Rivista Ogliastra Sanità - Anno 5 - Numero 15 - Luglio 2011

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Ogliastra Sanità

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Periodico a cura di Mano Tesa Ogliastra

Anno 5 - Numero 15 - Luglio 2011

Editoriale

A cura di Natalino Meloni

Una norma … che fa piangere. Le osservazioni che seguono esulano dai temi solitamente trattati in questo periodico, ma poiché il fine principale di questa iniziativa editoriale è quello di proporre delle tematiche che dovrebbero favorire un migliore stato di salute con una conseguente più lunga aspettativa di vita, non sarà difficile cogliere tra tale intento di salvaguardia della salute pubblica e l’argomento che si va a trattare una stretta attinenza. Tra Tortolì e Bari Sardo esiste un nastro d’asfalto lungo 10 chilometri che sta diventando un cimitero di croci e tutti i mazzi di fiori posti ai lati della strada non sono lì ad abbellire, ma a ricordare le infinite lacrime versate e il dolore immenso sofferto delle tante persone coinvolte. Si tratta di una strada con una percentuale di incidenti per chilometro tra le più alte delle Sardegna e sicuramente è ben piazzata tra le strade più pericolose della penisola. Si tratta purtroppo di un record cui rinuncerebbero volentieri tutti gli ogliastrini e specialmente quelle famiglie che su quell’asfalto hanno pianto i loro cari. L’attesa della nuova 125, come sempre capita per le opere d’Ogliastra, ha assunto tempi biblici, e quelle incompiute in cemento armato con i ferri arrugginiti puntati verso il cielo poste ai lati di quel tratto di strada sono testimoni dell’incuria e del mal costume che di solito accompagna la realizzazione di quelle opere. Ma una limitazione alla pericolosità potrebbe essere ottenuta subito, facilmente e con una spesa assai contenuta, disegnando in quel tratto di strada la linea di mezzeria. Sono presenti pericolose curve, rettilinei con vari dossi e accessi laterali (segue a pagina 2)

Il Sale

INTERVISTA A

Fin dall’antichità un bene alquanto prezioso e che era alla base delle economie dei popoli. Oggi il suo valore non è diminuito, ma ne è stato rideterminato il giusto apporto giornaliero. Un consumo moderato consente infatti di tenere lontane l’ipertensione arteriosa e altre malattie a carico degli apparati cardio e cerebrovascolare.

Dr. Orlando Scintu Direttore Sanitario della ASL n° 4

(a pag. 5)

La dieta vegetariana Sarà per motivazioni salutistiche, animaliste o filosofiche, sta di fatto che i vegetariani sono sempre più numerosi. L’Italia, in particolare, è seconda solo all’India dove l’induismo vieta il consumo delle carni. Nelle ultime due pagine alcune opinioni (a pag. 23) sull’argomento.

Ardali accoglie i disabili mentali

Ad Ardali è sorta una accogliente e moderna struttura idonea ad accogliere pazienti con disturbi psichici. Si tratta di una opportunità molto importante sia per i malati che per le loro famiglie che spesso sono inadeguate e impreparate a gestire quel tipo di disabilità. (a pag. 7)

Le insidie dell’estate Durante le vacanze, a causa della distrazione determinata dall’euforia della libertà e del divertimento, spesso vengono trascurate delle norme di prudenza che possono portare a degli inconvenienti capaci di rovinare le ferie tanto attese. Nelle pagine interne il nostro contributo affinché le giornate estive trascorrano serenamente, lontane da ambulatori e pronto soccorso. (a pag. 11)

Sommario Intervista al Dr. Orlando Scintu . .............1 Le leucemie.............................................3 Il sale......................................................5 Ardali: nuova struttura d’accoglienza......7 Alla ricerca del diabete nascosto . ...........9 Diabetici a Bau Mela..............................10 Le insidie dell’estate ..............................11 Su ballu e s’assargia ..............................15 Esonero per visite d’invalidità.................17 Dottor Luigi Carta...................................19 La carne.................................................22 Diventare vegetariani.............................23

Dottor Luigi Carta Prosegue il nostro impegno nel ricordare le figure mediche del passato. E’ sempre una piacevole scoperta addentrarsi in queste professionalità di altri tempi, tanto lontane dalla realtà medica attuale e si resta colpiti dalle molteplici capacità lavorative. Dr Carta, all’apparenza burbero e sostenuto, era invece una grande persona, buona d’animo e di grande professionalità. (a pag. 19)

Associazione di Volontariato

A cura di Laura Meloni Orlando Scintu, Direttore Sanitario della Asl di Lanusei, è nato a Solarussa il 15.01.1951 e vive a Oristano. E’ sposato ed ha tre figli di 27, 24 e 22 anni. Laureato a Sassari nel 1978, si è specializzato in Chirurgia Generale nel 1984 e in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva nell’88. Lei ha lavorato per diverso tempo alla Asl di Oristano. Com’è stato l’arrivo a Lanusei e quali sono le differenze maggiori che ha trovato tra le due zone? Sono arrivato qui a Lanusei quasi per caso, nel senso che sono stato chiamato nell’ultimo mese e mezzo di commissariamento, rinnovato poi ogni paio di mesi sino ad arrivare alla riconferma attuale. Le differenze che riguardano le due Asl sono legate, soprattutto, alle dimensioni. La Asl di Oristano è una delle più estese, va da Bosa a Laconi, che hanno una distanza tra loro di 150 km; ha tre (segue a pagina 2)

mano.tesa.ogliastra@alice.it www.manotesaogliastra.it

Mano Tesa Ogliastra

Via Temo sn - 08048 Tortolì - Tel. 339 7111110 - Fax 0782 77020


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Periodico a cura di Mano Tesa Ogliastra

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Intervista al Dr Orlando Scintu ospedali, con tutte le problematiche relative alle tre chirurgie, alla rianimazione e ai diversi servizi; e ha tre distretti, quindi, sicuramente, dal punto di vista organizzativo è più impegnativa e più complessa. È anche vero che Lanusei, essendo forse la Asl più piccola d’Italia, l’ho trovata assolutamente ben organizzata, ben gestita, e con personalità notevoli, e, soprattutto, rispetto alla ASL di Oristano ha i servizi sul territorio. Ad esempio qui abbiamo tre RSA, in tutta la provincia di Oristano abbiamo una sola piccola RSA segue editoriale

continui, la linea di mezzeria sarebbe un importante deterrente per frenare l’azzardo di certi sorpassi e l’attraversamento della corsia opposta in condizioni di scarsa sicurezza. La linea continua darebbe anche indicazione a tutti se in quel particolare tratto un sorpasso sia o no possibile evitando delle valutazioni personali che, in quanto tali, in certe condizioni potrebbero rivelarsi fatalmente errate. I responsabili affermano che la larghezza delle due carreggiate non è sufficiente per poter inserire la linea divisoria, dicono che al limite si potrebbero non disegnare le linee laterali che delimitano l’esterno delle carreggiate e in tal modo ci sarebbero le distanze per la linea centrale. Il pericolo però a quel punto sarebbe ugualmente alto. Si tratta di norme nate per dare sicurezza alla viabilità, ma di fatto sono “poco normali” dal momento che la loro osservazione comporta un maggior pericolo rispetto alla loro inosservanza! Per giunta si tratta di regole osservate non ovunque alla stessa maniera. La larghezza della vecchia 125, in tanti tratti, specie nei tratti di Campuomu, è ben più stretta del tratto Bari Sardo-Tortolì, eppure non esiste un solo tratto in cui non vi sia la segnaletica completa. Tra l’altro fino a qualche anno fa la mezzeria esisteva, le regole sono cambiate? Non è che le tante piogge degli ultimi anni hanno ristretto la carreggiata? Tanti ogliastrini, pur di non percorrere la Bari Sardo-Tortolì, rinunciano alla passeggiata, ad un acquisto o ad assolvere un impegno burocratico. Si rivolge un invito ai responsabili ANAS e ai nostri politici affinché trovino al più presto qualsiasi soluzione che riduca tale pericolosità.

localizzata ad Ales. In questa ASL l’ ADI è organizzata in maniera eccellente. Il fatto che il territorio sia così ristretto consente anche un rapporto molto più immediato con tutte le professionalità sanitarie, con i medici di Medicina Generale, con gli specialisti del territorio e, per finire, con gli ospedalieri. Insomma, ci sono le condizioni per lavorare bene. Quali sono le priorità che ha dovuto affrontare in Ogliastra? Mentre nel territorio criticità ce ne sono poche o niente, per quel che riguarda l’ospedale qualche problemino c’è: ad esempio il Pronto Soccorso ha degli ottimi professionisti ma ha una struttura che non ci consente di avere un OBI , ossia un’osservazione breve. Un’altra criticità è quella della carenza degli organici che all’interno dei servizi, come ad esempio nella radiologia, si traduce in un allungamento dei tempi d’attesa, dei ricoveri e quant’altro. La carenza d’organico tante volte è dovuta al fatto che molti professionisti preferiscono lavorare in grossi centri come Cagliari e Sassari, benché il lavoro qui, dal punto di vista professionale, sia estremamente appagante. A proposito di organici, qual è la sua posizione riguardo alle famose 37 assunzioni promesse dall’Assessore regionale alla sanità Liori? Non tutte sono nuove assunzioni, alcune sono delle stabilizzazioni di figure già esistenti. Proprio in questi giorni abbiamo deliberato l’assunzione di due ginecologi e di otto OS. A breve ci sarà l’assunzione anche di altri sei infermieri. Azioni previste per il miglioramento dell’efficienza dei servizi? Apertura dell’Osservazione Breve all’interno del Pronto Soccorso; integrazione delle piante organiche, soprattutto in radiologia; completamento del laboratorio e del centro immunotrasfusionale. Speriamo di ripotenziare la radiologia, che era il nostro punto di eccellenza e che purtroppo oggi, per motivi diversi, ha una carenza di organico cronica per cui, pur avendo a disposizione delle alte professionalità, esse sono limitate nel loro operare, e i tempi d’attesa, soprattutto per quel che riguarda la risonanza magnetica e la TAC si sono dilatati parecchio, così come si sono allungati molto i tempi di consegna dei referti. Abbiamo quindi in programma l’assunzione di tecnici

di radiologia e di qualche altro medico. Caso Quirra: quando saranno pronte le analisi e qual è la sua opinione personale sul problema? Per quanto riguarda il registro tumori non abbiamo delle differenze con altre parti. Giustamente il problema si è posto, bisogna dare una risposta, e la si sta dando. Siamo in attesa degli esiti dello Zooprofilattico, che poi dovranno essere anche rielaborati da una commissione tecnico-scientifica di livello. Fra qualche mese dovremmo comunque essere in grado di saperne di più. Cosa state pensando di fare per contenere la fuga di pazienti verso altre Asl? Per quanto riguarda la mobilità passiva stiamo focalizzando quali sono le patologie maggiormente coinvolte. Esistono delle mobilità passive che rientrano nel fisiologico come ad esempio i grossi interventi e il ricorso a specialità che noi non abbiamo, come la neurologia, l’otorino, l’oculistica. Per quanto riguarda queste specialità che possono essere offerte dalla struttura privata, stiamo cercando di rivedere, ripianificare la loro offerta, cercando di richiedere maggiormente interventi in discipline di cui non dispone la nostra Asl, come l’oculistica, l’otorinolaringoiatra, la chirurgia maxillo-facciale. Un particolare obiettivo da raggiungere? Il mantenimento della situazione attuale, il rafforzamento delle strutture della Asl e soprattutto il rafforzamento del centro nascite. Abbiamo già affrontato il problema degli ecografi di nuova generazione in modo da potenziare il centro il più possibile e cercare di evitarne la chiusura, mettendoci anche in concorrenza con le Asl confinanti. Tra poco saranno chiuse le

due sale operatorie che dovranno essere ristrutturate e adeguate secondo criteri più moderni. Cosa state pensando di fare per il decentramento dei servizi come previsto dalle nuove direttive ministeriali? Penso che la decentrazione esasperata certe volte può andare a discapito della qualità. Commissioni per le patenti speciali e per gli ultra ottantenni: soluzioni per evitare i viaggi a Nuoro? Stiamo tentando tutte le strade, e non da oggi, ma da quando eravamo in fase di commissariamento. L’anello mancante è il fatto che l’Ogliastra non è una provincia riconosciuta a livello nazionale ma solo regionale. Oltre al fatto dell’aria di soppressione, non soppressione delle province, c’è da dire che queste sono commissioni che in altre parti d’Italia vengono riunite, ossia esiste una commissione per diverse province. Altre Asl, come quella di Carbonia, sono riuscite a istituirla, servendosi di quella di Cagliari, però immancabilmente tre volte su quattro la seduta della commissione salta perché basta che non si presenti uno solo dei componenti. E’ un problema estremamente complesso su cui stiamo continuando a lavorare. Come vede il rapporto tra l’Azienda e le associazioni di volontariato? Direi ottimo. Son rimasto colpito in positivo dal fatto che l’Ogliastra è completamente coperta dalla rete del volontariato. In molti casi, per quanto riguarda le associazioni dedite al soccorso, abbiamo addirittura l’h24, che significa che sono reperibili 24 ore su 24 e devo dire che operano davvero in maniera eccellente.

Dr. Scintu durante l’intervista con la nostra collaboratrice


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I PIU’ IMPORTANTI TUMORI DEL SANGUE

La parola leucemia deriva dal greco leukos (bianco) + aima (sangue) e significa letteralmente sangue bianco. Con il termine leucemia si racchiudono quell’insieme di malattie maligne nelle quali una determinata serie cellulare, componente del sangue, subisce una eccessiva e anomala crescita a causa di un difetto che si è determinato nelle cellule progenitrici, presenti nel midollo osseo, da cui quelle cellule discendono. Tali cellule progenitrici, chiamate anche cellule staminali, che come detto si trovano nel midollo osseo rosso, danno origine a due linee cellulari: La linea mieloide, da cui originano i globuli rossi, alcuni tipi di globuli bianchi (granulociti e monociti) e le piastrine. La linea linfoide, da cui originano i linfociti (un altro tipo di globuli bianchi). A seconda della linea cellulare interessata si parlerà di leucemia mieloblastica (LM)

LE LEUCEMIE

o leucemia linfoblastica (LL). All’interno di queste due suddivisioni si fa un’altra importante distinzione basata sul decorso della malattia: si distinguono le leucemie acute e leucemie croniche sulla base della velocità di progressione della malattia. Nella leucemia acuta il numero di cellule tumorali aumenta più velocemente e la comparsa dei sintomi è precoce; nella leucemia cronica invece le cellule maligne tendono a proliferare più lentamente. Con il tempo, però, anche queste ultime diventano più aggressive e provocano un aumento delle cellule leucemiche all’interno del flusso sanguigno. Il quadro clinico della leucemia è dovuto essenzialmente all’invasione del midollo da parte del clone neoplastico e alla conseguente distruzione delle normali cellule emopoietiche (emopoietiche: letteralmente produttrici di sangue): il paziente affetto da leucemia sviluppa dunque anemia per

Tipi di midollo osseo Ci sono due tipi di midollo osseo: il midollo osseo rosso, costituito principalmente da tessuto mieloide e il midollo osseo giallo, costituito soprattutto da tessuto adiposo che ne determina il colore. Globuli rossi, piastrine e la maggior parte dei globuli bianchi vengono prodotti nel midollo rosso, alcuni globuli bianchi si sviluppano nel midollo giallo. Alla nascita, l’intera quantità di midollo osseo è costituita da quello di tipologia rossa. Con la crescita, gran parte di questo viene convertito nella tipologia gialla. In un individuo circa la metà è costituita da midollo rosso. Quest’ultimo si trova principalmente nelle ossa piatte come il bacino, lo sterno, il cranio, le coste, vertebre, scapole, e nel tessuto spugnoso delle epifisi, la parte più distale delle ossa lunghe, come il femore e l’omero. Il midollo giallo si trova invece nella diafisi, la parte centrale delle ossa lunghe. Nel caso di una grave emorragia, l’organismo è in grado di riconvertire il midollo giallo in quello rosso, al fine di incrementare la produzione delle cellule del sangue.

insufficiente produzione di globuli rossi, infezioni frequenti e gravi per ridotta produzione di globuli bianchi ed emorragie per ridotta produzione di piastrine. Un’altra importante distinzione riguarda le cellule da cui prende origine il tumore. La cellula staminale, durante le varie fasi di maturazione, dà origine a cellule di tipo mieloide e cellule di tipo linfoide: da queste si differenzieranno successivamente i globuli rossi o eritrociti, le piastrine e i globuli bianchi (leucociti e linfociti). Pertanto avremo quattro tipi comuni di leucemia: la leucemia linfoblastica acuta (LLA), la leucemia linfocitica cronica (LLC), la leucemia mieloide acuta (LMA) e la leucemia mieloide cronica (LMC).

Quando si manifesta Si manifesta soprattutto nel primo decennio di età, per quanto riguarda la forma acuta, mentre per le altre forme si diffonde maggiormente dopo il quarto decennio

arrivando a picchi elevati intorno all’ottavo decennio. L’incidenza si rivela essere di 15 persone su 100.000, arrivando a 160 casi sullo stesso campione in caso di anzianità elevata.

Fattori di rischio Radiazioni: può riguardare soggetti trattati con radioterapia per altre neoplasie. Tristemente noto il tragico bilancio di casi di leucemia tra i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki. Benzene: presente nel petrolio e nella benzina, ampiamente usato in passato come solvente per vernici ed ora quasi del tutto bandito. Alcuni farmaci usati per la cura di tumori specie se in combinazione con radioterapia, possono aumentare il rischio di leucemia “secondaria”. Il fumo di sigaretta: 1/4 di tutte le Leucemie Acute Mieloidi si verifica tra fumatori. È probabile che il benzopirene, le aldeidi

DIETOLOGIA Dr. Marilena Lara Specialista in Dietologia Specialista in Geriatria

Dottoressa Emilia Serra Via Lungomare, 20 - 08041 - Arbatax Tel. 0782.66 77 80

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tossiche e certi metalli pesanti (come cadmio e piombo) presenti nel fumo di sigaretta siano i fattori maggiormente responsabili. Alcune malattie, come la Sindrome di Down, determinate da una mutazione genetica presentano un aumentato rischio di sviluppare una leucemia e ciò pare dipendere da una minore efficienza dell’organismo nel riparare il DNA dopo certe lesioni

Sintomi Si è già accennato alla facilità nel contrarre infezioni. L’anemia comporta facile stancabilità, pallore cutaneo, palpitazioni, difficoltà di respiro Può essere presente rigonfiamento dei linfonodi: i più frequentemente interessati sono quelli sotto l’ascella e vicino alla clavicola, sopra il collo. Spesso è presente l’ingrandimento della milza, definito splenomegalia, che può determinare disturbi addominali, con sensazione di precoce riempimento dello stomaco durante i pasti per l’effetto di massa che comporta. Spesso è presente la febbre. Un sintomo molto frequente, che deve allarmare, sono le emorragie gengivali e le emorragie nasali

Diagnosi L’emocromo è l’esame che di solito suggerisce l’approfondimento diagnostico per rilevare una eventuale leucemia. All’emocromo segue lo striscio di sangue su vetrino che pone in evidenza la presenza di blasti che sono delle cellule immature. Analisi citogenetica che consiste nello studio dei cromosomi dei blasti presenti nel midollo osseo. Biologia molecolare. Biopsia del midollo osseo, di solito dallo sterno o dalla cresta iliaca, con prelievo di frammenti di tessuto da analizzare al microscopio. Vanno eseguite anche una radiografia del torace e un’ecografia dell’addome.

La radioterapia consente di utilizzare raggi ad alta energia contro parti del corpo in cui vi sono accumuli di cellule leucemiche. Negli ultimi anni si è sviluppato il trapianto di cellule staminali, che oggi è diventato lo standard terapeutico per le forme che non rispondono alla chemioterapia. Questo trapianto permette al malato di ricevere dosi molto elevate di farmaci chemioterapici e di radiazioni, in grado di distruggere le cellule leucemiche che popolano il midollo osseo ma anche quelle sane. Le cellule staminali, ovvero progenitrici di tutte le altre, possono essere prelevate dal malato stesso e poi reinfuse dopo la chemio-radioterapia, oppure raccolte da un donatore compatibile, che può essere un familiare oppure uno sconosciuto.

Evoluzione La gravità della leucemia dipende dallo stadio di malattia e quindi dall’estensione e dal coinvolgimento dei vari organi, nonché dalla risposta alla terapia medica. Vi sono leucemie che si presentano con un andamento meno aggressivo e altre,

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come quelle acute, che danno segno di sé più precocemente creando seri disturbi a chi ne è colpito. La sopravvivenza a cinque anni nella leucemia linfatica supera il 63 per cento, e nella leucemia mieloide arriva al 26 per cento. In generale, la sopravvivenza a cinque anni per tutte le forme di leucemia si aggira intorno al 45 per cento nell’adulto, ma arriva a oltre il 70 per cento nei bambini, e supera l’80 per cento nella leucemia mieloide infantile, la più comune. Quindi in un numero molto importante di casi si arriva alla completa guarigione.

Prevenzione E’ il capitolo a cui di solito dedichiamo grande rilievo, ma, nel caso delle leucemie, poiché non si conoscono con certezza le cause che portano alla malattia, diventa difficile dare le opportune raccomandazioni. Se possibile, si dovrebbe evitare l’esposizione frequente a radiazioni e a sostanze chimiche come il benzene.

Terapia Il trattamento di scelta è la chemioterapia più o meno associata alla radioterapia. Oggi per fortuna vengono impiegati farmaci decisamente migliori rispetto al passato per quanto riguarda il profilo tossicologico e spesso vengono utilizzati associati in combinazioni “sinergiche”. Ciò significa che i due farmaci dati insieme mostrano un’efficacia superiore rispetto alla loro somministrazione singola con una minore tossicità per il paziente.

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Fin dall’antichità un bene alquanto prezioso e che era alla base delle economie dei popoli. Oggi il suo valore non è diminuito, ma ne è stato rideterminato il giusto apporto giornaliero.

Il Sale

Un consumo moderato consente di tenere lontane l’ipertensione arteriosa e altre malattie a carico degli apparati cardio e cerebrovascolare. Un aspetto dello stile di vita dell’uomo preistorico che ci condiziona ancora oggi è quello collegato al consumo di sale. Il sale, chimicamente definito cloruro di sodio, sebbene in percentuali diverse, è contenuto in quasi tutti gli alimenti, indipendentemente dal fatto che questi abbiano o meno un gusto salato. Il sale era raccolto tramite evaporazione solare o bollitura: i Maya usavano l’evaporazione 2 mila anni fa e i Celti avevano una fiorente industria del sale ben 3 mila anni fa. Il commercio del sale è talmente antico che Gerico era considerata un sito di commercio del sale già 10 mila anni fa. Le vie del trasporto erano i fiumi o anche strade costruite appositamente come la via Salaria dei Romani. Gli stati hanno spesso imposto un monopolio del sale, già dimostrato 2 mila anni fa in Cina, e hanno tratto notevoli fondi da queste gabelle. Nei secoli si sono susseguite rivolte contro le tasse sul sale, di cui la più famosa è quella della marcia del sale di Gandhi, in India , nel 1930. In passato il sale è stato un elemento prezioso. La parola “salario”, introdotta dai Romani, deriva appunto dal sale che era corrisposto come paga, data la sua importanza per la conservazione degli alimenti. Nel Rinascimento, in seguito all’introduzione di una tassa sul sale nello Stato Pontificio, la popolazione di Toscana e Umbria cominciò a produrre pane insipido, senza sale. Questa tradizione persiste ancora oggi e anzi, consumare

il pane toscano senza sale, è considerato molto importante quale mezzo per ridurre il contenuto di sodio dell’alimentazione quotidiana. Soltanto da alcuni decenni il sale è disponibile a prezzi irrisori ed è stato, ed è tuttora utilizzato dalla ristorazione e dall’industria agro-alimentare, per la preparazione su larga scala di prodotti alimentari “salati”, a discapito di altri mezzi, quali erbe e spezie, utilizzati tradizionalmente per insaporire i cibi. SALE E SALUTE “Anche sostanze innocue come il sale da cucina, se assunte in quantità eccessive, possono essere causa di malattie a carico dell’apparato cardio-vascolare”. E’ quanto ricorda il Piano Sanitario Nazionale 2003-2005 a proposito della Promozione degli stili di vita salutari.

L’introduzione alimentare è indispensabile per compensare l’eliminazione del sodio per via urinaria, per via cutanea col sudore o per la via digestiva con le feci. In condizioni normali il nostro organismo elimina giornalmente da 0,1 a 0,6 grammi di sodio ed ogni giorno l’adulto italiano ingerisce in media 10 grammi di sale (cioè 4 grammi di sodio), quindi molto più, quasi 10 volte, di quello fisiologicamente necessario. Il processo di urbanizzazione ha portato ad un progressivo abbandono delle abitudini alimentari contadine, caratterizzate da poco sodio e molto potassio, verso diete di tipo industriale con molto sodio e poco potassio. Un consumo eccessivo di sale può favorire l’instaurarsi dell’ipertensione arteriosa, soprattutto nelle persone predisposte, le cosiddette sale-sensibili, ed elevati apporti di sodio aumentano il

DOVE SI TROVA IL SODIO Le fonti di sodio nell’alimentazione sono di varia natura: c’è il sodio contenuto allo stato naturale negli alimenti (acqua, frutta, verdura, carne, ecc.) e c’è il sodio contenuto nei prodotti trasformati (artigianali e industriali). Tra i prodotti trasformati la principale fonte di sale nella nostra alimentazione abituale è rappresentata dal pane e dai prodotti da forno (biscotti, crackers, grissini, ma anche merendine, cornetti e cereali da prima colazione), perché sono consumati tutti i giorni e in quantità elevate, ma la quota più “incrimi-

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rischio per alcune malattie del cuore, dei vasi sanguigni e dei reni, sia attraverso l’aumento della pressione arteriosa sia indipendentemente da questo meccanismo. Un elevato consumo di sodio è inoltre associato ad un rischio più elevato di tumori dello stomaco, a maggiori perdite urinarie di calcio e quindi, probabilmente, ad un maggiore rischio di osteoporosi. Il sale aumenta la tendenza all’ictus e agli eventi cerebrovascolari indipendentemente dai valori pressori, aggrava l’insufficienza cardiaca e l’aggregazione piastrinica. Studi recenti hanno confermato che un consumo medio di sale al di sotto di 6 grammi al giorno, corrispondente ad un’assunzione di circa 2,4 grammi di sodio, rappresenta un buon compromesso tra il soddisfacimento del gusto e la prevenzioni dei rischi legati al sodio. Per dare un’idea 5 grammi di sale sono il corrispettivo di un cucchiaino da tè.

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nata” è rappresentata dagli insaccati, dai formaggi, dalle conserve, dalle patatine fritte, dai salatini, che sono consumati in quantità minori ma in assoluto contengono maggiori quantità di sale. Un’altra importante fonte deriva dai condimenti aggiunti ai piatti, sia direttamente, per esempio con l’aggiunta di sale su una bistecca o sull’insalata, sia, sempre più spesso, a causa del sodio contenuto in salse come la senape o il ketchup o nei dadi per brodo. Ci sono cibi che contengono discrete quantità di sodio, anche se non sembrano salati. È il caso per esempio di alcuni tipi di cereali per la colazione o di biscotti: questo può accadere perché il sodio presente viene nascosto alle nostre papille gustative dallo zucchero presente fra gli ingredienti. Il consiglio è dunque quello di abituarsi a consultare l’etichetta dei cibi che consumiamo. Sin da bambini bisognerebbe evitare di abituare il gusto a eccessive quantità di sale, limitando così il rischio di essere ipertesi da adulti, in

La Pagina dell’Alimentazione a cura di Marilena Lara

questo modo si impara inoltre a riconoscere il sapore vero del cibo, spesso camuffato dal sale. E’ importante anche ricordare i nomi di alcuni ingredienti che indicano la presenza di sale come: cloruro di sodio, bicarbonato di sodio, fosfato monosodico, glutammato monosodico, nitrato e nitrito di sodio e così via. NE BASTA MENO PER VIVERE MEGLIO Il sale non è un nutriente organico. Se introdotti nella dieta in quantità eccessive, gli zuccheri, i grassi e le proteine vengono trasformati in glicogeno o grasso, ma il sale non può essere immagazzinato. Tra 25.000 e 10.000 anni fa, la dieta di un cacciatore consisteva fino all’80% di carne, mentre il resto era costituito da vegetali e frutti selvatici. Da un punto di vista nutrizionale, i cacciatori-raccoglitori si nutrivano in modo soddisfacente con questa dieta, senza cereali e prodotti del latte. Dal momento che il contenuto di grasso nella carne degli animali selvatici è soltanto da 1/7 a 1/10 rispetto a quella degli animali di allevamento, i nostri predecessori mangiavano più carne, ma soltanto metà dei grassi animali rispetto a quanto facciamo noi oggi. Allo stesso tempo, la loro dieta conteneva solo una frazione del sale che noi consumiamo oggi, dal momento che il rapporto globale potassio/sodio era circa 16:1. Ancora oggi i membri di comunità rurali primitive che si trasferiscono in ambienti urbani aumentano l’assunzione di sale e, fra loro, gli individui sensibili al sale vanno soggetti a un aumento della pressione arteriosa correlato all’età, fino a sviluppare ipertensione. “Meno sale nel pane, per tenere a bada la pressione e preservare cuore e arterie”. Con questo obiettivo il Ministro alla Salute Ferruccio Fazio ha siglato protocolli di intesa con le associazioni dei panificatori, con le associazioni rappresentanti della panificazione artigianale e con l’Associazione italiana industrie prodotti alimentari industriale, rappresentante della panificazione industriale, specifici protocolli di intesa per la graduale riduzione del quantitativo di sale nel pane. Modeste riduzioni di sale nella dieta possono contribuire ad abbassare, in maniera sostanziale, l’incidenza di malattie cardiovascolari. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda che il consumo di sale quotidiano non dovrebbe superare i 5 grammi. Ma gli italiani ne consumano almeno il doppio.

SALE IPOSODICO:​ È DAVVERO UN’ALTERNATIVA? I cosiddetti sali iposodici o “sostituti del sale” hanno generalmente un terzo della quantità di sodio rispetto al sale da cucina. In questi prodotti il sodio è in parte sostituito dal potassio, e le persone in buona salute possono utilizzarlo tranquillamente perché la quantità di potassio che si può assumere in una giornata è circa 3 volte in più di quella del sodio. Alcune persone tuttavia devono fare attenzione all’uso di questi sali: sono per esempio coloro che soffrono di malattie renali e diabete e coloro che assumono farmaci che diminuiscono l’eliminazione del potassio. Per questo motivo, l’uso di questi prodotti va valutato con il proprio medico, verificando se esistono dei motivi per evitarne l’uso. POCHE MA IMPORTANTI REGOLE DA RISPETTARE A tavola è consigliabile aggiungete il sale solo all’acqua di cottura della pasta ed eventualmente insaporire le pietanze con spezie ed aromi, che possono renderle altrettanto gustose. Sono consigliate le carni bianche (pollo, tacchino, coniglio), il pesce d’acqua dolce (trota, luccio, carpa) oppure pesci di mare tipo sogliola, merluzzo, orata, dentice. Inoltre è meglio preferire i formaggi freschi a quelli stagionati. Sono da evitare i condimenti animali (burro, lardo, strutto) e da preferire l’olio extravergine di oliva. Frutta e verdura fresca, infine, sono in assoluto i cibi a più basso contenuto di sodio. Per quanto riguarda le acque minerali che vantano proprietà terapeutiche antiipertensive, va ricordato che obiettivamente la quantità di sodio normalmente contenuta nelle altre acque minerali è talmente bassa da non incidere più di tanto nei valori della pressione del sangue. E’ necessario, piuttosto, stare attenti al sodio proveniente da fonti ben più importanti, che si consumano spesso con troppa disinvoltura. E’ pertanto utile: 1. abituare il palato ad apprezzare il sapore originale dei cibi; 2. aggiungere il sale solo all’acqua di cottura della pasta; 3. non aggiungere mai il sale alle pietanze già condite; 4. condire le pietanze con spezie ed aromi; 5. ridurre il consumo di cibi in scatola, spuntini salati, salse, dadi per il brodo, condimenti animali, pasti

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pronti surgelati o in busta; 6. evitare di mangiare frequentemente carne conservata, formaggi stagionati, salumi, frutti di mare, pasta ripiena (tortellini, ravioli, cannelloni); 7. preferire le carni bianche (coniglio, pollo, tacchino); 8. consumare molta frutta e verdura, alimenti in assoluto a più basso contenuto di sodio; 9. preferire il pane senza sale (tipo toscano); 10. leggere sempre le etichette nutrizionali dei prodotti alimentari, che riportano gli ingredienti, tra cui il sale; 11. se andate al ristorante, fatevi cucinare la carne o il pesce senza sale. Chiedete a parte condimenti o salse, che possono contenere grandi quantità di sale. Le modificazioni del consumo di sale vanno fatte gradualmente, nell’arco di alcune settimane: in questo modo la sensibilità gustativa per il sale si adatta, consentendo di accettare cibi con un contenuto ridotto di sodio, che prima sarebbero stati giudicati insipidi. Gli studi effettuati su diverse popolazioni di tutto il mondo hanno dimostrato che nei popoli in cui l’apporto di sale è tradizionalmente molto ridotto la pressione arteriosa è bassa e l’ipertensione assente, soprattutto, non si assiste all’aumento dei valori pressori con l’età, che è invece tipico dei popoli che consumano molto sale. Numerose ricerche hanno dimostrato che la riduzione dell’apporto di sale può abbassare significativamente la pressione arteriosa sia nei soggetti normotesi, contribuendo quindi a prevenire il futuro sviluppo dell’ipertensione, sia negli ipertesi, migliorando l’effetto dei farmaci antiipertensivi o addirittura limitandone l’impiego. Queste osservazioni permettono di concludere che la raccomandazione di sodio per un soggetto normale non iperteso è di 5–6 grammi di sale al giorno, mentre per l’iperteso va da 1 a 3 grammi, secondo i livelli di pressione arteriosa. Abituarsi ad alimenti meno salati non è impossibile. Il gusto dopo 10-15 giorni si adegua, perché c’è una grande adattabilità delle papille gustative.


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E’ sorta in Ogliastra una struttura d’accoglienza per pazienti con malattie mentali

Per i malati psichici nuove opzioni di salute Nel nostro territorio, come d’altro canto in tutto l’ambito nazionale, numerose famiglie affrontano quotidianamente l’impegnativa sfida di gestire la sofferenza di un proprio caro affetto da una malattia psichiatrica. Ciò avviene in condivisione con gli operatori del settore, che da tempo ricercano la formula per un approccio diretto ed efficace verso le problematiche legate alla salute mentale. La Sardegna, da alcuni anni, è impegnata in un globale processo di discussione e di riscrittura delle tecniche e dei luoghi destinati alla presa in carico dei disturbi della psiche. Tale sfida è tanto più complessa quando ci si deve confrontare con quei malati psichiatrici che, per i più svariati motivi (nuclei familiari multiproblematici, scelte terapeutiche di allontanamento dalle realtà di origine, difficoltà economiche, ecc), non possono essere accolti nei propri nuclei familiari. Si presenta infatti, in questa situazione, la necessità di confrontarsi con il concetto di “ABITARE”, espressione che non si correla semplicemente all’aver dimora, quanto piuttosto a quell’insieme di valori che regolano lo stare insieme agli altri individui, oltre che ai rapporti di relazione con gli oggetti che nella dimora stessa sono contenuti e con i quali si crea una nostra personalissima familiarità. E’ in questo complesso scenario che si inserisce la recente apertura della struttura sanitaria residenziale per malati psichiatrci di Ardali, frazione di Triei. La gestisce la società ANTES (Centro di psicologia e psichiatria clinica) il cui Amministratore Unico è il Dott. Luigi Ferrai, in collaborazione con la cooperativa Sempreverde che opera nel settore del verde pubblico e privato, gestita dal Dott. Vincenzo Piras. Il nuovo centro ha iniziato la sua attività da oltre tre mesi, ed ospita al momento cinque utenti, tutti Ogliastrini. La struttura è dotata di ogni servizio e confort e si propone nel territorio in cui si colloca

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Il cortile al centro della struttura

all’interno di un progetto all’avanguardia nella gestione di tali patologie. In questa nuova struttura si è infatti deliberatamente scelto di non sposare la logica, purtroppo ancora invalsa, delle comunità residenziali intese come un luogo organizzato intorno alla debolezza e inadeguatezza del malato, quando non addirittura indirizzato al controllo di una sua presunta pericolosità sociale. Questa mentalità ha infatti avuto, ed ha tuttora, come conseguenza, il fenomeno della “istituzionalizzazione”, per la quale il malato psichiatrico si ritrova costretto a vivere, suo malgrado e con gravi danni, con persone che non ha scelto, e per di più in spazi chiusi e rigidamente disciplinati. Si è voluto superare tale logica ed incentrare il percorso riabilitativo e di terapia sulla costruzione e sul potenziamento dei rapporti e delle relazioni interpersonali (tra ospiti e operatori, tra ospiti e ambiente esterno, tra gli ospiti stessi), perseguendo il duplice obiettivo di unire una valida soluzione abitativa alla progettazione di un percorso terapeutico personalizzato per ciascuno, che si muovesse con lo scopo finale del reinserimento sociale e familiare della persona ospitata in struttura. La realizzazione di questa idea passa attraverso l’attivazione di idonei strumenti, come i laboratori di cucina, di giardinag-

Visite specialistiche fisiatriche Medicina Fisica e Riabilitativa

gio, di pittura, di lettura, i cineforum e la guida all’utilizzo di internet, ecc., attività nelle quali le relazioni umane e gli oggetti della quotidianità acquistano un’enorme potenzialità riabilitativa e di cura. Tramite queste attività si consente infatti alle persone con patologia psichiatrica una riscoperta delle proprie risorse e competenze, promuovendo così la valorizzazione delle capacità (“potenzialità residue”) ed il raggiungimento di una reale autonomia personale. E’ stato inoltre inaugurato nella struttura un percorso di pet-therapy, particolare tipo di terapia che utilizza gli animali come principale tramite per la stimolazione alla socializzazione, oltre che per lo sviluppo del senso di responsabilità. Questo progetto vede coinvolte le due mascotte della struttura (un cane di razza cocker e una capretta sarda), cui presto si affiancheranno alcuni cavalli e numerosi animali da cortile. La nuova struttura può ospitare un totale di 16 persone, con bisogni riabilitativi differenti, che potranno beneficiare, nel contesto di un progetto personalizzato, anche di quegli inserimenti lavorativi previsti per i soggetti socialmente svantaggiati. Il personale è composto da Medici, Psicologi, Educatori, Infermieri, Animatori e Operatori socio-sanitari, i quali lavorano in èquipe nella realizzazione degli obiettivi sino

qui esaminati, garantendo un intervento sempre puntuale e adeguato, anche grazie ai corsi di aggiornamento interni assicurati loro dal Centro ANTES. L’ammissione degli ospiti avviene su proposta e decisione del Centro di Salute Mentale di riferimento, e la possibilità di usufruire di differenti tipologie di intensità terapeutico-riabilitativa (intenzionalità terapeutica da media a elevata) consente alle Asl un valido ventaglio di scelta. Ciò a tutela di un percorso condiviso con il Centro di Salute Mentale, sin dall’invio del malato, proseguendo con l’esecuzione del progetto terapeutico residenziale, per finire con la attivazione di una continuità terapeutica al ritorno nelle realtà di origine, dopo le dimissioni dalla struttura. Questi presupposti pongono la nuova struttura residenziale come un punto di riferimento d’eccellenza per la patologia psichiatrica nel nostro territorio, e la sua presenza permetterà ai numerosi pazienti ogliastrini attualmente ospitati in strutture lontane di riavvicinarsi alle proprie radici ed ai propri familiari. E ciò nel rispetto di una vocazione dichiarata: quella di fornire risposte specifiche ed appropriate in primis a chi è affetto dalla patologia, ma anche a tutti coloro che vivono la sofferta esperienza della malattia mentale all’interno della propria famiglia. Dott. Nicolò Curreli Contatti: Struttura residenziale ad alta intenzionalità terapeutica Via Comunale snc - ARDALI (fraz. di Triei) Direttore generale: Dott. Luigi Ferrai 347/0365559 Direttore sanitario: Dott Nicolò Curreli 347/7553392 Responsabile di struttura: Dott.ssa Marzia Demontis 320/0105205

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INVITO A CHI VUOL FARE ATTIVITA’ FISICA

Giornata dedicata alla celiachia Cresce l’impegno nei confronti di questa diffusa affezione TORTOLI’ 11 Giugno 2011 L’Associazione San Gemiliano di Tortolì, a distanza di 5 anni, ha organizzato, in collaborazione con la “Dr. Schär” un incontro dibattito sulla malattia celiaca. Una giornata interamente dedicata alla malattia quella di sabato 11 giugno, volta a sensibilizzare su questo particolare tema. La mattina si è tenuto il convegno presso il teatro San Francesco di Tortolì, grazie alla preziosa collaborazione dell’Amministrazione Comunale e del Comitato di San Gemiliano, che, oltre a organizzare, ha poi provveduto a “stuzzicare” i palati di celiaci e non con prodotti gastronomici senza glutine, nel suggestivo scenario della Chiesa campestre di San Gemiliano. L’idea è nata dal fatto che negli ultimi anni in Ogliastra c’è stata una escalation di diagnosi con un aumento esponenziale. Durante l’incontro hanno preso parola tre esperte nel campo della malattia celiaca: ha aperto i lavori Maria Antonietta Mameli, medico di medicina generale, che ha esposto la sintomatologia definendola multiforme, infatti, associa sintomi gastrointestinali, quali nausea, vomito,

diarrea cronica, dolori addominali, etc., a sintomi aspecifici, come calo ponderale, dolori muscolari e articolari, ritardo nella crescita soprattutto tra bambini e adolescenti, anemia, tiroiditi, diabete, etc. È proprio questa multiformità a rendere spesso difficile la diagnosi A seguire Raffaella Ferrai, medico ospedaliero e specialista in gastroenterologia, ha esposto l’iter diagnostico elencando tutti i test oggi disposizione e quelli in via di sperimentazione. A chiusura è intervenuta Gloria Scarparo, dietista e nutrizionista della Dr. Schär, la quale ha decretato che l’unica possibilità terapeutica della malattia celiaca è la dieto-terapia. La Scarparo, nel corso del dibattito, ha anche chiarito alcuni dubbi ai tanti celiaci e non, che hanno preso parte al convegno in merito alle regole alimentari da seguire. «È importante – ha precisato la Scarparo – fornire informazioni corrette e affrontare il tutto con serenità; non vergognarsi della propria condizione nutrizionale ma condividerla con gli altri perché sia occasione di crescita personale». Associazione San Gemiliano

L’esercizio fisico è un presidio per migliorare il proprio benessere e per prevenire o ritardare le malattie Che l’attività fisica faccia bene è ormai una certezza, ma per dare ancora più risalto a tale affermazione, un gruppo di volontari medici, infermieri e pazienti, coadiuvati da uno specialista in scienze motorie, dal mese di giugno si incontrano due volte alla settimana, presso il campo sportivo di Lanusei, per una camminata a passo svelto. Si tratta della pratica del “fitwalking”, una tecnica che insegna a camminare osservando una corretta meccanica del movimento. L’obiettivo è quello di far giungere alla popolazione generale ed agli operatori sanitari il messaggio secondo cui l’esercizio fisico è praticabile, è salutare ed anche divertente. Per informazioni rivolgersi al Servizio di Diabetologia dell’ Ospedale di Lanusei 0782/490260.

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Alla ricerca del diabete nascosto La ASL di Lanusei capofila in Sardegna di una importante iniziativa di prevenzione

Il diabete tipo 2 è diventato un problema sanitario di rilevanza mondiale. In Italia si osserva una prevalenza media del 3% che sale al 5,6% quando si considera anche il diabete non diagnosticato (un caso non diagnosticato su tre di diabete) nella fascia di età compresa tra i 45 e i 55 anni. La presenza del diabete non diagnosticato e il fatto che possa decorrere per anni asintomatico, tanto che alla diagnosi possono essere già presenti delle complicanze, determina una emergenza sanitaria che costa alla società milioni di euro per il trattamento delle complicanze causate da ritardata diagnosi o da trattamenti inadeguati. In Sardegna la reale prevalenza del Diabete, considerando le forme non diagnosticate, è del 6% con 6600 nuovi casi all’anno. Le evidenze scientifiche Recentemente sono stati portati a termine studi che hanno dimostrato che è possibile prevenire il diabete con misure igienico dietetiche. Per ottenere prove scientificamente valide in questi studi sono stati scelti soggetti con una probabilità conosciuta ed alta di sviluppare il diabete; alcuni, scelti a caso, sono stati trattati con le normali misure preventive (consiglio generale di restrizione dietetica ed aumento dell’esercizio fisico), altri con la prescrizione di una dieta particolare e controllata e di un esercizio fisico programmato secondo modalità ben definite. Uno studio si è svolto in Finlandia (Finnish Diabetes Prevention Study), sono stati

seguiti per oltre 3 anni 522 soggetti in sovrappeso con ipotolleranza ai carboidrati. Al gruppo di controllo sono state date istruzioni generali orali e scritte sulla dieta e l’esercizio fisico; al gruppo di intervento è stato dato un consiglio individualizzato volto alla riduzione del peso (obiettivo la riduzione almeno del 5%), alla riduzione dell’apporto globale di grassi, in particolare, di grassi saturi, di origine animale

quale ad esempio il burro, all’aumento della introduzione di fibre vegetali, allo svolgimento di un adeguato esercizio fisico (esercizio di entità moderata per almeno 30’ ogni giorno). La adesione alle prescrizioni è stata costantemente verificata e corretta se insufficiente. La riduzione nella comparsa di diabete è

OTTICA

stata del 58%, specificamente del 63% nei maschi e del 54 % nelle femmine. Riduzioni anche maggiori, fino al 70 ed 80% si sono osservate nei pazienti che hanno ottenuto una diminuzione di peso almeno del 5% (4 kg per una persona di 80 kg) ed hanno mantenuto un esercizio fisico migliore. Nello studio americano DPP (Diabetes Prevention Program) 3234 soggetti in sovrappeso non diabetici, ma con alterata

del diabete è stata del 58%. Conclusioni In conclusione una dieta equilibrata volta ad ottenere una riduzione del peso di almeno il 5-7% (4-5.5 kg per una persona di 80 kg) unita ad un esercizio fisico moderato, come una passeggiata di buon passo di almeno 20’-30’ al giorno, è in grado di ridurre di oltre la metà la probabilità di diventare diabetici per le persone che hanno diversi fattori che predispongono alla malattia Nel campo della prevenzione della malattia sono almeno due le aree di intervento: la prima quella della diagnosi tempestiva e la seconda l’individuazione dei soggetti a rischio di diabete e malattie cardiovascolari per i quali è necessaria un’adeguata azione di prevenzione. La campagna di prevenzione in Sardegna La Regione Sardegna ha istituito una campagna di prevenzione del diabete di tipo 2 e delle malattie cardiovascolari nella popolazione ad alto rischio attraverso la correzione dei fattori di rischio. La campagna 2011-2012 coinvolgerà tutte le ASL sarde ma la ASL 4 e la ASL 5 partiranno subito come ASL pilota. Popolazione coinvolta: uomini e donne di età superiore o uguale a 35 anni della popolazione residente (in Sardegna sono 1.033.667 secondo i dati ISTAT 01.01.2009) e successivamente la popolazione a rischio individuata.

tolleranza ai glucidi, sono stati trattati o secondo le modalità abituali o secondo un programma di modificazione dello stile di vita che si proponeva una perdita del 7% del peso corporeo e almeno 150 minuti di attività fisica alla settimana; sono stati seguiti per circa 3 anni. Anche in questo studio la riduzione dell’incidenza

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Periodico a cura di Mano Tesa Ogliastra

Gruppo di progetto E’ stato creato un gruppo di progetto aziendale costituito da referenti dei vari operatori coinvolti : un farmacista, un Medico di Medicina Generale (MMG), un diabetologo, un medico dello sport, responsabili del dipartimento di prevenzione, i cardiologi rappresentanti dell’ospedale e del territorio. I fase • Coinvolgimento della popolazione generale attraverso MMG, Centri di Diabetologia, Dipartimenti di Preven-

• • •

zione, Farmacie, Servizi di Cardiologia. Distribuzione ai cittadini dei questionari per l’individuazione della popolazione affetta da sindrome metabolica e/o malattia cardiovascolare. Consegna dei questionari nei punti di raccolta che saranno individuati. Consegna dei questionari nel punto di raccolta centrale. Elaborazione dei dati da parte di esperti (MMG, Cardiologi, Igienisti,ecc).

II fase

Per i soggetti individuati “a rischio”si prevede: • Controllo della glicemia ogni 2-3 anni • Se alterata glicemia a digiuno e/o ridotta tolleranza al glucosio invio per corsi di educazione strutturata. • Se confermata diagnosi di Diabete invio al Centro Diabetologico. Obiettivi di salute • Individuazione precoce dei soggetti a rischio di Diabete e malattie cardiovascolari

• Riduzione della prevalenza del Diabete • Riduzione della prevalenza dell’ipertensione Per una efficace riuscita dell’iniziativa è fondamentale l’adesione al progetto di tutta la popolazione di età superiore a 35 anni con la compilazione dei questionari e la loro relativa consegna. Gisella Meloni

Campo scuola Bau Mela 2011

Incontro a Bau Mela dei giovani diabetici Organizzato per il secondo anno dall’associazione FAND Ogliastra

Presso la struttura ricettiva sita nello splendido bosco di “Bau Mela” non lontano da Villanova Strisaili, nei giorni 4 e 5 Guiugno, l’associazione di volontariato Fand Ogliastra ha organizzato per le persone affette da diabete mellito insulino – dipendente un campo scuola che, al pari dell’anno precedente, si è rivelato estremamente

utile e ricco di interessanti iniziative. La preparazione e l’impegno profuso dal personale medico e para-medico specializzato ha consentito ai partecipanti di apprendere informazioni utili sull’importanza dello stile di vita come strumento di prevenzione e terapia nel diabete. Tra l’altro, oltre a dare una valenza scien-

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tifica all’incontro, si è riusciti nell’intento, anch’esso molto importante, di favorire tra le persone presenti lo scambio di opinioni e di esperienze personali in rapporto alla comune malattia. Aspetto, quest’ultimo, di non secondaria importanza, in ragione delle poche possibilità che il vivere quotidiano offre al diabetico di parlare apertamente della malattia. Il campo scuola ha, inoltre, rappresentato, un’occasione importante anche per i medici, le dietiste e gli infermieri per condividere con i ragazzi, in modo più completo, la gestione del diabete nella sua quotidianità, senza quei limiti di tempo che spesso impongono gli incontri ambulatoriali. L’escursione organizzata sui monti del Gennargentu e la visita al sito nuragico “is forros” è stata molto apprezzata non solo per via dei bellissimi paesaggi, ma anche perché ha consentito di mettere “in pratica”

le conoscenze apprese. I regolari controlli glicemici, effettuati in genere tutti insieme, hanno costituito uno spunto importante per discutere, osservare, ed imparare ad assumere decisioni comportamentali e terapeutiche. Al campo scuola ha preso parte l’equipe del reparto di diabetologia della ASL4 con la diabetologa Gisella Meloni, le dietiste Sandrina Leone e Gilda Usala e le infermiere Ornella Casula e Ignazia Frau nonché Giuseppina Floris della Pediatria. Molto apprezzati sono stati gli interventi della psicologa Paola Ferreli e del Dott. Alfonso Gigante, esperto in educazione terapeutica della UO della Diabetologia di Nuoro, nonché la condivisione delle proprie esperienze con diabetici “esperti” come Marcello Grussu, presidente ANIAD (Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici) sezione Sardegna. Si sottolinea, inoltre, la gradita presenza del Direttore Generale Dott. Francesco Pintus, che si è inserito in un lavoro di gruppo senza troppe formalità, facendo capire che i legami tra dirigenza, pazienti, operatori e associazione esistono e si possono solo rinforzare. L’iniziativa è stata realizzata con il supporto non condizionante di Roche che, anche quest’anno, ha riconosciuto in favore dell’associazione un contributo finanziario per concorrere alle spese del campo-scuola.

FAND

(Ass.ne italiana diabetici Ogliastra) Presidente: Francesca Greco Email: francesca-greco@tiscali.it


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Le insidie dell’Estate

Una serie di suggerimenti per vacanze più sicure e divertenti L’estate è tempo di ferie e di spensieratezza, di nuotate nelle acque del mare o dei laghi, di giochi sulla calda sabbia delle spiagge o di fresche escursioni immersi in verdi boschi o di arrampicate in alta montagna. Piace lasciarsi abbagliare dagli scottanti raggi del sole, allontanare il sonno per nottate di divertimento e mangiare con limitato controllo negli abbondanti festini insieme ad amici o a parenti ritrovati. Spesso, in queste occasioni, la capacità di attenzione nei confronti di insidie nascoste diminuisce e gli argomenti che seguono servono da promemoria per atteggiamenti, rimedi e comportamenti che possono aiutarci a godere meglio l’estate in tutta la sua allegria. Come comportarsi nei confronti del caldo eccessivo: · evitare di uscire e, ancor più, di svolgere attività fisica nelle ore più calde della giornata, di solito dalle 12 alle 17; · vivere in un ambiente rinfrescato da un ventilatore o dal condizionatore; questi elettrodomestici contribuiscono a ridurre l’umidità dell’aria, dando una sensazione di beneficio anche se la temperatura della stanza non diminuisce molto; · quando si passa da un ambiente molto caldo ad uno con aria condizionata è meglio coprirsi, tale accorgimento è particolarmente indicato per i bambini molto piccoli e per chi soffre di malattie croniche a carico dell’apparato respiratorio

· al sole è bene ripararsi la testa con un cappellino; in particolare il paziente diabetico deve esporsi al sole con cautela, onde evitare ustioni serie, perché presenta una diminuita sensibilità al calore da parte dei propri recettori cutanei; · in caso di cefalea provocata da un colpo di sole o di calore, bagnarsi subito con acqua fresca, per abbassare le temperatura corporea; · indossare indumenti chiari, non aderenti, di cotone o lino. Andrebbero evitate le fibre sintetiche che impediscono la traspirazione e facilitano irritazioni di tipo allergico, fastidiosi pruriti e arrossamenti che potrebbero complicare la situazione; · chi soffre di ipertensione arteriosa non

deve interrompere o sostituire di propria iniziativa i farmaci antiipertensivi, anche in caso di effetti collaterali, ma deve consultare sempre il proprio medico Per una corretta alimentazione: · fare pasti leggeri, preferendo la pasta, la frutta e la verdura; · diminuire la carne i fritti e i dolci in quanto in estate c’è minor bisogno di calorie; · evitare le bevande alcoliche e l’eccesso nel caffè che, aumentando la sudorazione e la sensazione di calore, contribuiscono alla disidratazione ; · le conseguenze della disidratazione possono anche essere gravi, per cui per integrare le perdite è necessario bere molto di più rispetto alle normali abitudini: l’acqua è la bevanda ideale ma sono indicati anche the leggeri, frullati, spremute sia di frutta che di verdura (carote, pomodori) che oltre ai liquidi reintegrano anche sali e vitamine. Vanno bevuti almeno due litri di acqua al giorno, di più se si svolge attività fisica; l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) consiglia di bere anche se non se ne sente il bisogno, in quanto vanno reintegrate le perdite quotidiane di minerali e liquidi; · vanno evitate le bevande troppo fredde che contrastano con la temperatura corporea e possono provocare l’insorgenza di congestioni anche gravi; · è indicato mettere in tavola cibi un po’

più salati del solito, per sostituire quei sali, specialmente sodio e potassio, persi con la sudorazione, cosa però da evitare se sono presenti problemi di ipertensione arteriosa. Come proteggere i propri occhi L’estate è una stagione molto delicata anche per gli occhi che sono esposti a varie insidie quali congiuntiviti, abrasioni della cornea, infezioni oculari. La luce eccessiva delle calde giornate estive è complice, a lungo andare, della comparsa della cataratta e della degenerazione maculare senile. Oltre che dal gran sole estivo, occorre proteggere gli occhi anche dalla sabbia, dal vento, dalla salsedine. Importanti regole di comportamento: · proteggere gli occhi con occhiali dotati di filtri a norma di legge, soprattutto quando il sole è forte e quando c´è riverbero; vanno evitati gli occhiali alquanto economici comprati dai “vu cumprà” lungo le spiagge o nelle improvvisate bancarelle


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ai lati di strade e piazze, non sono qualitativamente adeguati e spesso sono più dannosi che protettivi; · non portare lenti a contatto durante il bagno in mare o quando si prende il sole; · se entra sabbia negli occhi, risciacquare abbondantemente con acqua ed evitate di strofinare gli occhi. Se i sintomi persistono contattare un oculista o il medico di famiglia; · in acqua vanno utilizzati la maschera o gli occhialini se si soffre di irritazioni oculari; · applicare con cura la crema solare protettiva attorno agli occhi. Se però cola negli occhi stessi bisogna risciacquarli abbondantemente con acqua dolce; · non toccare gli occhi senza essersi lavati prima le mani; · è necessario evitare l´esposizione al sole e i bagni al mare o in piscina in presenza di infezioni o infiammazioni oculari; · sono maggiormente a rischio, per l’eccessiva esposizione alla luce, gli operati di cataratta che, non avendo più il cristallino naturale, sono più esposti alle radiazioni se non è stata loro impiantata una lentina che filtra, almeno parzialmente, le radiazioni ultraviolette.

Come proteggersi dal melanoma: · evitare l’esposizione eccessiva ai raggi solari soprattutto nei bambini ed in pre-

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senza di cute pallida che si abbronza con difficoltà e si scotta facilmente; · i bambini fino al 6° mese non devono essere esposti al sole; · evitare le esposizioni al sole nei climi caldi attorno al mezzogiorno (ore 11-14); · utilizzare indumenti, cappello con visiera, camicie, magliette, occhiali; · utilizzare l’ombra naturale (alberi) e creare protezione con ombrelloni, ecc.; · va ricordato che l’ombra è la migliore protezione dal sole e che un indumento appropriato protegge più di qualsiasi crema solare; · vanno usate, specie se la pelle è pallida, creme solari ad alta protezione, che contengano filtri che bloccano non solo i raggi UVB, responsabili delle scottature, ma anche gli UVA; · le creme antisolari devono essere applicate a dosi adeguate più volte al giorno ed essere resistenti all’acqua; · alcune sedi sono da proteggere in modo particolare: naso, orecchie, petto, spalle, dorso dei piedi e, se si è calvi, il cuoio capelluto; · va evitata l’abbronzatura artificiale con i lettini UVA, oltretutto, con tale metodica, si ottiene un precoce invecchiamento della pelle. Per fare il bagno in mare in sicurezza: · evitare di fare il bagno se non si è in perfette condizioni di salute; · dopo una lunga esposizione al sole, entrare in acqua gradualmente; · non entrare in acqua quando è esposta la bandiera rossa perché indica una condizione di pericolo per i bagnanti; · evitare il bagno se il mare è mosso, se il vento è forte, se vi sono forti correnti e se l’acqua è particolarmente fredda; · se non si sa nuotare è meglio fare il

bagno in acque basse e insieme a qualcuno che sappia nuotare bene; · dopo i pasti attendere almeno tre ore prima di fare il bagno, specialmente dopo pranzi a base di cibi grassi. Attenzione ai fulmini. La Sardegna non è, per le caratteristiche del suo clima, molto soggetta ai fulmini, ma considerato che quest’estate, secondo i meteorologi, sarà caratterizzata da un tempo instabile, la presenza di temporali non è assolutamente da escludere. Inoltre, essendo eventi imprevedibili, l’unica prevenzione efficace è seguire delle regole per un comportamento sicuro in modo da evitare danni alle cose e alle persone che possono essere anche molto gravi. Ricordiamoci che le persone colpite da fulmine non sono cariche elettricamente e dunque non si rischia nulla nel prestare loro soccorso. Il 70-80% delle vittime di fulminazione sopravvive per cui un soccorso imme-

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diato è determinante per salvare la vita. Cosa fare durante i temporali: · evitare di stare in piedi con le gambe divaricate e di sdraiarsi a terra. · è importante isolarsi dal terreno con qualsiasi materiale isolante; · non ripararsi sotto alberi isolati, specie se alti. Il bosco fitto è meno pericoloso, purché si resti lontano dai rami bassi; · va evitato di ripararsi sotto strutture metalliche, come piloni, tettoie aperte, cabine telefoniche; · stare distanti dalle barche e dalla spiaggia perché gli ombrelloni e gli alberi delle imbarcazioni attirano i fulmini; · se si ha la possibilità, rifugiarsi in macchina, chiudendo i finestrini, evitando di toccare le portiere dell’auto; · in casa staccare i dispositivi elettrici ed evitare di toccare radio, telefono e computer; non fare il bagno né la doccia, stare lontano da lavandini, tubi e acqua.


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Le insidie animali

in mare Le meduse Non è raro incontrare nelle acque dei nostri mari le meduse. I loro tentacoli ospitano delle particolari cellule, che si attivano quando vengono toccate ed estroflettono dei filamenti urticanti. Il contatto con questi filamenti urticanti provoca oltre al fortissimo dolore e bruciore, arrossamento con successiva comparsa di bolle. Che cosa fare: rimanere in acqua, non sfregare la pelle ma tamponare con un batuffolo imbevuto con alcool (o liquido alcolico) o con ammoniaca, aceto o del bicarbonato stemperato in un po’ d’acqua di mare e mettere del ghiaccio. Applicare quindi pomate antistaminiche. Rimuovere senza toccarli direttamente eventuali tentacoli applicandovi sopra sabbia bagnata o poltiglia di bicarbonato o della normale schiuma da barba ed

asportandola poi con qualsiasi cosa che possa essere usata a modo di spatola ad es. tagliando una bottiglia di plastica vuota o il retro di un coltellino. Un recente studio statunitense, però, ha verificato che le stesse sostanze non hanno proprietà lenitive sul dolore; al contrario ha un buon effetto un anestetico per uso topico come la lidocaina, che mostra un’azione inibente il rilascio delle tossine, oltre che un’azione anestetica lenitiva sulla pelle colpita. Cosa non fare: uscire dal mare e sciacquarsi con acqua dolce che provoca la rottura delle vescicole La tracina o aragna o pesce ragno

Le tracine si immergono nel fondale sabbioso, lasciando liberi solo gli occhi e le spine velenifere. Quando una preda capita a portata di bocca esse escono velocemen-

te fuori dal loro nascondiglio. Le tracine sono dotate di aculei velenosi sul dorso, che utilizzano a scopo difensivo. Non è raro incontrarle anche a pochi passi dalla riva, nascoste sotto la sabbia, dove è quasi impossibile accorgersi della loro presenza. Il dolore è molto forte, un bruciore profondo che si irradia dalla ferita lungo tutto l’arto, raggiungendo il suo massimo dopo 30-45 minuti dalla puntura, perdurando a volte per 24 ore. Nonostante il forte dolore (si dice che i pescatori che si pungevano in antichità venissero legati per evitare che si uccidessero buttandosi a mare) il veleno non è pericoloso per l’uomo e tutto si risolve in fretta. Piuttosto spesso però per lo shock doloroso l’organismo reagisce con nausea, vomito, tremori e svenimenti. Per un primo soccorso è utile immergere la zona colpita in acqua molto calda, anche salata, per due ore o almeno per 30 minuti, o sotto la sabbia riscaldata dal sole, poiché il veleno è termolabile. Scorfano

Le spine dei raggi della pinna dorsale e dell’opercolo branchiale sono collegate a ghiandole velenifere che rendono assai dolorosa la puntura, che può talvolta avere carattere di gravità e in alcuni rari casi può provocare perdita di coscienza, vertigini e ipotensione. Per un primo soccorso in caso di puntura togliere eventuali spine, lavare e disinfettare la parte traumatizzata,

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immergere la zona colpita, come per la tracina, in acqua molto calda, anche salata, per due ore o almeno per 30 minuti sotto la sabbia, poiché il veleno è termolabile cioè viene inattivato dal calore. Ricci di mare

Capita che camminando sugli scogli, magari senza indossare precauzionalmente scarpette e guanti idonei, si possa inavvertitamente poggiare la mano o il piede su qualche riccio di mare e riportarne la conficca di spine dolorosissime. Per alleviare il dolore del momento è necessario effettuare delle spugnature a temperatura molto elevata. Subito dopo bisogna intervenire per estrarre le spine, ad una ad una, con una pinzetta sterile oppure con degli aghi. I più adatti sono quelli utilizzati nelle siringhe per iniezioni. Se non si riesce ad estrarre tutte le spine può essere opportuno l’acquisto in farmacia di una pomata a base di ittiolo. E’ molto efficace, facilita al massimo l’espulsione delle spine. Non c’è bisogno di ricetta medica. Va spalmata sulla parte interessata e coperta con una garza. Nel caso di impossibilità a procurare la pomata all’ittiolo si possono rimuovere gli eventuali residui non estratti bagnando la pelle, più volte al giorno, con aceto e coprendo l’area con una compressa di garza, sempre imbevuta di aceto.


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sulla terra Morso del serpente

Non esistono in Sardegna serpenti velenosi e ciò pare sia stato determinato dal fatto che la nostra isola, essendosi staccata milioni di anni fa dal resto del continente, ha una fauna ed una flora “isolata” tutta particolare e ciò, tra altri aspetti, ha comportato che non ci siano vipere, unici serpenti velenosi italiani. Puntura della zecca

questo, passa facilmente inosservato. Una delle più efficaci procedure per staccarla consiste inizialmente con lo stordirla con un batuffolo impregnato di alcol, poi nel coprire la zecca e la cute intorno con dell’olio, infine, con una pinzetta si stacca la bocca della zecca dalla cute. Alcuni consigliano di non usare sostanze oleose, nella mia esperienza personale l’olio mi ha sempre consentito una facile estrazione dell’insetto. Sottovalutare una puntura di zecca può provocare encefaliti e altre serie malattie tra cui la temibile Malattia di Lyme. Le principali misure preventive sono: usare indumenti che coprono quanto più possibile il corpo, evitare di sedersi sull’erba, al rientro lavarsi accuratamente ed accertare l’assenza di zecche sui vestiti e sul corpo, ricordarsi che le zecche sono più attive da aprile a novembre. Api, Vespe e Calabroni

Le zecche, pur non essendo velenose possono provocare grossi danni alla nostra salute. Le femmine adulte sono lunghe circa 4 mm, sono di colore scuro e sono ben visibili ad occhio nudo. Quando si gonfiano di sangue assumono le dimensioni di un piccolo fagiolo di colore marroncino. I maschi e gli stadi precoci sono più piccoli e sono di colore nerastro. Il morso della zecca non è doloroso e, per

arreca un acuto dolore e gonfiore e, nei casi più gravi, orticaria e asma bronchiale o, in persone particolarmente sensibili, lo shock anafilattico. La loro presenza infastidisce soprattutto quando si è a tavola all’aperto. E’ da evitare di assumere l’erroneo atteggiamento di agitarsi per allontanarle, meglio rimanere immobili, aspettando che altro attiri la loro attenzione. Qualcuno suggerisce di posizionare a poca distanza un piattino con della marmellata o del miele diluiti con un po’ d’acqua, costa poco provare. In caso di sola reazione locale alla puntura, può essere sufficiente una pomata antistaminica o cortisonica. Nelle reazioni sistemiche, da quelle più leggere fino allo shock anafilattico, vanno prese delle serie contromisure ed è necessario rivolgersi al medico. Per le persone che sanno di essere allergiche alle punture di questi insetti può essere utile avere con sé, specialmente se si soggiorna in luoghi isolati, a parte delle compresse di antistaminici e di cortisone possibilmente orosolubili, una confezione di Fastjekt. Il Fastjekt esiste in due confezioni una per adulti e una per bambini e contiene dell’adrenalina, sostanza salvavita in caso di shock anafilattico, e la cui particolare confezione è adatta per l’autosomministrazione. Ogni scatola contiene una sola siringa e costa circa 78 euro, probabilmente per persone a rischio è una cifra che può valere la vita.

Le zanzare

Le zanzare rappresentano, durante l’estate, specialmente nelle località di mare e nelle pianure, una fonte di fastidiose punture. I servizi di Igiene delle ASL, per eliminare lo sviluppo delle zanzare, predispongono annualmente trattamenti disinfestanti per le larve, nell’intento di offrire alla popolazione una migliore qualità di vita. Per fortuna alle nostre latitudini la zanzara non è più portatrice della malaria di cui è il principale vettore. Per difenderci da questi fastidiosi insetti possiamo: • installare le zanzariere alle finestre; • indossare indumenti che coprano il più possibile il corpo; • applicare lozioni repellenti sulle parti del corpo non coperte da indumenti; • utilizzare spray insetticida oppure diffusori elettrici, o di altro tipo, seguendo attentamente le istruzioni per le modalità d’uso riportate nelle confezioni.

Più che un reale pericolo (sempre che non attacchino in sciami) la loro puntura

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Un rimedio antico

Su ballu ’e s’assargia C’è un piccolo animaletto, un’aracnide della lunghezza di circa 15 mm rivestito da una livrea nera che presenta sul dorso 13 macchioline rossicce più o meno rotondeggianti, presente nelle nostre campagne tra i sassi e le stoppie soprattutto d’estate: è il “latrodectus tredecimguttatus”, volgarmente detto “Malmignatta”o anche “Vedova nera del Mediterraneo”. Più conosciuto in Sardegna con il nome di argia o, nella definizione più antica di Ussassai, “borgiu orrubiu”. Conosciuta fin dall’antichità, quando veniva chiamata “solifuga”, viene descritta con buona precisione e in maniera interessante già in periodo classico, dal 1°al 3°secolo d.C., in particolare da Plinio il Vecchio, da Pompeo Festo, da Gaio Giulio Solino. In periodo medioevale ce ne parla S.Isidoro vescovo di Siviglia ed infine nel XVI secolo Sigismondo Arquer nella sua opera “Sardiniae brevis Historia et descriptio”. Da sempre guardata con sospetto dalla gente dei villaggi, circondata da una fama un po’ sinistra e da un alone inquietante di mistero e paura, è avvertita come una presenza oscura, nascosta e minacciosa sempre in grado di provocare un male temuto e improvviso. In effetti non si tratta di una fama totalmente abusata perché la puntura dell’argia è comunque pericolosa anche se raramente mortale, se non per gli organismi defedati. La persona colpita presenta una sintomatologia ricca ed articolata,che può facilmente impressionare la gente, da qui la paura che la circonda, soprattutto quando i disturbi compaiono in maniera tumultuosa in tutta la loro espressione e in particolare quando culminano nella perdita dei sensi. La persona colpita infatti può presentare dolore acuto nel punto di inoculazione del veleno, sudorazione, nausea, vomito, febbre, crampi addominali ed infine può perdere i sensi. Di fronte a queste manifestazioni come reagivano i nostri antenati? Quali misure terapeutiche venivano elaborate e messe in atto per contrastarne gli effetti in un periodo storico in cui la malattia era intesa come maleficio e medici e medicina si embricavano spesso con la dimensione magico-religiosa? La risposta non poteva essere che nella elaborazione di un rito

apotropaico anch’esso magico-religioso: su ballu e s’assargia. La sua origine dunque affonda nella notte dei tempi e con il suo ricco misterioso e affascinante patrimonio antropologico dal respiro veramente mediterraneo arriva nella sua struttura portante, fino quasi ai nostri giorni. Il suo respiro mediterraneo è testimoniato da rituali simili presenti sicuramente nella penisola italiana, ne è un esempio, stando a quello che affermano gli studiosi, la famosa tarantella nata anch’essa per combattere il morso, in questo caso, della tarantola.

su ballu e s’assargia. Nel giro di poco tempo si compone in maniera rapida e naturale un gruppo coreutico terapeutico. Il nostro malato giace su una stuoia al centro di una grande stanza o anche all’aperto in una “prassa de iginau”. Intorno a lui si dispone in modo circolare il particolarissimo gruppo di danzatori-shamani, costituito da diverse coppie formate da un vedovo e una vedova, un celibe e una nubile, un uomo e una donna sposati ma non tra di loro, questo perché nella fantasia popolare l’argia poteva essere “fiuda”, “coiada”, “bagadia”.

Immaginiamo uno dei nostri villaggi d’Ogliastra, sul far della sera di un’afosa giornata estiva. Contadini e pastori rientrano dalla campagna, all’improvviso un grido d’aiuto lacera l’aria rompendo la quiete del paese. Una persona si è accasciata esanime a terra: l’argia ha colpito. Accorre la gente “ateu ca dda puntu s’assargia” è la diagnosi precisa, immediata e allarmata. “Dai ca ddu addausu” è la risposta altrettanto immediata e sicura. E’ l’invito spontaneo, tramandato quasi come un DNA della tradizione, a mettere in atto l’antico rimedio da sempre conosciuto:

La disposizione in tondo ricalca chiaramente e in maniera del tutto naturale la coreografia circolare del ballo sardo “su ballu tundu”, il cui significato primigenio, occorre sottolinearlo, non era ludico o di divertimento come è considerato ai nostri giorni, quanto piuttosto magico-religioso. Il cerchio così costituitosi delimita uno spazio magico di protezione nei confronti dell’ammalato per impedire da una parte l’ulteriore penetrazione di altri malefici che vorrebbero ancora insidiare la persona colpita, dall’altra, e questo è l’aspetto più chiaramente apotropaico, per mettere in

fuga, scacciare il male costringendolo ad abbandonare la vittima colpita che non a caso giace al centro dello stesso cerchio. Ultimata la disposizione del gruppo si levava un canto intonato dagli astanti, dapprima lento, poi in crescendo, seguendo e dettando nel contempo il ritmo incalzante del ballo sardo cantato accompagnato anticamente dallo strepito dei campanacci legati alle gambe dei danzatori, e, in tempi più recenti, probabilmente dalla seconda metà dell’ottocento, dall’organetto diatonico ed infine dalla fisarmonica. Il canto recitava così: Duru duru duru.......... ca t’ha puntu s’assargia fradi miu si morgiada s’assargia e tui no. Duru,duru,duru....... Veniva ripetuto in maniera ossessiva, senza pausa. Nel contempo in sincronia con il canto si muoveva il cerchio, dapprima lentamente, poi ondeggiava assorto, ieratico e solenne secondo il ritmo del ballo sardo detto, almeno ad Ussassai, “a ballu e’ peis” come dire leggermente saltato. Nel pieno della danza le donne agitavano fazzoletti variopinti sfiorando il corpo del malato con il chiaro intento di rafforzare l’efficacia della danza nella lotta contro il male. Il tutto veniva protratto per un periodo di tempo imprecisato, fino a quando cioè il paziente non dava segni di un qualche miglioramento, probabilmente più apparente che reale. Funzionava? Non funzionava? Le testimonianze raccolte ad Ussassai e che risalgono alla prima metà degli anni cinquanta, sostenevano in maniera convinta l’efficacia del rimedio che in parte poteva essere giustificata dalla longevità del rito. Noi sappiamo per altro che il successo terapeutico era del tutto casuale o per dirla con i vecchi clinici, legato alla “vis sanatrix naturae”, cioè della forza di guarigione presente nella natura, della quale per fortuna il genere umano è sempre stato dotato e nei confronti della quale i medici di ogni tempo, quindi anche della nostra era così evoluta dal punto di vista tecnico e scientifico, continuano ad avere tutto sommato un debito inestinguibile. Giorgio Cabras


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Sanità in pillole UOMO TORNA A VEDERE CON RETINA RIATTACCATA DOPO 55 ANNI Washington 17.06.2011. Un uomo di 64 anni e’ riuscito a riacquistare la vista ad un occhio, che aveva perduto 55 anni prima, grazie a un intervento con cui gli e’ stata riattaccata la retina. Il caso, il primo al mondo di questo genere, e’ stato riportato dal Journal of Medical Case Reports.

I CELLULARI NON SONO CANCEROGENI, NUOVO STUDIO INTERNAZIONALE Nonostante la recente decisione di classificare i telefoni cellulari come possibili agenti cancerogeni, sono in aumento le evidenze scientifiche che escludono un nesso tra l’uso dei telefo-

nini e l’insorgere di tumori al cervello. E’ quanto emerge da un’ampia revisione degli studi pubblicati in precedenza, condotta da un gruppo di esperti britannici, americani e svedesi, giunti alla conclusione che non ci sono prove convincenti a sostegno di tale nesso.

DUE MELE AL GIORNO DIMINUISCONO IL RISCHIO CARDIACO Mangiare mele abbassa i livelli di colesterolo e conseguentemente diminuisce l’ispessimento e l’infiammazione della parete arteriosa. Le mele contengono pectina, fibra solubile, che blocca l’assorbimento del colesterolo. Inoltre, con l’azione dei polifenoli antiossidanti, prevengono il danno cellulare causato dai radicali liberi. Dopo 12 mesi di dieta arricchita con mele, il colesterolo totale diminuisce

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del 14% e l’LDL del 23%. Nello stesso tempo i livelli di idroperossido e di PCR sono ridotti di un terzo.

L’OBESITA’ DEGLI ITALIANI COSTA 40 MILIARDI L’ANNO La corretta educazione alimentare si puo’ tradurre in minori costi per la societa’. In Italia la spesa sostenuta ogni anno in terapie e cure per patologie cardiovascolari, diabete e tumori e’ di 40 miliardi di euro, pari a circa 700 euro a testa. E anche se negli Usa il fenomeno e’ decisamente maggiore, e’ assolutamente urgente intervenire. Un bimbo su tre e’ in sovrappeso e i bambini italiani obesi e in sovrappeso hanno aspettativa di vita piu’ bassa dei genitori. Dobbiamo, ed e’ urgente farlo, progettare un mondo migliore, ognuno per la propria parte. E’ necessario un approccio multidisciplinare e diffon-

dere le conoscenze sull’importanza di adottare abitudini alimentari e corrette fino da giovani, evidenziando come i cibi per cui si consiglia un consumo piu’ frequente siano quelli che determinano gli impatti ambientali minori. Secondo lo studio, la composizione ottimale della dieta settimanale di un bambino dovrebbe prevedere il consumo di cereali, soprattutto integrali, frutta e verdura, latte e latticini tutti i giorni; carne 2-3 volte la settimana; pesce almeno 3 volte; legumi almeno 2 volte; formaggi 2 volte e uova 1-2 volte la settimana. Inoltre, l’apporto calorico quotidiano dovrebbe essere suddiviso su 5 pasti. Per una dieta amica dell’ambiente occorre prediligere scelte vegetariane: una pietanza con carne ha un impatto due volte e mezzo superiore rispetto a quella con verdure.

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La pagina del LEGALE a cura di Severina Mascia

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Esclusione dalle visite di revisione per l’accertamento della permanenza dello stato invalidante

I pazienti con gravi patologie sono esonerati da continui controlli Il percorso di semplificazione degli accertamenti sanitari inerenti alla permanenza dello stato invalidante, iniziato con la legge 9 marzo 2006, n. 80, prevedeva l’emanazione, da parte del Governo, di un apposito decreto che indicasse le patologie rispetto alle quali escludere le visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante. Tale decreto è stato emanato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze il 2 agosto 2007 e pubblicato sulla G.U. n. 225 del 27 settembre 2007. L’esonero richiede la sussistenza di due presupposti:

favore dell’indennità di accompagnamento o di comunicazione; ovvero, nel caso in cui le certificazioni non risultino acquisite agli atti da parte delle citate commissioni, direttamente dagli interessati. L’elenco che segue, contenuto nel decreto, ed aggiornato ogni anno, indica le patologie invalidanti rispetto alle quali

Diagnosi della specifica condizione patologica causa di grave compromissione dell’autonomia personale. Valutazione prognostica. Valutazione della funzionalità respiratoria sulla base degli accertamenti eseguiti. Indicazione di trattamento con ossigenoterapia o ventilazione meccanica in corso.

1. essere titolari dell’indennità di accompagnamento o dell’indennità di comunicazione, quest’ultima riguarda i sordomuti; 2. essere portatori delle menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti contemplate nell’apposito decreto ministeriale. Attualmente, pertanto, i titolari dell’indennità di accompagnamento o dell’indennità di comunicazione, affetti dalle patologie indicate nel D.M. 2 agosto 2007, sono esonerati da ogni visita medica finalizzata all’accertamento della permanenza della minorazione civile o dell’handicap. Ai fini della dimostrazione della permanenza della condizione invalidante saranno quindi sufficienti le certificazioni sanitarie rilasciate da strutture sanitarie pubbliche o private accreditate, da richiedere alle commissioni mediche A.S.L., che si sono espresse in

sono escluse visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante e la relativa documentazione sanitaria necessaria. 1) Insufficienza cardiaca in IV classe NHYA refrattaria a terapia Diagnosi della specifica condizione patologica causa di grave compromissione dell’autonomia personale. Valutazione NHYA sulla base degli accertamenti effettuati e risposta ai presidi terapeutici. 2) Insufficienza respiratoria in trattamento continuo di ossigenoterapia o ventilazione meccanica

3) Perdita della funzione emuntoria del rene, in trattamento dialitico, non trapiantabile Diagnosi della specifica condizione patologica causa di grave compromissione dell’autonomia personale. Valutazione prognostica. Indicazione di trattamento dialitico in corso. 4) Perdita anatomica o funzionale bilaterale degli arti superiori e/o degli arti inferiori, ivi comprese le menomazioni da sindrome da talidomide Diagnosi della specifica condizione patologica causa di grave compro-

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missione dell’autonomia personale. Valutazione funzionale della menomazione con descrizione della concreta possibilità o impossibilità motivata di utilizzo di protesi, ortesi e/o ausili. 5) Menomazioni dell’apparato osteoarticolare, non emendabili, con perdita o gravi limitazioni funzionali analoghe a quelle delle voci 2 e/o 4 e/o 8 Diagnosi della specifica condizione patologica causa di grave compromissione dell’autonomia personale. Valutazione funzionale, sulla base degli accertamenti effettuati come alle voci 2 e/o 4 e/o 8. 6) Epatopatie con compromissione persistente del sistema nervoso centrale e/o periferico, non emendabile con terapia farmacologia e/o chirurgica Diagnosi della specifica condizione patologica causa di grave compromissione dell’autonomia personale. Persistente compromissione neurologica. Referti di esami specialistici. 7) Patologia oncologica con compromissione secondaria di organi o apparati Diagnosi della specifica condizione patologica causa di grave compromissione dell’autonomia personale. Stadiazione internazionale della specifica patologia. Compromissione funzionale secondaria di organi od apparati. 8) Patologie e sindromi neurologi-

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che di origine centrale o periferica, (come al punto 4). Atrofia muscolare progressiva; atassie; afasie; lesione bilaterale combinate dei nervi cranici con deficit della visione, deglutizione, fonazione o articolazione del linguaggio; stato comiziale con crisi plurisettimanali refrattarie al trattamento Diagnosi della specifica condizione patologica causa di grave compromissione dell’autonomia personale. Valutazione prognostica. Valutazione funzionale: tono muscolare; forza muscolare; equilibrio e coordinazione; ampiezza e qualità del movimento;

prassie, gnosie; funzioni dei nervi cranici e spinali; linguaggio; utilizzo di protesi, ortesi e/o ausili. 9) Patologie cromosomiche e/o genetiche e/o congenite con compromissione d’organo e/o d’apparato che determinino una o più menomazioni contemplate nel presente elenco Diagnosi della specifica condizione patologica causa di grave compromissione dell’autonomia personale. Valutazione prognostica. Compromissione funzionale di organo e/o di apparato, sulla base degli accertamenti effettuati.

10) Patologie mentali dell’età evolutiva e adulta con gravi deficit neuropsichici e della vita di relazione Diagnosi della specifica condizione patologica causa di grave compromissione dell’autonomia personale. Valutazione prognostica. Valutazione e descrizione funzionale: funzioni intellettive; abilità cognitive; abilità e competenze affettive e relazionali; autonomia personale; abilità e competenze di adattamento sociale. 11) Deficit totale della visione Diagnosi della specifica condizione patologica causa di cecità e conseguente grave compromissione dell’autonomia personale.

Valutazione funzionale: visus naturale e corretto in OO (spento, motu manu, ombra luce); ERG e PEV destrutturati; campo visivo binoculare inferiore al 3%, indipendentemente dal residuo visivo in OO o diagnostica con neuroimmagini. 12) Deficit totale dell’udito, congenito o insorto nella prima infanzia Diagnosi della specifica condizione patologica causa di sordità prelinguale e conseguente grave compromissione dell’autonomia personale. Valutazione funzionale: esame audiometrico; impedenziometria; potenziali evocati uditivi.

Nella difficoltà a volte affiora il meglio di noi Per Itzhatk Periman, famoso violinista , non era un’impresa facile raggiungere il palco-

scenico: colpito da poliomielite quand’era ancora bambino, era bloccato da protesi su entrambe le gambe e camminava con l’aiuto di stampelle. Una volta seduto, dopo avere adagiato le stampelle per terra, sbloccava le protesi dalle gambe, poi ritirava una gamba ed estendeva l’altra in avanti. Infine, si abbassava per prendere il violino, e, una volta sistematolo sotto il mento, accennava al Direttore che si poteva procedere a suonare. Queste situazioni si ripeterono anche prima del concerto che Periman doveva eseguire il 18 novembre 1995 sul palcoscenico del Lincoln Center di New York. Il pubblico era abituato al ripetersi di questo rituale e lo seguiva in silenzio. Un giorno però accadde un grosso imprevisto: proprio mentre stava per concludersi la prima parte dello spartito, gli si ruppe una corda del

violino. Agli occhi dei presenti non vi erano dubbi su ciò che occorreva fare. Periman avrebbe dovuto alzarsi in piedi, sbloccare le protesi, prendere le stampelle e lasciare il palcoscenico per trovare un altro violino e/o un’altra corda. Non accadde niente di tutto ciò. Ci fu un attimo di silenzio; Periman chiuse gli occhi e dopo un pò fece cenno al direttore di riprendere dal punto in cui l’orchestra si era fermata. Iniziò a suonare con tanta passione, con tanta forza e con tanta maestria che nessuno l’aveva mai sentito esibirsi con una tale perfezione. Sappiamo tutti che è impossibile suonare un’opera sinfonica con tre corde, eppure Periman rimodulava il brano con una capacità impressionante. Alla fine, dopo un attimo di sbalordito silenzio, ci fu un’esplosione di applausi. Periman sorrise, si asciugò il sudore

dal volto, invitò il pubblico al silenzio e disse: “ Voi sapete che a volte il compito dell’artista è quello si esplorare quanta musica si può produrre con quello che resta “. In realtà questa frase, applicata alle situazioni di vita di tanti malati, ci consente di proporre una migliore definizione della vita per tutti. Periman si era preparato per produrre musica con quattro corde e nel mezzo del concerto si era trovato con un violino a tre corde. Decise di suonare con quelle sole tre corde e la musica che ne scaturì risultò più bella e indimenticabile di qualsiasi brano che avesse mai interpretato con quattro corde. La sfida nella vita è produrre musica con ciò che si ha e, quando questo non è più possibile, con ciò che resta. Tonino Loi

Invitiamo chiunque volesse far presente un disservizio o volesse ringraziare per aver ricevuto un’assistenza particolarmente valida ed umana, o che volesse proporre dei suggerimenti, a scriverci, chiamarci, o inviarci una e-mail. Saremo ben lieti di pubblicare tali comunicazioni. mano.tesa.ogliastra@alice.it

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Le figure storiche della Sanità in Ogliastra

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Il racconto di babbo Luigi dai ricordi del figlio Mario

Dottor Luigi Carta

Medico condotto a Villagrande dal 1920 al 1945 “Notte del 5 Gennaio 1945.

Non è semplice scrivere qualche riga su una persona qualsiasi, diventa difficilissimo se questa persona è tuo padre. Avevo solo dieci anni quando, nel 1946, un infarto mi ha privato di un bene così prezioso ma, se pur breve, il periodo trascorso con lui è servito a fissare nel mio animo sentimenti di amore e stima per il prossimo, per chi soffre e tribola nella malattia. Prima di descrivere un suo profilo, voglio riportare il testo di una lettera che mi lasciò sul lettino la notte della Befana del 1945, l’ultima trascorsa insieme, a dimostrazione di quanto mi insegnava nonostante la mia tenera età:

Carissimo Mario Carta, mentre tu dormi nel tuo letto caldo il sonno tranquillo di bambino sano e buono, migliaia di altri bambini innocenti giacciono irrequieti e infreddoliti, ammalati e sconsolati! La Befana 1945 non poteva perciò pensare né a giocattoli né a dolciumi mentre altri bambini soffrono nel mondo ed anche nella tua Sardegna meno desolata dalla guerra. Ti ho però voluto lasciare silenziosa questo segno del mio affetto perché voglio che nel tuo cuoricino ben fatto cresca l’amore verso chi soffre e spera. Sii sempre buono e caritatevole. La Befana 1945” Luigi Carta nacque a Jerzu il 27 novembre 1880 da Sisinnio Carta Murgia e Rosa Demurtas, frequentò le scuole elementari nel suo paese ottenendo dei lusinghieri successi tanto da meritare diversi premi anche in campo nazionale, non ultimo quello conferito dal Comune di Roma nel 1890. Terminato questo ciclo e visti i risultati conseguiti, lo zio Francesco Carta, allora Direttore della Biblioteca Nazionale Braidense di Milano, lo portò con sè perché potesse proseguire gli studi superiori.

su diversi pazienti. Ne cito solo alcuni tra quelli riportati nei suoi diari di lavoro: ernia crurale strozzata, eseguita la cura radicale e guarita per prima intenzione, intervento su un uomo di 36 anni; cisti di echinococco del polmone, svuotamento mediante costotomia su un uomo di 31

Capitano di fanteria

del paese, incarico che lasciò per arruolarsi volontario nella prima guerra mondiale col grado di tenente medico. Dr Carta con il piccolo Mario

anni; tubercolosi del testicolo, castrazione eseguita su un giovane di Sardara; trattamento di ascesso prostatico eseguito su un paziente di 67 anni. Nel 1914, essendo il comune di Villagrande Strisaili senza medico condotto, su proposta del Prefetto, il commissario straordinario gli affidò il servizio sanitario

Studente modello al Liceo Ginnasio Gioberti di Torino dal 1891 al 1896 fu premiato, al termine del corso, con un attestato di “Conseguito onore”. Proseguì gli studi a Milano curando anche l’apprendimento di lingue straniere in particolare lo spagnolo, il tedesco ed il francese che parlava correttamente. Rientrato in Sardegna, il 28 giugno 1907 conseguì la Laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Cagliari. Iniziò subito la sua attività a Jerzu quindi, dal gennaio 1909 al mese di aprile 1914, medico condotto a San Nicolò d’Arcidano, dove eseguì anche degli interventi chirurgici Il piccolo Mario in braccio alla madre

Pausa caffè al fronte

Promosso al grado di Capitano, fu nominato “Dirigente del Servizio Sanitario” nel 280° Reggimento Fanteria. Medaglia di bronzo al valor militare a San Biagio di Collalta il 19 giugno 1918 con la seguente motivazione: ”Dirigente il Servizio Sanitario di un reggimento impegnato in un’azione, portò il posto di medicazione fin sulla prima linea, disimpegnando in modo lodevole il proprio servizio. Fattasi più aspra la lotta, si spinse fra i militari


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Le figure storiche della Sanità in Ogliastra

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Pisanu. Si doveva ingessare un braccio fratturato quasi vicino al gomito e, per poter tenere l’arto in trazione, babbo chiamò appunto nonna Lecca che spesso fungeva da assistente. Si era d’estate per cui, sudando più del solito, l’assistente mollò la presa e l’arto non fu più in trazione. Ho ancora nelle orecchie le urla di babbo e gli improperi che scagliò contro la mal capitata; questa però non si perse d’animo e replicò a sua volta: “senta dottore, se crepa per le urla, in casa ho ancora qualche bobina di filo e posso ricucirla anche senza aiuto”. Tale reazione calmò l’ira del medico che subito ordinò a mia madre di offrire il caffè sia al paziente che a nonna Lecca. Al termine delle giornate di intenso lavoro, dopo cena, si dedicava allo studio, consultando in particolare testi di medicina e approfondendo lo studio

Con un dirigrnte della SIAF nei cantieri dell’Alto Flumendosa con alle spalle la capanna adibita ad infermeria

quale combattente, rincuorandoli con le parole e con l’esempio”. Fu insignito della Croce di Guerra al merito il 15/6/1918 ed il 9/2/1919 e Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia il 27/9/1923. Terminata la guerra, fu medico condotto a Tertenia fino al 22 aprile 1920, quindi a Villagrande Strisaili dal 1920 al 1945. Durante la sua attività a Villagrande, nonostante il suo carattere forte e spesso apparentemente scorbutico nei confronti dei pazienti, esercitò la sua professione per il bene della popolazione dedicando tutte le proprie energie fisiche e spesso materiali per l’assistenza dei più bisognosi. Chiamato per una visita domiciliare, trovò il paziente su un letto in una camera

Con i paesani in piazza di chiesa a Villagrande

illuminata da una fioca luce che a stento permetteva di vedere. Chiese del perché vi fosse la luce accesa e non gli sportelli della finestra aperti che avrebbero fornito più luce. “Non ci sono i vetri alla finestra” fu la risposta. Dopo la visita il medico provvide a mandare il falegname perché mettesse le cose a posto. Si era infatti negli anni quaranta, in piena guerra mondiale e le difficoltà del medico erano enormi data la carenza di ogni mezzo per garantire al meglio l’assistenza sanitaria. Le giornate di mio padre erano quasi sempre uguali: la mattina, dopo un caffè d’orzo o di ghiande e un goccio di latte, iniziava l’attività ambulatoriale. L’ambulatorio era una stanza al pian terreno della propria abitazione, un piccolo andito serviva da sala d’attesa. Il lavoro era

Con i paesani alla festa di S. Barbara

tanto data la frequente presenza di feriti che venivano dai cantieri del Flumendosa, dei taglia legna dell’impresa Mazzella e dei colpiti dalla malaria e dal carbonchio che veniva trattato con ferro arroventato. Nel cortile adiacente l’abitazione erano state sistemate delle panche per consentire ai pazienti di mettere al sole le ferite e poterle asciugare. Dopo le visite ambulatoriali, consumato il pranzo, iniziava il giro del paese per le visite domiciliari. Non mancavano le prestazioni straordinarie come la volta che dovette operare un pastore, appena rientrato dalla campagna con forti dolori addominali. Fece stendere il paziente su un tavolo all’aperto, la sala operatoria poteva attendere, e lo operò di appendicite. Non dimenticherò neanche la sfuriata contro nonna Lecca, moglie di

delle lingue straniere. Nonostante allettanti inviti a lasciare la condotta per esercitare la sua attività in altre sedi più rappresentative, rifiutò sempre per poter stare vicino alla popolazione e agli operai impegnati nella costruzione degli impianti dell’Alto Flumendosa. Si prodigò con ogni mezzo perché molti feriti e tanti malati di malaria venissero assistiti al meglio in rapporto alle condizioni socio-economiche e sanitarie del periodo. Vicino alla nostra abitazione vi era una casa sfitta, mio padre la vide ideale per essere adibita a casa di cura: con alcune brande arredò le stanze e vi ricoverò alcuni feriti gravi e molti malati di malaria. A quei degenti non mancarono


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Le figure storiche della Sanità in Ogliastra

che non si era arresa neanche davanti alle armi austriache, era ormai alla fine. Quel cuore grande che pareva non volesse fermarsi mai lo tradì il 4 gennaio 1946 spezzando così la sua attività. Morì

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poverissimo a Nuoro, assistito dal suo caro amico Professor Satta, lasciando la famiglia nel dolore e nella disperazione. Mario Carta

Una critica che è stata mossa alla redazione di questo periodico è che le lodi che intessiamo nei confronti dei medici condotti di un tempo siano esagerate. Riportiamo questa lettera come testimonianza diretta di quanto invece quelle disagiate condizioni di lavoro fossero vere e di come fosse genuina la dedizione al lavoro di quei professionisti. Invitiamo alla sua lettura anche qualche giovane medico che a volte mostra del malumore per effettuare una semplice visita domiciliare.

Nel soggiorno di casa

mai il pranzo e la cena che ogni giorno portavo con l’aiuto di mia madre. Molti villagrandesi ancora oggi, oltre a ricordarlo per le sue disavventure come autista e con altri aneddoti, lo ricordano come valente medico e uomo di buon cuore. Tuttavia l’amore per i poveri, i diseredati, i malati più gravi, la gioia di stare sempre vicino alla gente, sentirne le loro difficoltà, venne meno in un triste giorno del mese di settembre 1945. Per l’intera comunità

Il cantiere del primo salto Flumendosa sotto la neve

di Villagrande rimane una pagina nera che è meglio non trattare nei particolari, per babbo fu l’inizio della sua sofferenza, della tristezza, della sconfitta dopo tanto prodigarsi per il bene comune. Si fece ricoverare all’ospedale San Francesco di Nuoro alla vigilia del Natale 1945 perché aveva ormai capito che il suo cuore non reggeva più il peso dello sconforto, della tristezza: aveva capito che la sua vita, la sua forte fibra di valoroso combattente,


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La pagina delLA VETERINARIA

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La carne E’ un alimento che è stato sempre presente nella dieta dell’uomo: inizialmente, durante il periodo del nomadismo, veniva procurato con la caccia o utilizzando i residui dei pasti dei carnivori mentre con l’instaurarsi dei primi insediamenti stanziali l’uomo diventò agricoltore ed allevatore provvedendo all’ addomesticamento degli attuali animali domestici fornitori anche di carne oltre che, per alcuni di essi, di lavoro. Naturalmente non tutte le classi sociali hanno usufruito, nei vari periodi storici, di questo prezioso alimento; la povertà diffusa, oltre ai terrificanti periodi di carestia, frequentemente hanno limitato il consumo di questo alimento alle classi sociali più benestanti. Oggi, nonostante che le conoscenze scientifiche ne sconsiglino l’abuso ed è sempre più diffusa una certa sensibilità animalista, la fame di carne dell’uomo non si è modificata e la carne resta uno degli alimenti, dall’elevato contenuto proteico, più consumati. I dati relativi all’anno 2009 riferiscono di un consumo pro capite annuo in Italia di Kg 87; considerato che i dati ufficiali sono falsati per difetto si può concludere che il consumo giornaliero pro capite è di circa 300 gr. La quota maggiore di carne consumata è da ascrivere senz’altro alla carne suina sia come prodotto fresco ma, soprattutto, come carne destinata alla industria salumiera, segue la carne bovina, mentre aumenta costantemente la quota occupata dal pollame. In Sardegna, e quindi anche nella nostra zona, considerato il tipo di allevamento praticato, è presente anche un discreto consumo di carni ovine e caprine, mentre la quantità di carne equina consumata la rende un po’ un prodotto di nicchia. Altri tipi di carni hanno fatto solo una timida comparsa. La legislazione attuale ( Regolamento CE 853/2004 ) definisce come “carne “ tutte le parti commestibili, compreso il sangue, degli animali sotto elencati: “Ungulati domestici” cui appartengono gli animali della specie bovina, suina, ovina, caprina ed equina; “Pollame” cui appartengono i volatili d’allevamento compresi i volatili che non sono considerati domestici, ma che vengono allevati come i domestici, ad eccezione degli struzzi; “ Lagomorfi “ cui appartengono il coniglio,

la lepre e qualche roditore; “ Selvaggina selvatica” cui appartengono gli “ungulati “ e i “lagomorfi “ selvatici nonché altri mammiferi terrestri oggetto di attività venatoria ai fini del consumo umano e considerati selvaggina selvatica ai sensi della legislazione vigente negli Stati membri interessati, compresi i mammiferi che vivono in territori chiusi in condizioni simili a quelle della selvaggina allo stato libero; “ Selvaggina d’allevamento” cui appartengono gli struzzi e mammiferi terrestri d’allevamento diversi da quelli elencati al punto 1); “Selvaggina selvatica piccola” selvaggina da penna e lagomorfi che vivono in libertà;

sopracitati e, nei grossi animali, anche della testa, viene chiamato carcassa. Come tutti gli alimenti, anche le parti commestibili provenienti da un animale macellato (o cacciato quando trattasi di selvaggina ), devono possedere alcune caratteristiche o qualità che soddisfino i sensi (gusto, olfatto, vista, ecc. ) del consumatore, e che potremo chiamare soggettive od organolettiche, e delle qualità intrinseche ed oggettive, e pertanto verificabili, che non devono nuocere al consumatore ma, anzi, apportargli benefici. Fra le prime possiamo includere il colore, la tenerezza, la succosità, l’odore, la finezza, ecc., anche se sostanzialmente sono soprattutto il colore e la tenerezza

“ Selvaggina selvatica grossa “ mammiferi terrestri selvatici che vivono in libertà i quali non appartengono alla categoria della selvaggina selvatica piccola. La conclusione alla fine della lettura di questo non semplice elenco è che , ad eccezione dei carnivori, tutti gli animali possono diventare carne. Il termine carne, al di fuori delle definizioni legali, ma nel parlare comune, viene riservato ai muscoli scheletrici più il diaframma ( parasangue ), mentre tutte le altre parti commestibili dell’animale, ad eccezione del sangue, vanno sotto il nome di quinto quarto o più comunemente frattaglie. Questo è costituito, principalmente, dal contenuto della cassa toracica ( cuore e polmone con tutti gli annessi ) e dell’addome ( fegato ed il complesso dell’apparato gastrointestinale, compresi i quattro stomaci dei ruminanti); il corpo dell’animale macellato privato degli organi

che influenzano l’acquisto da parte del consumatore. In un prossimo articolo si tratteranno le qualità oggettive che si riferiscono in particolare alle condizioni igienico-sanitarie, legali e di composizione dei prodotti carnei. Queste qualità sono state studiate soprattutto nei confronti della carne bovina per cui si fa riferimento ad essa rimarcando eventualmente le differenze più notevoli con le altre carni. La classificazione degli animali fornitori di carni agli effetti commerciali, prevede la categoria dell’animale adulto e dell’animale giovane; all’interno della categoria degli adulti vi è la successiva suddivisione a seconda dell’età , del sesso e dello stato fisiologico dell’animale. Alla prima osservazione della carne ciò che colpisce immediatamente è il suo colore che varia dal rosso cupo al rosa pallido, fino ad arrivare al bianco più o meno gial-

lognolo nelle cosiddette carni bianche; il colore varia a seconda della specie animale, dell’età ( la carne dell’animale adulto è più scura di quella dell’animale giovane ); del sesso ( la carne dell’animale maschio ha un colore più marcato rispetto a quella della femmina ); del tipo di allevamento, infatti la stabulazione permanente fornisce delle carni dal colore più tenue rispetto al pascolo brado, quale viene praticato in Sardegna, nel quale gli animali sono costantemente in movimento alla ricerca di alimentazione. Empiricamente si pratica una suddivisione degli animali a seconda del colore della carne che forniscono: animali a carne bianca che comprendono animali giovani quali vitello, agnello, capretto ed ancora pollame, suino leggero e conigli; animali a carne rossa che comprendono gli animali adulti ed equini e animali a carne nera comprendente la selvaggina in genere. Il colore della carne dipende principalmente dalla concentrazione di mioglobina (una proteina simile all’emoglobina che immagazzina l’ossigeno, dando origine all’ossimioglobina, e lo rende disponibile in caso di lavoro muscolare prolungato) e dalla struttura più o meno stretta delle fibre muscolari. Il colore rosso è, pertanto, tipico dei muscoli degli animali adulti che devono resistere a degli sforzi prolungati come anche nello stesso animale i muscoli degli arti anteriori hanno un colore più marcato di quelli del treno posteriore. La carne degli equini ha un colorito più scuro delle altri carni per l’alto contenuto di mioglobina: circa il doppio rispetto alle carni più comunemente consumate. La carne esposta all’aria, a seguito della parziale ossidazione della mioglobina, assume un colorito rosso brillante; la prolungata esposizione all’aria accompagnata dall’aumento della temperatura e del pH (grandezza chimica che esprime l’acidità o basicità di una soluzione) favorisce la completa ossidazione della mioglobina dando alla carne un colorito grigiastro , sintomo di cattiva conservazione della stessa. E’ lo stesso colorito che assume la carne cotta in quanto la cottura provoca anche la completa ossidazione del ferro contenuto nella mioglobina. Mario Moro


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Diventare vegetariani Una moda o un’opportunità?

Il vegetarianismo è una forma di alimentazione che prevede l’esclusione della carne (carne rossa, pollame e pesce). Il termine italiano vegetariano viene utilizzato a partire dal XIX secolo, come traduzione dall’inglese vegetarian, che a sua volta deriva da vegetable, dall’antico francese vegetable (vivente, degno di vivere), che deve le sue radici al latino vegetus (forte, sano). Il termine “vegetaliano” è un neologismo usato per sottolineare l’astensione, oltre che da carne e pesce, anche da latticini, uova e miele, ed ha lo stesso significato del termine “vegano”, derivante dall’inglese vegan, contrazione di vegetarian. Esistono diversi tipi di vegetarianismo, il termine “vegetariano” sta infatti ad indicare un universo vasto e complesso. Si può comunque effettuare una suddivisione di massima tra: Latto-ovo vegetariani: Sono quelli più numerosi. Non mangiano nessun tipo di animale (né carne, né pesce) ma consumano i prodotti animali, ad esempio latte, latticini e uova. Latto-vegetariani: Non consumano carne, pesce e uova ma utilizzano il latte ed i suoi derivati. Ovo-vegetariani: Non consumano carne, pesce e latticini ma mangiano le uova. Vegani, o vegetaliani: Non consumano nessun prodotto di origine animale, neppure miele. Inoltre non utilizzano pelle, piume, lana, seta, perle, spugne, ecc. Crudisti: Mangiano soltanto cibo crudo,

in particolare frutta e verdura. Fruttariani: Mangiano il cibo vegetale che non comporta la morte della pianta, pertanto evitano in particolare tutte le radici, i tuberi e i bulbi (es. carote, rape, cipolle, patate, ecc.). Le motivazioni Sono varie le motivazioni che spingono le persone verso un tipo di alimentazione vegetariana: etiche, ambientali, salutistiche, politiche e religiose. In genere i vegetariani sono tali per una combinazione di tutte queste ragioni. Le ragioni etiche derivano essenzialmente dal principio che macellare significa uccidere esseri viventi, senzienti e intelligenti e che la vita non è un valore sacro solo se riguarda la specie umana. Lo specismo è l’anticamera del razzismo e della xenofobia e i massacri che avvengono negli allevamenti intensivi, e più in generale tutti i soprusi che gli uomini commettono sugli animali, sono l’anticamera dei soprusi e delle violenze che l’uomo commette sull’uomo. La scelta vegetariana si radica

sì in antiche tradizioni e ha presupposti etici, filosofici e religiosi ma si basa sui sentimenti più elevati del rispetto, della compassione, dell’amore. Le ragioni ambientaliste sono sicuramente le più facili da comprendere anche per chi vede la scelta vegetariana come un atteggiamento estremistico. Il mondo industrializzato infatti minaccia l’ambiente in diverse e innumerevoli modalità, ma si dimentica spesso un fattore fondamentale che è quello dell’allevamento di bovini e altri animali per l’alimentazione umana. L’allevamento su vasta scala, sia di tipo intensivo (in grosse stalle senza terra dove gli animali sono stipati), sia di tipo estensivo, è chiaramente insostenibile dal punto di vista ecologico. Ormai, la metà delle terre fertili del pianeta viene usata per coltivare cereali, semi oleosi, foraggi, destinati agli animali. Per far fronte a questa immensa domanda si distruggono ogni anno migliaia di ettari di foresta pluviale, il polmone verde del pianeta, per far spazio a nuovi pascoli o a nuovi terreni da coltivare per gli animali, che in breve tempo si desertificano. Per consumo di risorse, latte e carne sono indiscutibilmente i “cibi” più dispendiosi, inefficienti e inquinanti esistenti: oltre alla perdita di milioni di ettari di terra coltivabile (che potrebbero essere usati per coltivare vegetali per il consumo diretto degli umani), e oltre all’uso indiscriminato della chimica, vi è l’importantissima questione dell’enorme consumo d’acqua in un mondo irrimediabilmente assetato, il consumo di energia, il problema dello smaltimento delle deiezioni animali e dei prodotti di scarto, le ripercussioni sul clima, l’erosione del suolo, e la desertificazione di vaste zone. Le emissioni di gas

serra dal settore agricolo contribuiscono per circa il 22% del totale delle emissioni, ovvero quanto l’industria e più dei trasporti. Di questa quota, l’80% è dovuto all’allevamento e al trasporto degli animali da macello, vale a dire che il solo consumo di carne è responsabile di oltre 1/6 dell’effetto serra. Tutto ciò perché il metano e il perossido di azoto, associati alle produzioni animali, contribuiscono al riscaldamento molto più di quanto non faccia l’anidride carbonica. Le ragioni salutistiche Le ragioni salutistiche sono ormai provate da centinaia di studi scientifici: nei vegetariani gli attacchi cardiaci sono rarissimi,

stimabili in pochi percento rispetto alla media della popolazione; la probabilità di ammalarsi di tumore sono inferiori del 60% rispetto a quelle della media della popolazione; le aspettative di vita di un vegetariano sono superiori di oltre 6 anni rispetto alla media della popolazione. In uno studio americano sul regresso delle malattie cardiache il 99% dei pazienti esaminati ha fermato l’evolversi della malattia dopo aver cambiato le proprie abitudini alimentari. ll vegetarismo può anche derivare da una scelta filosofico-religiosa, come per chi ha abbracciato una religione in cui si prescrive il divieto del consumo di carne e di prodotti animali o per chi segue particolari percorsi spirituali o di ricerca interiore. Alcune religioni suggeriscono


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la rinuncia parziale o totale alla carne, motivandola o con questioni di salute (spirituale, mentale e/o corporea) o attraverso una generale etica del rispetto verso le varie forme di vita. Seguendo altre filosofie o religioni meno comuni, alla base del vegetarismo può esserci una filosofia biocentrica, che ricerca l’armonia ed il rispetto di tutte le altre forme di vita. Le radici del vegetarismo risalgono agli insegnamenti di Buddha e di Pitagora, sostenuti da filosofi come Plutarco, Epicuro, Platone. La storia lascia traccia di popolazioni vegetariane in tutto il mondo

OLTRE LA MEDICINA

e l’orientamento vegetariano caratterizza ancora oggi molte confessioni religiose: le suore carmelitane, tra i cristiani cattolici; i quaccheri, gli avventisti del 7° giorno o i mormoni tra i cristiani protestanti; i sufi tra i musulmani; gli induisti, i jaininsti (che ritengono che la vita debba essere rispettata al punto da non uccidere nessuna creatura, neanche gli insetti), gli hare krishna, molti buddisti e zoroastriani. La diffusione Secondo le stime dell’Unione Vegetariana Europea, è vegetariano circa il 3,5% della popolazione del nostro Continente. L’Italia

Einstein sosteneva: “Nulla darà la possibilità di sopravvivenza sulla terra quanto l’evoluzione verso una dieta vegetariana”.

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è il Paese meno carnivoro d’Europa, con quasi 7 milioni di vegetariani (il 10% della popolazione ), seguito da Germania (9%), Gran Bretagna e Irlanda (entrambe 6%). In coda alla classifica, il Portogallo con lo 0,3% di vegetariani. Il nostro è il secondo Paese più vegetariano al mondo, preceduto solo dall’India dove, per motivi religiosi, consuma carne solo il 60% della popolazione. In India la religione più diffusa è infatti l’Induismo, che professa la non violenza verso ogni essere vivente e quindi vieta il consumo di carne. In Canada, Stati Uniti e Australia il vegetarianismo è praticato, rispettivamente, dal 4, 3,23 e 3% della popolazione. Tra i Paesi mediorientali spicca Israele, con l’8,5% di vegetariani. Il vegetarianismo è comunque in costante aumento, tanto che si stima che nel 2050 gli italiani vegetariani saranno circa 30 milioni. In Italia a non consumare carne sono soprattutto le donne, dai 25 ai 54 anni, con un grado di istruzione medio-alto e residenti al centro-nord.

Gordon Lord Byron,Herman Hesse, Franz Kafka, Ovidio, George Bernard Shaw, Simone Weil. Attori: Rosanna Arquette, Alec Baldwin, Brigitte Bardot, Drew Barrimore, Kim Basinger, Charlie Chaplin, Richard Gere, Dustin Hoffman, Silvana Mangano, Brad Pitt, Michelle Pfeiffer, Sidney Poitier, Cantanti e musicisti: Bryan Adams, Joan Baez, Franco Battiato, Jeff Beck, Kate Bush, Leonard Cohen, Bob Dylan, Boy George, George Harrison. Gandhi diceva: “Bisogna che i vegetariani siano tolleranti se desiderano convertire gli altri al vegetarianesimo. Adottate un po’ di umiltà. Noi dovremmo fare appello al senso morale della gente che non è della nostra stessa idea”.

Vegetariani famosi Impossibile elencare in questo spazio tutti i vegetariani famosi. Un accenno solo di qualche nome, facendo una suddivisione per la professione svolta. Atleti: Boris Becker, Carl Lewis, Emanuela Di Centa, Miles, Martina Navratilova, Enzo Maiorca, Edwin Moses. Medici: Ippocrate, Umberto Veronesi. Politici: Mohandas Karamchand Gandhi, Martin Luther King. Scienziati: Thomas Alva Edison, Albert Einstein, Margherita Hack, Leonardo Da Vinci, Bertrand Russel, Nikola Tesla. Filosofi: Empedocle, Epicuro, Erasmo da Rotterdam, Piero Martinetti, Pitagora, Platone, Jean Jaques Rousseau, Voltaire. Scrittori e poeti: Tiziano Terzani, George

Anno V - Numero 15 - Luglio 2011

MANO TESA OGLIASTRA Ha quale finalità prioritaria offrire sostegno ai malati oncologici e alle loro famiglie Offre informazioni sui servizi operanti nel territorio. Da informazioni sulle strutture di accoglienza in Sardegna e nelle altre regioni. Aiuta chi ha problemi per raggiungere luoghi di cura. Offre consigli ed assistenza per seguire pratiche burocratiche. Offre compagnia, anche a domicilio a chi ne avesse bisogno.

Tel. 339 711 1110

Laura Meloni

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