

LA QUADRATURA DEL CERCHIO
Passato, presente e futuro dei CAIRS, dalla loro invenzione alle potenziali applicazioni
IN MEMORIA
Simonetta Morselli INNOVAZIONI
Biomeccaniche corneali sotto la lente CASI DA INCUBO
Sull’orlo del baratro

Aderisci anche tu

In omaggio il kit essenziale per la gestione della presbiopia
Il kit contiene:
Manuale “La compensazione della presbiopia con lenti progressive: oftalmiche e a contatto”
Opuscolo “Le principali cause di perdita della vista”
Opuscolo “Lenti Progressive: vedere bene, a ogni distanza”
Ricettario
Modulo di accompagnamento al medico oculista
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Redazione
Timothy Norris
Laura Gaspari, MA redazione@eyeseenews.it www.eyeseenews.it
Pubblicità info@fgeditore.it tel 01411706694
Direttore responsabile
Ferdinando Fabiano f.fabiano@fgeditore.it
Grafica e impaginazione Cristiano Guenzi
Copertina Silvia Schiavon
Coordinamento scientifico Vittorio Picardo, MD
Hanno partecipato a questo numero
Amar Agarwal, MD, M.S., FRCS, F.R.C.Ophth
Ike Ahmed, MD, FRCSC
Giovanni Alessio, MD, PhD
Shady Awwad, MD
Lamis Baydoun, MD, PhD, FEBO
Roberto Bellucci, MD
Massimo Camellin, MD
Béatrice Cochener-Lamard, MD, PhD
Patricia Dahl, MD
Anna D’Ambrosio, MD
Cosimo Mazzotta, MD, PhD, FWCRS
Oliver Findl, MD, MBA, FEBO
Matteo Forlini, MD
Jacinto Sanchez Ibañez, MD
Soosan Jacob, MD, MS, FRCS, DNB
Paolo Lanzetta, MD
Alessandro Mularoni, MD
Emilio Torres-Netto, MD, PhD
Jack Parker, MD, PhD
Vittorio Picardo, MD
Diego Ponzin, MD
Vincenzo Pucci, MD
Filomena Ribeiro, MD, PhD, FEBO
Giuseppe Scarpa, MD
Walter Sekundo, MD
Philippe Sourdille, MD
Antonio Toso, MD
Silvia Visentin, MD
Marco Zagari, MD
Editore
FGE srl – Fabiano Gruppo Editoriale
EditorialE
CovEr topiC
LA QUADRATURA DEL CERCHIO
CaSi da inCubo
SULL’ORLO DEL BARATRO
in mEmoria
IL TALENTO, L’IMPEGNO, LA PASSIONE E LA GIOIA
innovazioni
LA BIOMECCANICA
CORNEALE SOTTO LA LENTE
nEwS
approfondimEnti
IL MONDO DELL’IPOVISIONE ARRIVA A FIRENZE
TRAPIANTO DI CORNEA E BANCHE DEGLI
OCCHI: MESTRE DIVENTA INTERNAZIONALE
tECniChE ChirurgiChE
SOS: EMERGENZA GLAUCOMA
EvEnti CongrESSuali nEwS dallE aziEndE
Redazione: Strada 4 Milano Fiori, Palazzo Q7 – 20089 Rozzano (MI)
Sede legale: Regione Rivelle, 7 - 14050 Moasca(AT)
Tel 0141/1706694 - Fax 0141/856013
Registrazione presso il Tribunale di Asti - n. 1/2020 del 05/02/2020
Copia omaggio
ALLA RICERCA
DELLA FORMULA IDEALE
Cdi Professor Cosimo Mazzotta, Professore Associato di Oftalmologia, Università degli Studi di Enna "Kore", Fondatore e Direttore del Siena Crosslinking Center
Che i CAIRS siano una delle più interessanti rivoluzioni in oftalmologia degli ultimi 10 anni è un dato di fatto ben documentato nella letteratura scientifica internazionale a cui mi onoro di appartenere avendo collaborato in diversi lavori scientifici con i pionieri di questa chirurgia. Dalla loro prima applicazione nel 2015 a opera di Soosan Jacob, i CAIRS, ovvero gli anelli intrastromali allogenici di tessuto corneale, sono sempre più oggetto di una evoluzione contraddistinta da un crescente interesse internazionale, una molteplicità di varianti tecniche e diverse metodologie d’impianto. Un processo che vede il sottoscritto, autore insieme a Marco Zagari, dei primi impianti di anelli allogenici “crossl-inkati”, insieme a grandi nomi dell’oftalmologia internazionale, tra cui Shady Awwad, Farhad Hafezi, Aylin Kiliç, Jack Parker e la stessa Soosan Jacob, che ha di recentemente parlato di CAIRS customizzati.
A prescindere dalle varianti, i CAIRS si avviano rapidamente a rappresentare un importante contributo all’ampliamento della terapia conservativa additiva del cheratocono e in molti casi una possibile alternativa alla DALK, senza le criticità di quest’ultima. Nonostante i CAIRS presentino una serie di benefici, occorre ricordare che non ci sono ancora oggi grandi numeri e nomogrammi standardizzati. Proprio a questo obiettivo sono concentrati gli sforzi attuali, all’identificazione di protocolli applicativi che diano il massimo risultato in termini di riduzione delle aberrazioni e dell’astigmatismo irregolare tipici del Tutte le interviste contenute in questo numero sono consultabili collegandosi al sito: www.eyeseenews.it
cheratocono, senza trascurare il vantaggio di incrementare lo spessore corneale di partenza aprendo così la strada a ulteriori trattamenti di rifinimento refrattivo.
È importante ricordare che i CAIRS non rappresentano una chirurgia “refrattiva” che ha lo scopo di ridurre la dipendenza dagli occhiali, ma si inseriscono nell’ambito della chirurgia “terapeutica” del cheratocono, che mira alla ricostruzione step by step della regolarità del profilo e della biomeccanica corneale. In questo contesto i CAIRS possono essere talvolta risolutivi come procedura standalone, oppure possono rappresentare un passaggio chirurgico preliminare in cornee sottili seguito da ulteriori step chirurgici al fine di migliorare la visione con gli occhiali o con lenti a contatto.
Nell’ambito della terapia conservativa del cheratocono il gold standard al giorno d’oggi è innegabilmente rappresentato dal cross-linking corneale. Tuttavia, fin dalla loro primigenia applicazione, i CAIRS sembravano già predestinati a sposare il cross-linking come ulteriore tassello di un puzzle terapeutico ricostruttivo della biomeccanica e della morfologia corneale. Così è successo infatti, tanto che al giorno d’oggi, il migliore approccio al cheratocono nelle cornee con uno spessore minimo tra i 420 e i 300 micron e una curvatura corneale non superiore alle 75-80 diottrie è quello multistep che prevede l’utilizzo sinergico di cross-linking corneale, impianto di CAIRS e fine tuning mediante laser ad eccimeri. Parliamo di Cross-linking Plus (cross-linking e laser ad eccimeri) e CAIRS Plus (cross-lin -

king, CAIRS e laser ad eccimeri).
Un percorso terapeutico ricostruttivo della cornea propria del paziente che risparmia le complicazioni di una cheratoplastica e che sta mostrando nelle nostre mani (e non solo) risultati estremamente incoraggianti.
Va detto che il potenziale dei CAIRS oggi è ancora lontano dalla sua piena espressione funzionale. Infatti, la ricerca oggi è concentrata sulla customizzazione di Jacob, sull’approfondimento del processo di disidratazione di Awwad, fino ad arrivare allo studio che ho condotto insieme al Dottor Marco Zagari sull’inserimento dei CAIRS cross-linkati (AFXL CAIRS) seguiti dal trattamento laser ad eccimeri che ho denominato per la prima volta CAIRS Plus.
Ogni protagonista di questo entusiasmante sviluppo sta cercando la formula ideale, preparandosi a un confronto inter pares che mi auguro porti presto alla creazione di nuovi nomogrammi ottimizzati e condivisi, nella direzione di una standardizzazione di base.
Questo processo potrebbe auspicabilmente accelerare con l’inserimento di nuovi colleghi parteci -
panti, cosa che fortunatamente sta accadendo in Europa e nel mondo. Oramai, la terapia e la gestione del cheratocono rappresentano a tutti gli effetti una sottospecialità dell’oftalmologia, con un’incredibile necessità che le nuove generazioni di oculisti portino nuove idee e ulteriori sviluppi. Se c’è qualcosa di cui la ricerca in questo settore ha bisogno, come dimostrato dai pionieri che hanno portato all’ideazione di grandi procedure che hanno rivoluzionato la storia della terapia del cheratocono, come il cross-linking e gli anelli corneali allogenici, è la capacità di pensare al di fuori degli schemi tradizionali aprendosi al futuro. Ci sono purtroppo generazioni di oculisti ancora troppo affezionate all’idea del trapianto come cura del cheratocono mentre la diagnosi precoce e la terapia conservativa combinata riducono questa necessità oramai al di sotto del 5%. La stessa creatività terapeutica che ci ha portato all’introduzione e allo sviluppo dei protocolli di cross-linking come soluzione reale e provata del cheratocono in fase precoce e oggi anche al Cross-linking Plus mediante rimodellamen -
to corneale con il laser guidato da ray-tracing delle aberrazioni di alto ordine, potrebbe portare in tempi brevissimi a una vera rivoluzione terapeutica conservativa multistep mediante applicazione dei CAIRS cross-linkati e dei CAIRS Plus, riducendo ulteriormente la necessità di trapianti al di sotto del 3%.
Bibliografia
1 Mazzotta C, Zagari M, Bona G, Ponzin D, Awwad ST, Torres-Netto EA, Hafezi F, Jacob S. Crosslinked All-Femtosecond Laser-Cut Corneal Allogenic Intracorneal Ring Segments (AFXL CAIRSs): Pilot Ex Vivo Study and Report of First Two Cases Performed in Italy. J Clin Med. 2024 Sep 27;13(19):5771. doi: 10.3390/jcm13195771.
2 Jacob S, Agarwal A, Awwad ST, Mazzotta C, Parashar P, Jambulingam S. Customized corneal allogenic intrastromal ring segments (CAIRS) for keratoconus with decentered asymmetric cone. Indian J Ophthalmol. 2023 Dec 1;71(12):3723-3729.
LA QUADRATURA DEL CERCHIO
Passato, presente e futuro dei CAIRS, dalla loro invenzione alle potenziali applicazioni
Intervista alla Dottoressa
QSoosan Jacob, Dr Agarwal’s Group of Eye Hospitals, Chennai, India, al Professor Shady Awwad, Università Americana del Centro Medico, Beirut, Libano e al Dottor
Marco Zagari, Centro Oculistico Europeo di Acicastello, Italia
Quando si guarda indietro a un’età passata, la sola idea di giovinezza, nella maggior parte dei casi, evoca sentimenti di spensieratezza e passione; un’età dei quali drammi oggi sembrano capricci distanti, priva delle preoccupazioni pressanti e delle responsabilità di un adulto, frequentemente ricordata con la nostalgia di una felicità passata. Nella maggior parte dei casi, un giovane ha un progetto, forse cento, ed energia a sufficienza per imboccare un percorso di formazione. Con la volontà di divenire un giorno un professionista dei propri talenti, dei propri interessi, costruisce le fondamenta architettoniche di ciò che diverrà un giorno il tempio, la roccaforte della propria carriera. Con la forza di ogni mattone a garantire, nel massimo possibile, la stabilità del proprio futuro.
È proprio questo che rende particolarmente drammatica la presenza di una patologia giovanile. Possa essa essere cronica, acuta o degenerativa, durante la primavera della vita, la malattia striscia negli anfratti del progetto che il giovane sta tentando di costruire, rendendo instabile il terreno, rompendo la coesione tra mattone e mattone, trasformando la costruzione di una roccaforte in un disperato tentativo di mantenere anche solo quattro mura in piedi. Come altre patologie di questo tipo, il cheratocono rappresenta una sfida che nessun paziente, specialmente giovane, dovrebbe trovarsi ad affrontare, non solo per la progressiva riduzione dell’acuità visiva, ma per l’impatto che esso ha tanto sulla spensieratezza degli
anni migliori quanto sul futuro e sulla carriera.
Al giorno d’oggi sono molte le opzioni di trattamento del cheratocono a disposizione del chirurgo, dalla presenza di anelli intrastromali (IRCS) e lenti gas permeabili (RGP) per i casi più semplici, fino al trapianto lamellare per quelli più avanzati; e ancora il cross-linking corneale come ultima grande rivoluzione terapeutica per le ectasie incipienti e di media gravità. Ciò nonostante, la natura

Soosan Jacob, MS, FRCS, DNB, è Direttrice del Dr. Agarwal’s Refractive and Cornea Foundation e Consulente Senior di Cataratta e Glaucoma del Dr Agarwal’s Group of Eye Hospitals di Chennai, India
di Timothy Norris
Abbiamo iniziato colmando un vuoto, per renderci conto dopo di quanto avessimo trovato una soluzione per quasi l’intera gamma.
Soosan Jacob
estremamente variegata e complessa del cheratocono, assieme alle controindicazioni e ai diversi rovesci della medaglia che ognuna di queste opzioni porta con sé, in alcuni casi rende spesso la scelta di un trattamento adeguato quasi impossibile. Esiste un’area grigia, quella di un cheratocono contemporaneamente troppo e non troppo avanzato, di una cornea troppo o troppo poco sottile o con una curvatura di troppe diottrie. Un’area con troppe opzioni dove nessuno dei trattamenti esistenti era davvero efficace o raccomandato, un territorio dove era necessario agire, trovare una soluzione per dare anche a questi giovani una possibilità.
LA PIETRA ANGOLARE
“Visitavo spesso questi pazienti affetti da cheratocono. Erano giovani, alcuni con una carriera di fronte a loro, altri con una famiglia. Ognuno di loro con il desiderio di condurre una vita normale. Molti di loro erano in una sorta di via di mezzo in cui non c’era davvero nulla che potessimo dare loro che potesse davvero essere soddisfacente, ed era frustrante”, ricorda Soosan Jacob, MS, FRCS, DNB. “È stato allora che ho capito quanto fosse necessario trovare una soluzione”.

Processo di preparazione e impianto di un CAIRS personalizzato di Soosan Jacob
di cataratta e refrattiva. Nel 2015, sempre a Chennai, Jacob stava lavorando ai PEARL (lenticoli refrattivi allogenici per la presbiopia), quando ha avuto l’ispirazione giusta: “Ho pensato a un anello allogenico, che potesse essere inserito in maniera non dissimile da un ICRS, ma con tutte le caratteristiche di una cheratoplastica intrastromale”, ricorda. “Per quanto il concetto fosse somigliante a un ICRS, non aveva la stessa funzione, puntando invece a essere una cheratoplastica lamellare, periferica e intrastromale”.
Da quel momento, Jacob inizia un percorso verso la raffinazione della sua tecnica. “Essendo il tessuto intrastromale molto morbido, la
nostra prima preoccupazione era trovare il metodo per inserirlo correttamente in un tunnel intrastromale semicircolare. Non avevamo neppure uno strumento adatto per questa cosa”, ricorda. “Ho quindi preso il mio set chirurgico e ho iniziato a modificare la forma degli strumenti usando una pinza emostatica, fino a quando non sono riuscita a creare lo strumento adatto per effettuare il primo impianto”. Con la nascita degli anelli corneali allogenici intrastromali, o CAIRS, Soosan Jacob intraprende da quel momento un percorso in due direzioni, quello del perfezionamento della tecnica da una parte, e della sua diffusione dall’altra. “Abbiamo iniziato colmando un vuoto,
Direttrice del Dr. Agarwal’s Refractive and Cornea Foundation e Consulente Senior di Cataratta e Glaucoma del Dr Agarwal’s Group of Eye Hospitals di Chennai, India, Soosan Jacob è una delle menti più brillanti della chirurgia oftalmologica degli ultimi dieci anni, riconosciuta nella The Ophthalmologist Power List 2025 come una dei primi 10 chirurghi al mondo ➧
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per renderci conto dopo di quanto avessimo trovato una soluzione per quasi l’intera gamma. Una soluzione per la vasta maggior parte di fenotipi del cheratocono e con la possibilità di trattare cheratoconi di quasi ogni livello di severità, con la sola eccezione dei casi estremamente gravi”.

Shady Awwad, MD, è Professore di Oftalmologia Clinica e Direttore della Divisione di Cornea e Refrattiva all’Università Americana del
SPINTA E CONTRAFFORTE
“Ero tra il pubblico del congresso dell’IIRSI, la Società Indiana di Impianti Intraoculari e Refrattiva a Chennai nel 2017. Ironia del destino, avevo appena portato delle presentazioni sugli anelli intrastromali in PMMA. Proprio in quel congresso, ho visto una presentazione di Soosan Jacob su questi segmenti allogenici”, ricorda Shady Awwad, MD. “All’epoca Jacob legava i segmenti a degli anelli in PMMA e li usava come guida lungo il tunnel intrastromale, e lo faceva sembrare tutto così semplice. Ero estremamente interessato e l’idea mi è rimasta in testa come un chiodo
fisso”. Questa tecnica e i suoi risultati sarebbero stati pubblicata un anno dopo da Soosan Jacob nel Journal of Refractive Surgery. Professore di Oftalmologia Clinica e Direttore della Divisione di Cornea e Refrattiva all’Università Americana del Centro Medico di Beirut in Libano, Shady Awwad è oggi riconosciuto come uno dei più grandi innovatori nell’ambito dell’impianto di CAIRS.
“Sempre nel 2018 ho avuto modo di incontrarla all’ASCRS, grazie all’aiuto del mio caro amico Amar Agarwal. È stato l’inizio di una bella amicizia e di molte occasioni di miglioramento professionale” , ricorda. “Nel 2019 è stato il mio momento di effettuare il primo impianto di CAIRS, e dopo molti altri impianti di successo mi sono reso conto di quanto tempo mi prendeva. Soosan è un chirurgo estremamente capace, ma io ero alle prese con questo spaghetto e mi ci voleva sempre un po’ a infilarlo nel tunnel intrastromale”. Nella ricerca di una soluzione chirurgica a questo problema, Awwad ha un’intuizione: “Perché non disidratarlo?”, spiega. “C’era già una pubblicazione sull’argomento da parte di Jack Parker, ma si parlava di una disidratazione minima. Io invece puntavo a disidratare al punto da rendere l’anello simile a un biopolimero”. Per Awwad

Centro Medico di Beirut in Libano
Impianto di CAIRS di Awwad
CAIRS di Jacob all’OCT.
«PROTEZIONE CAPILLARE»
NELLA RETINOPATIA DIABETICA
Biomassa essiccata dell’alga Euglena gracilis
Boswellia e.s. titolato
Quercetina da Sophora japonica L. ( os)
Olivo (Olea europaea L., folium) es. tit. 30%
di cui acido oleanolico
Vitamina D3
Vitamina B12 Per
* Valori Nutritivi di Riferimento ai sensi del Reg. UE 1169/2011


Contenuti medi
Cover TopiC
I CAIRS possono andare dove gli anelli intrastromali non sono consigliati, come zone ottiche ristrette e cornee troppo sottili, migliorando la topografia corneale anche in casi molto avanzati di cheratocono.
Shady Awwad

CAIRS di Awwad all’OCT
questa idea ha rivoluzionato la sua procedura. “Il segmento era improvvisamente molto più semplice da impiantare, permettendomi di inserirlo in tunnel intrastromali molto più stretti. Questo mi ha portato a passare radicalmente dagli anelli in PMMA ai CAIRS in maniera definitiva” , racconta.
All’inizio del 2020, l’iniziale diffusione globale del CAIRS ha subito una forte botta d’arresto a causa della pandemia di COVID. “Il processo di adozione a livello internazionale era iniziato lentamente, e nel mezzo è arrivata la pandemia” , ammette Jacob. “Ci sono voluti dieci anni di ricerca, presentazioni e conferenze, ma alla fine l’esplosione è arrivata qualche anno fa. Ora il CAIRS è presente ovunque nella discussione oftalmologica, nei social media e nei webinar”.
“L’introduzione dei CAIRS ha rappresentato un assoluto cambio di
paradigma nella chirurgia del cheratocono a livello mondiale, specialmente per quanto riguarda i pazienti con forme avanzate della patologia e in casi revisionati”, afferma Marco Zagari, MD. “In Italia, tuttavia, le cose sono andate un po’ a rilento, a causa di alcune normative che ne hanno limitato la sperimentazione”.
Direttore Sanitario del Centro Oculistico Europeo di Acicastello, il Dottor Marco Zagari è stato sulla linea del fronte per quanto riguarda la ricerca e lo sviluppo dei CAIRS. “Conosco Soosan Jacob da molti anni anche grazie alla mia esperienza all’Agarwal Eye Hospital” , racconta. “Mi ha sempre tenuto al corrente su tutti gli ultimi aggiornamenti e i risultati relativi alla tecnica CAIRS, invitandomi un paio di anni fa a provarla personalmente. In Italia tuttavia è un po’ più diffici -

Marco Zagari, MD, è Direttore Sanitario del Centro Oculistico Europeo di Acicastello
I CAIRS hanno il potenziale per diventare il trattamento standard per il cheratocono. Questo però può avvenire solamente tramite l’evoluzione dei nomogrammi, la standardizzazione delle tecniche e la maggiore accessibilità al
tessuto donatore, meglio se già cross-linkato
le trattare i pazienti con una tecnica nuova, e il rischio di incontrare ogni forma di resistenza è abbastanza elevato”.
Grazie a una solida e duratura collaborazione con il Professor Cosimo Mazzotta, MD, PhD, Zagari effettua per la prima volta in Italia un impianto di CAIRS, applicando una nuova tecnica sviluppata e raffinata negli anni.
“L’idea che abbiamo avuto è stata quella di decellularizzare il tessuto umano, stabilizzandolo mediante un cross-linking dell’anello pretagliato con il femtolaser, e creando quello che abbiamo chiamato AFXL CAIRS”, spiega Zagari. “Questo ha permesso di aumentarne la maneggevolezza chirurgica, ridurre significativamente il rischio di rigetto e ottenere un
effetto modellante più naturale e compatibile con la fisiologia corneale”.
STRUTTURALE
L’inserimento dei CAIRS tra le tecniche chirurgiche a disposizione dello specialista di cornea non è solamente un’aggiunta all’armamentario, ma si inscrive perfettamente in una nicchia terapeutica ben precisa, aprendosi da lì, come ricorda Jacob, a un’applicazione più ad ampio spettro nel trattamento del cheratocono.
“Uno dei primi limiti evidenti riguardano gli anelli intrastromali in PMMA e il processo di erosione che essi impongono sulla cornea”, spiega Zagari. “Hai una tecnica bellissima tra le mani, e dei risultati eccezionali che non si manten -

Marco Zagari
gono nel tempo, mostrando tutti i suoi limiti di longevità”. Secondo Awwad, l’uso degli anelli intrastromali si inserisce in un rapporto quasi perfetto di non inferiorità rispetto agli ICRS. “Abbiamo pubblicato di recente il primo paper di comparazione delle due tecniche, e nei casi leggeri e moderati non vi era differenza tra i risultati in termini di resa ottica”, osserva, puntualizzando che le biomeccaniche uniche della cornea impongono un limite fisiologico alla resa. “Gli ICRS devono essere inseriti all’80% di profondità perché, se non c’è tessuto stromale a sufficienza si corre il rischio di melting ed estrusione. La profondità raccomandata dei segmenti sintetici è già di per sé un limite alla loro efficacia”, spiega Jacob. “Inoltre, non è possibile usare zone ottiche ridotte senza incorrere in una riduzione dell’efficacia del trattamento, e non è possibile inserire gli anelli in PMMA in casi avanzati, con cornee sottili o con una curvatura accentuata”, aggiunge. Non siamo tuttavia davanti a una vera e propria alternativa. “Non si tratta di una guerra contro il PMMA, è ovvio. Il PMMA tuttavia deve stare entro determinate regole, ha un indice di rifrazione differente dalla cornea e dei precisi criteri di esclusione”, spiega Zagari. “Gli ICRS hanno un meccanismo d’azione differente dai CAIRS, dove nel primo c’è un effetto di distensione della cornea, nel secondo c’è un aumento di volume, ed è solo la prima di molteplici differenze tra i due”, sottolinea Jacob. Tuttavia, secondo Awwad, “i CAIRS possono andare dove gli anelli intrastromali non sono consigliati, come zone ottiche ristrette e cornee troppo sottili, migliorando la topografia corneale anche in casi molto avanzati di cheratocono”.
Un AFXL CAIRS trattato con cross-linking di Zagari
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PROCUREMENT
Un ulteriore effetto positivo legato all’impiego dei CAIRS riguarda il sistema di procurement da parte delle Banche degli Occhi. “Nelle Banche degli Occhi c’è sempre stato un problema di tessuti non idonei, cornee sane che non potevano essere utilizzate perché non rispondevano ai parametri richiesti per i trapianti”, osserva Zagari. “Con i CAIRS è invece possibile usare questi tessuti, sfruttando al massimo il pool di donatori senza pesare sul sistema di procurement”, afferma. Questa tecnica ha inoltre il beneficio di ridurre la richiesta di graft corneali precedentemente impiegati nella cheratoplastica lamellare anteriore profonda (DALK). “La DALK non è mai stata la migliore delle chirurgie, ma spesso era l’unica opzione a nostra disposizione”, puntualizza Jacob. “È una tecnica difficile, con una curva di apprendimento lunga e non ottimale: può dare complicazioni postoperatorie come micro e macro perforazioni, astigmatismi regolari e irregolari causati dalle suture, haze interfacciale e molte altre problematiche completamente fuori dal controllo del chirurgo. Complicazioni più serie della DALK includono il rischio di
rigetto, che, benché sia minore rispetto a una deiscenza post-traumatica o un graft penetrante, può diventare un vero incubo”.
“Le tecniche di trapianto lamellare hanno sicuramente ridotto il rischio di rigetto rispetto alle precedenti. Ciò nonostante, la DALK non è una procedura sicura se non nelle mani di un trapiantista davvero esperto”, aggiunge Zagari. Oggi è possibile effettuare l’impianto di un CAIRS in un occhio con curvature corneali fino a 75 diottrie e spessori fino a 300 micron, effettivamente trasformando la DALK in una procedura di extrema ratio.
LA CHIAVE DI VOLTA
Grazie anche alla sua esplosione a livello globale, con la compartecipazione nella ricerca e nella raffinazione della tecnica di eccellenti nomi del calibro di Farhad Hafezi, Aylin Kiliç e Jack Parker ed Emilio Torres-Netto, la tecnica CAIRS sta rivelando sempre più il proprio potenziale nella sinergia con altri trattamenti del cheratocono. “Sta diventando sempre più necessario approcciare il cheratocono nel modo più olistico possibile, e usare tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione per andare verso quello
che è la chirurgia refrattiva”, spiega Awwad. “Nessun cheratocono è uguale all’altro, e quindi è necessario trovare il massimo grado di personalizzazione, mantenendo la mente aperta a ogni possibile soluzione”, aggiunge.
“La chirurgia del cheratocono va vista un po’ come la chirurgia refrattiva”, sottolinea Zagari, “dove utilizziamo tutto ciò che è a nostra disposizione per raggiungere l’ottimizzazione del risultato, verso l’auspicato obiettivo del miglioramento delle condizioni visive del paziente”.
Sotto questo punto di vista, un ruolo fondamentale in un processo multistep per il trattamento delle ectasie corneali potrebbe essere rivestito dal potenziale grado di customizzazione degli anelli allogenici.
“I CAIRS non personalizzati hanno un grado medio di customizzazione, un po’ come andare in un negozio di vestiti e scegliere una S o una M sulla base della propria corporatura”, spiega Jacob. “Questo, tuttavia, mi ha spinto a personalizzare ancora di più: non solo gestendo lo spessore e la lunghezza dell’arco come fanno alcune varianti di CAIRS come il CTAK, ma adattandolo squisitamente alla ➧
CAIRS di Zagari all’OCT
MiCurO



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topografia corneale, lavorando sulla geometria, le dimensioni e la forma del segmento”, Jacob osserva, spiegando il nomogramma dei CAIRS a forma e dimensioni personalizzate. “Questo si adatta perfettamente alle esigenze di un cheratocono che, come ben sappiamo, possiede diversi fenotipi, e alle molteplici variabili della cornea del paziente”, osserva. “In aggiunta, vale la pena ricordare che i CAIRS sono reversibili, e a differenza di procedure chirurgiche come PRK e DALK, è possibile aggiustare il tiro se il risultato non è ottimale”.
L’IMPORTANZA
DELLA PROGETTAZIONE
Secondo Soosan Jacob, è fondamentale tenere conto di alcuni passaggi se si vuole eseguire correttamente un impianto di CAIRS. “Prima di tutto, non avere paura di personalizzare l’anello”, descrive. “Seguire passo a passo la procedura è importante, e non importa se i segmenti CAIRS vengono fatti con il laser o manualmente, basta non utilizzare strumenti non adeguatamente incurvati”, osserva. “Ciò che è davvero importante è il timing e lo stato di idratazione: impedire al segmento di divenire troppo umido e molliccio, avere un occhio di riguardo verso il centramento e la ciclotorsione, e possibilmente personalizzare la forma sono tutti elementi molto importanti”, aggiunge Jacob. “Mai avventurarsi in questo tipo di chirurgia senza gli strumenti adeguati”, ammonisce inoltre Zagari, “e a prescindere dallo stato del CAIRS, disidratato, cross-linkato o nessuna
delle due opzioni, l’importante è studiare molto bene la morfologia corneale prima di approcciare il paziente”, aggiunge.
“Non partire subito con i casi avanzati, ma iniziare con i pazienti con cheratocono medio-leggero è altamente consigliabile”, osserva Awwad. “È importante essere ben consci dei propri limiti personali e avere la giusta pazienza per procedere gradualmente e senza esitazioni”.
Tra le tante tecniche per l’impianto, le procedure e le varianti applicate, un elemento in particolare accomuna Jacob, Awwad e Zagari. “Se non si ha un piano, è meglio farselo in anticipo. Con la giusta pianificazione e gli strumenti adatti i risultati migliorano drasticamente”, osserva Jacob. “Se si vuole ottenere un effetto di appiattimento ottimale, è essenziale pianificare anticipatamente e attentamente l’asse e l’arco”, aggiunge Zagari.
“Fate affidamento sui nomogrammi a oggi disponibili, come quello di David Gunn o il nomogramma di Istanbul di Aylin Kiliç”, consiglia Awwad. “Ce ne sono molteplici al momento su cui ci si può fare affidamento e che possono essere adattati al vostro stile”.
LA COSTRUZIONE DEL FUTURO
La molteplicità di nomogrammi creatasi a seguito dell’esplosione in popolarità della procedura, e il ventaglio di varianti a esse associate delineano un grande potenziale per lo sviluppo futuro dei CAIRS. Secondo Zagari, questo è un percorso destinato a una graduale sintesi verso la standardiz-
zazione, alla ricerca di una quadratura del cerchio. “I CAIRS hanno il potenziale per diventare il trattamento standard per il cheratocono. Questo però può avvenire solamente tramite l’evoluzione dei nomogrammi, la standardizzazione delle tecniche e la maggiore accessibilità al tessuto donatore, meglio se già cross-linkato”, afferma. “Se queste cose avvengono, ci troveremo presto a parlare del CAIRS come una pratica clinica abituale per tutti i casi più complessi”. “Se arriveremo a un punto dove potremo davvero predire con accuratezza la risposta del CAIRS, dove avremmo raggiunto un certo grado di standardizzazione della tecnica, del taglio, delle dimensioni dell’anello, come ad esempio avviene nei Femto CAIRS, potremo presto esplorare le potenzialità refrattive della tecnica”, osserva Awwad. “Per ora i CAIRS hanno la capacità di rendere tutti felici: rende felice il chirurgo per essere una tecnica semplice, efficace e con un bassissimo rischio di collateralità postoperatorie; rende il paziente felice grazie ai risultati ottimali; e rende pure felici le Banche Degli Occhi per la possibilità di usare materiale biologico sano, ma altrimenti non idoneo per una cheratoplastica”, osserva Jacob. “Per il futuro tuttavia, mi auguro che la tecnica diventi obsoleta. Soppiantata da una terapia genica che sia in grado di eliminare l’insorgenza del cheratocono alla radice, dando ai giovani la possibilità di costruire senza intoppi il proprio futuro”, conclude Jacob.
Per gentile concessione della Dottoressa Soosan Jacob

SULL’ORLO DEL BARATRO
Un accumulo di piccoli errori e sfortune, un graft corneale appeso a un filo in un occhio sempre più ipotonico
Intervista al Dottor
Jack Parker, Parker Cornea, Vestavia Hills, Alabama, USA
PPer collegarsi al video, scansionare il codice QR


Per un chirurgo di fama internazionale, avere a che fare con un caso leggermente più complicato del solito non è atipico. Pazienti con problematiche postoperatorie o particolarità di rilievo spesso vengono reindirizzati verso centri specializzati e chirurghi più esperti, e per quanto le variabili possano essere molteplici, un chirurgo del calibro di Jack Parker raramente si trova in difficoltà.
“Questa paziente è stata inviata da noi da un chirurgo di cataratta davvero bravo”, spiega Parker. “Purtroppo durante l’intervento di rimozione del cristallino, qualcosa è andato storto e a seguito dell’inserimento di una ACIOL la cornea si è decompensata. I tentativi successivi di effettuare una DSEK per sostituire l’endotelio sono andati tutti male, e questo ha portato il medico a indirizzare la paziente nella nostra clinica”, spiega.
Chirurgo del Parker Cornea di Birmingham, in Alabama, Jack Parker, MD, PhD, è uno dei maggiori esperti al mondo in cornea, cheratocono e distrofia di Fuchs. Nel suo canale Youtube, Jack Parker condivide i casi più interessanti e istruttivi ai suoi quasi duemila iscritti.
“Quando la paziente è giunta da noi la situazione era già complessa”, racconta. “L’ACIOL era profondamente incastrata in un’iride fortemente deformata, il tutto a peggiorare la situazione di un trapianto fallito che aggiungeva ulteriore disturbo a una vista assolutamente compromessa”. Parker a quel punto decide di procedere per gradi. Prima rimuovendo l’ACIOL e sostituendola con una lente a fissazione sclerale. Poi in una seconda fase, Jack opta per una DMEK. “Con la rimozione della ACIOL è stato necessario rimuovere anche l’iride. Questo è un punto fondamentale”, osserva Parker, “in una paziente che si presenta con queste membrane corneali poste-
riori completamente invischiate nell’iride e nella lente fachica la possibilità di successo di un trapianto è pari a zero. Bisogna quindi rimuovere e pulire tutto”. Parker quindi procede a rimuovere iride, lente e membrane, e a inserire una glued IOL, fissandola alla sclera. “Questo è avvenuto un mese fa, e dopo una trentina di giorni la paziente è tornata per sottoporsi alla DMEK”, spiega. Dopo aver effettuato l’anestesia locale, Parker prepara subito l’occhio al trapianto con una tecnica di Bruce Allan. “Si tratta di creare una rete di sicurezza, una struttura di prolene su cui poter appoggiare il lembo corneale evitando così che cada in camera anteriore”. Dopo aver approntato questa rete, Parker inietta dell’aria in camera anteriore per assicurarsi di non aver lasciato residui e procede a inserire il graft corneale. “A quel punto doveva essere evidente un dettaglio, un errore che avevo appena commesso. Mi sono impigrito”, scherza Parker. “Di norma, questa tecnica descritta da Bruce Allan prevederebbe tre passaggi ortogonali da una parte e cinque passaggi con un angolo di 90° per creare questa struttura a incrocio. Io ne ho fatti solo 3 per direzione, e per questo gli spazi della rete erano molto più larghi del previsto”, osserva, ammettendo che un numero più alto di passaggi avrebbe consentito non solo un maggiore supporto, ma un appoggio anche nella periferia della camera anteriore, un dettaglio che non mancherà di dare problemi. Parker dunque continua con la normale procedura, inserisce delicatamente il graft nella camera anteriore e, una volta introdotto completamente, si accorge di averne scelto uno di dimensioni superiori al necessario. “Il graft è un po’ troppo grande. Solitamente non disdegno un lembo più ampio quando ho a che fare con una camera anteriore più profonda. Ha i suoi vantaggi”, spiega Parker. “Qui però mi trovo ad avere a
Dottor Jack Parker
di Timothy Norris

che fare con un lembo di 10 millimetri, che ora non solo occupa l’intera camera anteriore, ma è ancora in parte incastrato nell’incisione d’ingresso!”
Parker a quel punto tenta di spingere il lembo maggiormente all’interno, rendendosi conto che la rete di sicurezza di Allan ha qualcosa che non va. “Il lembo inizia subito a scivolare verso il retro dell’occhio, sfuggendo alla rete. In quel momento mi sono reso conto del mio errore, mentre iniziavo piano piano a perdere il controllo del lembo” In quel momento, Parker inizia a temere che le cose possano peggiorare molto in fretta. Conscio che il peggior scenario possibile può crearsi nel caso in cui l’occhio improvvisamente perda di tono, provvede subito a iniettare della soluzione salina. Ciò nonostante, con orrore, Parker inizia a osservare l’occhio ridursi in dimensione.
“Quando ciò accade, il lembo viene immediatamente risucchiato in camera posteriore, in questo caso dietro la IOL a fissazione. Mentre osservavo l’occhio afflosciarsi, mi sono accorto che la rete di protezione non era sufficiente a salvare il lembo dall’effetto risucchio, e questo ha iniziato pericolosamente a pendere dalla periferia, sull’orlo della lente, verso la camera posteriore”. Con il fiato sospeso, Parker continua a iniettare fluido e, nel disperato tentativo di salvare il lembo, lo afferra con una pinza coassiale.
“Per poter afferrare il lembo, tuttavia, sono dovuto entrare per l’incisione principale aumentando la perdita di fluido, favorendo il collasso dell’occhio e l’effetto risucchio verso la camera posteriore”. Nella tensione del momento, Parker commette un ulte-
riore errore, all’apparenza del tutto innocuo. “A quel punto chiedo alla paziente di guardare verso l’alto, e non avrei dovuto fare una simile sciocchezza, perché lei ha iniziato a muovere l’occhio e di conseguenza ho ulteriormente perso il già poco controllo sulla situazione. In quel momento avrei dovuto tenere la boccaccia chiusa e focalizzarmi su un momento così critico dell’operazione”, racconta. Parker comunque non molla la presa. “Sono riuscito a mantenere saldamente il lembo, sollevato dal fatto che il peggio era passato, che non lo avrei perso in camera posteriore. Decido quindi di controllare l’orientamento e il segno di Moutsouris per essere sicuro che tutto possa procedere bene e mi accorgo che le pinze sono serrate sul lembo senza possibilità di aprirle nella camera”. Parker quindi deve estrarre parzialmente il lembo dall’occhio ormai drammaticamente ipotonico per poterlo liberare dalla morsa delle pinze. “Le cose stavano andando di male in peggio e non avevo neppure finito di commettere errori”, racconta. “In questa situazione la cosa migliore sarebbe stata puntare a ripristinare la profondità della camera posteriore con altra iniezione di salina, e invece quel che ho deciso di fare è di spingere nuovamente il lembo nell’occhio con una cannula, e mi ritrovo nuovamente con la minaccia del risucchio, e inizio pure a sospettare che il graft sia posizionato a testa in giù. Tentato di usare una tecnica pin & roll, entro per una paracentesi e l’occhio si ammorbidisce ulteriormente. Riprovo una seconda volta e mi rendo conto di non riuscire neppure a vedere bene cosa sto facendo, con il lembo pericolo-
samente vicino al baratro”. Rendendosi conto della spirale discendente in cui è incastrato, Parker decide di fermarsi.
“Decido allora di manovrare la cannula tramite la paracentesi, accorgendomi che l’occhio è ormai così afflosciato da rendere difficile pure questa semplice operazione, inizio a interagire con i suoi bordi. Fortuitamente, mi accorgo che il lembo è girato nella posizione giusta”. Con gran sollievo, Parker rimette il lembo in posizione con la tecnica Help Yourself, srotolandolo manualmente. “Altra fortuna, il lembo proveniva da un donatore settantenne, e il tessuto era meno rigido, permettendomi quindi di mantenerlo srotolato nell’occhio”. Con una bolla d’aria immessa al momento giusto, Parker fissa il lembo alla cornea posteriore completando la DMEK.
“Effettuare una DMEK in un occhio afachico, aniridico e vitrectomizzato è possibile, e pure semplice se tutti i passaggi vengono effettuati in sicurezza tenendo alcuni principi bene a mente senza fare cavolate”, osserva Parker. “Dovessi ripetere l’operazione, avrei apposto un mantenitore da camera anteriore in una delle paracentesi per mantenere stabile la pressione dell’occhio. Non vorrei mai ripetere l’errore di far afflosciare il bulbo oculare in questo modo. Sarei anche molto più attento a effettuare correttamente la rete di Allan, magari con un graft da 9 mm invece di uno da 10”, aggiunge.
“Questa è stata una vera e propria esperienza di vita, e spero che possa essere d’esempio per aiutare altri chirurghi che si possono trovare in una simile situazione”, conclude.
IL TALENTO, L’IMPEGNO, LA PASSIONE E LA GIOIA
In ricordo di Simonetta Morselli
Il 13 maggio Simonetta ci ha lasciati, dopo una lunga e difficile lotta contro un male incurabile. Coraggiosa e tenace, ha continuato a essere presente sul lavoro, a partecipare attivamente ai congressi, a regalare il suo indimenticabile sorriso fino a quando non le è stata data altra possibilità che arrendersi. Lascia un grande vuoto, nella comunità oftalmologica, nel suo ospedale, in tutti noi che, in diversi ruoli ma con comune stima, amicizia e affetto, abbiamo avuto il privilegio di condividere tratti del suo percorso.

Formatasi all’Università di Verona, dopo diversi anni di attività in quella sede è stata dal 2008 Primario di Oculistica all’Ospedale di Bassano del Grappa. Chirurgo di raro talento, ha eseguito come primo operatore oltre 20.000 interventi di cui 500 trapianti di cornea, circa 1000 interventi di chirurgia refrattiva e della presbiopia, 2000 sul segmento posteriore, oltre che 5000 come secondo operatore tutor. Autrice di oltre 200 pubblicazioni e coautrice di 15 libri di oftalmologia, ha organizzato e diretto un centinaio tra corsi e congressi, è stata membro del Consiglio Direttivo di AICCER e dell’Executive Board dell’ESCRS.
Da vera leader, ha saputo unire al suo grande talento e impegno per eccellere un instancabile spirito di servizio, e grandi doti di ascolto, empatia, umanità, gentilezza ed eleganza. Estroversa e simpatica, contagiava chiunque con il suo sorriso, il suo entusiasmo e la sua gioia di vivere. Era una vera, grande e bellissima donna.
LA FORMAZIONE
Roberto Bellucci, suo maestro e mentore oltre che amico di lunga data, ne ricorda l’impegno fin dall’adolescenza nel perseguire i propri obiettivi, dando sempre il meglio di sé. Ne ricorda anche il talento innato, la curiosità, il desiderio di espandere costantemente nuovi orizzonti.
“Simonetta era un chirurgo nato, intuitiva nel modificare le procedure apprese e pronta ad apprenderne di nuove, con spirito critico. I suoi primi passi nella chirurgia già denotavano il suo carattere”, racconta, ripensando agli anni della sua formazione a Verona.
Iniziò con il segmento anteriore, quindi cataratta e cornea, ma anche glaucoma sotto la guida di Luciano Bonomi. Allargò presto i suoi interessi alla refrattiva,
Al suo congresso a Bassano del Grappa
di Michela Cimberle


frequentando mensilmente il centro Vista Vision di Milano, e abbracciando successivamente tutte le nuove tecniche. Affrontò anche con successo la chirurgia della retina.
Appassionata della sua disciplina, curiosa e aperta all’innovazione la descrive anche Philippe Sourdille, che ebbe l’occasione di conoscerla agli inizi della sua carriera durante un incontro con Roberto Bellucci a Verona.
in sala operatoria
“Già da allora mi colpì il suo appassionato interesse per l’innovazione, l’insegnamento, la ricerca e la pratica clinica. Ben presto divenne una vera esperta nella chirurgia del segmento anteriore, con una vasta e spiccata curiosità intellettuale”, ricorda.
Primario a soli 42 anni – traguardo non del tutto scontato, soprattutto per una donna – portò con sé l’esperienza e le competenze costruite in quegli anni di
lavoro intenso e dedizione costante.
“Quando arrivò da noi come Primario a Bassano, mi accorsi subito delle sue grandi doti di clinico, di chirurgo, e di persona. Dimostrava un’esperienza molto superiore agli anni che aveva, sembrava una persona che avesse vissuto una ben più lunga vita di lavoro,” ricorda Antonio Toso, allora parte del suo team ospedaliero.
Spesso diceva a noi giornalisti che le sue conquiste non erano state né scontate né facili. Come donna, aveva dovuto combattere per farsi accettare come chirurgo nell’ambiente ospedaliero a forte dominanza maschile, e dagli stessi pazienti. Anche Roberto Bellucci, che doveva diventare poi il suo più grande alleato, aveva forse esitato inizialmente, perché lei un giorno mi raccontò, con divertita fierezza: “Ad un certo punto l’ho messo al muro e gli ho detto: TU MI FAI OPERARE!”
LA PRESENZA NELLE SOCIETÀ SCIENTIFICHE
Da subito protagonista nei congressi, aderì alle diverse società nazionali e internazionali del suo settore, divenendone parte attiva.
Entrò nel Consiglio Direttivo AICCER nel 2006, in occasione del IX congresso nazionale, che lei stessa aveva organizzato a Verona.
Nel suo ruolo di formatrice e mentore dei giovani, in AICCER ed ESCRS.
In MeMorIa

“Dotata di una non comune attitudine chirurgica e di grandi capacità formative, fondò AICCER Giovani, per coinvolgere medici in formazione specialistica nella vita associativa mediante presentazioni ai congressi, simposi e wet lab,” ricorda Giovanni Alessio, attuale Presidente dell’Associazione.
Anche come Board Member dell’ESCRS si dedicò principalmente alla formazione dei giovani oculisti europei, divenendo Co-Chairperson dello YO Committee.
Filomena Ribeiro, attuale Presidente dell’ESCRS, ne ricorda il significativo, costante contributo al programma scientifico, e soprattutto l’impegno profuso nel guidare e sostenere i giovani.
“Simonetta era un membro altamente stimato della nostra comunità, nota per la sua generosità nel condividere il sapere, per il suo intuito, la sua capacità di immaginare il futuro, e per la sua instancabile dedizione al progresso della nostra disciplina. La sua assenza sarà profondamente sentita da tutti quelli che hanno avuto l’onore di collaborare con lei,” scrive in una nota ad EyeSee. “Ha dato un valido e costante sostegno alla nostra Società,” conferma Philippe Sourdille, che ne dipinge la forte carica di positività ed energia definendola
“una luce vibrante nell’oftalmologia italiana e internazionale”, sempre aperta e accogliente con i colleghi, e animatrice dal podio di tante vivaci e partecipate discussioni.
Con una delicata immagine conclude:
“Simonetta era il sorriso dell’oftalmologia italiana”.
Rivolgendosi a lei con un toccante messaggio di addio, Béatrice Cochener rievoca i bei momenti insieme, e celebra
la collega, la donna e l’amica che per lei Simonetta è stata.
“Il tuo sorriso, la tua eleganza italiana, il tuo amore per la vita e la tua passione per l’oftalmologia, esercitata con grande competenza e successo, rimarranno nelle nostre memorie e nei nostri cuori, e resteranno una pietra miliare nella storia dell’ESCRS. Abbiamo perso un mentore nell’oftalmologia, un’eccezionale, generosa donna di grande talento, e per molti di noi, una cara amica”, scrive. E prosegue nel ricordo dicendo: “Non dimenticherò mai i simposi condotti insieme, i nostri corsi così coinvolgenti e dinamici, ma anche le nostre serate gastronomiche con i tuoi consigli sulla pasta e il risotto, e soprattutto le nostre allegre spedizioni nelle boutique ele-
ganti ai quattro angoli del mondo”.
“Il naturale ottimismo e l’energia che hanno alimentato tutte le tue sfide ti hanno aiutata ad affrontare anche quest’ultima battaglia con impareggiabile coraggio e resilienza, degni di immensa ammirazione. Conoscerti è stato un privilegio, e ci mancherai terribilmente”, conclude.
IL
PRIMARIATO A BASSANO
Simonetta era un Primario con tutte le qualità del leader. Ispirava e dava fiducia, sapeva ascoltare e dare risposte efficaci, affrontava con calma e sicurezza le situazioni difficili, e infondeva quella stessa carica di energia positiva nei suoi collaboratori.
“L’ho sempre vista così: un concentrato di vitalità, forza, tenacia, simpatia, positività, femminilità, bravura. Nelle sue mani anche le cose difficili sembravano semplici”, dice Silvia Visentin, che da circa un anno si era trasferita nel suo reparto.
Simonetta sapeva alimentare lo spirito di squadra, lavorando in sinergia con gli altri. Non era mai autoritaria, ma sempre autorevole, era prodiga di consigli con i meno esperti, ma senza mai assumere atteggiamenti di superiorità. I giovani erano con lei a proprio agio nel chiedere aiuto e confidare le proprie difficoltà.
“Con lei affrontavamo serenamente difficoltà e problemi. Averla al mio fianco mi infondeva fiducia perché diceva ‘dai, ci aiutiamo a vicenda e ve-

Al congresso ESCRS di Vienna
Con Béatrice Cochener


Un’appassionata di sci e sport acquatici
drai che risolviamo’. Questa attitudine positiva ed empatica era per me la sua più grande dote, un dono che ci ha trasmesso, un grande lascito, non solo per la professione, ma per la vita”, dice ancora Antonio Toso.
Quello con Simonetta è stato per lui un incontro fondamentale e trasformativo. “Io che avrei un carattere un po’ burbero e pessimista, ho imparato a essere più diplomatico con le persone, a sorridere di più, ad affrontare le difficoltà con più ottimismo, ad essere costruttivo nelle discussioni. Anche rispetto alle richieste e ai problemi che ci poneva la Direzione Sanitaria, scioglieva ogni nostro atteggiamento oppositivo o disfattista dicendo che a chi

ci chiedeva di risolvere un problema noi dovevamo proporre delle soluzioni. Che le soluzioni ci sono sempre, ma bisogna essere costruttivi e cercarle, portando al tavolo di discussione un piano A, B e C”, racconta. Per queste stesse doti di empatia e ascolto, per l’ottimismo e la positività con cui cercava e proponeva soluzioni, anche i pazienti l’hanno amata e seguita. Anche in loro infondeva coraggio, fiducia e serenità. Anche e soprattutto nei loro confronti si poneva con lo spirito di servizio di chi crede davvero che la professione medica sia dedizione agli altri, aiuto e amore.
Così Simonetta è stata, e in questo ha creduto, fino alla fine. Con commozio-
ne Antonio Toso ricorda la sua telefonata di commiato.
“Mi disse che non c’era ormai più niente da fare, mi spiegò come stavano le cose, e mentre mi parlava io non riuscivo a trattenermi dal piangere. Come avrei potuto? Ma poi lei mi disse: ‘Adesso basta piangere, ricomponiti, vai a lavorare, per i nostri pazienti, per i nostri collaboratori. Lavora anche per me”.
AL DI LÀ DEL LAVORO
Accanto all’oftalmologia, la sua altra grande passione era la cucina, “uno degli hobby che l’hanno accompagnata per tutta la vita, quasi fino agli ultimi mesi”, ci racconta il marito, Vincenzo Pucci. Ne aveva appreso le basi da bambina, per dare un aiuto in famiglia durante un periodo di malattia della madre, e da allora era diventata la chef di casa, scoprendo un mondo vasto e stimolante, in cui esprimere la propria creatività e il proprio istinto di amore e cura. Amava preparare sontuose cene per il marito e gli amici, e torte sempre diverse da condividere in ospedale con i colleghi. Diceva che cucinare la rilassava, e che le dava la stessa soddisfazione creativa della sala operatoria. Nel 2005 partecipò anche a una trasmissione su Gambero Rosso RAI, e descrisse l’esperienza di preparare una sua ricetta originale sotto lo sguardo critico di uno chef professionista come “molto più stressante di una chirurgia in diretta!” La sua inesauribile energia l’aveva portata anche a cimentarsi in diversi sport, e a esplorare il mondo.
“Ho conosciuto Simonetta durante la residency in Oculistica presso l’Università di Verona all’età di 25 anni per entrambi, e già allora era una sportiva esperta, amante del mare e della montagna. In inverno amava sciare sulle Dolomiti o in Austria, mentre in estate si cimentava alla guida del motoscafo e della moto d’acqua. Un’altra inclinazione speciale era la voglia di conoscere nuovi Paesi e genti diverse, e anche grazie al nostro lavoro abbiamo fatto tante esperienze all’estero”, continua il marito.
A lui un grazie particolare per averci dato, in un momento così difficile, questo breve scorcio di Simonetta nella luce del mare e della neve, curiosa di esplorare e sperimentare la meraviglia del mondo, con l’entusiasmo, la passione e la gioia di esistere che sono stati il segno più luminoso della sua vita e della sua personalità, e un dono verso chi l’ha incontrata.
Con il marito, Vincenzo Pucci
LA BIOMECCANICA CORNEALE SOTTO LA LENTE
Sbloccare nuove possibilità nella gestione del cheratocono
Intervista al Dottor Emilio Torres-Netto, ELZA Institute, Zurigo
QQuesta ricerca affonda le sue radici nel lavoro del Dottor Emilio Torres-Netto, oftalmologo di fama internazionale specializzato in chirurgia corneale, della cataratta e refrattiva presso l’ELZA Institute di Zurigo, Svizzera. In collaborazione con colleghi stimati — tra cui il Professor Farhad Hafezi, la Dottoressa Sabine Kling e altri — il Dottor Torres-Netto e il suo team sono all’avanguardia nell’applicazione dell’Elastografia corneale a Coerenza Ottica per studiare la biomeccanica corneale nel contesto dell’impianto di anelli in PMMA e della tecnica Femto-CAIRS. Questa tecnolo-
gia d’imaging all’avanguardia consente, per la prima volta, la visualizzazione in tempo reale e la mappatura spaziale dei cambiamenti biomeccanici nella cornea, offrendo spunti critici per migliorare e personalizzare le strategie di trattamento per i pazienti con cheratocono.
I PRIMI PASSI: L’ELASTOGRAFIA OCT E ANELLI INTRASTROMALI IN PMMA
Gli anelli intrastromali in PMMA sono disponibili sul mercato da tempo e hanno dimostrato risultati costantemente
Il Dottor Emilio Torres-Netto è un oftalmologo di fama internazionale specializzato in chirurgia corneale, della cataratta e refrattiva presso l’ELZA Institute di Zurigo, Svizzera

Se comprendiamo meglio come gli anelli in PMMA interagiscono con la cornea, potremo fare previsioni più accurate e su misura per il profilo di ciascun paziente
Emilio Torres-Netto
soddisfacenti. Tuttavia, come spiega il Dottor Torres-Netto, il loro utilizzo non è uniforme in tutto il mondo. “Probabilmente una delle ragioni per cui non sono ampiamente utilizzati in alcune aree è che, in certi casi, la loro prevedibilità non è sempre alta quanto vorremmo”. In questo contesto, aumentano anche le aspettative dei pazienti. “Ad esempio, quando vogliamo appiattire determinate aree della cornea, non sempre possiamo prevedere con precisione il grado di appiattimento che otterremo”.
Negli ultimi anni, i produttori hanno sviluppato e perfezionato nomogrammi che funzionano bene, ma fino ad ora non era mai stato misurato direttamente l’impatto biomeccanico degli anelli in PMMA. “Ho pensato che, se comprendiamo meglio come interagiscono con la cornea, potremo fare previsioni più accurate e su misura per il profilo di ciascun paziente”, afferma il Dottor Torres-Netto.
Prima dello sviluppo dell’elastografia a coerenza ottica, esistevano poche tecnologie in grado di fornire una valutazione dettagliata e spazialmente risolta della biomeccanica corneale. “Qui a Zurigo avevamo accesso a un sistema di microscopia Brillouin commerciale”, ha spiegato il Dottor Torres-Netto. “Ma, a differenza dell’elastografia all’OCT, questa non offriva il tipo di mappatura biomeccanica ad alta risoluzione e in profondità che ora possiamo ottenere”. Il primo studio1 ex vivo basato sull’elastografia OCT sugli anelli intracorneali in PMMA ha cercato di caratterizzare le alterazioni biomeccaniche indotte da questi impianti. “Abbiamo identificato modelli localizzati di redistribuzione dello stress in specifiche regioni corneali dopo l’impianto”, ha riferito Torres-Netto. Uno studio successivo2 ha offerto un’a-
nalisi più dettagliata. “Abbiamo confrontato segmenti con lunghezze d’arco di 120°, 210° e 325°, osservando che la modulazione dello stress avveniva principalmente nella zona ottica”, afferma. “Tuttavia, l’entità e la distribuzione spaziale di questi cambiamenti biomeccanici erano influenzati direttamente sia dalla lunghezza dell’arco che dalla posizione intrastromale del segmento. Segmenti ad arco maggiore erano associati a un maggiore rilassamento meccanico nella zona impiantata, suggerendo un effetto biomeccanico dose-dipendente”. Come sottolineato dal Dottor Torres-Netto, questi risultati sono coerenti con gli esiti clinici e topografici comunemente osservati nella pratica — ma per la prima volta, l’elastografia OCT ha permesso la visualizzazione in tempo reale e la quantificazione spaziale di questi effetti, offrendo una prospettiva biomeccanica senza precedenti sul rimodellamento corneale indotto dagli anelli in PMMA.
UN PASSO OLTRE:
LA BIOMECCANICA
DEI FEMTO-CAIRS
Dalla loro introduzione nel 2015 da parte della Dottoressa Soosan Jacob, i CAIRS (Corneal Allogenic Intrastromal Ring) hanno rappresentato un’importante svolta nella gestione del cheratocono. A differenza degli impianti sintetici, i CAIRS utilizzano tessuto biologico, con l’obiettivo di ridurre le complicazioni e migliorare l’integrazione fisiologica. Un grande progresso è stato fatto quando il Dottor Shady Awwad ha introdotto la tecnologia laser a femtosecondi nella procedura, dando origine ai Femto-CAIRS. In questa tecnica, i segmenti corneali del donatore vengono sagomati individualmente con precisione submicro-
nica tramite il laser a femtosecondi, prima di essere impiantati in tunnel stromali personalizzati secondo l’anatomia di ciascun paziente.
Ciò che distingue i Femto-CAIRS dagli anelli in PMMA è la loro natura biologica e flessibile, che imita meglio le proprietà meccaniche del tessuto corneale nativo. Tuttavia, fino a poco tempo fa, nessuno studio aveva valutato direttamente come i Femto-CAIRS influenzassero il profilo biomeccanico della cornea ospite.
Questo è cambiato nel 2024, quando il team dell’ELZA ha condotto uno studio preclinico ex vivo utilizzando l’elastografia OCT per indagare l’impatto biomeccanico dei Femto-CAIRS.
“Volevamo capire come si comportano questi segmenti biologici una volta impiantati. Usando l’elastografia OCT, abbiamo studiato modelli suini ex vivo per mappare i pattern di stress e l’integrazione biomeccanica”, ha spiegato Torres-Netto. I risultati preliminari sono stati significativi. “I segmenti Femto-CAIRS si integrano nello stroma senza causare tensioni meccaniche anomale o pattern di stress irregolari, che invece spesso osserviamo con gli anelli in PMMA”, ha riferito. “Questa potrebbe essere una delle ragioni per cui, secondo i rapporti clinici — come quelli della Dottoressa Jacob — i tassi di estrusione sono inferiori con i Femto-CAIRS”.
In modo cruciale, l’elastografia OCT ha permesso di visualizzare queste dinamiche biomeccaniche in tempo reale, offrendo supporto oggettivo a osservazioni cliniche finora empiriche. “Con l’elastografia OCT possiamo finalmente vedere come si comporta meccanicamente la cornea e come risponde a questi impianti”, afferma Torres-Netto. ➧
di Laura Gaspari
InnovazIonI

IPOTESI EMERGENTI:
ANELLI IN PMMA VS FEMTO-CAIRS I primi risultati ottenuti tramite l’elastografia OCT hanno portato a una riflessione più profonda sulle differenze biomeccaniche tra gli anelli in PMMA e i Femto-CAIRS. Sebbene preliminari, queste intuizioni aprono la strada a futuri studi comparativi. “Innanzitutto, non abbiamo ancora nomogrammi ben sviluppati per i Femto-CAIRS”, ha spiegato il Dottor Torres-Netto. “Alcuni esistono, ma sono ancora troppo generici e mancano del dettaglio che riteniamo necessario. Inoltre, oggi ci affidiamo all’esperienza clinica e al giudizio dei colleghi, perché i nomogrammi sviluppati per gli anelli in PMMA non sono trasferibili: le due tecniche sono fondamentalmente diverse per struttura e comportamento”. Una delle ipotesi emergenti è che la natura biologica dei Femto-CAIRS consenta un’integrazione più fisiologica, riducendo il rischio di complicazioni a lungo termine. Mentre gli anelli in PMMA tendono a indurre redistribuzioni di stress localizzate — chiaramente visibili con l’elastografia OCT — i Femto-CAIRS sembrano rimodellare la cornea senza generare pattern anomali. “Credo che il meccanismo d’azione alla base sia diverso — anche se deve an-
cora essere chiarito”, ha aggiunto. “Anche se entrambe le tecniche si basano sull’aggiunta di tessuto, ipotizzo che la redistribuzione dello stress corneale che porta al rimodellamento avvenga in modo significativamente diverso. Questo potrebbe influenzare gli esiti clinici, in particolare nella correzione dell’astigmatismo, e rappresentare un fattore chiave nei futuri nomogrammi”. Anche se queste ipotesi non sono ancora conclusive, evidenziano la necessità di ulteriori studi per raffinare e personalizzare il trattamento del cheratocono.
COSA SIGNIFICA TUTTO QUESTO PER IL FUTURO DEI PAZIENTI CON CHERATOCONO?
Nonostante i grandi progressi, il cheratocono rimane una condizione complessa e in evoluzione, con numerose sfide cliniche ancora da affrontare. C’è ancora molto lavoro da fare per i pazienti e molte lacune da colmare. Ogni paziente è diverso, la tolleranza ai trattamenti varia, e non tutte le terapie sono disponibili ovunque. Anche tra gli esperti, le prospettive sulla gestione della malattia possono variare. Tuttavia, un elemento appare sempre più chiaro: una comprensione più profonda della biomeccanica è centrale per far progredire il campo. “Siamo an-
cora nel processo di comprensione di come evolvono queste proprietà meccaniche”, ha dichiarato il Dottor Emilio Torres-Netto. “Ma più ne sappiamo, meglio potremo progettare e affinare i nomogrammi, adattandoli ai Femto-CAIRS e alle esigenze uniche di ogni paziente”.
La crescita della conoscenza e l’entusiasmo crescente nel settore promettono di migliorare la pianificazione chirurgica, ampliare le opzioni terapeutiche e rendere possibili combinazioni di trattamenti più precise e personalizzate. Il tutto a supporto dell’obiettivo finale: offrire ai pazienti con cheratocono cure il più possibile personalizzate e basate sull’evidenza.
BIBLIOGRAFIA
1 Torres-Netto EA, Kling S. Corneal Strain Induced by Intracorneal Ring Segment Implantation Visualized With Optical Coherence Elastography. J Refract Surg. 2022;38(3):210-216. doi :10.3928/1081597X-20211214-01
2 Torres-Netto EA, Hafezi F, Kling S. Intracorneal Ring Segment Implantation Results in Corneal Mechanical Strengthening Visualized With Optical Coherence Elastography. J Refract Surg. 2022;38(7):459-464. doi:10.3928/108159 7X-20220608-01
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Annual Meeting conferma che, oltre a proporre strumenti sempre più performanti, è essenziale offrire aggiornamenti costanti e applicazioni pratiche concrete”, aggiunge Mura. Infine, il canale YouTube CSO Academy propone gli interventi tenuti dai key opinion leader internazionali che si sono tenuti in occasione di simposi, booth talk e meeting. A oggi sono disponibili 125 video consultabili in qualsiasi momento, per garantire un aggiornamento continuo ai professionisti della visione nella pratica quotidiana. “Ascoltare le esperienze di chi utilizza quotidianamente i nostri strumenti è un arricchimento prezioso, di cui siamo profondamente orgogliosi”, conclude Luciano Sassano, storico responsabile di CSO.

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le patologie. Il parere del CHMP si basa su risultati positivi a tre anni provenienti da studi di estensione open-label dei trial PULSAR, per la nAMD, e PHOTON, per la DME. In entrambi gli studi di estensione, i pazienti randomizzati inizialmente con Eylea 8 mg hanno mantenuto i miglioramenti visivi e anatomici, con il 24% dei pazienti con nAMD e il 28% con DME con un intervallo di somministrazione assegnato di 6 mesi alla fine dei tre anni.
“Accolgo con entusiasmo la decisione dell’ente regolatorio Europeo EMA di raccomandare l’approva-

zione dell’estensione a sei mesi dell’intervallo di trattamento con aflibercept 8 mg in pazienti con degenerazione maculare legata all’età ed edema maculare diabetico” , afferma il Professor Paolo Lanzetta, Direttore della Clinica Oculistica e della Scuola di Specializzazione in Oftalmologia dell’Università di Udine, fondatore e Direttore Scientifico dell’Istituto Europeo di Microchirurgia Oculare (IEMO), nonché primo autore dello studio PULSAR. “Le fasi di estensione degli studi registrativi PULSAR e PHOTON per le due rispettive indicazioni hanno evidenziato che circa un quarto dei pazienti trattati fin dall’inizio con aflibercept 8 mg ha potuto beneficiare di un intervallo di trattamento di sei mesi. Questo è un risultato mai ottenuto in precedenza e rappresenta un’opportunità unica per i nostri pazienti”, aggiunge.
Il profilo di sicurezza di Eylea 8 mg ha continuato a essere favorevole nel terzo anno in entrambi gli studi ed è coerente con il consolidato profilo di sicurezza di Eylea 2 mg. I dati di sicurezza a lungo termine non hanno mostrato nuovi segnali in nessuno dei due studi, nemmeno nei pazienti che sono passati da Eylea 2 mg a Eylea 8 mg. I tassi di eventi avversi emersi dal trattamento sono risultati simili in tutti i gruppi di trattamento.
Fonte: https://www.bayer.com/media/en-us/eylea-8-mg-with-extended-6-month-treatment-interval-recommended-for-approval-in-eu/
U IPOGLICEMIA E RETINOPATIA
DIABETICA
: UN FARMACO
SPERIMENTALE POTREBBE OFFRIRE
UNA SOLUZIONE
Uno studio guidato da scienziati del Wilmer Eye Institute (Johns Hopkins Medicine) ha rivelato che l’ipoglicemia può favorire la rottura della barriera emato-retinica, un confine essenziale che regola il flusso di nutrienti, scorie e acqua dentro e fuori la retina. La ricerca, condotta su topi affetti da diabete, suggerisce degli spunti sull’origine della retinopatia diabetica, in particolare nei pazienti che sperimentano episodi di ipoglicemia. Lo studio completo, pubblicato su Science Translational Medicine lo scorso 30 aprile, spiega che una specifica proteina, nota come fattore inducibile dall’ipossia (HIF), si accumula in alcune cellule della retina durante i periodi di ipoglicemia.
Questa proteina è già stata collegata in precedenza alla retinopatia diabetica e ad altre malattie oculari e può innescare una reazione a
catena, attivando la sovrapproduzione di altre proteine che portano alla crescita e alla perdita di integrità dei vasi sanguigni nella retina. Ora, i ricercatori hanno scoperto che l’HIF gioca un ruolo anche nella rottura della barriera emato-retinica durante l’ipoglicemia.
I ricercatori hanno testato il ruolo di HIF nell’ipoglicemia inducendo episodi di glicemia bassa in topi diabetici e non diabetici. Gli esperimenti hanno mostrato che i topi diabetici avevano livelli più elevati di HIF durante l’ipoglicemia, abbastanza da causare la rottura della barriera emato-retinica e perdite nei vasi sanguigni della retina, mentre nei topi non diabetici i livelli di HIF non aumentavano. Questa rottura, nella retinopatia diabetica, contribuisce a danni irreversibili alla retina e alla perdita della vista.
Il team ha approfondito la ricerca

testando un farmaco sperimentale noto come 32-134D, che inibisce la proteina HIF. Alcuni topi diabetici hanno ricevuto un’iniezione di 32134D prima degli episodi di ipoglicemia indotta, e i ricercatori hanno osservato livelli più bassi di HIF, impedendo così l’attivazione delle proteine che causano la rottura della barriera emato-retinica e le perdite vascolari. “Questi studi aiutano a spiegare perché i pazienti diabetici sottoposti inizialmente a un controllo glicemico, fondamentale nella gestione del diabete, o coloro che hanno un’elevata variabilità glicemica, con episodi transitori di glicemia molto bassa seguiti da glicemia molto alta, subiscono un peggioramento della loro malattia oculare diabetica”, afferma l’autore principale Akrit Sodhi, M.D., Ph.D., Professore associato di oftalmologia presso la Johns Hopkins University School of Medicine e il Wilmer Eye Institute. “I nostri risultati sottolineano perché le terapie mirate all’HIF rappresentano un approccio efficace per prevenire o trattare la retinopatia diabetica.”
I ricercatori stanno pianificando studi futuri, e sperano di avviare studi clinici con 32-134D su pazienti affetti da retinopatia diabetica.
Fonte: Chuanyu Guo et al. ,Hypoglycemia promotes inner blood-retinal barrier breakdown and retinal vascular leakage in diabetic mice.Sci. Transl. Med.17,eadq5355(2025).DOI:10.1126/scitranslmed.adq5355
I RICERCATORI SVILUPPANO UN’IA
PERSONALIZZATA PER MIGLIORARE
LE IMMAGINI DELLE CELLULE
DELL’EPITELIO
PIGMENTATO RETINICO
I ricercatori dei National Institutes of Health (NIH) hanno sviluppato un sistema personalizzato di intelligenza artificiale che migliora digitalmente le immagini per mostrare meglio i tessuti nella parte posteriore dell’occhio, fino al punto da distinguere le singole cellule. Rendendo visibili le cellule dell’epitelio pigmentato retinico (RPE), i ricercatori aprono nuove prospettive per la diagnosi precoce delle malattie oculari e il monitoraggio della risposta ai trattamenti, secondo un comunicato stampa. Lo studio, intitolato “Artificial intelligence-assisted clinical fluorescence imaging achieves in vivo cellular resolution
comparable to adaptive optics ophthalmoscopy” , è stato recentemente pubblicato sulla rivista Communications Medicine
“L’intelligenza artificiale può potenzialmente portare le tecnologie di imaging di nuova generazione nelle cliniche oculistiche standard. È come aggiungere una lente ad alta risoluzione a una fotocamera di base”, ha dichiarato Johnny Tam, PhD, ricercatore del National Eye Institute del NIH e autore senior dello studio.
Lo studio ha incluso dati raccolti da 26 occhi sani di pazienti tra i 22 e i 63 anni. L’IA è stata applicata alle immagini ottenute con

l’oftalmoscopia, dopo essere stata addestrata a riconoscere la loro qualità (scarsa, media o buona). Il sistema ha imparato gli standard qualitativi elaborando oltre 1400 immagini di diverse aree della retina prese con oftalmoscopia a ottica adattiva. In seguito, i ricercatori hanno fornito le immagini corrispondenti ottenute con oftalmoscopia standard. Dopo aver applicato un test di nitidezza, si è osservato che le immagini migliorate dall’IA erano otto volte più nitide rispetto a quelle originali. “È importante sottolineare che il sistema non crea qualcosa dal nulla. Le caratteristiche che vediamo nelle cellule RPE con l’imaging standard ci sono, sono solo poco visibili” , ha spiegato Tam.
I ricercatori hanno utilizzato un’iniezione di verde indocianina per aumentare il contrasto delle strutture anatomiche e migliorare ulteriormente la nitidezza delle immagini. Un altro risultato interessante dello studio riguarda le differenze legate al sesso: sebbene non siano state rilevate variazioni nei parametri cellulari dell’epitelio pigmentato retinico legate all’età o all’etnia, è stato osservato che negli occhi femminili le cellule presentano uno spazio maggiore e una densità inferiore rispetto agli occhi maschili in tutte le aree retiniche.
Fonte: https://www.nih.gov/news-events/news-releases/nih-researchers-supercharge-ordinary-clinical-device-get-better-look-back-eye
DELLO STUDIO DI ESTENSIONE
LIGHTSITE IIIB PER IL SISTEMA
DI SOMMINISTRAZIONE
VALEDA
L LUMITHERA ANNUNCIA RISULTATI
LumiThera Inc., azienda di dispositivi medici che offre trattamenti di fotobiomodulazione (PBM) per danni e malattie oculari, ha annunciato oggi i risultati principali dello studio di estensione LIGHTSITE IIIB, un trial prospettico e open-label condotto su soggetti con degenerazione maculare legata all’età di tipo secco (non neovascolare). Lo studio di estensione ha seguito pazienti che avevano completato lo studio pivotale LIGHTSITE III e hanno ripreso il trattamento per 13 mesi utilizzando il sistema Valeda ® Light Delivery. Valeda è il primo trattamento autorizzato dalla FDA per migliorare la vista nei pazienti con degenerazione maculare secca. Nel trial pivotale LIGHTSITE III condotto negli Stati Uniti, Valeda ha raggiunto l’endpoint primario dimostrandosi sicuro ed ef -
ficace, con un miglioramento dell’acuità visiva meglio corretta superiore a 5 lettere per un periodo di 24 mesi, equivalente al miglioramento di una linea sulla tabella ottica.
“I risultati dello studio di estensione LIGHTSITE IIIB estendono i benefici visivi ottenuti nello studio pivotale di due anni fino a 4 anni e mezzo, mostrando anche un eccellente profilo di sicurezza”, ha dichiarato il Dottor David Boyer, del Retina Vitreous Associates Medical Group. “Questi dati sono molto promettenti per pazienti con degenerazione maculare secca da precoce a intermedia. Il follow-up includeva un periodo di 20 mesi senza trattamento tra i due studi, durante il quale i pazienti hanno mantenuto parte del beneficio visivo ottenuto nello studio pivotale e hanno recuperato la

vista con il nuovo trattamento nella fase di estensione”. I risultati sono stati presentati il 7 maggio al congresso 2025 dell’Association for Research in Vision and Ophthalmology (ARVO) dai co-investigatori, la Dottoressa Diane Do e il Dottor Quan Dong Nguyen, Byers Eye Institute, Università di Stanford. “L’endpoint primario dello studio era il miglioramento della BCVA. Dopo altri 13 mesi di trattamento, sebbene la popolazione dello studio LIGHTSITE IIIB fosse relativamente piccola, oltre il 60% dei pazienti trattati con Valeda in entrambi gli studi mostrava ancora un miglioramento della vista superiore a una linea” , ha spiegato il Dottor Quan Dong Nguyen, Professore di Oftalmologia, Medicina e Pediatria alla Stanford University. “Ora esiste un trattamento non invasivo per i pazienti con degenerazione maculare secca che può migliorare la vista e affrontare la malattia nelle sue fasi iniziali, prima che si verifichi una perdita visiva permanente” , ha affermato Clark Tedford, Ph.D., Presidente e CEO di LumiThera, Inc. “I risultati dello studio di estensione dimostrano che Valeda potrebbe modificare il decorso della perdita visiva nei pazienti con AMD secca e offrire benefici sostenibili per diversi anni con un trattamento continuativo”.
Fonte: https://lumithera.com/news/lumitheras-lightsite-iiib-extension-trial-topline-results-show-extended-vision-improvement-in-dry-amd-subjects/


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Approfondimenti
IL MONDO DELL’IPOVISIONE ARRIVA A FIRENZE
Il congresso internazionale porterà nel nostro Paese
i più grandi esperti di ipovisione
Intervista alla Dottoressa Anna D’Ambrosio, Presidente P.R.I.S.M.A., Ospedale San Giovanni Rotondo, Foggia
SDottoressa Anna D’Ambrosio, Presidente di PRISMA

Secondo i dati del Ministero della Salute, l’1,9% della popolazione italiana soffre di limitazioni gravi alla vista1. L’OMS riporta che nel mondo sono più di due miliardi le persone con problemi gravi alla visione, molti dei quali potevano essere evitabili2 Ipovisione e cecità sono due parole che possono suggerire l’arrivo inesorabile di un capolinea per la vista di un paziente. Una situazione di estrema difficoltà in cui l’oculista e le altre professioni legate alla salute visiva si sentono impotenti e dove le soluzioni non sembrano esserci. Eppure, non è proprio così: sebbene la vista non possa essere più recuperata, il paziente ipovedente ha delle esigenze e dei bisogni in cui gli specialisti possono ancora essere fondamentali. Quindi risulta di estrema importanza la necessità di creare spazi di condivisione per i professionisti del settore, in cui possano scambiare le ultime novità e idee riguardo la prevenzione e riabilitazione dell’ipovisione. Da quest’idea nasce la volontà di Prisma, Low Vision Academy e IAPB Italia di organizzare VISION 2025, il quindicesimo Congresso della Società Internazionale per la ricerca e la riabilitazione sull’ipovisione (International Society for Low Vision Research and Rehabilitation - ISLRR), che si terrà dall’8 al 12 settembre prossimi a Firenze. Un appuntamento unico e imperdibile, secondo la Presidente di P.R.I.S.M.A. (Associazione nazionale Professionisti Riabilitazione Ipovisione e Studio Malattie Associate), la Dottoressa Anna D’Ambrosio, e un grande successo organizzativo che porterà il nostro Paese al centro del dibattito globale sull’ipovisione.
UNITI PER I PROPRI PAZIENTI
“Non si parla molto di ipovisione perché c’è difficoltà comunicativa tra le categorie professionali”, spiega la Dottoressa D’Ambrosio, che esercita come medico oculista presso l’Ospedale San Giovanni Rotondo (Foggia) ed è Presidente di P.R.I.S.M.A. dal 2022. “Gli oculisti, la maggior parte delle volte, dicono ai pazienti che non c’è nulla da fare perché clinicamente le patologie di cui sono affetti non sono ulteriormente trattabili”.
Nonostante il senso di arrendevolezza davanti a un paziente con delle difficoltà visive così importanti, non è vero che non si può fare nulla per rendere la sua qualità di vita migliore. “In realtà nei centri di riabilitazione esistono proposte di ausili che possono essere d’aiuto, o proposte per migliorare l’utilizzo del residuo visivo o informazioni sui diritti dei pazienti”, afferma D’Ambrosio. Proprio questa è la missione di un’associazione come P.R.I.S.M.A., che si occupa di dare la corretta informazione su cosa significa essere ipovedente e cosa ancora l’oculista, il paziente e i suoi familiari possono fare. “Quello su cui combattiamo molto è far conoscere tutte le opportunità per il trattamento dell’ipovisione e della precocità dell’intervento in cui possiamo agire: se arriva un paziente che vede solo ombra e luce abbiamo sicuramente meno da fare rispetto a uno con ancora due o tre decimi e che ha più opzioni”, puntualizza. Non solo oculisti: P.R.I.S.M.A. si occupa anche di formare tutte le figure professionali collegate al mondo dell’ipovisione, tra cui ortottisti, ottici-optometristi che si occupano di fornire e progettare gli ausili, psico-

logi, operatori di mobilità, ingegneri informatici che mettono a punto la parte digitale degli ausili. In particolare, l’aiuto e il supporto sono rivolti anche a chi si occupa tutti i giorni del paziente ipovedente, tra familiari e amici, e informare anche loro di tutte le opportunità che esistono per dare una nuova possibilità alla persona che seguono.
IL CONGRESSO
Il congresso internazionale avrà luogo presso lo storico Palazzo dei Congressi di Firenze e prevederà delle intense giornate di simposi e corsi, ma anche di attività parallele non congressuali. “Sono cinque giorni di eventi, di cui tre dedicati alla parte strettamente scientifica e due, il lunedì e il venerdì, dedicati ad attività volte a far conoscere il mondo dell’ipovisione”, spiega Anna D’Ambrosio. Le attività parallele, infatti, servono per calare nella realtà dei propri pazienti ipovedenti gli oculisti e i professionisti che li hanno in cura, per far capire loro com’è vivere nei loro panni. “Tra queste attività ci saranno le visite al percorso tattile alla Galleria degli Uffizi, alla scuola per cani guida, alla stamperia in Braille, ed esperienze al buio come quella di un food truck, in cui si gustano delle pietanze e si paga, scoprendo poi cosa si è mangiato”,
afferma. Il ricco programma scientifico coprirà tutti gli aspetti dell’ipovisione, con delle sessioni dedicate e con attenzione all’aspetto internazionale. “Avremo sessioni che si occupano di epidemiologia dell’ipovisione guardando tutte le situazioni nel mondo” , spiega la Dottoressa D’Ambrosio. “Ad esempio, nei Paesi in via di sviluppo una delle cause principali di ipovisione è la difficoltà a reperire degli occhiali; quindi, anche i pazienti molto miopi sono considerati ipovedenti”. Oltre alle sessioni preordinate, l’organizzazione del congresso ha ricevuto più di 320 abstract di presentazione da tutto il mondo, inseriti nel programma o come presentazioni orali o come poster. “Non ci aspettavamo una partecipazione del genere, ci ha lasciati tutti piacevolmente stupiti. Significa che in questi tre anni di organizzazione abbiamo lavorato bene”, esclama D’Ambrosio. “Soprattutto, la cosa che ci ha favorevolmente colpito è la massiccia presenza di partecipazione internazionale, pensavamo all’inizio fosse un congresso che coinvolgesse per di più italiani. Invece no”. Una partecipazione internazionale così massiccia stimola un dibattito più ampio, come ricorda la Dottoressa D’Ambrosio. “Ci dà un’idea di come si
gestisce l’ipovisione nel mondo, perché ogni cultura ha un suo modo diverso di affrontare il problema, o figure professionali più presenti o meno. Sicuramente è un modo per arricchire il nostro bagaglio culturale”. Al congresso ci saranno anche le aziende produttrici di ausili per ipovedenti, e ci sarà la possibilità di incontrare anche il mondo dell’industria. “Ci saranno diversi stand e incontri formativi per venire a contatto con le novità maggiori dal mondo dell’industria. Un’occasione da non perdere per formarsi e informarsi”, sostiene Anna D’Ambrosio.
UN INVITO ALLA
PARTECIPAZIONE PER IL BENE DELLE PERSONE IPOVEDENTI L’invito è ovviamente rivolto a tutti coloro che fanno parte del settore, per avere un’occasione importante da sfruttare per dare ai loro pazienti o assistiti delle risposte concrete e nuove possibilità. “Mi auguro che da questo congresso possiamo già avere delle notizie su quelle che saranno le future soluzioni protesiche e medicali per quanto riguarda le patologie che portano all’ipovisione”, spiega D’Ambrosio. Novità che possano essere portate anche al prossimo congresso nazionale P.R.I.S.M.A. che si terrà a Firenze il 20 e 21 marzo 2026 e nel dibattito sull’ipovisione, stuzzicando un po’ la curiosità. “Organizzare questo congresso internazionale ci dà l’occasione di dimostrare ai nostri colleghi il ruolo importante che abbiamo: l’ipovisione è in genere considerata poco in ambito oftalmologico e invece è il luogo in cui tutti i professionisti collaborano in equipe, oltre che dare sempre più risposte ai nostri pazienti, che sono ben informati e hanno bisogno di noi”, conclude.
Bibliografia
1 Ministero della Salute, Relazione Del Ministro Della Salute Sullo Stato Di Attuazione Delle Politiche Inerenti La Prevenzione Della Cecità, L’educazione E La Riabilitazione Visiva (Legge 284/97) - Dati 2020, 2023.
2 World Health Organization, Blindness and vision impairment, 2023, consultabile a https://www. who.int/news-room/fact-sheets/ detail/blindness-and-visualimpairment
di Laura Gaspari



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TRAPIANTO DI CORNEA E BANCHE DEGLI OCCHI: MESTRE DIVENTA INTERNAZIONALE
Oltre cento specialisti, insieme per condividere conoscenze, discutere tecniche avanzate di imaging e chirurgia, e promuovere standard internazionali nella valutazione del tessuto corneale
Interviste con il Dottor
Diego Ponzin, Fondazione Banca degli
Occhi del Veneto, il Dottor
Jacinto Sanchez Ibañez, Complesso
Ospedaliero Universitario di La Coruña (Spagna), la Dottoressa
Lamis Baydoun, ELZA Eye Institute di Zurigo, e la Dottoressa
Patricia Dahl, Eye-Bank for Sight Restoration di Manhattan (New York)
IIl mondo delle banche degli occhi e del trapianto di cornea internazionale si è riunito a Mestre in occasione del corso Cornea Evaluation in Eye Banking, organizzato da Jacinto Sanchez Ibañez, del Complesso Ospedaliero Universitario di La Coruña, Spagna e da Diego Ponzin, Presidente di Fondazione Banca degli Occhi, che si è tenuto il 16 maggio scorso. Tra i temi trattati, la valutazione del tessuto corneale destinato al trapianto in relazione anche alle tecniche di imaging utilizzate e alle procedure chirurgiche di cheratoplastica lamellare come la DALK, la

DSAEK e la DMEK. “È stato un giorno molto produttivo perché siamo riusciti a riunire più di cento specialisti della cornea, sia chirurghi che esperti di banche degli occhi che sono coinvolti nella preparazione e valutazione dei tessuti per il trapianto”, spiega il Dottor Ponzin.
L’evento ha infatti riunito operatori delle banche degli occhi, clinici e oculisti, insieme a ricercatori nel campo delle patologie oculari di rilievo internazionale, con un forte accento sullo scambio di opinioni ed esperienze. “Ciò che ho apprezzato di più è proprio questa combinazione di clinici e operatori delle banche degli occhi, così vicini tra loro in ogni sessione del corso”, afferma la Dottoressa Lamis Baydoun, dell’ELZA Eye Institute di Zurigo, relatrice e moderatrice di diverse sessioni del corso. “Ogni sessione vedeva i punti di vista completarsi, imparando gli uni dagli altri e alla fine si sono riuniti i pezzi, come un puzzle”.
La faculty e gli ospiti internazionali hanno contato altri nomi d’eccezione tra cui Patricia Dahl, Executive Director presso la Eye-Bank for Sight Restoration di Manhattan (New York), prima banca degli occhi fondata nel 1944, il Professor Massimo Busin, ideatore della prima cornea artificiale ibrida, il Professor Jesper Hjortdal, della Aarhus University in Danimarca, fino al Professor Mario Nubile
Il Padiglione Rama presso la sede della Fondazione Banca degli Occhi dove si è svolto il corso
Le sfide che arrivano con le innovative tecniche chirurgiche nel campo hanno portato le banche degli occhi ad adottare nuove tecnologie e approfondire le conoscenze sulla struttura e la biologia dell’occhio e della cornea
Diego Ponzin

dell’Università Chieti-Pescara, che sta portando avanti un progetto di Smile Bank con la banca degli occhi veneta con tessuti donati dagli interventi di chirurgia refrattiva per la correzione della miopia.
“È stato un vero onore essere coinvolta in questo corso e poter discutere dei lavori interni di una banca degli occhi e di tutti i diversi metodi che ci sono per valutare un tessuto. Un ottimo scambio di idee!”, riporta proprio Patricia Dahl, che collabora con la Banca degli Occhi del Veneto dal 2002.
“Li ho aiutati come consulente e da allora continua una proficua collaborazione anche con le altre banche degli occhi. Siamo una comunità tutte le informazioni devono essere condivise in modo aperto per il beneficio dei pazienti che si aspettano di riacquistare la vista”, aggiunge.
Tra le sessioni più apprezzate dai suoi protagonisti ci sono sicuramen-
te quelle dedicate proprio alle varie tecniche di valutazione del tessuto corneale da trapiantare, con una grande attenzione a coinvolgere anche il pubblico in sala sempre nello spirito di collaborazione e scambio. “È stato un onore vedere gli esperti parlare di microscopia speculare. Loro sanno come contare e osservare le cellule e l’ho trovato estremamente interessante perché mi ha dato molti spunti su come ragionano gli esperti sul campo. Oltre a questo, la discussione con le immagini dal pubblico, è stata una bella iniziativa coinvolgente, che ha arricchito il tutto”, spiega Baydoun. La parità della discussione ha portato a un intenso scambio che ha reso la giornata ancora più interessante. “Ha dato la possibilità per rispondere a domande a cui magari non riusciamo a trovare mai una soluzione”, aggiunge Jacinto Sanchez Ibañez. “Questo è un valore, quando c’è parità nella discussione, e non una divisione tra
professionisti e resto”. A latere si è parlato anche di intelligenza artificiale, che è presente in via sperimentale nella banca degli occhi mestrina già da qualche anno. “Le sfide che arrivano con le innovative tecniche chirurgiche nel campo hanno portato le banche degli occhi ad adottare nuove tecnologie e approfondire le conoscenze sulla struttura e la biologia dell’occhio e della cornea”, afferma Diego Ponzin. Anche per questo motivo c’è la necessità di condividere, trovare un linguaggio comune in un mutuo scambio. “Ci siamo resi conto di non avere una definizione consistente di cosa significhi valutazione biomicroscopica della cornea, che alcuni definiscono essere la lampada a fessura, il metodo più antico di valutazione dell’occhio e della cornea”, continua Ponzin. “Qualche volta quando si è anche ad alti livelli si danno per scontate alcune definizioni che invece vanno chiarite ed esplorate perché c’è il rischio che vengano interpretate in modo diverso dalle strutture che dovrebbero produrre una qualità paragonabile”. Una qualità e una metodologia che si auspica sul territorio europeo, rappresentato anche dalla presentazione delle linee guida europee per la valutazione corneale per il trapianto del Professor Hjortdal alla fine della giornata. “La Banca degli Occhi del Veneto ha la stessa qualità di valutazione di una banca in Germania, o in Francia, o in Portogallo. Questa è l’idea. Un grande valore aggiunto se pensiamo come Unione Europea”, afferma Jacinto Sanchez Ibañez Un successo sicuramente da ripetere in futuro, per il bene dei pazienti che necessitano di trapianto di cornea per vedere di nuovo. “Speriamo sia il primo di una lunga serie di meeting su questi argomenti relativi al saper fare”, conclude Diego Ponzin.
di Laura Gaspari
I due organizzatori del corso, i Dottori Diego Ponzin e Jacinto Sanchez Ibañez
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SOS: EMERGENZA GLAUCOMA
Quando l’olio di silicone crea un angolo chiuso, la soluzione è la pupilloplastica SFT, secondo Amar Agarwal
Intervista al Professor Amar Agarwal, Dr. Agarwal’s Eye Hospital and Eye Research Centre, India
Q
Quando sentiamo la sigla SOS, tutti la associamo immediatamente a una richiesta d’aiuto. Utilizzata nella comunicazione radiotelegrafica marittima universale perché semplice e veloce da trasmettere in codice Morse, è entrata poi nella comunicazione quotidiana e comune, a segnalare una situazione emergenziale.
SOS è anche l’acronimo scelto da Amar Agarwal, M.S., FRCS, F.R.C.Ophth per una tecnica veloce, immediata, ma in grado di svoltare completamente la prospettiva di un glaucoma ad angolo chiuso come conseguenza potenziale dell’iniezione di olio di silicone, e quindi a danni irreversibili al nervo ottico e alla vista.
“L’olio di silicone, quando iniettato nella cavità vitreale durante alcune procedure chirurgiche retiniche, può causare un glaucoma ad angolo chiuso” , spiega il Professor Agarwal, Presidente e Direttore del Dr. Agarwal’s Eye Hospital and Eye Research Centre, in un video dimostrativo.
Rimuovere l’olio di silicone però non basta per scongiurare lo scenario peggiore e abbassare la pressione intraoculare. “Il problema, dopo aver rimosso l’olio di silicone, è rompere le sinechie che si sono formate tra l’iride e la camera anteriore”, afferma Agarwal. Da qui la scelta della sigla SOS:
Professor Amar Agarwal
Per collegarsi al video, scansionare il codice QR


In questo modo, siamo riusciti ad aprire l’angolo camerulare, abbassando la pressione intraoculare
Amar Agarwal
questa volta acronimo di Silicon Oil Synechiae (Glaucoma) al posto del classico Save Our Souls. Come fare dunque in caso di aderenze e glaucoma ad angolo chiuso? Nel video gentilmente concesso a EyeSee, Amar Agarwal presenta due casi, entrambi risolti però allo stesso modo: utilizzando una pupilloplastica single-pass 4 throw (SFT). La tecnica, descritta per la prima volta da Agarwal nel 2017, aiuterebbe dunque la pressione intraoculare a ridursi andando ad abbassare l’iride e liberando così il deflusso dell’umore acqueo. “Il primo caso presenta un haze corneale. Si notano anche delle sinechie anteriori periferiche (PAS) guardando le immagini del segmento anteriore all’OCT”, spiega Agarwal. “Raschiamo l’epitelio e controlliamo con la gonioscopia intraoperatoria e vediamo l’angolo chiuso”. Dopo aver rimosso l’olio di silicone, si procede a rompere le sinechie tirando l’iride. “Si può verificare un leggero ifema, che si riassorbe spontaneamente in poco tempo”, precisa Agarwal. Da lì, entra in gioco la pupilloplastica single-pass 4 throw. Si utilizza un filo di sutura in prolene 10-0, che viene inserito in un’incisione laterale creata su un lato dell’iride da riparare. “Dall’altro lato, si esegue una paracentesi e si preleva un ago da 26 o 30 gauge. La sutura viene quindi fatta scorrere in un unico passaggio e l’ansa viene estratta”, illustra Amar Agarwal. Qui poi, il numero quattro diventa estremamente importante da ricordare. “Si fanno quattro passaggi intorno all’ansa ed è fatta. Tutto quello che bisogna fare è tirare una delle due estremità, tagliare con delle micro forbici le estremità della sutura e la pu-

L’ago da 26 o 30 gauge viene inserito nelle aperture laterali con un solo passaggio. Successivamente vengono eseguiti i quattro passaggi intorno all’ansa per completare la pupilloplastica SFT.
pilloplastica è completata”, aggiunge. L’operazione può essere ripetuta più volte a seconda della necessità del caso che si ha davanti, come illustrato nel video, dove il Professor Agarwal esegue la tecnica anche sul lato opposto e orizzontalmente fino a rompere tutte le sinechie presenti.
“In questo modo, siamo riusciti a aprire l’angolo camerulare, abbassando la pressione intraoculare. Questo si nota anche alla gonioscopia intraoperatoria, dove l’apertura dell’angolo camerulare è molto evidente, cosa che risulterà anche dall’esame OCT postoperatorio”, afferma. Conferma che viene anche nel secondo caso illustrato da Agarwal, dove vengono mostra-
te le immagini OCT del preoperatorio, confrontate con quelle del postoperatorio, e dove è evidente la risoluzione del problema dell’angolo chiuso. Prestare soccorso a una situazione emergenziale e potenzialmente pericolosa per la vista del paziente è dunque veloce e immediata. Il take home message del Professor Agarwal è chiaro. “Se vedete che all’OCT in un paziente con olio di silicone e pressione intraoculare alta notate che c’è un angolo aperto, rimuovete semplicemente l’olio. Se invece notate l’angolo chiuso, oltre a togliere l’olio provate a eseguire questa pupilloplastica per aprire l’angolo camerulare”, conclude.
di Timothy Norris

10-11 OTTOBRE 2025
MILANO
Aula Magna dell’Università Statale di Milano
Presente e futuro
Milano ospiterà il congresso SIOPS 2025, il più importante appuntamento italiano nell’ambito dell’Oftalmologia Pediatrica. Un evento che unisce tradizione e innovazione nell’oftalmologia pediatrica e nello strabismo. Il programma prevede sessioni di chirurgia con confronto generazionale, approfondimenti su dislessia, ROP, Chirurgia oftalmoplastica pediatrica, albinismo e uveiti. Saranno presentate e discusse recenti risultati in tecniche chirurgiche, come quelle proposte da Nishida e Yokoyama, e discussi i più recenti sviluppi in imaging e intelligenza artificiale. Le letture magistrali affronteranno il distacco di retina pediatrico e la genetica oculare. Un focus speciale sarà dedicato alla comunicazione medico-genitori e agli approcci alternativi come l’ipnosi. Il congresso si concluderà con un dibattito sui grandi quesiti dello strabismo e le sue sfide irrisolte.
Presidente S.I.O.P.S.
Paolo Nucci
Presidente Congresso
Marco Mazza
Organizzatori
Andrea Lembo e Giuliano Stramare
Segreteria organizzativa
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Regione Rivelle, 7/F - Moasca (AT) info@fgeditore.it Tel. 0141/1706694

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EvEnti
CongrEssuali
TALK EYESEE @AICCER 2025
Matteo Forlini, Alessandro Mularoni e Vittorio Picardo hanno condotto l’edizione di Talk EyeSee dal Congresso Internazionale AICCER 2025, che si è svolto a Trieste dal 27 al 29 marzo 2025. Hanno intervistato importanti nomi dell’oftalmologia nazionale e internazionale per sapere le ultime novità nel mondo del segmento anteriore, e non solo.

Per vedere tutte le video interviste integrali www.eyeseenews.it oppure accedi direttamente utilizzando il codice QR

LA NUOVA CLASSIFICAZIONE FUNZIONALE DELLE IOL
Alessandro Mularoni intervista la Presidente di ESCRS Filomena Ribeiro sulla nuova classificazione funzionale delle IOL. La Professoressa Ribeiro ha parlato di questo grande progetto di ESCRS e della sua importanza per rendere più chiaro il processo di scelta delle IOL per i pazienti e dar loro la migliore funzione visiva.

LA SOSTENIBILITÀ IN SALA OPERATORIA: PERCHÉ È IMPORTANTE
Alessandro Mularoni ha intervistato Oliver Findl, ex Presidente di ESCRS, sulla sostenibilità ambientale nella pratica oftalmologica e in sala operatoria. Una particolare attenzione sulle questioni ambientali è importante anche in medicina e in oftalmologia e serve sempre più sensibilità a riguardo. Il Professor Findl e il Dottor Mularoni hanno parlato anche di IOL toriche.

LA CHIRURGIA DI RIPARAZIONE DELL’IRIDE
Matteo Forlini ha intervistato Ike Ahmed sulla chirurgia di riparazione dell’iride. Il Professor Ahmed è considerato tra i migliori chirurghi al mondo e ha dato importanti consigli. Insieme hanno anche descritto e commentato anche la McCannel Technique.

LE STRATEGIE PER ELIMINARE L’ASTIGMATISMO
NELLE IOL FACHICHE
Matteo Forlini intervista Massimo Camellin sulle sue strategie e i suoi consigli per eliminare l’astigmatismo nelle IOL fachiche. Il Dottor Camellin ha spiegato le sue tecniche per gestire l’astigmatismo nell’impianto delle lenti, suggerendo soluzioni utili.

LA SMILE PER L’IPERMETROPIA
Matteo Forlini intervista Walter Sekundo sulla SMILE per l’ipermetropia, approvata lo scorso anno in Europa. Il Professor Sekundo ha spiegato di cosa si tratta e come funziona, di come si è arrivati all’approvazione della tecnica e ha dato preziosi consigli ai suoi colleghi su come eseguirla.

LA GESTIONE DELLA CATARATTA TRAUMATICA
Vittorio Picardo intervista Giuseppe Scarpa sulla gestione della cataratta traumatica, dalla diagnostica fino alla chirurgia. La valutazione del paziente è fondamentale e può aiutare a dare qualche dato in più nella gestione del trauma, sia nel segmento anteriore che posteriore. Il Dottor Scarpa condivide quindi dei consigli su come gestire questi casi complessi.
NUOVI DATI CLINICI A SEI ANNI
CONFERMANO L’EFFICACIA
A LUNGO TERMINE DELLE LENTI
ESSILOR® STELLEST® NEL
RALLENTARE LA PROGRESSIONE DELLA MIOPIA
EEssilor ® ha recentemente presentato i risultati di uno studio clinico della durata di sei anni sulle lenti Essilor ® Stellest ®, che ne confermano l’efficacia a lungo termine nel rallentare la progressione miopica e l’allungamento assiale nei bambini e nei giovani adulti.
I dati evidenziano un impatto significativo e duraturo, offrendo nuove prospettive per lo sviluppo di strategie mirate a contrastare l’epidemia globale di miopia.
Lo studio clinico è stato avviato nel 2018 e ha coinvolto bambini di età compresa tra gli 8 e i 13 anni. Dopo aver completato la fase iniziale di cinque anni, i partecipanti hanno continuato a indossare le lenti Essilor ® Stellest ® per altri due anni, al fine di valutare l’impatto a lungo termine sulla progressione della miopia. Al momento del followup del sesto anno, i partecipanti avevano un’età compresa tra i 14 e i 19 anni. I risultati del sesto anno hanno mostrato che le lenti Essilor ® Stellest ® hanno
rallentato la progressione della miopia di 1,95 diottrie (57%) e l’allungamento assiale di 0,81 mm (52%) in media, rispetto a un modello di gruppo di controllo con lenti monofocali estrapolato dai dati dei primi due anni dello studio clinico.
I risultati dimostrano che le lenti Essilor ® Stellest ® mantengono la loro efficacia nel rallentare la progressione miopica per un periodo di sei anni, con benefici osservati fino all’età di 19 anni¹. “La risposta positiva da parte dei professionisti della visione conferma l’adozione globale delle lenti Essilor ® Stellest ® come soluzione affidabile e comprovata per la gestione a lungo termine della miopia,” ha dichiarato Olga Prenat, Head of Medical & Professional Affairs di EssilorLuxottica. “Questi risultati rafforzano il nostro impegno nel promuovere soluzioni innovative in ambito miopico, capaci di migliorare concretamente la salute visiva dei bambini.”
Anche i dati clinici a cinque anni,
pubblicati di recente su Eye and Vision, confermano l’efficacia delle lenti*, mostrando che il loro utilizzo consente di ritardare in media di tre anni la progressione della miopia†2,3. Lo studio ha inoltre mostrato che il rischio di sviluppare miopia elevata (definita come pari o oltre le -6 diottrie) è sceso dal 38% del gruppo di controllo con lenti monofocali estrapolato al solo 9% del gruppo con lenti Essilor ® Stellest ®². Questi risultati validano ulteriormente l’approccio metodologico degli studi clinici a lungo termine basati su gruppi di controllo estrapolati, in un’ottica di rigore scientifico ed etico. Il Dr. Björn Drobe, Director of Applied Myopia Research presso EssilorLuxottica R&D, ha commentato: “I dati clinici a sei anni, insieme ai più recenti studi pubblicati, rappresentano un importante progresso nella comprensione dell’efficacia delle lenti Essilor ® Stellest ® nella gestione della progressione miopica. Evidenze che ne confermano il ruolo centrale e il valore a lungo termine nella gestione della miopia”. Le lenti Essilor ® Stellest ® offrono ai professionisti della visione una soluzione basata su solide evidenze scientifiche per la gestione della miopia nei bambini e nei giovani adulti. Grazie al supporto di dati clinici robusti, queste lenti rappresentano un’opzione sicura e affidabile per aiutare le famiglie ad affrontare le sfide della miopia, migliorando concretamente la salute visiva nel breve e nel lungo periodo.

BIBLIOGRAFIA
*Rispetto alla progressione nei 60 mesi del gruppo di controllo estrapolato (con una riduzione media annuale prevista dell’equivalente sferico refrattivo [SER] del 9,7%, basata sul gruppo di controllo iniziale di 2 anni, Smotherman C, et al. IOVS 2023;64:ARVO E-Abstract 811) e rispetto alla progressione nei 60 mesi del gruppo di controllo estrapolato (con una riduzione media annuale prevista dell’allungamento assiale [AL] del 15%, basato sul gruppo di controllo iniziale di 2 anni, Shamp W, et al. IOVS 2022;63:ARVO E-Abstract A0111).
†La progressione miopica iniziale di 24 mesi osservata in 50 bambini miopi che indossavano lenti monofocali, nell’ambito di uno studio clinico prospettico, controllato, randomizzato e in doppio cieco della durata di due anni condotto a Wenzhou, in Cina, è stata confrontata
con il follow-up a 60 mesi di 43 bambini che indossavano le lenti Essilor® Stellest®.
1. EssilorLuxottica. Myopia control efficacy of spectacle lenses with highly aspherical lenslets: results of a 6-year follow-up study. 2025. Data on file.
2. Li X, Huang Y, Liu C, Chang X, Cui Z, Yang Q, Drobe B, Bullimore MA, Chen H, Bao J. Myopia control efficacy of spectacle lenses with highly aspherical lenslets: results of a 5-year follow-up study. Eye and Vision. 2025 Mar 5;12(1):10.
3. Bao J, Huang Y, Li X, Yang A, Zhou F, Wu J, Wang C, Li Y, Lim EW, Spiegel DP, Drobe B, Chen, H. Spectacle lenses with aspherical lenslets for myopia control vs single-vision spectacle lenses: a randomized clinical trial. JAMA Ophthalmology. 2022;140(5):472-8
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ALL’ARVO 2025

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E• Le ultime evidenze provenienti dallo studio a 8 anni1, il più lungo al mondo sull’uso di lenti oftalmiche per la gestione della miopia, confermano l’efficacia sostenuta nel tempo della tecnologia D.I.M.S.: in media, la progressione della miopia nei portatori di MiYOSMART si conferma di 1.00D in 8 anni.
I risultati dello studio clinico più lungo mai condotto sull’uso di lenti oftalmiche per la gestione della miopia mostrano che l’uso continuo delle lenti MiYOSMART con tecnologia D.I.M.S. ha portato a una riduzione significativa della progressione miopica (-1.00D ± 0.41D, p=0.017) e dell’allungamento assiale (0.42 ± 0.18 mm, p=0.019) nell’arco degli 8 anni di follow-up.¹ Queste evidenze suggeriscono che l’uso continuo e a lungo termine delle lenti MiYOSMART può migliorare i risultati nella gestione della miopia.
• I risultati dello studio clinico randomizzato ASPECT hanno dimostrato che anche la combinazione di atropina allo 0,025% e lenti D.I.M.S. riduce l’allungamento assiale nei bambini miopi, in aggiunta ai risultati iniziali dello studio italiano condotto dal Prof. Nucci e dalla sua equipe nella combinazione di atropina allo 0,01% e lenti D.I.M.S. I primi risultati a 12 mesi dello studio randomizzato ASPECT dimostrano che la combinazione di atropina con lenti D.I.M.S. a basso dosaggio (0,025%) ha bloccato la progressione miopica in circa il 40% dei bambini. Il cambiamento medio della
lunghezza assiale, parametro chiave nel monitoraggio della progressione miopica, è stato significativamente inferiore rispetto al gruppo trattato solo con atropina (0.07 ± 0.16 mm vs 0.18 ± 0.16 mm; p<0.001).
Lo studio ha anche indagato la qualità della vita rispetto alle attività visive (VR-QoL), mostrando una tendenza al miglioramento della visione generale (p=0,049) e della competenza percepita (p=0,031) nei bambini trattati con la combinazione di lenti D.I.M.S. e atropina.
• Un innovativo studio ha mostrato che la tecnologia D.I.M.S. sembra offrire un effetto protettivo contro lo sviluppo della miopia in bambini pre-miopi in età prescolare, ritardandone l’insorgenza. Uno studio pilota ha valutato l’uso delle lenti D.I.M.S per la gestione della pre-miopia in bambini di 5 e 6 anni, suggerendo che la tecnologia D.I.M.S. possa offrire un effetto protettivo contro lo sviluppo della miopia in questa fascia d’età. In nove mesi, la refrazione sferica media (SER) è rimasta stabile, con una variazione annuale di +0,06D rispetto a -0,15D nel gruppo di controllo. Sebbene la lunghezza assiale sia leggermente aumentata (da 22,48 mm a 22,64 mm, p<0.01), lo spessore coroideale è rimasto stabile. Questi promettenti risultati preliminari suggeriscono che lelenti MiYOSMART possono aiutare a prevenire lo sviluppo della miopia e a ritardarne l’insorgenza nei bambini pre-miopi in età prescolare, gettando le basi per future ricerche.

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3-4 Ottobre 2025 FORTE DEI MARMI
Fondazione Villa Bertelli
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Presidente Onorario
Emilio Balestrazzi
Presidente
Maria Antonietta Blasi
Responsabile Scientifico
Federica Genovesi Ebert
Segreteria Scientifica
Federica Cresti
Francesca Guido
Giovanni Cardini
Segreteria organizzativa:
FGE - Fabiano Gruppo Editoriale
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Tel. 0141 1706694 – info@fgeditore.it
Segreteria on-site:
Devon Group srl
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Tel. 335 7450264 – info@devongroup.it Scarica il programma e iscriviti



Comune di Forte dei Marmi
LA CITICOLINA COME NEUROPROTETTORE NELLA DMLE


LLa DMLE è una patologia multifattoriale che, nelle fasi iniziali, colpisce prevalentemente gli strati retinici esterni , l’epitelio pigmentato retinico e la coroide, compresa la membrana di Bruch, il suo strato più interno. Recenti evidenze hanno messo in luce che il processo patologico può colpire anche la retina interna . Numerose evidenze suggeriscono la presenza di una disfunzione mitocondriale nella DMLE. Questa alterazione potrebbe compromettere il metabolismo energetico delle cellule ganglionari retiniche determinandone un funzionamento ridotto e, infine, la loro perdita, con conseguente neurodegenerazione. In alternativa, la degenerazione delle cellule ganglionari sarebbe conseguente alla perdita delle cellule della retina esterna, che genera una riduzione degli stimoli trasmessi alla retina interna. La citicolina è un precursore sia della fosfatidilcolina, che contribuisce alla sintesi dei
fosfolipidi strutturali nelle membrane plasmatiche cellulari, sia dell’acetilcolina, un importante neurotrasmettitore nel metabolismo cellulare, recenti ricerche suggeriscono un potenziale beneficio anche nella DMLE. L’interessamento della retina interna nelle prime fasi della malattia e il coinvolgimento della via visiva centrale possono quindi giustificare l’uso della citicolina come strategia per mitigare i danni neuronali e preservare la funzione visiva. Inoltre, la citicolina sembra contribuire al rallentamento della degenerazione dei fotorecettori e al miglioramento del flusso sanguigno, mostrando quindi un effetto benefico anche sugli strati retinici esterni. Questi risultati rafforzano l’idea che la citicolina possa offrire una protezione più ampia, agendo non solo sul la retina interna ma anche su quella esterna, potenzialmente rallentando la progressione della DMLE attraverso molteplici meccanismi d’azione.

dalle azieNde
FOTOPROTEZIONE AVANZATA: SOLUZIONI DAI OPTICAL PER LA SALUTE VISIVA
LLa protezione visiva è una priorità per il benessere degli occhi e DAI OPTICAL propone una serie di soluzioni visive progettate per soddisfare esigenze diverse, ma tutte accomunate dal un unico obiettivo: la “fotoprotezione”. Ogni tecnologia mira a proteggere gli occhi dalle radiazioni dannose, ottimizzare il contrasto visivo e migliorare l’esperienza visiva quotidiana, rispondendo a necessità specifiche come il daltonismo, l’abbagliamento, la protezione dai raggi UV e dalla luce blu.
Lenti per Daltonismo:
DALTONS-1 e DALTONS-2
Le lenti DALTONS rappresentano l’avanguardia nella gestione delle discromatopsie, in particolare per chi soffre di daltonismo rossoverde. Le lenti DALTONS-1 e DALTONS-2 sono progettate per migliorare il contrasto cromatico, permettendo di distinguere con maggiore chiarezza colori difficili da percepire. Queste lenti ottimizzano la visibilità dei colori blu, verde e rosso, correggendo parzialmente o completamente le difficoltà visive legate alla protanopia e deuteranopia.
Protezione Avanzata contro l’Abbagliamento:
Safer Contrast UV589 Per chi cerca protezione contro

l’abbagliamento e una visione più confortevole durante il giorno, in particolare per gli over 40, le lenti Safer Contrast UV589 sono la soluzione ideale. Queste lenti proteggono dai raggi UV e dalla luce blu nociva, bloccando in modo selettivo la luce gialla a 589 nm, che è particolarmente fastidiosa per gli occhi più sensibili. Grazie alla loro capacità di migliorare il contrasto, queste lenti sono adatte a chi soffre di fotofobia o affaticamento oculare, offrendo protezione senza compromettere la chiarezza visiva.
Tecnologia Sportiva:
DAI SPORT e POWER COLOR
Le lenti DAI SPORT sono ideali per gli sportivi che necessitano di una visione precisa e di un miglior contrasto cromatico durante le attività all’aperto. La tecnologia POWER COLOR aumenta la percezione dei colori e il contrasto, rendendo l’esperienza visiva più vivida e coinvolgente. Con un CRF (Fattore di Risoluzione Cromatica) che supera del 35% quello delle lenti standard, queste lenti ottimizzano la percezione visiva, migliorando la performance atletica.
Filtri Foto-Selettivi per Ipovisione: SUN-BLOCKER Per chi soffre di ipovisione o ha patologie oculari, i filtri fotoselettivi SUN-BLOCKER di DAI OPTICAL rappresentano una protezione fondamentale contro le radiazioni dannose. Questi filtri, disponibili in diverse lunghezze d’onda (da 420 a 600 nm), sono progettati per proteggere gli occhi dai raggi UV e dalla luce blu HEV, riducendo l’abbagliamento e migliorando la sensibilità al contrasto. Questi filtri sono

particolarmente utili per migliorare la visione nelle condizioni di luce variabile e proteggere le strutture oculari da danni a lungo termine. DAI OPTICAL si conferma come leader nell’innovazione delle lenti oftalmiche, offrendo soluzioni avanzate per rispondere a una vasta gamma di esigenze visive. Le lenti ed i trattamenti “fotoprotettivi”, dalle soluzioni per il daltonismo alle lenti per il contrasto e la protezione contro l’abbagliamento, sono pensate per garantire una visione ottimale e una protezione efficace, adattandosi alle specifiche necessità di ogni paziente. Con un focus costante sulla ricerca e sviluppo, DAI OPTICAL assicura prodotti che non solo proteggono gli occhi, ma migliorano significativamente la qualità della vita quotidiana e visiva.
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DIFESA DEL VITREO PER PREVENIRE IL DANNO E FAVORIRNE LA RIPARAZIONE



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· Quattro gruppi di antiossidanti
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L-metionina
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Vitamina E
Acido ialuronico
Superossido dismutasi (SOD)
Zinco
Selenio
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ZEISS IN PRIMA LINEA CONTRO LA MIOPIA
Continua
l’impegno dell’azienda per diffondere la conoscenza fra i professionisti della visione, con contenuti sempre
aggiornati sul tema miopia e con soluzioni dedicate come le lenti ZEISS MyoCare dalla comprovata efficacia, sia in Asia sia in Europa.

CPer accedere al sito e al programma di formazione
Per ricevere informazioni e materiali, scrivere a: oculisti.vision@zeiss.com

Come ormai è ampiamento noto, la miopia è in costante aumento: fino al 90% dei giovani in Asia è già miope1 e le previsioni indicano che, entro il 2050, metà della popolazione mondiale sarà affetta da miopia2 Oltre a causare una visione offuscata, infatti, la miopia può influire sulla qualità della vita in molti modi. “ZEISS è consapevole del ruolo cruciale svolto dai professionisti della visione, ottici optometristi e medici oculisti, nel fare la differenza nella vita delle persone affette da miopia, fornendo loro il miglior supporto e le migliori soluzioni possibili”, afferma la Prof.ssa Padmaja Sankaridurg, Head of Global Myopia Management per ZEISS Vision Care e Prof. Associato di Optometria e Scienze della Visione presso l’Università New South Wales, Sydney, Australia. “Investendo nella loro formazione
e tenendosi aggiornati sulle ultime ricerche nonché sulle tecniche per la gestione della pratica clinica, infatti, i professionisti hanno oggi a disposizione molteplici strumenti per fornire a tutti coloro che sono affetti da miopia la migliore assistenza possibile, contribuendo a ridurre l’impatto della stessa nella loro vita quotidiana”, aggiunge. Per supportare i professionisti interessati ad approfondire il tema della gestione della miopia, ZEISS ha sviluppato un programma di formazione online totalmente gratuito dedicato agli esperti della visione: oculisti, ortottisti, ottici optometristi e pediatri. È fruibile in italiano in qualsiasi momento, sul Myopia Insights Hub di ZEISS, il portale che raccoglie informazioni, dati, studi clinici e novità dai principali congressi mondiali. In cosa consiste il programma di formazione ZEISS sulla gestione della miopia?
Lo ZEISS Education Program for Myopia Management è stato progettato per offrire ai professionisti della visione di tutto il mondo le conoscenze e le competenze necessarie per affrontare al meglio l’urgente problema della miopia nei bambini. Consiste in approfondimenti dalla ricerca alla pratica quotidiana, e comprende casi di studio interattivi che sono adattati ai diversi livelli di competenza e all’area geografica interessata.
Efficacia dimostrata delle lenti a defocus periferico con tecnologia C.A.R.E. nella gestione della progressione miopica di bambini e adolescenti.
Al fianco di soluzioni già note (lenti a contatto morbide, orto-K e atropina), ZEISS ha sviluppato le lenti
oftalmiche MyoCare® con tecnologia
C.A.R.E. (Cylindrical Annular Refractive Elements) per creare il defocus simultaneo competitivo in grado di contenere efficacemente la progressione della miopia.
Gli studi clinici multicentrici prospettici, randomizzati, a doppio cieco, in corso in Asia3 e in Europa4, dimostrano che le lenti MyoCare® rallentano efficacemente la progressione miopica, ugualmente per entrambe le etnie5
Adattamento rapido alle lenti ZEISS MyoCare in Europa
I bambini, adattandosi rapidamente alle nuove lenti, sono più propensi a indossarle con costanza; una buona tollerabilità è determinante nel rallentare la miopia. I risultati dimostrano che l’84% dei portatori di lenti ZEISS MyoCare si è adattato alle lenti in meno di tre giorni. Inoltre, in termini di percezione soggettiva, ben il 95%, il 93% e il 96% dei bambini hanno riportato una visione “buona o molto buona” rispettivamente per la visione da lontano, da vicino e durante lo sport o altre attività quotidiane 6
Attenzione alle esigenze delle famiglie e alla protezione “visiva” Le lenti MyoCare® sono le lenti ZEISS per la gestione della miopia più accessibili alle famiglie per il trattamento della miopia dei bambini, perché sono disponibili in “pronta consegna”, ossia ad un prezzo contenuto nelle diottrie più richieste, oltre ad usufruire di un programma di sostituzione agevolata delle lenti per qualsiasi motivazione. Infine, includono di serie la protezione dai raggi UV fino a 400nm, così da rassicurare i genitori anche da questo punto di vista.
BIBLIOGRAFIA
RISULTATI A 24 MESI NEI BAMBINI ASIATICI: STUDIO 1 (NCT05288335)
I due design specifici, ZEISS MyoCare e ZEISS MyoCare S, hanno dimostrato di rallentare significativamente la progressione della miopia in bambini e adolescenti con le seguenti riduzioni medie:
Riduzione media dell’errore refrattivo per MyoCare®: 0.44D
Riduzione media dell’allungamento assiale per MyoCare®: 0.20 mm
Riduzione media dell’errore refrattivo per MyoCare S®: 0.41D
Riduzione media dell’allungamento assiale per MyoCare S®: 0.17mm
RISULTATI A 12 MESI NEI BAMBINI EUROPEI: STUDIO 2 (NCT05919654)
Le lenti ZEISS MyoCare hanno determinato una riduzione della progressione miopica con le seguenti riduzioni medie5
Riduzione media dell’errore refrattivo per MyoCare® : 0.21D
Riduzione media dell’allungamento assiale per MyoCare®: 0.14 mm
EDUCATION PROGRAM
Il primo corso di approfondimento sulla Gestione della Miopia composto da 5 step, il corso si conclude con un test di valutazione e l’attestato di partecipazione.
1) Perché gestire la miopia
La prevalenza, i rischi, quando considerare il controllo della miopia e come la gestione della miopia si è sviluppata nel tempo.
2) Ritardare l’insorgenza della miopia
I fattori di rischio, le teorie sulla progressione della miopia e le strategie per ritardarne l’insorgenza.
3) Scelta del trattamento per la miopia
La previsione della progressione della miopia e la scelta dei trattamenti appropriati, tra cui gli occhiali.
4) Lenti a contatto morbide, orto-K e atropina
Le varie opzioni di gestione della miopia e i trattamenti emergenti.
5) La comunicazione al paziente
Strategie per comunicare efficacemente la gestione della miopia, le aspettative dei/ delle pazienti e le visite di controllo.
1 The impact of myopia and high myopia: report of the Joint World Health Organization–Brien Holden Vision Institute Global Scientific Meeting on Myopia, University of New South Wales, Sydney, Australia,16–18 March 2015 - ISBN 978-92-4-151119-3.
2 Holden BA, Fricke TR, Wilson DA, et al. Global Prevalence of Myopia and High Myopia and Temporal Trends from 2000 through 2050. Ophthalmology. 2016 May;123(5):1036-42. doi:10.1016/j. ophtha.2016.01.006.
3 Chen X, et al. (2025, May 4-8). Slowing myopia progression with cylindrical annular refractive elements (CARE)- results from a 2-year prospective multi-central trial. [Conference presentation abstract]. The Association for Research in Vision and Ophthalmology (ARVO) Annual Meeting, Salt Lake City, UT, United States
4 Alvarez-Peregrina, C., et al. Clinical Evaluation of MyoCare in Europe – the CEME Study Group. Clinical evaluation of MyoCare in Europe (CEME) for myopia management: One-year results. Ophthalmic Physiol Opt. 2025 Apr 29. doi: 10.1111/opo.13517. Epub ahead of print. PMID: 40296784.
5 Sankaridurg, P., et al. (2025, May 4-8). Myopia control efficacy in Asian versus European eyes with spectacle lenses incorporating cylindrical annular refractive elements (CARE). [Conference presentation abstract]. The Association for Research in Vision and Ophthalmology (ARVO) Annual Meeting, Salt Lake City, UT, United States.
6 Sanchez-Tena, M.A., et al. (2025, May 4-8). Adaptation and Visual Performance of CARE Spectacle Lenses: Findings from the Clinical Evaluation of MyoCare® in Europe (CEME) Study. [Conference presentation abstract]. The Association for Research in Vision and Ophthalmology (ARVO) Annual Meeting, Salt Lake City, UT, United States.).
ALTERAZIONI DEL CORPO VITREO: UN NUOVO PUNTO DI VISTA

IIl corpo vitreo è fisiologicamente ricco di antiossidanti, i quali sono fondamentali per preservarne la delicata struttura e quindi la normale trasparenza. Con il tempo e in condizioni patologiche, può però subire danni ossidativi con tre modalità tra loro correlate:
1. Formazione di AGE (prodotti finali di glicazione avanzata).
2. Disfunzione degli ialociti.
3. Foto-ossidazione.
Formazione di AGE
Gli AGE generano legami crociati anomali tra le fibrille di collagene, provocando la dissociazione del collagene stesso dall’acido ialuronico. Tutto questo comporta una destabilizzazione del vitreo.

Gli AGE possono anche attivare uno specifico recettore di membrana, presente su cellule immunitarie e nervose, promuovendo la produzione di agenti ossidanti e infiammatori che vanno ad alterare ulteriormente l’architettura vitreale.
Disfunzione degli ialociti
Gli ialociti sono cellule simil-macrofagi, specifiche del corpo vitreo e adatte alle sue esigenze sia in fase di sviluppo che in fase di invecchiamento. Producono collagene e acido ialuronico, e sono molto importanti per la normale trasparenza vitreale.
Tuttavia, in presenza di forte stress ossidativo, possono esprimere alti livelli di ialuronidasi - enzima responsabile della degradazione dell’acido ialuronico - contribuendo così alla liquefazione del gel vitreale.
Foto-ossidazione
Il corpo vitreo è quotidianamente esposto a rischio di danno fotoossidativo: da un lato non può sottrarsi all’arrivo di luce ad alta energia, come quella blu e ultravioletta; dall’altro, essendo il numero degli ialociti relativamente basso, può non avere un ritmo metabolico tale da consumare efficientemente l’ossigeno che vi arriva, il quale può generare così radicali liberi.
VITREOLISINA PLUS presenta una formulazione dall’altissimo potere antiossidante, sviluppata per contrastare specificatamente lo stress ossidativo nel corpo vitreo. Il prodotto si distingue, infatti, per essere stato formulato secondo il fisiologico assetto antiossidante vitreale.
VITREOLISINA PLUS contiene Selenio, Zinco, Vitamina C e Vitamina E; enzimi antiossidanti come Superossido Dismutasi (SOD) e Bromelina; aminoacidi come L-Metionina, L- Serina e N-Acetilcisteina, che aumentano la sintesi endogena del Glutatione; carnosina, che contrasta la formazione degli AGE; acido ialuronico che può stimolare, attraverso l’asse intestino-occhio, la sintesi del suo corrispettivo endogeno.
VITREOLISINA PLUS costituisce un valido sostegno al naturale sistema difensivo del corpo vitreo in tutte le alterazioni vitreali.

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animali hanno dimostrato che latanoprost non ha effetto sulla fertilità maschile o femminile (vedere paragrafo 5.3). 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari Roclanda altera in modo trascurabile la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari. In caso di visione annebbiata transitoria durante l’instillazione, prima di guidare veicoli o usare macchinari il paziente deve attendere che la visione torni nitida. 4.8 Effetti indesiderati Riassunto del profilo di sicurezza La reazione avversa oculare più comunemente osservata è l’iperemia congiuntivale, segnalata nel 46% dei pazienti. Altre reazioni avverse oculari riferite sono dolore in sede di instillazione (14%), cornea verticillata (12%) e prurito oculare (7%). La maggior parte delle reazioni avverse segnalate negli studi clinici con Roclanda erano oculari, di entità da lieve a moderata. Sulla base degli studi clinici, l’iperemia congiuntivale, segnalata in circa il 46% dei pazienti, ha portato alla sospensione nel 4,9% dei pazienti. Tabella delle reazioni avverse Le seguenti reazioni avverse sono state segnalate con l’associazione latanoprost + netarsudil, somministrata una volta al giorno e durante gli studi clinici e la sorveglianza post-commercializzazione con i singoli componenti latanoprost e netarsudil. Le reazioni avverse sono presentate in base alla classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA. All’interno di ciascuna classe sistemico-organica, le reazioni avverse sono classificate in base alla frequenza e alla seguente convenzione: molto comune (≥1/10), comune (≥1/100, <1/10), non comune (≥1/1.000, <1/100), raro (≥1/10.000, <1/1.000), molto raro (<1/10.000). Descrizione di reazioni avverse selezionate Iperemia della congiuntiva L’iperemia della congiuntiva è stata la reazione avversa più frequentemente segnalata associata al trattamento con latanoprost + netarsudil nelle sperimentazioni cliniche ed è attribuita all’effetto di vasodilatazione della classe di medicinali inibitori della Rho-chinasi. L’iperemia della congiuntiva era tipicamente di severità lieve e sporadica. Tuttavia, una percentuale relativamente ridotta di soggetti con iperemia moderata o severa ha sospeso il trattamento a causa di questa reazione avversa (5,0% negli studi clinici di fase 3). Cornea verticillata La cornea verticillata si è verificata in circa il 13% dei pazienti in studi clinici controllati di fase 3. La cornea verticillata osservata nei pazienti trattati con latanoprost + netarsudil è stata riscontrata per la prima volta dopo 4 settimane di somministrazione giornaliera. Questa reazione non ha comportato alcuna apparente alterazione funzionale visiva nei pazienti. La maggior parte dei casi di cornea verticillata si è risolta con la sospensione del trattamento. L’incidenza della cornea verticillata è stata più elevata in alcune sottopopolazioni: anziani (≥ 65 anni) rispetto a non anziani (18,8 contro 11,5%); maschi rispetto a femmine (18,8 contro 13,0%) e nei bianchi rispetto ad altre razze (21,7 contro 2,5%). Pigmentazione dell’iride Roclanda contiene latanoprost, che è un analogo della prostaglandina F2a. La maggior parte delle reazioni avverse associate a latanoprost è di natura oculare. In uno studio della durata di 5 anni sulla sicurezza di latanoprost, la pigmentazione dell’iride è stata riscontrata nel 33% dei pazienti (vedere paragrafo 4.4). Questa alterazione del colore dell’occhio è stata osservata in prevalenza in pazienti con iridi di colore misto, ossia blumarrone, grigio-marrone, giallo-marrone e verde-marrone. Negli studi su latanoprost, l’insorgenza dell’alterazione è stata generalmente osservata nei primi 8 mesi di trattamento, raramente durante il secondo o terzo anno e mai dopo il quarto anno di trattamento. La frequenza di progressione della pigmentazione dell’iride si riduce nel tempo ed è stabile per cinque anni. L’effetto dell’aumentata pigmentazione dell’iride oltre i cinque anni non è stato valutato. Nella maggior parte dei casi l’alterazione del colore dell’iride è lieve e spesso non osservabile clinicamente. L’incidenza in pazienti con iridi di colore misto oscilla tra il 7 e l’85% e l’incidenza maggiore si osserva nelle iridi di colore giallo-marrone. L’alterazione non è stata osservata in pazienti con occhi di colore blu omogeneo ed è stata riscontrata solo raramente in pazienti con occhi di colore grigio, verde o marrone omogeneo. L’alterazione del colore è dovuta a un aumento del contenuto di melanina nei melanociti dello stroma dell’iride e non a un aumento del numero di melanociti. Di solito la pigmentazione marrone attorno alla pupilla si diffonde concentricamente verso la zona periferica dell’occhio interessato, ma può imbrunire anche tutta l’iride o settori dell’iride. Dopo la sospensione del trattamento non è stata osservata un’ulteriore pigmentazione marrone dell’iride. Negli studi clinici condotti finora, questo effetto non si è associato ad alcun sintomo o alterazione patologica. Nevi ed efelidi dell’iride non sono stati influenzati dal trattamento. Gli studi clinici non hanno evidenziato un accumulo di pigmento nella rete trabecolare o in altre zone della camera anteriore. Altre popolazioni speciali Anziani Ad eccezione della cornea verticillata (vedere sopra), non è stata osservata alcuna differenza nel profilo di sicurezza di latanoprost + netarsudil tra soggetti di età < 65 o ≥ 65 anni. Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/ rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all´indirizzo: Agenzia Italiana del Farmaco. Sito web: https://www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioni-avverse 4.9 Sovradosaggio L’esposizione sistemica al componente netarsudil dell’associazione latanoprost + netarsudil in seguito a somministrazione oftalmica topica si è dimostrata trascurabile. Eccetto irritazione oculare e iperemia della congiuntiva, non sono noti altri effetti indesiderati oculari correlati al sovradosaggio di latanoprost. In caso di ingestione accidentale di latanoprost, possono essere utili le seguenti informazioni: un flacone contiene 125 microgrammi di latanoprost. Più del 90% è metabolizzato durante il primo passaggio nel fegato. L’infusione endovenosa di 3 microgrammi/kg in volontari sani non ha indotto sintomi, ma una dose di 5,5-10 microgrammi/kg ha causato nausea, dolore addominale, capogiro, stanchezza, vampate di calore e sudorazione. Latanoprost è stato somministrato per infusione endovenosa nella scimmia a dosi fino a 500 microgrammi/kg senza causare effetti importanti sul sistema cardiovascolare. Somministrazioni endovenose di latanoprost nella scimmia sono state correlate a broncocostrizione transitoria. Tuttavia, se applicato per via topica nell’occhio ad una dose sette volte superiore a quella usata in clinica, latanoprost non ha indotto broncocostrizione in pazienti affetti da asma bronchiale moderata. In caso di sovradosaggio topico di latanoprost + netarsudil, lo(gli) occhio(i) può(possono) essere lavato(i) con acqua corrente. Il trattamento del sovradosaggio include una terapia di supporto e sintomatica.
5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Categoria farmacoterapeutica: oftalmologici, preparati antiglaucoma e miotici, codice ATC: S01EE51 Meccanismo d’azione Roclanda contiene due principi attivi: latanoprost e netarsudil. Questi due componenti abbassano la PIO aumentando il deflusso dell’umore acqueo. Sebbene sia latanoprost sia netarsudil riducano la PIO aumentando il deflusso dell’umore acqueo, i rispettivi meccanismi d’azione sono diversi. Gli studi sugli animali e sull’uomo suggeriscono che il principale meccanismo d’azione di netarsudil, un inibitore della Rho-chinasi, è l’aumento del deflusso trabecolare. Questi studi indicano inoltre che netarsudil riduce la PIO abbassando la pressione venosa episclerale. Gli studi sugli animali e sull’uomo indicano che il principale meccanismo d’azione di latanoprost, un analogo della prostaglandina F2a, è l’aumento del deflusso uveosclerale, sebbene nell’uomo sia stato riferito un certo aumento della facilità di deflusso (riduzione della resistenza al deflusso). Efficacia e sicurezza clinica Roclanda è stato valutato in 3 studi clinici di fase 3 randomizzati, in doppio cieco, multicentrici, condotti su 1686 pazienti con glaucoma ad angolo aperto e ipertensione oculare. Gli studi 301 e 302 hanno arruolato soggetti con PIO < 36 mmHg e confrontato l’effetto di riduzione della PIO dell’associazione latanoprost + netarsudil somministrata una volta al giorno con la somministrazione dei singoli componenti, netarsudil 0,02% una volta al giorno e latanoprost 0,005% una volta al giorno. Il trattamento è durato 12 mesi nello studio 301 e 3 mesi nello studio 302. L’età mediana dei partecipanti agli studi era di 66 anni (intervallo compreso tra 18 e 99 anni). Lo Studio 303 ha valutato l’efficacia ipotensiva sull’occhio di latanoprost + netarsudil rispetto a Ganfort® (bimatoprost 0,03%/timololo 0,5%). La durata del trattamento era di 6 mesi. Gli studi 301 e 302 erano progettati per dimostrare la superiorità dell’associazione latanoprost + netarsudil somministrata una volta al giorno la sera rispetto ai singoli componenti netarsudil 0,02% una volta al giorno e latanoprost 0,005% una volta al giorno. L’indicatore primario dell’esito di efficacia era la PIO media (minimi quadrati, LS) in ciascuno dei 9 punti temporali misurati alle ore 08:00, 10:00 e 16:00 al giorno 15, al giorno 43 e al giorno 90. L’effetto di riduzione della media della PIO dell’associazione latanoprost + netarsudil è stato di 1-3 mmHg superiore rispetto alla monoterapia sia con netarsudil 0,02% sia con latanoprost 0,005% nel corso di 3 mesi (figure 1 e 2). Nello studio 301 le riduzioni della PIO si sono mantenute, dimostrando la superiorità statistica di latanoprost + netarsudil nei 12 mesi del periodo di trattamento. In tutti i casi, le differenze nella PIO media (LS) sono risultate clinicamente rilevanti e statisticamente significative (p < 0,0001) fino al mese 3. Circa il 30% dei soggetti inclusi negli studi di fase 3 aveva una PIO al basale ≥ 27 mmHg (132, 136 e 143 nei gruppi trattati rispettivamente con latanoprost + netarsudil, latanoprost e netarsudil). In tali soggetti, l’associazione latanoprost + netarsudil ha evidenziato, in tutti i punti temporali, un’efficacia di diminuzione della PIO superiore in misura statisticamente significativa rispetto a ciascuno dei suoi componenti. In entrambi gli studi, il medicinale in associazione ha ridotto la PIO di ulteriori 1,7 mmHg, a un valore di 3,7 mmHg, rispetto a latanoprost da solo, e di ulteriori 3,4 mmHg, a un valore di 5,9 mmHg, rispetto a netarsudil da solo. Circa il 67% dei soggetti inclusi nei gruppi di trattamento con latanoprost + netarsudil degli studi di fase 3 era caucasico e il 30% nero o
Classificazione per sistemi e organi Frequenza
Infezioni ed infestazioni Raro
Disturbi del sistema immunitario Non comune
Patologie del sistema nervoso Non comune
Patologie dell’occhio Molto comune
Comune
Non comune
Reazioni avverse
cheratite erpetica2
ipersensibilità vomito
cefalea, contrazioni muscolari involontarie, capogiro, difetto del campo visivo3
iperemia congiuntivale1, cornea verticillata1, dolore in sede di instillazione, iperpigmentazione dell’iride2, cambiamenti delle ciglia o della peluria delle palpebre (allungamento, ispessimento, pigmentazione e aumento del numero delle ciglia)2
emorragia della congiuntiva, visione offuscata, lacrimazione aumentata, eritema della palpebra, prurito oculare, irritazione oculare, acuità visiva ridotta, edema delle palpebre, cheratite puntata, disturbo corneale, edema congiuntivale, congiuntivite allergica, dolore oculare, occhio secco, sensazione di corpo estraneo negli occhi, croste del margine palpebrale, blefarite, eritema in sede di instillazione, fastidio in sede di instillazione, colorazione vitale della cornea presente
prurito della palpebra, disturbo della congiuntiva, opacità corneale, secrezione oculare, depositi corneali, congiuntivite, dacriostenosi acquisita, infiammazione oculare, parestesia dell’occhio, follicoli della congiuntiva, tumefazione degli occhi, disfunzione delle ghiandole di Meibomio, pigmentazione corneale, diplopia, congiuntivite non infettiva, sensibilità oculare anormale, cheratite, disturbo della rifrazione, flare della camera anteriore, irritazione della congiuntiva, pressione intraoculare aumentata, eruzione cutanea della palpebra, secchezza cutanea della palpebra, crescita delle ciglia, affezione lacrimale, irite, compromissione della visione, distrofia della cornea, secchezza in sede di instillazione, prurito in sede di instillazione, reazione in sede di instillazione, complicazione oculare associata a dispositivo, stanchezza, parestesia in sede di instillazione, edema maculare, incluso edema maculare cistoide2, uveite2, iperemia oculare, retinopatia diabetica3, allergia oculare3, fastidio oculare, disturbo palpebrale3, ectropion3, opacità lenticolari3, astenopia3, iperemia episclerale3, visione con alone3, infiammazione della camera anteriore3, cecità3, congiuntivocalasia, eczema delle palpebre3, glaucoma3, aderenze dell’iride3, iride bombé3, ipertensione dell’occhio3, irritazione in sede di instillazione3, occhi vitrei3, edema in sede di instillazione3, colorazione della congiuntiva3, rapporto fovea/disco del nervo ottico aumentato3, madarosi3 pigmentazione delle palpebre, disturbi dell’occhio, emorragia retinica, fotofobia
Classificazione per sistemi e organi
Frequenza
Raro
Patologie cardiache
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Molto raro
Non nota
Non comune
Molto raro
Non comune
Reazioni avverse
edema corneale2, erosione della cornea2, edema periorbitale2, trichiasi2, distichiasi2, cisti dell’iride2, reazione cutanea localizzata sulle palpebre2, scurimento della pelle delle palpebre2, pseudopemfigoide della congiuntiva oculare2
alterazioni periorbitali e palpebrali che provocano un approfondimento del solco palpebrale2
edema corneale epiteliale reticolare3
angina2, palpitazioni2
angina instabile2
epistassi, congestione nasale, fastidio nasale3, rinalgia3 asma2, dispnea2
Raro esacerbazione di asma2
Comune
Non comune
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Patologie generali e condizioni relative alla sede di somministrazione
Traumatismi, intossicazioni e complicazioni da procedura
dermatite da contatto
lichenificazione, cute secca, eritema, malattia della pelle, dermatite allergica3 petecchie, eczema
Raro prurito2
Non comune
Non comune
Non comune
1 Per ulteriori informazioni, vedere Descrizione di reazioni avverse selezionate
2 Ulteriore reazione avversa osservata con latanoprost in monoterapia
3 Ulteriore reazione avversa osservata con netarsudil in monoterapia
dolore alla mandibola/mascella, mialgia2, artralgia2, policondrite3, debolezza muscolare, sindrome di Sjögren
dolore toracico2
escoriazione3
afroamericano. Oltre la metà aveva un’età ≥ 65 anni. Ad eccezione dell’incidenza della cornea verticillata (paragrafo 4.8), non sono state osservate altre differenze nel profilo di sicurezza tra razze o fasce di età. I tassi di completamento negli studi 301 e 302 erano inferiori nei gruppi trattati con latanoprost + netarsudil e con netarsudil rispetto al gruppo trattato con latanoprost. I tassi di sospensione dovuti a eventi avversi al mese 3 sono stati dell’8,7% per il gruppo trattato con latanoprost + netarsudil aggregato rispetto al 7,6% per il gruppo trattato con netarsudil aggregato e all’1,0% per il gruppo trattato con latanoprost aggregato. I tassi di sospensione dovuti a eventi avversi al mese 12 nello studio 301 sono stati del 19,7% per il gruppo trattato con latanoprost + netarsudil rispetto al 21,7% per il gruppo trattato con netarsudil e all’1,7% per il gruppo trattato con latanoprost. La maggior parte delle sospensioni era associata a eventi di natura oculare. L’evento avverso più frequentemente segnalato, associato alla sospensione nel gruppo trattato con latanoprost + netarsudil è stata l’iperemia della congiuntiva (7,6% al mese 12). Nella maggior parte dei casi gli eventi avversi riferiti con latanoprost + netarsudil erano di intensità lieve. Lo Studio 303 era uno studio prospettico in doppio cieco, randomizzato, multicentrico, con controllo attivo, a gruppi paralleli, della durata di 6 mesi, volto a valutare la sicurezza e l’efficacia ipotensiva sull’occhio di latanoprost + netarsudil rispetto a bimatoprost + timololo in 430 soggetti con pressione intraoculare elevata. I soggetti sono stati randomizzati a un regime di trattamento programmato a dose fissa con latanoprost + netarsudil (218 soggetti), una goccia una volta al giorno (QD) ogni sera in entrambi gli occhi (OU) o al trattamento di confronto bimatoprost + timololo (212 soggetti) una goccia QD ogni sera OU per circa 180 giorni dopo un periodo di washout. L’esito primario di efficacia era il confronto di latanoprost + netarsudil rispetto a bimatoprost + timololo per la IOP media in punti temporali specifici alla Settimana 2, Settimana 6 e al Mese 3. L’analisi primaria è stata eseguita sulla popolazione ITT con imputazione tramite metodo Monte Carlo basato su Catena di Markov (Markov Chain Monte Carlo, MCMC). Questa analisi ha dimostrato la non inferiorità clinica della soluzione oftalmica latanoprost + netarsudil rispetto a bimatoprost + timololo con dosaggio QD nella popolazione ITT entro il limite superiore dell’IC al 95% con una differenza (latanoprost + netarsudil - bimatoprost + timololo) ≤ 1,5 mmHg in tutti e 9 i punti temporali e ≤ 1,0 mmHg nella maggior parte (6 su 9) dei punti temporali dalla Settimana 2 fino al Mese 3, in conformità ai criteri di successo. La soglia per la non inferiorità clinica di latanoprost + netarsudil QD rispetto a bimatoprost + timololo QD (la differenza tra gruppi ≤ 1,5 mmHg) è stata dimostrata nella popolazione PP in 8 punti temporali su 9 (08:00, 10.00 e 16:00) alla Settimana 2, fino al Mese 3 utilizzando il metodo MCMC. Tuttavia, la non inferiorità clinica non è stata rispettata complessivamente, dal momento che al punto temporale 08:00 della Settimana 6, il limite superiore dell’IC al 95% era di 1,55. Complessivamente, c’è stata una riduzione media della IOP nel corso della giornata di circa 9,5 mmHg sia tra il gruppo latanoprost + netarsudil che tra il gruppo bimatoprost + timololo. Il tasso di sospensione complessivo dal trattamento dello studio dovuto a TEAE è stato dell’11,2%. Un numero superiore di soggetti nel gruppo di trattamento latanoprost + netarsudil QD ha sospeso il trattamento dello studio a causa di TEAE (20,2%) rispetto al gruppo bimatoprost + timololo QD (1,9%), e la maggior parte dei TEAE che hanno causato la sospensione erano TEAE oculari. In nessun gruppo di trattamento sono stati segnalati eventi avversi gravi associati al trattamento, e il profilo di sicurezza rimane coerente con il profilo noto per latanoprost + netarsudil e/o latanoprost o netarsudil come monoterapia. L’efficacia e la sicurezza di latanoprost + netarsudil in soggetti con epitelio corneale compromesso o patologie oculari coesistenti, ad es. la sindrome pseudoesfoliativa e quella da dispersione del pigmento, non sono state stabilite. Popolazione pediatrica L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con Roclanda in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per la riduzione della pressione intraoculare elevata in pazienti con glaucoma ad angolo aperto o ipertensione oculare (vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso
Figura 1. PIO media (mmHg) per gruppo di trattamento e di erenza della PIO media tra i trattamenti dello studio 301
Roclanda Netarsudil Latanoprost
Giorno 15 (08:00)
latanoprost + netarsudil vs netarsudil, IC 95%
latanoprost + netarsudil vs latanoprost, IC 95%
Giorno 15 (10:00)
(2,5-3,6)
(1,7-2,8)
Giorno 15 (16:00)
(2,4-3,6)
(2,0-3,2)
Giorno 43 (08:00)
Giorno 43 (10:00)
Giorno 43 (16:00)
Giorno 90 (08:00)
Giorno 90 (10:00)
Giorno 90 (16:00)
(1,3-2,5)
La PIO media (LS) in ciascuno dei punti temporali post-basali è stata calcolata utilizzando un’analisi della covarianza aggiustata per la PIO basale e basata sui dati osservati in tutti i soggetti randomizzati (238 nel gruppo latanoprost + netarsudil, 244 nel gruppo netarsudil, 236 nel gruppo latanoprost).
2. PIO media (mmHg) per gruppo di trattamento e di erenza della PIO media tra i trattamenti dello studio 302 latanoprost + netarsudil vs netarsudil, IC 95%
latanoprost + netarsudil vs latanoprost, IC 95%
Figura
pediatrico). 5.2 Proprietà farmacocinetiche Assorbimento Le esposizioni sistemiche a netarsudil e al suo metabolita attivo, AR-13503, sono state valutate in 18 soggetti sani dopo somministrazione oftalmica topica di netarsudil 200 microgrammi/mL una volta al giorno (una goccia bilateralmente al mattino) per 8 giorni. Non erano riscontrabili concentrazioni plasmatiche quantificabili di netarsudil [limite inferiore di quantificazione (LLOQ) 0,100 ng/mL] dopo la somministrazione della dose al giorno 1 e al giorno 8. È stata osservata soltanto una concentrazione plasmatica di 0,11 ng/mL del metabolita attivo per un soggetto al giorno 8, 8 ore dopo la somministrazione della dose. Latanoprost (peso molecolare 432,58) è un profarmaco esterificato con un gruppo isopropile, di per sé inattivo, che diventa biologicamente attivo dopo reazione di idrolisi nella forma acida. Il profarmaco è ben assorbito attraverso la cornea e tutto il principio attivo che entra nell’umore acqueo viene idrolizzato durante il passaggio attraverso la cornea. Gli studi sull’uomo indicano che il picco di concentrazione nell’umore acqueo viene raggiunto circa due ore dopo la somministrazione per via topica. Dopo instillazione locale nella scimmia, latanoprost si distribuisce soprattutto nel segmento anteriore, nella congiuntiva e nelle palpebre. Solo piccole quantità di latanoprost raggiungono il segmento posteriore. Biotrasformazione Dopo somministrazione oftalmica topica, netarsudil viene metabolizzato dalle esterasi nell’occhio in un metabolita attivo, AR-13503. La forma acida di latanoprost non viene praticamente metabolizzata nell’occhio. Il metabolismo principale avviene nel fegato. Nell’uomo l’emivita plasmatica è di 17 minuti. Gli studi sugli animali hanno dimostrato che i metaboliti principali (1,2-dinor e 1,2,3,4-tetranor) non esercitano alcuna o solo una debole attività biologica e sono escreti soprattutto nell’urina. 5.3 Dati preclinici di sicurezza Netarsudil I dati preclinici relativi a netarsudil non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di sicurezza farmacologica, tossicità a dosi ripetute, genotossicità e tossicità dello sviluppo. Negli studi preclinici sono stati osservati effetti soltanto a esposizioni considerate sufficientemente superiori alla massima esposizione nell’uomo, il che indica una scarsa rilevanza clinica. La somministrazione endovenosa di netarsudil a ratti e conigli in gravidanza durante l’organogenesi non ha prodotto effetti embriofetali avversi a esposizioni sistemiche clinicamente rilevanti. Nei ratti in gravidanza, la dose di 0,1 mg/kg/die non ha mostrato effetti avversi materni o embriofetali, mentre un dosaggio pari o superiore a 0,3 mg/kg/die ha mostrato un aumento della perdita post-impianto e una riduzione della vitalità fetale. Nei conigli in gravidanza, la dose di 3 mg/kg/die non ha mostrato effetti materni o embriofetali, mentre la dose di 5 mg/kg/die ha mostrato un aumento della perdita post-impianto e una riduzione ponderale del feto. Non sono stati condotti studi a lungo termine su animali per valutare il potenziale cancerogeno di netarsudil. Netarsudil non è risultato mutageno in un saggio di mutazione batterica, in un saggio sul linfoma murino o in un test del micronucleo nel ratto. È stato scoperto che netarsudil e il suo metabolita attivo AR-13503 possiedono un potenziale fototossico in un saggio in vitro 3T3 NRU-PT modificato, in cui la lunghezza d’onda è stata estesa per includere la luce UVB. Latanoprost La tossicità oculare di latanoprost, al pari di quella sistemica, è stata valutata in diverse specie animali. In genere latanoprost è ben tollerato, con un margine di sicurezza tra dose clinica oculare e tossicità sistemica di almeno 1000 volte. Dosi elevate di latanoprost, pari a circa 100 volte la dose clinica/kg di peso corporeo, somministrate a scimmie non anestetizzate per via endovenosa hanno dimostrato un aumento della frequenza respiratoria probabilmente indotta da broncocostrizione di breve durata. Negli studi sugli animali latanoprost non ha evidenziato proprietà sensibilizzanti. Non sono stati osservati effetti tossici nell’occhio con dosi fino a 100 microgrammi/occhio/die nel coniglio o nella scimmia (la dose clinica è di circa 1,5 microgrammi/occhio/die). Nella scimmia, comunque, latanoprost ha dimostrato di indurre un aumento della pigmentazione dell’iride. La pigmentazione sembra essere determinata da una stimolazione della produzione di melanina nei melanociti dell’iride; non sono state osservate alterazioni di tipo proliferativo. L’alterazione del colore dell’iride può essere permanente. Studi di tossicità oculare cronica hanno inoltre dimostrato che la somministrazione di 6 microgrammi/occhio/ die di latanoprost può indurre un allargamento della rima palpebrale. Questo effetto è reversibile e si verifica in seguito alla somministrazione di dosi superiori alla dose clinica. Tale effetto non è stato riscontrato nell’uomo. Latanoprost è risultato negativo nei test di mutazione inversa nei batteri, di mutazione genica nel linfoma murino e nel test del micronucleo nel topo. Aberrazioni cromosomiche sono state osservate in vitro su linfociti umani. Effetti simili sono stati osservati con la prostaglandina F2a, una prostaglandina di origine naturale; ciò sta ad indicare che si tratta di un effetto di classe. Ulteriori studi di mutagenesi in vitro/in vivo nel ratto, su sintesi di DNA non programmata, hanno dato risultati negativi e indicano che latanoprost non ha proprietà mutagene. Studi di carcinogenesi sul topo e sul ratto sono risultati negativi. Gli studi sugli animali hanno dimostrato che latanoprost non ha effetto sulla fertilità maschile o femminile. Negli studi di tossicità embrionale sul ratto non è stata riscontrata tossicità embrionale con dosi di latanoprost (5, 50 e 250 microgrammi/kg/die) per via endovenosa. Comunque latanoprost induce effetti letali per l’embrione nel coniglio alla dose di 5 microgrammi/kg/die e a dosi superiori. La dose di 5 microgrammi/kg/die (circa 100 volte la dose clinica) ha causato tossicità embrionale e fetale significativa, caratterizzata da aumentata incidenza di riassorbimento ritardato e aborto e da peso fetale ridotto. Non è stato rilevato alcun potenziale teratogeno.
6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti Benzalconio cloruro Mannitolo Acido borico Sodio idrossido (per la regolazione del pH) Acqua per preparazioni iniettabili 6.2 Incompatibilità Non pertinente. 6.3 Periodo di validità 3 anni. Flacone aperto: 4 settimane dopo la prima apertura del flacone. Non conservare a temperatura superiore a 25°C. 6.4 Precauzioni particolari per la conservazione Conservare in frigorifero (2°C – 8°C). Conservare nella confezione originale per proteggere il medicinale dalla luce. Per le condizioni di conservazione dopo la prima apertura vedere paragrafo 6.3. 6.5 Natura e contenuto del contenitore Roclanda viene fornito in flaconi di polietilene trasparente a bassa densità (2,5 mL di contenuto in un contenitore da 4 mL) e punte in polipropilene bianco opaco a bassa densità con tappi a vite in polipropilene bianco opaco e sigilli anti-manomissione. Scatola contenente 1 o 3 flaconi. È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.
7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO Santen Oy Niittyhaankatu 20 33720 Tampere Finlandia 8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO EU/1/20/1502/001 EU/1/20/1502/002
9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE Data della prima autorizzazione: 7 gennaio 2021 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO Marzo 2025
Informazioni più dettagliate su questo medicinale sono disponibili sul sito web dell’Agenzia europea dei medicinali, http://www.ema.europa.eu.
CLASSIFICAZIONE AI FINI DELLA FORNITURA, REGIME DI RIMBORSABILITÀ E PREZZO Roclanda “50 mcg/ml/200 mcg/ml - collirio, soluzione - uso oftalmico - flacone (HDPE)” 2,5 ml - 1 flacone (AIC n. 049317011/E) Classificazione ai fini della fornitura: Medicinale soggetto a ricetta medica ripetibile (RR) Regime di rimborsabilità: classe A Prezzo al pubblico (IVA inclusa): € 14,00
Codice AIFA: ROC-IT-250009 - Pubblicità rivolta ai medici depositata presso AIFA in data 18/06/2025. Vietata la distribuzione/esposizione al pubblico
RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO
Medicinale sottoposto a monitoraggio addizionale. Ciò permetterà la rapida identificazione di nuove informazioni sulla sicurezza. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta. Vedere paragrafo 4.8 per informazioni sulle modalità di segnalazione delle reazioni avverse.
1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE Roclanda 50 microgrammi/mL + 200 microgrammi/mL collirio, soluzione
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Ogni mL di soluzione contiene 50 microgrammi di latanoprost e 200 microgrammi di netarsudil (come mesilato). Eccipiente(i) con effetti noti Ogni mL di soluzione contiene 200 microgrammi di benzalconio cloruro. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA Collirio, soluzione. Soluzione limpida, incolore, pH 5 (indicativamente). Osmolalità: 280 mOsm/kg.
4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche Roclanda è indicato per la riduzione della pressione intraoculare (PIO) elevata in pazienti adulti con glaucoma primario ad angolo aperto o ipertensione dell’occhio nei quali la monoterapia con una prostaglandina o netarsudil determini una riduzione della PIO insufficiente. 4.2 Posologia e modo di somministrazione Il trattamento con Roclanda deve essere iniziato esclusivamente da un oculista o da un operatore sanitario qualificato in oftalmologia. Posologia Uso negli adulti, compresi gli anziani Il dosaggio raccomandato è di una goccia nello(negli) occhio(i) affetto(i) una volta al giorno alla sera. I pazienti non devono instillare più di una goccia nello(negli) occhio(i) affetto(i) ogni giorno. Se si dimentica una dose, il trattamento deve continuare con la dose successiva alla sera. Popolazione pediatrica La sicurezza e l’efficacia di Roclanda nei bambini di età inferiore a 18 anni non sono state stabilite. Non ci sono dati disponibili. Modo di somministrazione Per uso oftalmico. I dati sulle potenziali interazioni specifiche per latanoprost + netarsudil sono riportati nel paragrafo 4.5. Se l’associazione latanoprost + netarsudil deve essere usata in concomitanza con altri medicinali oftalmici per uso topico, ogni medicinale deve essere somministrato a distanza di almeno cinque minuti dall’altro. A causa delle proprietà vasodilatatorie di netarsudil, gli altri colliri devono essere somministrati prima di latanoprost + netarsudil. Gli unguenti oftalmici devono essere somministrati per ultimi. Le lenti a contatto devono essere rimosse prima dell’instillazione di latanoprost + netarsudil e possono essere riposizionate 15 minuti dopo la sua somministrazione (vedere paragrafo 4.4). Come per ogni collirio, per ridurre il possibile assorbimento sistemico si raccomanda di comprimere il sacco lacrimale a livello del canto mediale (occlusione puntale) per un minuto. Questa operazione deve essere effettuata immediatamente dopo aver instillato ogni goccia. Al fine di evitare la contaminazione della soluzione, la punta del contagocce non deve entrare in contatto con l’occhio, le strutture circostanti, le dita o qualsiasi altra superficie. Dall’uso di soluzioni contaminate possono derivare gravi danni agli occhi e conseguente perdita della vista. 4.3 Controindicazioni Ipersensibilità al(ai) principio(i) attivo(i) o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1. 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego Pigmentazione dell’iride Latanoprost può causare una graduale alterazione del colore dell’occhio poiché aumenta la quantità di pigmento marrone presente nell’iride. Prima di istituire la terapia, i pazienti devono essere informati della possibilità di una variazione permanente del colore degli occhi. Il trattamento unilaterale può causare eterocromia permanente. L’aumento della pigmentazione dell’iride non ha mostrato di determinare conseguenze cliniche negative ed è possibile proseguire il trattamento con medicinali contenenti latanoprost anche dopo aver riscontrato la pigmentazione dell’iride. I pazienti devono comunque essere monitorati regolarmente e, nel caso in cui il quadro clinico lo richieda, il trattamento con medicinali contenenti latanoprost può essere sospeso. Cheratite erpetica I medicinali contenenti latanoprost devono essere usati con cautela in pazienti con anamnesi di cheratite erpetica e devono essere evitati nei casi di cheratite da herpes simplex in fase attiva e nei pazienti con anamnesi di cheratite erpetica ricorrente specificamente associata agli analoghi delle prostaglandine. Rischio di edema maculare Le segnalazioni di edema maculare con medicinali contenenti latanoprost hanno riguardato principalmente pazienti afachici, pseudofachici con rottura della capsula posteriore del cristallino o con lenti in camera anteriore o in pazienti con fattori di rischio noti per l’edema maculare cistoide (come la retinopatia diabetica e l’occlusione venosa retinica). I medicinali contenenti latanoprost devono essere usati con cautela nei pazienti afachici, pseudofachici con rottura della capsula posteriore del cristallino o con lenti in camera anteriore o nei pazienti con fattori di rischio noti per l’edema maculare cistoide. Rischio di irite/uveite Nei pazienti con noti fattori di rischio predisponenti allo sviluppo di irite/uveite, i medicinali contenenti latanoprost possono essere usati con cautela. Esacerbazione dell’asma Vi è un’esperienza limitata sull’uso di latanoprost in pazienti asmatici, ma dopo la commercializzazione del medicinale sono stati segnalati alcuni casi di esacerbazione dell’asma e/o della dispnea. I pazienti asmatici devono quindi essere trattati con cautela in attesa di acquisire un’esperienza sufficiente con l’associazione. Alterazione del colore della pelle periorbitale Nel corso del trattamento con medicinali contenenti latanoprost è stata osservata un’alterazione del colore della pelle periorbitale; la maggior parte delle segnalazioni ha riguardato pazienti giapponesi. L’esperienza acquisita finora dimostra che l’alterazione del colore della pelle periorbitale non è permanente e in alcuni casi risulta reversibile mentre si prosegue il trattamento con latanoprost. Cambiamenti nelle ciglia Il trattamento con medicinali contenenti latanoprost può gradualmente modificare le ciglia e la peluria dell’occhio trattato e delle aree circostanti; questi cambiamenti includono l’allungamento, l’ispessimento, la pigmentazione e l’infoltimento delle ciglia o della peluria e la crescita di ciglia con orientamento anomalo. I cambiamenti nelle ciglia sono reversibili con la sospensione del trattamento. Edema corneale epiteliale reticolare L’edema corneale epiteliale reticolare (RECE) è stato segnalato a seguito della somministrazione di medicinali contenenti netarsudil, in particolare in pazienti con edema corneale preesistente o precedente intervento chirurgico oculare. Il RECE si risolve in genere con l’interruzione del medicinale contenente netarsudil. I pazienti devono essere avvisati di informare il proprio medico in caso manifestino una riduzione della vista o dolore agli occhi durante l’uso di Roclanda. Contenuto di benzalconio cloruro Questo medicinale contiene benzalconio cloruro. È stato segnalato che benzalconio cloruro provoca irritazione oculare, sintomi di secchezza oculare e può influire sul film lacrimale e sulla superficie corneale ed è noto per causare cambiamento di colore delle lenti a contatto morbide. Deve essere usato con cautela nei pazienti con occhi secchi e nei pazienti in cui la cornea può essere compromessa. I pazienti devono essere monitorati in caso di uso prolungato. L’efficacia di Roclanda non è stata studiata oltre i 12 mesi. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione Studi di interazione in vitro hanno mostrato che mischiando colliri contenenti timerosal a latanoprost + netarsudil si può formare del precipitato. Eventuali altri colliri devono essere applicati a distanza di almeno cinque minuti (vedere paragrafo 4.2). Studi in vitro hanno indicato che netarsudil è un potenziale inibitore degli isoenzimi del CYP450 nella cornea; tuttavia, finora non sono state osservate evidenze cliniche di interazioni farmacocinetiche locali. Sono stati riferiti casi di aumenti paradossi della PIO dopo la somministrazione oftalmica concomitante di due analoghi delle prostaglandine. L’uso di due o più prostaglandine, analoghi delle prostaglandine o derivati delle prostaglandine non è pertanto raccomandato. 4.6 Fertilità, gravidanza e allattamento Gravidanza I dati relativi all’uso di latanoprost + netarsudil in donne in gravidanza non esistono o sono in numero limitato. Non si ritiene che netarsudil possa causare effetti durante la gravidanza, dal momento che l’esposizione sistemica a netarsudil è trascurabile (vedere paragrafo 5.2). Gli studi sugli animali con somministrazione endovenosa di netarsudil non indicano effetti dannosi diretti o indiretti di tossicità riproduttiva a esposizioni clinicamente rilevanti (vedere paragrafo 5.3). Latanoprost potrebbe causare effetti farmacologici dannosi durante la gravidanza e/o sul feto/neonato (vedere paragrafo 5.3). L’associazione latanoprost + netarsudil non deve pertanto essere usata durante la gravidanza. Allattamento Non è noto se netarsudil/metaboliti siano escreti nel latte materno. Tuttavia, sebbene non si ritenga che netarsudil possa causare effetti su neonati/lattanti, dal momento che l’esposizione sistemica a netarsudil di donne che allattano è prevedibilmente trascurabile, non sono disponibili dati clinici rilevanti (vedere paragrafo 5.2). Latanoprost e i suoi metaboliti potrebbero essere escreti nel latte materno. Si deve decidere se interrompere l’allattamento o interrompere la terapia/astenersi dalla terapia con Roclanda tenendo in considerazione il beneficio dell’allattamento per il bambino e il beneficio della terapia per la donna. Fertilità Non sono disponibili dati relativi agli effetti di netarsudil sulla fertilità maschile o femminile. Tuttavia, non sono previsti effetti, poiché l’esposizione sistemica a netarsudil è trascurabile (vedere paragrafo 5.2). Gli studi sugli
Roclanda®, l’associazione fissa che agisce anche sul trabecolato: l’evoluzione nel trattamento del glaucoma* 1-2

riduce efficacemente la IOP agendo sul tessuto trabecolare disfunzionale 2-6
é una combinazione fissa contenente un inibitore del fattore ROCK 2, un’evoluzione nella gestione terapeutica del glaucoma 1
i meccanismi d’azione complementari di latanoprost e netarsudil sono in grado di aumentare il deflusso sia trabecolare che uveosclerale 2
è stato considerato ben tollerato 7, senza eventi avversi seri correlati al trattamento 2,4
Roclanda®, una valida opzione di prima scelta 1 nel passaggio dalla monoterapia 2
Roclanda® è indicato per la riduzione della pressione intraoculare (IOP) elevata in pazienti adulti con glaucoma primario ad angolo aperto o ipertensione dell’occhio nei quali la monoterapia con una prostaglandina o netarsudil determini una riduzione della IOP insufficiente. 2
*Glaucoma primario ad angolo aperto
CLASSIFICAZIONE AI FINI DELLA FORNITURA, REGIME DI RIMBORSABILITÀ E PREZZO
Roclanda® “50 mcg/ml/200 mcg/ml - collirio, soluzione - uso oftalmicoflacone (HDPE)” 2,5 ml - 1 flacone (AIC n. 049317011/E)
Classificazione ai fini della fornitura: Medicinale soggetto a ricetta medica ripetibile (RR)
Regime di rimborsabilità: classe A
Prezzo al pubblico (IVA inclusa): € 14,00 medicinale sottoposto a monitoraggio addizionale
Bibliografia: 1. Schehlein EM et al. Drugs 2019; 79:1031-1036. 2. Roclanda®. Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto 3. Buffault J.J Clian Med 2022; 11:1001. 4. Stalmans l et al. Graefe’s Arch Clin Exp Ophthalmol 2023. https://doi.org/10.1007/s00417-023-06192-0. 5. Al-Humimat G et al. J Experiment Pharmacol 2021; 13:197-212. 6. Moshirfar M et al. Med Hypothesis Discov Innov Ophthalmol 2018; 7(3): 101-111. 7. Roclanda.European Public Assessment Report (EPAR). EMA/CHMP/637805/November 2020
Codice AIFA: ROC-IT-250009
Pubblicità rivolta ai medici Vietata la distribuzione/esposizione al pubblico. Depositato presso AIFA in data 18/06/2025