Moscato pane burroeacciughe ciò probabilmente mi ha condizionato la vita, infatti, ricordando solo la fase dell’estirpo, non ho mai avuto molto interesse nella coltivazione di piante da frutto. Si può dire che io sia cresciuto in mezzo ad una vigna, perché anche se da bambino non mi fosse permesso svolgere molti lavori, mi appassionava il contesto, qualunque mezzo agricolo e non (pur che dotato di motore) e soprattutto la produzione del vino. Tant’è che nel 2009, finite le scuole medie, l’unico istituto preso in considerazione è stata la scuola enologica di Alba; quest’ultima ha accresciuto in me ancor di più la passione per questo mondo e talvolta mi ha quasi portato ad odiarlo, per poi tornare sempre sui miei passi. La voglia di studiare non era troppa, ma sono riuscito comunque a terminare i sei anni di superiori senza grossi intoppi, dunque era necessario decidere cosa fare “da grandi”. Con lo scopo di fare esperienza, nel 2015 svolgo una vendemmia in un laboratorio analisi e negozio di prodotti enologici; quel lavoro (dopo i primi scogli) mi piaceva parecchio, ma quasi controvoglia e “per provare” mi ritrovo a fare il test d’ingresso per la facoltà di Viticoltura ed Enologia dell’Università di Torino (anche qui senza considerare altri corsi). Chiamiamolo destino, chiamiamola fortuna, chiamiamola bravura.... Ma riesco ad entrare come 75° su 75 posti, dunque la decisione di lasciare il lavoro e tentare di proseguire gli studi viene presa quasi istantaneamente, seppur con la giusta dose di paura. Intanto inizio a seguire qualche vinificazione in cantina, con la Barbera quell’anno, mentre con il Moscato la scintilla è scattata la vendemmia successiva, nel 2016. Moscato, a questo nome viene ormai associato in maniera automatica un vino dolce, da sempre prodotto a cavallo tra le province di Asti, Cuneo e Alessandria. Si tratta di un prodotto che storicamente ha dato da “tribolare” per mantenere il residuo zuccherino: nelle cantine spesso sono ancora presenti i filtri a sacchi olandesi attraverso cui veniva filtrato non appena si “Rompeva la cuerta” (cioè si notava un principio di fermentazione spontanea); questi filtri si intasavano di frequente, perciò bisognava andare velocemente al fiume più vicino (unica fonte di acqua corrente) per lavarli. Questo è uno dei motivi per cui le storiche case spumantiere di Canelli si trovano in città e non sulle colline. In seguito la tecnica enologica (per fortuna) si è evoluta, comunque è rimasto un vino molto complesso da lavorare e che richiede elevato utilizzo di tecnologia. Di questi argomenti ne parlerà sicuramente meglio Guido nel suo capitolo; il mio è dedicato alla
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