in Italia, non ha lo stesso seguito presente in altri paesi. È sempre difficile trovare situazioni idonee in cui suonare. Sono convinto che se una band vale veramente, prima o poi, troverà il suo spazio all’interno della scena. Non esistono proposte di valore rimaste completamente nell’ombra. È deleterio lamentarsi in continuazione. Se vali e perseveri avrai modo di toglierti molte soddisfazioni.


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