MAGNETE anno I mesi VII&VIII - LUGLIO&AGOSTO 2022

II UMERO V ANNO I N 22 OSTO 20 G A O I L LU G

L’EDITORIALE DI MATTEO MALACRIDA

RISCATTIAMO LA NAZIONE Alla fine è successo. Quando in redazione di MaGNete avevamo deciso di posticipare a fine mese l'uscita del tabloid di luglio, per realizzare un "numero estivo" che comprendesse anche agosto, ci eravamo detti di preparare un numero "più leggero". Più consigli di lettura sotto l'ombrellone, qualche simpatico gioco estivo, articoli più pop. "Tanto è estate, la gente ha voglia di distrarsi".

"Ma sì, esatto. E poi... cosa vuoi che succeda a luglio?!" Ecco, appunto.

Come nella più classica delle commedie all'italiana, lo spettro della crisi balneare ha infestato anche l'ex-"Governo dei migliori", condannando dragoni e draghetti all'oblio. Serrate i ranghi, quindi.

Dopo quattro anni e mezzo di opposizione patriottica, si torna alle urne e lo scenario non è esattamente quello del 4 marzo 2018. Ma guai a sederci sugli allori: Verona insegna che chi pensa di aver già vinto e passa la campagna elettorale a tirarsi frecciatine in famiglia, alla fine, perde rovinosamente.

Sulle nostre spalle pesa la responsabilità di dare finalmente agli italiani un futuro in cui tornare a credere con orgoglio e dignità.

Per la prima volta nella storia repubblicana, la Destra si presenta agli elettori da favorita. Giorgia Meloni, e con lei tutti noi (dal più alto dirigente di Partito al più piccolo dei simpatizzanti), ha saputo ricostruire una casa che era stata rasa al suolo dai personalismi e da chi aveva creduto che inseguire le sirene della sinistra sarebbe stato più redditizio che mantenere Fede ai propri Valori.

Mentre Draghi si schiantava al suolo dopo il volo pindarico e tracotante del discorso in Senato, ho messo mano al cellulare per recuperare un "vecchio" comizio. Era il dicembre del 2017, Fratelli d'Italia celebrava il proprio Congresso a Trieste e tirava la volata verso le elezioni che avrebbero visto, di lì a qualche mese, tornare sulle schede elettorali e in Parlamento quella Fiamma che a lungo era stata custodita da pochi Uomini e Donne. Dal palco, Giorgia Meloni diceva così: «E la Fiamma noi non l'avremmo potuta togliere, perché mi piace immaginarci come quella bella frase di Tolstoj che dice: "Come una fiaccola ne accende un'altra e si trovano accese mille fiaccole, così un cuore ne accende un altro e si trovano accesi milioni di cuori." Siamo pronti a giocare la nostra partita.

Abbiamo idee, gambe, cuori a volontà. In questa sala, fuori da qui, voglio dire a tutti: non ci sottovalutate. Perché noi siamo un capriccio. Siamo un capriccio della Storia e della politica. Noi siamo carne, sangue, passioni di qualcosa che viene da lontano e che andrà ancora più lontano. Noi siamo la storia e la cultura politica, siamo le idee e la loro realizzazione, siamo il passato che serve al futuro. Noi siamo la coerenza che non è stata mai tradita, siamo le scarpe piene di fango e le mani pulite. Noi siamo la Destra autonoma, libera, capace di costruire una sua proposta diversa da quella di tutti gli altri ma con la quale tutti gli altri dovranno fare i conti. Noi siamo qui oggi e saremo qui domani, e quando non ci saremo più noi ci saranno i nostri figli, e quando non ci saranno i nostri figli ci saranno i nostri nipoti: perché questa Storia non finirà mai.»

Avanti, Giorgia. Avanti, Fratelli d'Italia. Riscattiamo la Nazione!

BYE BYE

MARIO DI GIUSEPPE TERONE

“

Crisi di Governo” e tutti giù a piangere. Sì, se

volessimo dare al fenomeno della crisi di Governo una lettura istituzionale e politica (ma apartitica) allora ci sarebbe da piangere. Questo, però, solo se si tratta di un Governo che rispecchi una volontà popolare che esce dalle urne e non quando si tratta di un Governo tecnico.

La crisi di questo Governo è endemica, è nata con il Governo stesso: un’accozzaglia multipartitica di un Governo cosiddetto di “unità nazionale” quando di unitario non ha mai avuto nulla. Fin dal primo momento il Governo si è dimostrato tutto fuorché di unità nazionale: le forze politiche hanno prima giocato a chi colonizzava più ministeri, poi a chi occupava di più l’agenda di Governo e adesso hanno perso la partita alla sopravvivenza. Tutti, nessuno escluso: il PD, Italia Viva e il resto delle sinistre si sono affezionati al Governo Draghi risultando ancor più lontani dalle esigenze proletarie e popolari di cui dicono di curarsi, cercando in tutti i modi di evitare di votare (necessario per ovvi motivi, avendo un Parlamento incapace di creare un esecutivo coerente con le espressioni popolari e le indicazioni che gli elettori hanno fornito nel 2018); il Movimento 5 Stelle si è trasformato in “5 stelle cadenti” con raggi e slanci di luce che vanno perdendosi dappertutto. Conte ha strappato perché i consensi del suo partito risultano spesso essere sotto il 10% e allora si prova a recuperare quello spirito anti-sistema che era proprio del primo Movimento 5 Stelle, poi rivelatosi del tutto falso e opportunista proprio come quei giacobini di Robespierre; Forza Italia non vuole accettare la fine di un’era in cui alla guida del centrodestra non c’è più il “centro” ma la “destra”; la Lega di Salvini anche si è rivelata per quella che è: senza temi. Il Governo Draghi gli serve per prepararsi bene alle elezioni ed evitare di confermare il risultato che danno tutti i sondaggi, cioè quello di una Lega che ha dimezzato i suoi consensi dalle elezioni europee ad oggi.

Draghi è uscito di scena peggio di come vi è entrato, con affermazioni fatte al Senato durante il suo ultimo appello al Parlamento non solo lontane dalla politica (che in Parlamento dovrebbe regnare Regina) ma addirittura contro di essa e l’idea stessa di democrazia. Al di là dell’ormai diventato celebre “Credo che un Presidente del Consiglio che non si sia mai presentato agli elettori debba avere in Parlamento il consenso più ampio possibile”, ci sarebbero da ricordare anche altri due punti.

Draghi si è lamentato di “Proteste non autorizzate e spesso violente verso la maggioranza di Governo” che però non risultano da nessuna parte nella loro forma violenta.

Bisognerebbe ricordare all’ex direttore della BCE che le “proteste” in questo paese, se fatte politicamente come opposizione in Parlamento, non debbono essere autorizzate, ma fanno parte del sistema democratico in cui siamo da tempo inseriti.

E poi ha aggiunto: “Sono qui perché gli italiani lo hanno chiesto” ma a chi e soprattutto come?

Se Draghi si riferiva alla manifestazione spontanea (che di spontaneo non ha veramente nulla) in Piazza del Popolo di qualche giorno fa, deve sapere che in un contesto democratico come il nostro l’unico modo per far sì che si consulti il Popolo nella sua interezza (che esiste nelle sue molteplici e colorate forme) si deve votare.

E infatti si andrà a votare. Sì, perché l’unico modo per avere un Governo vero e proprio che sia coerente con sé stesso e possa sottoporre all’attenzione e al giudizio del Paese una visione del mondo sta nelle elezioni. Sarebbe meglio con una legge elettorale a trazione maggioritaria? Senza dubbio. Sebbene i sondaggi diano in vantaggio netto la coalizione di centro-destra, non tutto è detto. Ancora una volta, dimostreremo di che pasta siamo fatti.

P.S. Dato che abbiamo provato sia Monti che Draghi, la prossima volta che abbiamo bisogno di un Governo tecnico chiamiamo davvero il Super Mario dei videogiochi, ché forse è meglio.

DI FABIO ROSCANI PRESIDENTE DI GIOVENTÙ NAZIONALE

Le

grandi sfide non hanno mai intimorito i militanti di Gioventù Nazionale. Fin dalla nascita di questo movimento giovanile, siamo sempre stati in prima fila per affermare e far valere i valori che da sempre ci indicano la rotta. Alla stessa maniera in ogni situazione, favorevole o meno. Sia con i sondaggi che davano Fratelli d’Italia al 3%, sia, come accade oggi, con Fdi pronosticato come primo partito con oltre 20 punti percentuale.

Ora che quello che avrebbe dovuto essere il “governo dei migliori” altro non si è rivelato per quello che è: partiti immobili che con guerra, pandemia, inflazione, aumento del costo delle materie prime, crisi alimentare, rischi sull’approvvigionamento energetico hanno passato gli ultimi mesi a fare giochi di palazzo e parlare di legalizzazione della cannabis e di come regalare la cittadinanza. Gioventù Nazionale dimostrerà di essere pronta, ancora una volta, a lottare per un bene superiore: l’Italia. Erano mesi che Fratelli d’Italia chiedeva di poter andare al voto e dare la parola agli italiani. Finalmente le camere sono state sciolte dal Presidente della Repubblica. Gli italiani potranno tornare ad esprimere le loro preferenze. Si era andati avanti fin troppo e in maniera vergognosa con governi ad hoc solo per salvare la poltrona. Sarà una campagna elettorale anomala ma elettrizzante.

Diversa dalle altre perché durerà poco più di un mese e perché dalla nascita della Repubblica non si è mai votato in autunno per le politiche.

Questa, infatti, sarà la prima volta. Allo stesso tempo, come detto, elettrizzante perché non sarà il caldo a fermare la volontà di Gioventù Nazionale e i suoi ragazzi di cambiare il nostro Paese. Porteremo entusiasmo e proposte in ogni angolo del Belpaese. Mostreremo all’Italia e agli italiani chi è al loro fianco. Per davvero.

Perché noi l’Italia l’amiamo e cerchiamo di cambiarla 365 giorni l’anno da quando siamo nati. Non solo quando si avvicina il tempo delle urne elettorali e comincia la gara a chi la spara più grossa.

Serve ancora un ultimo sforzo.

Oggi più che mai siamo chiamati a donare noi stessi. Tutte le nostre energie per vedere finalmente realizzate quelle che sono le nostre istanze storiche.

Gli importanti risultati ottenuti alle amministrative dai nostri militanti dimostrano una comunità matura e riconosciuta elettoralmente. Mani sporche di colla, cuori gonfi e teste ricche di contenuti. Altro che giovani nullafacenti. Non sarà il caldo di agosto a fermarci.

La migliore gioventù sta arrivando.

IL MIGLIORE HA FALITO: LA CADUTA DI MARIO DRAGHI

DI JACOPO TAGLIATI

E dire che quando era arrivato era stato applaudito come la salvifica figura che avrebbe riportato unità e prosperità ad un’Italia impantanata come mai in una situazione economica non rosea e con i contagi che la facevano da padrone. E dire che nei primi mesi in tanti anche a destra sembravano essersi illusi che il lavoro del banchiere avrebbe davvero i frutti sperati. Poi però sono arrivati loro, irrefrenabili, a smascherare una delle più grandi montature mediatiche degli ultimi decenni: i fatti.

Draghi ha cominciato il suo lavoro conducendo una campagna vaccinale a tutto spiano basata sul ricatto (si veda la sua citazione “Se non vaccini muori” e il green pass obbligatorio per poter lavorare) e sulla paura di possibili nuove chiusure che ciclicamente venivano paventate dagli uomini del suo governo, Speranza in primis. In seguito, è arrivata la guerra russo-ucraina e anche qui il premier ha deciso di esporsi il più possibile sostenendo fin dal primo minuto, ed in maniera attiva, le sanzioni al colosso russo. Mossa che da un lato ha fatto luccicare gli occhi alla sua groupie numero uno, Ursula Von Der Leyen, ma che dall’altro ha fatto metter le mani nei capelli (e soprattutto nei portafogli) agli italiani. Tali sanzioni, nemmeno fossero uno dei migliori boomerang australiani, sono tornate indietro con altissimi interessi per il popolo italiano: prezzi dei beni di prima necessità aumentati più del doppio, incertezze crescenti sul come affrontare l’inverno in arrivo senza sufficienti scorte di gas, benzina alle stelle ed euro che si svaluta come mai prima d’ora. Una serie di sfortunati eventi che si sono abbattuti sull’Italia non tanto perché, come la narrazione della sinistra giornalistica vorrebbe far passare, è giunta una guerra ma per il “come” Draghi e co. si sono mossi nei confronti di tale avvenimento.

A coronare tale situazione a dir poco traballante ci ha pensato la totale inadeguatezza politica di Draghi stesso, il quale, ha commesso uno dopo l’altro 3 errori fatali per la tenuta del suo carrozzone. Dapprima ha chiamato Beppe Grillo chiedendo la testa di Conte (negando in seguito tutto).

Ha poi coperto Di Maio nella scissione elitaria pentastellata senza batter ciglio e, infine, ha più volte affermato che senza i 5s il governo non avrebbe retto fornendo così un assist perfetto a Conte, non tanto per farlo fuori, quanto più per fargli avanzare pretese da una posizione di maggior “potere”. Non c’è da meravigliarsi quindi se è successo quello che è successo e valgono davvero a poco le accuse della stampa schierata, piovute su Conte, di aver fatto cadere esecutivo e borsa. Basta vedere l’andamento della borsa nelle ultime tre settimane: un calo inesorabile al quale “i migliori” non hanno saputo reagire. Al contrario è stata gettata altra benzina sul fuoco con lo scellerato “dl concorrenza” il quale ha scatenato la rivolta dell’intero settore dei taxisti attraverso l’apertura delle porte del nostro mercato (guarda caso) alla multinazionale statunitense Uber.

Quindi, c’è poco da girarci intorno, Draghi se ne è andato con la coda tra le gambe perché ha fallito: ha lasciato un paese ancora più diviso, impaurito e soprattutto povero ed incerto sul futuro. Sono valsi a poco i titoloni dei giornali a strenuo supporto del premier, i fatti hanno parlato e lo hanno condannato ad una ritirata al retrogusto di Caporetto.

Perciò, se l’Italia vuole risollevare il chino e uscire dal pantano come avvenuto ormai più di un secolo fa, c’è bisogno di un cambio deciso e drastico al vertice: un nuovo condottiero che sappia risollevare le sorti di una Nazione moribonda. La strada perché tale condottiero possa finalmente emergere è delineata dal più semplice fra gli esercizi di democrazia: il voto.

Con la speranza che questo condottiero sia Donna, Madre, Italiana e fiera di tutto ciò.

Quasi dimenticavo, addio Draghi e a mai più!

DI MATTEO MALACRIDA

Nella vita di un Uomo, con la U maiuscola, quel che conta davvero è la capacità di mantenersi in piedi mentre tutto attorno il mondo sta crollando. E continuare, a testa alta e con lo sguardo sempre fiero, a compiere il proprio destino. Lo sapeva bene il giudice Paolo Emanuele Borsellino, nato a Palermo nel gennaio del 1940 e assassinato da Cosa Nostra trent’anni fa, in quel maledetto pomeriggio del 19 luglio 1992 al civico 21 di via Mariano D’Amelio.

“Io accetto”, aveva detto solo venti giorni prima, “ho sempre accettato le conseguenze del lavoro che faccio, perché ho scelto di farlo e sapevo fin dall’inizio che dovevo correre questi pericoli”. Quella consapevolezza, che aumentava ogni giorno dalla morte del collega e amico di una vita Giovanni Falcone, lo aveva portato ad ingaggiare una disperata corsa contro il tempo per continuare le indagini fino al momento, inevitabile, in cui la mafia l’avrebbe ammazzato.

“La sensazione di essere un sopravvissuto e di trovarmi in estremo pericolo”, aveva spiegato, “non si disgiunge dal fatto che io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, so che è necessario che lo faccia, e so anche che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuare a farlo senza lasciarci condizionare dalla sensazione o dalla certezza che tutto questo può costarci caro”.

In queste parole, rilasciate in un’intervista a Lamberto Sposini il 30 giugno 1992, sta tutto il senso di cosa significa vivere. Da queste parole, ognuno di noi può trarre il più alto degli insegnamenti: è dovere di ciascuno percorrere la propria esistenza con l’obiettivo di adempiere, ogni giorno, al destino che ci è stato assegnato.

Raccontare chi è stato Paolo Borsellino impiegherebbe fiumi d’inchiostro e, comunque, sarebbe riduttivo. La nostra generazione, tuttavia, è stata la prima a nascere nell’Italia che aveva conosciuto da vicino le stragi di Mafia e che, ingenua, credeva anche di averla sconfitta. I volti di Falcone e Borsellino, per la nostra generazione che non li ha mai conosciuti, sono volti familiari. Nei nostri occhi è impressa da sempre l’iconica foto di Giovanni e Paolo sorridenti, uno accanto all’altro, che si scambiano qualche battuta.

L’abbiamo vista sui libri di scuola, sui murales, sugli striscioni, qualcuno persino sulle pareti degli istituti che portano il loro nome. E molti di noi, quando hanno varcato le porte delle sezioni, ne hanno sentito raccontare la storia dai più grandi.

Che Paolo Borsellino fosse stato, in anni così lontani da noi ma a noi così cari, un dirigente del Fronte Universitario d’Azione Nazionale, lo abbiamo saputo più o meno tutti. E tutti sappiamo che dietro all’impegno militante della “generazione Atreju”, quella di Giorgia e degli “altri”, spesso c’è stata la volontà di riscattare l’Italia dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio seguendo l’esempio di Uomini – e Donne – che per questa Nazione hanno dato la propria vita.

Paolo vive perché il suo sguardo ci ammonisce ogni giorno.

Paolo vive perché ha seminato e tocca a noi il raccolto. Paolo vive perché nel suo sorriso c’è la forza di tutta l’Italia.

Di quell’Italia che ogni giorno rifiuta “il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e della complicità”.

Nel nostro piccolo, siamo chiamati a mantenerne vivo non solo il ricordo ma anche e soprattutto l’azione. Ognuno nel proprio campo. Con gli amici, in famiglia, a scuola, nel lavoro, nella militanza e nell’amministrazione.

Nel suo nome.

DI MATTIA FERRARESE

(Lettura consigliata con accompagnamento musicale – “Welcome to the Jungle - Guns n’Roses”)

Potrebbe

essere l’Estate più calda di

sempre, in Italia.

Almeno fin da quando siano reperibili registrazioni e medie stagionali, ovviamente, ormai superate da diverse settimane.

Stadi, prati, arene ed ogni altro spazio consono ad amplificatori potenti e al sontuoso gioco delle luci, si riempiono di spettatori per ascoltare i sacri mostri degli anni che furono.

Quelli dello stramaledetto Rock’n’Roll.

Qualcuno per nostalgia, altri per poter staccare spotify e concedersi il primo ascolto dal vivo dei propri beniamini, altri ancora per recuperare le date che il covid ha fatto tristemente saltare.

San Siro si riempie di note famose in tutto il pianeta Terra, a Verona i Kiss infiammano la folla con una spregiudicata intro e a Bologna gli Iron Maiden cedono il passo ad un cielo grigio pronto alla tempesta.

Sembra di essere tornati agli anni 80, forse ai 90: certi possiamo essere del fatto che intere generazioni ancora si sgolino per quella vecchia e consumata musica che, con molte probabilità, resterà scolpita in eterno sull’altare della gloria adrenalinica di poche ore indimenticabili.

Ok, alle giacchettine sgargianti del buon Mick Jagger un pò siamo abituati, Axl Rose ha un pò perso le sue cinque ottave - tre e mezza, dal vivo - di estensione vocale, mentre i Kiss sono benedetti dal trucco che ne ricopre il volto; ma tutto questo, se funziona da diverse decadi mentre tutti cercano di convincerci che il Rock sia morto e sepolto, resta ancora il piú grande circo che si possa riconoscere allo spettacolo umano.

Padri e figli cantano insieme con la stessa magliettina un pò sbiadita e si commuovono sulle note di chi per qualcuno significhi gioventú mentre per altri, semplicemente, speranza.

Sperare di non dover ancora sentire quei brutti pezzi di musica prodotta in auto-tune che la radio ci propina almeno un paio di volte ogni ora e non riusciamo, comunque e nonostante tutto, a smettere di fischiettare mentre siamo nel traffico. Per cantarle bisognerebbe conoscere il testo, ma tra tormentoni estivi e trap si scivola spesso in una ridondanza vuota e, alla fine, nessuno riesce nemmeno più ad imparare i ritornelli a memoria.

Se anche tu soffri di questo grave disturbo involontario, non preoccuparti: branded content e intelligenza artificiale sono pronti a sconvolgere ogni tua più ferma convinzione sul valore qualitativo di quei brani.

Apprendimento automatico e algoritmi matematici potranno generare nuove melodie, canzoni di successo e (forse) sostituire la creatività umana, ma non riusciranno mai ad infuocare il pubblico per anni ed anni, in maniera indelebile.

Qui ci sarebbe stato bene uno stacco ed il sempre riconoscibile riff iniziale di “Rebel, rebel” di un certo David Bowie, la stessa che risuona su “Radiofreccia” dopo il meraviglioso monologo di Stefano Accorsi.

Mentre Jimy Hendrix spacca una chitarra ed Ozzy Osbourne se la prende con un malcapitato pipistrello innocente.

Benvenuti nella Giungla, tra stili di vita non certo rispettabili ed una morale sociale riluttante ai dogmi dell’integrità e del pudore: sia chiaro, non sia questo l’esempio da seguire.

O forse sí, ma scevro di quella cornice imbellettata della vita da Rockstar, godendo di sintesi della critica e del dono infuso sulla separazione polare dedita a valorizzare la comunità, non solo l’etica del singolo.

Così come il frontman senza il bassista - un ruolo che amo particolarmente, ma spesso relegato ad un compito mai giustamente riconosciuto - resterebbe una voce al microfono, senza profondità ne sfumature.

Identificatevi e portate avanti il vostro compito senza paura, davanti ad un pubblico di amici o a centinaia di migliaia di persone, ovviamente scegliendo il vostro stile, la firma, il timbro e il ruolo. State sul palco e non tra la folla urlante, mai e poi mai a casa sul divano.

Imbracciate una Gibson custom a doppia cutaway e provate a sostituirvi a Slash, ai virtuosismi di Eddie Van Halen, alla classe di Keith Richards, al kalidoscopismo di David Gilmour o al cadenziato ritmo di Johnny Ramone. Fate come volete, ma il concerto è il vostro.

Cosí, mentre qualche trapper abbandonerà il palco perché i suoi fan non avranno seguito la sua voce saltando, voi sarete ancora lí ad aspettare l’ennesimo e prossimo applauso scrosciante. Potrebbe essere l’Estate più calda di sempre, in Italia.

Almeno fino a quando i mostri sacri del rock sceglieranno il Bel Paese per infiammare la platea con un riff rinomato capace di farci urlare fino allo sfinimento o di farci capire che conta quanto facciamo, non quello che diciamo.

Perché il Rock non morirà mai.

DI MATTIA FERRARESE

ITALIANISMO - Eccellenze (Lettura consigliata con accompagnamento musicale – “E lucevan le stelle | Atto III - Tosca di G. Puccini”)

L’Italia è il paese delle eccellenze.

Semplicistico ricordare che siamo la Terra del Made in Italy, dei più grandi viaggiatori e scopritori di sempre e, soprattutto, che tutto il Mondo ci invidia la natura intrinseca del nostro passaporto: seriamente, chi non vorrebbe essere Italiano?

Dando vita al progetto “Italianismo” mi sono prefissato un concetto ben saldo: ridare lustro all’Italia, ai suoi prodotti e alla sua storia senza mai denigrare o prevaricare nessun altro.

Basterebbe semplicemente ricordarci chi siamo e da dove veniamo per ridare coscienza alle giovani generazioni -ma anche ai più ostici esterofili- per rimettere il Bel Paese sui primi gradini del podio di ogni classifica.

Naturale domandarsi perchè, invece, siano altri stati a voler spesso denigrarci con stereotipi sbiaditi o etichette e clichè da terza elementare.

Da tempo, seguo uno strampalato conduttore inglese che testa auto per un programma di fama mondiale. James May, dopo una vita passata sui sedili delle più belle Supercar mai prodotte, ha iniziato un tour alla scoperta delle tradizioni, dei prodotti e delle città di alcune nazioni; prima il Giappone -altra esotica e ricca patria identitaria- e ora l’Italia.

Ora, sia chiaro a tutti che non mi disturbi minimamente il fatto che debba essere una produzione internazionale a farci conoscere la grandezza Italiana quanto più la concreta verità che non saranno molti, i volenterosi spettatori che dedicheranno delle ore a questa stagione di poche puntate.

Fatte le dovute premesse ora possiamo snocciolare alcuni dati sconosciuti ai più.

Partiamo dal fatto che l’Italia sia il primo paese al mondo per prodotti a marchio DOP, IGT, STG e IG. Tanto per darne idea, solo il primo è un settore che vale 15,2 Miliardi di euro suddivisi tra food (circa 7 Mld) e wine (8,2 Mld), con il Veneto prima tra le regioni e Parma che guida la classifica delle province.

Facile immaginare perchè molti siano gli investitori a sostegno e tutela delle nostre fabbriche di formaggi e vini, tra tutti.

Oltre al doloroso appello delle associazioni di categoria che denunciano da anni i problemi con il “Falso Made in Italy”, i numeri sono in continua crescita e raggiungono spesso nuovi record capaci di inorgoglirci fino al midollo. Se solo lo sapessimo.

Il Chianti, segna +11% sul periodo pre-pandemia dopo l’annus horribilis del 2021 ed il 33% viene acquistato solo dagli States e possiamo vantare i vini migliori al Mondo (Sassicaia, Ornellaia, Tignanello, Solaia), mentre tornano alla ribalta molte etichette relegate solo alle osterie, fino a qualche anno fa.

Oltre 400 sono le schede ampleografiche di differenti vitigni e tante la cantine annoverate nei primi posti per qualità da spettabili e rinomati critici di fama universale.

Discorso a parte, quello del settore automotive.

Dopo aver (s)venduto quasi tutto, Signore e Signori possiamo vantare il brand più riconoscibile e famoso sul nostro pianeta: in Italia abbiamo la Ferrari, noi Italiani siamo la Ferrari.

9,1 Miliardi di euro per il valore del cavallino rampante donato da Francesco Baracca anche all’altra rossa, la Ducati di Borgo Panigale ormai da anni in mani teutoniche, dopo l’acquisizione da parte del gruppo Audi-VW. Mi tocca ripetermi per evitare equivoci: La Ferrari.

Ben oltre la crisi dei farinacei e la tagliente mano cinese che continua ad approvvigionarsi senza sosta, pasta e pizza ce le invidiano tutti.

Pensate che i 2/3 della produzione sono destinati all’export e nonostante le varie diatribe sul costo della materia prima, ogni giorno vengono prodotte tra le 5 e le 8 milioni di pizze solo su suolo Italiano.

Circa 2 Miliardi di pizze annue.

D’Annunzio fu precursore e avanguardista in tal senso: suoi molti neologismi, tra cui quello del tramezzino o l’invenzione dello scudetto del campionato Italiano che quest’anno brillerà sul petto di una delle due principali squadre milanesi.

Suo il “Sangue Morlacco”, liquore delle mense fiumane che ancora oggi porta la sua firma sull’etichetta del nostro secolo.

La tutela del patrimonio passa anche e soprattutto da grandi personalità capaci di esporsi direttamente.

Come dimenticare la strampalata cucina futurista? Ma con Filippo Tommaso Marinetti faremo i conti più avanti.

Qui arriva la doccia fredda: in Francia nasce un sistema di etichettature che propone all’Unione Europea un bel semaforo sulla qualità dei prodotti marchiati ed identificati, con valori nutrizionali più o meno dannosi.

Elementi “pericolosi” come zuccheri semplici, sodio, acidi grassi saturi o energia di produzione vengono risanati da elementi “buoni” come frutta, verdura, fibre o proteine.

L’algoritmo fa il suo conto ed esce il colore e la lettera da assegnare per dichiarare lo standard di quell’alimento.

Intere filiere agro-alimentari vanno così a farsi fottere senza una vera cognizione di causa. Senza tutela per le eccellenze e per i mastri produttori; tra l’altro lo richiede quella stessa Europa che poi ci propina le cavallette.

Basta Olio Extra-Vergine di Oliva o Prosciutto di San Daniele. Preferibile un bell’hamburger riprodotto in laboratorio, senza minimamente prendere in considerazione il piano di trasformazione alimentare.

Resta attiva una bella petizione contro questo diabolico e famelico piano: https://carlofidanza.eu/petizione-nutriscore/ che vi invito caldamente a sottoscrivere.

Eccezionale la contropartita messa in campo da Fratelli d’Italia che ha permesso l’approvazione della riforma sugli Istituti Tecnici per corsi di alto artigianato e mantenimento del Made in Italy grazie alla proposta dell’Onorevole Paola Frassinetti, Vicepresidente della commissione Cultura e responsabile dipartimento Istruzione, insieme ad Ella Bucalo, responsabile scuola FdI.

Oggi più che mai, con la pancia piena e seduti sul sedile in pelle di una modenese rombante, possiamo dire al mondo intero: Viva l’Italia!

RECENSIONE DI: FRANCESCO DI GIUSEPPE Vice presidente Gioventù Nazionale «Se un attacco nel cuore dell’Europa ci ha colto impreparati, è perché eravamo impegnati nella nostra autodistruzione. Il disarmo strategico dell’Occidente era stato preceduto per anni da un disarmo culturale.

L’ideologia dominante, quella che le élite diffondono nelle università, nei media, nella cultura di massa e nello spettacolo, ci impone di demolire ogni autostima, colpevolizzarci, flagellarci. Secondo questa dittatura ideologica non abbiamo più valori da proporre al mondo e alle nuove generazioni, abbiamo solo crimini da espiare. Questo è il suicidio occidentale.»

Ha avuto coraggio Federico Rampini a scrivere “suicidio occidentale” (Mondadori, 252p) affrontando un tema pesantissimo e che molti tentano di nascondere.

Prova di questo le recensioni post uscirà al vetriolo e acidissime che l’hanno accolto sui giornali di sinistra o negli ambienti dell’”intellighenzia”. Inevitabile, del resto, nel momento in cui offre una chiave di lettura totalmente alternativa alla crisi e alla storia contemporanea, prendendo le distanze anche dai nuovi paladini come Greta Thunberg e che hanno portato Lerner a definirlo il nuovo Zemmour italiano.

Rampini, partendo soprattutto da un’analisi della società statunitense che conosce bene di persona lavorando e vivendo li stabilmente, individua la presenza di una forte tendenza culturale ad esaltare unilateralmente i diritti delle minoranze razziali, sessuali, eccetera, condannando il passato “bianco” che, da Colombo in poi, avrebbe portato alla loro emarginazione e al loro sfruttamento. Inversamente non si nutre un’altrettanta attenzione alle crescenti sperequazioni sociali che indeboliscono da tempo la classe lavoratrice e la classe media.

Tutto questo si accompagna alla crescita del capitalismo finanziario, alla burocratizzazione della società e a una crescente tendenza anti-meritocratica a ereditare le posizioni di potere all’interno della società, con le nuove generazioni “snow flakes” iperprotette che si sciolgono alla prima difficoltà.

Un libro da leggere assolutamente durante questa estate di campagna elettorale per centrare i temi metapolitici e di visione parallela che entreranno prepotentemente nelle agende della sinistra “illiberale” e sapere come contrastarli!

Buona lettura

RECENSIONE DI: JACOPO TAGLIATI La PNL, programmazione neuro linguistica, è una disciplina nata circa 50 anni fa dal lavoro di due psicologi inglesi che si sono interrogati sul come poter risolvere i problemi dei loro pazienti in un modo che fosse più veloce e diretto al punto. Nel tempo questa nuova disciplina si è sviluppata sempre più e ha portato con sé risultati straordinari.

In questo libro Anthony Robbins, universalmente considerato come il miglior mental coach del mondo, mette nero su bianco le tecniche di pnl da poter utilizzare tutti i giorni anche senza essere dei guru della psicologia. La visualizzazione di ricordi passati potenziando quelli positivi e "disattivando" quelli negativi, la comprensione della forza delle proprie convinzioni personali e la loro conversione in convinzioni (positive sinonimo) e la capacità di comprendere gli altri per poter rapportarsi nel modo migliore anche con la persona più ostica o meno conosciuta, sono concetti base di questo libro considerato da molti un vero manuale per la vita.

Semplicemente Robbins fa ciò che molti scrittori non hanno mai fatto. Egli propone reali tecniche per migliorare la persona che viene prima di tutto e rimane più importante: noi stessi.

Un libro senza riferimenti politici, se non a nomi illustri i quali erano dotati di alcune caratteristiche vincenti snocciolate nella narrazione stessa, il quale punta a portare un reale aiuto a chiunque voglia migliorare il proprio stile di vita e, di conseguenza, migliorare anche quello delle persone prossime.

La Migliore Gioventù, se vuole realmente cambiare questa Nazione, deve assolutamente avere questo scritto fra la sua collezione di libri extrapolitici di riferimento.

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a cura di Nì

Stampa questa pagina, risolvi i giochi e condividi le tue soluzioni con una foto nelle stories di Instagram taggando @magnete.gn ORIZZONTALI: 2. Sorbetto di ghiaccio tritato, con l’aggiunta di vari aromi 4. Il tempio romano di tutti gli dei 6.

Noto Presidente del Consiglio socialista 7. In Shakespeare, la famiglia di Giulietta 11. Un ratto famoso 12. Calzatura estiva 15. Capoluogo lucano 17. Insetto fastidioso, tipico della stagione estiva 18. Bisogna impararla e metterla da parte 20. Stessa … stesso mare 23. Complesso musicale con Roby Facchinetti 26. Per noi è Nazionale 27. Quella elettorale decide le modalità di voto 29. Il terzo dei Sette Nani di Biancaneve 31. Al tappeto 33. Decreto legge 34. L’ex giornale di Vittorio Feltri 36. Mollusco protetto da una conchiglia nera 37. Era «pio» in una canzone del 2012 38. Capitale della Turchia 41. Lo era l’Alleanza tra Germania, Italia ed AustriaUngheria.

43. Ingrediente fondamentale per il pesto alla genovese 47. Apparecchio automatico a gettoni per l’ascolto della musica, in voga negli anni 80 48. Tipica meta estiva 50. Partito spagnolo alleato di FDI in Europa 51. Regione con Piacenza 52. Per il »MoVimento» di Conte non sono indice di qualità 53. Un po’ di politica 54. Ottavo Presidente della Repubblica

cruciverba a cura di Giuseppe Terone

CRUCIVERBA

VERTICALI: 1. Frutto tricolore tipico dell’estate – 3. La canzone che si ascolta per tutta l’estate – 5. Simbolo storico della destra italiana – 8. Uno dei paesi fondatori dell’UE – 9. Quello di Dante ha i gironi – 10. Quella solare è protettiva – 13. Unico Governo con appoggio esterno dell’MSI – 14. Il primo cittadino – 16 Dio greco della musica – 19. Il partito di Donald Trump – 21. Mese con il solstizio d’estate – 22. Numero romano dell’attuale legislatura – 24. Pescatore subacqueo, esperto di immersioni – 25.

Storico leader della destra italiana – 27. Famoso componimento in versi di D’Annunzio – 28. Esposizione Universale – 30. Attuale famiglia reale spagnola – 32. Si utilizza se non si conosce il significato di una parola – 35. Pirata o contrabbandiere al soldo di uno Stato – 39. Famoso attore, doppiatore, comico e cantante romano – 40. La lingua di Kyoto – 42. La cantante di «l’Amore non mi basta» – 44. Presidente cinese – 45. il nome italiano di «Feriae Augusti» – 46. Condottiero chiamato «flagello di Dio» – 49. In mezzo al mare.

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