Giugno col bene che ti voglio

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Lettera all’anima... all’infinito

E vissero felici e contenti

a cura di FedericaMX

a cura di Eles-chan

Il sistema radiotelevisivo parte 2°

Batman Arkhan City

a cura di Nihil Morari

a cura di Leonida989


Redazione: Mago Various galdo81 Nihil Morari Halfhearth Profatina Hyena [BOT] Shiva Dream’s Dazur Leonida989 Eles-chan Federica MX Mago Pazzo Salernitanuz

GIUGNO 2012 N°06

Pazzo Sendin


Editoriale: fantasia

come concetto universale a cura di Galdo81 Può incuriosire l'etimo della parola "fantasia". Dal greco phantasìa, vuol dire apparizione, immagine. Phantàzô significa faccio apparire, mostro pomposamente. Quindi quello che ho in testa, che ho immaginato, lo esterno fuori. La fantasia può facilmente essere associata alla concezione delle immagini che hanno portato alla produzione artistica, ma andando ad approfondire il suo significato essa investe tutto quello che facciamo, sporcandosi anche nella realtà non propriamente immaginifica. Non erano fantasie le ideologie novecentesche di un mondo di uguali, della supermazia razziale? Come del resto attualmente si favoleggiano Stati immaginari, politica via internet, o anche ossimori come liberismo responsabile, innovare nella tradizione, eccetera. Quindi siamo coscienti che la fantasia non sia qualcosa di frivolo o inutile: persone sono morte seguendo i propri sogni, giusti o sbagliati che fossero. Per tornare in ambiti meno sanguinari, la fantasia viene anche usata strumentalmente per farci acquistare un prodotto particolare che, a parità di qualità, verrà preferito ad un altro presentato in maniera meno efficace, con una campagna pubblicitaria, cioè, non appariscente al punto giusto. Quella che mi ha sempre incuriosito è la domanda seguente: la fantasia è propria anche degli animali? Mi vengono in mente i dipinti fatti eseguire dalle scimmie o dagli elefanti, ma vorrei concentrarmi su un discorso meno antropocentrico. Pochi giorni fa vidi i rituali di accoppiamento di alcuni pesci; mi vennero in mente quelli di tutti gli altri animali, i ventagli dei pavoni, che vengono mostrati per catturare l'attenzione delle femmine, e di seguito pensai al pavoneggiamento degli esseri umani, che sperano di essere preferiti con atteggiamenti quasi pubblicitari. Tutto segue la stessa logica di esternazione di immagini in maniera pomposa, che è esattamente il concetto espresso dall'etimo della parola fantasia. Ma poi, non siamo forse animali? Quindi il concetto di fantasia non è appannaggio esclusivamente umano. E le piante? I fiori, con i loro colori esplosivi, le orchidee così barocche, non chiedono forse agli insetti di essere impollinate con il loro mostrarsi pomposamente, con il loro essere appariscenti? Ecco, questo è il rischio di lavorare troppo di fantasia: si rischia di impazzire.

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Somm Contenuto: 03

Editoriale: fantasia come concetto universale

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recensione Signore degli anelli.

08 recensione film: La Storia Infinita.

10 ANGOLO NERD: BATMAN ARKHAM CITY.

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16 Lettera all’anima.

Intervista a Dott. Mago Pazzo antonio3.

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Lettera all’infinito.

all’anima

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L’Homo videns nell’età digitale.

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Uomo e Sogni.

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Il signore degli Anelli

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mario 23 Un paradiso chiamato “fantasia”.

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AmoreDB: E vissero felici e contenti

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Il sistema radiotelevisivo parte 2°

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Morire prima di mo-

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Nyan cat

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Film Mentali.

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Meme Hyenico

rire

...all’infinito

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Le assurdità videogiochi

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Rebus

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Hall of Fame

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- Il Signore degli Anelli J.R.R Tolkien

a cura di Pazzo Sendin “A proposito degli Hobbit”. Così ha inizio il capolavoro della letteratura fantasy “Il Signore Degli Anelli” scritto da J.R.R. Tolkien nel 1938. Il romanzo narra del potere maligno di un anello, il cui padrone è l’Oscuro Signore Sauron, il quale vuole impadronirsi della Terra di Mezzo, il luogo dove è ambientata la vicenda. Il protagonista è Frodo, un piccolo uomo, un hobbit, nel gergo Tolkiano, che vive nella Contea, il suo luogo nativo. Inaspettatamente, Frodo si trova nelle mani l’Anello di Sauron, raccolto diversi anni prima da suo zio Bilbo. E’ grazie a Gandalf, stregone incline al vagabondaggio nonché suo amico, che Frodo viene a conoscenza di Sauron e del Potere malefico dell’Anello, perciò toccherà a lui intraprendere il viaggio verso il Monte Fato, il vulcano da cui è stato forgiato, per distruggerlo. Lungo il suo cammino (fino a Gran Burrone) a Frodo si aggiungeranno anche i suoi 4 amici Hobbit, Legolas l’Elfo, Aragorn il Ramingo, Boromir del Regno di Gondor, Gimli il Nano e naturalmente Gandalf, formando così la Compagni dell’Anello. Non è semplice riassumere la trama de libro: “Il Signore degli Anelli” è un romanzo suddiviso in 3 libri, “La Compagnia dell’Anello”, ”Le Due Torri”, “Il Ritorno del Re”. Tolkien, scrisse questo libro nel periodo della Grande Guerra, a cui ha partecipato, ispirandosi ad essa come se volesse raccontare gli orrori della Guerra attraverso un libro fantasy. In questo senso, Tolkien ci regala una storia per ragazzi-adulti, che trova nel simbolismo dell’Anello e nella lotta fra Bene e Male i perni di una lettura più profonda, ma che rimane un’avventura apprezzabile anche dall’animo del lettore che non cerca significati nascosti ma si lascia guidare dalla storia. Non a caso Tolkien ha impiegato circa 15 anni a scrivere, con una precisione incredibilmente reale che rende l’intero libro verosimile. Quegli anni erano difficili, ma Tolkien è riuscito a scrivere un romanzo in cui inserisce il mondo creato da lui: l’universo Tolkiano è perfetto, ci sembra di leggere un libro di storia, anche se avvertiamo pagina per pagina, quel tocco di magia che ci allontana dalla realtà e ci fa avvicinare sempre più al suo mondo perfetto in cui ci realizziamo. Come in ogni libro, vediamo noi stessi nei panni del protagonista che cerca di sconfiggere il Male, e in questo, il Signore degli Anelli è insuperabile, poiché il modo in cui è scritto fa sì che ci identifichiamo con Frodo, il Portatore dell’Anello che deve intraprendere l’avventura più pericolosa della sua vita.

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Il viaggio è costellato da momenti di pura suspense, fino alla fine, fino al momento della distruzione dell’Anello e alla sconfitta di Sauron. Tuttavia, accostati a questi momenti di suspense, oltre alle bellissime descrizione dei luoghi inventati da Tolkien, troviamo momenti di felicità e allegria, momenti che ci fanno sviare dai temi principali, ossia il Male e la Guerra. Il Signore degli Anelli è certamente un Fantasy, un genere che già esisteva dalla metà dell’Ottocento. Tuttavia il romanzo si discosta dai temi del fantasy Ottocentesco, caratterizzati dall’onnipresenza di mostri e magia, basti pensare al protagonista: Frodo è un Hobbit, un mezz’uomo, una creatura che non ha niente a che vedere con la magia, eppure, grazie al suo animo puro è lui che libera la Terra di Mezzo dal Male, senza l’ausilio della magia, ma solo grazie alla forza di volontà e alla forza dell’amicizia di Sam, il suo migliore amico, il quale non lo ha mai abbandonato neanche nei momenti più difficili. Da qui nasce l’idea-modello del genere fantasy: il fantasy ha come modello Il Signore degli Anelli, e nessuno può discutere, poiché tutti i romanzi fantasy si sono ispirati a quello. Per questo Tolkien, nella sua genialità, è riuscito a scrivere il romanzo fantasy per eccellenza. Personalmente, trovo il libro un capolavoro, degno di restare negli annali, niente può essere modificato in quel libro, sarebbe come cambiare le massime di Socrate perché qualcuno non le condivide. Un libro che appassiona anche chi non ha mai amato il fantasy, un libro che porta in un mondo parallelo, in cui ci si può rifugiare per sviare dalla realtà attraverso le sue magiche pagine.

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La Storia Infinita a cura di Mago Various Ci tengo a fare alcune premesse prima di iniziare questa recensione. Io ho amato questo film. Ovviamente il primo. Purtroppo ha avuto molto successo e quindi ci siamo ritrovati con due sequel. E dire che sono stati orrendi è poco. Il terzo poi davvero orribile, mi hanno trasformato Falcor in un barboncino idiota. Frena, stai davvero chiedendoti chi è Falcor? Ok parto dal principio. La storia infinita è un film fantasy del 1984 diretto dal regista Wolfgang Petersen ispirato al libro omonimo di Michael Ende del 1979. Come dicevo il film ha avuto due sequel nel 1990 e nel 1994. Il film fu girato in Germania, con grande dispendio di mezzi: 25 milioni di dollari di budget che contribuirono anche alla costruzione di quello che allora divenne il più grande blue screen del mondo per gli effetti speciali. Il risultato fu un enorme successo di pubblico, soprattutto in Europa (rimane uno dei maggiori incassi di sempre), ed un'opera che per spettacolarità ed effetti visivi certo non sfigurava davanti ai concorrenti americani. Tratto dall'omonimo romanzo fantasy di Micheal Ende del 1979, il film si svolge su due piani narrativi, uno che segue le vicende di Bastian ed i suoi problemi adolescenziali, ed uno invece ambientato nell'immaginifico mondo di Fantasia, che segue da vicino le avventure del cacciatore Atreiu. Trama: Il protagonista, Bastian, saluta il padre prima di andare a scuola, sottolineando il fatto che questi da quando è morta la mamma non si accorge più di lui. Inseguito da dei bulli si ritrova in una libreria, ci sono vecchi libri dappertutto, e seduto su una poltrona c'è un uomo anziano che lo accoglie molto bruscamente. Bastian si sente offeso dalle affermazioni sui bambini davvero poco lusinghiere fatte dal signore, e si difende dicendo che lui è un avido lettore. Si dimostra subito molto interessato allo strano volume che il padrone della libreria tiene in mano: La storia infinita. Ruba il libro ed arriva a scuola di corsa, ma è in ritardo, sbirciando dentro l'aula scopre che c'è un compito in classe, decide allora di nascondersi nella soffitta della scuola. Qui Bastian si prepara un piccolo giaciglio e inizia avidamente a leggere il suo libro: L'imperatrice bambina è malata e solo un giovane eroe può salvarla, Atreyu. Questi si presenta e accetta il gravoso incarico e l'Auryn, il simbolo dell'Imperatrice. Atreyu in groppa al suo cavallo Artax inizia la sua ricerca per le terre di Fantàsia e contemporaneamente si materializza Gmorg, un Lupo nero enorme che lo insegue tentando d'impedirgli di

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compiere la sua missione. Giunto alle Paludi della tristezza Artax sprofonda vinto dallo sconforto. Disperato per la perdita, Atreyu vaga alla ricerca di Morla l'essere millenario, una gigantesca tartaruga che lo indirizza alla volta dell'Oracolo del Sud che dista migliaia di miglia da lì. Atreyu stanco e sconsolato sta per perdersi nelle paludi quando viene tratto in salvo da un gigantesco dragone bianco il FortunaDrago Falkor. Scopre poi di essere in prossimità dell'Oracolo. Coraggiosamente riesce a superare la prima porta delle Sfingi, e davanti alla seconda porta, lo specchio dell'anima, invece di vedere il vero sé stesso con tutte le sue debolezze, vede un ragazzino che legge un libro. L'Oracolo gli rivela poi che l'unico modo di salvare l'Infanta e distruggere il Nulla è quello di trovarle un nuovo nome, e che solo un essere umano lo può fare. Il Nulla avanza e l'Oracolo stesso viene distrutto; Atreyu e Falkor ne vengono travolti, il piccolo eroe cade dalla groppa del drago e perde il medaglione. Si ritrova solo e sulle rovine di una strana città riconosce degli affre-

schi che ritraggono le sue stesse avventure. Lì incontra Gmorg, che gli rivela che Fantàsia non ha confini perché è fatta dei sogni degli esseri umani, e che il Nulla è la dimostrazione che gli umani non sognano più, cosa auspicata dai signori del male perché è più facile assoggettare chi non ha degli ideali. Atreyu riesce a uccidere Gmorg e ricongiuntosi con Falkor, va in cerca della Torre d'Avorio per ammettere davanti all'Imperatrice di aver fallito la missione. Ma la sovrana sembra al contrario felice e rivela ad Atreyu che egli ha adempiuto al suo compito, perché il giovane umano, che ha seguito tutte le avventure nel libro, è in realtà lì con loro. Bastian non vuole ammettere che l'Imperatrice stia parlando di lui, e solo quando quest'ultima lo implora chiamandolo per nome, egli si convince di essere l'unico in grado di salvare Fantàsia, e si lascia trasportare dalla sua fantasìa. Preso coraggio urla il nome che era di sua madre (l'emblematico Eva, come la prima donna, simbolo di un nuovo inizio) per ribattezzare l'Imperatrice, eliminando il Nulla. Ora si ritrova nel buio più totale di fronte all'Imperatrice, l'unica fonte di luce è un piccolo granello di sabbia che è tutto ciò che resta del vasto regno di Fantàsia. L'Imperatrice chiede a Bastian di ricreare quel mondo attraverso i suoi desideri di fanciullo, ogni cosa gli sarà permessa. Il primo desiderio di Bastian è quello di ritrovare tutte le creature di Fantàsia sane e salve, di cavalcare Falkor ed infine inseguire con il Fortunadrago i tre ragazzacci che lo perseguitavano. Il regista tedesco Wolfgang Petersen, ancora lontano dalle grandi produzioni hollywoodiane degli anni a venire, "Troy" e "Poseidon", dimostra di saper sfruttare a dovere le laute risorse a propria disposizione, confezionando uno spettacolo piuttosto godibile e visivamente affascinante, anche se la maggioranza delle sequenze paiono più focalizzate ad uno sfoggio del livello degli effetti scenici raggiunto, che ovviamente non hanno la medesima forza di oltre vent'anni fa. Il film mostra solo la metà dei contenuti del libro, elimina dei personaggi, cancella pezzi importanti tanto da venire criticato addirittura da Ende stesso. Quello che però mantiene il proprio vigore e rende quest'opera tutt'ora più che apprezzabile è il suo messaggio. Il film è difatti un lodevole invito alla lettura ed un sentito omaggio alla forza della fantasia, che quindi assume connotati formativi importanti, soprattutto per i bambini. È grazie a Falkor ed Atreyu che sono un drogato di libri...

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Batman: Arkhan City a cura di leonida989 Baaatmaaannnn!!!! Baaaatmaaannn!!!!!E’ l’uomo pipistreeeellooooo!!! E’ baaatman!!! Si avvolge nel manteeellooo!!! Chi non ricorda il mitico cartone di Batman introdotto ogni pomeriggio da Cristina d’Avena? Nel corso degli anni il nostro pipistrello gigante ha subito una grossa traformazione che da personaggio a volte pittoresco lo ha reso “il cavaliere oscuro”. È proprio dopo questa metamorfosi stilistica che sono usciti i due videogiochi next gen, sviluppati dal team Rocksteady, dedicati al nostro tenebroso beniamino: “Batman Arkham Asylum” (agosto 2009) eletto anche gioco dell’anno; e dopo circa 2 anni il sequel, “Batman: Arkham City” (ottobre 2011), che si è fatto soffiare da sotto il naso l’ambito titolo di game of the year da Skyrim. Ebbene sì, stiamo per addentrarci nell’oscura Arkham City, riusciremo a capire se il sequel è una involuzione del primo Batman uscito ormai nel 2009? TRAMA 9.3 GAMEPLAY 9.5 THE DARK KNIGHT IS BACK!!! Arkham City è narrativamente collocato 18 mesi dopo gli avvenimenti che vedono Batman riportare l’ordine nel manicomio criminale di Arkham in rivolta grazie al malvagio Joker. Il direttore del penitenziario Quincy Sharp ha cavalcato l’onda mediatica, che il cavaliere oscuro ha scatenato, per ottenere credibilità e quindi farsi eleggere sindaco della città alle successive elezioni. Una volta raggiunta la carica da lui ambita Sharp inizia il progetto che sin dall’inizio ha avuto in mente: evacuare il quartiere della vecchia Gotham (una zona disastrata parzialmente ricostruita dopo il terremoto della saga a fumetti “Terra di nessuno”, che presenta ancora la vecchia architettura gotica e appariscente della città), innalzare delle altissime mura di cinta attorno ad essa (creando di fatto un campo di concentramento indipendente controllato da un gruppo armato chiamato TYGER) per deportarvi i detenuti. A capo di questo vero e proprio lager Sharp mette Hugo Strange, uno psicologo dai trascorsi oscuri e malavitosi, che grazie all’ossessione per Batman riesce a scoprire l’identità dell’uomo pipistrello. Tra i più accaniti oppositori a questo provvedimento troveremo l’irriducibile commissario Gordon e Bruce Wayne, sceso per la prima volta dalla sua posizione di miliardario per interessarsi in pubblico della propria città. Appena iniziamo la partita ci troveremo perciò difronte a un’a-

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zione in stile paramilitare dei TYGER davvero ben fatta e sceneggiata, in stile cinematografico senza usare la computer grafica ma sfruttando il motore grafico di base (il celeberrimo e ultra utilizzato Unreal Engine), atta a catturare quello che sembra dover essere un temibile nemico… il primo colpo di scena è proprio a questo punto, i TYGER catturano Bruce Wayne e lo deportano ad Arkham City. Da qui la storia si svilupperà in una moltitudine di colpi di scena che delizieranno il giocatore senza mai annoiare per tutta la durata del gioco, anche con l’ausilio della eccellente caratterizzazione dei personaggi: abbiamo un Batman davvero molto più oscuro e carismatico rispetto al primo capitolo; un Joker strepitoso, malvagio, etereo, irraggiungibile, eppure per la prima volta umano, fragile e indifeso… ; c’è Freeze, anch’egli leggendario nemico di Batman, che avrà un ruolo importante della narrazione; tanti altri personaggi secondari che però sono spesso

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legati a dlc o offline pass, in particolare potremo impersonare Catwoman solo riscattando l’offline pass (un codice monouso che si lega all’account online di chi lo utilizza che a detta degli sviluppatori serve a ridurre la compravendita dell’usato) e Robin solo pagando dei dlc scaricabili negli store della piattaforma in proprio possesso. Vogliamo parlare del finale? Ci troveremo di fronte a uno dei migliori finali della gen. Il gameplay è il solito e collaudatissimo mix di picchia duro, fasi stealth (ottime), avventura, esplorazione, enigmi (in quantità maggiore rispetto al primo episodio e di più elevata difficoltà) … con l’aggiunta di un tocco free roaming rispetto al predecessore, si può godere quindi della possibilità di esplorare tutta Arkham City planando e arrampicandoci di palazzo in palazzo impersonando Batman o Catwoman (ovviamente la bella gatta si può usare dopo aver terminato almeno una volta il gioco e se si è in posesso dell’offline pass inutilizzato) per completare missioni bonus, enigmi aggiuntivi e vere e proprie sub quest. Tornano con furore tutti i gadget gia visti in Asylum mentre vengono introdotti degli accessori inediti e potenziamenti alle precedenti equipment che danno parecchie soddisfazioni sia in combattimento sia in fasi di esplorazione, investigazione e approccio stealth di situazioni difficili. Sono state aggiunte nuove combo e mosse spettacolari a Batman, mentre Catwoman essendo una new entry ha uno stile di combattimento tutto suo che tuttavia presenta degli squilibri

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rispetto al cavaliere oscuro: è troppo lenta e macchinosa, meno resistente e poco “incisiva” nel mettere KO gli avversari con poche mosse. Le situazioni che ci costringeranno a venire alle mani saranno molteplici e davvero divertenti: poter massacrare anche 30 nemici di vario tipo che ci attaccano insieme, denotando una IA migliorata e ad alti livelli rispetto agli standard attuali, con il cavaliere oscuro piroettando a colpi di arti marziali e bat oggetti è una soddisfazione. Da segnalare infine le classiche modalità sfide a punti per combattimenti di mischia e approcci stealth; la tutta nuova modalità campagna dell’enigmista; la possibilità di creare sfide personalizzate con una miriade di variabili settabili. MULTYPLAYER 6 MINIMO SINDACALE, NON SE NE SENTE TROPPO LA MANCANZA. Il multi non presenta modalità competitive che comportano interazione diretta tra i giocatori, bensì sono state implementate delle sfide a punteggio che legate ad una leaderboard online ci permettono di competere comunque con il resto nel mondo migliorando i nostri punteggi per raggiungere la cima della classifica online.

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GRAFICA 9.1 SONORO 9.2 BATMAN, HAI SPREMUTO L’UNREAL ENGINE 3 COME UN LIMONE!!! L’Unreal Engine 3 non tradisce, i Rocksteady sono stati davvero abili nello sfruttare la grande duttilità del motore attualmente più usato in fase di sviluppo, senza scadere nella banalità e senza rendere anonimi i personaggi: potremo godere di una città davvero ben realizzata, ricca di particolari ben dettagliati e con molte possibilità di interazioni; il framerate è molto stabile e si attesta quasi sempre sui 30 fps; il tearing è pressoché assente, o almeno impercettibile, anche nelle fasi free roaming o concitate; aliasing anch’esso molto ridotto nonostante la pressoché mancanza di un filtro “pesante”, probabilmente il team ha ben pensato che avrebbero solo appesantito il lavoro a discapito del framerate, visto che per la maggior parte del tempo si sta al buio e un filtro non gioverebbe molto in termini grafici; modelli poligonali ottimi, soprattutto per i personaggi principali, ammirabili anche in versione statuetta in pose plastiche zoommabili per apprezzarne i dettagli; effetti luce nella media, ormai ci siamo abituati agli effetti luce dell’ UE3 (urea engine 3) che accomunano quasi tutti i videogames marchiati per l’appunto UE3; shaders nella media. Da segnalare inoltre la bellezza degli agenti atmosferici, che ragalano vere e proprie chicche grafiche come la neve che si posa per qualche istante sul mantello e acqua in movimento abbastanza realistica. Da segnalare anche che il nostro cavaliere oscuro col proseguire non resterà invariato, partiremo con un costume intonso per finire con un cencio macchiato e strappato a lasciare intravedere graffi e ferite varie su tutto il possente corpo del cavaliere oscuro. Va assolutamente menzionata la decantata assenza di caricamenti in fase di lancio da parte del team. Sono riusciti quasi del tutto a mantenere le promesse fatte, rispetto alla norma aprendo porte o stanze o zone nuove il nostro eroe si troverà immediatamente e linearmente in loco senza aspettare nemmeno un millisecondo; ovviamente passando da macrosezione a macrosezione si dovrà attendere qualche secondo, ma comunque si può senza ombra di dubbio affermare che i caricamenti sono pochi e se ci sono, sono molto brevi. Le ambientazioni. I Rocksteady sono riusciti a rappresentare una Arkham City come tutti se l’aspettavano: oscura, malsana, in degrado, impervia e fredda. Gli interni dei vari edifici in cui è possibile entrare sono tutti diversi fra loro, particolareggiati, caratteristici e ricchi di zone segrete. Tutto contribuisce a immedesimare il giocatore nella situazione, sembra davvero di trovarsi al fianco del cavaliere oscuro in luoghi efferati e dall’atmosfera dark. Il sonoro è ottimo. Non solo gli effetti di combattimento e le musiche raggiungono altissimi livelli, ma anche i doppiaggi arrivano un gradino sopra alla media, grazie anche alla coerenza nella scelta dei doppiatori; gli stessi della serie animata e del precedente capitolo videoludico. Potremo quindi godere di un Batman doppiato da Marco Balzarotti e di un Joker che prende in prestito la voce da Riccardo Peroni.

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LONGEVITA’ 8.3 INNOVAZIONE 8.5 BATMAN, SEI PIU’ UNICO CHE RARO!!! La longevità è nella media, circa 15 ore per la campagna e 5 per le missioni secondarie; tuttavia le varie modalità introdotte al di fuori del filone narrativo possono prolungare abbastanza l’esperienza di gioco. Per quanto concerne l’innovazione questo Batman è di sicuro meritevole grazie al gameplay che lo caratterizza, in quanto, oltre ad avere un gameplay caratteristico che lo fa essere una “voce fuori dal coro”, l’introduzione del lato free roaming va ad innalzare ancora di più la già ottima esperienza di intrattenimento che il predecessore aveva ostentato nel 2009. CONCLUSIONI E’ PROPRIO BAAATMAAANNN!!! Dopo più di 2 anni in Rocksteady sono riusciti a sfornare un ottimo gioco che si avvale di: un gameplay molto ricco e divertente; una grande varietà di situazioni e approcci differenti che non annoiano mai; una trama davvero esaltante, ricca di colpi di scena; un Batman davvero sopra le righe, oscuro e carismatico senza mai perdere però i principi di fondo che da sempre lo caratterizzano, cioè giustizia e spirito di sacrificio, un Batman molto spesso umano e molto spesso spietato; un Joker come non lo abbiamo mai visto, per la prima volta si intravede un briciolo di umanità e

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fragilità nel cattivo per antonomasia; ambientazioni e musiche curatissime; grafica ad alti livelli. Non a caso è stato candidato all’agognato titolo di game of the year ai VGA 2011 e ha vinto svariati sottopremi come: best action adventure game; best x box 360 game; best adapted game… per non parlare di quanti podi ha raggiunto Batman: Arkham City. Se proprio si dovesse trovare un difetto lo si può andare a prendere nella politica di marketing che ha fatto molto parlare di se. L’offline pass è una violazione vera e propria al diritto del consumatore che ha abbassato il voto generale in questa recensione. È sacrosanto avere il diritto di vendere il gioco se non è piaciuto o se è stato terminato, senza che chi lo ha sviluppato e prodotto applichi stratagemmi come il pass offline per limitare la rivedibilità del titolo; senza contare che il pass ha una scadenza, quindi chi magari aspetterà che il prezzo si abbassi potrebbe ritrovarsi con il gioco irrimediabilmente monco. Inoltre la politica dei dlc dopo poco tempo dall’uscita del gioco sa di presa per i fondelli, perché non includere nel disco il contenuto che è ovvio sia stato sviluppato insieme al gioco vero e proprio? VOTO 9.3 OTTIMO GIOCO, MA L’OFFLINE PASS E’ INTOLLERABILE.

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Intervista a Dott MaGo PaZzo antonio3 a cura di Galdo81 Antonio, 24 anni Napoli(provincia). Vende borse (per il momento ma tra un po' non più) È laureato in una cosa difficile da dire. È diplomato al conservatorio in percussioni. Ha la passione per la musica (tra un po spera che la passione si trasformi in lavoro) Pallavolista Trinca superalcolici (anche se crede che dovrebbe smettere)

Percuotimi!

Film preferito - Top gun Film porno preferito - Biancaneve sotto i nani Artista preferito (uomo) - Pippo Baudo Artista preferito (donna) - Raffaella Carrà Squadra del Quore - Albinoleffe. Data Registrazione: maggio 2008 Messaggi: 21,406 Potere Reputazione: 52 N.B. Parte delle cose scritte qui sopra sono fittizie.

5) Consigliaci un percussionista a cui ti ispiri.

1) Chi è il personaggio del tuo avatar? Come mai l'hai usato? È un tipo biondo, figo e fumatore. By Pixilla.

2) Come hai conosciuto animeDB? La mia prima visita su ADB risale a 4 anni fa, me lo ha fatto conoscere il fratello di una mia amica, che lo utilizzava solo per vedere i film. Poi col tempo mi sono affezionato a questa community, ed ora sono affetto dalla animedbite...XD

La questione è abbastanza complessa, spesso si fa confusione tra percussionista e batterista, diciamo che tra i due c' è un abisso, senza nulla togliere ai batteristi, ce ne sono alcuni che sono anche più bravi di percussionisti affermati. Fatta questa piccola parentesi ti dico che il percussionista che consiglio di ascoltare è Ney Rosauro, percussionista e compositore molto molto interessante. Se devo invece dirti a chi mi ispiro, sicuramente al mio maestro che purtroppo è venuto a mancare 2 anni fa.

3) Cosa vi dite nelle riunioni dei Cazzeggiatori? Potrei dirtelo, ma poi dovrei ucciderti...

4) Ti droghi? Sei uno sbirro??

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6) Ottimista o realista? Realista.

7) Con l'alcool evadi dalla realtà o la percepisci in modo amplificato? Con gli alcolici ho un rapporto molto particolare... credo che la risposta più azzeccata sia: evado dalla realtà in modo amplificato.

8) Perché lo sport fa male? Lo sport non fa male! Ti puoi far male facendo sport.

9) Sport e soldi vanno d'accordo? Solo alcuni sport vanno a braccetto coi soldi... e questo si chiama razzismo.

10) Cosa stai aspettando? In questo momento che si facciano le 20:30 per chiudere il negozio e andare al cinema...

11) Scappare o restare? Scappare mai, ma restare è controproducente.

12) Pensi che Beppe Grillo sia un nerd impenitente? Penso che Beppe Grillo una volta raggiunta "la poltrona" diventi come un qualunque altro politico corrotto dal denaro.

13) Porno su internet: pericolo sociale o liberazione di costumi? Ci sono ancora porno su internet?! Liberazione di costumi comunque.

Dicono di lui: "È un matto ma è un buon amico! Un simpaticone, amante della risata!" - MaGo Pazzo Salernitanuz "Penso sia un grande cazzeggiatore nonchè un utente modello!" - PaZzo Sendin

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Lettera all’anima... all’infinito a cura di FedericaMX Luce mia, sei così buia adesso. Ti scrivo per mezzo di queste parole perché forse ciò che in questi ultimi anni mi vien meglio è provare a scrivere. Non voglio né perdono, né clemenza né compassione. Voglio solo essere ascoltata. E quando dico che voglio essere ascoltata non è la mente che parla. Capiscimi, è l'anima. Che cosa strana,vero? L'anima è infinito e finito insieme e molto di più. Mi viene ogni tanto, di parlarti tramite lei e con lei, ma viene così facile fermare questo flusso di parole che scorrono all'unisono con il cuore e l'universo. Mi piace andare oltre l'apparenza, anche se non sempre ci riesco. Non ho mai chiesto niente a nessuno, nemmeno a te. Non ho mai detto niente a nessuno, nemmeno a me. Buffo, no? Prima di parlarmi in quei tanti modi, forse avresti dovuto guardare dentro di te. Proverò a imbrattare questa carta, proverò a farla nera e fradicia di parole bagnate.. ci riuscirò? Ma sopratutto.. riuscirò ad arrivare alla tua anima interna e a portarla in alto, più della mia?Perché se riesce ad arrivare così in alto,come la mia e più della mia, allora lo sbaglio potrei esser io, sai?Anelerò alla perfezione, ma quanti dubbi mi vengono.. come faccio?! Non posso cercare la perfezione se quando mi guardo allo specchio vedo solo un unico enorme punto interrogativo. Vorrei il doppio della sicurezza che ho per darla a te, e per toglierti di dosso tutto quel petrolio che ti invade le vie eterne. Ti intacca, ti intacca troppo velocemente e diventi cieca. Sei diventata cieca, un po' per gelosia, un po' per sofferenza e trascuratezza. Hai le tue colpe. Ho le mie colpe. Ci sono molte cose diverse, tra noi. Eppure siamo così dannatamente vicine. Ma come possono due cose essere così diverse se si attraggono così, dal nulla? Un motivo ci dev'essere, ma non vuoi vederlo. Mi ricordo, i giorni in cui l'oblio era venuto a galla dal fondo dell'oceano.. piano piano s'è allontanato tutto dal cuore ed è sceso un gelo poco clemente. Mi accorsi con il tempo che ciò che volevo era ciò che avevo troppo vicino per poterlo vedere. Succede così a volte: più una cosa è sotto il tuo naso più non te ne accorgi e vai a cercarla dall'altra parte del mondo. La verità è che tutto ciò che ci serve siamo noi. Solo e unicamente noi senza null'altro ancora. Eppure, cosa bizzarra,crediamo di poterci ritrovare e trovare bene dall'altra parte del mondo e -perché no- dell'universo. Non siamo in grado di cambiare ciò che siamo e crediamo siano i posti e le persone. Ma la verità vuoi saperla? Siamo noi. Noi, noi, noi,noi. Che dici? Potremo aiutarci a vicenda? Io proverò a sostenere te e tu proverai a sostene-

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re me. Io servo a te come tu servi a me. Perché? Siamo cosa sola, unica essenza, fonte di luce. Poi dobbiamo imparare ad amarci e basta.. È l'amore che salva tutti. A volte ancora rammento il giorno della perdizione e del ritrovamento. Successe quando ero insieme a te, forse. Ricordo:nacque improvvisamente una nuova "me". Si cambia così rapidamente nella vita, non posso non odiare la gente che mi dice che sono cambiata. Cambiare è anche migliorarsi, cambiare è anche avere coraggio, come pretendono che tu non cambi? Siamo tutti diversi, passano giorni, mesi, anni e cambiamo! E la gente ci chiede perché! Che gente stupida. Che gente infantile e con poca apertura mentale. Si deve cambiare per poter migliorare. Che poi, scoprii che quelli che mi volevano vedere come sempre e non cambiata, furono proprio quelli invidiosi, avari, egoisti e gelosi, che abbandonarono la mia via;cambiare è crescere.. e c'è chi di vederti crescere e migliorarti non ne vuole sapere. Ora, io non voglio vedere anche te abbandonare la mia via. Tu lo vuoi? Io non sarei io senza te. Tu lo saresti? Io non voglio vederti senza me,tu vuoi? Non voglio piangere senza te, tu vuoi? Non voglio esser vuota senza te, tu vuoi? Sarei vuota senza te, tu lo sei già? Non fermare il filo conduttore del tuo ragionamento, non interromperlo con il mio. Mi lego alle vite di tutti così facilmente che adesso mi trovo bene a intrecciare con armonia tutti i fili delle vite con la mia. Intrecciare però non vuol dire imbrogliare, è cosa diversa, è cosa diabolica. Imbrogliare è farsi male, intrecciare è farsi bene,tanto bene. È quello che tu devi capire. Noi siamo state create per stare assieme! Come possono anima e mente dividersi e non capirsi più? Spiegamelo! Solo allora, se troverai una spiegazione giusta, io ti abbandonerò. Ma finché non saprai darmi una spiegazione io rimarrò tua e tu rimarrai mia, anche se ci volteremo le spalle, non possiamo staccarci. Ci apparteniamo. Non siamo fiori, né alberi che perdono le loro foglie o i loro petali e poi ricrescono nuove. Non possiamo perderci, devi capirlo. Io ho bisogno di te. Sono così forte eppure così fragile. Sai.. a volte mi piacerebbe non essere così profonda, io posso permettermi di non esserlo a differenza tua. Ora stai attenta. Ti prenderò la mano e te la terrò stretta, la incollerò a me. Non toglierla mai più. Luce mia, sei così buia. Ho bisogno della tua luce. Mi prometti che proveremo insieme a rapire l'oceano con un solo respiro? Mente

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L’Homo videns nell’età digitale. a cura di Nihil Morari Come tutti noi ben sappiamo, ormai siamo entrati nella cosiddetta “età digitale”. Dagli anni ’40 in poi scienziati, intellettuali, sociologi, esperti di comunicazione riflettono sull’effetto che i media possono avere sull’uomo dando luogo ad una distinzione tra apocalittici, che osservano questa realtà con uno sguardo critico, e integrati, i quali al contrario si dimostrano più ottimisti. Nel panorama italiano uno degli intellettuali che maggiormente si è distinto per le posizioni in materia è stato il politologo Giovanni Sartori, del quale espongo brevemente le provocazioni espresse nel testo “Homo videns”. Punto di partenza dell’intero manuale è la definizione dell’uomo come animal symbolicum, animale simbolico: secondo lo studioso fiorentino la razionalità è solo una dimensione dell’uomo; ciò che realmente lo distingue rispetto agli altri esseri viventi è la dimensione simbolica nella quale è inserito e della quale è creatore: lingua, mito, arte, religione, comunicazione. Tale dimensione si estrinseca attraverso il linguaggio e la parola, caratterizzati da un grado di astrazione e complessità che manca agli altri animali. Per molto tempo l’avvento dei mezzi di comunicazione non ha modificato tale dimensione: il passaggio dalla cultura orale alla cultura scritta aveva al centro il linguaggio, così come la stampa, il telefono e il telegrafo ruotavano intorno alla parola – scritta o orale. Un mutamento radicale si è avuto, invece, con l’avvento della televisione: la TV ci consente di “vedere lontano” e di “vedere da lontano”, stando comodamente a casa nostra, quello che accade dall’altro capo del mondo; così facendo la parola viene sacrificata all’immagine e, in definitiva, è in funzione di essa. In televisione la parola ha meno peso, interesse e capacità d’influenza dell’immagine o del video riprodotti nello schermo. Apparire è più importante che essere, l’immagine è tutto. Ed è qui che si produce “una metamorfosi, che investe la natura stessa dell’homo sapiens. La televisione non è soltanto strumento di comunicazione, è anche al tempo stesso, paidèia, uno strumento antropogenetico, un medium che genera un nuovo ànthropos, un nuovo tipo di essere umano”. In che modo avviene questa mutazione? Il linguaggio umano, abbiamo detto, è estremamente complesso e può essere distinto in linguaggio denotativo, quando si riferisce a fenomeni concreti – un albero, una casa, un palazzo -, e connotativo – quando, al contrario, si riferisce a

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concetti astratti e non tangibili: politica, democrazia, opinione pubblica, economia, mercato, eguaglianza. Mentre l’uomo primitivo utilizzava prevalentemente il primo, l’homo sapiens ha adoperato e sviluppato enormemente il secondo tramite un modello che, da Kant in poi, filosofi, psicologi e sociologi hanno ben evidenziato: il rapporto tra il mondo sensibile, la realtà esterna, e il mondo intelligibile, il mondo delle idee e dei concetti non va dal primo al secondo – non è la “cosa” a produrre l’”idea” – ma, al contrario, dal secondo al primo: ciò che vediamo è in realtà in gran parte frutto della nostra forma mentis, delle nostre categorie del pensiero e delle nostre idee, a cui il mondo esterno viene assimilato e ricondotto, secondo la celebre formula “vediamo i mondi in cui crediamo”. Ebbene, secondo Sartori la televisione ottunderebbe questa capacità di astrazione dell’individuo: il primato dell’immagine spoglierebbe l’uomo di tale competenza, della possibilità di attingere ad un mondo intelligibile e, conseguentemente, di conoscere la realtà, riconducendo tutto al puro e semplice “vedere” e al farsi ipnotizzare: “la televisione produce immagini e cancella i concetti; ma così atrofizza la nostra capacità astraente e con essa tutta la nostra capacità di capire”. Questo processo inizia già nei primi anni di vita, dato che sempre più la televisione diventa una delle prime agenzie di socializzazione e formazione del bambino, il quale non ha filtri e finisce per acquisire tutto ciò che gli viene proposto e che costituirà l’imprinting del suo modo di essere – è il classico problema degli effetti sui bambini dell’esposizione alla violenza televisiva. Per concludere, la mutazione antropologica porterebbe dall’homo sapiens all’homo videns: l’uomo che ha perso la capacità di astrazione, di ragionamento, di conoscenza della realtà e si riduce ad essere “insipiens”, sciocco, imbambolato davanti allo schermo, un video-bambino immerso in un pensiero-brodaglia che crede esclusivamente in ciò che vede e non legge nemmeno più. Per l’homo sapiens la cultura del video – che poi per l’autore è una incultura – ha sostituito progressivamente quella del libro. In tutto questo Sartori non dimentica di citare le agenzie di socializzazione che si affiancano alla TV e che possono contenerne gli effetti: scuola, genitori, gruppo dei pari. Tuttavia, a suo modo di vedere, i primi e i secondi sono entrati in una fase di profonda crisi e perdono progressivamente terreno a vantaggio del mezzo di comunicazione, mentre il terzo viene subordinato ad esso in quanto sempre più influenzato da una cultura giovanile veicolata e imposta dai media. Ma non finisce qui: l’avvento del computer, di internet e della tecnica digitale ha prodotto ulteriori effetti che si sommano a quelli già descritti. Si individuano tre funzioni del computer: una funzione pratica, cioè come strumento per rispondere alle nostre esigenze quotidiane – ad esempio lavorative -; una funzione di svago – certamente preponderante, che vede internet come un “terrific way to waste time” -; una funzione educativo-culturale. Quest’ultima tuttavia si è dimostrata estremamente debole: sono pochi ad utilizzare il PC per informarsi e per conoscere; il che è spiegabile in vari modi: per gli uomini colti sono ancora i libri ad essere considerati portatori della

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cultura nel senso umanistico del termine; in internet chiunque può immettere contenuti senza nessun filtro – con la conseguenza che si possono trovare informazioni inesatte o palesemente false -; le migliaia di informazioni a cui l’individuo si trova di fronte lo lasciano disorientato e lo portano ad informarsi attraverso il mezzo televisivo, che opera una netta semplificazione; infine, last but not least, l’individuo che utilizza il computer è pur sempre un video-bambino e, come tale, impossibilitato a comprendere la realtà esterna e privo di capacità astraente. Per cui, ancora una volta, non sarà portato a cercare informazioni diverse, confrontarle ed elaborarle ma a ricevere la “minestra pronta” che la TV gli presenta. Un’altra riflessione riguarda l’accesso, attraverso internet, alla realtà cibernetica: “il computer ci fa vedere immagini immaginarie. La cosiddetta realtà virtuale è un’irrealtà che viene creata sul video e che è realtà soltanto nel video”. Insomma, il mondo online non è reale, non esiste in concreto ma solo, appunto, in rete. Eppure questa constatazione non è così pacifica: da qui deriva la critica all’opera “Essere digitali” di Nicholas Negroponte e all’omonimo movimento, il negropontismo. Per quest’ultimo il mondo digitale è visto come una sorta di Eden: consente all’individuo di ricevere e immettere informazioni, di rielaborarle, di modificarle, di prenderne il controllo e di essere così più libero; consente di costruire nuove realtà e nuove identità; consente di superare la logica lineare con una logica circolare, senza centro. Sartori è però estremamente scettico su queste conclusioni: dato che l’uomo digitale è anche un video-bambino c’è il pericolo che si chiuda nella realtà virtuale, che la confonda con la “realtà reale” e vi rimanga intrappolato vivendo in un mondo immaginario – come Schultz ha mostrato, la conoscenza del mondo deriva sempre più da esperienze mediate e sempre meno da esperienze dirette, con la conseguenza di rendere più difficile la distinzione tra le “province finite di significato” nelle quali l’uomo entra ed esce continuamente. Inoltre la capacità di immettere e ricevere informazioni non è di per sé sinonimo di libertà: la libertà di scelta diventa un obbligo, un peso, un costo per l’individuo continuamente chiamato a esercitarla; “una scelta infinita e illimitata è una fatica infinita e spropositata. La sproporzione tra il prodotto offerto in rete e l’utente che lo dovrebbe consumare è colossale e anche micidiale. Rischiamo di affogare in un troppo dal quale ci difendiamo con il rigetto; il che ci lascia librati fra il troppo e il nulla”. C’è poi il pericolo che l’individuo perda la capacità concreta di agire: Sartori dipinge l’homo digitalis come un soggetto che passa la sua vita davanti ad uno schermo a premere pulsanti, perdendo qualunque contatto col mondo esterno, non facendo nessun tipo di esperienza e che, conseguentemente, non è più autosufficiente e in grado di comprendere ciò che gli accade intorno; il che ha forti ripercussioni sul piano dell’apprendimento, dato che l’uomo digitale è bombardato di stimoli che gli impediscono di concentrarsi su quel che fa e di dare il giusto significato alle proprie azioni – per esempio considerando un gioco di poco conto una verifica, un esame, la proiezione di un filmato. Quanto al passaggio da una logica lineare ad una logica

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circolare, che poi è alla base del “post-pensiero”, questo è – a suo modo di vedere – quanto di più dannoso possa accadere, posto che nella logica circolare non c’è più un inizio e una fine, non esiste consequenzialità e non si trova un nesso di causa-effetto. La logica “da A a B” verrebbe meno, con il che verrebbe meno la possibilità per l’uomo di mantenere il mondo e la società che l’homo sapiens ha costruito nel corso dei secoli: “abolita che sia la logica lineare, tutto diventa virtualmente rovesciabile”. In conclusione, per il politologo – che naturalmente traspone queste considerazioni sul piano politico – gli esiti dell’avvento della televisione e del digitale sarebbero disastrosi, causerebbero una regressione antropologica dagli effetti distruttivi. Si tratta come è evidente di provocazioni, in alcuni casi anche molto spinte; ma pur sempre con un fondo di verità e con una sincera preoccupazione per il futuro della società. Sartori suggerisce che la scuola dovrebbe essere messa nelle condizioni di fronteggiare questa involuzione e di vincerla, ma non può non constatare che, anche nelle aule scolastiche, la cultura scritta tende ad essere superata da una cultura audiovisiva fatta di filmati e proiezioni. “A questi apprendisti stregoni non viene nemmeno in mente, a quanto pare, quale sarà il destino di una città affidata alla in consequenzialità di animali post-pensanti incapaci di consecutio. Ma agli ancora pensanti incombe di denunciare la irresponsabilità e la incoscienza di crescenti legioni di venditori di fumo che dimenticano che la città nella quale viviamo e vivremo non è “natura” (una cosa che c’è sempre) ma è da capo a fondo un prodotto artificiale costruito dall’homo sapiens. Si potrà sostenere senza il suo sostegno? No, sicuramente no. E se daremo retta ai falsi profeti che ci stanno rimbombando con i loro multi-messaggi, arriveremo lestamente a un mondo virtuale che si capovolge in una catastrofe reale”.

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Uomo e Sogni a cura di Mago Various Cos’è un uomo senza sogni? Oscar Wilde direbbe che è un morto che cammina. L’uomo senza sogni è solo un ammasso di ossa e muscoli. Tutti noi abbiamo dei sogni, tutti noi DOBBIAMO avere dei sogni, altrimenti la vita non avrebbe senso. È anche vero che dobbiamo amare il presente esattamente così com’è adesso. Dobbiamo amare la vita per così com’è. E sapersi un poco accontentare. Però se si entra nel circolo di chi si accontenta gode... Sei felice? Hai tutto ciò di cui hai bisogno per sentirti felice? Non desideri altro? Non hai nessuna fantasia? L’uomo vive per sognare, perché il sogno è desiderio, il desiderio è VITA. Personalmente credo sia importante avere nella vita almeno un sogno da inseguire, perché ti stimola, ti rende partecipe attivo della tua stessa vita! E quando riesci a realizzarlo godi appieno di tale risultato e dell’obiettivo raggiunto, ma non fermarti lì, guarda sempre avanti. Guarda al prossimo sogno. Sono sicuro che lì, nel tuo cuore, c’è un cassetto pieno di tanti sogni, alcuni realizzabili altri meno, ma sapere che la strada è ancora lunga e tortuosa ci dona la forza di sognare ancora e di vivere. Questo mi stimola, mi rende attivo e felice . C'è chi sogna di avere una famiglia che lo apprezzi, chi un/a fidanzato/a che lo/a ami, chi un lavoro, chi una macchina, un cane. Ma anche solo avere il sogno di poter godere appieno di tutto il meglio che ci siamo costruiti con le nostre stesse mani. E se un sogno non funziona... ci lascia stesi e senza forza ed ecco che bisogna sempre pretendere di meglio. Devi coltivare i tuoi interessi, i tuoi sogni, le tue speranze! Se non sei soddisfatto della tua vita, allora è arrivato il momento di agire. Devi cambiare quel “qualcosa” che non ti sta bene. Devi porti un nuovo obbiettivo e realizzarlo, un piccolo passo verso quel sogno nel cassetto. Io non riuscirei a vivere senza avere un obbiettivo, un sogno, un desiderio. E dubito che tutti voi non ne abbiate uno, anche quelli carnali vanno bene basta che siano realizzabili; se il vostro desiderio è avere una botta e via con Megan Fox forse dovreste ridimensionare il sogno e accontentarvi della vicina bruna del piano di sotto che può darvi anche maggiori soddisfazioni. NON SMETTETE MAI DI SOGNARE E GUARDARE AI VOSTRI DESIDERI, PERCHÉ LA VITA E' BREVE, IL TEMPO SCORRE E LE COSE CAMBIANO...SEMPRE.

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Un paradiso chiamato “fantasia”. a cura di Halfheart Draghi, maghi, armature, antiche lame, foreste incantate, fiere mitologiche e popoli e razze perduti. Nella letteratura e nel cinema il genere “fantasy” è diventato sinonimo di tutto ciò. La parola stessa –fantasy- però, scissa da questo stereotipo, fa pensare ad un mondo immensamente più vasto: l’infinito universo di ciò che è frutto della fantasia. E il nettare cerebrale –così mi piace pensare il fantastico- è un’essenza che tutto compone, e da tutti noi scaturisce. Viviamo in un mondo grigio. Un mondo costruito su misfatti, eternamente conteso da luce e tenebre –come nei migliori classici- e basato su compromessi e astuzie. Un mondo un po’ squallido. Tutti noi siamo coinvolti e assuefatti, equilibristi tra complicità e sdegno. Vorremo essere eroi, e qualcuno lo sogna –anche ad occhi aperti. Ma soprattutto cerchiamo serenità, pace. Il “fantasy”, come genere letterario, è un potente mezzo. Uno strumento semantico per chi “parla”, perché crea il pretesto perfetto per giustificare la metafora, l’allegoria. Ma soprattutto perché, spesso, solo nei nostri immaginari si trova un’ispirazione pura, libera dai veleni della società, dalla zizzania del nostro ego, dalla crudeltà del fato. E l’uomo ha bisogno di un paradiso, come di una discarica in cui gettare l’immondizia. La nostra fantasia ha la capacità di assimilare lo “sporco”, annientarlo, tramutarlo in apoteosi di bellezza e di serenità. È così che il “fantasy”, con una visione a grande respiro, entra a far parte del quotidiano. Esso fa parte di noi, ci sostenta, ci salva. È la materia più solida che ci compone, che forma la nostra inconsistenza. La fantasia crea ciò che non può essere contaminato dall’asfalto, dalle guerre, dalle preoccupazioni, dai litigi, dalla televisione con i suoi mass media, dal denaro corrotto, dall’ingiustizia –dal mondo. Tornare nelle terre di Tolkien o immaginare il più semplice dei gesti –un bacio, una lacrima, un pugno…- è ciò che possiamo fare attraverso la fantasia. E così, giorno dopo giorno, ai momenti di civiltà e tempesta, alterniamo la nostra silenziosa, meravigliosa pace.

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E vissero felici e contenti... a cura di eles-chan

Cara Eles, Dovendo essere anonimo diciamo che mi chiamo Mr. C. Sono, ma sì, un giovane uomo di 25 anni che per sua sfortuna è stato cresciuto con l'ideale dell'amore vero... Sai quello delle fiabe che voi donne sognate il principe azzurro? Beh io mi sono convinto che avrei potuto essere un buon principe azzurro. E quindi ho aspettato e aspettato il mio tempo poi ho incontrato una ragazza che sembrava quella giusta... e fatto progetti a lungo termine. Mi sono ritrovato cornuto. E va be', mio nonno diceva che quando si cade da cavallo bisogna rimettersi in pista, sfiga vuole essermi preso na sbandata per una che era peggio. Non sono tipo da botte e via, la mia mente le rifiuta, ma di certo non si può andare avanti a cercare qualcosa che non c'è. Ho provato pure a guardare dietro la terza stella a destra e andare dritto ma mi sono trovato davanti solo un uomo nerbuoruto che diceva di chiamarsi Spugna e che cercava un uncino, non ho ben capito per che gioco... E allora? Devo rinchiudermi in una torre e aspettare? E se mai succedesse che passa na principessa sotto la torre cosa gli calo per salire? Mah! Sto dannato amore fiabesco dove è? È davvero solo una fiaba? L'altra metà della mia mela se l'è mangiata qualcun'altro? Cara Eles aiutami tu, anche solo con l'indirizzo della strega cattiva che mi dia 'na pozione per diventare 'no stronzo.

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Caro Mr. C. ho pensato e ripensato prima di rispondere alla tua e-mail, non perché non sapessi cosa dire, anzi, ma perché è un argomento che mi tocca da vicino. L’Amore Fiabesco, chi da piccola non l’ha mai sognato? Quante ragazze son rimaste deluse quando hanno capito che non sarebbe arrivato nessun principe azzurro e nessun cavallo bianco? Invece te dichiari di essere proprio Lui, il principe che tutte sognano ed ora vorresti trasformarti in uno dei tanti? Beh io non conosco l’indirizzo della strega cattiva ma anche lo sapessi non te lo darei! Ti posso assicurare che non è diventando uno “stronz*” che troverai la persona per te. Le delusioni nella vita capitano a tutti, soprattutto in ambito amoroso, non per questo bisogna arrendersi e smettere di sognare! Capita, purtroppo, sempre così chi è troppo buono resta fregato, ma prima o poi verrà il tuo tempo, verrà la persona giusta che farà vivere a te la favola. Si forse sono io troppo ottimista, ma preferisco sempre pensare che “il principe” o “la principessa” tanto sognati un giorno arrivino per tutti. Non so ancora se esiste un “Per sempre” ma un “Vissero felici e contenti” sì, perché l’importante è vivere l’amore durante, godersi ogni giorno la persona amata, non avere rimpianti e pensare di aver dato sempre il massimo per la propria storia! Se la principessa passasse per caso sotto la tua torre “cala” un lenzuolo, fatti allungare i capelli o la barba, quello che vuoi, ma non fartela sfuggire per paura di cadere o farti male ancora, è un errore che fanno in tanti, il dolore e le delusioni riescono a cambiare una persona, son riusciti a far fuori tanti principi azzurri, credimi, spero che non accada mai a te. Non lasciare che il tuo passato influenzi il tuo futuro, mai. Anche se non c’era una vera o giusta risposta alle tue domande spero di esserti stata d’aiuto almeno un po’. Alla prossima. XOXO eles

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Il sistema radiotelevisivo parte 2° a cura di Nihil Morari La legge Mammì e successivi interventi di riforma. Dopo un dibattito parlamentare estremamente delicato, il 6 agosto 1990 le camere approvarono la l. 223/’90 – detta “legge Mammì”. La norma comprendeva cinque capi: Principi comuni per il sistema radiotelevisivo, sia pubblico che privato, quali la natura di “servizio di preminente interesse generale”; il rispetto del pluralismo esterno ed interno; l’imparzialità, oggettività, indipendenza e continuità dell’informazione. Quest’impostazione, che presupponeva una estensione unitaria anche dei rispettivi limiti e vincoli, veniva però contraddetta dai successivi commi dell’art. 1 che affidavano lo svolgimento delle attività del servizio pubblico alla RAI, introducendo di fatto un regime differenziato per il soggetto pubblico e per quello privato; Disciplina del regime concessorio, basato su due strumenti: il piano nazionale di ripartizione, col quale venivano distribuite le frequenze fra i diversi servizi di telecomunicazione, e il piano di assegnazione delle frequenze che le distribuiva fra i diversi soggetti operanti, nel rispetto del principio pluralistico. Venivano inoltre stabiliti i criteri e i requisiti per il rilascio delle concessioni, nonché i poteri di intervento ministeriali per i profili riguardanti la gestione d’impresa e la programmazione; Normativa antitrust, in osservanza delle già richiamate sentenze della Corte Costituzionale, e riguardante: Il settore radiotelevisivo, per il quale si prevedeva una distinzione tra il livello nazionale e quello locale e si impediva ad uno stesso soggetto di trasmettere sia per l’uno che per l’altro. Si fissava a tre il numero massimo di reti controllate da uno stesso soggetto; Gli incroci stampa-televisione, vietando l’attività radiotelevisiva ai soggetti operanti nel campo della stampa con una tiratura superiore al 16% di quella complessiva a livello nazionale; Le concessionarie di pubblicità, le quali potevano distribuire i propri prodotti ad un massimo di tre reti a livello nazionale, oppure a due nazionali e tre locali o, infine, ad una nazionale e sei locali; Disciplina della pubblicità commerciale in riferimento al contenuto – divieto di contenuti discriminatori, offensivi, che sfruttassero la credulità dei minori, comportassero un danno alla salute, al benessere e all’ambiente, divieto di pubblicizzazione dei prodotti del tabacco e di farmaci richiedenti ricetta medica, regime speciale per le bevande alcoliche -, alle modalità di trasmissione

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ed alle sponsorizzazioni – le quali però erano palesemente in contrasto rispetto alla normativa comunitaria, e sarebbero state riformate successivamente -, agli indici di affollamento; Attribuzione di poteri di controllo e vigilanza al Garante per la radiodiffusione e l’editoria e al Ministero delle poste e delle telecomunicazioni. Fin dal primo momento la legge venne però duramente attaccata sotto vari profili. In primo luogo per quanto riguardava la normativa antitrust: la legge, fissando a tre il numero massimo di reti che uno stesso soggetto poteva controllare, non faceva altro che fotografare la situazione di duopolio RAI-Mediaset che la Corte aveva più volte dichiarato inammissibile; niente di strano dunque che, chiamata ad intervenire nel ’94, giudicò incostituzionale questa parte della legge. Il legislatore intervenne allora con la l. 249/’97, la legge Maccanico, la quale fissava il limite per uno stesso soggetto al 20% delle reti diffuse in tecnica analogica e dei programmi in tecnica numerico-digitale. Era prevista quindi la trasformazione di Rai3 in rete senza pubblicità e il trasferimento di Rete 4 sul satellite, poiché entrambe erano reti eccedenti rispetto alla nuova normativa. A vigilare sull’attuazione di quanto disposto era chiamata l’AGCOM, istituita dalla stessa legge, la quale doveva fissare il termine ultimo entro il quale operare tale passaggio in funzione dell’adeguato sviluppo della tecnica trasmissiva, che doveva essere

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definito dal legislatore – il quale in realtà non intervenne per fissarlo, procrastinando così sine die il regime transitorio. Anche in questo caso la Corte intervenne dichiarando l’incostituzionalità parziale della legge e fissando al 31 dicembre 2003 il termine ultimo e improrogabile entro il quale concludere le sperimentazioni della tecnica digitale – in realtà prorogato prima al 2006, poi al 2008 e infine al 2012 -, mentre l’AGCOM fissò alla stessa data il termine entro il quale le trasformazioni riguardanti Rai3 e Rete 4 avrebbero dovuto essere attuate. La confusione così creatasi provocò non pochi problemi agli operatori del settore, il più importante dei quali è sicuramente il caso Europa 7: la rete aveva ottenuto nel 1999 l’autorizzazione a iniziare le trasmissioni, salvo trovare però la propria frequenza occupata abusivamente da Rete 4, la cui autorizzazione era scaduta e non era stata rinnovata. Europa 7 fece ricorso al Consiglio di Stato che condannò il governo a pagare circa un milione di euro – oltre a questo ci fu anche l’intervento della Corte di giustizia europea che decretò l’incostituzionalità della legge Maccanico in relazione al diritto comunitario – e assegnò alla società una delle reti dismesse dalla RAI la quale, tuttavia, non copriva l’80% del territorio nazionale come previsto invece dall’autorizzazione del ’99. La vicenda giudiziaria non si è ancora conclusa. Ancora, uno degli aspetti di cui la legge Mammì non parlava era poi quello della RAI, trattato al contrario dalla l. 206/’93. Per quanto riguardava il Presidente gli si attribuivano i poteri di rappresentante legale della società e di presidente del collegio, prevedendone la nomina tra i membri del Cda. Questo era nominato interamente dai presidenti delle camere e composto da cinque membri scelti per l’indipendenza nel comportamento e la competenza nelle materie scientifiche, umanistiche, giuridiche, economiche o comunicative e aveva poteri gestionali, di controllo e di garanzia. Quanto al Direttore generale, ad esso spettava la gestione d’azienda ed era nominato dal Consiglio con il parere favorevole dell’Assemblea dei soci. La l. 28/2000 interveniva poi su un altro aspetto taciuto dal legislatore: la disciplina della comunicazione politica. Il provvedimento si distingueva perché vigeva costantemente e non solo in riferimento al periodo della campagna elettorale; si basava sui principi dell’eguaglianza di accesso e di trattamento nonché dell’imparzialità – i principi della par condicio – e distingueva due tipi di attività: la comunicazione politica vera e propria, cioè i dibattiti fra più rappresentanti politici, e i messaggi autogestiti, cioè riguardanti un singolo politico. Quanto ai primi era prevista la loro trasmissione obbligatoria a livello nazionale sia per il soggetto pubblico che per il privato. Quanto ai secondi se ne prevedeva la trasmissione obbligatoria, ove richiesto, dall’emittente pubblica e solo facoltativa dai privati; la loro collocazione all’interno di specifici contenitori; la fissazione di un indice di affollamento giornaliero; la durata minima – da uno a tre minuti per quelli televisivi, da trenta a novanta secondi per quelli radiofonici. Inoltre dovevano essere trasmessi a titolo gratuito dalla RAI e anche a titolo oneroso dai privati. Nel periodo delle campagne elettorali la normativa era più stringente, definendo i

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soggetti legittimati a partecipare alle tribune, le norme riguardanti i referendum, quelle riguardanti il comportamento dei conduttori radiotelevisivi, la stampa e i sondaggi politici – i quali non possono tutt’ora essere resi noti nei quindici giorni precedenti il voto. Va segnalato, infine, il referendum dell’11 giugno 1995 col quale si abrogava la parte della l. 206/’93 che prevedeva che le azioni della RAI fossero pubbliche, consentendo di fatto un processo di privatizzazione della concessionaria del servizio pubblico. La legge Gasparri e il Testo unico sulla radiotelevisione. Il legislatore fu chiamato ad intervenire ancora nel 2003 sulla base di diverse spinte: quella della Comunità Europea che, tra le altre cose, chiedeva una trattazione unitaria delle telecomunicazioni e del sistema radiotelevisivo; quella della Corte Costituzionale che, come abbiamo visto, aveva abrogato una parte consistente delle norme varate negli anni precedenti; quella dello sviluppo tecnologico – con l’introduzione della tecnica digitale disciplinato dalla legge Maccanico, dalla l. 66/2001 e dai regolamenti dell’AGCOM -; quella della riforma del Titolo Vdella Costituzione che ha visto l’attribuzione alle regioni di una competenza concorrente in tema di comunicazione. Accanto a questo si deve ricordare l’intervento del Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, il quale aveva chiesto esplicitamente che venisse approvata in tempi brevi una nuova legge sulla materia. Il provvedimento venne presentato alle Camere ed approvato alla fine del 2003 ma, a sorpresa, il Presidente della Repubblica rifiutò di approvarlo per quattro motivi: il periodo in cui l’AGCOM avrebbe dovuto effettuare la verifica sull’effettivo ampliamento della programmazione derivante dall’introduzione della tecnica digitale era troppo ampio; l’Autorità non aveva adeguati poteri d’intervento; la normativa antitrust avrebbe, secondo le sue valutazioni, danneggiato il principio pluralistico; la distribuzione della risorsa pubblicitaria era troppo squilibrata a svantaggio della stampa. Nel frattempo si avvicinava la scadenza del 31 dicembre per il passaggio di Rete 4 sul satellite e la trasformazione di Rai3 in rete senza pubblicità, per evitare la quale venne

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varato in extremis un decreto col quale si consentiva alle due reti di continuare la loro attività senza nessun mutamento e si andava incontro ad alcune delle osservazioni fatte da Ciampi. La legge venne quindi ripresentata con qualche modifica e approvata il 29 aprile del 2004. La l. 112/’04 comprendeva al suo interno la delega al governo affinché venisse varato un Testo unico sulla radiotelevisione, approvato l’anno successivo – d. lgs. 177/’05 – e articolato in quattro aree: Principi fondamentali e principi generali. La prima parte del TU conteneva un vasto elenco di principi vigenti sia per l’operatore pubblico che per il privato. Fra i primi ricordiamo la libertà e il pluralismo, la libertà d’espressione del pensiero, l’indipendenza, obiettività, completezza e imparzialità dell’informazione, la tutela delle minoranze etniche, l’apertura alle diverse opinioni e tendenze politico-culturali, la difesa della salute e del benessere. Fra i secondi erano previsti la tutela della persona umana, della sua libertà di autodeterminazione, l’accesso ad un’ampia varietà di fonti informative e ad un congruo numero di trasmissioni in chiaro, il diritto di rettifica, il rispetto del Codice di autoregolamentazione TV e minori, la tutela e promozione della produzione europea e nazionale, la circolazione dei contenuti fra i Paesi membri della CE e la disciplina della pubblicità. Si ribadiva il divieto di trasmettere contemporaneamente a livello nazionale e locale e si vietava di trasmettere più del 20% della capacità trasmissiva del proprio bacino d’utenza, nonché l’obbligo di trasmettere su tutto il territorio per cui era stata ottenuta l’autorizzazione. Si considerava l’attività d’informazione come un servizio di preminente interesse generale, indipendentemente dalla natura del soggetto che la svolgesse, e si prevedevano una serie di obblighi aggiuntivi per la RAI – quali ad esempio tutela dell’identità nazionale, diffusione della lingua e della cultura italiana, crescita civile e istruzione della popolazione. Per quanto riguardava le regioni, la loro attività era quella di tutelare le culture locali; si dava loro la possibilità di agire in deroga alla normativa europea concernente la pubblicità, a patto che almeno il 15% della pubblicità delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici fosse indirizzata agli enti locali e che gli spazi pubblicitari venissero ripartiti tra le imprese operanti in ambito locale; si consentiva inoltre ad uno stesso soggetto di detenere fino a tre autorizzazioni di trasmissione in ambito regionale.

del 20%, per i programmi trasmessi in tecnica digitale. Fino al completamento dello switch-off entrava in vigore il limite del 20% per i trasmessi sia in tecnica analogica che digitale – a patto che fossero trasmessi su almeno la metà del territorio nazionale. Spettava all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni vigilare sul rispetto di tali limiti e, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari. Veniva inoltre abrogato il divieto per gli editori di entrare nel campo radiotelevisivo, mentre si istituiva divieto di operare nella stampa per i proprietari di più di una rete televisiva. La concessionaria del servizio pubblico. Innanzitutto si fissavano le finalità della RAI: provvedere all’informazione, alla educazione e alla formazione culturale del pubblico; garantire l’accesso ai partiti politici, ai sindacati e ai movimenti politici; trasmettere gratuitamente messaggi di pubblicità sociale e svolgere attività di insegnamento a distanza. L’AGCOM poteva agire d’ufficio, o su istanza delle regioni o del Ministero delle comunicazioni, in caso di inadempimento: in questo caso la società aveva trenta giorni di tempo per adeguarsi; in caso contrario si prevedeva una sanzione pecuniaria e, nei casi più gravi, la sospensione dall’attività d’impresa per un periodo massimo di novanta giorni. Per quanto riguarda gli aspetti finanziari rimaneva il doppio regime del canone e degli introiti pubblicitari. Il canone è una tassa di detenzione del mezzo televisivo – non si tratta, quindi, del “canone RAI” come viene spesso presentato e definito- e dunque, contrariamente a quanto si pensa, non viene recepito direttamente dalla RAI ma dal Ministero dello sviluppo economico il quale, successivamente, lo distribuisce a vari soggetti – tra cui la RAI, per una quota che si attesta intorno all’85%, e l’Accademia concertistica di Santa Cecilia. Il suo importo viene determinato in sede ministeriale sulla base delle spese previste per l’anno successivo tenendo conto delle esigenze di sviluppo tecnologico della società stessa e dell’inflazione ed è destinato a coprire solo ed esclusivamente le trasmissioni di riconosciuto valore culturale – cioè quelle che giustificano l’esistenza del servizio pubblico stesso.

Normativa antitrust. L’obiettivo del legislatore era quello di semplificare la normativa precedente, e di fatti si contemplava un unico limite del 20% delle risorse detenibile da uno stesso soggetto in riferimento al sistema integrato della comunicazione – comprendente la stampa, la radiotelevisione, la pubblicità, il cinema, l’editoria online e libraria. Il limite scendeva al 10% qualora uno stesso soggetto, nel settore delle comunicazioni elettroniche, detenesse una percentuale di risorse superiore al 40% in riferimento al settore stesso. Oltre a questo limite se ne prevedeva un altro, sempre

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In merito al suo assetto proprietario si prevedeva la fusione della RAI Radiotelevisione Italiana con la RAI Holding SPA alla quale sarebbe stato affidato il servizio pubblico fino al 2016. Contemporaneamente, ed entro quattro mesi, si sarebbe dovuta avviare la fuoriuscita dello Stato dal Consiglio d’amministrazione in vista di una sua totale privatizzazione. A tal proposito si prevedeva che il Cda fosse costituito da nove membri eletti dall’Assemblea dei soci sulla base di un voto di lista e che il rappresentante del Ministero dell’economia, fino a quando la quota di azioni ceduta dallo Stato non avesse superato il 10%, avrebbe presentato una lista autonoma di nove candidati, dei quali sette scelti dalla Commissione bicamerale – quattro nominati dalle regioni – e due dal ministero stesso, di cui uno necessariamente eletto Presidente – con il parere favorevole della Commissione espresso a maggioranza dei due terzi. Esso rimaneva in carica tre anni e i suoi membri potevano essere rieletti una sola volta; essi dovevano essere scelti tra coloro i quali avessero maturato i requisiti per la nomina a giudice costituzionale o si fossero distinti, per competenza e indipendenza, nei campi scientifici, giudiziari, economici, umanistici e della comunicazione. Il numero di membri della lista ministeriale sarebbe diminuito in relazione all’avanzamento della dismissione fino ad una totale scomparsa della lista stessa. L’Assemblea dei soci avrebbe dovuto nominare anche il Direttore generale il quale si occupa della gestione d’impresa ed è legato al Cda da un rapporto fiduciario; partecipa alle sue sedute senza diritto di voto; vigila sull’attuazione delle direttive e degli indirizzi alla programmazione; propone la nomina dei vicedirettori e dei dirigenti di primo e secondo livello; nomina direttamente il personale, ivi compresi i giornalisti; attua i piani di spesa, d’investimento e riguardanti le politiche del personale e tiene ogni anno una relazione di fronte al Parlamento.

l’eccessiva ampiezza del sistema integrato della comunicazione che, in teoria, può consentire un ulteriore rafforzamento della posizione dei duopolisti o, ancora, per il potere di nomina dei membri del Cda affidato all’esecutivo e, in seguito all’avvenuta privatizzazione, all’Assemblea dei soci – contrariamente alla già richiamata sent. 225/’74 che prevedeva l’indebolimento del potere medesimo da parte del governo a vantaggio del Parlamento. Non c’è da meravigliarsi, quindi, che il tema del futuro della RAI sia ancora oggi oggetto di discussione politica e, almeno formalmente, sia inserito nell’agenda governativa – nonostante i pareri contrastanti delle diverse forze in campo.

Tecnica digitale. Infine, era prevista una disciplina orientata ad accelerare lo switch-off al digitale terrestre: per questo obiettivo si consentiva l’utilizzo promiscuo delle frequenze in tecnica digitale ed analogica nonché degli impianti già in funzione; si consentiva la sperimentazione ai soggetti già operanti a livello nazionale e a quelli operanti a livello locale che ne abbiano i requisiti e s’impegnino a diffondere le trasmissioni su almeno metà del territorio nazionale; si consentivano i trasferimenti d’impresa o rami d’azienda per il suo sviluppo in tempi rapidi. La legge Gasparri, e il relativo Testo unico, devono senza dubbio essere apprezzati per il tentativo di trattare in maniera sistematica il tema in questione. Ciononostante sono forti i dubbi che sono stati sollevati nei suoi confronti: in primo luogo con riferimento al livello comunitario, dato che la normativa non disciplina in maniera unitaria anche il sistema delle telecomunicazioni – fattore che ha prodotto diversi problemi, quali ad esempio il permanere di un regime di occupazione di fatto delle frequenze o di un regime autorizzatorio basato su licenze individuali anziché autorizzazioni generali e che, proprio per questi motivi, ha spinto la Corte di giustizia europea ad esprimersi contro la legge -; in secondo luogo con riferimento al diritto interno, ad esempio per

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Morire prima di morire a cura di leonida989 Viviamo tempi difficili. Tempi di solitudine. Tempi di egoismo. Tempi di ipocrisia. Non sappiamo cosa ci aspetta dopo la morte e le religioni sono in declino, soprattutto quella cattolica, che si sta inabissando con le proprie mani. Oggi è importante apparire per essere accettati e per trovare un partner. Quest’ultimo è una figura che sta cambiando; prima era una persona che si va a cercare per passarci la vita insieme, o almeno molto tempo. Purtroppo oramai la “coppia fissa” è morta tra i giovani: tutti si vogliono divertire, tutti vogliono cambiare persona spessissimo, tutti vogliono “rimorchiare”. Perché in un articolo sulla morte si parla della ricerca di rapporti duraturi come la possibile strada per godersi appieno l’esistenza? Beh semplice, la morte è la fine della vita; la stessa vita che molti si prefiggono gia prima dei 30 anni di passare da soli. Si vuole stare soli per potersi divertire per molto più tempo, finché si può… appunto, finchè si può. Quando non si potrà più? È qui che si riallaccia il tema della morte, quando non si può più fare la vita spericolata spesso si è vicini (cronologicamente parlando) alla morte. Grazie allo stile di vita consumista e relativamente tranquillo che permette di restare piacenti anche fino a 60 anni ci si avvicina pericolosamente alla fine del ciclo vitale SOLI. Soli per divertirsi, soli per non condividere nulla di quello che si ha, soli per non rischiare di restare soli dopo un rapporto serio. Soli in casa a passare la vecchiaia, al massimo si va a ballare il liscio una volta alla settimana, per cercare un po’ di compagnia, mera consolazione visto che poi si torna nella solitudine dopo un paio d’ore; si fa una briscolata ogni tanto e chi perde paga un succo di frutta a chi vince, perché negli anni passati l’uso / abuso di alcolici ha reso difficile assumerne ancora dopo i 60 anni; ci si compra la bella macchina per andare fuori porta da soli; ci si rassegna a vivere il resto dell’esistenza da soli; si va a fare la spesa per comprare 2 fette di prosciutto e mezzo chilo di pasta che basterà per almeno 5 volte. Alla fine come ci si ritrova? In un letto di ospedale in punto di morte senza nessuno al proprio capezzale, senza compagnia nè conforto, unica consolante certezza la morte. In casa a scrivere come si desidera essere tumulati nella speranza che qualcuno esaudisca questa volontà e il proprio testamento per devolvere la propria “roba” (come Mazzarò) a nipoti e pro nipoti sconosciuti, aspettando la morte, non è dato sapere come o quando, l’unica certezza è che prima o poi si morirà… magari tra 1 mese o tra anni, per poi ottenere la morte in solitudine, abbracciandola con sofferente liberazione dove capita, senza

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nessuno che se ne accorga, magari si viene seppelliti un mese dopo perché la vicina ficcanaso sente strani odori provenire dalla porta del vicino. In sostanza si vive soli per “godersi la vita”, senza pensare a godersi la morte, senza pensare che magari alla fine tutti polvere diventeremo e oltre questo resteranno i nostri figli e quello che tramite loro tramanderemo: un valore, un cognome che ha dato molto alla collettività, proprietà sudate e meritate in vita donategli che magari continueranno ad avere un giardino curato e un orto fertile. Si vive soli perché si litiga e non si vuole più soffrire, senza domandarsi se la vita vissuta con l’ombra di passati affetti volutamente cancellati si possa definire tale. Si vive morti e si muore come? Un detto marchigiano dice: “o ‘bbozzi adesso o ‘bbozzi dumà” (o sopporti/tolleri adesso o sopporti/tolleri domani). Il problema è scegliere, possibilmente con la propria testa.

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Nyan Cat a cura di Profatina Hyena [BOT]

Il nyan cat è un gatto (ne siamo certi) un po’ bimbominkia, che si esprime tramite strani “nyan nyan nyan nyan” (gnan gnan gnan gnan nella versione italiana). All’umanità si è presentato come un toast/fetta-biscottata/tartina, con testa, coda e arti di gatto che, volando nello spazio infinito, lascia dietro di se una scia arcobalenosa. Le origini del nyan cat risalgono all’antichità, secondo la Bibbia dal “sesto giorno” in poi, giorno in cui il Creatore inventò e mise a disposizione della natura arcobaleni e gatti; aleggia ancora il mistero sul toast/fetta-biscottata/tartina, la Bibbia ha ritenuto opportuno focalizzare l’attenzione su altri eventi che hanno cambiato la storia dell’uomo anche se gli ultimi studi datano il toast/fetta biscottata/tartina nel 452 a. C., per opera del polacco Szorow. I primi passi mossi da Dio e Szorow però non furono così geniali quanto l’intuizione dello studente spagnolo Garcia-Garciel Y Garcialcas; il 12 Maggio 1852, uscendo dalla porta di casa pronunciò delle parole destinate a riecheggiare nell’eternità: «Aserejè ja de jè de jebe tu de jebere sebiunouva majabi an de bugui an de buididipi» (trad. “Questo è un piccolo passo per un uomo ma un grande passo per l’umanità”), in cui annunciava che un gatto, assieme al toast/fetta-biscottata/tartina poteva formare un super-essere, il nyan cat appunto. Garcia-Garciel sfortunatamente morì poco dopo durante la sesta guerra punica e, complice la mancanza di internet, non potè godersi i successi del neonato animaletto ibrido. Nel XX secolo e nell’inizio del XXI, il mito del nyan cat venne parzialmente accantonato, principalmente per colpa di Hollywood; l’America gelosa dell’Europa sfornò nuovi esseri col solo scopo di far perdere credibilità e fascino al nyan cat. Inventarono King Kong, Mickey Mouse, Dumbo, Tom & Jerry, i Teletubbies ed i Transformers. Nel 2011 tuttavia, il dominio dell’America finì e il nyan cat venne riesumato e ottenne finalmente ciò che gli sarebbe sempre spettato: un posto nella storia. Esiste un’altra teoria riguardo la creazione del nyan cat che ha creato una moltitudine di polemiche. Secondo Wikipedia, il nyan cat è stato inventato nel 2011 da Chris Torres ed il fatto che un uomo possa sostituirsi al creatore nella creazione di esseri viventi ha provocato la rabbiosa reazione da parte di Scientology; è al momento infondata quest’ultima teoria e per dimostrarne l’infondatezza la NASA ha già programmato una serie di analisi sul nyan cat, serie di analisi che porteranno all’umanità una conoscenza definitivamente più chiara. «Questo nyan cat ha un’aura potentissima!» [cit. Junior di Dragonball] 32

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Film mentali a cura di Mago Pazzo Salernitanuz Quante volte ci siamo trovati in una determinata situazione, e abbiamo fantasticato con la mente, riguardo ad avvenimenti futuri, azioni o altro? Tantissime volte! Queste fantasie le possiamo denominare “Film”, comunemente conosciuti come “Pippe (nessun riferimento al mio soprannome) mentali”. Ogni Film ha una sua durata, e si possono distinguere in: cortometraggio, film, telenovelas. Le tematiche possono essere differenti: sentenze di morte, speranze, kamasutra. Vi illustro qualche esempio: - sentenze di morte: ci sta antipatico qualcuno, come per magia la nostra mente fa diventare la vittima odiata, soggetto delle peggiori torture esistenti; - speranze: la parola spiega tutto, comprende tutte le possibili speranze in qualcosa, sia positive che negative; - kamasutra: incontriamo una persona che ci piace, e in quel momento appare, di fronte a noi, un letto con lenzuola rosse, con tanto di scenografia da film porno; dalla bellezza dello scenario eccoci su quel letto con la persona desiderata, facendo capriole e salti mortali, credendo di essere degli esperti del sesso, stile Rocco Siffredi oppure Eva Henger. Raccogliendo testimonianze dalla porta affianco, un abitante della casa ha raccontato un suo cortometraggio, fallito sul nascere: codesta persona ha fantasticato su un suo eventuale rapporto con un discendente del buon Rocco ; in base alle testimonianze del discepolo, si sarebbe prospettato qualcosa che facesse crollare i muri dall’emozione, però il risultato è stato una mortificazione da parte dell’innocente creatura con dubbi sulla propria sessualità. Nel campo video-ludico ci sono tantissimi film mentali legati alla speranza. Esempi: la speranza di riuscire a fare primi in una corsa di macchine (il fallimento può portare alla caduta di tutti i calendari); battere il boss finale (fallimento = caduta del mondo terreno, fallimento + mancanza di aver salvato prima dello scontro = caduta del mondo terrestre + quello celeste). La fantasia della mente umana è una cosa fantastica; una persona senza fantasia è solo un involucro vuoto! Continuate a fantasticare, gente! Non c’è niente di male.

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Meme Hyenico a cura di Profatina Hyena [BOT]

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Le assurdità nei videogiochi a cura di Mago Pazzo Salernitanuz Quante volte, giocando a un videogioco, abbiamo notato delle cose che potevano sembrare assurde? Parliamo di qualche titolo famoso: - Super Mario: un drogato idraulico, dove, in ogni capitolo della saga, deve salvare la sua amata principessa dal cattivo di turno. Perché drogato? Perché i suoi poteri derivano da: funghi (allucinogeni), fiori (oppio), foglie (marijuana). Caratteristiche di Mario: un nano con i baffi che non crescono mai, fare salti chilometrici è una delle sue specialità (ok, qui l’autore stava facendo viaggi mentali assurdi, immaginando questo coso goffo che con un salto ti arriva in Cina). Altra assurdità: in ogni saga, la principessa viene rapita. Ma scusa, sei la principessa di un regno imponente, possibile che nessuno è capace di difenderti? Bambola, è ora di fare il rinnovo del personale! -Sonic: un riccio “blu” (che poi questo blu cosa mi rappresenta? Mistero), che corre a velocità supersonica (surreale all’ennesima potenza). Affiancato dall’inseparabile volpe gialla (“I Cazzeggiatori dominano!” , various lo so che mi odierai con questa affermazione), di nome Tails; insieme combattono il malvagio dottor Eggman, esempio vivente dell’obesità. Andando avanti ci troviamo: marsupiali con pantaloni blu, che saltano dappertutto facendo giravolte (Crash Bandicoot); persone che vengono picchiate nei peggiori modi possibili, ma non muoiono mai (Street Fighter, Tekken); calciatori instancabili (Pro Evolution Soccer, Fifa). Ma sono queste “assurdità” a rendere speciali i videogiochi, ed a farci appassionare ancora di più a loro. Il campo videoludico non finirà mai di esistere!

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Rebus a cura di Profatina Hyena [BOT]

Chiave: (4,1,5,4,5,2,3,6,5,8,2,6,1,6,10,1,4,1,7)

Soluzione precedente CHI NON LAVORA NON FA L’AMORE.

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Hall of Fame a cura di eles-chan Contest AMV: “AMV of the Month - 07� Vincitrice: FaTa Sowi-chan Lupus XI Edizione "Insana mentis" edition vincono i contadini: Veggente: eles-chan Medium: Squall867 Guardia del Corpo: DarkPhoeniX EunucO Meretrice: pennel Giulietta: Various Cacciatore: La Bimba Druido: ClauDio Borgomastro: chidori89 Curatore: derchi8 Strega: _Clau Peccatore: Ely.B84 Mitomane: cutiekumi Matto: DarkBanana88 Contadino 01: Yami Artemisia Contadino 02: Profeta Hyena [BOT] Contadino 03: Michijo__ Contadino 04: leonida989 Contadino 05: feffa Contadino 06: Nick_Done Contadino 07: Hisoka12 Contadino 08: Rud Khan Contadino 09: Stark86 Contadino 10: Bond85

Vincitori Sotw w Iotw: Iotw 55: Dastard Sotw 128: Ricofede92 Iotw 56: Michijo_ Sotw 129: Ricofede92 Iotw 57: FaTa Sowi-chan Sotw 130: Prometeus 37

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2° Contest Culinario by Diveh&ViziateH vince : Shiva Dreams D'Azur con i Suschi alla frutta.

Ingredienti: 800 ml latte 2 cucchiai rasi di zucchero 6 cucchiai rasi di cocco disidratato 200 g di riso per sushi frutta varia(colorata),io ho usato: fragole melone kiwi ananas arancia uva susina salsa alle fragole:: 4 fragole 1 goccio di acqua 1 cucchiaio di zucchero Innanzitutto mettere a bollire il latte,aggiungendo lo zucchero e il cocco disidratato;nel frattempo che il latte è sul fuoco mettiamo il riso sotto l’acqua corrente in modo che perda un po’ di amido. Quando il latte inizia a bollire bisogna aggiungere il riso e abbassare la fiamma,controllandolo e girandolo spesso;nel frattempo che il riso cuoce iniziamo a tagliare la frutta che andrà a comporre il nostro sushi,in particolare andremo a formare dei maki e dei nigiri: tagliamo la frutta in diversi modi,a fette sottili e pseudo rettangolini per i nigiri e in quadratini per i maki;una volta tagliata tutta la frutta ho spruzzato sopra un po’ di zucchero soprattutto in quella meno dolce. Ecco una foto durante la cottura del riso, e alla fine quando il latte è stato completamente assorbito:

Una volta cotto bisogna porlo in un contenitore e lasciarlo raffreddare.

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Per la salsa alle fragole bisogna tagliare a pezzi piccoli e cuocerle a fuoco lento con un goggio di acqua e un cucchiaio di zucchero,ed infine frullarle(io non ho potuto non avendo nè il frullatore nè il mixer,quindi mi sono arrangiata).

Una volta raffreddato il riso iniziamo a comporre il nostro sushi! Per i nigiri bisogna formare una polpettina allungata e poi adagiare sopra le fettine di frutta o i rettangolini,mentre per i maki bisogna formare i cilindretti con il riso e fare un buchino sopra, dove verranno inseriti i pezzi di frutta. Sbizzarritevi! Foto risultato finale:

Nigiri nel bento:

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