ROSANERO settembre 2018 / la Rivista del Rione Morlupo

ROSANERO

La Rivista del Rione Morlupo 2018

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L’INTERVISTA AL PRIORE

di Luca Marinangeli Iniziamo facendo un’analisi a 360 gradi su questo priorato. Come è andata?

Sono stati quattro anni intensi, pieni di nuove esperienze che mi hanno fatto maturare sia sul piano umano che su quello quintanaro, riuscendo a toccare con mano il valore aggiunto di questa manifestazione: il popolo che la circonda e la fa crescere anno dopo anno. La taverna si è popolata di nuove forze e di nuovi avventori, portando con sè il giusto mix di rinnovamento e tradizione che ormai ci contraddistingue. Il binomio di gara è ormai consolidato e la fiducia in Lorenzo è totale grazie anche alla sua dedizione, alla sua passione per la Quintana e alla forza di volontà che trasmette a questa squadra e a questo Rione.

Il cuore è sempre legato al tuo passato nella commissione artistica?

Assolutamente si. Sono sempre rimasta vicina alle bravissime ragazze che riescono a creare ogni anno una nuova magia. E vincere il premio per il portamento ed il comportamento durante il corteo storico ne è un esempio e un vanto che ci teniamo ben stretti perché sappiamo di essercelo meritato.

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Diventare priore comporta sacrifici ma nono solo. Quale è stata la più grande soddisfazione?

Sicuramente la vittoria al Campo de Li giochi nel Giugno del 2017. Lorenzo ci ha regalato il risultato più grande e la ricompensa più importante per i tanti sforzi dei ragazzi del Rione. L’emozione di vincere la giostra e sfilare, in trionfo, davanti ai propri popolani in festa non ha paragoni.

C’è ancora qualcosa da migliorare?

Chi fa Quintana sa quanto sia importante coinvolgere sempre più persone nel sistema quintanaro. La speranza è che si riesca a far capire a tutti che il Rione è, si un luogo di divertimento, ma soprattutto di impegno e di responsabilità.

Siamo una grande famiglia e le cose che contano in una famiglia sono l’amore e il rispetto.

Cosa ti auguri per il futuro?

Sarebbe interessante creare una Quintana di 365 giorni. Coprire gli eventi, concentrati in sole due settimane, lungo tutto l’arco dell’anno. Così potremmo dare più valore a ciò che facciamo, avremmo modo di poterci concentrare meglio sui dettagli che spesso sfuggono e doneremmo a Foligno un motivo in più per essere davvero “la città della Quintana”.

Si chiude un cerchio lungo quattro anni. A chi va il saluto di fine mandato?

Siamo cresciuti, tutti ed insieme. L’entusiasmo e la voglia di migliorare sono sempre state le nostre parole d’ordine. Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile questo grande lavoro iniziato nel 2015. Grazie ai miei consiglieri, ai popolani. Grazie a chi vuole ancora avvicinarsi alla Quintana. Grazie al presidente Metelli e a quei magistrati che sono stati parte integrante di questa manifestazione, a differenza di quelli invece che hanno saputo solo criticare.

Se sono diventata la donna che sono ora è anche grazie a questa emozione immensa chiamata “Morlupo”. Soddisfatta e fiera di aver contribuito, con tutte le mie forze, ad aver reso ancora più grande questo Rione.

Grazie infinite a tutti.

Ed oggi, più che mai, FORZA MORLUPO!

L’EDITORIALE di Marco Bosano

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Quante volte avete sentito dire: “dobbiamo tornare alla Quintana di un tempo, quella dove i popolani si divertivano, dove in taverna si giocava a filomè; bisogna tornare ad una Quintana solo a Settembre; bisogna tornare alla taverna dei ‘pasta e fagioli’ e ‘vino sfuso in brocca’; bisogna tornare ai tempi dove solo i quintanari si divertivano e gli altri fuori; bisogna tornare alla notte degli scherzi; bisogna tornare al lume di candela; bisogna tornare indietro, una volta sì che era bella!”.

Ed ogni tanto, sono preso dalla tentazione di ripercorrere quei momenti che ho vissuto veramente, che fanno parte della mia giovinezza. Facevo Quintana ancor prima di alcune di queste cose: mi ricordo da ragazzo che le persone ci offrivano le brocche di vino perché continuassimo a giocare a filomè. Poi mi ricordo i primi anni della taverna in via della Rosa, dove circa novanta persone, nel salone grande e in tavoli diversi, facevano tutte filomè insieme.

In altri rioni già la vietavano, e noi ci dicevamo: “abbiamo perso il controllo”, “se qualcuno esagera non possiamo fare niente” “speriamo bene”.

Poi penso a quanto era bello andare al mare un mese. Ci si riusciva anche se lavorava solo mio padre. Uno stipendio era sufficiente. Certo, si affittava casa, si viaggiava in una Fiat “Bianchina” stracarica di olio, viveri, lenzuoli e ci volevano circa sei ore per arrivare a San Benedetto del Tronto. Ma era una festa e la notte prima non si dormiva per l’eccitazione. Poi mia madre cominciò a dire che erano ferie anche per lei, allora si scelse la pensione, ma quindici giorni, che poi sono diventati dieci, poi una settimana, poi non si poteva più e i miei genitori non ci andavano e noi figli andavamo da soli.

A casa non c’era il riscaldamento, poi sono arrivate le stufe, poi i termosifoni elettrici, ed infine il riscaldamento, ma centralizzato. Non tutti erano d’accordo sugli orari, e quindi mano a mano, tutti riscaldamento autonomo.

Ora sento dire…. “senza aria condizionata non si vive”.

Si erano bei tempi quelli, ma perché eravamo belli noi, perché la mia generazione ha vissuto anno per anno continui miglioramenti, ma si ricorda anche quando non c’erano. Quei tempi non sono ripetibili.

Per la Quintana è la stessa cosa: ora non solo vogliono la bottiglia di vino, ma bisogna stapparla al tavolo, altrimenti la rimandano indietro. E’ necessario l’abbattitore, il registro Hccp, indicare la provenienza e la conservazione, frigoriferi diversi per alimenti diversi, corsi per i popolani che servono in taverna e non parliamo della cucina. Poi c’è il registro telematico per il trasporto cavalli, l’antidoping di cavalli e cavalieri, il busto e il caschetto protettivo, assicurazioni varie, la tassa smaltimento rifiuti, la raccolta differenziata, IVA, Irpef, bilanci, controlli fiscali e potremmo continuare ancora per molto. Pensate che succederebbe oggi, se si ripetesse lo scherzo del letame in taverna, o si “accompagnassero” i cavalli all’ex Pambuffetti …

Sì, sarebbe bello come era una volta, ma quei tempi sono irripetibili.

Ed allora bisogna trovare un compromesso, evitare alcune esagerazioni non consone con la manifestazione che andiamo a rievocare, con la consapevolezza che non si può tornare indietro ma bisogna andare sempre avanti, mantenendo come unico comune denominatore la passione per la propria Città, per la propria storia, per la QUINTANA. Perché marzullescamente ripeto: comunque la pensi, comunque voglia fare Quintana, un quintanaro é meglio di chi non lo è.

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IL SALUTO DEL PRESIDENTE Carissimi Quintanari del Morlupo, accetto sempre con piacere di salutarvi sulle colonne di Rosanero, il magazine ufficiale del Rione.

E’ un piacere anche perché quando mi arriva il vostro invito significa che la Quintana è alle porte e quindi pronta ad ammaliarci con i colori, i profumi, i suoni e, soprattutto, la passione. Sì, proprio la passione con cui avete lavorato in questi anni raggiungendo eccellenti risultati in tutti gli eventi che ruotano intorno alla Giostra.

Anche questo quadriennio che sta per terminare ha dimostrato lo spessore del Popolo della Quintana che si è distinto, come sempre del resto, in tante iniziative di grande valore. La vostra Quintana è stata caratterizzata da tante manifestazioni collaterali di grande qualità che ormai vi identificano. Come non ricordare la collezione delle cartoline artistiche, questa pubblicazione e il Torneo di calcetto dei Rioni, una simpatica e piacevole appendice della Quintana di giugno. Caro Priore hai portato a termine un mandato pieno di successi e denso di soddisfazioni culminate, fino ad ora, con il Palio vinto da Lorenzo Paci. Hai guidato il Rione in maniera eccellente confermandolo a grandi livelli ed hai lavorato anche a tante manifestazioni dell’Ente. Per questo, come ho fatto con tutti gli altri tuoi colleghi desidero ringraziarti di cuore per il tuo impegno e per il contributo di idee che hai offerto all’Ente. Inoltre, voglio sottolineare il tuo impegno sul fronte della solidarietà, un valore importante che è alla base dell’azione quintanara. Anche quest’anno, infatti, il Rione Morlupo si è speso con grande sensibilità in favore della scuola primaria di Norcia. Sono sicuro che non farete mancare il vostro apporto alla 72° edizione della Quintana e voglio ringraziarvi di vero cuore uno per uno per tutto quello che fate per la manifestazione e per la città. Infine spero che riusciate a realizzare tutti i vostri sogni quintanari, insomma tutto quello che desiderate di più. E quindi, come ogni volta, buona Quintana a tutti.

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Domenico Metelli

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Anche quest’anno il Rione Morlupo è stato protagonista del CantaQuintaniere, l’evento che ha animato una delle serate del calendario di giugno della Giostra della Quintana.

In rappresentanza del popolo rosanero è salita sul palco Gloria Narcisi, reduce dalla vittoria del 2017, edizione nella quale si è esibita con la sua band. Quest’anno Gloria ha proposto alla giuria il brano di Giorgia “Oro Nero” presentandosi come solista e si è aggiudicata il terzo posto.

Anche questa volta la giuria è stata ammaliata dalla sua straordinaria voce e dal suo indiscusso talento.

Un altro premio conquistato per il nostro Rione!

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Da sempre il Rione Morlupo sostiene progetti di beneficenza, sia in collaborazione con le iniziative dell’Ente Giostra organizzate ogni anno dal magistrato Maria Rita Lorenzetti, che su programmi autonomi.

La Quintana di giugno è stata dedicata alla raccolta fondi per l’acquisto di uno strumento compensativo per bambini con Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) che è stato donato alla Scuola Primaria di Norcia.

Usando questa particolare penna su un foglio di carta a mo’ di evidenziatore gli alunni possono ascoltare la lettura del testo che vanno a sottolineare. In pratica con questo strumento gli studenti con difficoltà di lettura diventano completamente autonomi nell'esecuzione delle verifiche, degli esami e dei test.

Il progetto di settembre riguarda invece l’acquisto di strumenti per l’attività sportiva dei disabili. I Rioni hanno aderito alla richiesta della squadra di Basket della Polisportiva Disabili di Foligno che ha bisogno di fondi per l’acquisto di una carrozzina sportiva. Durante le serate di Quintana tutti avranno la possibilità di donare un proprio contributo per raggiungere l’obiettivo e vincere questa nuova sfida.

Contiamo sul vostro aiuto!

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Buon appetito, non si dice?

Quando si inizia a mangiare spesso si augura spontaneamente, ma secondo le regole del bon ton non si dice “buon appetito“. E’ naturale che tutti si chiedano il motivo per questa che dai più viene ritenuta una stravaganza.

Non è proprio esatto che tale divieto si trovi nel Galateo di Giovanni Della Casa. Questo è il passo che induce confusione: Invitar coloro che sono a tavola, e dire: “Voi non mangiate stamane”; o “Voi non avere cosa che vi piaccia”; o “Assaggiate di questo o di quest’altro”, non mi pare laudevol costume…

L’autore consiglia di non tediare i commensali forzandoli a mangiare copiosamente, più per una forma di rispetto che per altra ragione. Il condividere lietamente il desco evitando di infastidire ospiti e commensali era la principale preoccupazione del Monsignore, amante dei buoni costumi. Allora da dove deriverebbe il divieto?

Una tra le spiegazioni la si fa derivare dal fatto che alla fine del sec. XIX, i nobili radunavano a tavola una volta all’anno (ad esempio nel periodo natalizio) la servitù e tutto il proprio entourage ed offrivano loro un ricco desinare. In questa occasione il padrone di casa dava inizio al pranzo con il classico “buon appetito”.

Ne consegue quindi che, vista l’origine dell’usanza, iniziare un pasto pronunciando tale auspicio sarebbe come trattare implicitamente da servi i propri commensali, recando dunque offesa agli ospiti, che non sarebbero considerati propri pari.

Secondo altra fonte invece, il buon appetito non sarebbe un augurio, ma… una minaccia! Nel medioevo, quando al castello giungevano messaggeri recanti ambasciate dal nemico, essi venivano prima di tutto rifocillati.

In questo caso, si tendeva a non dare loro cibo degno, in barba all’adagio secondo cui ambasciator non porta pena. Se il malcapitato non avesse mostrato di gradire quanto offertogli, il padrone di casa si sarebbe potuto offendere, al punto che per questo poteva addirittura farlo uccidere. Quindi chi provvedeva ai viveri (normalmente il cuoco) avvisava il poveraccio: “mi raccomando, mangia di buon appetito...” sottinteso, se non vuoi perdere la vita!

Nelle cene formali è pertanto sconsigliato l’augurio, che rimanda a imposizioni medievali, o altresì, all’esigenza di nutrirsi, piuttosto che al diletto del convivio. Ma in Francia, nel bistrot, è il cameriere che ci augura bon appetit, gioiosamente e senza secondi fini.

Nella tradizione cristiana del ringraziamento per il pane quotidiano non suona male, ma addirittura risulta quasi conseguenziale. Cambiano i tempi e i costumi e in contesti rilassati, magari in confidenza tra amici e parenti, è del tutto accettato. A tavola, far notare a chi ce lo augura che non sarebbe buona educazione, è a sua volta poco riguardoso.

Per togliersi d’impaccio, le formule sostitutive “buon pranzo”, “buona merenda” e la cacofonica “buona cena” ci fanno sentire in pace con la coscienza.

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I GIOIELLI di Daniele Gelsi

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I gioielli che adornano i bellissimi costumi del Rione Morlupo sono vere e proprie riproduzioni del lusso e dell’opulenza del gioiello spagnolo, sono prodotti con tecniche orafe che riproducono fedelmente il modello reale. Se si osservano da vicino hanno tutti i castoni fatti a mano, il filo di ottone a simulare l’oro e fanno del costume un manufatto prezioso.

Nei costumi del rione ne troviamo in grande quantità: oggetti di valore e di altissima qualità studiati nel mio laboratorio con la collaborazione dell’orafa Elisabetta Lupi.

I gioielli sono composti da filigrane ottonate e da perle scaramazze, perle barocche e pietre di cristallo a simulare le gemme preziose. Ogni gioiello è abbinato al suo costume, sia nei colori che nella foggia, per far sì che ogni vestito diventi un abito imponente e maestoso.

Un vestito senza gioiello non era costume, soprattutto nell’alta nobiltà: il gioiello era un elemento essenziale per completare il tutto.

I gioielli si dividono in quelli da testa, da mano e da abbigliamento. Quelli da abbigliamento sono gli spilloni che vengono utilizzati per arricchire abito, quelli da mano sono gli anelli e quelli da testa sono gli spilloni che adornano l’acconciatura, le corone o le placche lavorate. Per contornare le acconciature che scoprivano il viso e le orecchie si aggiungevano collane e orecchini e altri ornamenti, sempre abbinati, che andavano ad arricchire il costume.

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