Outlook Trimestrale CheBanca!

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Outlook trimestrale


Sommario

Editoriale

A cura di Stefano Fossati

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Il punto sulla congiuntura

A cura di Emilio Franco

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CheBanca!

Editoriale A cura di Stefano Fossati, Direttore Investment Advisory & Solutions, CheBanca!

Il 30 giugno i mercati, in particolare i listini statunitensi, hanno archiviato uno dei peggiori semestri che si ricordi. Tuttavia, ha poco senso sottolineare chi abbia fatto meglio o peggio quando i segni sono decisamente negativi sia sul fronte azionario sia su quello obbligazionario. Dopo l’iniziale incertezza dovuta alla guerra in Ucraina, che sicuramente ha reso più complicato lo scenario di base, ora i mercati si muovono con estrema cautela, compressi da tre fattori: l’inflazione, la reazione delle Banche Centrali per contenerla e la recessione che potrebbe scaturire a fronte di una politica monetaria troppo restrittiva. Con questi presupposti, non hanno giovato le dichiarazioni rilasciate dai principali banchieri centrali durante il Forum annuale svoltosi a fine giugno a Sintra, in Portogallo. Il presidente della FED Jerome Powell ha sottolineato come l’obiettivo dell’Istituto Centrale Statunitense sia quello di combattere l’inflazione, anche a costo di far rallentare l’economia. Certo non ha parlato di recessione, ma è evidente dalle reazioni dei listini che il mercato la teme e i prezzi riflettono questa convinzione. Nonostante queste premesse, non mancano comunque elementi positivi da considerare per i prossimi mesi: la BCE, dopo l’iniziale errore, sta lavorando per contenere la frammentazione finanziaria e l’aumento degli spread che potrebbe aver luogo in seguito al rialzo dei tassi. In Cina, dopo il rallentamento causato dall’ultimo lockdown, i primi segnali di riaccelerazione delle attività arrivati dai dati macro e le misure di rilancio avviate dai policy makers hanno favorito il recupero delle borse del Paese. Infine, sul fronte dei prezzi, si sta assistendo a qualche timido segnale di rallentamento in alcuni settori.

“In un contesto caratterizzato da elevata incertezza, in cui i mercati hanno già considerato la possibilità di una recessione, consigliamo di mantenere un approccio costruttivo agli investimenti, privilegiando la selettività e la qualità degli emittenti.”

Se consideriamo, infine, che per i mercati la recessione è quasi una certezza e i prezzi riflettono almeno in parte questa condizione, ci si dovrebbe chiedere non se uscire ma quando iniziare ad assumere nuove posizioni. In questo contesto, visto che l’incertezza continuerà ad essere presente, i fattori rilevanti da considerare nelle scelte di investimento dovranno essere la selettività e la qualità, più che il timing.

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Il punto sulla congiuntura A cura di Emilio Franco, A.D. Mediobanca SGR

L’economia mondiale si mantiene in una fase di crescita solida, seppur in rallentamento dai livelli eccezionali del 2021 e ulteriormente fiaccata dagli effetti delle tensioni geopolitiche, dalle spinte inflazionistiche più persistenti – con conseguente inasprimento della policy della FED e delle altre principali Banche Centrali - nonché la politica zeroCovid adottata in Cina, che ha ritardato l’allentamento delle strozzature nelle catene di produzione e distribuzione globali. Questi eventi si sono verificati durante un periodo di forte ripresa economica, pertanto riteniamo che l’economia globale manterrà comunque una tendenza positiva. A sostenerla saranno l’eccesso di risparmio delle famiglie, i forti bilanci aziendali, il processo di ricostituzione dei magazzini, una politica monetaria nel complesso ancora accomodante e una politica fiscale attiva.

“L’economia globale è in rallentamento, ma manterrà un trend di crescita solida nel 2022.”

Anche i principali previsori a livello internazionale confidano nella prosecuzione della ripresa, seppur a ritmi meno intensi rispetto a quelli previsti a inizio anno. Secondo la Banca Mondiale, infatti, nel corso del 2022 la crescita dovrebbe frenare per effetto della crisi in Ucraina, della salita dei prezzi e dei tassi di interesse, con una variazione del PIL globale attesa a +2,9% (a gennaio l’aumento previsto era pari al 4,1%) rispetto al +5,7% del 2021. Anche l’OECD (Organization for Economic Cooperation and Development) ha previsto un ribasso della crescita e un rialzo dell’inflazione in quasi tutte le economie. I Paesi più colpiti sono in Europa, continente principalmente esposto al conflitto in Ucraina a causa, ad esempio, delle importazioni di fonti energia. Il quadro macroeconomico resta, tuttavia, fortemente influenzato dall’evoluzione dello scontro in atto, i cui sviluppi sono incerti e possono indirizzare l’economia europea e, di riflesso quella mondiale, su una traiettoria differente rispetto a quella prevista. Determinanti saranno senz’altro la durata e le sanzioni imposte alla Russia. Gli effetti della guerra sull’inflazione sono già ben visibili: l’aumento dei prezzi delle materie prime si è subito tradotto in un rincaro della benzina e del gasolio e, più di recente, anche del grano. I Paesi di tutto il mondo, infatti, stanno cercando di assicurarsi provviste di combustibili e cereali. L’inflazione resterà elevata e il picco, prima atteso i primi mesi del 2022, sarà posticipato soprattutto nell’Area Euro.

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Il rialzo dei prezzi alla produzione, dovuto all’incremento dei costi energetici a livello mondiale e dei salari negli Stati Uniti, ha indotto le Banche Centrali ad accelerare il processo di normalizzazione delle politiche monetarie nelle ultime settimane. Ciò ha determinato condizioni finanziarie più restrittive e alimentato timori di una ulteriore revisione al ribasso della crescita globale. Durante la riunione del FOMC (Federal Open Market Committee) di giugno, alla luce della netta revisione al rialzo delle sue previsioni sull’andamento dell’inflazione, la FED ha accelerato il passo di inasprimento della politica monetaria, con un aumento del Federal Fund Target di 75 punti base e il passaggio ad un intervallo compreso tra 1,5% e 1,75%. La Banca Centrale USA ha riconosciuto la necessità di adottare, già nel 2022, un orientamento restrittivo per scongiurare la possibilità di un periodo prolungato di inflazione superiore al target del 2%. La BCE, invece, ha comunicato un primo aumento dei tassi di interesse per luglio. Inoltre, è attualmente in corso lo studio di un nuovo strumento per evitare la “frammentazione” del mercato del credito dell’Area Euro, che sperabilmente sarà annunciato nella riunione prevista per il 21 luglio. Non è ancora chiaro se si riuscirà a fare l’auspicato passaggio dai rimedi emergenziali a soluzioni più strutturali e stabili per la gestione del debito pubblico all’interno dell’Area. A giugno, per la prima volta dopo quindici anni, la Swiss National Bank (SNB) ha inaspettatamente alzato i tassi di riferimento di 50 punti base, decretando così il passaggio da una strategia di politica monetaria finalizzata a preservare la competitività del franco svizzero, ad una strategia che accetti l'apprezzamento della valuta nazionale come mezzo per ridurre le pressioni inflazionistiche importate.

Solo la Bank of Japan (BoJ), ultima banca centrale del G7 a rimanere ancorata ad una politica monetaria ampiamente accomodante, ha mantenuto invariati gli obiettivi dei tassi a breve e lungo termine, nonostante la debolezza dello yen stia amplificando gli effetti dell'inflazione importata. Così facendo, la BoJ ha ancora una volta dimostrato che la situazione economica del Giappone è diversa da quella dei Paesi Oltreoceano, in quanto caratterizzata da una lenta ripresa e un’inflazione contenuta. Sui mercati, i diversi shock osservati da inizio 2022 hanno portato alla rara situazione di un calo simultaneo dei valori azionari e obbligazionari. In prospettiva, il loro andamento continuerà ad essere condizionato dalla difficoltà di prevedere gli sviluppi della guerra in Ucraina e le sue ripercussioni sul mercato dell’energia, così come gli effetti del percorso di normalizzazione delle politiche monetarie sulla crescita. I rischi sullo scenario si sono intensificati: è aumentata la probabilità che le Banche Centrali, nel tentativo di avvicinare l’inflazione al livello obiettivo, adottino un approccio troppo aggressivo, commettendo un policy mistake che potrebbe ostacolare la crescita economica. “Fare piccoli passi in una stanza buia”: così Fabio Panetta, membro dell’executive board della BCE, aveva descritto lo scorso febbraio le sfide che attendevano il percorso di normalizzazione post-pandemia della politica monetaria europea e, in generale, delle Banche Centrali delle economie avanzate. Le tensioni collegate al conflitto rimangono una potenziale fonte di rischio al rialzo per i prezzi delle materie prime nel breve termine. Lo scenario peggiore per la crescita economica si delineerebbe in caso di una sospensione delle forniture di materie prime energetiche dalla Russia.

Oltre Manica, la Bank of England (BoE), prima grande banca centrale a rialzare i tassi post-pandemia, ha incrementato il costo del denaro di 25 punti base per la quinta volta consecutiva.

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alza la tua visione

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