Med & lunch

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Alfredo Formosa - Beatrice Iulini

Med&Lunch


Indice generale CAPITOLO I - ORE 13: PAUSA PRANZO 1. Un’incudine sullo stomaco ............................................................................... 7 2. Dante & Beatrice ................................................................................................ 9 3. La soluzione esiste! ........................................................................................... 14 CAPITOLO II - SAPER MANGIARE 1. Gli errori alimentari più comuni ................................................................... 20 2. Nutrirsi correttamente .................................................................................... 36 3. Il cibo “consapevole” ....................................................................................... 50 CAPITOLO III - SAPER RESPIRARE 1. Non sappiamo respirare! ................................................................................. 66 2. Respiro ed energia............................................................................................ 72 3. Saper respirare .................................................................................................. 77 CAPITOLO IV - SAPERSI RILASSARE 1. Lo stress: il nemico numero uno.................................................................... 88 2. La Meditazione ................................................................................................. 93 3. Lo Yoga .............................................................................................................. 99 CAPITOLO V - MED & LUNCH: LA NUOVA PAUSA PRANZO 1. Relax e ricarica in un’ora............................................................................... 108 2. Tre passi insieme ............................................................................................ 111 CAPITOLO VI - CONCLUSIONI MULTIMEDIALI ................................................. 119 STRUMENTI UTILI PER VIVERE IL QUOTIDIANO IN MODO SANO E FELICE ........ 123

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PREFAZIONE Penso che l’orario della pausa di pranzo mi sia rimasto profondamente scolpito nel DNA sin dai tempi della scuola. Otto anni della mia vita tra medie e liceo passati a sospirare il delizioso suono della campanella dell’ultima ora di lezione. Di solito suonava in quel lasso di tempo compreso tra l’una e l’una e mezza, a seconda dei periodi e delle classi. Era molto più di un semplice scampanellio, era la liberazione dalle catene che mi tenevano incollato al banco di scuola e mi lasciavano finalmente libero di scappare fuori, affrancato e felice. E non ero il solo. Il suono della campana segnava lo spaventoso generarsi di una sorta di tsunami di ragazzini che improvvisamente travolgeva tutto ciò che malauguratamente veniva a trovarsi sulla sua strada, banchi, lavagne, compagni di scuola antipatici e secchioni, bidelli. Le scale venivano saltate a piè pari come se a scendere fosse un branco di gazzelle inseguite da un leone. L’onda di piena, rispettosa solo di qualche sprovveduto professore avventuratosi per i corridoi, si placava solo nel cortile antistante alla scuola come un fiume che finalmente si getta nel mare e, tra cartelle utilizzate come armi improprie, qualche spintone e grasse risate, i maschietti si avviavano correndo verso biciclette e autobus per il rientro a casa, sotto lo sguardo di sufficienza e un po’ disgustato delle compagne di classe notoriamente maturate più velocemente dei coetanei dell’altro sesso. Poi all’università, dove uno era libero di entrare e uscire dalle lezioni come meglio credeva, questa esplosione di libertà veniva meno e la campanella diventava solo un caro ricordo che però mi sono portato anche nel mondo del lavoro. Ho scelto di lavorare come libero professionista e quindi ho avuto la fortuna (o la sfortuna) di poter gestire il mio tempo come meglio credevo, libero dagli orari imposti a chi invece lavora in una qualunque azienda privata o pubblica. 5


Però, nonostante tutto questo, quella fascia oraria che va dalle 13,00 alle 13,30 rappresenta qualcosa di speciale per me. Qualunque cosa io stia facendo, di interessante o di tremendamente noioso, ecco che a quell’ora si accende una sorta di interruttore biologico che mi dice: “guarda che è l’una, guarda che ti sta per venire fame, devi piantare lì tutto e precipitarti verso il posto di ristoro più vicino”. E se sei in ufficio ti prepari a scendere al tuo bar o ristorante preferito, se sei in autostrada inizi a pianificare, con l’ausilio del tuo fedele navigatore satellitare, la sosta al più vicino autogrill. Inizia così il rituale della cosiddetta “pausa pranzo”, pratica esclusiva di milioni di persone che si trovano fuori casa a causa del proprio lavoro o che non hanno comunque il tempo di rientrare per essere coccolati dagli intingoli preparati da madri o coniugi. È una pausa, un momento in cui si dovrebbe staccare per rilassarsi e rigenerarsi in vista del pomeriggio di lavoro che ancora ci aspetta, una sorta di pit-stop da Formula Uno che dovrebbe permetterci di rientrare in pista con le gomme nuove e il pieno di benzina, pronti a riprendere la gara con performance al limite dell’incredibile. Ma, purtroppo, non sempre va così!

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CAPITOLO I - ORE 13: PAUSA PRANZO 1. Un’incudine sullo stomaco Era ormai da qualche tempo che una domanda si era insinuata come un bruco nella mia mente e iniziava a farsi viva un po’ troppo assiduamente, specialmente al termine di una lunga giornata di lavoro. In sostanza mi chiedevo: “ma se uno mangia, si nutre, per fare il pieno di energia e ripartire a svolgere le proprie attività fresco e felice come un bambino, allora perché, spesso e volentieri, dopo pranzo mi sento una schifezza umana, ho un’incudine sullo stomaco, la lingua che sembra carta vetrata, un alito che potrebbero usarmi come arma batteriologica e un sonno da fare invidia a un orso bruno in letargo?” E in queste condizioni non posso buttarmi sul divano di casa, ma devo affrontare un incontro di lavoro importante, o salire in auto e farmi magari duecento chilometri con le palpebre che sembrano di piombo! Avevo letto da qualche parte che gli esseri umani, perlomeno quelli normodotati, hanno solo due possibilità di incanalare energia attraverso gli appositi orifizi predisposti da Madre Natura. E parlo di cibo e di aria. Indubbiamente la forzatura di altre aperture potrebbe portare a situazioni quanto meno imbarazzanti, come trovarsi con una coscia di pollo infilata nell’orecchio, e mi fermo qui con esempi che potrebbero portarmi in un tragico cul de sac. Dopo lunghe analisi che mi avevano portato fino ai fondamentali 7


della fisica quantistica, avevo dedotto che l’aria non poteva essere il problema, visto che sarei stato rimbambito così per 24 ore al giorno. Per esclusione non poteva essere che il cibo. E pensare che cercavo di stare attento nei limiti della norma. Non avevo mai pensato di trangugiare un litro di vino per coprire i deliziosi sapori di una pastasciutta alla carbonara e poi pretendere di fare delle evoluzioni al cavallo a maniglie senza percepire il benché minimo fastidio. Eppure niente da fare. La pausa pranzo si stava trasformando in un problema. Forse mangiavo troppo velocemente, forse avrei dovuto lasciare il telefono cellulare sulla scrivania, forse non mi sarei dovuto portare nella mente tutti i problemi lavorativi, e non solo quelli, della giornata. Una montagna di forse e di chissà. Il risultato però era sempre quello: il dopo pranzo trasformato in un momento di profondo malessere, altro che rigenerazione e relax. Devo anche dire che, dalle interviste che avevo iniziato a fare tra amici, conoscenti e colleghi, pure la loro situazione rispecchiava la mia. Anche chi aveva il tempo di dedicare un’oretta a una salutare attività fisica, spesso preferiva saltare il pranzo per non vanificare con un panino i benefici della corsetta o della nuotata in piscina. Saltare il pranzo non mi sembrava un’idea geniale. Qualche volta mi capitava di farlo, ma solo per causa di forza maggiore con il risultato di un rientro serale a casa con una fame veramente devastante, tanto da fare apparire succulenta la prosperosa portinaia, immaginata ancora fumante e sontuosamente servita su un letto di radicchio e patate novelle. La mangiata serale non avrebbe poi avuto nessuna regola, sia sotto il profilo quantitativo, sia sotto quello qualitativo, con il risultato di una digestione pessima e un sonno che definire disturbato è dire poco; il tutto propedeutico al 8


mal di testa della mattina successiva e alla conseguente giornata del cavolo. Sicuramente una soluzione ci doveva essere per intervenire contro questo disagio pomeridiano che iniziava a diventare pesante da sopportare, non solo a livello fisico, ma anche psicologico. Non sentirsi in forma e performante non è sicuramente un elisir di lunga vita per la propria autostima! Probabilmente occorreva unire a un’alimentazione sana ed equilibrata qualche tecnica di rilassamento utile per ripristinare la serena percorribilità del mio tratto gastro-intestinale. Seguendo una prassi ormai consuetudinaria, la sera stessa, dopo una frugale cena, Internet spalancò le porte della sua conoscenza pressoché illimitata e iniziai a cercare link di siti che potessero parlare di come affrontare la pausa pranzo in modo “alternativo”. Come sempre Google fu molto prodigo di risposte, come sempre le più svariate: c’era chi consigliava che cosa mangiare, chi invece proponeva attività di ogni genere al posto del pasto, molte pubblicità di locali con una variegata serie di proposte culinarie, dall’etnico al vegetariano, dal macrobiotico al vegano, dalla cucina familiare a quella tipica della zona di appartenenza. Migliaia di siti e di collegamenti, ma, sinceramente, nessuno che fosse disposto a dirmi come trasformare il mio pranzo in un momento di relax e di rigenerazione.

2. Dante & Beatrice Stavo quasi per alzare bandiera bianca arrendendomi alla realtà di una ricerca per nulla proficua, quando, come in un flash, mi balzò alla memoria un incontro di qualche settimana prima in quel di Milano. In quell’occasione, su invito di un amico me9


dico, avevo partecipato alla presentazione di un progetto pilota sviluppato presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano e basato sull’applicazione della Terapia SKY®1 (dove l’acronimo SKY sta per Sudarshan Kryia® Yoga) su pazienti affetti da ansia generalizzata, attacchi di panico, depressione, con risultati a dir poco sorprendenti. Questa particolare applicazione del Sudarshan Kriya® Yoga è stata sviluppata da IAHV Italia onlus, branch italiana dell’omonima International Association for Human Values, operante in collaborazione con la consorella Fondazione internazionale “The Art of Living”, fondata nel 1981 da Sri Sri Ravi Shankar2 , e oggi presente in circa 150 paesi in tutto il mondo, con finalità di carattere educativo e umanitario, impegnata nel nobile tentativo di migliorare la qualità della vita delle persone e dei contesti sociali: robetta da poco! In quella serata avevo avuto il piacere di conoscere due dei loro trainer, compagni sul lavoro e nella vita, Roberto Sanlorenzo e Beatrice Iulini. Avevamo avuto un piacevole scambio di idee e di informazioni ed ero rimasto particolarmente colpito dai risultati che erano riusciti a ottenere usando solamente l’arte della respirazione. 1. Terapia SKY® È un progetto italiano basato sull'applicazione del Sudarshan Kriya® Yoga - tecnica di respirazione cuore del metodo “The Art of Living” ispirato dagli insegnamenti di Sri Sri Ravi Shankar - e di pratiche correlate all'interno di un protocollo terapeutico utilizzato con ottimi risultati per riequilibrare il sistema nervoso simpatico e parasimpatico, alterati da disturbi dell'umore e stress. 2. Sri Sri Ravi Shankar Nato in India nel 1956, è un leader spirituale e umanitario, nonchè ambasciatore di pace. Ha fondato l’organizzazione internazionale a carattere educativo e non-profit “The Art of Living”, che basa la propria filosofia sulla visione di una società libera dallo stress e dalla violenza, e l’International Association for Human Values, con scopi di intervento in ambiti di disagio a partire dal rafforzamento dell’individuo e dalla riaffermazione dei valori umani.

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I risultati clinici dei primi 6 mesi del progetto (al luglio 2009) attestavano un bel 60% di riduzione media degli indici della depressione secondo i test standard, il 40% di diminuzione media degli indici di psicosi secondo i test standard, un significativo miglioramento dell’assetto cognitivo emerso dai colloqui clinici con la conferma dell’effetto di stimolazione vagale di SKY® attraverso la comparazione dei dati cardiologici con l’atto respiratorio. Decisi di rinfrescarmi la memoria su queste tematiche collegandomi al sito di “The Art of Living” dove trovai ulteriori informazioni molto interessanti sulla Terapia SKY® che cito testualmente: “Il Sudarshan Kriya® è una tecnica di respirazione che si basa sull’utilizzo di specifici ritmi naturali del respiro in grado di armonizzare il ritmo di corpo, mente ed emozioni, sintonizzandolo con il ritmo della natura. […] Sviluppato da Sri Sri Ravi Shankar nel 1982, il Sudarshan Kriya®, pur allineandosi ad un’antica tradizione, è estremamente attuale: stimola corpo e mente a liberarsi dallo stress. È possibile usare il respiro come una efficace e veloce tecnica di rilascio dello stress, per eliminare tensione, rabbia, ansia, depressione e preoccupazioni. Consentendo alla mente di rilassarsi e al tempo stesso ricaricarsi di energia. La chiave di comprensione dei notevoli benefici per la salute prodotti dal Sudarshan Kriya® è la relazione tra corpo, respiro, mente, memoria, ego. Il Respiro è ciò che collega corpo e mente. Quando comprendiamo questo, possiamo portare dei cambiamenti significativi nei nostri schemi mentali e comportamentali utilizzando in modo consapevole i diversi ritmi del nostro respiro. Imparando specifici ritmi di respirazione l’organismo può essere liberato dalle tossine accumulate, dallo stress e dalle emozioni negative. Si crea11


no così i presupposti per una vera salute sul piano fisico, mentale e spirituale. Bastano pochi minuti al giorno per ottenere: ■ P rofondi benefici per la nostra salute ■ A umento dell’energia vitale ed entusiasmo ■ A umento della creatività e della chiarezza mentale ■ M iglioramento delle relazioni interpersonali ■ A umento della fiducia in se stessi ■ M iglioramento della salute fisica ■ R ilascio di emozioni negative e vecchi schemi mentali ■ Avvio di guarigione da traumi emozionali del passato”. (Fonte: www.artofliving.it)

Se Beatrice e Roberto, in quanto trainer ufficiali di Art of Living, erano i depositari di questa e di altre tecniche Yoga così efficaci da intervenire come supporto determinante per la soluzione di problemi gravi come la depressione e il panico, sicuramente avrebbero potuto fare qualcosa per i miei meschini guai legati alla gestione di una banale pausa pranzo. Mi misi immediatamente alla ricerca dei loro biglietti da visita, impresa ardua data la quantità di borse e tasche in cui potevano essere finiti. Nel peggiore dei casi avrei mandato una mail direttamente al sito. Invece il destino volle che il biglietto da visita di Beatrice si materializzasse improvvisamente in una tasca della borsa porta PC (non me ne voglia Roberto, ma il suo è stato assorbito da qualche entità oscura che gira all’interno del mio ufficio). La mattina dopo chiamai immediatamente Beatrice Iulini, le spiegai sinteticamente il motivo della mia chiamata e lei si rese subito disponibile a fissare un incontro per il giorno successivo presso la sede milanese di “The Art of Living”. 12


L’indomani, mentre mi avviavo al luogo dell’incontro, ebbi la netta sensazione, forse condizionata dal nome della mia prossima interlocutrice, di essere una sorta di Dante Alighieri postmoderno, intento a iniziare un viaggio di esplorazione di mondi sconosciuti. La povera Beatrice, in questo caso, non avrebbe accompagnato il sommo vate in giro per inferni e paradisi, ma si sarebbe dovuta occupare di un individuo leggermente in sovrappeso, provato dalle ripetute bizze del suo apparato gastroenterico, annebbiato dalla stanchezza e reso opaco da una sorta di fatica cronica. Chi non avrebbe desiderato una situazione del genere! Ma lei ancora non lo sapeva! Forse per questo mi accolse calorosamente, contenta che ci fosse stato un seguito alla serata di presentazione alla quale avevo partecipato. Esauriti i convenevoli, entrai subito nel cuore del problema che mi attanagliava e per cui ero lì. Beatrice non mi sembrò molto scossa dalla presentazione catastrofica che le feci relativamente al mio rapporto con il cibo e di quella maledetta ora che il lavoro mi regalava per nutrirmi. Terminato il mio sfogo, mi disse subito che in seno alla fondazione era già stato sviluppata un’ipotesi di progetto in questo senso, ma che, sfortunatamente per me, era rimasta a livello embrionale. Però, e questa era una buona notizia, secondo lei una soluzione esisteva sicuramente e, dopo un’attenta riflessione, me la propose just in time rendendomi edotto sul fatto che per creare un nuovo format di pausa pranzo sarebbe stato sufficiente fare tre cose: imparare a respirare, imparare a rilassarsi e imparare a mangiare! Esiste un’espressione romana molto volgare (e che quindi metto in nota solo per i curiosi3) e simile al più mite “mica micio micio, 3. ‘sti cazzi Espressione romanesca che si è andata diffondendo nel resto d’Italia col significato di “non mi riguarda”, riferita a cosa o affermazione di scarsa importanza. Viene anche spesso usata per mostrare stupore o ammirazione, come nel nostro caso.

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bau bau” che mi transitò immediatamente per il cervello. In pratica si trattava di una robetta da niente: per digerire bene la solita insalatina delle ore tredici avrei dovuto imparare tutto quello? Secondo Beatrice non era poi una mission impossible e già ero d’accordo sul fatto che nella vita si può fare praticamente tutto, basta sapere come farlo. Occorreva iniziare dai fondamentali, come all’inizio di ogni pratica sportiva che si rispetti, e poi tutto sarebbe venuto da sé molto facilmente e molto naturalmente. Le tecniche e il modus operandi che mi avrebbe proposto in seguito sarebbero stati fruibili per chiunque non avesse gravi patologie psichiatriche o neurologiche in corso. E io, grazie al cielo e al di là di un probabile Alzheimer galoppante, ero ancora sufficientemente sano di mente.

3. La soluzione esiste! Il discorso introduttivo di Beatrice verteva sul concetto che oggi come non mai ci troviamo ad affrontare sfide quotidiane che vanno al di là del nostro controllo: stress, inquinamento, mancanza di una chiara conoscenza e comprensione di come funziona il nostro corpo, dieta inadeguata, stili di vita non salutari, spesso si traducono in cattiva salute, tensioni, ansia, alienazione personale, portandoci via qualità e anni di vita. Salute fisica e mentale, benessere, felicità e appagamento sono ormai riconosciuti come strettamente interdipendenti (si valuta che l’85% dei disturbi di cui soffriamo siano psicosomatici) e, solo se approcciati in modo sistemico, consentono un Ben Essere realmente sostenibile, ovvero un Ben Essere che rispetta l’esigenza da un lato di mantenere e nutrire una adeguato livello di Energia Vitale, dall’altro di sintonizzarsi con principi universali e leggi 14


di natura, base dell’equilibrato e armonioso funzionamento del nostro sistema corpo-mente. Se è vero che, come dice Sri Sri Ravi Shankar, “la qualità della nostra vita dipende dallo stato della nostra mente”, oggi è importante imparare a scegliere – attraverso la conoscenza e la volontà – di che cosa e come vogliamo nutrire non solo il nostro corpo, ma anche la nostra mente per mantenerla fresca, chiara, vitale ed equilibrata, oltre che in grado di affrontare le sfide e lo stress quotidiano. È importante innanzitutto iniziare a riconoscere lo stretto legame che esiste tra la mente e il corpo: se il corpo è intossicato, appesantito e non curato, la mente sarà agitata, confusa, inquieta e insoddisfatta. Se il corpo invece è sano e ben funzionante, anche la mente sarà chiara, vitale, in pace e al tempo stesso dinamica e creativa. E fin qui siamo tutti d’accordo, Monsieur Lapalisse compreso! Il corpo fisico è il veicolo attraverso il quale facciamo esperienza del mondo. È nel corpo, attraverso il corpo e con il corpo che godiamo della vita, affrontiamo le sfide, costruiamo ciò che ci circonda. È chiaro che uno dei fattori più importanti per sentirsi bene è dunque fare in modo di assicurare quotidianamente a questo veicolo adeguato carburante: ■ Esercizio fisico regolare per mantenere il corpo agile e sano e scaricare la mente ■ Corretta respirazione e dunque ricarica di energia vitale ■ Adeguato riposo e appropriato rilassamento per evitare il distress e mantenere dinamismo fisico e mentale ■ Giusto nutrimento per consentire al corpo di mantenersi sano e vitale e alla mente di rimanere attiva ma in pace ■ Meditazione per rigenerare profondamente energie fisiche e mentali. 15


Come afferma Sri Sri Ravi Shankar, la nostra esistenza si snoda contemporaneamente a ben 7 diversi livelli, tutti strettamente interrelati e capaci di influenzarsi a vicenda: corpo, respiro, mente, intelletto, memoria, ego, sé. Quando abbiamo mal di denti riusciamo a essere creativi? Sicuramente no! Il corpo prende il sopravvento e influisce sugli altri livelli. Ovviamente funziona anche al contrario: quando abbiamo una preoccupazione o un ricordo ossessivo, rischiamo di dimenticare di mangiare, non riusciamo a riposare, non pensiamo a costruire relazioni. La nostra salute e la qualità della nostra vita dipendono dunque non solo dal Ben Essere del corpo ma in senso più allargato dall’equilibrio dinamico tra questi 7 livelli, equilibrio influenzato dall’ambiente in cui ci troviamo, dalle compagnie che frequentiamo, dai libri che leggiamo e dai film che guardiamo, dalla musica e dalle parole che ascoltiamo (e diciamo!), dal cibo che mangiamo. Un altro elemento di assoluta importanza è che il nostro corpo consuma energia come una portaerei, e il cervello è il primo “consumatore” tra tutti gli organi che lo compongono. Pensate che la mente brucia circa il 20% di tutto l’energia che abbiamo a disposizione. Risulta quindi fondamentale fornire corpo e psiche dell’energia necessaria per svolgere tutte le funzioni vitali. E quando si parla di energia, non si parla solamente di quella fisica, ma di quello che nelle filosofie e culture orientali viene chiamato prana, o chi, o ki, un campo invisibile di energia vitale sottile che pervade l’intero universo, che organizza tutte le funzioni vitali e che fa vivere ogni cosa (pare che quando un organismo muore il prana lo lasci e torni nel campo energetico universale come energia indifferenziata). Considerando noi stessi soltanto come dei corpi fatti di pura carne e ossa, abbiamo perso la consapevolezza del nostro corpo 16


energetico, così come la consapevolezza dell’importanza primaria di rigenerare e mantenere elevato e di qualità il nostro prana, responsabile di mantenerci in vita e di svolgere funzioni differenziate a seconda delle zone in cui si muove. “Swami Shivananda4 afferma che «il prana è la somma di tutte le energie contenute nell’universo», è l’energia indifferenziata che pervade e anima tutto il creato e che si manifesta in ogni luogo e in ogni momento in forme sempre differenti. Radiazioni elettromagnetiche, magnetismo, gravitazione e persino il pensiero rappresentano sottili forme di prana: noi esistiamo in un oceano di prana. Il prana in realtà è una sola energia, ma appare molteplice osservandola nelle sue diverse funzioni. […] Tutti gli esseri viventi esistono finché riescono ad assorbire prana attraverso il respiro, attraverso la pelle, attraverso il cibo. Può essere accumulato nel sistema nervoso centrale e in particolare nel plesso solare […] circola in noi attraverso canali sottili che si chiamano nâdî e assume nomi e funzioni diverse.” (Fonte: Redazione www.yoga.it) Come ci ricarichiamo di questo vitale e rigenerante nutrimento? Il nostro organismo assorbe prana da 4 fonti fondamentali di energia. Tutti abbiamo avuto una nonna o una mamma che a fronte della nostra stanchezza ci ha detto “mangia qualcosa” vedendoci scarichi di energia vitale e, infatti, una delle prime fonti per reintegrarla è proprio il cibo. Il cibo trasporta nel corpo l’energia vitale e la sostiene. In primo luogo, è necessario che sia mangiato in giusta quantità e non in eccesso: conosciamo tutti gli effetti tutt’altro che energetici di un pasto eccessivo o di un banchetto di matrimonio! 4. Swami Sivananda Nato nel 1887 a Pattamadai (India), è uno dei più grandi maestri di Yoga del ventesimo secolo ed è la figura che ha ispirato i Centri Sivananda Yoga Vedanta.

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In secondo luogo, impariamo a influire sul nostro stato mentale e sulla qualità generale della vita aggiustando le nostre abitudini alimentari attraverso la scelta consapevole della qualità del nostro cibo. Da questo punto di vista esistono tre categorie di cibi: ■ la prima categoria comprende i cibi che sono ricchi di energia vitale, cibi che hanno qualità energizzanti in grado di nutrire e tirar fuori il meglio di noi; ■ la seconda categoria comprende cibi che ci rendono agitati, smaniosi, sovreccitati e sono dunque contrari a uno stato mentale equilibrato e pacifico; ■ la terza categoria è costituita dai cibi che contengono pochissima energia vitale – o che non ne contengono affatto – e che dunque influenzano il nostro stato mentale e le nostre azioni creando apatia e pigrizia, oltreché stanchezza generalizzata. In realtà il nostro sistema è in grado di ottenere prana non solo dal cibo ma anche da altre tre fonti fondamentali: ■ il sonno – anche qui non troppo e non troppo poco – fonte fondamentale per recuperare energia, sentirci dinamici e al tempo stesso mantenerci in grado di non raccogliere gli stress intorno a noi; ■ il respiro, la principale fonte di energia, a nostra disposizione 24 ore su 24, ma anche la principale via per eliminare impurità dal sistema: ogni volta che inspiriamo portiamo ossigeno al corpo e prana ai livelli più sottili; ogni volta che espiriamo eliminiamo azoto, anidride carbonica, moltissime impurità e prodotti di scarto del metabolismo (circa l’80%). Basti pensare che esiste una nuova tecnica, in avanzata fase di sperimentazione, che permette di diagnosticare molti tumori in fase molto precoce semplicemente analizzando l’aria espirata dai pazienti; ■ la meditazione, o in senso più lato, uno stato piacevole della 18


mente, che si ottiene attraverso tutte quelle attività che le danno riposo, ma che è più facilmente inducibile a nostro piacimento riposando la mente attraverso la meditazione stessa. Ancora, tra le funzioni del cibo c’è non solo quella di mantenerci in vita, di saziarci, di darci energia, di gratificare il palato, ma anche quella di influenzare il nostro stato d’animo nonché la vigilanza della mente e la prontezza delle nostre reazioni. Responsabili di ciò sono soprattutto i neurotrasmettitori, sostanze scoperte soltanto negli ultimi decenni: sapere in quali cibi li troviamo e che cosa li stimola ci aiuta a scegliere il cibo giusto e le condizioni giuste a seconda delle esigenze individuali e del nostro momento di vita. Tutto ciò ci suggerisce l’importanza di acquisire un modo di mangiare che accresca il nostro benessere fisico, ma anche la nostra energia vitale e il nostro appagamento mentale ed emozionale. Il cibo è un importante fattore dell’equilibrio e della salute: scegliendo consapevolmente e sapientemente di che cosa e come nutrirci guadagneremo in tono fisico e mentale e, in ultima analisi, in felicità e qualità di vita! Il discorso stava iniziando a prendere dei risvolti interessanti. Quindi quattro vie per ingurgitare massicce dosi di prana: mangiando, respirando, meditando e dormendo. Calcolando che la mia pausa pranzo non prevedeva il tempo utile per concedersi una ricca pennichella, sarebbe stato utile eliminare al momento approfondimenti su come diventare un perfetto “dormiente” in 10 mosse, privilegiando gli altri tre aspetti, in pratica quello che Beatrice mi aveva anticipato all’inizio del suo discorso: bisogna imparare a mangiare, a respirare e a rilassarsi meditando. La premessa, assolutamente necessaria e utile, mi stava portando verso il primo degli argomenti: il cibo! 19


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